Gli artisti e i volontari alla riconquista dello Zen

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Gli artisti e i volontari alla riconquista dello Zen
DALLA SICILIA
Avvenire 06/29/2010
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DA PALERMO ALESSANDRA TURRISI
uando i riflettori si accendono sulla cronaca,
tutto il resto spesso resta
in ombra. Il pentito Gaspare Spatuzza, condannato per
l’omicidio di don Pino Puglisi, con
le sue dichiarazioni sta provando
a riscrivere alcune delle parti più
nebulose degli anni delle stragi di
mafia; lo Zen viene messo a ferro
e fuoco per contrastare il cronico
fenomeno dell’occupazione abusiva delle case; il centro storico e
le periferie sono invasi dalla spazzatura e dal degrado. Ma in quegli stessi quartieri, all’ombra, ci
sono segnali di rinascita che hanno i volti di artisti in erba e insegnanti missionari, sacerdoti che
sanno operare nel silenzio e volontari che vogliono sporcarsi le
mani.
Brancaccio, la borgata in cui quasi 17 anni fa fu decisa l’esecuzione di don Puglisi, il parroco che
in appena tre anni era riuscito a
svegliare le coscienze degli abitanti, è sempre una periferia dalle mille contraddizioni. Qui ha appena aperto un grande centro
commerciale, c’è la nuova scuola
voluta da don Puglisi, sono stati ripuliti i famosi magazzini di via
Hazon, negli anni Novanta sede
di ogni forma di illegalità, ma restano i passaggi a livello a chiudere ed emarginare questo pezzo
di città. «Qui c’è un mondo in miniatura, dalla povertà estrema al
possidente terriero – racconta
don Maurizio Francoforte, parroco di San Gaetano da un anno e
mezzo. – Gli spazi non mancano,
ma non c’è una progettualità.
Speriamo nell’apertura della fermata della metropolitana – aggiunge – ma il problema è che le
periferie non possono più essere
viste come gli sgabuzzini della
città, dove si mette tutto ciò che
non si vuole nel salotto buono.
Devono essere centri promozionali di riconquista sociale e culturale. Non dimentichiamoci che
anche Gesù è nato in una periferia». Così, in un quartiere dove la
parola famiglia assume tutti i significati tranne quello corrente,
dove il pagamento del pizzo, secondo le inchieste della magistratura, è a tappeto, qualche segnale di cambiamento arriva. «A
partire dalla promozione della figura di don Puglisi – dice don
Maurizio. – Finora si è sottolineato poco che lui è morto per la comunità, per difenderla, da pastore coerente. Lui non vedeva solo
degrado e miseria, lui vedeva uomini, persone e ogni persona è
preziosa. Così, adesso noi preghiamo don Pino ogni giorno.
Qualche tempo fa è morta una zia
dei Graviano (i mandanti dell’omicidio di don Puglisi, ndr) e tutti, ai funerali, hanno pregato per
don Pino».
E poi bisogna puntare sulla famiglia, quella vera, «rimetterla al
centro con un progetto educativo
– aggiunge il parroco. – Bisogna
responsabilizzare la famiglia, per
curare la crescita nella fede dalla
nascita alla morte. Ma dobbiamo
anche incidere nella cultura di
questo quartiere, entrare in relazione con la scuola, le biblioteche,
dobbiamo insegnare ai bambini
ad avere rispetto delle istituzioni,
del creato, delle leggi, e agli adulti a fare emergere quello che c’è di
bene».
Un esempio esiste già e porta il
nome del fiore preferito da don
Puglisi. L’associazione "Quelli della rosa gialla", fondata undici anni fa da Pippo Sicari, un medico di
Brancaccio che la guerra di mafia
l’ha vista in diretta, ma che ha deciso di «portare avanti gli insegnamenti di pace e legalità di don
Pino e dimostrare che a Brancac-
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Gli artisti e i volontari
alla riconquista dello Zen
La Palermo della speranza
Don Maurizio Francoforte
Cantanti, coreografi,
attrici... Sono "Quelli
della rosa gialla".
Dimostrano che a
Brancaccio si produce
anche cultura, non
soltanto mafia
cio si può produrre anche cultura, non solo mafia». Oggi sono 150
i giovani e meno giovani di tutta
la città, che hanno scoperto i valori della vita grazie al canto, migliaia quelli che li hanno assaporati come spettatori dei musical
portati in giro per l’Italia. Un successo straordinario il Father Joe,
dedicato a don Puglisi, nel 2008 al
Brancaccio di Roma. Adesso la
nuova missione è sensibilizzare i
giovani contro l’abuso di alcol e
contro le stragi del sabato sera. È
questo il tema della favola-musical Petali nel blu, realizzata su
commissione della Polizia di Stato e messa in scena già a Palermo
e Catania. E i primi risultati, in
termini occupazionali e artistici,
si sono già visti: «Nico ha cantato a X Factor – racconta Sicari –
Valentina, Serena e Angela sono
diventate coreografe, Debora e
Antonella attrici. Il mio sogno è
creare qui, a Brancaccio, una
scuola di teatro».
Perché è strappando luoghi e
braccia all’illegalità che si costruisce il vero riscatto di Palermo. Anche a costo di diventare
bersaglio di loschi interessi criminali. Una testimonianza arriva dal centro storico, a due passi
dal porticciolo della Cala, vecchio
cuore antico della città. A piazza
Tavola Tonda, è nato il Centro delle arti e delle culture, che fra le varie associazioni ospita anche l’asilo multietnico Ubuntu, più volte destinatario di attentati inti-
midatori. Interamente gestito da
volontari e collaboratori, offre un
servizio gratuito ai bambini da
zero a cinque anni. Per i più grandi che frequentano le elementari, la struttura si trasforma in una
ludoteca dove trascorrere il pomeriggio e svolgere i compiti dopo la scuola. Ottanta bambini di
diverse nazionalità, tutti figli delle famiglie di immigrati che hanno trovato a Palermo un’alternativa agli stenti dei loro Paesi.
Piccoli cuori pulsanti in realtà
che, dall’esterno, sembrano aride, immobili e piene di contraddizioni. L’emblema di ciò che
questi quartieri sarebbero potuti diventare è quell’enorme insegna piantata al centro di una
piazza dello Zen e circondata da
rifiuti di ogni genere. A sorpresa
recita "Il giardino della civiltà".
Uno scorcio di "paesaggio" che
le decine di bambini che frequentano il doposcuola e le atti-
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brutta e
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a colpi d
vità ricreative dell’associazione
"Lievito" si trovano sotto gli occhi
quando escono da casa, quando
aprono la porta del centro, quando vanno a scuola, quando giocano per strada. E proprio lì, in alcuni locali incuneati in una delle
insule progettate da Vittorio Gregotti e diventate paradigma del
degrado sociale, quei volontari
hanno deciso, quattro anni fa, di
creare la propria sede operativa. I
volontari sono tutti ragazzi dello
Raoul Russo
intervista
L’assesssore Raoul
Russo: «Abbiamo
speso tutto per
stabilizzare i
precari, soffro nel
non poter fare vera
assistenza sociale»
Zen e suore di Carità che operano nel quartiere. «Abbiamo detto
basta con l’ottica assistenziale,
per cui gli aiuti vengono solo dall’esterno e, se sei un poveraccio,
ci puoi restare» precisa il presidente Salvo Riso. Ed è scattata la
logica della collaborazione fra le
diverse realtà presenti a San Filippo Neri, per tentare di diventare compagni di viaggio di chi è
abituato ad avere come unica
scelta quella dell’illegalità.
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«Basta piangersi addosso
DA PALERMO
na città piena di emergenze, con le
strade bloccate per i cortei dei precari, con i senzatetto che occupano
abusivamente le case o vivono nei container, con i rifiuti nuova attrazione turistica.
Non è facile gestire la cosa pubblica a Palermo, quando la coperta delle risorse economiche diventa troppo corta e la spesa sociale è praticamente azzerata. In questo contesto il privato sociale e il volontariato diventano indispensabili. Lo sa bene Raoul
Russo, da sette mesi assessore comunale alle Attività sociali. «Realtà come "Quelli della rosa gialla" o le associazioni del centro di
"Tavola tonda" danno valore aggiunto al territorio – afferma. – Continuano a lavorare
anche senza avere risorse, non si piangono
addosso, non hanno creato un’industria del
privato sociale».
U
I 35 centri aggregativi per i giovani, per
trovano con i fondi della legge 285 del 1
bloccati.
Ho fatto in modo che si consorziassero,
sì da continuare a lavorare per alcuni m
in attesa dei nuovi bandi da finanziare.
Brancaccio la Fondazione Sud ha appro
to un progetto di Comune e Provincia per
investimento di un milione di euro.
La crisi economico-finanziaria dei com
ni ha provocato l’azzeramento dell’a
stenza sociale a Palermo. Cosa si prev
nel nuovo bilancio in discussione?
Purtroppo nel bilancio non c’è molto.
biamo uno strumento finanziario inges
to. Gli unici fari restano le strutture di
lontariato o i progetti finanziati con la 28
la 328. Bisogna potenziare il dialogo col
vato sociale, ho portato in giunta la cost
zione della consulta del terzo settore. So
nel non potere fare vera assistenza soci
June 30, 2010 2:16 pm / Powered by TECNAVIA / HIT-MP