Una volta scesa dall`omnibus, la signorina Fox

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Una volta scesa dall`omnibus, la signorina Fox
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Estratto da
Frances H. Burnett
L’imprevedibile destino di Emily Fox-Seton
Titolo originale dell’opera
The Making of a Marchioness
Pubblicato per la prima volta nel 1901
da Smith, Elder
Traduzione dall’inglese
di Alessandra Ribolini
in collaborazione con La Nota del Traduttore
© 2016 astoria srl
corso C. Colombo 11 – 20144 Milano
Prima edizione: gennaio 2016
ISBN 978-88-98713-30-1
Progetto grafico: zevilhéritier
www.astoriaedizioni.it
Una volta scesa dall’omnibus, la signorina Fox-Seton,
abituata a salire e scendere dagli omnibus e a farsi strada
nelle fangose vie di Londra, sollevò l’impeccabile gonna di
sartoria con sobrietà e decoro. Una donna il cui completo di sartoria deve durare due o tre anni impara presto a
proteggerlo dagli schizzi e a preservare la freschezza delle pieghe. Durante la scarpinata sotto la pioggia di quella
mattina, Emily Fox-Seton era stata molto attenta e infatti
stava tornando in Mortimer Street impeccabile come l’aveva lasciata. Aveva molta cura dei vestiti, e di questo in
particolare, fidato più di ogni altro, che indossava già da
dodici mesi. Le gonne avevano subito un drastico rinnovamento e, camminando lungo Regent e Bond Street, si era
fermata davanti a diverse vetrine con l’insegna sartoria
per signora e confezionamento abiti per osservare
con un’espressione preoccupata nei grandi occhi ingenui
color nocciola gli impeccabili modelli di una taglia innaturale. Cercava di scoprire dove fossero le cuciture e come le
pieghe dovessero cadere, ammesso che ci dovessero essere
delle pieghe, o se una gonna dovesse essere priva di cuciture
in modo così categorico da non lasciarle nessuna possibilità
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di affrontare con onestà e semi-indigenza il problema di
rinnovare il modello della stagione precedente.
“Poiché si tratta di un marrone piuttosto ordinario,”
mormorò tra sé, “dovrei riuscire a comprarne circa un metro da abbinare e ad attaccare la giunta vicino alle pieghe
posteriori in modo che non si veda.”
Arrivata a questa felice conclusione, si illuminò. Era una
creatura dalla mente semplice e bastava davvero poco per
migliorarle la vita e farla sorridere in modo amichevole e
infantile. Un po’ di gentilezza, una piccola gioia o un po’ di
conforto la facevano brillare di allegria delicata.
Era senza dubbio raggiante mentre scendeva dall’omnibus sollevando la ruvida gonna marrone e si preparava
a scarpinare nel fango di Mortimer Street per raggiungere
il suo appartamento. Non solo il sorriso, ma anche il volto
era infantile per una donna di quell’età e statura. Aveva
trentaquattro anni e una figura maestosa, con spalle fini e
squadrate, una vita lunga e sottile, e fianchi generosi. Era
una donna imponente ma con un bel portamento e, avendo
trovato il modo di assicurarsi, con enormi sforzi e un’attenta amministrazione, un bel vestito nuovo all’anno e riuscendo con abilità a rinnovare quelli vecchi, appariva sempre
ben vestita. Aveva guance graziose, tonde e fresche, occhi
grandi e sinceri, folti capelli castani e un naso corto e dritto. Era facile notarla, e i modi educati, il naturale interesse
per chiunque e il saper trarre piacere da ogni cosa davano
ai grandi occhi un’aria fresca che la faceva sembrare più
una simpatica ragazza troppo cresciuta che non una donna
matura la cui vita era una continua lotta con le ristrettezze
di una modesta fortuna.
Era di buona famiglia e con una buona educazione,
come si addice a questo tipo di donne. Aveva pochi parenti
e nessuno di questi era intenzionato a occuparsi della sua
indigenza. Erano persone di eccellente lignaggio, ma avevano già il loro bel daffare a mantenere i figli in marina o
nell’esercito e a procurare un marito alle figlie. Quando la
madre di Emily morì, e con lei la piccola rendita, nessuno
di loro aveva voluto farsi carico di questa grande ragazza
ossuta e la situazione le era stata chiarita senza tanti giri
di parole. A diciotto anni aveva iniziato a lavorare come
assistente maestra in una piccola scuola, l’anno dopo aveva
ottenuto un posto come istitutrice e in seguito era diventata
compagna di letture di un’anziana e sgradevole signora del
Northumberland. La donna viveva in campagna e i familiari, che ne attendevano la dipartita, le si aggiravano intorno
come avvoltoi. La casa era abbastanza triste e deprimente
da condurre alla follia qualunque ragazza sprovvista di un
temperamento pratico e sensato. Emily Fox-Seton aveva
sopportato con inesauribile buon umore, il che alla fine era
riuscito a risvegliare un barlume di umanità nell’animo della signora. Quando l’anziana morì ed Emily si vide costretta a fare ritorno nel mondo, scoprì che le aveva concesso
un lascito di qualche centinaio di sterline, accompagnato
da una lettera con qualche consiglio utile, anche se espresso
con severità.
“Torna a Londra,” aveva scritto la signora Maytham
con grafia incerta e contorta. “Non sei abbastanza intelligente per fare qualcosa di rilevante che ti dia da vivere, ma
sei abbastanza gentile da poter essere utile a molte persone
incapaci che ti daranno una piccola somma di denaro per
prenderti cura di loro e delle faccende di cui non si occupano perché troppo pigri o troppo sciocchi. Potresti entrare in
uno di quei giornali di moda di second’ordine e rispondere
a domande ridicole su conduzione della casa, carta da pa-
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rati o lentiggini. Sai cosa intendo. Potresti scrivere biglietti o
fare spese e commissioni per qualche signora pigra. Sei una
creatura onesta, pratica e hai buone maniere. Ho pensato
spesso alle doti ordinarie che possiedi e che i padroni di
casa con ospiti ordinari vogliono trovare nelle persone che
li servono. Una mia vecchia domestica che vive in Mortimer Street ti darà con ogni probabilità una sistemazione
economica e dignitosa e si comporterà bene con te in mia
memoria. Ha molti motivi per essermi affezionata. Dille
che ti mando io e che ti deve tenere con sé per dieci scellini
alla settimana.”
Emily pianse di gratitudine e da quel momento in poi
mise l’anziana signora Maytham su un altare come una
nobile e santa benefattrice, anche se dopo aver investito il
lascito ne ricavò solo venti sterline all’anno.
“È stata così gentile,” diceva sempre con sincera umiltà
d’animo. “Non mi sarei mai sognata una generosità simile.
Non avevo l’ombra di un diritto su di lei, nemmeno l’ombra.”
L’enfasi con cui sottolineava l’enorme piacere o apprezzamento era il suo modo per esprimere le emozioni.
Fece ritorno a Londra e si presentò dall’ex domestica.
La signora Cupp aveva in effetti molte ragioni per ricordare
con gratitudine l’anziana padrona. Quando la giovinezza e
un affetto indiscreto l’avevano compromessa in modo disastroso, la signora Maytham si era presa cura di lei e l’aveva
salvata dal disonore pubblico. L’anziana, che all’epoca era
una donna di mezza età energica e dalla lingua tagliente,
aveva costretto l’amante soldato a sposare l’innamorata disperata, e quando ben presto questi si distrusse con l’alcol,
le aveva fatto aprire una pensione così da consentire a lei e
alla figlia di mantenersi in modo dignitoso.
Al secondo piano della casa cupa e decorosa c’era una
piccola stanza che la signora Cupp si prese il disturbo di
arredare per la protetta della sua ex padrona. La trasformò
in un monolocale con l’aggiunta una brandina, acquistata
dalla stessa Emily, che durante il giorno veniva adibita a
divano grazie a una coperta in tessuto di Como rossa e
blu. L’unica finestra della stanza dava su un buio cortiletto interno con un muro nero di fuliggine sul quale i gatti
scheletrici si muovevano furtivi o se ne stavano seduti a
contemplare il loro mesto destino. Il tessuto di Como giocava un ruolo importante nella decorazione dell’appartamento. Un drappo con del nastro fatto passare attraverso
l’orlo venne appeso alla porta a mo’ di tenda, mentre un
altro celava l’angolo che rappresentava l’unico guardaroba
della signorina Fox-Seton. Non appena iniziò a lavorare,
l’allegra e ingegnosa creatura si comprò un tappeto quadrato alla moda di Kensington, tanto rosso quanto i canoni
di Kensington gli consentivano di essere. Ricoprì le sedie
con del cotone rosso di Turchia, arricciando il bordo della
seduta. Sulle tende economiche di mussola bianca (otto e
undici al paio da Robson) ne appese altre anch’esse rosso di Turchia. Acquistò un cuscino in saldo da Liberty e
qualche porcellana decorata di nessun valore per la stretta
mensola del camino. Un vassoio laccato e un servizio da tè
composto da una sola tazza con piattino, piatto e teiera le
sembravano quasi un lusso. Dopo una giornata trascorsa a
scarpinare per le vie al freddo o sotto la pioggia, facendo
compere per gli altri o alla ricerca di sarti o camerieri per i
signori, pregustava con gioia il ritorno nel monolocale. La
signora Cupp le faceva sempre trovare un bel fuoco scoppiettante nel piccolo camino e, una volta accesa la lampada
con il paralume fatto in casa con carta giapponese color
cremisi, l’atmosfera accogliente, unita al fischio del piccolo
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ma massiccio bollitore nero sul fuoco, sembravano un lusso
assoluto a una donna stanca e infreddolita.
La signora Cupp e Jane Cupp erano molto gentili e premurose con Emily. Era impossibile condividere la stessa abitazione con lei e non amarla. Dava così pochi problemi ed
era così contenta per ogni attenzione che le Cupp, a volte
vessate e snobbate dai “professionisti” che in genere occupavano le altre stanze, le erano proprio affezionate. A volte
i “professionisti”, signore e signori alla moda che si “esibivano” nei varietà o avevano piccole parti nei teatri, non
erano puntuali nei pagamenti o se ne andavano lasciando i
conti scoperti. I pagamenti della signorina Fox-Seton, invece, erano puntuali come un orologio, anche se a dire il vero
c’erano state volte in cui la fortuna non le aveva sorriso ed
Emily aveva patito la fame per un’intera settimana piuttosto
che utilizzare il denaro dell’affitto per pranzare in una sala
da tè per signore.
Con le loro menti semplici le Cupp la consideravano
una sorta di proprietà della quale andare orgogliose. Aveva
portato nella cupa pensione un tocco di gran mondo: quel
mondo in cui le persone vivevano a Mayfair e avevano residenze di campagna dove si tenevano battute di caccia, in
cui esistevano signore e signorine che, in fredde mattine
di primavera, circondate da nuvole di raso e tulle e pizzi
e piume ondeggianti, sedevano tremanti per ore nelle loro
carrozze in attesa di poter entrare ed essere finalmente ricevute nei salotti di Buckingham Palace. La signora Cupp
sapeva che la signorina Fox-Seton era “ben introdotta”, sapeva che aveva una zia titolata, anche se sua signoria non
aveva mai degnato della minima attenzione la nipote. Jane
Cupp prendeva “Modern Society” e qualche volta si divertiva a leggere ad alta voce al fidanzato i piccoli eventi
riguardanti qualche castello o maniero dove lady Malfry, la
zia della signorina Fox-Seton, alloggiava in compagnia di
conti e favoriti del principe. Jane sapeva anche che la signorina Fox-Seton talvolta spediva lettere indirizzate “Alla Molto Onorevole Contessa di Questo-e-Quello” e che riceveva
risposte con corone nobiliari. Una volta era arrivata una
lettera decorata con foglie di fragola, un evento che Jane e
la signora Cupp avevano dibattuto con profondo interesse
davanti a tè e fette di pane caldo imburrato.
Ciò nonostante, Emily Fox-Seton era lontana dal far
sfoggio di grandezza. Con il passare del tempo si era affezionata alle Cupp abbastanza da essere piuttosto franca
circa i rapporti con queste persone illustri. La contessa aveva saputo da un’amica che una volta Emily le aveva trovato
un’ottima governante e l’aveva incaricata di trovarle una
sartina affidabile per le giovinette. Aveva fatto del lavoro di
segreteria per un’opera di beneficenza sostenuta dalla duchessa. In effetti queste persone la conoscevano solo come
una donna beneducata che, in cambio di una modesta remunerazione, si rendeva utilissima in infiniti modi pratici.
Sapeva molto più lei di loro di quanto loro non sapessero di
lei e, con la consueta ammirazione affettuosa che provava
per chi la trattava con gentilezza, a volte parlava con Jane
o con la signora Cupp nel suo modo piacevolmente ingenuo della loro bellezza o generosità. Naturalmente alcune
clienti si affezionavano a lei e, dal momento che era una
giovane donna fine e di bell’aspetto con modi ineccepibili,
le regalavano piccoli piaceri invitandola per il tè o a pranzo
o portandola a teatro.
Il piacere che provava per questi inviti era talmente sincero e riconoscente che le Cupp li consideravano parte delle
loro stesse gioie. Jane Cupp, abile nel confezionare abiti da
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donna, era sempre lusingata quando veniva interpellata per
rinnovare un vecchio abito o per dare una mano a confezionarne uno nuovo per qualche ricorrenza. Le Cupp consideravano bella la loro inquilina alta e imponente e, dopo
averla aiutata a vestirsi per una serata, lasciandole scoperte
le braccia e il bel collo bianco e maestoso e acconciando le
grosse trecce con pendenti brillanti, e dopo averla messa su
una carrozza pubblica, di solito se ne tornavano in cucina
a chiacchierare e a domandarsi se qualche gentiluomo che
voleva una donna bella ed elegante all’altro capo del tavolo
non avrebbe messo se stesso e la propria fortuna ai suoi
piedi.
“Negli studi dei fotografi di Regent Street si vedono
molte signore coronate belle nemmeno la metà di lei,” sottolineava spesso la signora Cupp. “Ha una carnagione e
capelli splendidi e, per quanto mi riguarda, ha gli occhi limpidi come quelli di una signora. E poi considera la figura:
il collo e la vita! Quel collo lungo valorizzerebbe in modo
magnifico fili di perle e diamanti. Anche lei è una signora
di nascita, nonostante viva in modo ordinario; e se c’è una
creatura dolce, questa è lei. Non ho mai visto nessuno così
gentile e di buon cuore.”
La signorina Fox-Seton aveva clienti sia di ceto medio sia
nobili. In effetti, quelli di ceto medio erano di gran lunga più
numerosi rispetto alle duchesse e questo le aveva consentito
di fare più di una buona azione per le Cupp. Aveva rimediato molte volte lavori di cucito per Jane Cupp a Maida Vale
e Bloomsbury, e il primo piano della signora Cupp era stato
occupato per anni da un giovane raccomandato da Emily.
L’apprezzamento per le buone azioni la spronava a farne
sempre di più per gli altri. Non si lasciava mai sfuggire la
possibilità di aiutare qualcuno in ogni modo.
Quella mattina, mentre camminava nel fango, era stata
una cosa gentile fatta da una cliente affezionata a renderla
così radiosa. Amava a dismisura la campagna, ma avendo
avuto per così dire “un brutto inverno” non c’era la minima
possibilità di lasciare la città durante i mesi estivi. Iniziava a
fare davvero caldo e il muro alto impediva di arieggiare la
piccola stanza rossa, così accogliente quando faceva freddo.
A volte se ne stava distesa sulla brandina a boccheggiare e
immaginava che quando tutti gli omnibus privati, zeppi di
bauli e servitori, sarebbero partiti sferragliando e avrebbero
consegnato il carico nelle varie località, la vita in città sarebbe diventata molto desolata. Tutti quelli che conosceva
sarebbero andati da qualche parte e Mortimer Street ad
agosto era davvero malinconica.
Adesso, però, lady Maria l’aveva invitata a Mallowe.
Che fortuna, che straordinaria gentilezza!
Non sapeva di essere una fonte di intrattenimento per
lady Maria e neppure di piacere molto alla scaltra e mondana vegliarda. Lady Maria Bayne era l’anziana più intelligente, elegante e con la lingua più affilata di Londra.
Conosceva tutti e, quando era giovane, aveva fatto di tutto,
parecchie cose ritenute inappropriate. Si era divertita molto
con un certo nobile duca e la gente aveva detto cose orribili
in proposito. Ma lady Maria non si era offesa. Anche lei
sapeva dire cose orribili e, poiché le diceva con arguzia, di
solito venivano ascoltate e ripetute.
All’inizio Emily Fox-Seton era andata da lei un’ora ogni
mattina per scrivere biglietti. Aveva spedito, declinato e accettato inviti e aveva liquidato opere di beneficenza e persone noiose. Aveva una calligrafia fine ed elegante, conosceva
le cose ed era dotata di intelligenza pratica. Lady Maria
aveva iniziato ad affidarle commissioni e a dipendere da lei
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per molte cose. Di conseguenza si trovava spesso in South
Audley Street e una volta, quando lady Maria si era ammalata all’improvviso e si era spaventata molto, Emily le
era stata di tale conforto che l’aveva tenuta con sé per tre
settimane.
“È una creatura così allegra e irreprensibile, una vera
boccata d’ossigeno,” aveva poi detto sua signoria al nipote.
“Ci sono così tante vipere in giro. Può andare a comprare
per te una scatola di pillole o un cerotto perforato, ma allo
stesso tempo è dotata di una sorta di naturalezza e assenza
di ripicche e invidie proprio come una principessa.”
Così a volte Emily si metteva il vestito e il cappello migliori e si recava in South Audley Street per il tè (talvolta
prima andava con l’omnibus in qualche posto remoto della
City per comprare un certo tè speciale di cui si parlava).
Incontrava persone davvero brillanti e quasi mai noiose,
dal momento che lady Maria era armata di uno schietto e
allegro egoismo capace di polverizzare l’ottusità.
“Non voglio gente noiosa,” diceva sempre. “Sono già
noiosa di mio.”
Quando Emily Fox-Seton andò da lei la mattina in cui
inizia questa storia, lady Maria stava consultando l’agenda
e stilando liste.
“Sto programmando i ricevimenti per Mallowe,” disse
piuttosto contrariata. “Com’è seccante! Le persone che vorrei avere nello stesso momento sono sempre bloccate dall’altro capo del mondo. Per non parlare del fatto che quando
vengono scoperti certi affari, bisogna aspettare che il caso
si sgonfi prima di invitare le persone coinvolte. Che stupidi,
quei Dexter! Erano la migliore coppia possibile: entrambi
di bell’aspetto e sempre pronti a flirtare con chiunque. Ma
hanno esagerato, mi sa. Santo cielo! Se non fossi in grado
di suscitare uno scandalo e tenerlo privato, non ci proverei
nemmeno. Emily, vieni ad aiutarmi.”
Emily le si sedette accanto.
“Vedi, si tratta del ricevimento di inizio agosto,” disse
sua signoria, strofinandosi il vecchio nasino delicato con la
matita, “e Walderhurst verrà a trovarmi. Mi diverte sempre
molto avere Walderhurst. Quando un uomo come lui entra
in una stanza, le donne iniziano ad agitarsi, ad andare in deliquio e a struggersi, fatta eccezione per quelle che cercano
di avviare conversazioni interessanti che ritengono possano
attrarre la sua attenzione. Ognuna di loro pensa che potrebbe sposare proprio lei. Se fosse un mormone, potrebbe avere
marchese di Walderhurst di tutte le forme e dimensioni.”
“Credo,” disse Emily, “che fosse molto innamorato della
prima moglie e che non si risposerà mai più.”
“Non era più innamorato di lei di quanto non lo fosse
della domestica. Sapeva che doveva sposarsi e la trovava
una seccatura. E dal momento che il figlio è morto, credo
sia convinto di doversi risposare. Ma odia l’idea. È piuttosto
noioso e non sopporta le donne che lo infastidiscono e che
vogliono essere corteggiate.”
Esaminarono l’agenda e discussero con serietà di date e
persone. Prima che Emily se ne andasse, la lista era fatta e gli
inviti scritti. Solo mentre si stava abbottonando il cappotto,
lady Maria le fece l’invito.
“Emily,” disse, “vorrei che venissi a Mallowe per il 2.
Voglio che mi aiuti a ricevere le persone e a evitare che
annoino me o gli altri, per quanto il fatto che si annoino a
vicenda mi interessa solo la metà del fatto che annoino me.
Voglio essere libera di andare a riposare quando mi va. Non
voglio intrattenere le persone. Puoi portarli a fare compere
o ad ammirare le torri campanarie. Spero tu voglia venire.”
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Emily Fox-Seton avvampò e gli occhi le si illuminarono.
“Oh, lady Maria, che gentile,” disse. “Sa quanto mi piacerebbe. Ho sentito parlare molto di Mallowe. Tutti dicono
che è bellissima e che non ci sono altri giardini così in Inghilterra.”
“Sì, sono belli. Mio marito era molto appassionato di
rose. Il treno migliore per te è quello delle 14.30 da Paddington. Arriverai alla tenuta in tempo per il tè sul prato.”
Se avessero avuto un rapporto in cui ci si scambia dimostrazioni d’affetto, Emily avrebbe dato un bacio a lady Maria, ma sarebbe stato come baciare il maggiordomo quando, durante la cena, si inchinava e sussurava, con dignitosa
sicurezza: “Porto o sherry, signorina?”. Bibsworth si sarebbe
stupito tanto quanto lady Maria e di certo sarebbe morto
per il disgusto e l’orrore.
Era così felice che, quando fermò l’omnibus e salì a bordo, il viso splendeva di quella gioia che dà freschezza e bellezza a ogni donna. Che fortuna le era capitata! Lasciare la
piccola stanza bollente ed essere ospite in una delle antiche
dimore più belle d’Inghilterra! Che piacere sarebbe stato
per un po’ assaporare con naturalezza l’esistenza che le persone fortunate vivevano anno dopo anno, far parte di quel
magnifico mondo ordinato, pittoresco e decoroso. Dormire
in una camera incantevole, essere svegliata ogni mattina da
una cameriera impeccabile, bere il primo tè in una tazza
raffinata ascoltando il canto degli uccellini dagli alberi del
parco! Apprezzava in modo sincero i piaceri materiali più
semplici e il pensiero che ogni giorno avrebbe indossato i
vestiti migliori e ogni sera si sarebbe cambiata per la cena
la faceva sentire bene. Apprezzava la vita molto di più della
maggior parte delle persone, anche se non se ne rendeva
conto.
Aprì il chiavistello della porta d’ingresso della casa di
Mortimer Street e andò di sopra, quasi senza accorgersi del
tremendo calore umido. Incontrò Jane Cupp che scendeva
e le sorrise felice.
“Jane,” disse, “se sei libera ti vorrei parlare. Puoi venire
nella mia stanza?”
“Certo, signorina,” rispose Jane con il consueto fare da
cameriera rispettosa. In effetti la più grande ambizione di
Jane era quella di diventare un giorno la domestica di una
grande signora e dentro di sé sentiva che il rapporto con
la signorina Fox-Seton era per lei la migliore formazione
possibile. Chiedeva spesso di poterla vestire quando usciva
e considerava un privilegio poterle “fare” i capelli.
Aiutò Emily a togliersi l’abito da passeggio e ripose in
modo ordinato i guanti e la veletta. Le si inginocchiò davanti non appena vide che si era seduta per togliersi gli stivali
infangati.
“Oh, grazie, Jane,” esclamò Emily con il consueto tono
gentile ed enfatico. “È molto gentile da parte tua. Sono davvero stanca, ma è successa una cosa incredibilmente bella.
Ho ricevuto un piacevole invito per la prima settimana di
agosto.”
“Sono sicura che le piacerà, signorina,” disse Jane. “Fa
così caldo ad agosto.”
“Lady Maria Bayne è stata così gentile da invitarmi a
Mallowe Court,” spiegò Emily sorridendo alla ciabattina
economica che Jane le stava infilando al bel piede robusto.
Tutto in lei era su vasta scala e anche il bel piede non aveva
una dimensione da Cenerentola.
“Oh, signorina!” esclamò Jane. “Che bello! Ho letto di
Mallowe giusto l’altro giorno su ‘Modern Society’, dicevano che è incantevole e che i ricevimenti di sua signoria sono
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di un’eleganza meravigliosa. Il trafiletto era sul marchese di
Walderhurst.”
“È il cugino di lady Maria,” disse Emily, “e sarà là quando ci sarò anch’io.”
Era una creatura amichevole e aveva una vita così isolata da qualunque tipo di compagnia che le semplici chiacchierate con Jane e la signora Cupp erano un vero piacere
per lei. Le Cupp non erano né pettegole né invadenti e le
considerava sue amiche. Una volta era stata male per una
settimana e si era a un tratto resa conto che non aveva amicizie intime e che, se fosse morta, i volti della signora Cupp
e di Jane sarebbero stati di certo gli ultimi – e i soli – che
avrebbe visto. La notte in cui aveva pensato a queste cose
aveva pianto un po’, ma poi si era detta che erano state la
febbre e la debolezza a renderla vulnerabile.
“È a proposito di questo invito che ti voglio parlare,
Jane,” proseguì. “Vedi, dobbiamo iniziare a pensare agli
abiti.”
“Sì, senza dubbio, signorina. È una fortuna che sia il
periodo delle svendite estive, non è vero? Ieri ho visto lini
colorati meravigliosi. Erano molto economici e sono perfetti per la campagna. Poi c’è il vestito nuovo in seta tussorina
con il colletto e la cintura blu. Le dona molto.”
“In effetti penso che la seta ruvida sia sempre attuale,”
disse Emily, “e ho visto un toque marrone chiaro, uno di
quelli morbidi in paglia, a tre e undici. E un semplice giro
di chiffon blu e una decorazione laterale lo renderebbero
davvero bello.”
Aveva una notevole abilità manuale e spesso creava cose
eccellenti con un po’ di chiffon e una decorazione o con
qualche metro di lino o mussola e uno scampolo di pizzo
preso a una svendita. Lei e Jane trascorsero un pomeriggio
molto piacevole riflettendo con attenzione sulle risorse del
limitato guardaroba. Scoprirono che la gonna poteva essere modificata e che, con l’aggiunta di nuovi revers, di un
colletto e di uno jabot di pizzo color corda al collo, il vestito sarebbe sembrato attuale. Un abito da sera di merletto
nero, gentilmente donatole l’anno prima da una cliente, poteva essere rinnovato e migliorato in modo delizioso. Il nero
metteva in particolare risalto il viso fresco e le spalle bianche e squadrate di Emily. C’erano anche un vestito bianco
che poteva essere mandato in tintoria e uno vecchio, rosa,
le cui larghezze superflue potevano diventare meravigliose
se combinate con un po’ di pizzo.
“Bene, per quanto riguarda i vestiti da sera penso di essere a posto,” disse Emily. “Nessuno si aspetta che mi cambi
spesso. Lo sanno tutti… sempre ammesso che ci facciano
caso.” Non si rendeva conto di avere un atteggiamento umile e uno spirito angelico e contento. Non era infatti interessata alla contemplazione delle proprie qualità quanto alla
contemplazione e ammirazione di quelle degli altri. Doveva
fornire a se stessa vitto e alloggio e un guardaroba che le
meritasse un credito sufficiente da parte delle sue conoscenti più fortunate. Si impegnò molto per raggiungere lo scopo
e alla fine si ritenne molto soddisfatta. Aveva trovato alle
svendite estive un paio di vestiti di cotone ai quali l’altezza e
la vita stretta e lunga conferivano un’aria di vera eleganza.
Un cappellino alla marinara con un elegante nastro e una
bella piuma, qualche gioiellino nuovo per il collo, un fiocco,
un fazzoletto di seta annodato in modo originale e un paio
di guanti nuovi la fecero sentire abbastanza adeguata.
L’ultima volta che era stata alle svendite aveva comprato un bel completo bianco formato da giacca e gonna di
olonetta per regalarlo a Jane. Era stato necessario conta-
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re con molta cura il contenuto del borsellino e rinunciare
all’acquisto dell’ombrello sottile che voleva, ma lo aveva fatto volentieri. Se fosse stata una donna ricca avrebbe fatto
regali a tutte le persone che conosceva ed era in effetti un
lusso per lei essere in grado di fare qualcosa per le Cupp, le
quali aveva l’impressione che le fornissero di continuo più
di quello per cui le pagava. La cura che avevano per la piccola stanza, il tè caldo appena fatto che le facevano trovare
quando rientrava e il mazzolino di narcisi da un penny che
a volte le mettevano sul tavolo erano gentilezze per cui era
loro grata.
“Ti sono molto riconoscente, Jane,” disse alla ragazza
salendo sulla carrozza il giorno della partenza per Mallowe.
“Non so proprio cosa avrei fatto senza di te. Mi sento così
elegante con il vestito che hai modificato. Se mai la cameriera di lady Maria dovesse lasciarla, ti assicuro che ti raccomanderò per quel posto.”
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