Una breve introduzione al Calcolo a Rottura
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Una breve introduzione al Calcolo a Rottura
Una breve introduzione al Calcolo a Rottura Alessandro Palmeri Dipartimento di Ingegneria Civile, Università degli Studi di Messina <[email protected]> È ormai riconosciuto che limitare lo studio delle strutture nell’ipotesi di comportamento elastico lineare può sovente condurre a risultati scarsamente attendibili. Si pensi, ad esempio, agli archi in muratura: si tratta di strutture iperstatiche, per le quali la formazione di una lesione, associata al superamento della fase elastica, non comporta l’immediata perdita di funzionalità. La formazione della lesione, infatti, si può vedere come la formazione di una cerniera, che consente le rotazioni, diminuendo così il grado di iperstaticità, senza peraltro pregiudicarne la stabilità. Informazioni sul livello di sicurezza nei riguardi della stabilità, dunque, non sono possono essere fornite da un’analisi elastica della struttura, bensì dai risultati di un “Calcolo a Rottura”. Il legame costitutivo elasto-plastico perfetto Le prove di trazione eseguite su barre di materiali duttili consentono di distinguere “stati elastici” da “stati plastici”. I primi si verificano per tensioni minori di quella di snervamento, σ y , e sono caratterizzati da proporzionalità diretta tra incrementi di tensione ed incrementi di deformazione. I secondi si verificano al raggiungimento del limite elastico, e sono caratterizzati, almeno nella fase di snervamento, da uno sviluppo di σy −σ y Figura 1. Legame costitutivo elasto-plastico perfetto. 2 Alessandro Palmeri (a) (b) Figura 2. Dipendenza del legame costitutivo elasto-plastico perfetto dalla storia: (a) infinite tensioni σ corrispondono ad ε = ε ; (b) infinite deformazioni ε corrispondono a σ = σ ( σ ≤ σ y ). deformazione a tensione costante. In figura 1 è mostrato il ciclo di isteresi per il modello elasto-plastico perfetto, largamente utilizzato in virtù della sua semplicità. In questo modello, infatti, occorre identificare solo due parametri: la tensione di snervamento, σ y , ed il modulo di elasticità, E , che rappresenta la pendenza del ramo elastico. In presenza di deformazioni plastiche, la tensione σ dipende dall’intera storia del materiale e non solo dal valore attuale delle deformazione ε , come accade invece nei materiali elastici. Così, ad una stessa deformazione ε possono corrispondere in principio infiniti valori della tensione σ , in funzione del percorso di carico e scarico (figura 2a); viceversa, ad una stessa tensione σ , con σ ≤ σ y , possono corrispondere infinite valori della deformazione ε (figura 2b). Il modello elasto-plastico perfetto si può ottenere combinando in serie un “elemento elastico” (o “elemento di Hooke”) con un “elemento attritivo” (o “elemento di Coulomb”). L’elemento elastico, rappresento da una molla, si deforma istantaneamente in misura proporzionale alla tensione. L’elemento attritivo, rappresentato da un blocco che scorre su una superficie scabra, non si deforma fino a quando non viene superata la tensione limite, e si deforma indefinitamente quando questa soglia viene raggiunta (figura 3). Nel modello elasto-plastico perfetto, E (modulo di elasticità) rappresenta la rigidezza della molla; σ y (tensione di snervamento) rappresenta la tensione limite nell’elemento di Coulomb. Essendo collegati in serie, per l’equilibrio la tensione σ nell’elemento elastico e σ σy σy E ε ,σ (a) (b) E ε Figura 3. (a) Modello reologico elasto-plastico perfetto. (b) Corrispondente diagramma ε − σ Una breve introduzione al Calcolo a Rottura σy A 3 B E O D −σ y C Figura 4. Ciclo di isteresi per il modello elasto-plastico perfetto. nell’elemento attritivo deve essere la stessa; per la compatibilità, invece, la deformazione ε è somma della deformazione elastica nella molla, ε el , e della deformazione plastica, ε p , corrispondente allo scorrimento nell’elemento di Coulomb: ε = ε el + ε p La prima aliquota della deformazione, ε el , è interamente recuperabile allo scarico; la seconda, ε p , è invece permanente allo scarico. Immaginando di descrivere idealmente il ciclo di carico e scarico per un provino di materiale elasto-plastico perfetto si possono identificare le seguenti fasi (figura 4): 1. Tratto OA . Partendo dalla condizione di “materiale vergine” ( σ = 0 , ε el = 0 , ε p = 0 ), corrispondente all’origine O del diagramma ε − σ , si immagini di eseguire una prova a “controllo di spostamento” incrementando progressivamente la deformazione ( ε > 0 ). La tensione in questa fase cresce proporzionalmente ( σ = E ε ) finché non viene raggiunto il limite di snervamento a trazione ( σ = σ y ). In questa fase l’incremento di deformazione è puramente elastico ( ε = εel ), mentre la deformazione plastica è costante ( ε p = cost , εp = 0 ). 2. Tratto AB . Una volta raggiunto il valore σ = σ y la tensione non può più crescere ( σ = 0 ). Un ulteriore incremento di deformazione ( ε > 0 ) non può che essere puramente plastico ( ε > εp ), mentre la parte elastica della deformazione è costante ( ε el = cost , εel = 0 ), così come la tensione. 3. Tratto BC . Invertendo il segno dell’incremento di deformazione ( ε < 0 ) il materiale rientra nel dominio elastico. Conseguentemente, la tensione varia proporzionalmente alla deformazione ( σ = E ε ), mentre la deformazione plastica è costante ( ε p = cost , εp = 0 ). Tutto ciò finché non viene raggiunto il limite di snervamento in compressione ( σ = −σ y ). 4. Tratto CD . Analogamente al tratto AB , una volta raggiunto il valore limite σ = −σ y la tensione non può più diminuire ( σ = 0 ). Un’ulteriore incremento negativo di deformazione ( ε < 0 ) è dunque puramente plastico ( ε = εp ), mentre la deformazione elastica è costante ( ε el = cost , εel = 0 ), così come la tensione. 4 Alessandro Palmeri Tratto OA ε > 0 0 ≤σ ≤σy σ = E ε εel = ε εp = 0 Tratto AB ε > 0 σ =σy σ = 0 εel = 0 εp = ε Tratto BC ε < 0 −σ y ≤ σ ≤ σ y σ = E ε εel = ε εp = 0 Tratto CD ε < 0 σ = −σ y σ = 0 εel = 0 εp = ε Tratto DE ε > 0 −σ y ≤ σ < σ y σ = E ε εel = ε εp = 0 Tabella I. Variazioni della tensione σ e delle deformazioni ε , ε el ed ε p nel ciclo di isteresi di Figura 4. 5. Tratto DE . Se si inverte nuovamente il segno dell’incremento di deformazione ( ε > 0 ) il materiale rientra ancora una volta in fase elastica. La tensione torna a variare proporzionalmente alla deformazione ( σ = E ε ), mentre la deformazione plastica è costante ( ε p = cost , εp = 0 ). In tabella I sono sintetizzate le variazioni della tensione σ e delle deformazioni ε , ε el ed ε p . Dalla tabella si evince che quando il materiale è in fase elastica l’incremento di deformazione coincide con la variazione della deformazione elastica ( ε = εel ), mentre la deformazione plastica è costante ( ε p = cost , εp = 0 ) e la tensione varia proporzionalmente alla deformazione ( σ = E ε = E εel ): è questo il caso dei tratti OA , BC e DE , la cui pendenza è data dal modulo di elasticità E . Quando, invece, il materiale è in fase di flusso plastico (tratti AB e CD ), l’incremento di deformazione coincide con la variazione della deformazione plastica ( ε = εp ), mentre la deformazione elastica è costante ( ε el = cost , εel = 0 ), così come è costante la tensione ( σ = 0 ). Si osservi che nel costruire la tabella I l’incremento di tensione e l’incremento di deformazione sono stati indicati, rispettivamente, con σ e ε . Questa notazione alluderebbe a velocità piuttosto che ad incrementi ma è stata introdotta solo con intenti semplificativi. A tal proposito, si precisa che il comportamento elasto-plastico è indipendente dal tempo: la velocità con cui si verifica il processo di carico e scarico, infatti, non modifica la risposta dei modelli reologici elasto-plastici. Nella realtà, occorre solo verificare che la velocità con gli incrementi di tensione e di deformazione applicati al materiale elasto-plastico non inducano fenomeni dinamici (processi “quasi statici”). Nel legame costitutivo elasto-plastico perfetto la deformazione plastica ε p gioca il ruolo di “variabile interna”, ossia di una variabile che serve a tener conto della dipendenza della tensione σ e della deformazione ε dalla precedente storia del materiale, ma che non può essere misurata direttamente. Il legame tra deformazioni e tensione per il modello elasto-plastico perfetto si può esprimere nella seguente forma analitica: ⎧σ = E ε el ⎪⎪ ⎨ε el = ε − ε p ⎪ ⎪⎩εp = ε U ( σ − σ y ) U ( ε σ ) (1) La prima delle equazioni (1) esprime il fatto che, sia in fase elastica che in fase di flusso plastico, la tensione σ è proporzionale alla deformazione elastica ε el attraverso il modulo Una breve introduzione al Calcolo a Rottura 5 εp > 0 εp < 0 Figura 5. Postulato di Drucker nel caso di stato di stato tensionale monoassiale. di elasticità E . La seconda esprime il fatto che la deformazione elastica è data dalla deformazione totale ε diminuita dalla deformazione plastica ε p . La terza, infine, esprime in forma compatta l’incremento di deformazione plastica, εp , in funzione dell’incremento di deformazione, ε , e della tensione, σ . In quest’ultima equazione U ( ⋅) rappresenta la funzione “gradino unitario” continua da destra, così definita: ⎧0 , x < 0 U ( x) = ⎨ ⎩1 , x ≥ 0 In forma alternativa, la terza delle equazioni (1) si può esprimere nella forma: ⎧0 , σ < σ y ⎪⎪ εp = ⎨0 , σ = σ y ∧ ⎡⎣sign ( ε ) ≠ sign (σ ) ⎤⎦ ⎪ ⎩⎪ε , σ = σ y ∧ ⎡⎣sign ( ε ) = sign (σ ) ⎤⎦ (2) dove il simbolo ∧ rappresenta l’operatore logico “AND” e dove sign ( ⋅) è la funzione “segno”, che restituisce il segno dell’argomento. Dall’equazione (2) emerge che nel modello elasto-plastico perfetto si può avere un incremento di deformazione plastica se e solo se: 1) la tensione σ è al limite di snervamento in trazione ( σ = σ y ) o in compressione ( σ = −σ y ); 2) contemporaneamente, l’incremento di deformazione ε e la tensione σ hanno lo stesso segno. Il Postulato di Drucker In figura 5 è rappresentato il legame deformazione-tensione per un provino di materiale elasto-plastico in stato monoassiale di tensione. Come si evince dalla figura, l’incremento di tensione, σ , ed il corrispondente incremento di deformazione plastica, εp , sono tali che: • σ εp ≥ 0 se il comportamento è di tipo incrudente (hardening); • σ εp = 0 se il comportamento è di tipo elasto-plastico perfetto; • σ εp ≤ 0 se il comportamento è di tipo softening. 6 Alessandro Palmeri La “prima disuguaglianza di Drucker” afferma che un materiale elasto-plastico è “stabile” se gli incrementi σ e εp hanno segno concorde, ovvero se è soddisfatta la seguente relazione: σ εp ≥ 0 (3) In altre parole, un materiale è stabile secondo Drucker se l’incremento di deformazione plastica non si oppone all’incremento di tensione, e viceversa. Dunque, un materiale che in una prova monoassiale presenta un tratto softening viola questa disuguaglianza. La “seconda disuguaglianza di Drucker”, più nota in letteratura come “Postulato di Drucker”, può essere derivata dalla Termodinamica dei mezzi continui. Il secondo principio della Termodinamica (“disuguaglianza di Clausius-Duhem”), infatti, richiede che sia non negativa la potenza lungo un qualunque ciclo chiuso nello spazio delle deformazioni. Se si considera un ciclo a partire da un generico punto di tensione σ ∗ interno al dominio elastico (o al più sulla frontiera: σ ∗ ≤ σ y , nel caso di materiale elastoplastico perfetto) fino a giungere al punto di tensione σ sulla frontiera ( σ ∗ = σ y , nel caso di materiale elasto-plastico perfetto), poiché il lavoro associato alle deformazioni elastiche è nullo perché uguale nei due sensi (le deformazioni elastiche sono interamente recuperabili allo scarico) la potenza dissipata totale risulta: (σ − σ ) ε ∗ p ≥0 (4) In altre parole, è sempre necessario spendere un lavoro non negativo per portare un elemento di materiale elasto-plastico da un qualsiasi stato elastico ad un qualsiasi stato plastico. Le disuguaglianze (3) e (4) possono essere estese al caso più generale di stato tensionale pluriassiale. La prima disuguaglianza di Drucker diviene: σ T ε p ≥ 0 (5) dove σ = ⎡⎣σ x σ y σ z τ yz τ xz τ xy ⎤⎦ ed ε p = ⎡⎣ε xp ε yp ε zp γ xp γ yp γ zp ⎤⎦ sono i vettori che raccolgono le rispettivamente le componenti della tensione e della deformazione plastica in notazione ingegneristica, e dove l’apice T ed il sovra-punto denotano rispettivamente il trasposto e l’incremento. T T La seconda disuguaglianza di Drucker diviene: (σ − σ ) ∗ T ε p ≥ 0 (6) dove, in analogia al caso monoassiale, σ ∗ è il vettore che descrive un generico punto di tensione interno al dominio elastico (o al più sulla frontiera), mentre σ descrive un generico punto di tensione sulla frontiera del dominio elastico. Il Teorema di Hill Il postulato di Drucker ha come importante conseguenza il Teorema di Hill, anche noto come “Postulato della massima dissipazione plastica”. L’incremento di lavoro plastico, χ p , Una breve introduzione al Calcolo a Rottura 7 σ σ εp > 0 σ ∗ ε σ∗ εp < 0 σ Figura 6. Teorema di Hill nel caso di stato di stato tensionale monoassiale. speso dalla tensione σ nell’intervallo in cui si sviluppa l’incremento di deformazione plastica, ε p , è dato da: χ p = σ T ε p Dalla disuguaglianza (6) segue allora che: χ p ≥ σ ∗T ε p (7) L’equazione (7) esprime il Teorema di Hill, che si può così enunciare: assegnato un incremento di deformazione plastica ε p , la tensione σ rende massimo l’incremento di lavoro plastico χ p tra tutte le tensioni plasticamente ammissibili. Teorema Statico del Collasso Plastico Si consideri una compagine strutturale costituita da materiale elasto-plastico, soggetta T all’azione delle forze esterne di riferimento b = ⎡⎣bx by bz ⎤⎦ nel volume V ed T f = ⎡⎣ f x f y f z ⎤⎦ sulla superficie non vincolata Sf . Assegnato un moltiplicatore dei carichi λ (s) , sia σ (s) il campo di tensione nella compagine strutturale, che si assume essere staticamente e plasticamente ammissibile, tale cioè: (a) da essere in equilibrio con le forze esterne λ (s) b e λ (s) f (Figura 7); (b) da poter essere sopportata dal materiale elastoλ(s) f λ(s) b σ (s) Figura 7. Tensioni e forze staticamente ammissibili. 8 Alessandro Palmeri u, u λ(u) f λ(u) b u, u ε, ε σ (u) (a) (b) Figura 8. Stato di incipiente collasso plastico: (a) tensioni e forze; (b) spostamenti e deformazioni. plastico (in altre parole, la tensione σ s è ovunque interna al dominio elastico, o al più sulla frontiera). Siano inoltre ε ed u , rispettivamente, l’incremento del campo di deformazione e l’incremento del campo di spostamento nello stato di incipiente collasso plastico, e sia σ il corrispondente campo di tensione. Per il Principio dei Lavori Virtuali1 deve valere la seguente identità: ∫ (σ − σ ) (s) T V ⎡ ⎤ ε dV = ( λ (u) − λ (s) ) ⎢ ∫ b T u dV + ∫ f T u dS ⎥ Sf ⎣⎢V ⎦⎥ (8) avendo indicato con λ (u) il “moltiplicatore ultimo”, ossia il moltiplicatore delle forze esterne di riferimento b ed f che conduce la compagine strutturale nello stato di incipiente collasso plastico (Figura 8). In tale condizione ( λ = λ (u) ) si dimostra che l’incremento di deformazione è puramente plastico, cioè ε = ε p , mentre la deformazione elastica è costante, cioè ε el = ε − ε p = 0 (v. dimostrazione 1). L’equazione (8), dunque, si può così riscrivere: ∫ (σ − σ ) (s) T V ⎡ ⎤ ε p dV = ( λ (u) − λ s ) ⎢ ∫ b T u dV + ∫ f T u dS ⎥ Sf ⎣⎢V ⎦⎥ (9) Si osservi adesso che, in virtù del postulato di Drucker (6), il primo termine dell’equazione (9) è certamente non negativo. Inoltre, il termine entro parentesi quadre nell’equazione (8), che rappresenta il lavoro compiuto dalle forze esterne di riferimento b ed f per l’incremento di spostamento u nello stato di incipiente collasso plastico, è anch’esso non negativo (v. dimostrazione 2). Ne viene che deve essere λ (u) − λ (s) ≥ 0 , ovvero: λ (u) ≥ λ (s) (10) 1 Più correttamente, si dovrebbe invocare il Principio delle Potenze Virtuali piuttosto che il Principio dei Lavori Virtuali. Una breve introduzione al Calcolo a Rottura 9 che rappresenta la forma analitica del cosiddetto “Teorema Statico”, il quale così si può enunciare: il moltiplicatore ultimo λ (u) è il più grande dei moltiplicatori staticamente ammissibili λ (s) . Dimostrazione 1 Si vuole dimostrare che nello stato di incipiente collasso plastico l’incremento di deformazione è puramente plastico ( ε = ε p ), mentre deformazione elastica è costante ( ε el = 0 ). A tal fine, si osservi che ponendo nell’equazione (8) λ (s) = 0 , si trova: ⎡ ⎤ λ (u) ⎢ ∫ b T u dV + ∫ f T u dS ⎥ = ∫ σ T ε dV = ∫ σ T ε p dV + ∫ σ T ε el dV = ∫ σ T ε p dV + ∫ σ T C−1 σ dV (11) ⎢⎣V Sf ⎥⎦ V V V V V dove C è la matrice di elasticità del materiale, che definisce il legame di proporzionalità tra tensioni e deformazioni elastiche: σ = C ε el (12) Sostituendo nell’equazione (11) alle quantità statiche λ (u) b , λ (u) f e σ i corrispondenti incrementi λ (u) b , λ (u) f e σ (operazione lecita se si assume che le equazioni di equilibrio siano differenziabili rispetto al tempo), si trova: ⎡ ⎤ λ (u) ⎢ ∫ b T u dV + ∫ f T u dS ⎥ = ∫ σ T ε p dV + ∫ σ T C−1 σ dV ⎢⎣V Sf ⎥⎦ V (13) V Si osservi che il primo membro di quest’ultima equazione è certamente nullo, in quanto lo stato di incipiente collasso plastico è caratterizzato per definizione da incrementi di deformazione non nulli ( ε ≠ 0 ) sotto l’azione di forze esterni costanti ( λ (u) = 0 ). D’altro canto entrambi i termini a secondo membro sono non negativi: il primo termine in virtù della prima disuguaglianza di Drucker (5); il secondo in quanto l’integrando rappresenta una forma quadratica, per cui σ T C−1 σ ≥ 0 . Dunque, affinché l’equazione (13) risulti soddisfatta l’incremento di tensione deve essere nullo nello stato di incipiente collasso plastico, σ = 0 . Da cui, in virtù dell’equazione (12) segue ε el = 0 , c.v.d. Dimostrazione 2 Si vuole dimostrare che è non negativo il lavoro compiuto dalle forze esterne di riferimento b ed f per l’incremento di spostamento u nello stato di incipiente collasso plastico ottenuto incrementando le forze esterne di riferimento. Come dimostrato in precedenza (v. dimostrazione 1), in tale condizione risulta ε el = 0 , per cui l’equazione (11) porge: ⎡ ⎤ λ (u) ⎢ ∫ b T u dV + ∫ f T u dS ⎥ = ∫ σ T ε p dV ⎢⎣V Sf ⎥⎦ V Il secondo membro di questa equazione è non negativo in virtù del postulato di Drucker (6), per cui deve essere non negativo anche il primo membro. Il moltiplicatore µ (u) è certamente una quantità positiva, da cui segue la tesi. Teorema Cinematico del Collasso Plastico Si considerino adesso per la stessa compagine strutturale elasto-plastica incrementi del campo di spostamento, u (c) , e del campo di deformazione plastica, ε (c) p , che siano cinematicamente e plasticamente ammissibili, tali cioè da definire un qualsivoglia 10 Alessandro Palmeri meccanismo deformativo rigido-plastico del sistema per il quale: (a) sono soddisfatte le equazioni di compatibilità; (b) è positivo il lavoro compiuto dalle forze esterne di riferimento, b ed f , per l’incremento del campo di spostamento: ⎡ T (c) ⎤ dV + ∫ f T u (c) dS ⎥ > 0 L(c) r = ⎢∫ b u Sf ⎣⎢V ⎦⎥ (14) Gli incrementi u (c) e ε (c) p , dunque, in generale sono diversi da quelli che si hanno incrementando progressivamente b ed f , fino a raggiungere lo stato di incipiente collasso plastico. Si osservi che, essendo gli incrementi u (c) e ε (c) p cinematicamente ammissibili, si sta assumendo che l’incremento del campo di deformazione elastica sia ovunque nullo, ε (c) el = 0 : nello stato di incipiente collasso plastico, infatti, si è dimostrato che l’incremento di deformazione è puramente plastico (v. dimostrazione 1). Indicato con σ (c) il campo di tensioni corrispondente al meccanismo definito dagli incrementi u (c) e ε (c) p , l’incremento di lavoro plastico vale: χ p(c) = σ (c) T ε (c) Indicato inoltre con σ il campo di tensioni corrispondente all’effetto meccanismo di collasso plastico che si ottiene incrementando le forze esterne di riferimento, il Teorema di Hill (7) porge: χ p(c) ≥ σ T ε (c) (15) Integrando ambo i membri dell’equazione (15) nel volume V della compagine strutturale, si trova: T (c) (c) dV L(c) i = ∫ χ p dV ≥ ∫ σ ε V (16) V è l’incremento di lavoro interno (puramente plastico) corrispondente dove L(c) i all’incremento u (c) . Il Principio dei Lavori Virtuali consente poi di riscrivere l’equazione (16) nella seguente forma: ⎡ T (c) ⎤ (u) T (c) ≥ + L(c) λ b u d V f u d S ⎢ ⎥ i ∫ ∫ ⎢⎣V ⎥⎦ Sf (17) dove λ (u) è moltiplicatore ultimo. Tenendo conto dell’equazione (14), la (17) porge: L(c) i ≥ λ (u) (c) L (18) r Si può adesso definire il moltiplicatore cinematicamente ammissibile λ (c) corrispondente agli incrementi u (c) e ε (c) p come il rapporto che compare al primo membro dell’equazione (18): Una breve introduzione al Calcolo a Rottura 11 A A C B (1) (2) (3) A 45° D F,u Figura 9. Travatura reticolare elasto-plastica. λ (c) σ (c) T ε (c) dV (c) ∫ Li V = (c) = T (c) T (c) Lr ∫ b u dV + ∫ f u dS V (19) Sf In altre parole, il moltiplicatore cinematicamente ammissibile λ (c) è tale che il lavoro interno compiuto dal campo di tensione σ (c) per l’incremento del campo di deformazione ε (c) eguaglia il lavoro esterno compiuto dalle forze λ (c) b e λ (c) f per l’incremento del campo di spostamento u (c) . E’ importante sottolineare che mentre gli incrementi ε (c) e u (c) sono cinematicamente ammissibili, il campo di tensione σ (c) non è in generale in equilibrio con le forze esterne λ (c) b e λ (c) f . Tenendo conto delle equazioni (18) e (19), si può infine ricavare la forma analitica del cosiddetto “Teorema Cinematico”: λ (u) ≤ λ (c) (20) In altre parole: il moltiplicatore ultimo λ (u) è il più piccolo dei moltiplicatori cinematicamente ammissibili λ (c) . Analisi incrementale di una semplice travatura reticolare Si vuole eseguire l’analisi incrementale della travatura reticolare mostrata in Figura 9, al fine di mostrare con un esempio le differenze tra i risultati che fornice l’analisi elastica e quelli che invece fornisce il Calcolo a Rottura. La struttura è simmetrica e simmetricamente caricata. Conseguentemente, l’unico grado di libertà da prendere in considerazione è l’abbassamento u del nodo D . 12 Alessandro Palmeri Le tre aste che compongono la struttura sono costituite dello stesso materiale elastoplastico perfetto, con modulo di elasticità E e tensione di snervamento σ y . Le tre aste presentano anche la stessa sezione trasversale, A , ma lunghezze diverse: più precisamente, dalla figura si trae che l’asta centrale (2) è lunga A 2 = A , mentre le aste laterali (1) e (3) hanno lunghezza A 1 = A 3 = 2 A . L’equazione di equilibrio tra la forza esterna F e gli sforzi normali N i nelle aste si scrive (Figura 10): F= 2 2 N1 + N 2 + N 3 = 2 N1 + N 2 2 2 (21) dove N 3 = N1 per la simmetria del problema. Le equazioni di compatibilità tra l’abbassamento u e le deformazioni assiali ε i nelle aste si scrivono: ε1 = 1 2 u= A1 2 1 2 u u= 2A 2A 2 (22) 1 u ε2 = u = A2 A Inoltre, ε 3 = ε1 per la simmetria del problema. Si osservi che la compatibilità richiede che, indipendente dal legame costitutivo elasto-plastico del materiale, la deformazione assiale nell’asta centrale sia doppia rispetto a quella nelle aste laterali. Immaginando di incrementare progressivamente l’intensità della forza esterna F , le tre aste si troveranno inizialmente in campo elastico. Gli sforzi normali N i e le deformazioni assiali ε i , almeno all’inizio, variano proporzionalmente, per cui si ha: N1 = EA ε1 (23) N 2 = EA ε 2 Operando secondo la filosofia del Metodo degli Spostamenti, si sostituiscono quindi le equazioni (22) nelle (23), ed il risultato nell’equazione (21). Si ottiene così il legame in campo elastico tra la forza esterna F e l’abbassamento u : (2) (3) (1) N2 N1 N3 D F Figura 10. Equilibrio del nodo D . Una breve introduzione al Calcolo a Rottura EA ⎛ 2 ⎞ 2+ 2 k2 u ≅ 1.707 k2 u + 1⎟⎟ u = ⎜⎜ 2 A ⎝ 2 ⎠ F= 13 (24) dove k2 = EA A è la rigidezza assiale dell’asta centrale. Invertendo la relazione (24) si trova: u= 2 F 2 + 2 k2 (25) Sostituendo a ritroso la (25) nelle (22), ed il risultato nelle (23), si ottengono i legami tra gli sforzi normali N i e la forza esterna F , dalle quale si evince che in campo elastico lo sforzo normale nell’asta centrale è doppio rispetto a quello che si ha nelle aste laterali: N1 = EA 2 F F = 2A 2 + 2 k2 2 + 2 (26) 2 F 2F EA = N2 = A 2 + 2 k2 2 + 2 Le equazioni (23)÷(26) sono valide fintantoché tutte e tre le aste che compongono la struttura sono in campo elastico. Aumentando progressivamente la forza esterna, tuttavia, lo sforzo normale nell’asta centrale, N 2 , raggiunge il valore di snervamento, N y = Aσ y . La forza Fel che corrisponde al limite di elasticità della travatura, dunque, si ottiene uguagliano la seconda delle equazioni (26) con il valore di snervamento: Fel = 2+ 2 Aσ y ≅ 1.707 Aσ y 2 (27) Il corrispondente abbassamento uel si ottiene sostituendo l’equazione (27) nella (25): 2+ 2 A σy Aσ y 2 Fel 2 2 uel = = = A E 2 + 2 k2 2+ 2 EA (28) L’analisi elastica fornisce unicamente i valori della forza esterna (27) e dell’abbassamento (28) che portano allo snervamento della prima asta. Nulla dice, invece, su qual è la forza esterna che porta alla rottura, ossia qual è la forza ultima Fu che la struttura può sopportare. Per calcolare questo valore, immaginiamo di incrementare ulteriormente la forza esterna. Nell’ipotesi di materiale elasto-plastico perfetto, l’asta centrale (2) si plasticizza, allungandosi sotto il carico costante N 2 = N y , mentre nelle aste laterali (1) e (3) può ancora aumentare lo sforzo normale, che non ha ancora raggiunto il valore di snervamento. Ai fini del calcolo, una volta che l’asta centrale si è plasticizzata, si può fare ricorso allo schema di Figura 11, in cui all’asta (2) è stata sostituita la corrispondente azione sul nodo D . L’equazione di equilibrio (21) si può quindi aggiornare nella seguente forma: F − N y = 2 N1 (29) 14 Alessandro Palmeri A C A (1) (3) A 45° Ny D F,u Figura 11. Travatura reticolare elasto-plastica con l’asta centrale plasticizzata. Operando ancora una volta secondo la filosofia del Metodo degli Spostamenti, si sostituisce la prima delle equazioni (22) nella prima delle (23), ed il risultato nell’equazione (29): F − Ny = 2 EA 2 u= k2 u ≅ 0.707 k2 u 2A 2 (30) Un primo confronto tra le equazioni (24) e (30) consente di quantificare la perdita di rigidezza della travatura reticolare a seguito della plasticizzazione dell’alta centrale: la rigidezza nei confronti della forza esterna F , infatti, passa da 1.707 k2 a 0.707 k2 , con una perdita del 59% circa. La differenza è proprio pari alla rigidezza assiale k2 dell’asta (2) che, essendo plasticizzata, non fornisce più il suo contributo alla rigidezza della struttura. Invertendo adesso la relazione (30), e tenendo conto che N y = Aσ y , k2 = EA A e uel = A σ y E , si trova: u= 2 ⎛ F ⎞ = 2⎜ − 1⎟ uel ⎜ Aσ ⎟ EA A y ⎝ ⎠ F − Aσ y (31) Ovviamente, sostituendo nell’equazione (31) il valore della forza esterna dato dalla (27) si trova u = uel . Lo sforzo normale nelle aste laterali si può ottenere direttamente dall’equazione di equilibrio (29): N1 = F − Aσ y 2 (32) La plasticizzazione dell’asta (2) , infatti, ha reso la struttura isostatica. Le equazioni (29)÷(32) sono valide fintantoché lo sforzo normale N1 non raggiunge il valore di snervamento N y . La condizione limite, N1 = N y , fornisce il carico ultimo, Fu : Una breve introduzione al Calcolo a Rottura 15 F Ny 2.414 K 1.707 O Y 1 2 u uel Figura 12. Diagramma spostamento-forza adimensionalizzato. Fu = ( ) 2 + 1 A σ y ≅ 2.414 Aσ y (33) Le equazioni (32) e (33) evidenziano un fatto di grande importanza, e cioè che il carico ultimo risulta “staticamente determinato”, nel senso che può essere valutato con il solo ausilio delle equazioni di equilibrio, una volta che la travatura è stata resa isostatica imponendo all’asta sovrabbondante il raggiungimento del limite elastico. Il carico limite, proprio perché si può calcolare risolvendo una struttura isostatica, risulta indipendente dai carichi distorcenti eventualmente applicati (distorsioni termiche, cedimenti vincolari, etc.). Si osservi che le superiori considerazioni, pur se derivate con riferimento ad una semplice travatura reticolare, sono di validità assolutamente generale. Nel caso specifico, il rapporto tra il carico ultimo, Fu , ed il carico al limite di elasticità, Fel , vale: Fu = Fel ( 2 +1 ) 2+2 2 = 2 ≅ 1.414 (34) In altre parole, il carico ultimo supera del 41% il carico al limite di elasticità. Assunto poi come il valore di riferimento della forza esterna quella forza che è grado di snervare l’asta centrale, F = N y = A σ y , l’equazione (33) fornisce il il moltiplicatore ultimo della struttura: λ (u) = Fu = 2 + 1 ≅ 2.414 Ny (35) Si osservi, inoltre, che mentre il valore ultimo Fu è univocamente determinato, e non dipende dagli eventuali carichi distorcenti, il corrispondente spostamento ultimo uu dipende nella realtà dalla deformazione ultima del materiale. Sostituendo invece l’equazione (33) nella (31) si ottiene l’abbassamento uk in cui la struttura si trasforma in un cinematismo: ⎛ F ⎞ uk = 2 ⎜ u − 1⎟ uel = 2 uel ⎜ Aσ ⎟ y ⎝ ⎠ Il diagramma spostamento-forza per la travatura reticolare è riportato in Figura 12. (36) 16 Alessandro Palmeri A B (2) C A (1) (3) 45° X A D F Figura 13. Schema isostatico per l’applicazione del Teorema Statico. Applicazione del Teorema Statico Al fine di applicare il Teorema Statico alla travatura reticolare considerata nel precedente paragrafo, occorre in principio considerare tutti i possibili campi di sollecitazione staticamente e plasticamente ammissibili, e tra questi selezionare quello a cui corrisponde il massimo valore della forza esterna. Dal punto di vista matematico, il carico ultimo è dato dalla soluzione del seguente problema di massimo condizionato: massimizzare la forza esterna F soggetta ai vincoli N i ≤ N y , i = 1, 2,3 . Al fine di considerare tutti i possibili campi di sollecitazione staticamente ammissibile, è possibile operare nella filosofia del Metodo delle Forze, introducendo nella struttura un numero di sconnessioni tali da renderla isostatica. Nel caso della travatura reticolare di figura 9, tenendo conto della simmetria strutturale, è sufficiente sconnettere l’asta centrale. Lo sforzo normale in tale asta si assume quindi come incognita iperstatica, X = N 2 (v. figura 12). La struttura isostatica così ottenuta può essere risolta con il semplice ausilio delle equazioni di equilibrio, le quali forniscono: N1 = N 3 = 2 (F − X ) 2 (37) N2 = X Affinché gli sforzi normali N i dati dalle equazioni (37) siano plasticamente ammissibili, è necessario che siano soddisfatte le seguenti disuguaglianze: Una breve introduzione al Calcolo a Rottura 17 2 ( F − X ) ≤ Ny 2 N2 = X ⇒ − N y ≤ X ≤ N y N1 ≤ N y ⇒ − N y ≤ da cui: F ≤ 2 Ny + X F ≥ − 2 Ny + X (38) X ≤ Ny X ≥ −Ny Considerando in ciascuna delle equazioni (38) il segno di uguaglianza stretta, si possono tracciare nel piano { X , F } le quattro rette di figura 14. La porzione di piano campita in tale piano rappresenta il dominio di ammissibilità per le variabili X (incognita iperstatica) ed F (forza esterna): in altre parole, tutte le coppie { X , F } che ricadono all’interno di tale dominio sono staticamente e plasticamente ammissibili. In virtù del Teorema Statico, il moltiplicatore ultimo è il maggiore tra tutti i moltiplicatori staticamente ammissibili. Per come è stato costruito il grafico di figura 14, si ha che il valore ultimo della forza estera, Fu , corrisponde proprio al punto U del dominio di ammissibilità, che presenta l’ordinata più alta e quindi il valore massimo della forza esterna F . Tale punto è dato dall’intersezione delle rette di equazione X = N y e F = 2 N y + X , per cui si trova: Fu = 2 + 1 N y . Tenuto conto, infine, che nel precedente paragrafo il valore di riferimento della forza esterna è stato posto F = N y , si ha che il massimo dei moltiplicatori staticamente ammissibili coincide con il moltiplicatore ultimo fornito dall’analisi incrementale: ( λ (u) = max {λ (s) } = F (u) = 2 +1 Ny ) (39) Applicazione del Teorema Cinematico Al fine di applicare il Teorema Cinematico alla travatura reticolare considerata nel precedente paragrafo, occorre in principio considerare tutti i possibili meccanismi cinematicamente e plasticamente ammissibili, e tra questi selezionare quello a cui corrisponde il minimo valore della forza esterna. In questo caso l’applicazione del Teorema Cinematico è banale, in quanto la struttura, per le condizioni di simmetria, possiede un solo grado di liberta, l’abbassamento u del nodo D . Fissato, quindi, u , affinché si abbia un corrispondente incremento del campo di deformazione puramente plastico le tre aste che costituiscono la struttura devono essere plasticizzate. Si può quindi calcolare il lavoro interno (puramente plastico) compiuto dagli sforzi normali per gli incrementi di deformazione: L(c) i = 2 Ny 2 u + N y u = 2 ( ) 2 + 1 N y u (40) 18 Alessandro Palmeri A A C B (3) (1) (3) A 45° D 2 u 2 u F Figura 13. Meccanismo per l’applicazione del Teorema Cinematico. Di contro, il lavoro compiuto dalla forza esterna di riferimento, F = N y , per l’incremento di spostamento u vale: L(c) r = Ny u (41) Dal confronto tra le equazioni (40) e (41), si trae il valore del corrispondente moltiplicatore cinematicamente ammissibile: L(c) i λ (c) = (c) = 2 +1 Lr (42) Riferimenti bibliografici Corradi dell’Acqua L., 1992. Meccanica delle Strutture. 1: Il Comportamento dei Mezzi Continui. McGraw-Hill: Milano. Lubliner J, 1990. Plasticity Therory. Macmillan Publishing Company: New York. Luongo A., Paolone A., 2005. Scienza delle Costruzioni. 1: Il Continuo di Cauchy. Casa Editrice Ambrosiana: Milano.