Lo Sviluppo organizzativo, la Leadership e le teorie Manageriali

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Lo Sviluppo organizzativo, la Leadership e le teorie Manageriali
UNIVERSITÁ DI CATANIA
------Corso di laurea in Scienze e tecniche psicologiche (Enna)
(A.A. 2003-2004)
Corso di
PSICOLOGIA DEL LAVORO
Prof. G. SANTISI
LO SVILUPPO ORGANIZZATIVO, LA
LEADERSHIP E LE TEORIE
MANAGERIALI
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L’ORGANIZATION DEVELOPMENT
Argyris, 1971; Beckard, 1969; Bennis, 1969; Schein, 1965;
French (1973).
“l’O.D è una risposta al mutamento, una strategia di base
molto complessa che ha come scopo il mutamento delle
convinzioni, degli atteggiamenti, dei valori delle strutture
organizzative così che esse possano meglio adattarsi alle nuove
tecnologie, ai nuovi mercati, alle nuove sfide….”
“…..O.D è il nome che viene dato alle azioni di mutamento
pianificato a livello di sistema totale (Bennis, 1969).”
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L’ORGANIZATION DEVELOPMENT
Le radici dell’O.D. sono ravvisabili in quelle
formulazioni teoriche, che tentano di risovere il
problema dell’integrazione tra individuo e
organizzazione. (Maslow, 1954; Mc Gregor,
1960; Likert, 1961).
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L’ORGANIZATION DEVELOPMENT
French & Bell (1973) “.. L’O.D.è un intervento a
vasto raggio per migliorare i processi di
soluzione dei problemi e di rinnovamento di
un’organizzazione, specialmente attraverso il
controllo, più efficace e collaborativo, della
cultura dell’organizzazione, e l’impiego delle
teorie e delle tecniche delle scienze applicate”.
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OBIETTIVI DELL’ O.D.
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Miglioramento dei rapporti interpersonali;
Riduzione della tensione nei gruppi di lavoro;
Sviluppo di nuove tecniche di risoluzione dei
conflitti;
Leadership partecipativa.
CONDIZIONI DA SVILUPPARE
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Capacità di comunicazione delle informazioni;
Flessibilità e Creatività decisionale;
Impegno e adesione nei confronti degli obiettivi
aziendali;
Clima di sostegno e sicurezza.
In sintesi una combinazione più efficace di
caratteristiche organiche e meccaniche, di bisogni
della persona e scopi dell’organizzazione (Schein,
1965).
COMPONENTI FONDAMENTALI DI UN
PROGRAMMA DI SVILUPPO ORGANIZZATIVO
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DIAGNOSI-raccolta e analisi dei dati;
AZIONE- attività strutturate finalizzate al
raggiungimento di obiettivi funzionali al
miglioramento dell’organizzazione;
MANTENIMENTO- valutazione dei risultati,
feedback continuo per la verifica della validità e dei
procedimenti adottati (French & Bell, 1973)
Questi passaggi sono quelli che sintetizzano il
modello dell’Action Research
Il modello dell’Action Research (French, 1969)
Pianificane azione
Feedback con il
cliente
Raccolta dati e
diagnosi
Consultazione con
esperti
Azione (nuovo
comp.)
Pianificazione
azione
Discussione
Feedback al gruppo
cliente
Raccolta dati
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Pianificazione del
problema
Azione
Pianificazione
azione
Discussione
Feedback
Raccolta dati
Il Management by Objectives
“Più chiara è l’idea che si ha di quello che si vuole realizzare,
maggiori sono le probabilità di riuscire a realizzarlo […].
Ciò di cui l’impresa industriale ha bisogno è un principio di
management che darà pieno campo di azione alla forza e alla
responsabilità personale, e al tempo stesso darà comune
orientamento di visione e di sforzo, stabilirà forme di lavoro
di gruppo e armonizzerà le mete del bene individuale con
quello comune. Il solo principio che può far questo è la
direzione mediante obiettivi e autocontrollo” (Drucker, 1954).
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Le fasi del Management by Objectives
〈 Analisi del mercato e della concorrenza;
〈 analisi delle abilità e delle risorse;
〈 sviluppo di una dichiarazione di obiettivi
e strategie;
〈 traduzione degli obiettivi e delle strategie
in ciò che significa per la produzione;
〈 analisi di ciascun elemento del sistema
produttivo;
〈 studio dei vincoli (economici e
tecnologici);
〈 riorganizzazione della produzione.
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Il successo della direzione per obiettivi dipende da
molteplici motivi, in particolare, essa:
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•
accresce la motivazione individuale, soddisfacendo il
bisogno di valorizzazione di sé;
•
aumenta le probabilità di riuscita, essendo più chiara
la consapevolezza di ciò che il management vuole
raggiungere;
•
incrementa l’efficienza organizzativa, unendo
competenze e attitudini individuali agli obiettivi da
raggiungere;
• trasmette all’esterno un’immagine sicuramente positiva
attraverso la condivisione degli obiettivi e delle strategie;
• evita la frattura tra il sistema della dirigenza e i sottosistemi
d’indirizzo specialistico;
• precisa la fisionomia futura dell’organizzazione,
rappresentando la via da seguire per il raggiungimento degli
obiettivi;
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• rende più stabile l’organizzazione, basandosi sulla
spontanea volontà dei suoi membri di identificarsi con le
finalità dell’impresa.
La Direzione per Obiettivi (M.B.O.)
“Sistema di gestione in cui il superiore e il subordinato
determinano e fissano insieme gli obiettivi d’impresa”.
Componenti base del MBO
• Determinare e fissare gli obiettivi
• Feed-back
• Partecipazione
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La Pianificazione strategica
Tipi di obiettivi
• Obiettivi strategici
• Obiettivi interni
• Obiettivi individuali
Processo di pianificazione strategica
• Analisi dell’ambiente
• Analisi dell’organizzazione
• Analisi delle abilità critiche
• Analisi delle opportunità/minacce
Generare alternative strategiche
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Come fissare un obiettivo
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1. Assumere la sua fattibilità
2. Specificare i risultati desiderati
3. Elencare le attività richieste per raggiungere il
risultato
4. Separare le attività che devono essere eseguite
da altri
5.Determinare il metodo di misurazione
6. Dichiarare limiti temporali e di budget
7. Fattori contingenti
8. Tipo di rapporto al superiore
9. Stabilire priorità fra gli obiettivi
Per aumentare la qualità degli obiettivi
• Il superiore deve partecipare
• La discussione deve essere finalizzata allo
sviluppo
• Identificare le cause dei problemi
• Discutere alternative dopo l’identificazione
delle cause
• Non avere fretta nel fissare gli obiettivi
• Il superiore si deve trattenere dal suggerire
• Una volta fissato l’obiettivo, riflettere bene
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Per aumentare l’accettazione degli obiettivi
• L’input del subordinato deve apparire nella decisione
finale
• Il subordinato deve sentirsi libero di esprimere
suggerimenti
• Il superiore non deve dominare la discussione
• Il conflitto di idee deve essere tollerato
• Dovrebbero essere fissati obiettivi di alta qualità
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Attività del management strategico.
Analisi dei contesti
〈 dell’ambiente esterno (mercati, contesto socio-politico,
concorrenza)
〈 organizzativa (prodotti, strutture, capacità, team, risorse)
〈 degli azionisti
Valutazione e miglioramento della
performance
- sviluppo di misure e criteri
- valutazione successi e fallimenti
(analizzandone le cause)
- rivalutazione dei punti di
forza/debolezza
Definizione di una strategia
- definizione di mission
organizzativa
- definizione di politiche e valori
- definizione di obiettivi
- acquisizione dei supporti
necessari
Pianificazione, realizzazione e controllo
- sviluppo di programmi, progetti, piani
(proponendo, valutando, offrendo consulenza e
supporto)
- delega di responsabilità
- promozione della cultura (promuovendone i
valori, incoraggiando collaborazione e diversità)
- controllo (rivedendo le performance)
Il management operativo
Gestione delle operazioni
Soddisfazione delle richieste del
cliente
Gestione del cambiamento
Garanzia della qualità
Gestione del tempo
Gestione delle risorse
finanziarie
Gestione del budget
Controllo dei costi
Gestione delle risorse
umane
Pianificazione del personale
Sviluppo dei team e dei singoli
Relazioni di lavoro
Gestione dei problemi con il
personale
Garanzia delle pari opportunità
Gestione dei flussi
informativi
Reperimento delle informazioni
Utilizzo delle informazioni
Condivisione delle informazioni
Fonte: Boutall, 1996.
Il Management imprenditoriale
“La dirigenza deve saper prendere decisioni di tipo sempre
più imprenditoriale, con l’obiettivo di raggiungere, di
inventare il profitto. In tale prospettiva la funzione ricerca e
sviluppo è uno strumento importante con cui si può
accentuare il processo di rinnovamento aziendale,
promuovere la maturazione del mercato, migliorare la
qualità
e
il
collocamento
delle
produzioni”
(DeCarlo,1994,p.31).
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Il management imprenditoriale
(Druker, 1996)
Al fine di attuare una gestione improntata ad uno spirito
imprenditoriale, risultano necessari politiche e metodi da applicare
a quattro settori importanti
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• E’ necessario sensibilizzare l’azienda all’innovazione e portarla
ad interpretare il cambiamento come opportunità piuttosto che
come minaccia. Per ottenere simili risultati ci vogliono politiche
specifiche: si deve fare in modo che i dirigenti vedano
nell’innovazione un comportamento attraente e vantaggioso. Ciò
diviene possibile rimettendo in discussione periodicamente
l’impresa e le sue attività; attuando, quindi, una politica di
abbandono di tutto ciò che risulta obsoleto e superato. L’azienda
deve diventare avida di “cose nuove”.
• E’ indispensabile programmare l’apprendimento
necessario a migliorare i risultati. Nell’attuare il
cambiamento bisogna garantire che esso venga
compreso all’interno dell’organizzazione. È necessario
illustrare sia la logica che guida tutto il processo che si
vuole porre in essere, sia gli strumenti che si intendono
utilizzare per attuarlo. L’attività di formazione è rivolta a
coloro che sono direttamente o indirettamente coinvolti
nel cambiamento.
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Una gestione imprenditoriale richiede metodi specifici
riguardanti la struttura organizzativa, la costituzione
dell’organico e della direzione, le retribuzioni, gli
incentivi, i premi. Diviene fondamentale la capacità di
attrarre e trattenere i talenti migliori; cambiano così
anche i fattori critici nella gestione del personale:
alzare il livello di motivazione, mantenere alto il livello
di retention, limitare il tasso di turnover, guidare la
cultura aziendale, incentivare il senso di appartenenza,
l’adesione ai valori ed alla vision aziendale, migliorare
la comunicazione.
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Si deve prestare attenzione ai comandamenti negativi,
alle cose da non fare; sono per lo più sconsigliabili, ad
esempio, tutti quei tentativi di innovazione che
portano l’impresa fuori dal suo campo di attività.
Spesso è troppo difficile tentare qualcosa di nuovo in
un settore che non si conosce, nel quale non si ha
esperienza, o per il quale non si possiedono le
competenze necessarie.
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Modello concettuale delle influenze sulla soddisfazione, sullo
sviluppo e sull’intenzione di mantenere l’impiego
Precedenti:
Mediatori:
Effetti:
- Perdita involontaria del
lavoro
- Cambiamenti organizzativi
- Cambio volontario di lavoro
- Violazione dei vincoli
contrattuali
- Responsabilità per la
carriera
- Sviluppo
- Impegno
- Aspettativa di lavoro
precario
- Soddisfazione
- Partecipazione nello
sviluppo di attività
- Intenzione di mantener
l’impegno
Caratteristiche
Socio- Demografiche:
- età
- genere
- livello organizzativo di appartenenza
Fonte: Cavanaugh &
Noe, 1999.
Influenze sulla soddisfazione lavorativa
Variabili
Individuali:
- autostima
- ottimismo
- controllo percepito
Apertura per il
Cambiamento
Organizzativo
-
Soddisfazione lavorativa
Irritabilità
Intenzione di attuare turnover
Turnover effettivo
Variabili Contesto-Specifiche:
-
informazione
partecipazione
self efficacy
sostegno sociale
impatto personale
Fonte: Cavanaugh & Noe, 1999
Definizione di Cultura Organizzativa
La cultura organizzativa, nel suo significato più vasto,
comprende tutti i valori, le norme, le modalità, gli stili
direzionali, la struttura organizzativa, gli obiettivi; può
essere più semplicemente definita come l’insieme dei
valori e delle scelte che rappresentano il modo in cui
l’individuo può svolgere la propria attività all’interno
dell’organizzazione, e definisce quali comportamenti
vengono considerati appropriati.
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• Il concetto viene introdotto nel campo del
comportamento e delle teorie organizzative da Pettigrew
(1979), il quale sottolinea l’importanza che rituali, miti e
simboli hanno nel processo di comprensione delle
organizzazioni.
• Un contributo assai rilevante viene negli anni ’80 dallo
psicologo Schein, il quale definisce la cultura
organizzativa come “un insieme di assunti di base –
inventati, scoperti o sviluppati da un determinato gruppo
quando impara ad affrontare i propri problemi di
adattamento con il mondo esterno e di integrazione al
suo interno – che si è rivelato così funzionale da essere
considerato valido e, quindi, da essere indicato a quanti
entrano nell’organizzazione come il modo corretto di
percepire, pensare e sentire in relazione a quei problemi
” (Schein, 1990, p. 35).
La cultura dell’azienda si articola su tre livelli di
profondità e di visibilità:
• gli artefatti appartengono al livello più visibile e
superficiale della cultura e riguardano l’ambiente fisico e
sociale dell’organizzazione, la sua produzione tecnologica,
il linguaggio scritto e orale ed i modelli comportamentali
sviluppati e condivisi dai suoi componenti;
• i valori costituiscono l’esplicitazione formale
dell’identità e della mission dell’organizzazione e
svolgono la funzione di comunicare all’esterno e
all’interno l’orientamento culturale della stessa, creando
adesione e consenso;
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• gli assunti di base rappresentano i veri paradigmi
culturali dell’organizzazione, sono perlopiù dati per
scontati dai suoi componenti e si collocano al livello
più profondo e meno accessibile alla conoscenza;
concernono temi fondamentali quali il rapporto
dell’organizzazione con l’ambiente di riferimento, i
concetti di realtà e di verità, le idee sulla natura e
sull’azione
umane
e
quelle
sulle
relazioni
interpersonali.
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I Manager per imprimere e trasmettere la cultura
ai membri dell’organizzazione si servono di due
ordini di meccanismi
• Meccanismi primari: concentrando la propria attenzione su
determinati oggetti, attribuendo premi, modellando i ruoli, trattando
in un certo modo gli incidenti critici che si trovano a dover affrontare,
scegliendo i criteri sui quali basarsi per la selezione del personale, i
fondatori comunicano sia esplicitamente che implicitamente i propri
assunti di base.
• Meccanismi secondari: comprendono i messaggi contenuti
nella struttura organizzativa, nelle procedure, nell’aspetto
esteriore, nelle storie che si narrano e nelle dichiarazioni
informali.
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La cultura viene comunicata dal management:
• in base a ciò cui il management stesso rivolge la
propria attenzione e a ciò che tende a controllare;
• in base a come la direzione risponde alle situazioni
critiche;
• in base ai criteri utilizzati in attività di selezione,
reclutamento, promozione, relazione con l’esterno,
marketing, comunicazione, distribuzione di prodotti o
servizi.
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Approcci allo studio del clima organizzativo
L’approccio strutturale, che considera il clima quale attributo
dell’organizzazione desunto da misure percettive (Guian, 1973).
Esso si forma in base alle dimensioni oggettive
dell’organizzazione (ad esempio il numero dei livelli gerarchici, i
tipi di tecnologie utilizzate, le politiche di gestione del personale,
il grado di centralizzazione delle decisioni).
L’approccio percettivo vede il clima, invece, come il prodotto
delle
elaborazioni
percettivo-cognitive
che
riflettono
l’interpretazione
dell’ambiente
basata
sugli
aspetti
psicologicamente significativi per l’individuo (James & Jones,
1974).
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L’approccio interattivo interpreta il clima quale
combinazione tra gli elementi strutturali
dell’organizzazione e le caratteristiche di personalità
dei singoli. La comunicazione, per questo approccio,
risulta essere la componente centrale per la
formazione del clima (O’Driscoll & Evans, 1988).
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L’approccio culturale focalizza l’attenzione sulle
modalità con cui i gruppi costruiscono e negoziano la
realtà grazie anche alla creazione di una cultura
organizzativa. Il clima, allora, influenza le interazioni
nell’organizzazione (Geertz, 1973).
Ambiente fisico e socio-politico
〈 Contesto ambientale
〈 Contesto legale e politico
〈 Eventi storici
〈 Caratteristiche del mercato
〈 Disponibilità delle risorse
Vision imprenditoriale
Interpretazione imprenditoriale dell’ambiente; crea l’immagine aziendale e determina le leggi informali
che regolano la vita organizzativa
Cultura organizzativa
Insieme di leggi, valori, opinioni che sostengono le strutture e le pratiche organizzative
Pratiche di Gestione del Personale
〈
〈
〈
〈
〈
〈
〈
〈
〈
Job design
Autonomia e responsabilità
Varietà di compiti
Pratiche di supervisione
Coinvolgimento
Funzione della leadership
Sistema premiante
Comunicazione interna
Ruolo del capo
Clima
Processo psicologico che pone in rel
azione l’ambiente lavorativo e le prat
comportamenti e gli atteggiamenti correlati al lavoro
iche organizzative con i
Teorie della contingenza - Fiedler (1967)
L’ipotesi sottostante al modello della contingenza è che non si
possa delineare uno stile di leadership universalmente
efficace, ma che l’efficacia dei diversi stili di leadership
debba essere valutata in relazione alle caratteristiche
contingenti delle situazioni (Novara & Sarchielli, 1996).
L’approccio più conosciuto riconducibile a tale modello è
quello di Fiedler secondo il quale il leader che vuole svolgere
un’azione efficace deve tenere conto di quanto la situazione
concreta gli sia favorevole.
La situazione viene considerata in riferimento a tre fattori:
〈
qualità delle relazioni esistenti tra leader e subordinati;
〈 grado di strutturazione del compito;
〈 potere accordato al leader dall’organizzazione.0
Leadership Situazionale
Hersey e Blanchard (1982)
Il modello di situational leadership, si basa su tre principali
variabili:
quantità di orientamento e di guida fornita dal leader
rispetto al compito (orientamento al compito);
quantità di supporto emotivo e relazionale (orientamento
alle relazioni);
livello di maturità dei collaboratori (costituita da una
componente di abilità nel compito e da una componente
psicologica).
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Leadership Situazionale (II)
Hersey e Blanchard (1982)
Hersey e Blanchard (1982) identificano quattro stili di
leadership, da adottare in relazione al riconoscimento del
diverso grado di maturità dei collaboratori:
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•
Telling: il leader, sfruttando una comunicazione di tipo
unidirezionale, dà ordini, fornisce indicazioni; tale stile è adatto
nel caso di collaboratori caratterizzati da bassa maturità sia
psicologica che rispetto al compito.
•
Selling: il leader fornisce spiegazioni sul compito e prende
atto delle indicazioni/richieste dei subordinati; tale stile risulta
adeguato in situazioni di elevata maturità psicologica e bassa
maturità rispetto al compito .
•
Partecipating: il leader cerca di coinvolgere nelle
decisioni, fornisce sostegno ed incoraggiamento, tale stile
viene adottato nel caso di collaboratori caratterizzati da
elevata maturità rispetto al compito e da una minore maturità
psicologica.
•
Delegating: il leader ha una funzione di guida e di
sostegno ridotta; tale stile si collega a situazioni ad alta
discrezionalità in presenza di collaboratori dotati di elevata
maturità sia psicologica che rispetto al compito.
(Hersey, 1984)
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Leadership
trasformazionale
Influenza
Idealizzante
Schein, Bass, Bennis e
Nanus (1985)
Motivazione
Ispirazionale
Stimolazione
Intellettuale
Fig. 7 – Il modello delle quattro “i”
Considerazione
Individuale
Fonte: Bass, 1985.
Ottenere fiducia, essere
modello di ruolo in cui i
collaboratori possono
identificarsi
Dotare di significato il
lavoro delineando
prospettive sfidanti che
elevano le aspettative
Sollecitare innovazione e
creatività, mettere in
discussione le credenze
consolidate e le
abitudini
Facilitare per mezzo di
una comunicazione
personalizzata, la crescita
e le opportunità di
apprendimento
Challenging the process
Confrontarsi con e sfidare lo status quo
Imparare dagli errori e dai successi
Encouraging the
Heart
Bilanciare i
riconoscimenti
con le prestazioni
Celebrare le
vittorie
Modeling the
Way
Praticare i valori
Costruire
commitment per
l’azione
Leadership challenging
Kouzes e Posner (1987)
Inspiring a Shared Vision
Immaginare scenari ideali
Attrarre le persone verso
Fig. 8 – Leadership Challenging.
scopi comuni
Enabling Others to Act
Promuovere obiettivi
cooperativi e fiducia
reciproca
Condividere il potere e le
informazioni
Fonte: Kouzes & Posner, 1987.
Leadership e apprendimento
E’ compito della leadership costruire organizzazioni che
apprendono.
Il modello di leadership presenta un triplice ruolo:
• designership, ossia progettare, delineare la vision e i valori;
• stewardship, ossia preoccuparsi delle persone ma anche darsi
da fare per raggiungere gli obiettivi;
• teachership, ossia sollecitare e stimolare la conoscenza e
l’apprendimento continuo, proponendosi non in modo
autoritario ma come facilitatore.
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Fonte: Senge (1990).
Leadership Engine
Fig. 9 – Modello della leadership Engine.
Valori
Idee
Leadership
Engine
Energia
Fonte: Tichy, 1997
Leading change
Stabilire un senso di urgenza
Creare una coalizione di governo
Sviluppare visione e strategia
Comunicare la visione
Fare empowering
Fig. 10 – Modello leading
change
Generare vittorie a breve termine
Consolidare i successi e proseguire nei
cambiamenti
Ancorare il nuovo alla cultura presente
Fonte: Kotter, 1996
Caratteristiche
Stabilisce dettagliatamente i compi ti di ciascuno,
senza indicare tempi e fasi progettuali, loda e
critica le attività senza spiegare i criteri di
valutazione, non si lascia coinvolgere dalle
problematiche personali e interviene solo per
Autoritario
mostrare il suo disappunto. Instaura un clima di
sottomissione, provocando tensione, irritabilità e
antagonismo tra i collaboratori. Controlla
costantemente l’attività lavorativa per aumentare la
produttività.
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Caratteristiche
Sceglie il proprio comportamento basandosi sulla
sua percezione della capacità, della disponibilità e
della motivazione del collabor atore a svolgere un
certo compito. Ossia cerca di “rispondere” alla
situazione per come la percepisce, senza cercare di
Situazionale
conoscere e d’influire sulle percezioni dei
collaboratori. Adatta il proprio stile alla d
uplice
dimensione del compito e della relazione. Il suo
stile dipende dal compito da gestire e dal tipo di
rapporto che vuole instaurare con il collaboratore.
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Caratteristiche
Non si appoggia sul compito e sulla relazione ma
sulla visione e sull’azione. C on la visione crea e
rappresenta gli obiettivi futuri da perseguire, con
l’azione assume subito comportamenti che
portano al conseguimento delle finalità.
Promuove e affronta con i collab
oratori il
Trasformazionale cambiamento che diventa sempre più necessità di
apprendimento continuo e quindi di conoscenza.
Più che vivere uno status deve interpretare un
ruolo che incoraggia e sviluppa capacità e
iniziative per raggiungere gli obiettivi. Considera
le “risorse umane” come l’oggetto privile giato
del proprio investimento.