L`anamnesi di Alina Marazzi

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L`anamnesi di Alina Marazzi
L’anamnesi di Alina Marazzi
di Giulia Ballone
“Le cose si scoprono attraverso i ricordi che se ne hanno.
Ricordare una cosa significa vederla, ora soltanto, per la prima
volta.”
Cesare Pavese, Il mestiere di vivere, 1935/50 (postumo 1952)
O g n i g i o r n o , o g n i m i n u t o è u n d i v e n i r e i n r i c o r d o . L’ e s p e r i e n z a i n d i v i d u a l e
permette la costruzione di ideologie e di valori diversi, e nel vivere
quotidiano è inscritta la possibilità che una singola immagine, nota musicale
o pagina scritta generino un percorso emotivo e psicologico unico. E la
realtà che prende forma assieme al vissuto del soggetto, e la memoria gioca
un ruolo fondamentale in questo processo: già Aristotele distingueva la
memoria in mneme e anamnesi1.
La mneme è il momento passivo, la massa d’informazione, qualcosa di fermo
e s t a t i c o c o m e u n a t r a c c i a . I n U n ' o r a s o l a t i v o r re i i l p u n t o d i p a r t e n z a è
esattamente questo, vale a dire quell'insieme di tracce formato dall'archivio
familiare della regista. Un archivio che, oltre agli home movie e le foto con
cui il nonno (Ulrico Hoepli) ha documentato maniacalmente la vita di
famiglia,
raccoglie anche i diari, i referti medici e la corrispondenza
appartenuta alla madre, morta suicida in un ospedale psichiatrico.( fig. 1-2 )
Fig. 1-2
L’ a n a m n e s i è i n v e c e i l p e r c o r s o c h e è n e c e s s a r i o s e g u i r e p e r c o p r i r e l a
distanza che ci separa dal passato. Ma nel momento in cui percorriamo le
tracce, esse perdono la propria staticità, iniziano cioè ad apparirci come un
tracciato. La Marazzi tratta le immagini del proprio archivio familiare con
la consapevolezza che in esse gli eventi e gli esistenti sono ormai ridotti ad
una presenza spettrale, il loro significato si è impoverito. Ed è proprio in
virtù di questa perdita iniziale che le cose e le persone rappresentati
possono funzionare come dei segni veri e propri. Impoverimento che
arricchisce, perché rende possibile la produzione di altri significati.
U n ’ o r a s o l a t i v o r re i , p e r q u a n t o s i a v v i c i n i a d u n d o c u m e n t a r i o , r i m a n e u n
f i l m d i ff i c i l m e n t e e t i c h e t t a b i l e . E ’ l a m e s s a i n s c e n a d i e l e m e n t i r e a l i ,
1
Aristotele, L'anima e il corpo. Parva Naturalia, a cura di A.L. Carbone, Milano, Bompiani, 2002.
operato attraverso uno sguardo intimamente coinvolto, quello della Marazzi.
Il film procede attraverso il punto di vista di Liseli Hoepli, che decide di
raccontare alla figlia la propria storia. In realtà Alina Marazzi non si limita
a mettere in scena un vissuto, ma, a partire dalle tracce lasciatele in eredità
dalla madre, crea nuovi nessi. Da questo angolo prospettico il lavoro della
regista non è troppo dissimile da quello dell'archiviatore: in entrambi i casi
si tratta di gestire un metodo di catalogazione. Certo, il documento
testimonia la storia, ma c’è sempre qualcuno a stabilirne la rilevanza.
Un elemento rilevante, nell'economia del film, è l'utilizzo peculiare della
voice off. Sin dalla sequenza di apertura, la voce funziona come un
operatore di montaggio. Inizialmente il campo sonoro è occupato dalla
musica di un vecchio vinile, ma subito dopo ad essa si sovrappone la voce
registrata dei genitori di Alina che scherzano allegramente. La Marazzi
decide però di rendere più complesso il punto di vista su questi pezzi di
realtà. Infatti, da qui in poi, sarà lei a prestare la propria voce al racconto
della madre, Liseli:
Mia cara Alina, quella voce che hai appena sentito, quella voce che
scherza e ride, quella voce che fa finta di sgridare te e Martino, è la
mia voce, la mia voce di trent’anni fa, l’avevamo incisa con papà per
farvi uno scherzo, ti ricordi? In tutto questo tempo nessuno ti ha mai
parlato di me, di chi ero, di come ho vissuto, di come me ne sono
a n d a t a . Vo g l i o r a c c o n t a r t i l a m i a s t o r i a , a d e s s o c h e è p a s s a t o c o s ì t a n t o
tempo da quando sono morta.
L'inserimento della voce di Alina Marazzi, fa si che questi elementi vengano
prelevati
dalla
serie
contestuale
di
appartenenza,
sospendendone
provvisoriamente il significato. Ma c’è anche qualcos’altro a rendere
particolare l’uso della voice off. Non si tratta soltanto di imprimere un
senso nuovo all'archivio, ma sopratutto di gettare uno sguardo dentro alla
storia pass ando attraverso l'intimità familiare dell'alta borghesia milanese.
Un'intimità che talvolta sembra voler coinvolgere lo spettatore stesso,
interpellato da un uso ricorrente degli sguardi in macchina (fig 2-3-4).
Fig. 2-3-4
La continua sovrapposizione di voce, parole e soggetti fa si che mittente e
destinatario
che assume
Alina/Liseli
psichiatrica,
siano identificabili in una stessa istanza discorsiva. Una cosa
un ulteriore significato nel momento in cui la voce di
legge l’ennesima lettera che Liseli ha spedito dalla clinica
in cui è ricoverata, ad Alina (fig.5).
Fig.5
Per la prima volta compaiono delle mani,
presumibilmente
della
regista,
che
scorrono sui documenti. Le mani aprono
le lettere, le sfogliano, ci mostrano i
disegni,
simulano
i
movimenti
del
destinatario del messaggio (Alina). La
voce sembra finalmente incarnarsi in un
corpo, ma in realtà è lo stesso corpo di
colei che ha dato vita alla messa in scena di tale vissuto2.
La realtà offertaci dall a Marazzi è sicuramente lavorat a, ma non per questo
meno reale. In altre parole, gli elementi d’archivio utilizzati in Un'ora sola
t i v o r re i s o n o d e i p r e l i e v i , c o n s e r v a n o c i o è l a p r o p r i a a u t o n o m i a s t o r i c a
rispetto alla narrazione, ma al contempo l'intervento sul piano sonoro
cambia il significato originario del materiale prelevato, generando così
nostalgia, commozione, emozioni vere di fronte un vissuto più che mai
reale.
2
Come sostiene Francesco Zucconi “La voce off, rimasta finora vacante e spettrale, sembra finalmente trovare
dimora in un corpo, ma si tratta del medesimo corpo nel quale viene attorializzata l’istanza responsabile delle
pratiche di rilettura o di manipolazione operate sui materiali dell’archivio Hoepli. La voce e il corpo diventano
allora i poli tra i quali si articola la coalescenza di mittente e destinatario della lettera, in un cortocircuito che
coinvolge narratore e narratario, personaggio e attore, espediente narrativo e découpage, in due parole: Liseli e
Alina”. Cfr F. Zucconi, Realtà di un archivio familiare: Un’ora sola ti vorrei di Alina Marazzi, in Lo spazio del
reale nel cinema italiano contemporaneo, R. Guerrini, G. Tagliani, F.Zucconi (a cura di), Le Mani, Recco, 2009.
p.87.