monsieur lazhard - Parrocchia Santa Maria Segreta
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monsieur lazhard - Parrocchia Santa Maria Segreta
INTERVISTA A PHILIPPE FALARDEAU Era essenziale la nazionalità algerina del protagonista? Avrebbe potuto essere di qualunque altro paese di emigrazione, ma il problema era la padronanza della lingua francese che Bachir insegna. C’è anche una lieve ironia nel fatto che un uomo proveniente da un’ex colonia vada ad insegnare nel Quebec, un’altra ex colonia francese. Ha avuto esperienze di insegnante? No, ma prima del film ho girato documentari in tante scuole di Montreal. In fondo una classe è un concentrato di diverse umanità, sono bambini con le stesse particolarità e diversità di un gruppo di adulti, ma senza sovrastrutture. Quali sono i suoi riferimenti cinematografici? I miei autori preferiti sono Ken Loach e Mike Leigh. In realtà non ho mai studiato cinema, ho studiato scienze politiche. Quasi per gioco, ho partecipato ad un reality televisivo in cui i concorrenti dovevano fare piccoli film in giro per il mondo. Io ho fatto venti filmini in Siria, Libia, Egitto, Tunisia e altri paesi del Mediterraneo. Ho vinto il primo premio, ho cominciato così. Ma la politica mi interessa ancora molto, sto preparando una commedia sulle distorsioni della democrazia in Canada, un modello è Nanni Moretti, lo ammiro molto. La situazione dell’emigrazione in Canada? Qui è un fenomeno che tocca Montreal e le grandi città e finché l’economia andava bene non c’erano problemi. Purtroppo dopo l’11 settembre e ora con la crisi si avvertono tensioni, piccole esplosioni razziali. La politica è importante per l’integrazione, ma è più importante la conoscenza, mangiare, bere, discutere, ridere insieme. Il personaggio di Bachir è un esempio. MONSIEUR LAZHARD REGIA Philippe Falardeau INTERPRETI Mohamed Fellag Sophie Nélisse Émilien Néron Brigitte Poupart Danielle Proulx SCENEGGIATURA Philippe Falardeau FOTOGRAFIA Ronald Plante MONTAGGIO Stéphane Lafleur DURATA 94’ ORIGINE Canada 2011 Filmografia The good lie (2014) Monsieur Lazhar (20011) It's Not Me, I Swear! (2008) Congorama (2006) La Moitié gauche du frigo”(2000) LA TRAMA IL REGISTA Philippe Falardeau nasce nel 1968 a Hull, in Quebec; dopo essersi laureato nel 1989 in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali, lavora per alcuni anni come analista politico prima di iscriversi ad un master in Relazioni Internazionali che abbandona per partecipare ad un programma televisivo per giovani registi trasmesso dalla televisione canadese. Vince le edizioni del 1992 e 1993 oltre ad un premio per lo sviluppo audiovisivo. Negli anni successivi lavora come cameramen e come regista per l’ufficio nazionale del cinema canadese e nel 2000 produce il suo primo film “La Moitié gauche du frigo”, con Paul Ahmarani e Stéphane Demers. Il suo secondo lungometraggio, “Congorama”, è stato presentato alla Quinzaine des réalisateurs nell’edizione 2006 del Festival di Cannes per poi avere un notevole successo in Canada. Nel 2008 dirige “It's Not Me, I Swear!”, un film sulla faticosa crescita di un bambino in una famiglia difficile. Nel 2011 propone “Monsieur Lazhar”; il film, che racconta la storia di un insegnante algerino di cinquant’anni che prende servizio in una classe dopo la morte dell’insegnante precedente, viene presentato al Festival del cinema di Locarno e raccoglie un buon successo in diversi paesi. Nel 2012 il film viene candidato all’Oscar per il miglior film straniero. Bachir Lazhar, immigrato algerino, è chiamato a sostituire un’insegnante elementare la cui tragica morte ha traumatizzato i piccoli allievi che la scoprono. Mentre la classe avvia un lungo processo di elaborazione del lutto, nessuno a scuola sospetta quale doloroso passato gravi su Bachir che, in qualunque momento, rischia l’espulsione dal Paese. In Canada, nella città di Montreal un’insegnante di scuola elementare si toglie la vita in un’aula durante la ricreazione. Dopo i tragici eventi Bashir Lazhar, un immigrato algerino, si offre come insegnante e viene assunto mentre anche lui, come i piccoli alunni a cui andrà ad insegnare, sta elaborando un traumatico lutto che riguarda la sua famiglia e il suo recente passato. Lazhar nonostante il divario culturale e la rigidità del regolamento scolastico sente di avere qualcosa da offrire ai suoi alunni e di avere la possibilità di trarre giovamento dall’insegnamento e tra i suoi intenti primari c’è quello di far affrontare ai ragazzi la morte dellinsegnante contro il parere della direttrice della scuola e della psicologa. Il tempo frutterà un legame forte tra Lazhar e i suoi scolari, un legame che avrà un duplice effetto sulle vite di entrambi, porterà ad una reciproca elaborazione di un trauma e ad un affetto frutto della voglia di vivere e di andare avanti, attraverso un percorso non semplice di accettazione dell’ineluttabilità della morte, non solo come evento in sé, ma come parte imprescindibile della vita stessa. I TEMI Il testo, che nasce come monologo teatrale di Evelyne de la Chenelière, «mi ha colpito per l’umanità del personaggio, il suo senso del dolore, e per la varietà dei temi», dice il regista. Il mistero della tragedia vissuta da Bachir, il trauma dei bambini, l’insegnamento e la relazione educativa tra bambini e adulti, l’integrazione. Sono questi i temi sfiorati con pochi tratti essenziali ma ugualmente tratteggiati con sapienza e profondità. Diffidenze e aperture nel mondo della scuola di Chiara Apicella Sentieri Selvaggi In una scuola elementare di Montreal una maestra s’impicca in classe; a trovarla è uno dei suoi alunni. Nello shock generale occorre cercare un supplente: è lo stesso Bachir Lazhar, un immigrato algerino di 55 anni, a presentarsi alla preside e ad aiutare la classe a fare i conti con l’idea del lutto e della morte. Ma anche Bachir deve affrontare un passato tragico di cui nessuno è a conoscenza. Dramma collettivo e dramma personale a confronto. Bachir si nasconde mimeticamente nel dolore dei bambini. Gentile, spaesato, geloso della sua storia di cui non mette a parte nessuno, Bachir riesce a trasformare l’ostilità e la diffidenza iniziali dei suoi alunni in confidenza. Tale evoluzione viene descritta con una gradualità che caratterizza ogni snodo del film: niente è gratuito o pretestuoso, tutto è preparato e costruito con cura. Così, dall’ostico dettato su Balzac che i bambini seguono a fatica, si passa con naturalezza alla foto di classe, cui viene invitato anche Bachir a prendere parte, e in cui gli alunni sostituiscono goliardicamente la parola “cheese” con “Bachir”. Allo stesso modo, il passato dell’algerino emerge con delicatezza e non diventa mai preponderante rispetto ai rapporti che si vengono a instaurare fra il supplente e gli alunni, o fra gli alunni stessi. Le rappacificazioni, le simpatie, i sensi di colpa sono sempre tratteggiati dando più spazio ai silenzi che alle parole. Lo stesso personaggio della maestra suicida viene delineato a posteriori con leggerezza e sensibilità: una sola foto, qualche oggetto lasciato sulla scrivania, quell’aspetto angelico e rassicurante che si mescola con un egoismo che solo Bachir coglie. Ed è lui, infatti, che s’impegna a disseppellire il dolore degli alunni per curarlo definitivamente, contro alcuni genitori e la preside che vorrebbero farlo passare sotto silenzio. Da qui una delle scene più intense e commoventi, in cui il bambino che porta su di sé tutte le colpe della scuola si sfoga, e rimargina senza volerlo le ferite di tutti. Regia raffinata e recitazione eccellente, in un film che affronta un tema noto – lo straniero che suscita diffidenza e poi ricuce uno strappo antecedente al suo arrivo – con una capacità di sintesi rara e densa di contenuti, che ha valso a Monsieur Lazhar una candidatura all’Oscar e altri prestigiosi riconoscimenti internazionali. Un bel rapporto dalla purezza dei bimbi di Maurizio Donzelli Comingsoon Un inizio folgorante. Niente di meglio per catturare lo spettatore fin dall’inizio. Non facile, ma riesce in pieno a Philippe Falardeau nel suo Monsieur Lazhar, nominato agli scorsi Oscar come rappresentante del Canada.Viviamo la morte della maestra di una scuola elementare del Québec attraverso gli occhi di un alunno di 11 anni che la trova impiccata nella sua aula. A sostituirla arriverà un elegante signore algerino che dice di aver insegnato letteratura per 19 anni nel suo Paese. Un impatto difficile, per lui, per i ragazzi colpiti dall’evento tragico e per i genitori che forse sono i più scioccati e irrazionali di tutti. Genitori che per i sensi di colpa ormai soccombono ai figli su tutto e non permettono di farli contraddire dagli insegnanti, portandoli alla perdita della loro autorità. Scopriamo presto che l’incapacità di capire il gesto estremo così pubblico dell’insegnante per Bachir Lazhar, questo il nome dell’insegnante, è legata al fatto che la sua famiglia è stata vittima di una tragedia ad Algeri. Per lui è impossibile capire, vittima di una morte imposta, chi possa togliersi la vita, pur potendone disporre. Monsieur Lazhar è la storia dell’elaborazione di un lutto, attraverso la condivisione di un microcosmo variegato e problematico come quello di una scuola. Un processo in cui le ferite si creano e si suturano giorno dopo giorno nel corso di un anno scolastico, passando anche attraverso la disposizione dei banchi o l’amore per la lingua francese o un processo di formazione che porta dei bambini alla perdita dell’innocenza, ad incontrare la violenza e la morte possibilmente educandoli a non ritenerli dei tabù. Bachir è interpretato in maniera davvero splendida da Mohamed Fellag, un attore e comico teatrale algerino. Una figura di enorme dignità ed eleganza, che diventa un albero solido su cui far sbocciare la crisalide in cui sono rinchiusi i suoi alunni e lasciarli diventare delle farfalle, ancora più reali per aver capito le dure leggi della morte e della violenza. Un punto di vista diverso, quello di un esiliato, un po’ fuori dal tempo, come il suo francese cristallino (“parla come Balzac”), che pone una società matura e ossessionata dal politicamente corretto di fronte alle proprie forzate contraddizioni. Una scuola asettica in cui il contatto fisico è vietato e diventa a sua volta tabù fino ai limiti più ossessivi. Non a caso chi veramente riuscirà ad instaurare un rapporto pieno con lui saranno i suoi allievi, i bambini, attraverso la loro purezza tutto istinto. Nonostante la neve cada insistente e ricopra tutto sarà un grigio inverno nel Québec. Gli unici sprazzi di sole e di bianco saranno quelli della lontana ed esotica Algeria che arriverà ai ragazzi dai racconti del professore e sarà per loro e per noi spettatori un mondo affascinante e misterioso. Bambini e contraddizioni educative nel Canada di oggi di Andrea d’Addio Filmup L’insegnante bravo, buono ed in grado di cambiare umori e volti di una classe altrimenti allo sbando è un grande classico della cinematografia, molto più di quanto lo sia nella letteratura. Di film del genere ne sono stati realizzati in ogni parte del mondo e con ogni variazione possibile, eppure per quanto il rischio di déjà-vu sia sempre dietro l’angolo, una volta seduti in sala e iniziata la proiezione, è facile che si finisca con l’appassionarsi al tutto con grande probabilità anche di lacrimuccia finale. Amiamo l’idea che ci siano persone in grado di mettere la propria cultura al servizio del benessere altrui, non è solo ciò che dice, ma il come lo dice, la capacità di immedesimarsi nell’ascoltatore, l’impegno profuso verso ogni suo giovane interlocutore, lo stesso che avremmo voluto un tempo quando eravamo in classe e che tuttora avidamente desideriamo intorno a noi, che si parli di famiglia come di lavoro. Monsierur Lazhar segue questa tipologia di canovaccio caratterizzandosi per due elementi: la provenienza dell’insegnante, un algerino dal misterioso passato che ha appena chiesto asilo politico al Canada e per lo shock che la classe ha subito nel prologo del film, ovvero il suicidio della maestra, impiccatasi durante la ricreazione. L’occhio di Monsieur Lazhar, un uomo del sud che si trova ad avere a che fare con l’anche troppo civilizzato Canada francese, serve per indagare sulle contraddizioni di un sistema educativo che, troppo ossessionato dal politically correct, ha perso di vista i veri soggetti del tutto, ovvero i bambini, piccoli adulti in divenire che per il momento devono essere trattati per quello che sono, bambini. L’amabilità di Monsieur Lazhar, persona tanto pragmatica quanto umile, viene perfettamente resa sullo schermo dal volto di Mohamed Fellag, uno dei volti più noti della cultura algerina, con un passato non tanto lontano dal suo Lazhar (nel 1995, dopo lo scoppio di una bomba nel teatro dove stava andando in scena il suo spettacolo, decide di esiliarsi a Parigi). Attorno a lui Philippe Falardeau scrive e dirige una bella pellicola, ironica e toccante allo stesso tempo, che giustamente è arrivata a competere per l’Oscar per il migliore film straniero nel 2012. Al cinema, o in dvd, vale senza dubbio una visione. Microcosmo realistico di Pietro Ferraro Cinemaniaco Monsieur Lazhar è un dramma a sfondo scolastico dai toni delicati ed edificanti, diretto dal canadese Philippe Falardeau e candidato agli Oscar 2012 come Miglior film straniero. Falardeau decide di affrontare tematiche irte di ostacoli emotivi come il suicidio e la morte attraverso un duplice sguardo, quello di un insegnante per vera vocazione e quello di un gruppo di giovanissimi studenti, che dovranno apprendere sulla loro pelle quanto sia traumatica la morte quando strappa il velo di un quotidiano ancora innocente e privo di difese, teneri e strabilianti i due giovanissimi attori Emilien Neron (Simon) e Sophie Nelisse (Alice). La regia di Falardeau non commette mai repentine invasioni di campo, lascia ampio spazio agli attori, ne accompagna con discrezione l’evoluzione emotiva, ne sottolinea sintonie e spigolosità creando un microcosmo realistico e coinvolgente, capace di catturare sia la capacità di apprendere e relazionarsi dei bambini, che quella di insegnare e di contrapporsi degli adulti, una semplicità frutto dell’innocenza a fronte di una complessità figliata dai travagli della vita che daranno vita insieme ad una sorprendente rinascita.