n. 87 – luglio/agosto 2014

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n. 87 – luglio/agosto 2014
n. 87 – luglio/agosto 2014
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In questo numero:
1. Iran: Razieh Ebrahimi, 17 anni all'epoca del reato, rischia l'esecuzione. Firma l’appello!
2. Giappone: Masanori Kawasaki, prima esecuzione del 2014
3. Sudan: Meriam Yeyha Ibrahim è stata liberata, ma non può lasciare il paese
4. Egitto: prime esecuzioni dal 2011, confermate condanne per 183 imputati
5. Cina: uccise marito violento, Corte annulla condanna a morte
6. Italia: task force su pena di morte per risoluzione Onu
7. Usa: sempre meno nei sondaggi i favorevoli alla pena di morte
8. Usa: calano detenuti nei bracci della morte, rileva rapporto di Naacp
9. Unione africana: Ong per i diritti umani lanciano 'Manifesto' per abolizione pena di morte
10. Kenya: 6000 prigionieri nei bracci della morte
11. Brevi dal mondo
12. I dati sulla pena di morte (aggiornamento al 14 luglio 2014)
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1. Iran: Razieh Ebrahimi, 17 anni all'epoca del reato, rischia l'esecuzione. Firma l’appello!
Aveva 17 anni all'epoca del delitto, data in sposa
appena 14enne per volere del padre a un uomo
vicino di casa che faceva l'insegnante. Spose
bambine, così le chiamano. Adolescenti costrette a
diventar donne troppo presto e contro la loro
volontà. E a sopportar spesso il lato più atroce della
loro vita: l'umiliazione, le botte. Razieh Ebrahimi
aveva subìto dal marito tre anni di abusi fisici e
psicologici. Ma una notte, dopo l'ennesimo litigio e le
nuove violenze, non ce l'ha fatta più.
“Non ho chiuso occhio quella notte - ha poi
raccontato al quotidiano iraniano Shargh - e al
mattino mi sono ritrovata seduta a guardarlo dormire. Pensavo a quello che mi aveva fatto: ogni
singolo evento mi è passato di fronte agli occhi come in un film. Quella mattina ho preso la pistola
e gli ho sparato”.
È stata condannata a morte nel 2010, confessò l'omicidio. La sua esecuzione sarebbe già dovuta
essere stata archiviata dalle autorità iraniane, una delle tante di un così drammatico bollettino:
almeno 660 nel 2013, già oltre 200 nei primi sei mesi del 2014.
Ma a un passo dalla forca, viene fuori che Razieh aveva 17 anni quando commise il delitto, era
una minorenne. Non che importi molto alle autorità, l'Iran ha sì ratificato la Convenzione sui diritti
dell'infanzia, ma da qui al rispettarla ci passano - ad esempio - gli almeno sei minorenni all'epoca
del reato uccisi quest'anno. Il codice penale islamico vieta l'esecuzione di persone condannate a
morte per reati commessi quando erano minorenni.
Tuttavia Razieh Ebrahimi è stata condannata secondo il principio iraniano della qesas (riparazione)
che permette alle famiglie delle vittime di chiedere che un omicidio sia ripagato dall'esecuzione
dell'assassino. In Iran, la pena di morte è esclusa per i minori al momento del reato solo nei casi in
cui il giudice stabilisce che il reo non era consapevole della natura del crimine e delle sue
conseguenze o se ha dubbi sulla sua capacità di intendere e di volere.
La condanna di Razieh Ebrahimi è stata inviata all'Ufficio per l'attuazione delle sentenze:
l'esecuzione potrebbe dunque avvenire in qualsiasi momento, su richiesta della famiglia della
vittima, che ha il diritto di confermare l’esecuzione o di perdonare l’omicida e ricevere un
compenso economico.
Resta ancora una speranza: la mobilitazione internazionale. Firmare non costa nulla, per Razieh
una firma in più potrebbe essere l'ultima luce prima del buio.
Firma l’appello!
http://www.amnesty.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/7023/P/9995
----------------------------------------------------------2. Giappone: Masanori Kawasaki, prima esecuzione del 2014
Masanori Kawasaki, un uomo di 68 anni
condannato nel 2008 per l’omicidio di tre parenti,
è stato impiccato nel carcere di Osaka il 26
giugno scorso. È la nona esecuzione sotto il
governo del primo ministro Abe, dal dicembre
2012.
Il recente caso di Hakamada Iwao, rilasciato dopo
aver trascorso circa 40 anni nel braccio della
morte a seguito di un processo iniquo, ha
dimostrato al Giappone la debolezza del proprio
sistema giudiziario.
Per questo, invece di concentrarsi su nuove condanne e nuove esecuzioni, l’ideale sarebbe che le
autorità pensassero a una seria riforma giudiziaria. A sottolinearlo è stata Roseann Rife, direttore
per l’Asia orientale di Amnesty International.
Attualmente ci sono 128 persone nel braccio della morte in Giappone. È il ministro della Giustizia
che firma per confermare le esecuzioni che sono circondate dal segreto. I prigionieri vengono
avvisati poche ore prima, a volte non ricevono alcun preavviso. I familiari sono informati a
esecuzione avvenuta. I condannati a morte vivono perciò nella costante paura dell'esecuzione,
non sapendo mai se il giorno appena trascorso sarà stato l'ultimo della loro vita. Alla crudeltà e
disumanità della pena capitale si aggiunge la tortura psicologica.
Come sottolinea Roseann Rife, il governo deve dare prova di leadership e avviare un ampio
dibattito pubblico sull'uso della pena di morte, quale importante primo passo verso l’abolizione.
Nel mese di febbraio, un gruppo di ex giudici laici aveva esortato il ministro della Giustizia a
fermare le esecuzioni fino a quando non vi sarà una maggiore trasparenza sull'uso della pena
capitale. La speranza che questo avvenga è ancora concreta.
Per saperne di più:
- Leggi Japan: Secret execution a stain on justice system sul sito di Amnesty (in inglese)
http://www.amnesty.org/en/news/japan-secret-execution-stain-justice-system-2014-06-26
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3. Sudan: Meriam Yeyha Ibrahim è stata liberata, ma non può lasciare il paese
Appena un mese fa, vi avevamo invitato – da queste ‘colonne’ – a firmare un appello in suo favore.
Lei, Meriam Yeyha Ibrahim, 27 anni, di religione cristiana, è stata condannata alla fustigazione per
"adulterio" e a morte per "apostasia".
Meriam aveva scelto di sposare un uomo
cristiano. In base alla Shari'a, in Sudan, una
donna nata in una famiglia musulmana non
può sposare un uomo non musulmano e
un'unione del genere è considerata adulterio. Il
rifiuto di Meriam di abiurare la propria fede
cristiana le era costato una condanna a morte
per impiccagione. Meriam ha due figli: il primo,
di 20 mesi, era detenuto con lei, il secondo,
una bambina, è nato in prigione.
Il caso di Meriam ha suscitato un'ampia
attenzione internazionale: oltre un milione di persone ha sottoscritto l'appello per il suo rilascio. La
sua condanna è stata infine ribaltata da una corte d'appello e il 23 giugno la donna è tornata libera
e si è ricongiunta ai suoi familiari.
Ma quando la sua vicenda processuale sembrava ormai alle spalle, Meriam e i suoi familiari sono
stati fermati dai servizi di intelligence e sicurezza nazionale all'aereoporto di Karthoum, mentre
cercavano di partire per gli Stati Uniti. Il marito di Meriam ha infatti la doppia cittadinanza
statunitense-sudanese.
Secondo le autorità, la donna avrebbe fornito false informazioni, tentando di viaggiare con
documenti del Sud Sudan, invece che del Sudan. Rilasciata su cauzione, Meriam si trova
attualmente presso l'ambasciata statunitense a Karthoum, in attesa della conclusione del processo
a suo carico per questa nuova imputazione. Le sue vicissitudini non sono ancora giunte al termine.
Per saperne di più:
- Leggi il comunicato di Amnesty International Sudan: Meriam Ibrahim assolta e scarcerata
http://www.amnesty.it/Sudan-meriam-ibrahim-assolta-e-scarcerata
----------------------------------------------------------4. Egitto: prime esecuzioni dal 2011, confermate condanne per 183 imputati
Il tribunale egiziano di Minya ha
confermato il 21 giugno scorso le
condanne a morte di 183 presunti
sostenitori del deposto presidente
islamista Mohamed Morsi, fra cui
quella del capo della Fratellanza
musulmana, Mohamed Badie.
Le sentenze arrivano a pochi giorni
dalla messa in atto di sette
esecuzioni, le prime dall'ottobre
2011 di cui si ha notizia.
Amnesty International non ha dubbi: la nuova condanna è solo l'ultimo atto di una magistratura
politicizzata che usa arbitrariamente giustizia e pena di morte soprattutto per schiacciare il
dissenso.
Un rappresentante di Amnesty era presente in aula durante il processo e ha rilevato una massiccia
presenza di forze di sicurezza, molte delle quali non in divisa e armate.
Il recente verdetto segue la condanna di massa alla pena capitale dello scorso mese di marzo
emessa dal giudice Saeed Youssef nei confronti di 683 imputati accusati dell’attacco contro una
stazione di polizia nella città di al-Idwa, nella provincia meridionale di Minya. (leggi Newsletter n.84
- aprile 2014)
"Il sistema giudiziario egiziano è chiaramente guasto e non è più in grado di rendere giustizia - ha
sottolineato Hassiba Hadj Sahraui, vice direttore di Amnesty per il Medio Oriente e l'Africa del Nord
- La pena di morte è spietatamente usata come arma per eliminare gli avversari politici. Il sistema
ha perso imparzialità e credibilità nel momento in cui le forze di sicurezza, accusate di gravi
violazioni dei diritti umani, sono libere e migliaia di dissidenti sono in stato di fermo".
Le condanne a morte di massa, emesse al termine di processi gravemente irregolari nei confronti
di imputati accusati delle violenze dell'agosto 2013, hanno messo in luce le enormi carenze della
giustizia egiziana. In molti casi gli imputati non hanno potuto assistere al loro stesso processo e
agli avvocati è stato più volte impedito di rappresentarli o di interrogare testimoni.
Secondo informazioni raccolte da Amnesty International, dal gennaio 2014 i tribunali egiziani
hanno chiesto la pena di morte per 1247 imputati e l'hanno confermata in 247 casi.
Per saperne di più:
- Leggi Egypt sentences a further 183 people to death in new purge of political opposition sul sito
di Amnesty International (in inglese)
http://www.amnesty.org/en/news/egypt-sentences-further-183-people-death-new-purge-politicalopposition-2014-06-21
- Leggi How Egypt’s New Regime is Silencing Civil Society sul blog di Amnesty Usa (in inglese)
http://blog.amnestyusa.org/middle-east/how-egypts-new-regime-is-silencing-civil-society/
----------------------------------------------------------5. Cina: uccise marito violento, Corte annulla condanna a morte
Li Yan, una donna di 43 anni della
provincia
del
Sichuan,
era
stata
condannata a morte nell’agosto del 2011
per l’omicidio del marito: dopo aver subìto
violenze per mesi, tra cui l’amputazione di
un dito e la segregazione sul balcone di
casa durante l’inverno, nel corso
dell’ennesimo pestaggio lo aveva colpito
ripetutamente alla testa con una pistola.
La donna si era rivolta alle autorità in
diverse occasioni, ma la polizia si era limitata a documentare le lesioni senza intervenire,
nonostante la conferma dei fatti da parte di alcuni testimoni.
Nel maggio scorso, la Corte suprema del popolo ha annullato la condanna a morte e ha rinviato il
caso all’Alta corte provinciale del popolo del Sichuan per un nuovo processo. La decisione
rappresenta una rara inversione di marcia nell’ambito delle sentenze capitali e arriva dopo
l’enorme attenzione nazionale e internazionale sul caso, tra cui le pressioni di Amnesty
International, che richiedeva la commutazione della condanna a morte in pena detentiva.
La violenza contro le donne, compresa quella domestica, è una violazione dei diritti umani ed è
una forma di discriminazione ai sensi della Convenzione delle Nazioni unite sull’eliminazione di
tutte le forme di discriminazione contro le donne (Cedaw): in base a essa, la Cina ha l’obbligo di
adottare tutte le misure necessarie a prevenirla e di indagare ogni denuncia di violenza.
La pena di morte in Cina è applicabile ad almeno 55 reati, alcuni dei quali non violenti. Amnesty
International stima che la Cina metta a morte ogni anno migliaia di persone, più del resto del
mondo nel suo complesso.
Per saperne di più:
- Leggi Supreme Court overturns death sentence of woman who killed violent husband nel sito di
Amnesty (in Inglese)
http://www.amnesty.org/en/news/china-supreme-court-overturns-death-sentence-woman-whokilled-violent-husband-2014-06-24
----------------------------------------------------------6. Italia: task force su pena di morte per risoluzione Onu
"È necessario che governo, parlamento e
società
civile
lavorino
insieme
per
sensibilizzare quanti più paesi possibile a
votare in favore della risoluzione e questa sarà
per l'Italia una delle priorità del semestre di
presidenza del Consiglio dell'Unione europea".
Parole del ministro degli Esteri, Federica
Mogherini, che ha rilanciato l'impegno
dell'Italia nella battaglia per la moratoria
universale della pena di morte.
E per farlo ha riunito una task force per
coordinare l'azione italiana in vista della
votazione all'Onu su una nuova risoluzione.
L'obiettivo è rilanciare nel semestre di presidenza del Consiglio dell'Ue, affidato proprio all'Italia,
l'impegno contro le esecuzioni capitali e tentare di accrescere il consenso sulla risoluzione
dell'Assemblea generale che sarà votata a New York a dicembre.
La task force vede in campo Amnesty International Italia, la Comunità di Sant'Egidio e l'Ong
"Nessuno Tocchi Caino". "Un incontro molto costruttivo" ha commentato Antonio Marchesi,
presidente di Amnesty Italia, presente alla riunione, che ha confermato una "significativa
convergenza di valutazioni con il Ministro". L'incontro è avvenuto alla vigilia di una conferenza
tenutasi proprio al Palazzo di Vetro con la presenza del segretario generale dell'Onu, Ban Kimoon, per un confronto sul dibattito che si è sviluppato a partire dalla risoluzione presentata nel
2007 proprio dall'Italia, in occasione dell'inizio del semestre italiano di presidenza Ue.
"La pena di morte non ha posto nel 21esimo secolo", ha ribadito Ban Ki-moon a margine della
conferenza, il quale ha lanciato un forte appello per il ‘sì’ alla moratoria delle esecuzioni che a
dicembre sarà messa ai voti dell'Assemblea Generale. "Assieme possiamo porre fine a questa
pratica disumana e crudele in tutto il mondo", ha detto Ban Ki-moon chiedendo a tutti i paesi delle
Nazioni Unite di "fare passi concreti per abolire o non applicare più questa forma di punizione".
L'obiettivo è consolidare quella maggioranza di 111 paesi che due anni fa si pronunciarono a
favore della moratoria, in aumento rispetto al 2007 quando la prima risoluzione trovò l'appoggio di
104 paesi.
A tal fine, Ban Ki moon ha dato appuntamento al 25 settembre per una nuova discussione, stavolta
a livello di capi di stato e di governo, sulla moratoria della pena di morte. Saranno coinvolti quattro
o cinque Paesi di diverse aree geografiche tra cui l'Italia che ha storicamente la leadership nella
battaglia per fermare la pena di morte nel mondo.
Per saperne di più:
- Leggi il comunicato di Amnesty e del Ministero degli Esteri
http://www.amnesty.it/Pena-di-morte-incontro-alla-Farnesina-sulla-risoluzione-delle-Nazioni-Unite
----------------------------------------------------------7. Usa: sempre meno nei sondaggi i favorevoli alla pena di morte
I più recenti sondaggi di opinione negli Usa, condotti da più istituti con domande anche diverse in
funzione delle testate televisive e giornalistiche committenti, dimostrano comunque tutte il
progressivo calo del favore alla pena di morte.
Questo andamento, registrato nel tempo, a considerare la
pena di morte una risposta sempre meno adeguata a
contrastare il crimine violento - solo il 60% della
popolazione americana secondo Gallup nel 2013 era di
quest’opinione - potrebbe confermarsi negli anni a venire
così come arrestarsi o addirittura invertire la rotta. Si dà,
infatti, il caso che negli anni ‘50 e ’60 il sostegno alla pena
di morte fosse più contenuto e che questo sia poi
aumentato nel corso degli anni ‘70 e ’80 toccando il picco
dell’80% nel 1994, periodo in cui la politica
strumentalizzava la pena di morte esaltandone i potenziali
benefici deterrenti.
Ma pare oggi che le passate certezze vadano
affievolendosi a fronte di vecchie e nuove evidenze
empiriche: cala, di fatto, il consenso alla pena capitale
assieme al calo del tasso di omicidi; cala la convinzione
che la sua applicazione possa dissuadere i criminali semplicemente non è dimostrabile; aumenta l’opinione che
dovrebbe essere fermata in presenza di esecuzioni mal
condotte (“botched”) e quindi illecite; cala il sostegno alla pena di morte più che proporzionalmente
al favore per l’alternativa dell’ergastolo (“life without parole”) - a riprova del fatto che si è sempre
più contro per principio; e infatti aumenta la consapevolezza che uccidere sia moralmente
sbagliato in tutti i casi - e ciò viene ammesso non più solo per motivi religiosi come tendeva ad
avvenire in passato.
Ovviamente, resta uno dei più elevati motivi per il mancato sostegno il fatto che la pena di morte
possa essere applicata a persone innocenti - anche se le nuove prove del Dna rese disponibili
dalla scienza sembrano ridare fiato ai sostenitori della pena quando questa venga applicata al vero
responsabile dei reati capitali.
Per saperne di più:
- Leggi su slate.com Are americans turning against the death penalty? (in inglese)
http://www.slate.com/articles/health_and_science/science/2014/06/death_penalty_polls_support_f
or_capital_punishment_is_shrinking_and_opposition.html
8. Usa: calano detenuti nei bracci della morte, rileva rapporto di Naacp
La nuova edizione del rapporto Death Row Usa curato dal
Legal Defense Fund del Naacp (National Association for the
Advancement of Colored People) mostra un continuo
declino del numero delle persone che si trovano nelle celle
della morte. Alla data del 1° gennaio 2014, i detenuti nei
bracci della morte Usa erano 3070, 55 in meno rispetto alla
stessa data dell’anno precedente. Dal 2000, il numero
complessivo dei detenuti dei bracci della morte Usa è
diminuito del 16%.
La California continua ad essere lo stato con il più alto
numero di condannati a morte in carcere (742), seguito da Florida (410) e Texas (278). Ma proprio
il Texas ha registrato un collasso profondo, ben il 39% in meno di detenuti nei bracci della morte
rispetto al 2000 (quando erano 455).
Negli Usa, la pena di morte resta ancora una questione razziale. Dal 1976, 273 imputati neri sono
stati messi a morte per l'omicidio di una vittima bianca, mentre appena 20 imputati bianchi per
l'omicidio di una vittima nera. E nonostante i casi di omicidio colpiscono indifferentemente dal
colore della pelle (circa il 50% delle vittime di omicidi sono neri), oltre il 76% di esecuzioni negli
Usa arrivano da condanne per omicidi di bianchi.
Facendo un po' di conti, dal 1976 al 1° gennaio 2014 sono state giustiziate 1359 persone: 764 di
razza bianca (56,22%), 467 di razza nera (34,36%), 105 di razza ispanica (7,73%), 16 di razza
pellerossa (1,18%) e 7 di razza asiatica (0,52%).
Oggi, nei bracci della morte, bianchi e neri si equivalgono: 1.323 bianchi e 1.284 neri. Cresce la
componente ispanica (388, pari al 12.64%).
Per saperne di più:
- Leggi il rapporto Death Row Usa - winter 2014 (in inglese)
http://www.naacpldf.org/death-row-usa
----------------------------------------------------------9. Unione africana: Ong per i diritti umani lanciano 'Manifesto' per abolizione pena di morte
Un 'Manifesto per un Protocollo alla Carta
africana per l'abolizione della pena di morte'. È la
proposta lanciata da 78 organizzazioni per i diritti
umani a conclusione della Conferenza africana
sull'abolizione della pena di morte in Africa
convocata nella capitale del Benin, a Cotonou,
dalla Commissione africana per il diritti umani e
dei popoli.
Il Manifesto, secondo i promotori, dovrebbe
sostenere l'adozione da parte degli stati membri
dell'Unione africana di uno strumento giuridico regionale che preveda espressamente l'abolizione
della pena di morte.
Per Karim Lahidji, presidente della Federazione internazionale dei diritti umani, "i dibattiti in corso
sulla pena di morte in Africa rappresentano una straordinaria opportunità per i paesi africani al fine
di rafforzare il crescente movimento globale a favore dell'abolizione della pena di morte. Vanno
messi in atto azioni e impegno concrei per arrivare all'adozione di un Protocollo africano
chiaramente per l'abolizione della pena di morte".
Per saperne di più:
- Leggi African leaders and abolitionists hold anti-death penalty summit in Cotonou sul sito della
World coalition against death penalty (in inglese)
http://www.worldcoalition.org/cotonou-african-conference-abolition-death-penalty-treaty.html
----------------------------------------------------------10. Kenya: 6000 prigionieri nei bracci della morte
Quando Kirugumi wa Wanjuki (l'ultimo uomo ad essere impiccato in Kenya) morì nel 2009, nelle
carceri del paese vi erano oltre 4mila detenuti in attesa di esecuzione. Poco tempo dopo, lo stesso
anno, il presidente Mwai Kibaki commutò tutte le condanne a morte in ergastolo.
In cinque anni i tribunali keniani hanno condannato a morte quasi 2.000 imputati. "Il numero dei
condannati a morte è talmente altro che è una catastrofe avere così tante persone in attesa di
essere impiccate", ha detto Dennis Kiio della Legal Resources Foundation, organizzazione che si
dedica a casi penali, intervistato da Standard Media. Con 6mila detenuti nei bracci della morte, il
Kenya ha la quarta più grande popolazione carceraria condannata alla pena capitale.
Negli ultimi cinque anni, i tribunali keniani hanno condannato a morte 1.620 persone. (Fonte:
Standard Media)
----------------------------------------------------------11. Brevi dal mondo
Questa rubrica raccoglie notizie sulla pena di morte pubblicate dalle principali agenzie di stampa
nei mesi di giugno (giu) e di luglio (lug), a eccezione di quelle riportate negli altri articoli della
newsletter. Il numero indica il giorno del mese.
Arabia Saudita
Un tribunale speciale di Gedda ha condannato
alla pena capitale tre imputati con l'accusa di
"appartenere all'organizzazione terroristica di al
Qaeda".Un quarto imputato è stato condannato
a 14 anni di reclusione. Lo riporta il giornale
saudita "al Watan". Ai quattro sono stati attribuiti
una serie di crimini, tra i quali la "costituzione di
una cellula terroristica legata ad al Qaeda" e la
pianificazione di attacchi con autobombe contro
alcune banche locali, volti a finanziare al Qaeda
e distruggere l'economia del Regno. (24 giu)
Cina
Nove persone nello Xinjiang sono state
condannate a morte per terrorismo. Come
riferisce l'emittente China Central Television, i
tribunali di Urumqi, capitale della turbolenta
regione cinese, e di altre zone dello Xinjiang
hanno anche annunciato pene detentive per
altre 72 persone, sempre per reati legati al
terrorismo, e tre di loro sono state condannate a
morte con sospensione della pena. (5 giu)
La Corte suprema cinese ha annullato le
condanne a morte di due persone accusate di
aver violentato e costretto a prostituirsi una
ragazzina di 11 anni. La decisione va nella
direzione annunciata da tempo da Pechino, che
come linea di tendenza vorrebbe che la pena
capitale fosse comminata solo per i reati di
sangue. La madre della vittima, Tang Hui, ha
affermato che la sentenza "è un colpo al nostro
tentativo di riprendere una vita normale". La
ragazza ha contratto una grave malattia che le è
stata trasmessa sessualmente e non si è ripresa
psicologicamente dalle tragedia, avvenuta nel
2006 nella provincia dell'Hunan (Cina centrale).
(13 giu)
Wu Ying, imprenditrice della provincia orientale
dello Zhejiang, condannata a morte in prima
istanza nel 2009 per una raccolta di fondi
illegale, ha ottenuto la commutazione della pena
in ergastolo. Lo scrive l'agenzia Xinhua. La
donna ha ricevuto, durante la revisione del
processo, la riduzione della pena dal tribunale di
Hangzhou, città della provincia costiera dello
Zhejiang. (11 lug)
Egitto
Un tribunale egiziano ha condannato a morte 10
dirigenti dei Fratelli Musulmani con l'accusa di
avere istigato la violenza nella provincia di
Qaliubiya, a nord del Cairo. Le sentenze non
sono definitive. Il Presidente del Tribunale
penale di Shubra al Jeima, Hasan Fariq, ha
rimesso i procedimenti dei dieci condannati alla
pena capitale al Gran Mufti, Shauqui Alam,
massima autorità religiosa egiziana. Il sistema
giudiziario egiziano prevede che il Gran Mufti
debba pronunciare il suo parere non vincolante
sulle condanne a morte.(7 giu)
Iran
Gholamreza Khosravi, condannato nel 2010 con
l'accusa di avere fornito al gruppo di
opposizione Mujahedeen-e-Khalq (Mek) aiuti
finanziari e foto di strutture dell'esercito, oltre
che di avere aiutato a reclutare membri per il
gruppo, è stato ucciso tramite impiccagione (1
giu)
Usa
La Georgia ha eseguito nella notte la prima
condanna a morte negli Stati Uniti sette
settimane dopo quella di Clayton Lockett, il 29
aprile scorso, in Oklahoma che aveva sollevato
polemiche per le sofferenze inferte al
condannato. Marcus Wellons, 58 anni,
condannato per aver violentato ed ucciso una
ragazza di 15 anni nei sobborghi di Atlanta nel
1989, è stato messo a morte per iniezione letale
a Jackson, nel sudest della Georgia. (18 giu)
John Winfield è stato messo a morte in
Missouri. L'uomo era stato condannato il 18
settembre 1998 con l’accusa di aver ucciso due
anni prima Arthea Sanders e Shawnee Murphy,
che avevano dato ospitalità alla ex fidanzata di
Winfield e madre dei suoi 2 figli, Carmelita
Donald. Winfield sparò anche alla Donald, che
però sopravvisse, seppure rimanendo cieca. (18
giu)
John Henry, 63 anni, è stato messo a morte in
Florida. L'uomo aveva ucciso la moglie e il figlio
di 5 anni nel 1985. A nulla sono serviti gli ultimi
appelli, uno dei quali basato sul suo quoziente
intellettuale ai limiti del minorato. Anche la Corte
suprema, che qualche settimana fa aveva
dichiarato quel limite di "quota 70" flessibile e da
non interpretare alla lettera, ha deciso contro
Henry che a un vecchio test era risultato con Qi
di 78. (19 giu)
In un penitenziario della Florida è stata oggi
eseguita la condanna a morte inflitta ad un
uomo giudicato colpevole di aver stuprato e
ucciso una bambina di 11 anni, nel 1994. Il
condannato, Eddie Wayne Davis, 45 anni, è
stato messo a morte con un'iniezione letale. (11
lug)
Vietnam
Sei narcotrafficanti sono stati condannati a
morte in Vietnam, paese con una delle
legislazioni più severe al mondo per i reati di
droga. Altri 19 vietnamiti hanno ricevuto pene
detentive, fino all'ergastolo. Nel mese di
gennaio, altre trenta persone erano state
condannate alla pena capitale per reati legati al
traffico di droga. Secondo la legislazione vigente
in Vietnam, chiunque sia trovato in possesso di
600 grammi d'eroina o 20 chili di oppio rischia la
pena di morte. (6 giu)
Un tribunale di Ho Chi Minh ha condannato a
morte un cittadino australiano per possesso di
oltre quattro chilogrammi di eroina. Lo rende
noto il sito web del quotidiano di stato
VnExpress, affermando che l'eroina è stata
trovata nel bagaglio di Pham Trung Dung,
australiano di origini vietnamite, mentre cercava
di imbarcarsi su un volo da Ho Chi Minh
all'Australia. (27 giu)
---------------------------------------12. I dati sulla pena di morte (aggiornamento al 14 luglio 2014)
Sono 140 i paesi che hanno abolito la pena di morte nella legge o nella pratica: 98 sono
abolizionisti per tutti i reati, 7 per reati eccezionali, in 35 non si registrano esecuzioni da almeno 10
anni oppure hanno assunto impegni a livello internazionale a non eseguire condanne a morte. I
paesi mantenitori sono 58, ma il numero dove le condanne a morte sono eseguite è molto più
basso.
Di seguito le condanne a morte eseguite nel 2013 e nel 2014 secondo i dati a disposizione di
Amnesty International (tenendo conto che in alcuni paesi asiatici e mediorientali il totale potrebbe
essere molto più elevato):
Anno 2014 *
Arabia Saudita
Autorità Naz. Palestinese
Bielorussia
Cina
Corea del Nord
Egitto
Emirati Arabi Uniti
Iran
Iraq
Somalia
Taiwan
Usa
almeno 15
2 (Striscia di Gaza)
2
dati non disponibili
dati non disponibili
7
1
almeno 411 (di cui almeno 8 minorenni al momento del reato e 2 donne)
almeno 47
almeno 2
almeno 5
24
*: questa lista contiene soltanto i dati sulle esecuzioni di cui Amnesty International è riuscita ad avere notizia
certa. In alcuni paesi asiatici e mediorientali il totale potrebbe essere molto più elevato.
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No alla pena di morte
La newsletter del Coordinamento pena di morte
Amnesty International – Sezione Italiana
Hanno collaborato a questo numero:
Oriana Bosso, Corrado Buttinelli, Roberto Decio, Nessa Gibbardo, Gabriela ‘Ela’ Rotoli, Massimo
Persotti.
Per maggiori informazioni
contatta la redazione a questo indirizzo [email protected]
Per saperne di più sul nostro lavoro in difesa dei diritti umani
visita il sito www.amnesty.it
Questo numero è stato chiuso il 14 luglio 2014.
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