Il numero di Ottobre 2008
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Il numero di Ottobre 2008
La Redazione risponde QUE S 20 PTO NUMERO AGIN E Riscatto agevolato sentenza favorevole della Corte d’Appello di Bologna A cura dell’Avv. Vipsania Andreicich A pagina 7 anno XIV - n° 10 Ottobre 2008 periodico mensile dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia Centro Studi padre Flaminio Rocchi Una nuova stagione di confronto con il Governo Con l’incontro preliminare dell’8 luglio e quindi con la riunione del 9 settembre presso il Ministero dell’Interno sulle questioni dell’anagrafe (corretta indicazione dei luoghi di nascita) e cittadinanza (si veda più avanti il punto 8) si apre la stagione di un rinnovato confronto con il governo sui temi indicati dalla Federazione delle Associazioni degli Esuli nel suo documento di otto punti. Vale la pena ricordarli: 1. l’approvazione di una legge che sancisca l’equo e definitivo indennizzo per i beni degli esuli in Istria, Fiume e Dalmazia con i quali lo Stato italiano ha pagato alla ex Jugoslavia i danni di guerra dovuti dall’intero Paese. È l’aspettativa più sentita dalla stragrande maggioranza degli esuli; 2. la denuncia del Trattato di Roma tra Italia e Jugoslavia e la restituzione dei beni ai profughi ancora nella disponibilità degli Stati di Slovenia e Croazia oltre alla non discriminazione delle legislazioni interne di questi Paesi nei confronti dei cittadini italiani; 3. le problematiche in materia di anagrafe, documenti di identità, patenti, tessere sanitarie, posizioni pensionistiche, codici fiscali, dati gli ancora numerosi casi di alterazione dei luoghi di nascita degli esuli, segue a pagina 2 A Trieste la beatificazione di Don Bonifacio La solenne proclamazione il 4 ottobre Trieste ospita, il 4 ottobre, la cerimonia di beatificazione del martire istriano don Francesco Bonifacio, nella cattedrale di San Giusto e presieduta dal cardinale José Saraiva Martins, prefetto della Congregazione delle cause dei santi del Vaticano, alla presenza del vescovo di Trieste Eugenio Ravignani. La data era stata ufficialmente confermata dalla diocesi di Trieste che ne ha avuta comunicazione diretta dal Vaticano. A rappresentare a Trieste papa Benedetto XVI, mons. Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle cause dei santi. La nota della diocesi tergestina specificava che «il Santo padre Benedetto XVI accogliendo la richiesta del vescovo di Trieste mons. Eugenio Ravignani ha concesso che la beatificazione del servo di Dio don Francesco Bonifacio abbia luogo a Trieste nel pomeriggio di sabato 4 ottobre». La causa per riconoscerne il martirio «in odium fidei», fu presentata 10 anni fa dal locale tribunale canonico alla Congregazione per la causa dei santi, ma la sua storia era più antica, e risale all’arcivescovo Antonio Santin nel 1957, seguito in questa azione poi dallo stesso monsignor Ravignani e dal vescovo Lorenzo Bellomi. Due vescovi di origine istriana dunque, Santin e Ravignani, sono stati rispettivamente il suggeritore e ora il celebrante in una vicenda che si è sviluppata attraverso molti decenni e che solo oggi, nel mutato clima geopolitico, ha potuto trovare positiva conclusione. segue a pagina 10 Le regole del confronto correttezza e misura Il comunicato emesso dall’Esecutivo Nazionale ANVGD L’Esecutivo Nazionale ANVGD registra con sorpresa l’improvvisa amplificazione che viene data in questi giorni alla molteplicità di opinioni – segno di democratica partecipazione – presente all’interno della nostra Associazione. Siamo infatti convinti che l’azione di dialogo interno debba rimanere in ambito associativo, senza che si trascenda proponendo in maniera indistinta argomentazioni e ricostruzioni talvolta palesemente artefatte. Riteniamo quindi che gli organi associativi, da quelli provinciali a quelli nazionali per la loro autorità e competenza, eletti tutti da decine di congressi provinciali e dal Congresso nazionale con un notevole rinnovamento dei quadri dirigenziali, siano il luogo naturalmente e legittimamente privilegiato per un confronto costruttivo, che possa produrre risultati utili unicamente se compartecipati da tutte le componenti associative in grado di dare il proprio fattivo contributo. segue a pagina 2 Indennizzi, Frattini: «da decidere somme e modi di pagamento» L’agenzia ANSA riporta da Roma la dichiarazione del ministro degli Esteri Frattini a margine dell’incontro bilaterale tra Italia e Slovenia svoltosi nella capitale l’8 settembre. «L’attenzione da parte dell’Italia nei confronti degli esuli istriani rimarrà tale. Poi le forme di indennizzo, l’ammontare e modalità di pagamento saranno oggetto di un confronto» tra il governo e i diretti interessati. Lo ha detto il ministro degli Esteri Franco Frattini, in una conferenza con il collega sloveno Dimitrij Rupel, rispondendo a una domanda dei giornalisti sulla richieste di risarcimento delle associazioni degli esuli istriani. Il ministro ha ricordato che «l’Italia ha già adottato una legge nazionale, già in parte finanziata», sugli indennizzi agli esuli e si è dichiarato «disponibile a proseguire il confronto positivo» con gli esuli, ai quali va «il massimo rispetto» del governo. Il giorno prima il quotidiano “Il Piccolo” del 7 settembre ha pubblicato una lunga intervista di Alessio Radossi al ministro Frattini sui temi della politica internazionale dell’Italia in un momento di particolare complessità. Alla vigilia dell’incontro bilaterale con la Slovenia, il titolare del Dicastero si è pronunciato sugli indennizzi ai profughi per i beni perduti. Ecco alcuni stralci dell’intervista a Frattini, riprodotta integralmente sul sito www.anvgd.it Alla Libia di Gheddafi 5 miliardi di dollari per i danni di guerra. E agli esuli? La legge sugli indennizzi per i beni abbandonati va «rivitalizzata». È la risposta del ministro degli Esteri Franco Frattini, in questa intervista alla vigilia del vertice interministeriale fra Ita- Il sottosegretario agli Esteri Alfredo Mantica a Trieste incontra la Federazione delle Associazioni Lo scorso 29 luglio, a Trieste, il sottosegretario di Stato agli Affari Esteri, sen. Alfredo Mantica, ha incontrato il presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, Renzo Tondo, e esponenti della Federazione degli Esuli, dell’UPT, dell’IRCI e di altre associazioni degli Esuli con sede a Trieste, prima di proseguire per Fiume. Molti gli argomenti affrontati. Mantica ha annunciato la ripresa del tavolo Esuli-Governo entro settembre per addivenire ad una lista prioritaria da “spuntare” in tempi brevi, prima fra tutte la questione degli indennizzi. Sensibile alla realtà del mondo istriano, fiumano e dalmato, considera fondamentale il progetto del Civico Museo che si sta costruendo a Trieste ed anzi lancia l’idea segue a pagina 2 Nella Cattedrale di S. Giusto la solenne beatificazione di Don Bonifacio Slovenia’s Bad Memory In english language to page 15 La extraña memoria eslovena En lengua española en la página 16 Poste Italiane SpA - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L.353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 2 DCB - Roma Una bella immagine di Rovigno con il suo mare lia e Slovenia in programma domani [l’8 settembre, ndr] a Roma [...]. [...] Il recente accordo con la Libia per la riparazione dei danni di guerra, in qualche modo riattualizza anche la vicende post belliche del confine orientale. A Gheddafi daremo 5 miliardi di dollari, ma per gli indennizzi agli esuli istriani e dalmati per i beni abbandonati nella ex Jugoslavia sembra che i soldi stanziati dall’Italia non siano sufficienti, almeno sul fronte dell’aggiornamento dei coefficienti dei rimborsi. Quale impegno si sente di prendere in questo senso? L’attuazione della legge va a rilento, è vero. Ma sono sempre disposto a incontrare le associazioni degli esuli per vedere come rivitalizzare l’attuazione di quella legge. [...] Red. Il litorale istriano non fu mai «territorio etnicamente sloveno» la FederEsuli e l’ANVGD scrivono al ministro Frattini Ferma protesta della Federazione delle Associazioni degli Esuli Istriani, Fiumani e Dalmati e dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia per il documento pubblicato dal Governo della Repubblica di Slovenia a conclusione del suo turno di presidenza UE. Nel documento, sottoscritto dalla Presidenza slovena, è infatti inclusa una sintesi della storia della vicina Repubblica i cui contenuti sono discutibili storicamente e giuridicamente, anche alla luce dei trattati internazionali . In essa la complessa evoluzione storica dei territori orientali e l’autoctonia della importante presenza italiana nelle aree cedute alla ex Jugoslavia in base al trattato di pace del 10 febbraio 1947, sono ampiamente sottaciute o rivedute in base a criteri etnocentrici che non corrispondono alla reale configurazione storica, culturale e linguistica di quei territori. La FederEsuli, nelle persone del presidente Renzo Codarin e del vicepresidente Lucio Toth, hanno rimarcato – con una lettera inviata al ministro degli Esteri Franco Frattini, che si trascrive di seguito – la reticenza e la distorsione sostanziali ed evidenti del documento ufficiale di Lubiana, invitando il titolare del nostro Dicastero ad esprimere al Governo di Slovenia la forte contrarietà dell’Italia alle manipolazioni operate su temi così delicati. segue a pagina 2 2 DIFESA ADRIATICA Ottobre 2008 fatti e commenti continua dalla prima pagina continua dalla prima pagina Una nuova stagione di confronto con il Governo 4. l’approvazione di una legge permanente a favore delle associazioni degli esuli istriani, fiumani e dalmati in Italia, per la tutela del patrimonio storico, artistico e delle tradizioni culturali italiane; 5. l’approvazione di una legge permanente a favore delle attività delle Comunità degli Italiani nell’ex Jugoslavia; 6. la salvaguardia per le tombe e monumenti civili con scritte in lingua italiana in Istria, Fiume e Dalmazia; 7. la soluzione alle problematiche ancora in sospeso con riguardo al settore delle Case Popolari; 8. l’approvazione di una legge sulla cittadinanza da estendere alle persone di nazionalità italiana residenti nei comuni della Dalmazia, che non appartenevano all’Italia al momento del Trattato di Pace del 1947. La rinascita delle comunità italiane in Croazia, Slovenia e Dalmazia meridionale si è rivelata uno strumento essenziale di presenza italiana e di collaborazione culturale con gli enti locali e le università croate, slovene e montenegrine. Otto punti, questi, fondamentali per le associazioni che, federate, rappresentano gli esuli, otto punti che riassumono anni di lavoro e di aspettative, riproposti ad ogni nuovo Esecutivo, e in Italia, si sa, il turn over dei governi è più rapido che altrove. Il tempo trascorre, gli scenari politici cambiano velocemente e non di rado sembra di tessere una tela di Penelope, non certo per responsabilità delle associazioni: ad ogni nuovo governo si ricomincia da capo, si “capitalizza” quel che si è riusciti ad ottenere, si prosegue e ci si misura con nuovi interlocutori. In questo senso sono registrate positivamente le dichiarazioni del ministro degli Esteri Frattini a proposito degli indennizzi: «L’attenzione da parte dell’Italia nei confronti degli esuli istriani rimarrà tale. Poi le forme di indennizzo, l’ammontare e modalità di pagamento saranno oggetto di un confronto tra il governo e i diretti interessati» La questione “anagrafe” è tra le più sentite (insieme con quella relativa agli indennizzi) da quanti sono nati nei territori ceduti. Nonostante la nota legge del 1989 e le successive circolari, buona parte degli esuli che per anni si è vista registrare come nata in Jugoslavia, quindi in Croazia, o Slovenia o Serbia-Montenegro: l’ignoranza e l’ignavia della burocrazia si combina oggi con la cieca applicazione dei software informatici ai quali sono sconosciute le città cedute, benché sia disponibile l’elenco completo redatto dall’ISTAT, e nonostante questa Associazione intervenga pressoché quotidianamente, su segnalazione dei profughi, a richiamare le amministrazioni inadempienti al rispetto delle norme. La sorda burocrazia fa fatica ad aggiornarsi, e dunque si rende indispensabile un intervento di ordine politico-amministrativo che sia risolutivo: quello che la Federazione delle Associazioni ha chiesto e chiede nuovamente con fermezza, per rispetto della storia e per evitare a migliaia di cittadini il calvario delle contraddizioni interne al sistema amministrativo, che ricadono inevitabilmente su di loro. Rappresentatività della Federazione Questo il lato, per così dire, tecnico dell’argomento. D’altro canto si pone la questione della rappresentatività della Federazione rispetto agli interlocutori di governo, questione sollevata – per lo più maldestramente, tanto maldestramente da indurre a più di un sospetto – da alcuni ambienti dell’associazionismo che pur di denigrare la Federazione non hanno avuto ritegno di ricorrere ad attacchi e offese personali, firmati e non, secondo l’ultima sguaiata moda dell’insulto generalizzato, con ciò rendendo un pessimo servizio alla causa: perché criticare, anche con durezza di toni, è lecito e sano in democrazia, ma superare la soglia del rispetto, no. Così si creano in realtà falsi obiettivi, e non è detto che proprio questo si voglia: polverizzare le importanti questioni ancora legate al mondo degli esuli per annullarle, perché, come suol dirsi, a pensare male qualche volta s’indovina. Se l’intento, come crediamo, è di minare la credibilità delle associazioni al tavolo del governo, l’obiettivo non pare proprio centrato, giacché quest’autunno la Federazione si ripresenta coerentemente come controparte attiva dell’Esecutivo nazionale. E i rappresentanti del governo, di qualunque governo si tratti, si attendono un interlocutore credibile, univoco e affidabile; l’immagine alla quale questa Federazione tiene è conformata ai suoi contenuti, e a questi contenuti, solo a questi, sono affidate le legittime richieste degli esuli. Patrizia C. Hansen Ti sei iscritto all’ANVGD? Inizia la campagna abbonamenti 2009 Cosa aspetti? Noi Ti aspettiamo Rivolgiti ai nostri Comitati Provinciali o contatta la nostra Sede nazionale (tel. 06 5816852) L’abbonamento a Difesa Adriatica non equivale alla quota associativa Il sottosegretario agli Esteri Alfredo Mantica a Trieste incontra la Federazione delle Associazioni di organizzare, in occasione dell’inaugurazione, un Raduno delle seconde e terze generazioni di giuliano-dalmati nel mondo affinché ci sia un virtuale, ma importante, passaggio del testimone ai giovani in grado di traghettare nel futuro la cultura di un popolo. Durante l’incontro successivo, Mantica ha voluto ribadire l’importanza di avviare un progetto di futura collaborazione tra esuli e residenti in Istria Fiume e Dalmazia affinché si arrivi ad un finanziamento composito ma mirato dell’attività svolta in loco. L’unità d’intenti viene vista come chiave di lettura del futuro rapporto con il Governo. In questo senso, l’incontro è da considerarsi un ulteriore passo verso la concretizzazione delle premesse già valutate e ribadite durante i colloqui di qualche mese fa con il ministro Franco Frattini. Il senatore Mantica annuncia un ritorno ad ottobre in Regione per verificare lo stato delle cose e proporre nuove strategie. Il sottosegretario era accompagnato dai Consoli italiani a Fiume e Capodistria, Fulvio Rustico e Carlo Gambacurta con i quali ha prosegui- to la visita a Fiume in serata per incontrare la Comunità Nazionale Italiana. Rosanna Turcinovich Giuricin (il testo completo su www.arcipelagoadriatico.it) Il sottosegretario agli Esteri Mantica ha annunciato la ripresa del tavolo Esuli-Governo per addivenire ad una lista prioritaria da “spuntare” in tempi brevi, prima fra tutte la questione degli indennizzi dei beni perduti continua dalla prima pagina Le regole del confronto correttezza e misura Il comunicato emesso dall’Esecutivo Nazionale ANVGD Chi rifiuta pregiudizialmente questo confronto dimostra l’incapacità di sostenere le proprie tesi in maniera seria, anteponendo così i “rumors” mediatici ai veri interessi degli esuli. La discussione in corso nell’ANVGD denota una associazione viva e vitale, vivace e propositiva. Il dibattito libero ed aperto, la trasparenza e il diritto di dissentire, se interpretati con correttezza e rispetto, sono prerogative di grande democrazia interna e volontà di stimolare e rispettare tutte le diverse sensibilità, che talora constatiamo non albergare in tutte le associazioni. Non si comprende inoltre per quale logica associazioni che si sono allontanate dalla Federazione (illudendosi di fabbricare poli alternativi) si facciano adesso paladine dell’amplificazione del nostro confronto interno, con una mancanza di sensibilità, correttezza e lungimiranza che allontanano la loro dirigenza dalla tutela degli interessi degli esuli, i quali stanno sempre più dimostrando insofferenza verso questa forma di gestione, di cui mal si comprendono le oscillazioni e le estremizzazioni politiche. L’ANVGD continuerà, anche in seno alla Federazione, a tutelare solo ed esclusivamente gli interessi degli esuli, senza indulgere in facili populismi e soprattutto affermando la totale indipendenza dai movimenti politici, dei quali si diventa strumento non appena si abbandona il terreno istituzionale, dove si deve svolgere il confronto tra le nostre associazioni, il Parlamento e il Governo. Si ha la netta impressione che queste improvvise irrequietezze estive siano soltanto una reazione indispettita alla serietà del processo di riconciliazione interna e ai fattivi contatti con il Governo e la nuova Federazione, che l’ANVGD ha sempre perseguito. Roma, 30 luglio 2008 L’Esecutivo Nazionale ANVGD continua dalla prima pagina Il litorale istriano non fu mai «territorio etnicamente sloveno» la FederEsuli e l’ANVGD scrivono al ministro Frattini Roma, 23 agosto 2008 Al Signor Ministro degli Affari Esteri On. Franco Frattini Piazzale della Farnesina, 1 Roma Gentile Signor Ministro, nella relazione conclusiva del semestre di presidenza della UE (1° gennaio - 30 giugno 2008) inviato a tutti i Governi dell’Unione, il Governo della Repubblica di Slovenia ha inserito un profilo storico del Paese che contiene alcune affermazioni meritevoli di puntualizzazione da parte del Governo della nostra Repubblica. Vi si legge infatti in due punti uno svolgimento degli eventi sul piano storico-giuridico non rispondente al vero. 1°) Si parla di un “territorio etnicamente sloveno” che al termine della Prima guerra mondiale sarebbe stato diviso tra Italia, Austria e Regno dei Serbi Croati e Sloveni. Ora mal si comprende quale sia l’estensione di questo preteso “territorio etnico” dal momento che tale terminologia è priva di ogni base scientifica oggettiva e può lasciare intendere che tutta la Venezia Giulia di allora e quindi anche le attuali province ancora italiane di Trieste e Gorizia facessero parte di esso. 2°) Si definiscono gli eventi dolorosi verificatisi nel 1945 nella regione giulia come una riunificazione alla Slovenia di parte di questo supposto territorio etnico. Il che presuppone tre fatti storicamente privi di fondamento: I) che il litorale istriano della ex-Zona B possa essere definito come territorio etnico sloveno, quando invece è stato caratterizzato per secoli da una radicata cultura istrianoveneta di lingua italiana; II) che il litorale istriano della ex-Zona B sia appartenu- to in passato ad uno Stato sloveno, mai esistito, mentre è noto che i territori di Capodistria, Pirano e Isola d’Istria avevano fatto parte per secoli della Repubblica Veneta e successivamente dell’Impero d’Austria (salva la parentesi napoleonica di appartenenza al Regno d’Italia prima e alle Province Illiriche poi); III) che una parte del territorio etnico sloveno non sia stato ancora “riunificato” alla madrepatria: cioè le attuali province di Trieste e Gorizia e forse parte della Carinzia. Siffatte affermazioni ledono non solo la verità storica, ma mettono in discussione gli assetti territoriali sanciti da tutti gli strumenti di diritto internazionale che definiscono le frontiere tra l’Italia, la Slovenia e l’Austria. La stampa giuliana di questi giorni, certamente non nazionalista, ha sottolineato con autorevoli interventi questo “scivolone irredentista” che è sfuggito ai compilatori della relazione. Gli esuli istriani e giuliani chiedono al Governo della Repubblica di farsi interprete presso il Governo sloveno della preoccupazione dell’opinione pubblica italiana per tali affermazioni e del loro personale sdegno nel vedere manomessa la verità storica sul carattere autoctono italiano e comunque plurale del territorio assegnato allo Stato italiano “liberale” nel 1920 e poi perduto a seguito del Trattato di pace del 1947 e del Trattato di Osimo del 1975. Tralasciamo ogni considerazione circa lo spirito di leale amicizia che dovrebbe presiedere a tutti i rapporti tra i Paesi della UE, compresi quelli che attengono alla storia passata, che non dovrebbe più essere motivo di contesa. Renzo Codarin (Presidente) Lucio Toth (Vicepresidente) Gli interventi di Renzo Codarin, Stelio Spadaro e Claudio Grizon a pag. 11. Ottobre 2008 3 DIFESA ADRIATICA cultura e libri Terzo «Salone del Libro dell’Adriatico orientale»: a Trieste la grande vetrina della cultura della Venezia Giulia e della Dalmazia Si è svolta a Trieste, dal 10 al 14 settembre scorso, la terza edizione della «Bancarella - Salone del Libro dell’Adriatico orientale» promosso e curato dal Centro di Documentazione Multimediale (CDM) in collaborazione con l’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia e con il patrocinio della Regione Friuli Venezia Giulia, del Comune e della Provincia di Trieste e con i contributi della Fondazione Cassa di Risparmio di Trieste e del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. La Bancarella rappresenta la prosecuzione di uno sforzo culturale che ha visto impegnati numerosi ospiti in performance letterarie, teatrali e mu- sicali per rendere la complessità della cultura istriana, fiumana e dalmata passata e presente. Un percorso che non potrebbe dirsi tracciato se non ne facessero parte anche gli italiani presenti al di là dei confini nazionali e quelli emigrati in terre più o meno lontane. L’intento è anche quello di richiamarsi all’unità e alla ricomposizione del frastagliato mondo degli esuli, come ha ricordato Renzo Codarin, presidente del CDM, nel corso della conferenza stampa di presentazione dell’iniziativa: «[…] all’interno di una cultura nella quale si ha pieno diritto di cittadinanza. Trieste in questo senso è importante in quanto “capitale morale dell’Esodo” – ha sottolineato – ma non dobbiamo dimenticare che essa rappresenta anche l’approdo di quel mare Adriatico sul quale è stata traghettata la nostra storia prima che esistessero altre importanti vie di comunicazione a terra». Come ha poi ricordato Rosanna Giuricin, è ancora una volta il mare che avrebbe fatto da filo conduttore ai vari segmenti della manifestazione. E. M. (la cronaca integrale su www.arcipelagoadriatico.it) Sul numero di novembre un’ampia cronaca della manifestazione Profughi da Fiume a Recco Proiettata alla Mostra del Cinema di Venezia «La città dolente» La pellicola restaurata da Istituto Luce, Cineteca Nazionale e Cineteca del Friuli All’interno della retrospettiva dedicata quest’anno dalla Mostra del Cinema di Venezia al cinema italiano ritrovato, il pubblico di critici e spettatori ha avuto la possibilità di assistere alla proiezione del film di Mario Bonnard «La città dolente», un’opera significativa anche dal punto di vista storico, in quanto ha per trama l’esodo giuliano-dalmata. Un’opera, questa di Bonnard, che ha delle consonanze con la stagione del neorealismo e nella quale si intrecciano le immagini documentaristiche del dramma dell’esodo con il racconto cinematografico di una storia familiare. Alla sceneggiatura collaborarono anche Federico Fellini, Anton Giulio Majano e Aldo De Benedetti, autore di teatro che riprese a lavorare dopo l’allontanamento imposto dalle leggi razziali. La fotografia era diretta dall’allora giovane Tonino Delli Colli, che diventerà uno dei più grandi direttori della fotografia italiani. Dunque la pellicola, che aveva subito l’usura del tempo, è stata restaurata ed è nuovamente a disposizione del pubblico. Ricordiamo che recentemente è stato edito, curato da Al Palazzo del Cinema del Lido di Venezia la proiezione della pellicola restaurata Un... mare di libri in esposizione alla terza edizione della «Bancarella», incontri con autori, appuntamenti con la Storia, sapori e profumi dell’Adriatico orientale La locandina originale de «La città dolente» Alessandro Cuk, un saggio prezioso dal titolo Il cinema di frontiera – Il confine orientale, realizzato in collaborazione con l’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia e il CinitCineforum Italiano, il primo studio organico sulle opere cinematografiche direttamente collegate a quegli eventi. Nel libro di Cuk un capitolo è dedicato al film di Bonnard. red. Sandro Pellegrini, fiumano, giornalista e ricercatore, dona alla città di Recco, in quel di Genova, un libro prezioso, nel quale sono rievocate le vicende storiche dell’esodo giuliano approdato sulle rive liguri, qui ritrovando, negli orizzonti della costa e del mare, un paesaggio intimamente famigliare, un sollievo dell’anima dopo le violenze subite dagli oc- Una bella immagine di Recco dal mare cupanti jugoslavi e l’angoscia del Golfo Paradiso. Agli esuli giuliani della fuga forzata. che si insediarono nella cittadina ligure Tra il 1946 e il 1964, cirdopo l’esodo è dedicato il libro ca 300 profughi giuliani trodi Sandro Pellegrini, voluto dall’Amministrazione comunale varono rifugio e si stabilirono a Recco; di questi, buona parte proveniva da Fiume, come l’au- luoghi, purtroppo – «un’accoglienza tore e la sua famiglia. La cittadina fraterna e sinceramente generosa. Per ligure, distrutta al 95% dai bombarda- quasi 300 di loro quest’angolo di Limenti nel biennio 1943-’44, già al ter- guria è stato la Patria ritrovata e promine della Prima guerra mondiale ave- fondamente amata, una Patria condiva ospitato, in segno di fraterna soli- visa con migliaia di recchesi fino al darietà, una ventina di ragazzi fiumani; punto di confondersi con essi e di conal volgere del secondo conflitto, no- dividere la loro stessa vita». Il libro raccoglie le testimonianze nostante le enormi distruzioni dell’abitato, accolse intere famiglie che qui, di fiumani divenuti recchesi, e pubblicome scrive Pellegrini, «hanno intra- ca l’importante elenco dei profughi preso una seconda parte della loro registrati nel Comune dal 1945 al vita», trovando – diversamente da altri 1964, dalle cui schede anagrafiche l’autore trascrive i nomi, la provenienza e la eventuale destinazione conosciuta alla metà degli anni Sessanta. Un elenco, aggiornato all’ottobre 2007, riguarda gli esuli attualmente residenti a Recco, «una pattuglia», A sinistra e in basso: come li definisce l’autore, di fiumani due dei reperti e polesani, il cui numero pur ridotto da capodistria di epoca classica dal tempo e dai successivi trasferimenti esposti a Roma testimonia comunque l’entità dell’esodo giuliano nella piccola Recco. Ed eguale rilievo ha la testimonianza diretta di Sandro Pellegrini, alla cui memoria è affidata la descrizione puntuale delle persone, delle famiglie, degli eventi; dalla sue pagine emerge, con la semplicità del racconto quotidiano, la tragedia della dispersione causata dall’esodo e la fatica, ma anche la tenacia veramente inesausta, degli esuli tutti per ricostruirsi, anzi inventarsi, una vita nuova in un contesto di rovine e di ristrettezze. Impresa riuscita loro egregiamente, per le connaturate serietà e laboriosità in forza delle quali hanno saputo integrarsi e rendersi parte attiva del grande processo di ricostruzione nazionale, pur nell’inesauribile dolore della perdita ingiusta dei luoghi d’origine. Capodistria dall’evo antico al Rinascimento in mostra a Roma Il Museo Nazionale dell’Alto Medioevo di Roma ha ospitato, sino al 30 settembre, la mostra «Capodistria tra Roma e Venezia». Che Capodistria sia storicamente una delle città più antiche ed importanti dell’Istria lo testimoniano i cinque nomi con i quali venne indicata in diversi periodi storici (Aegida in età romana, Caprae / Insula capritana in età tardoantica, Justinopolis nel periodo bizantino, Caput Histriae nel tardo Medioevo e all’inizio dell’età moderna), ma anche i suoi edifici monumentali, i cui caratteri architettonici e artistici testimoniano il dominio della Repubblica di Venezia, durato oltre cinque secoli. Attraverso un centinaio di reperti, materiale illustrativo e testi, la mostra «Capodistria tra Roma e Venezia» ha presentato gli esiti delle ricerche archeologiche effettuate tra il 1986 e il 1987, nell’orto dell’ex convento dei Cappuccini, nel cen- tro storico della città. Si è trattato di uno dei primi interventi archeologici in quell’area, che ha restituito una sequenza stratigrafica di quasi due millenni, dall’età tardo-repubblicana (II-I secolo a. C.) fino all’età moderna, con resti di strutture abitative e produttive nonché isolate sepolture. Tra i materiali in mostra, oltre a un bronzetto raffigurante Atteone attaccato dai cani, del I secolo d. C., numerosi i reperti in ceramica, metallo, osso, pietra e vetro appartenenti al periodo tardoantico e altomedievale (VI-IX secolo), dalle evidenti analogie con materiali bizantini dell’area adriatica e in genere mediterranea. Uno spazio importante è stato riservato ai reperti risalenti al tardo Medioevo e al Rinascimento (XIVXVI sec.) principalmente ceramiche da tavola e da cucina, di forte connotazione veneta e romagnola. red. Nel disegno di Aldo Cherini un particolare degli archi del Duomo capodistriano p.c.h. 4 DIFESA ADRIATICA Ottobre 2008 Addio a Mila Schön, la grande signora della moda Era dalmata di Traù. Ha segnato con stile il costume italiano del secondo dopoguerra La stilista Mila Schön è mancata nella notte del 5 settembre scorso nella sua residenza in provincia di Alessandria. Mila Nutrizio Schön era nata a Traù, in Dalmazia, nel 1919, subito dopo la caduta dell’impero austro-ungarico. Si trasferì con la famiglia a Trieste, dove visse e studiò fino ai diciotto anni. Sorella del giornalista Nino Nutrizio, lo seguì nel 1940 a Milano, dove egli si era trasferito per assumere la direzione del quotidiano «La Notte». Durante la seconda guerra mondiale, sfollata a Novara, conobbe Aurelio Schön, commerciante di tessuti, veneto di origini austriache. Dotata di straordinaria inventiva, di innata eleganza e di un gusto raffinato, aprì un piccolo atelier a Milano, in zona Porta Romana. Era il 1958, e quella sfilata segnò la nascita di un nuovo, personalissimo stile, elegante e sobrio. Proprio la ricerca di questo nitore formale la spinse a sperimentare materiali inediti, tra cui quello che, poi, diventò il suo marchio di fabbrica: il «double», creato con Agnona, che prevedeva l’accoppiamento di due tessuti e permetteva l’uso di cuciture nascoste e nervature. Nel 1965 fu notata dal marchese Giorgini, che la invitò a presentare la sua prima collezione di alta moda a Firenze, a Palazzo Pitti, tempio indiscusso del prêt-a-porter di classe. Grazie a quella collezione, l’«International Herald Tribune» la battezzò «The Italian Coco Chanel». Da allora per Mila Schön si spalancarono le porte del successo internazionale: invitata da Neiman Marcus, nel 1966 ricevette l’Oscar del colore a Houston, mentre New York la festeggiava con un gala con ospiti come Marella Agnelli e Lee Radzwill. Da allora la strada fu tutta in discesa. Nel 1966 aprì la prima boutique in via Montenapoleone, nel 1971 nacquero le prime collezioni del prêta-porter maschile e femminile, quindi le linee di borse, calzature, cravatte, foulard, profumi. Negli anni ’70 era ormai sinonimo universale di eleganza. Alla precisione del taglio Mila Schön unì la perfezione del disegno, ma lo stile non venne mai messo in discussione. La “signora dell’eleganza” venne nominata «Commendatore della Repubblica», nel 1985 ricevette il «Leone d’oro», premio speciale per la moda, e due anni dopo la medaglia d’oro del Comune di Milano. Nel 1990 si mossero anche i cronisti giuliani, conferendole il «San Giusto d’oro». La sua azienda divenne un impero, finché, nel ’93, fu ceduta al colosso giapponese «Itochu», che prima l’affidò al «Mariella Burani Fashion Group» e poi, nell’aprile 2007, alla neonata società «Brand Extension». A luglio di quest’anno, Alta Roma ha reso omaggio ai 50 anni di carriera di Mila Schon con un docu-film di Antonello Sarno e una retrospettiva delle sue creazioni più rappresentative. Il 19 settembre è stata la volta di Milano, che ha ospitato a Palazzo Reale una mostra per ripercorrerne la storia. Cordoglio per la morte della stilista dalmata è stato espresso dall’intero mondo della moda e M. Moro, Il Castello di Trieste, litografia a colori, 1854. Vista del bastione rotondo del castello sovrastato dall’edificio fredericiano Restaurato il complesso del Castello di San Giusto Trieste nel Trecento, arte ed economia di una città in espansione La stilista dalmata, la cui firma è stata sinonimo di eleganza (foto ANSA) dalle istituzioni. «Era la signora dell’eleganza ha detto il sindaco di Milano, Letizia Moratti -, sempre aperta al rigore, alla tradizione ma anche alla ricerca di materiali di nuove modalità di interpretare una moda che ancora oggi fa tendenza». Per lo stilista Giorgio Armani, «è stata importante nel prêt-a-porter e ancor di più nell’alta moda, che voleva elegante ma discreta, senza i soliti eccessi». Per Mario Boselli, presidente della Camera Italiana della Moda, con la scomparsa di Mila Schön «perdiamo uno dei pilastri del made in Italy». Le esequie si sono svolte nella chiesa di San Babila, a Milano. Il messaggio del Presidente ANVGD Lucio Toth Le comunità giuliano-dalmate hanno perso un’amica, una conterranea, un alfiere della moda italiana nel mondo. Maria Grazia Nutrizio non solo era nata a Traù, cittadina antichissima della costa dalmata, fondata dai greci e abitata per secoli da veneto-dalmati, amanti dell’arte e della cultura, ma dalmata si sentiva. E ancor prima italiana, perché la sua famiglia aveva lasciato la Dalmazia con il primo esodo di migliaia di italiani all’inizio degli anniVenti, dopo il crollo del multietnico impero austroungarico e l’assegnazione alla ex Iugoslavia di gran parte della regione dalmata. Veniva da una nobile famiglia di quel patriziato che aveva retto per secoli i liberi comuni della Dalmazia. Come tanti altri dalmati ha dato all’Italia il contributo della sua inventiva, della sua sobrietà, della sua fantasia creativa. Era sorella di Nino Nutrizio, uno dei più noti e stimati giornalisti italiani del secondo dopoguerra, che continuava la grande tradizione del giornalismo dalmato, da Arturo Colautti a Enzo Bettiza. Lucio Toth Una mostra ne illustra la storia e gli aspetti in un secolo chiave per lo sviluppo moderno Trieste. Il complesso monumentale del castello di San Giusto, che insieme con la Basilica è uno dei simboli della città giuliana, è stato restituito al suo splendore originario a seguito di un radicale e articolato intervento di restauro curato dai Civici Musei di Storia e Arte in collaborazione con l’Università degli Studi di TriesteDipartimento di Storia e Storia dell’Arte e l’Assessorato alla Cultura del Comune, ed è stato per così dire riconsegnato alla città con un prestigioso ed accurato allestimento, la mostra «Medioevo a Trieste. Istituzioni, arte, società nel ’300» che ampia risonanza ha avuto sulla stampa nazionale. All’interno della mostra, le planimetrie, le opere d’arte e di oreficeria, le armi e le suppellettili di uso comune, le epigrafi e le monete si integrano con una raccolta ricchissima di documenti, dai codici agli atti privati, dalle lettere diplomatiche ai registri delle pubbliche amministrazioni, di Trieste e di Venezia e delle cittadine del Patriarcato di Aquileia, allo scopo di integrare la storia di Trieste nella più ampia cornice della grande civiltà comunale italiana. Ecco pertanto esposti gli Statuti, quelli del 1350 impreziositi da meravigliosi capilettera, i documenti della vita quotidiana (testamenti, patti dotali, contratti di locazione), le cause civili e penali, i documenti espressi dalla Chiesa, le monete in circolazione all’epoca e le ceramiche utilizzate. «Finalmente una grande iniziativa dedicata ad un periodo che, per quanto riguarda Trieste, è stato meno approfondito rispetto ad altre epoche», ha rimarcato l’assessore alla Cultura, Massimo Greco. «La Trieste moderna e contemporanea, infatti, con la sua peculiare, straordinaria, anche tragica vicenda, ha finito con l’assorbire attenzioni e passioni. Ma non si comprenderebbero tanti rilevanti aspetti della Trieste più recente senza un adeguato riferimento a un secolochiave come il Quattordicesimo». Concordano i curatori dell’evento sul fatto che finalmente potrà essere conosciuta e studiata la fisionomia del paesaggio urbano, degli insediamenti rurali, un’economia agricola fortemente orientata verso la risorsa vitivinicola. «Lungo tutto lo svolgimento del secolo Quattordicesimo prese salda fisionomia una compagine di famiglie che organizzarono produzione di leggi e amministrazione della giustizia, difesa militare, gestione urbanistica e controllo del territorio, coordinamento tra economia pubblica ed economia privata», ha commentato Paolo Cammarosano, presidente del Comitato scientifico che ha coordinato l’iniziativa. «La produzione artistica si aprì agli influssi di Venezia e della Lombardia, il giuoco politico conobbe un continuo bilanciamento tra potenze esterne e più forti: Patriarcato di Aquileia, conti di Gorizia, Repubblica di Venezia, e i duchi d’Austria che infine vinsero». Un itinerario medievale guiderà da ora in avanti il visitatore nei luoghi del Medioevo triestino grazie ad un’apposita segnaletica, dal Castello di San Giusto verso il centro urbano, attraverso luoghi suggestivi solitamente poco noti in quanto non conosciuti o non facilmente raggiungibili. La mostra resterà aperta sino al 25 gennaio 2009. Red. Sopra: Arciere, iniziale miniata dagli Statuti del Comune di Trieste, 1350, Trieste, Archivio Diplomatico della Biblioteca Civica “Attilio Hortis”, ß EE 2, c. 131r Una collezione di coordinati per la casa firmati Schön A sinistra: San Giusto regge il modellino della città, affresco, 1380 ca., Basilica, cappella di San Giovanni Ottobre 2008 5 DIFESA ADRIATICA La Redazione risponde Riscatto agevolato, sentenza favorevole della Corte d’Appello di Bologna A cura dell’Avv. Vipsania Andreicich A seguito di una sentenza del Tribunale di Bologna che aveva accolto la domanda di alcuni profughi assegnatari di alloggi di edilizia residenziale pubblica costruiti ex art. 17 della Legge 137/1952 per l’ottenimento dell’acquisto dei propri alloggi al prezzo agevolato pari al 50% del costo di costruzione, l’ACER di Bologna aveva presentato ricorso in appello. La Corte d’Appello di Bologna, con sentenza del 23 febbraio 2007 depositata in cancelleria il 24 luglio 2008, ha rigettato l’appello proposto dall’ACER di Bologna, confermando, quindi, che la possibilità di acquisto agevolato previsto dall’art. 1, comma 24, della Legge 560/ 1993 (con prezzo pari al 50% del costo di costruzione di ogni singolo alloggio alla data di ultimazione della costruzione ovvero della assegnazione, se anteriore) deve estendersi a tutti i profughi, compresi quelli assegnatari di alloggi loro riservati in percentuale sulle assegnazioni complessive, ai sensi dell’art. 17 della legge 137/1952. La Corte ha infatti ritenuto che la tesi restrittiva sostenuta dall’ ACER di Bologna e confortata dalla sentenza della Corte di Cassazione del 13.12.1999 n. 13949, dovesse ritenersi superata a seguito della dell’approvazione della Legge 23.12.2000 n. 388 (c.d. Legge Finanziaria 2001), la quale ha avuto, nella questione relativa all’applicazione dei benefici per l’acquisto degli alloggi di edilizia residenziale pubblica destinati ai profughi, una portata innovativa e chiarificatrice rispetto al quadro legislativo precedente. L’art. 45 comma 3 della predetta legge (nor- ma di interpretazione autentica fornita dal legislatore) segna infatti un definitivo superamento del precedente orientamento restrittivo della Suprema Corte di Cassazione. Nel suo significato letterale e logico la disposizione sopra citata, unifica gli interventi di cui ai menzionati artt. 17 e 18 della Legge n. 137/1952, assoggettando entrambe le provvidenze (riserva ed alloggi) all’applicazione dell’art. 1, comma 24, della Legge 560/1993, prevedendo espressamente che le condizioni di miglior favore nella determinazione del prezzo si applicano indistintamente a tutti gli immobili destinati ai profughi in forza della predetta legge, ovvero sia a quelli specificamente realizzati per essi, sia a quelli loro assegnati in forza di riserva di aliquota sul complesso degli alloggi di edilizia residenziale pubblica. Come aveva già osservato il Consiglio di Stato nella sentenza n. 1176 del 23 marzo 2005, a seguito delle novità legislative che hanno profondamente modificato il settore di edilizia residenziale pubblica (rif. alla unificazione di tale patrimonio operato dalla legge 22.10.1971 n. 865 e dal D.P.R. 30.12.1972 n. ELARGIZIONI E ABBONAMENTI Questa rubrica riporta: - le elargizioni a “Difesa Adriatica” di importo superiore all’abbonamento ordinario; - le elargizioni dirette alla Sede nazionale ANVGD; - eventuali elargizioni di altra natura; - gli abbonamenti ordinari sottoscritti a “Difesa Adriatica”; All’interno di ogni gruppo, i nominativi sono elencati in ordine alfabetico. In rispetto della normativa sulla privacy non vengono citate le località di residenza degli offerenti. Ringraziamo da queste pagine tutti coloro che, con il loro riconoscimento, ci inviano il segno del loro apprezzamento e del loro sostegno. Le offerte qui indicate non comprendono le elargizioni ricevute dai singoli Comitati provinciali dell’ ANVGD. ABBONAMENTI CON ELARGIZIONI A “DIFESA ADRIATICA” (ccp 32888000) Le elargizioni si concentrano maggiormente tra fine e inizio anno, in occasione del rinnovo dell’abbonamento. L’elenco comprende gli abbonati sostenitori o che hanno versato comunque una quota maggiore dell’ordinario. MAGGIO Bolognani Giorgio € 55, Brescia Scalia Cornelia € 50, Cavazzi Martinoli Sonja € 50, Coslovich Renata € 60, Forte Bottazzi Concetta € 40, Frezza Maria € 35, Giannotta Maria Vincenza € 35, Grusovin Bruno € 35, Justin Licia € 50, Ottomaniello Riccardo € 100, Sotgiu Bruna € 45, Timeus Fabio € 50, Valenti Rita € 40. GIUGNO Apostoli Silveria € 50, Casari Roberto € 50, De Gravisi Serpan Antonia € 50, Delmestri Lina € 50, Mazzon Claudio € 40, Montenovi Noemi € 50, Petricich Raffaella € 40, Vallery Paolo € 60, Vatta Sergio € 50, Velicogna Lucio € 50. LUGLIO Blasich Silvia € 55, Ciurlizza Claudia € 50, Petronio Erasmo € 35, Sebeni Sergio € 40, Ulivi Fiora € 50, Zvietich Benito € 90. ABBONAMENTI ORDINARI A “DIFESA ADRIATICA” (ccp 32888000) Il rinnovo degli abbonamenti si concentra maggiormente tra fine e inizio anno, quando i lettori ricevono insieme al giornale il bollettino postale precompilato. L’elenco comprende solo coloro che hanno versato la quota ordinaria di abbonamento. MARZO (segue dal numero precedente) La Rocca Gaetano, Legovich Ricioti, Liessi Sergio, Lupini Rionda Silvia, Maggiora Papetti Martina, Maltese Lino, Manzin Ida, Manzin Tullia, Maracchi Costantino, Marino Vera, Marsan Giovanna, Martinuzzi Plinio, Milia Elisabetta, Milich Elena, Mitis Laura, Mussapi Italo, Napoli Carmelo, Nuvolari Annamaria, Pastrovicchio Gaudenzio, Paternò M. Grazia, Picco Doriano, Placenti Irma, Potepan Ezio, Premuda Olivi Fulvia, Prosperi Diana, Quarantotto Tullia, Ralza Maria, Roselli Zita, Rossetti Cosulich Nora, Ruzich Maria, Sabatti Giovanni, Sablich Romano, Santin Moriconi M.Antonietta, Sarto Nicola, Schûrzel Giorgio, Schûrzel Sergio, Skender Stelio, Sivieri Arnaldo, Spadavecchia Giovanni, Sticotti Marco, Tami Licinia, Tiblias Aldo, Tonsi Ersilia, Turre Enrico, Venier Laura, Verbi Giuliana, Viale Bertazzi Jone, Vianello M.Grazia, Vianello Rosanna, Visintin Renato, Zadaricchio Giorgio, Zagabria Giovanni, Zandegiacomo Franco, Zulini Maria, Zustovich Sergio. APRILE A.I.R.L., Amadi Fulvia, Avanzini Dianella, Barich Guido, Bembina Ampelia, Bisiach Luigi, Bullo Nereo, Cacciola Briguglio Maria, Calochira Giovanna, Cehic Mario, Ciriminna Giuseppe, Dellabernardina Anna, Fabi Nella, Laurencich Egle, Leonardi Nello, Lombardi Bruno, Lovrencich Giovanni, Maraston Maria, Marchese Melini Edda, Marini Giovanni, Merviz Bari Amalia, Moder Alice, Ossoinack Bianca, Ostrogovich Francesco, Palaoro Narciso, PaliagaStruggia, Perich Edvino, Peterovich Gianni, Pizzinat Armando, Pletenaz Gabriella, Rihar Arnaldo, Rode Vezia, Rota Antonia, Rupena Olga, Saccon Vittoria, Schiaroli Elio, Schneider Luciano, Scomersich Tarsilla, Scuola Dalmata di Venezia, Stanziola Maria Luisa, Sorgarello Lidia Bonollo, Sviben Ileana, Ziliotto Vincenzo. MAGGIO Andreani Lucio, Antonini Giordano, Barbieri Pietro, Bernardelli Premate Gabriella, Bernardis Antonio, Calochira Lionello, Dassovich Mario, de Fabris Maria Luisa, Devescovi Pietro, De Vidovich Valmira, Dietrich Ezio, Dobran Pietro, Dubani Ive Alma, Endrigo Liliana, Forza Paolo, Gherbaz Don Roberto, Giungi Gregorio, Gropuzzo Luigi, Host Pietro, Martinoli Livia, Morsi Giovanni, Moscheni Alda, Moscheni Luciana, Mulitsch Caterina a Paolo, Musco Alberto, Narciso Bianco, Nonini Neria, Piazzese Carmelo, Prettegiani Antonio, Ricci Francesco Giovanni, Sabatti Casalino Nadia, Sabatti Livio, Solis Francesco, SuperinaVivetta,Tenze Fausto, Tognon Greco Loriana, Velleni Giovanni, Vidossich Giorgio, Vidotto Pier Giorgio, Zannoni Giovanni Battista. GIUGNO Adrario Amato Riccardo, Amato Maria, ANVGD Verona, Argentini Carmen, Bartole Antonino, Betossa Rosanna, Borsatti Gabriella, Bussani Daria, Casalino Corrado, Chiurco Liliana, De Pascalis Franca, Dianich Antonio, Di Pasquale Wottava Anna, Di Rienzo Lucilla ved. Ricci, Fornasiero Giacomo, Friedmann Eliana, Gabrielli Favretto Luciana, Gasperini Vittorino, Gembressi Claudio, Gobbo Livio, Guidi Eugenio, Ianovich Nicolò, Janni Luciano, Kail Elda, Kolman Clelia, Maccorini Aurelia, Maja Walter, Marani Francesco, Marincovich Maria Grazia, Morelli Valeria, Pappafava Marta, Pavazza Benito, Persurich Nello, Pillepich Livio, Pinz Luciana Trombetta, Polo Silvana, Rangan Silvia, Ruzzier Umberto, Salvagno Lucia, Sandri Ubizzo Irma, Scialò Luciana, Toffetti Lucilla Sifari, Traina Leopolda, Trontel Graziella, Usilla Marisa,Vidali Silvana, Zadeu Nivetta, Zuppin Lucchese Rita. LUGLIO Antonazzi Maria, Badalucco Paolo, Becich Stefano, Castriota Scanderberg Maria Luisa, De Bernardis Egle, De Draganich Venanzio Giuseppe, Giadrossi Bussani Firmina, Godina Pietro, Lorenzini Giulia, Montenovi Patrizia, Persurich Gino, Piacentini Andrea, Pini Rosanna ved. Marnica, Pogliani Dario, Rangan Marina, Vellenich Anita. 1035), una interpretazione letterale e restrittiva della norma in esame ai soli assegnatari di alloggi costruiti sulla base dei finanziamenti postbellici, ne limiterebbe l’applicazione a pochi ed isolati casi rispetto alla generalità degli immobili assegnati ai profughi, creando situazioni di grave disuguaglianza. La Corte d’Appello di Bologna ha quindi affermato che: “più corretto appare perciò attribuire rilievo all’aspetto soggettivo, concernente lo status di profugo, piuttosto che a quello oggettivo della tipologia dell’immobile (finanziamento statale o meno), trattandosi comunque di alloggi di edilizia residenziale pubblica assegnati ai profughi rifugiati e perciò destinati a sopperire alla medesima situazione di disagio abitativo”. E’ duopo specificare che tale sentenza ha valore solo nei confronti della parti in causa, ma potrà essere utilizzata nei procedimenti pendenti al fine di sostenere in modo più pregnante la tesi dell’applicazione estensiva dell’art. 1, comma 24, della Legge 560/1993 a tutti gli alloggi assegnati a coloro che sono in possesso della qualifica di profugo. Ti sei iscritto all’ANVGD? Inizia la campagna abbonamenti 2009 Cosa aspetti? Noi Ti aspettiamo Rivolgiti ai nostri Comitati Provinciali o contatta la nostra Sede nazionale (tel. 06 5816852) L’abbonamento a Difesa Adriatica non equivale alla quota associativa L’ANVGD per soci e lettori L’ANVGD, vogliamo ricordare, fornisce una serie di servizi informativi gratuiti a soci e non soci, così distribuiti. Gratis è l’accesso al sistema informativo del nostro sito www.anvgd.it. Per alcune sezioni è previsto che ci si registri, ma del tutto gratuitamente. Gratis è l’invio della Newsletter settimanale: ogni settimana arriva direttamente sulla Vostra mail un notiziario con decine tra news e articoli di giornale, per tenervi aggiornati sul mondo e i problemi dell’Esodo. È sufficiente registrarsi sul form in alto a destra nel sito www.anvgd.it. Gratis è l’abbonamento a “Difesa Adriatica” per i residenti all’estero. Potete fornirci quindi gli indirizzi dei Vostri amici e parenti: riceveranno a tempo indeterminato ogni mese a casa loro il nostro notiziario. Sarà unVostro regalo e non Vi sarà costato nulla. Gratis è il primo anno di abbonamento a “Difesa Adriatica” per i residenti in Italia. Anche in questo caso potete inviarci nomi e indirizzi. I beneficiari del Vostro gesto riceveranno gratuitamente il giornale cartaceo o via mail fino al numero del prossimo febbraio. Poi decideranno se sottoscrivere l’abbonamento o farlo decadere senza alcuna formalità. Alcune di queste iniziative sono possibili grazie ai finanziamenti della Legge 193/2004 per le associazioni degli Esuli, che nel nostro caso l’ANVGD ha deciso di utilizzare in parte per favorire la diffusione tra gli Esuli e i loro discendenti di un’informazione corretta, tempestiva, obiettiva e completa. F. R. 6 DIFESA ADRIATICA Ottobre 2008 A settant’anni dalla morte di Gabriele D’Annunzio un bilancio storiografico Il Poeta-comandante prima e dopo Fiume Di solito, gli anniversari non sono i momenti più indicati per approfondire la conoscenza di un personaggio; il rischio è quello di scadere nell’agiografia, che rappresenta la negazione di qualsiasi serio approccio storiografico. Esistono, a questo riguardo, anche le classiche eccezioni che confermano la regola; basti pensare all’attenzione prestata dalla storiografia nel corso del 2007 alla figura di Garibaldi nel 200esimo della nascita. Anche se in quel caso – detto per inciso – quell’attenzione della storiografia costituiva una sorta di risposta polemica (non so quanto volutamente polemica) sia ai silenzi mantenuti al riguardo da mondo politico e organi di informazione, sia alla perdurante e crescente azione di quanti, da tempo, tentano di svilire personaggi come Garibaldi e l’intero processo risorgimentale. Nel 2008 ricorre il 70esimo anniversario della morte di Gabriele D’Annunzio. Fino al momento della uscita di questo numero, un solo contributo storiografico sulla figura del Vate, D’Annunzio. L’amante guerriero, di Giordano Bruno Guerri [si veda la scheda a fianco]. Per il resto, ben poco; e dire che, in un passato anche recente, dopo decenni di imbarazzi e demonizzazioni, vari aspetti della multiforme personalità di D’Annunzio (da quelli artistici a quelli politici e quant’altro) erano stati oggetto di un’attenzione per lo più seria e scientifica, che solo in alcuni casi rischiava di finire sopra le righe. Come spiegare allora il silenzio quasi generale del 2008 con la vasta pubblicistica degli ultimi anni? Vuol forse dire che quello di D’Annunzio, del letterato come del politico, sia ormai un capitolo chiuso, che la miniera dannunziana sia ormai esaurita? Non credo certo sia così, perché per tanto che si sia scritto sul Poeta non poco resta ancora da dire, e da chiarire. Gli studi sulla «questione fiumana» La stessa ricostruzione dell’impresa fiumana è ferma allo studio di Ferdinando Gerra, dei primi anni Settanta del secolo scorso; studio datato, dunque, sebbene accurato e documentato in ogni sua parte. Con gli anni, semmai, altri contributi sono sopravvenuti ad affrontare singole vicende legate all’Impresa: dai rapporti intercorsi fra D’Annunzio e il Consiglio Nazionale Italiano di Fiume o singoli esponenti politici fiumani, alla Carta del Carnaro, dalla politica estera abbozzata dal Comando legionario (soprattutto in chiave anticolonialista e vagamente “terzomondista” ante litteram) all’interesse con cui gli sviluppi dell’Impresa stessa destavano in qualificati settori della sinistra politica Fiume, d’Annunzio si intrattiene con ufficiali e soldati (dai comunisti Gramsci e Nicola Bombacci al socialista Giuseppe Giulietti, per non parlare del ruolo ricopertovi dal sindacalista rivoluzionario Alceste De Ambris). Tutti tasselli importanti, assieme ad altri non accennati in questa sede, dovuti quasi esclusivamente, in modo diretto o indiretto, alla “ventata” di rinnovamento portata nella storiografia italiana, anche ma non solo a questo riguardo, dalle ricerche di Renzo De Felice e di quella che viene ormai comunemente chiamata la sua «Scuola». Tasselli importanti che finora non sono riusciti comunque a creare un mosaico organico che meglio definisca sia i contorni della vicenda fiumana in sé, dal settembre 1919 al gennaio 1921, sia del ruolo politico svolto da D’Annunzio dopo il conflitto, prima e durante il fascismo. E ben poco servono, a questo riguardo, definizioni di D’Annunzio come «l’amante guerriero» di Guerri o il tentativo, posto in atto nel 2002 da Claudia Salaris nel saggio Alla festa della rivoluzione, di fare del clima della Fiume dannunziana una sorta di Sessantotto anticipato di quasi mezzo secolo, con una trasposizione che, seppur innegabile sul piano degli avvenimenti, n on regge su quello delle ben diverse situazioni politico-sociali. Non sembra il caso di tornare sulla vexata quaestio dell’identificazione tout court di D’Annunzio con il fascismo: un’identificazione che potrà ancora attrarre i nostalgici di una storiografia a senso unico e di una vulgata volutamente superficiale e acritica, che decisamente non regge di fronte ai tanti e più seri studi successivi. Semmai, esisterebbero ancora oggi dei temi, legati all’attività politica di D’Annunzio e in particolare ai mesi dell’Impresa fiumana, che, seppur ab- Il Poeta durante un’allocuzione alle truppe bozzati in passato (anche da chi scrive), meriterebbero un ancor più approfondito esame. Il riferimento è alla “politica estera” del Comando legionario, con tutte le cautele che quei due termini necessariamente impongono per la realtà, geograficamente e cronologicamente limitata, del governo dannunziano di Fiume. La politica interna del Comando fiumano e i rapporti con il Consiglio Nazionale Italiano Quando si parla di politica interna del Comando fiumano, il pensiero corre in maniera quasi univoca al tema dei rapporti intercorsi fra esso e il Consiglio Nazionale Italiano di Fiume, nello stesso arco di tempo, settembre 1919-gennaio 1921. Al di là della facciata, delle pressoché quotidiane attestazioni di devozione e di gratitudine a D’Annunzio e alle truppe legionarie espressa dalle autorità locali, quei rapporti furono contrassegnati da continui contrasti, che toccarono la loro punta massima in occasione di determinati avvenimenti (dalla vicenda del «modus vivendi» agli scontri di Cantrida, alla proclamazione unilaterale della Reggenza Italiana del Carnaro), per non parlare del diffuso clima di disagio creato, dagli inizi del 1920, dalle iniziative del nuovo capo di Gabinetto del Comando, il sindacalista rivoluzionario Alceste De Ambris, subentrato nella carica al nazionalista Giovanni Giuriati. A monte, tuttavia, di questi occasionali motivi di contrasto, ce n’era un altro, ben più grave e insolubile, di fondo, derivante dall’incomprensione manifestata dall’ambiente legionario, e in generale dai nazionalisti, verso la gelosa difesa delle antiche prerogative autonomistiche e comunali, condotta dai rappresentanti fiumani. Non a caso proprio Giuriati, sin dai primi giorni successivi all’entrata delle truppe legionarie a Fiume, aveva cercato di dissuadere D’Annunzio dall’assumere i pieni poteri in città, per non dare l’impressione che vi volesse esautorare la rappresentanza cittadina. Un consiglio rimasto peraltro inascoltato, sia per la delibera del Consiglio Nazionale di offrire, il 20 settembre, i pieni poteri al Comandante (delibera che, priva di basi giuridiche, non contribuì a chiarire le reali attribuzioni dei poteri), sia per le sempre più frequenti divergenze emerse ancora negli ultimi mesi del 1919, e in particolare nel 1920, sul significato stesso da dare all’impresa legionaria: limitato, per i rappresentanti fiumani al fine dell’annessione della sola città all’Italia, sempre più vasto e confuso nelle modalità per D’Annunzio e il Comando. Con sullo sfondo l’emergere e il progressivo acuirsi (soprattutto dopo la proclamazione della Reggenza Italiana del Carnaro) di una crisi economica e commerciale, anch’essa poco compresa dal Comandante e dai suoi più stretti collaboratori, e che finirà per determinare un clima di stanchezza e di delusione nella stessa popolazione, che pure con tanto entusiasmo aveva accolto le truppe legionarie in città e tanto appoggio aveva fornito alle iniziative del Poeta. Se non poche crepe nei rapporti fra D’Annunzio e il Consiglio Nazionale Italiano di Fiume crearono le posizioni sempre più intransigenti assunte dal Comandante e dal suo entourage, al punto che si intensificarono, soprattutto nel corso del 1920, i contatti più o meno ufficiali fra i rappresentanti locali e il governo di Roma nel tentativo di trovare un accordo con esso anche contro il Poeta, non minori preoccupazioni destarono le iniziative del Comando in politica estera. La politica estera e la «Lega dei popoli oppressi» Una “politica estera” decisamente sui generis, che non portò a risultati concreti né nella sua prima fase (nella prima metà del 1920), dominata dalla creazione di una «Lega di Fiume» (o «Lega dei popoli oppressi»), né nella sua versione, fortemente ridimensionata nei programmi e nel “respiro”, degli «intrighi balcanici» per favorire lo scoppio di una rivoluzione antiserba. Sarebbe riduttivo, sebbene non del tutto improprio, voler ridurre la crea- zione della «Lega dei popoli oppressi» alla svolta di sinistra avutasi agli inizi del 1920 nella politica del Comando, con la sostituzione di Giuriati con De Ambris a capo di Gabinetto di D’Annunzio; anche se è innegabile che passi furono compiuti da Fiume per guadagnare l’adesione all’iniziativa della Russia bolscevica e per appoggiare i comunisti ungheresi contro il «governo bianco» reazionario dell’ammiraglio Horthy (che non nascondeva oltretutto rinnovate e minacciose mire su Fiume). E non meno riduttivo sarebbe attribuire un ruolo maggiore di quanto non abbia in effetti ricoperto nel progetto della «Lega dei popoli oppressi» al poeta socialista belga Léon Kochnitzky, responsabile, dal gennaio al luglio 1920, dell’«Ufficio Relazioni Esteriori» del Comando, in collaborazione, fra gli altri, con Eugenio Coselschi, LudovicoToeplitz, Giovanni Bonmartini, Henry Furst. In realtà, il via al progetto era stato dato dallo stesso D’Annunzio nel discorso Italia e vita del 24 ottobre 1919, quando ancora non era ipotizzabile la svolta a sinistra nella linea politica del Comando e l’Impresa si trovava ancora sotto una netta influenza nazionalista. Durissimo era stato D’Annunzio nei confronti della Gran Bretagna («impero vorace», «ingordo, che non è mai sazio»), bandendo una vera e propria «crociata di tutte le nazioni povere e impoverite, [...] di tutti gli uomini poveri e liberi, contro le nazioni usurpatrici e accumulatrici di ogni ricchezza, contro le razze da preda e contro la casta degli usurai che sfruttarono ieri la guerra per sfruttare oggi la pace [...]». Le spinte antimperialistiche presenti nel discorso prendevano di mira soprattutto la Gran Bretagna, ma non disdegnavano frecciate anche antiamericane, significativo al riguardo l’accenno polemico a Wilson: «la crociata novissima ristabilirà quella giustizia vera che da un maniaco gelido crocifissa con quattordici chiodi spuntati e con un martello preso in prestito dal Cancelliere tedesco del “pezzo di carta”». «Un sogno generoso e irragionevole, magnifico e impossibile» Per quel poco (troppo poco) che se ne sa, la crociata bandita da D’Annunzio nell’ottobre 1919 e la conseguente nascita della «Lega dei popoli oppressi» non andarono oltre adesioni formali di egiziani, indiani, irlandesi, croati, montenegrini, albanesi, ungheresi, fiamminghi, turchi, sebbene il progetto iniziale prevedesse una ben più vasta apertura di contatti (con catalani, maltesi, Gibilterra, Marocco, Algeria, Tunisia, Libia, Siria, Palestina, Mesopotamia, Persia, Afghanistan, Birmania, Cina, Corea, Filippine, Hawai, Panama, Cuba, Portorico e con «razze oppresse» come i Cinesi in California, i neri dell’America, gli israeliti). Probabilmente, nemmeno iniziato il progetto su più vasta scala, Nella foto, al centro con la divisa chiara, Guglielmo Marconi in visita a Fiume nel giugno 1920 Ottobre 2008 7 DIFESA ADRIATICA anche quello su scala ridotta finì per arenarsi di fronte a difficoltà di ordine organizzativo ed economico, alla scarsa attendibilità di alcuni interlocutori e, come lamentò Kochnitzky, ad alcune incertezze di D’Annunzio, privo della «virtù napoleonica della rapidità di esecuzione»; tanto bastò comunque perché anche quella iniziativa non facesse dormire sonni tranquilli a un Consiglio Nazionale sempre più preoccupato di possibili svolte eversive, in campo interno come in quello internazionale, dell’impresa legionaria. Non a caso fu con malcelato sollievo che i rappresentanti fiumani accolsero le dimissioni, presentate il 21 luglio 1920 da Kochnitzky, lamentando, già in una lettera a D’Annunzio e poi nelle sue memorie, come la «navicella della “Lega fiumana”» fosse stata «travolta in una tromba marina d’intrighi balcanici». Pur deluso dal fallimento del progetto, Kochnitzky non mancò comunque di auspicare che il messaggio lanciato dalla «Lega dei popoli oppressi» («momento profetico» dell’intera impresa dannunziana) non fosse destinato a perdersi e a rimanere «nella memoria degli uomini come il solo trapasso d’un sogno generoso e irragionevole, magnifico e impossibile». Arenatasi la «navicella» della «Lega di Fiume», non migliore sorte toccò al ben più limitato progetto degli «intrighi balcanici», nonostante le premesse facessero sperare in esiti più concreti. In effetti, nella seconda metà del 1920 le linee direttrici della politica estera del Comando fiumano appaiono radicalmente mutate rispetto ai mesi precedenti, con il più “pragmatico” Coselschi a capo dell’«Ufficio Relazioni Esteriori» in sostituzione dell’“idealista” Kochnitzky, con un accantonamento delle posizioni di sinistra e un ritorno in auge di quelle nazionaliste. Si trattava, oltretutto, di un indirizzo politico che non trovava indifferenti, in Italia, qualificati ambienti politici (nazionalisti soprattutto), militari (Badoglio), dell’industria e della finanza da tempo attratti da una politica di espansione in Adriatico e nei Balcani, disposti a soffiare sul fuoco dei contrasti intestini al nascente Stato jugoslavo, sino quasi alle estreme conseguenze di una sua dissoluzione. Tutte queste premesse favorevoli non furono sufficienti a garantire successo al progetto, arenatosi a sua volta sia davanti alle difficoltà di coinvolgere pienamente i rappresentanti croati in un accordo che costasse loro la perdita di una parte almeno della Dalmazia (quella costiera), sia (come nel caso della «Lega di Fiume») davanti alla scarsa attendibilità e rappresentatività di alcuni interlocutori, sia, soprattutto, dinnanzi al mutato e più univoco atteggiamento assunto dal governo di Roma, volto a cercare un accordo diretto (come avvenne poi effettivamente con ilTrattato di Rapallo) con la Jugoslavia. Fu così che alla politica estera del Comando fiumano vennero gradatamente a mancare sia gli appoggi politico-militari (massoneria, ministero degli Esteri, Badoglio) ed economici (senatore Borletti, la “cordata” di industriali a lui legata, alcune grandi banche) su cui si era per un certo tempo illusa di poter fare affidamento. Si trattava non soltanto del fallimento della politica degli «intrighi balcanici», o dell’inadeguatezza di una politica estera del Comando dannunziano, ma anche, in una più ampia visuale, di un segnale inequivocabile di un più generale “riflusso” verso posizioni legalitarie, che non lasciava ormai ragionevoli margini di manovra a possibili futuri sviluppi dell’intera, generosa Impresa dannunziana. Guglielmo Salotti Due recenti libri sul Poeta Diocleziano D’Annunzio e la melanconia imperatore croato? Era stato per primo Aristotele a sostenere che «tutti gli uomini straordinari, eccellenti nella filosofia, nella politica, nella poesia, nelle arti sono palesemente melanconici»; e a questo assunto sembra non sfuggire, secondo l’accurata analisi di Gianni Oliva (docente di letteratura italiana nell’Università “G. D’Annunzio” di Chieti), anche Gabriele D’Annunzio. Si potrebbe pensare che il taedium vitae di cui il Poeta stesso parlerà nel Libro segreto sia uno stato d’animo legato al suo decadimento fisico degli ultimi anni al Vittoriale; si tratta invece di un più costante male di vivere dei poeti che serpeggia sia nella sua produzione artistica, sia nei diari e negli scritti privati. Certo è – anche se Oliva non scende volutamente nel saggio in questioni di carattere storico-politico, rimanendo sul letterario e sul privato – che la “prigione dorata” di Gardone anziché lenire poté, complice anche il trascorrere impietoso del tempo, acuire quel male di vivere. Sarà stato ancora più doloroso, per D’Annunzio, riandare col pensiero ai tanti momenti esaltanti della sua vita, dal discorso di Quarto alla guerra, ai mesi di Fiume, non potendo non confrontarli con un presente e con una quotidianità ben meno esaltanti ed eroici. Riverito e sorvegliato nel microcosmo della villa gardesana, D’Annunzio non poté non prendere amaramente coscienza del fatto che l’Italia non aveva più bisogno di lui, della sua parola, della sua azione trascinante; altri attori erano saliti su un proscenio diverso forse da quello da lui auspicato, e per lui non restavano se non parole di circostanza, in una agiografia ante litteram cui, di pari passo con il disfacimento fisico colto da alcuni suoi interlocutori negli ultimi anni, si univa la caduta di tanti sogni, di tanti progetti e la perdita di qualsiasi peso politico sulla scena nazionale. G.S. Gianni Oliva, D’Annunzio e la melanconia, Bruno Mondadori, Milano 2007, pp. 153, Euro 15,00 Un piccolo abbaglio, un effetto transitorio della canicola devono aver colpito un intellettuale raffinato e impegnato come Giorgio Pressburger nel momento in cui ha stilato il suo articolo Da Diocleziano a Magris la via è breve, apparso su “Avvenire” il 1° agosto scorso. Scrittore, autore di teatro, animatore culturale, già direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di Budapest, ungherese di nascita e italiano di adozione, Pressburger si dedica qui all’esaltazione delle antiche memorie della Dalmazia, donde era originario l’imperatore Diocleziano. Ad un intellettuale del suo livello si perdona anche l’abbacinamento estivo, ma il suo articolo lascia un poco perplessi laddove, a leggere e rileggere il pezzo, egli sembra far derivare la Croazia odierna dall’Illiria, e far diventare Diocleziano, in quanto “illirico”, quasi un croato ante litteram. E si legge: «Quei posti fino a pochi anni fa erano un po’ trascurati, ma oggi con il turismo crescente stanno diventando luoghi di villeggiatura e di turismo di primo ordine. [...] Si vedono le Incoronate, uno dei posti più suggestivi dell’Adriatico, si vedono le coste dalmate in tutta la loro rocciosa antica maestà. La Croazia e specialmente Spalato vantano queste bellezze a cui appartengono sia Diocleziano, persecutore dei cristiani e grande imperatore, e alla fine pacifico agricoltore, sia Magris, oggi uno degli scrittori più rappresentativi di quella parte d’Europa, ma anche del mondo odierno». Da Diocleziano a Magris, appunto, come suggerisce il titolo dell’articolo: anche Magris, per via di remote ascendenze, avrebbe secondo Pressburger una qualche relazione con Spalato, dunque viene da pensare che per analogia sia anch’egli in certa misura “illirico”, quindi un po’ croato. Tornando all’imperatore, si legge ancora: «Il palazzo-fortezza fatto costruire da Diocleziano in duemila anni è passato in parecchie mani, nel Medioevo aveva fatto parte persino del Regno d’Ungheria e pare che questo fosse uno dei periodi di maggiore fioritura. Se ne impossessò anche la Serenissima repubblica di Venezia. Ma tutte le guerre, le battaglie, i passaggi di regnanti non riuscirono nonché a cancellare, ma nemmeno a intaccare la bellezza di quel palazzo affacciato all’Adriatico, bagnato dall’acqua e dal sole, in una specie di eterna maestosa giovinezza». Non risulta che la Repubblica di Venezia, la cui impronta inconfondibile ha forgiato in lunghi secoli il paesaggio architettonico, civile e umano dell’Adriatico orientale, ben vivo ancora oggi nelle pietre, nell’enorme patrimonio storico-documentario, nella parlata veneta che fu per mille anni la koiné del mare e delle terre, abbia mai cancellato alcunché: i suoi Leoni, piuttosto, effigiati in ogni città e borgo dell’Istria e della Dalmazia, emblemi della protezione e delle leggi di Venezia, furono scalpellati e distrutti dall’odio etnico e ideologico del regime di Tito, non già “illirico”, semmai “àvaro”. Confidiamo che i primi rèfoli di brezza dissolvano la foschia attraverso cui il prof. Pressburger ha creduto di vedere Diocleziano, il suo palazzo, Claudio Magris e la Croazia contemporanea uni e trini. p. c. h. ...e D’Annunzio. L’amante guerriero Nato con la lodevole intenzione di fornire un contributo all’opera di revisione storica da anni in atto sulla figura di D’Annunzio (un’opera che tanto è debitrice a Renzo De Felice a all’impulso da lui dato agli studi sul Poeta-soldato), il saggio di Giordano Bruno Guerri non sempre riesce a mantenere fede alle premesse di originalità (non a tutti i costi, ma nel rispetto di ben precisi canoni storiografici e letterari) cui un libro uscito nel 2008 si sarebbe dovuto attenere. Sembra quasi che non si possa scrivere una biografia di D’Annunzio senza ricadere nei tanti luoghi comuni che hanno tante volte caratterizzato e appesantito i vari tentativi di approccio a una personalità così complessa come quella dell’artista, del politico e dell’uomo di mondo. Se da una parte è giusto – come fa spesso Guerri – sottolineare l’innata capacità di D’Annunzio di anticipare i tempi (in politica, nella pubblicità, nel rapporto controverso con le masse), risulta poi sostanzialmente ingenuo chiedersi perché l’Italia si fosse trovata ad essere governata da Mussolini e non dal Poeta. La risposta più semplice, emergente dalla realtà dei fatti e da tanti studi, è che D’Annunzio non fu mai un politico nel senso stretto del termine, incapace, come si dimostrò in varie circostanze, di cogliere al volo le occasioni offertegli, di passare dalle intuizioni profetiche alla pratica quotidiana, e soprattutto di sfruttare il seguito non indifferente su cui poteva contare. Fu così a Fiume, fu così soprattutto nel dopoguerra, in un confronto impari con il ben più pragmatico e “politico” Mussolini. Se, con la sua morte «era scomparso un uomo che aveva saputo imporre i propri sogni agli altri uomini» - come scrisse il parigino “Temps” nel marzo del 1938 – era pur vero che quei «sogni» sarebbero divenuti realtà nella pratica politica di ben più abili e spregiudicati manovratori. g.s. Giordano Bruno Guerri, D’Annunzio. L’amante guerriero, Arnoldo Mondadori, Milano 2008, pp. 328, Euro 19,00 Spalato, un dettaglio del peristilio del palazzo imperiale 8 DIFESA ADRIATICA Ottobre 2008 dai comitati DELEGAZIONE DI BARLETTA In occasione dell’annuncio della beatificazione di Don Bonifacio, il quotidiano “La Gazzetta del Mezzogiorno” ha ospitato un lungo articolo di Giuseppe Dicuonzo, Delegato ANVGD per Barletta. Nello scritto, oltre a ripercorrere la vita del sacerdote infoibato, Dicuonzo ha espresso la gioia delle comunità pugliesi degli Esuli per la decisione della Santa Sede che rende giustizia al martirio del sacerdote istriano. COMITATO DI BELLUNO La scomparsa del gen. Di Maggio Il 4 luglio scorso è mancato a Belluno il gen. Giuseppe Di Maggio, già presidente del Comitato Provinciale A NVGD. Figura di ufficiale che compendiava valori e stile che senz’ombra di retorica potrebbero essere definiti d’altri tempi, era persona molto conosciuta e stimata a Belluno, dove viveva da molto tempo. Era nato a Zara. Allo scoppio della Seconda guerra mondiale era partito per il fronte, combattendo in Grecia e Albania. Dopo l’8 settembre era stato fatto prigioniero dai tedeschi ed internato in un campo di concentramento in Polonia. Al rientro, uscito dall’Accademia di Modena, il servizio lo aveva portato in varie località: Trento, Bassano, Feltre, Tolmezzo e Spoleto. Infine l’approdo a Belluno, dove aveva fatto parte del 7° Alpini. Per due anni ha comandato il Battaglione Alpini Belluno. È stato anche comandante del Distretto Militare fino al 1977. Va ricordato, oltre che per un impeccabile stato di servizio, per la carica umana e la disponibilità verso gli altri, specie nei momenti difficili come quelli, attraversati dalla provincia di Belluno, nel corso del disastro del Vajont e dell’alluvione di Cencenighe. Per il suo meritorio comportamento in queste calamità ottenne due onorificenze da parte della Presidenza della Repubblica. Non dimenticò mai la terra d’origine, avulsa dall’Italia a seguito dei tragici eventi bellici e passata all’ex Jugoslavia. Per anni fu presidente della sezione di Belluno dell’ANVGD, che raggruppa gli esuli giuliani e dalmati. All’interno dell’Associazione operò ricercando e raccogliendo quanti, in terra bellunese, si erano ricostruita un’esistenza dopo il dramma di cui erano incolpevoli protagonisti di un’autentica pulizia etnica. COMITATO DI BRESCIA Dalla fine di settembre 2008 sarà operativa la nuova sede del Comitato ANVGD di Brescia, in Via Dante 17. Dopo oltre quaranta anni di onorata presenza in Corso Magenta 58, verrà abbandonata la vecchia sede della Casa dei Combattenti. La prestigiosa nuova sede di Palazzo Salvadego è molto spaziosa e consentirà anche di gestire in maniera più razionale gli oltre 2000 libri della biblioteca del Comitato. Si è conclusa lunedì 7 luglio la 58° edizione della Heinerfest, una delle più importanti manifestazioni estive della Germania, che si svolge proprio nella città gemellata con Brescia. Questa manifestazione dai numeri impressionanti – ci sono stati oltre 700.000 visitatori in 5 giorni – ha visto la partecipazione dell’Assessorato al Turismo del Comune di Brescia in collaborazione con il Gruppo Alpini della Sezione di Fiumicello, che con la loro offerta enogastronomica hanno conquistato non solo i gemelli teutonici, ma anche i rappresentanti di altre città europee presenti all’evento (Graz per l’Austria, Troyes per la Francia, Plock per la Polonia, Logroño per la Spagna). Il clima internazionale della festa, unitamente all’orgoglio degli abitanti di Darmstadt di essere cittadini d’Europa, ha fatto da sfondo ideale ad un importante riconoscimento conferito ad un cittadino bresciano che da molti anni si impegna negli scambi tra giovani delle due città: il Gr. Uff. Luciano Rubessa, presidente del Comitato bresciano e della Consulta lombarda. L’attestato conferito dal sindaco di Darmstadt Walter Hoffmann e dal presidente della Heinerfest Gunther Metzger a Rubessa testimonia il particolare apprezzamento della Municipalità di Darmstadt nei confronti dell’attività di sviluppo dei rapporti internazionali svolta con particolare impegno e passione dal nostro concittadino. Alla consegna dell’onorificenza era presente anche il ministro della Giustizia Brigitte Zypries, che si è intrattenuta con il sig. Rubessa per congratularsi con lo stesso, annunciando anche l’indizione di un concorso di idee affinché i giovani comprendano i valori del gemellaggio. COMITATO DI GORIZIA La strana diatriba sul Tricolore issato sul Monte Sabotino Ziberna (ANVGD): «non riaccendere quelle tre luci è scandaloso e sconcertante» «Fui convocato dal prefetto per la mia troppa insistenza sulla faccenda del Tricolore. Accadde qualche mese fa e il fatto mi lasciò fin da subito perplesso. Anche perché, in quell’occasione, mi venne chiesto se ero favorevole all’installazione di tre pennoni sui quali issare le bandiere italiana, slovena ed europea. Ovviamente trasalii, perché quelle luci sono un omaggio ai soldati italiani che si sacrificarono per la liberazione di Gorizia nel 1916. Ma capii che sulla questione del Tricolore tirava una brutta aria». L’assessore comunale Sergio Cosma, a meno di ventiquattr’ore dall’ufficializzazione dell’avvicendamento alla guida della Prefettura isontina, ricostruisce un episodio che inevitabilmente finisce con l’acquistare una certa importanza, dopo le indiscrezioni in base alle quali le luci del Sabotino non vennero accese per espressa volontà di De Lorenzo. «Comunque sono felice che quel funzionario sia stato rimosso – prosegue Cosma –. Ora potremo finalmente riattivare quell’impianto. Lo vuole la gente. Anche perché non dimentichiamoci che i goriziani restano, i prefetti, invece, passano». Commenta la notizia con toni ancora più netti Rodolfo Ziberna, presi- dente del Comitato ANVGD e della Lega Nazionale di Gorizia. «Addurre motivi di ordine pubblico per non riaccendere quelle tre luci è scandaloso e sconcertante. È scandaloso e sconcertante – ha ripetuto due volte il rappresentante degli esuli –. Rinunciare ai propri simboli è inaccettabile. E lo è ancora di meno se lo si fa al fine di non suscitare eventuali reazioni negative oltreconfine. Un prefetto non può in alcun modo comportarsi così». In ogni caso, il 4 novembre prossimo il Tricolore sarà riacceso. Lo si è appreso a Trieste, a margine del 34.mo congresso della Commissione internazionale di Storia Militare. Il Tricolore di lampadine era stato spento il 16 ottobre 2007 dalla Brigata di Cavalleria Pozzuolo, affidatario dell’ infrastruttura, sembra per la necessità di rinnovare l’impianto elettrico. A marzo 2008 alcuni vandali lo avevano danneggiato rispegnendolo. La scorsa settimana, anche il neoprefetto di Gorizia Maria Augusta Marrosu si era detta favorevole alla sua riaccensione. COMITATO DE L’AQUILA Il Comitato ANVGD de L’Aquila, guidato da Livio Gobbo, ha ringraziato con la seguente lettera il Comune di Leonessa (Rieti), col quale ha collaborato per l’iter di approvazione della nuova “Via Martiri istriani delle Foibe”. «Apprendiamo con vivo piacere che il Comune di Leonessa (Rieti) ha aderito alla richiesta del nostro Comitato intitolando una via cittadina “Ai martiri istriani delle Foibe”, prendendo atto che la Storia italiana, per 60 anni, non aveva dato il giusto risalto alla tragedia dei martiri delle foibe, vittime del terrorismo etnico di stampo comunista ed alla sofferenza dei 350.000 esuli istriani, fiumani e dalmati che di tutto furono spogliati dagli jugoslavi, fuorché dalla volontà di rimanere italiani. Al Signor Sindaco Alfredo Rauco, alla Giunta comunale, ai cittadini di Leonessa inviamo da parte del Comitato ANVGD de L’Aquila il più fraterno grazie per la non comune sensibilità dimostrata. Un vivo ringraziamento al Ten.Col. Marcello Rocchi, cittadino di Leonessa, e all’amico geom. Osvaldo Ciocca per aver seguito l’iter della pratica». cariche sociali per il prossimo triennio. Ecco il nuovo Esecutivo provinciale: presidente Benito Pavazza, vicepresidente Piero Simoneschi, segretario Luciano Bencich, consiglieri Maria Pavazza, Ottavio Sicconi, Alberto Musco, Luciano Birk, Tullia Cossetto, Maria Cattaro, Maria Pia Mengaziol. A tutti l’augurio di un fruttifero impegno verso la comunità giulianodalmata pontina. COMITATO DI MASSA CARRARA Oltre alle celebrazioni che si sono tenute a Trieste a cura del locale Comitato della nostra Associazione, anche la nostra rappresentanza di Massa Carrara, guidata dal presidente Sergio Tabanelli e dal segretario Vittorio Miletti, ha organizzato una manifestazione celebrativa per commemorare Nazario Sauro. Il 10 agosto alle ore 11.00 è stata deposta una corona sulla lapide che a Marina di Carrara ricorda l’Eroe istriano. Erano presenti le autorità comunali e militari della zona, oltre agli Esuli residente nella Provincia. COMITATO DI PORDENONE COMITATO DI LATINA Dall’Istria al Dandolo è il nuovo libro edito da L’Omino Rosso e curato da Roberto Castenetto, Lucio Cesaratto, Laura Guaianuzzi, Adriano Noacco, Guido Porro e Lucio Sabadin, presentato a Maniago il 17 luglio scorso. Tratta dell’insediamento degli Esuli istriani nella zona di Maniago; contiene il racconto dell’esodo con immagini e testimonianze; il sacrificio, l’impegno e le speranze di una comunità modello insediatasi nel maniaghese. Il libro nasce dall’omonima mostra del 2007, organizzata in collaborazione con in Comitato ANVGD di Pordenone. Oltre agli autori, hanno allietato la serata le musiche proposte da Arno Barzan (percussioni), Lorenzo Marcolina (clarinetto) e Romano tedesco (fisarmonica). Maggiori informazioni e copie del libro possono essere richieste a Edizioni L’Omino Rosso S.a.s. di Zanghi Sabrina & C., Via Colonna 12, 33170 Pordenone (tel. 0434.030 065). Il Comitato provinciale ANVGD di Latina ha proceduto al rinnovo delle COMITATO DI ROMA Mitragliatrice aerea sul Sabotino, di autore non identificato (5 maggio 1917). Museo della Bonifica, Fondo Vittorio Ronchi, Museo Civico di San Donà di Piave. Sino a poco tempo addietro il Tricolore issato sul Monte Sabotino era illuminato nelle ore notturne da tre luci, spente sembra per volontà dell’ex prefetto di Gorizia. Da qui la pronta reazione degli ambienti cittadini e del Comitato Anvgd presieduto da Rodolfo Ziberna Dopo l’inaugurazione, lo scorso 10 febbraio, sono state completate le opere murarie del monumento agli Infoibati a Roma, edificato in Largo Vittime delle Foibe Istriane, al capolinea Laurentina della linea B della metropolitana. L’inaugurazione, alla presenza delle massime autorità civili e delle rappresentanze d’Arma, ha avuto luogo in occasione del Giorno del Ricordo, senza che però tutta l’opera fosse realmente completata. Grazie all’impegno del Comitato ANVGD di Roma, a cui si deve l’intera realizzazione, la nuova base in pietra ricorda ora la conformazione delle foibe e sostituisce il tappeto erboso sistemato in un primo momento. Le autorità municipali hanno dato mandato all’Acea di provvedere entro breve al nuovo impianto di illuminazione che darà l’ultimo tocco alla visibilità del monumento. COMITATO DI TORINO Memorie dimenticate di Pasquale Totaro è un progetto, prima di essere un libro. Un progetto che vuole essere un percorso della memoria del XX secolo dei genocidi, delle deportazioni, degli stermini su base etnica, sociale, nazionale e religiosa. Solo non dimenticando si potrà far si che la Storia non sia solo la cronaca di uomini contro altri uomini. Dal genocidio del popolo armeno all’ «Holodomor» (la grande carestia) subita degli ucraini per volontà di Stalin, dalle persecuzioni in Tibet, Birmania, Papua, non dimenticando i Laogai cinesi, il regime sanguinario dei Khmer Rossi in Cambogia, i desaparecidos argentini, la Vandea messicana e la tragedia cecena. Segnaliamo che il Capitolo 13 del libro, finanziato dalla Regione Piemonte, è dedicato all’Olocausto delle Foibe ed all’Esodo delle popolazioni autoctone istriane, fiumane e dalmate. La presentazione del volume si è svolta a Torino il 23 settembre, con la partecipazione dell’autore e gli interventi di Antonio Vatta (ANVGD), Roberto Tutino (Associazione Italiana Vittime del Terrorismo e dell’eversione contro l’Ordinamento Costituzionale dello Stato), Lan Ning (praticante cinese della Falun Dafa), Venerabile Jangchup Sopa (lama tibetano esule in India), Claudio Tecchio (Ufficio Internazionale CISL Piemonte). COMITATO DI TRENTO Nell’ambito del progetto di recupero delle voci dei protagonisti della storia del Novecento, il Museo Storico di Trento ha realizzato, in collaborazione con il Comitato trentino dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia e sotto l’egida del Forum Trentino per la Pace, una campagna di ricerca di materiale d’archivio e di interviste ai protagonisti dell’esodo che vide coinvolte, alla fine della seconda guerra mondiale, moltissime famiglie istriane, fiumane e dalmate che giunsero in Trentino tra mille difficoltà ed incertezze. Su questa vicenda della storia italiana e trentina, ancora poco conosciuta, il Museo Storico in Trento ha proposto vari incontri di presentazione sull’avanzamento dei lavori della ricerca, che grazie alla disponibilità di numerosi testimoni ha già raggiunto dei buoni risultati. Il Museo ha cominciato ad effettuare interviste videoregistrate nel 1992, all’interno di un quadro metodologico ampio, che aveva visto già da molti anni l’apertura alla storia “dal basso” e alla conservazione di fonti legate alla scrittura popolare, raccolte in un apposito archivio (ASP). La gran parte delle interviste finora fatte (oltre 132) è stata realizzata a partire dal 2000, in un crescendo di interesse scientifico e organizzativo che ha trovato sempre maggiori conferme. A partire dal 2003 sono cominciate ad arrivare al Museo sempre più numerose richieste di aiuto metodologico e organizzativo, non più solo da parte di singoli cittadini consci dell’importanza anche storica delle loro esperienze, ma da parte di associazioni ed enti pubblici. Dall’autunno del 2002 il Museo ha cominciato a collaborare attivamente anche con il Comitato provinciale dell’ ANVGD, nella cui presidenza si è trovata ampia disponibilità nel fornire contatti e suggerimenti. In particolare, la ricerca ha indagato due aspetti della memoria: quella dell’esilio e quella dell’integrazione nelle nuove realtà sociali ed economiche in cui gli esuli vennero a trovarsi. Molte famiglie giunsero in Trentino dall’Istria e dalla Dalmazia, ma il loro arrivo e il loro inserimento non fu mai prima al centro di apposite ricerche. Per gli esuli Ottobre 2008 9 DIFESA ADRIATICA dai comitati il viaggio corrispondeva ad una trasformazione anche sociale, per lo più in peggio, a tutti i livelli: l’immagine di se stessi che vedevano riflessa negli sguardi dei trentini che li osservavano appare molto diversa da quella alla quale erano abituati a Fiume, a Pola, a Rovigno o a Pisino. Ancora oggi lamentano il fatto di non essere compresi per quella che è la loro identità originale dalla loro comunità d’adozione (per riprendere l’espressione di una testimone: «L’Istria è come la mia vera mamma, il Trentino è il mio papà d’adozione»). Per tutti questi motivi, questa raccolta di testimonianze realizzata dal Museo di Trento si adatta particolarmente ad una riflessione sulla memoria e sull’uso storiografico delle fonti orali. Il testimone con il linguaggio costruisce i fatti e con la memoria dà senso a questa costruzione. La memoria non è un contenitore, un deposito, tutt’altro. COMITATO DI VICENZA Intitolata a Norma Cossetto la prima piazza in Italia Era giovane e bella. Aveva un sorriso dolcissimo e tanta voglia di vivere, con una personalità forte e determinata, una ragazza ventenne che, negli anni della guerra, aveva intrapreso gli studi universitari a Padova pur abitando così lontano in Istria, a S. Domenica di Visinada. Era Norma Cossetto. Tanto si è scritto di lei, tanto si è detto di lei, presa come simbolo dell’amore per la Patria, per la terra rossa d’Istria che tanto amava, dov’erano i suoi affetti e dove si sentiva al sicuro. Dopo sessant’anni finalmente la giovane laureanda può essere ricordata con amore e rispetto. Medaglia d’oro al valor civile nel 2005, il 17 maggio di quest’anno il Comune di Grumolo della Abbadesse (Vicenza), primo fra i Comuni italiani, ha voluto intitolare la nuova piazza antistante il Municipio a questa giovane donna. Alla cerimonia era presente Licia Cossetto, commossa per il riconoscimento dato alla sorella. La sera prima c’era stata l’apertura di una mostra, voluta dall’Amministrazione comunale, con pannelli fotografici che illustravano le vicende delle terre degli esuli istriani, fiumani, dalmati. È seguita una conferenza sul tema Foibe-Esodo, tenuta da due testimoni di quegli eventi: Anna Maria Fagarazzi, che ha ripercorso la storia di quelle terre e il dramma dei profughi, e Licia Cossetto che ha ricordato le tragiche vicende della sorella, della sua famiglia decimata, rivivendo i momenti più dolorosi della scomparsa di Norma, delle ricerche e quindi il ritrovamento del corpo e lo strazio della famiglia. Del bellissimo discorso del Sindaco Maria Luisa Teso, davanti alle personalità politiche provinciali e regionali, alle scolaresche e ai numerosi esuli venuti dalle varie pro- vince venete, piace ricordare due passaggi fra i più significativi: «[…] attraverso un nome, un volto, un vissuto possiamo intendere, riflettere, porci tante domande. Ricordare e dispiacerci, con-patire, per il male inflitto, per avere girato la testa da un’altra parte. Norma Cossetto rappresenta tutto il dramma, nascosto, taciuto, costretto al silenzio, della popolazione Italiana d’Istria, Dalmazia, Fiume. Per tanti anni di questi Italiani abbiamo ignorato l’esistenza, abbiamo ignorato i morti, non ci siamo curati di quelli che sono sopravvissuti, abbiamo insultato quanti hanno dovuto o voluto scegliere l’esilio». «[…] Dobbiamo, quindi, ringraziare gli Esuli oggi presenti, fisicamente o idealmente, per consentirci, con questa intitolazione e con questa cerimonia, di fermarci a riflettere e mettere un piccolo fiore accanto alla loro storia, per ricordare il loro dolore. A nome della comunità di Grumolo delle Abbadesse: grazie!». Il consigliere nazionale dell’ANVGD Coriolano Fagarazzi, che ha partecipato attivamente all’allestimento della mostra e della commemorazione, si è sentito in dovere di ringraziare personalmente il Sindaco Maria Luisa Teso per la sensibilità dimostrata, trovando conforto nel constatare che ci siano amministratori che comprendono quale dolore possono procurare le faziosità, l’incomprensione, ma soprattutto il silenzio durato sessant’anni, troppo, con la speranza che questa pagina di storia italiana possa trovare giusto spazio nei libri scolastici. È necessaria una ricostruzione equa della storia della nostra Nazione, perché la memoria sia condivisa da tutti gli italiani, soprattutto dalle nuove generazioni. Mirella Olivieri Grumolo della Abbadesse (Vicenza), la nuova piazza antistante il Municipio intitolata a Norma Cossetto Grumolo della Abbadesse, il 16 maggio si è svolta una conferenza sul tema Esodo e Foibe. Sul palco, al centro, la signora Licia Cossetto, alla sua destra il sindaco Teso e la signora Anna Maria Fagarazzi dell’ANVGD continua dalla prima pagina A Trieste la beatificazione di Don Bonifacio La solenne proclamazione il 4 ottobre Nato a Pirano d’Istria , secondo di sette figli, il 7 settembre 1912, la sera dell’11 settembre 1946, e gettato nella foiba Martinesi, non lontano da Piemonte d’Istria . Una morte che – sottolinea Ravignani – «non fu per lui inattesa». Ordinato sacerdote nel Duomo di San Giusto il 27 dicembre 1936, don Bonifacio svolse il suo servizio pastorale a Pirano, quindi a Cittanova e dal 1939 nella curazia di Villa Gardossi. L’11 settembre di quel 1946 don Francesco si recò a Grisignana. Di ritorno, l’aggressione. Alcune guardie popolari, la milizia jugoslava, lo fermarono, lo portarono in mezzo al bosco e qui lo uccisero, scaraventandolo in una foiba. «Don Francesco ci indica oggi orizzonti di significato vitale», sostiene mons. Ettore Malnati, che ha presieduto il tribunale nella fase diocesana del processo di beatificazione. Ed anche il sindaco di Roma, Alemanno, ha voluto manifestare la sua vicinanza: «la beatificazione di don Francesco Giovanni Bonifacio è un atto importante non solo da un punto di vista religioso ma anche storico. Beatificare un Martire delle Foibe, infatti, sottolinea l’enorme tragedia e il gravissimo eccidio che fu perpetrato contro gli italiani giuliano-dalmati e istriani da parte delle forze comuniste di Tito». Sul numero di novembre cronaca e immagini della cerimonia di elevazione agli altari Commemorata nel 62esimo la strage di Vergarolla Pola, 18 agosto. Commemorata a distanza di 62 anni la strage di Vergarolla, tragedia-simbolo che segnò l’inizio dell’esodo della popolazione italiana dalla città istriana. Nell’agosto del 1946, sulla spiaggia della cittadina istriana - all’epoca sotto controllo degli alleati - si sarebbero dovute tenere le tradizionali gare per la Coppa Scarioni di nuoto. Ma sotto la spiaggia erano nascoste 28 mine antisbarco che i soldati italiani avevano disinnescato prima di lasciare la città agli inglesi. Ignoti le innescarono nuovamente. Alle 14,15 l’esplosione di queste mine ridusse la spiaggia in un mattatoio, uccidendo dozzine tra donne e bambini, alcuni rimasti schiacciati dal crollo dell’edificio della Pietas Julia, l’associazione che organizzava la gara. I morti furono 109, ma altri perirono in conseguenza della ferite riportate. La “spiaggia della morte” è rimasta senza un colpevole per decenni anche se i sospetti fin dall’inizio ricaddero sull’Ozna, la polizia segreta di Tito. Oggi, nuovi documenti emersi dal National Archives di Kew Gardens (Londra), dimostrano che l’esplosione delle mine - in tutto 9 tonnellate di tritolo - non fu un incidente ma un attentato ordito dalle truppe jugoslave di Tito per terrorizzare i polesani. E in effetti, da 40.000 abitanti Pola si ritrovò ridotta ad appena 4.000. Gli ultimi esuli partirono con il piroscafo “Toscana” il 20 marzo 1947. Nonostante la portata delle nuove rivelazioni, la notizia è passata un po’ in sordina sulla stampa croata. La sensazione è che la memoria e la ricerca delle responsabilità di quella tragedia sono confinate all’interno della sola comunità italiana. La cerimonia si è svolta sul luogo della tragedia dove sarà apposta una corona di fiori con la celebrazione di una Messa in onore delle vittime. A Trieste il monumento al medico Micheletti Alla presenza del sindaco Roberto Dipiazza è stato inaugurato lunedì 18 agosto, nel giardino di piazzale Rosmini a Trieste, il monumento dedicato al medico triestino Geppino Micheletti (Trieste 1905-Narni 1961), realizzato in pietra d’Aurisina su progetto dell’arch. Ennio Cervi. Promossa dall’Unione degli Istriani, la cerimonia si è svolta appunto nel 62esimo anniversario della strage di Vergarolla, dove morirono anche i due figli del dott. Micheletti. Malgrado questo drammatico lutto ed il dolore per la perdita in questa strage dei suoi due figli, Carlo di 6 e Renzo di 9 anni, il medico non abbandonò la sua opera nell’ospedale di Pola, continuando a prestare le sue cure ai feriti fino al termine dell’emergenza. Per questo suo gesto di umana pietà ed elevata etica professionale, a 10 giorni da questi drammatici fatti il Consiglio comunale di Pola gli conferì la medaglia di benemerenza mentre, il 2 ottobre del 1987, lo Stato italiano lo ha insignito della medaglia d’argento al valor civile. red. Un momento della cerimonia di inaugurazione. Si distinguono il sindaco, Maria Luisa Teso, e la signora Licia Cossetto. A destra della foto, con il microfono, il consigliere nazionale ANVGD Coriolano Fagarazzi Pola, spiaggia di Vergarolla: un particolare della sede del circolo nautico “Pietas Julia”, il cui crollo a seguito dell’esplosione causò diverse vittime 10 DIFESA ADRIATICA Ottobre 2008 dai comitati Nel 92.mo anniversario della morte Ricordato il sacrificio di Nazario Sauro Trieste. Commemorato il 10 agosto il 92.mo anniversario dalla morte di Nazario Sauro, con una cerimonia che ha preso l’avvio dal Parco della Rimembranza dove, come ogni anno, il Comitato per le onoranze ha deposto un mazzo di fiori sul cippo dedicato a Sauro. Nel pomeriggio, dopo una celebrazione religiosa, è partito il corteo delle autorità civili che, attraversando Piazza Unità, è giunto alle Rive e al bacino San Giusto, dove, via mare, sono approdati i natanti del Circolo Marina Mercantile “Nazario Sauro” e del Circolo Canottieri “Saturnia” di Trieste che hanno recato corone d’alloro. Alle 19.45, nel Piazzale Marinai d’Italia, presenti il Gonfalone della Provincia di Trieste e il Gonfalone del Comune di Trieste, è stata deposta una corona d’alloro al monumento eretto in memoria dell’eroe istriano. Al termine della cerimonia il presidente del Comitato per le onoranze, Renzo Codarin, ha pronunciato un indirizzo di saluto. L’intera cerimonia è stata accompagnata dalla Banda dell’ANVGD di Trieste. «La manifestazione – ha detto tra l’altro Codarin – riveste oggi una particolare importanza, perché ci dà l’opportunità di inserire questa data in un generale processo di ricordo e di valorizzazione di tutti gli irredenti che hanno fondato la nostra storia». Quest’anno ricorrono, infatti, i 90 anni dalla fine della Prima guerra mondiale, durante la quale «gli italiani della Venezia Giulia e Dalmazia che combatterono con l’Italia – ha ricordato ancora il presidente del Comitato onoranze – furono 2.107, tra i quali si contarono 302 morti, 332 feriti e 12 medaglie d’oro». «Un’altra data fondamentale dunque, che contribuisce a rafforzare il senso di questa cerimonia in onore di Nazario Sauro. Nel 2011 saranno passati 150 anni dall’Unità d’Italia e sono previste importanti celebrazioni a livello nazionale volute dal presidente della Repubblica Ciampi. Noi Federazione degli Esuli ci stiamo impegnando perché in quest’occasione sia ricordata la partecipazione e il contributo degli italiani dellaVenezia Giulia e della Dalmazia alla costruzione dell’Italia» ha concluso Codarin, che ha voluto ricordare i nomi dei patrioti rappresentati simbolicamente dalle medaglie d’oro: sottotenente Guido Brunner, nato a Trieste; tenente Guido Corsi, nato a Trieste; sottotenente Fabio Filzi, nato a Pisino; generale Ugo Pizzarello, di famiglia di irredentisti NAZARIO SAURO A NOVANT’ANNI DAL COMPIMENTO DELL’UNITÀ ITALIANA Quest’anno l’anniversario del sacrificio di Nazario Sauro coincide con i novant’anni dalla fine della Grande Guerra del 1915-1918, che portò non solo Trieste e Gorizia, ma tutta la Venezia Giulia di allora a far parte, con legittimi trattati internazionali, dello Stato italiano nato dal moto risorgimentale dell’Ottocento. Uno Stato che all’epoca – è bene ricordarlo - era a pieno titolo uno Stato liberale. Fu la stessa guerra del resto che diede l’indipendenza politica alle nazioni dell’Europa centrale. Un processo che si è protratto addirittura fino agli anni Novanta del secolo appena passato, quando i popoli della ex Iugoslavia maturarono la volontà di costituire Stati sovrani. Per tutti gli italiani la vicina piazza dell’Unità è un simbolo dell’unità na- zionale. Perché fu il 3 novembre del 1918 sulla riva del capoluogo giuliano che gli italiani ritennero compiuto il lungo percorso del nostro Risorgimento. In quegli stessi giorni il Tricolore, atteso da decenni (“con trepidazione” si diceva nel linguaggio di allora), veniva innalzato dai cittadini sui pennoni e alle finestre di Pirano, di Capodistria, di Pisino, di Pola, di Parenzo, di Zara, di Lussino, di Fiume. Ovunque la maggioranza italiana della popolazione era politicamente in grado di esprimere con i suoi consigli comunali, eletti ancora sotto l’Austria, i propri sentimenti di attaccamento alla causa nazionale e il proprio entusiasmo di vedere esaudite le sue attese e premiati i suoi sacrifici. È un dovere quindi dello Stato ita- capodistriani; sottotenente Ugo Polonio, nato a Trieste; bersagliere Francesco Rismondo, nato a Spalato; tenente di vascello Nazario Sauro, nato a Capodistria; tenente Guido Slataper, nato a Trieste; sottotenente Carlo Stuparich, nato a Trieste; il fratello di questi, sottotenente Giani Stuparich, nato anch’egli a Trieste, entrambi di origine lussignana; maggiore Giacomo Venezian, nato a Trieste; sottotenente Spiro Tipaldo Xidias, nato a Trieste. Sauro, ricordiamo, fu un ufficiale della Marina militare. Nato a Capodistria nel 1880 venne giustiziato a Pola nel 1916. Al principio della Prima guerra mondiale si arruolò volontario in Italia, disertando le file austriache. Grazie all’ottima conoscenza delle coste istriane e dalmate, il 30 luglio 1916, a bordo del sommergibile “Pullino” puntò verso il porto, allora austriaco, di Pola. Incagliatosi, per avverse condizioni del mare, sull’isolotto della Gagliola, nel Golfo del Quarnero. fu fatto prigioniero dagli austriaci con tutto l’equipaggio. Riconosciuto disertore, fu processato dalla corte marziale e condannato a morte per impiccagione, nonostante l’eroico contegno della madre e della sorella che messe a confronto con lui, dichiararono di non conoscerlo. Il 10 agosto 1916, a Pola, fu eseguita la condanna. d.a. liano ricordare anche il contributo che a questo processo di unificazione hanno portato regioni che successivamente le vicende della storia hanno distaccato dal territorio nazionale, come l’Istria, Fiume e la Dalmazia, che in questa Piazza dell’Unità si riconoscono come in un simbolo carico di emozioni e di ideali collettivi. Nel celebrare quindi un evento che tende a rinsaldare l’identità italiana non è pensabile escludere regioni e luoghi che fanno parte della memoria della Nazione, come hanno più volte dichiarato ufficialmente i Presidenti della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi e Giorgio Napolitano, anche se oggi questi luoghi non fanno più parte del territorio dello Stato, dal momento che al di là di quel confine politico – che l’Italia democratica riconosce senza riserve – si sono svolti avvenimenti e sono vissute persone che della storia della Nazione fanno parte. Tanto più che oggi quel confine politico si sta impallidendo fino a scomparire. Due momenti della cerimonia in onore di Sauro. Nella prima foto, le rappresentanze delle associazioni degli Esuli e d’arma si schierano sulla Riva. Nella seconda, la testa del corteo, guidato dal presidente del Comitato per le onoranze, Renzo Codarin (foto www.arcipelagoadriatico.it) Lo stesso movimento irredentista – cui Sauro apparteneva – viene ancora descritto in termini ambigui, del tutto lontani dallo spirito e dalla cultura di questa nostra regione plurale. La difesa del carattere italiano delle città, dei borghi e delle campagne che tali erano, costituiva la molla etica di questo movimento, che conservò sempre un’aspirazione trans-nazionale ereditata dal pensiero mazziniano e cattolico-liberale, mantenendo contatti culturali e politici con tutte quelle che venivano considerate le “nazionalità oppresse” della Duplice Monarchia, comprese le nazionalità slovena, croata e serba, con le quali si condivideva lo stesso territorio. Significativo ad esempio fu nelle province irredente il fenomeno del volontarismo garibaldino. Triestini, istriani, dalmati e fiumani parteciparono alle spedizioni garibaldine in Grecia nelle guerre per la liberazione di territori ancora soggetti all’Impero ottomano, distinguendosi più volte, come a Domokòs nel 1891. Alla luce di tali premesse risulta naturale nel 1915 la partecipazione degli irredentisti giuliano-dalmati al movimento interventista, che poteva contare su qualificati ambienti intellettuali italiani (come il gruppo fiorentino de “La Voce”), sui ceti popolari di orientamento repubblicano, radicale e anarchico, oltre che su ambienti economici influenti, ma anche su ambienti cattolici liberali, come ad esempio Luigi Sturzo. Migliaia furono i “volontari irredenti” nella marina e nell’esercito italiano con un alto tributo di eroismo e di sangue. Alcuni di essi sono rimasti nell’immaginario collettivo. E tra loro vicino al socialista trentino Cesare Battisti, ai triestini Scipio Slataper e Spiridione Xidias, agli istriani Fabio Filzi, Giani e Carlo Stuparich, e al dalmata Francesco Rismondo c’è anche il Nazario Sauro che oggi onoriamo. Lucio Toth Dalla Associazione culturale istriani, fiumani e dalmati di Torino ci perviene questa fotografia che ritrae, il 1° maggio 2008, i molti convenuti alla celebrazione della festività di San Giuliano, Patrono di Valle d’Istria, nella Chiesa Sacra Famiglia di Nazareth al Quartiere Vallette. In tutto erano presenti circa 350 persone, mentre al successivo convivio in quel di Venaria, 150. L’ultimo incontro dei Vallesi a Torino per S. Giuliano si era svolto nel 1995. Con la celebrazione 2008 i Vallesi hanno inaugurato il nuovo Labaro, affiancato da quelli dell’Associazione Nazionale Bersaglieri e dei Granatieri de Sardegna Ottobre 2008 11 DIFESA ADRIATICA La strana memoria slovena L’intervento di Renzo Codarin La Slovenia ha deciso di uscire dal semestre europeo con una dichiarazione d’intenti che, come è stato osservato, non può essere fatta passare sotto silenzio e che ci costringe ad una considerazione che si pensava di non dover più fare. Ancora una volta ad essere messa sotto tiro è la storia che certamente non serve sia “condivisa”, ma serve sia rispettosa delle memorie. Nel documento redatto al termine del mandato di presidenza UE appena trascorso, (gennaio 2008-giugno 2008) il governo sloveno, sul proprio sito ufficiale, ha pubblicato una minuziosa relazione su quanto svolto durante questo periodo. Un capitolo a parte è stato riservato anche al Comitato delle regioni dove in calce si trova una breve sinossi storica della Slovenia. Ed è qui che tocca sottolineare due macroscopici e consapevoli errori: quando si arriva al 1918, alla fine della Prima guerra mondiale, nel sito si legge: «Fine della Prima guerra mondiale. A seguito della dissoluzione dell’impero austro-ungarico il territorio etnico della Slovenia è diviso tra l’Austria, l’Italia, l’Ungheria e il Regno dei serbi, croati e sloveni». Anche se cronologicamente ed istituzionalmente non è possibile eccepire nulla, emerge una connotazione etnica del caso che il governo sloveno vuole evidenziare. Segue l’interpretazione falsa nella sua evidenza riferita al 15 settembre del 1947. Scrive il sito dell’esecutivo di Lubiana: «La maggior parte della regione costiera del Litorale viene riunificata alla Slovenia a seguito del Trattato di pace di Parigi». Ora, la Slovenia, nel 1947, era una repubblica della Jugoslavia e non aveva una sua indipendenza istituzionale internazionale; i territori del Litorale, come è noto, divennero jugoslavi nell’ambito della Repubblica di Slovenia solo nel 1975 dopo la firma del Trattato di Osimo. Prima c’era la cosiddetta Zona B sotto amministrazione jugoslava che qui viene saltata in un sol passo. Il riferimento etnico non può risultare indifferente quando si vuole dimenticare che in questi territori plurali c’era anche un altro popolo, quello degli italiani che per tanti secoli ne hanno fatto parte integrante e in certe zone, come appunto a Capodistria, Isola e Pirano, erano la stragrande maggioranza anche nei censimenti fatti dall’Austria e sicuramente fino al 1954, quando ci fu l’Esodo di massa da quelle località. In questo contesto sorge il dubbio che si voglia mettere in discussione, o rimuovere completamente, realtà di fatto come l’esodo e le foibe: infatti se tale costa istriana diventa «territorio etnico sloveno» come recita il Documento, gli italiani di quei luoghi risultano “occupanti” o “immigrati”, per cui anche la storia dei soprusi e delle violenze (foibe e esodo) assume un’altra luce e giustificazione. In poche parole, non è “gradevole” che ci si dimentichi della presenza degli altri, ma è inquietante che lo si faccia anche quando la storia riporti ad una presenza maggioritaria autoctona, come è il caso di quel litorale istriano e lo ha recentemente ben scritto sulle pagine del quotidiano “Il Piccolo” Paolo Segatti «[...] sconcerta che un governo di un paese dell’Unione faccia finta di dimenticare i complessi passaggi giuridici che hanno governato il trasferimento di sovranità dall’Italia alla Jugoslavia di Capodistria, Pirano e Isola. È un modo di fare storia nazionale come dire, un po’ spiccio, alla sovietica. Poi, a ben vedere, nel 1947 “la gran parte del litorale” non venne affatto “ri-unificata alla Slovenia”, perché prima della seconda guerra mondiale la Slovenia non era un ente dotato di suoi confini politici o amministrativi, né lo era prima della prima guerra mondiale. La frase ha senso se chi l’ha scritta per Slovenia intendeva dire territorio etnicamente sloveno». Più avanti nello stesso quotidiano un’altra riflessione viene da Mauro Manzin, che sullo stesso tema scrive: «Non bisogna dimenticare che proprio per evitare questi ”scivoloni” fu istituita una Commissione mista di storici italo-sloveni che dopo anni di tormentato lavoro riuscì – come dice Manzin – a partorire una dichiarazione comune su una storia condivisa di queste regioni. E in quel documento errori di questo genere certo non ci sono. Non dimentichiamo che la Slovenia, nonostante il periodo estivo, è già in piena campagna elettorale (le elezioni politiche si terranno il prossimo 21 settembre) e che il governo di centrodestra viene dato sconfitto dagli ultimi sondaggi dalla coalizione di centrosinistra guidata dal giovane e intraprendente leader Borut Pahor. Ma da qui a manipolare la storia ce ne vuole. Anzi, uno scivolone di questo genere rischia di diventare controproducente non fosse altro per lo scarso “appeal” che crea nelle principali Cancellerie europee di cui proprio la Slovenia è stata a capo per sei mesi». Quindi, dopo un periodo per altri versi fruttuoso all’interno dei tracciati di Bruxelles, la Slovenia lascia il suo La Slovenia inciampa sulla storia Paolo Segatti, firma di punta del “Piccolo” di Trieste, è autore del commento apparso con questo titolo sul quotidiano triestino lo scorso 17 agosto sul difficile rapporto della vicina Repubblica con la storia, la propria e altrui, e con i concreti progetti di integrazione mediterranea. Ne riproduciamo un ampio estratto. Sullo stesso numero è apparsa una nota a firma del giornalista Mauro Manzin. [...] la Slovenia sino ad oggi ha evitato le derive apertamente nazionalistiche che hanno segnato negli anni altri paesi del blocco ex sovietico. La sua classe dirigente si è adeguata velocemente al Brussels consensus, l’insieme di regole formali ed informali, di modi di esprimersi e di comportarsi che definisce una sorta di orizzonte culturale minimo condiviso dai partner europei, almeno di quelli che fanno parte dell’Unione da lunga data. [...] Secondo un recente documento di sintesi delle attività del semestre sloveno che riporta anche un’intervista del primo ministro Jansa, la regionalizzazione della Slovenia è una delle priorità del governo di Lubiana. Ma, appunto, regionalizzazione nel quadro delle politiche di coesione nazionale. Non certo per adeguare l’ordinamento sloveno all’istituzione di Euroregioni che non vengono nemmeno menzionate. La qual cosa meraviglia non poco se si pone a confronto il silenzio sloveno con la quantità di parole che al di qua del confine vengono spese sull’Euroregione. La Slovenia è dunque un buon esempio del complicato rapporto che si è instaurato tra stati sovrani e processo di integrazione europea. [...] Tuttavia i conti non tornano se adottiamo come criterio le aspettative dei padri fondatori per i quali integrazione europea significava anche due altre cose: fare i conti con le memorie divise d’Europa e sradicare dal dibattito pubblico ogni tentazione irredentistica. Un caso recente ci fa capire dove stia il problema con la Slovenia. Nello stesso documento di sintesi del semestre europeo, pubblicato a cura del Comitato e sottoscritto dalla Presidenza slovena, compare un paginetta di presentazione di cosa sia oggi la Slovenia e delle tappe fondamentali della sua storia nazionale. Un dettaglio. Ma i dettagli sono sempre eloquenti. In questo caso il dettaglio è eloquente di come il governo sloveno, non lo storico o l’opinionista tal dei tali, interpreta la storia nazionale. Due sono i punti cruciali. In relazione alla data fatidica del 1918 si dice che in seguito alla dissoluzione dell’Impero Austro-Ungarico, «il territorio etnicamente sloveno è diviso tra Austria, Italia e Regno dei Serbi, Croati e Sloveni». Il tono è descrittivo. Ma colpisce la persistenza del concetto etnografico di territorio etnico. Buono per descrivere gli aggregati umani precedenti la formazione dei moderni stati territoriali. Di dubbia utilità per definire i confini nazionali e statali in territori palesemente plurali. Comunque sono affari del governo sloveno se ritiene utile nel 2008 descrivere ancora la nazione slovena in termini etnografici. Sono affari in parte anche nostri, invece, se alla data del 15 settembre 1947 si dice che «la gran parte della costa adriatica del Litorale viene riunificata alla Slovenia per effetto del Trattato di Pace di Parigi». Sono affari nostri perché evidentemente la nostra memoria di quei giorni è molto diversa. Ma non è questo l’aspetto più grave. Non è una scoperta che in un territorio plurale le memorie possono essere diverse. Anche se a più di sessanta anni dai fatti e all’ombra dell’Europa sarebbe ragionevole attendersi da parte dei nostri vicini una maggiore sensibilità alle buone ragioni degli altri, oltre che alle proprie. Qualcosa di simile a quello che fece l’ottobre scorso l’ex-ministro della difesa Parisi a Caporetto parlando delle conseguenze della prima guerra mondiale. Gli aspetti gravi sono invece i seguenti. Anzittutto sconcerta che un governo di un Paese dell’Unione faccia finta di dimenticare i complessi passaggi giuridici che hanno governato il trasferimento di sovranità dall’Italia alla Jugoslavia di Capodistria, Pirano e Isola. È un modo di fare storia nazionale come dire, un po’ spiccio, alla sovietica. Poi, a ben vedere, nel 1947 «la gran parte del litorale» non venne affatto «ri-unificata alla Slovenia», perché prima della seconda guerra mondiale la Slovenia non era un ente dotato di suoi confini politici o amministrativi, né lo era prima della prima guerra mondiale. La frase ha senso se chi l’ha scritta per Slovenia intendeva dire territorio etnicamente sloveno. Ma in questo modo tra la nozione di territorio etnico sloveno e quella di Slovenia come ente politico-amministrativo si instaura una confusione semantica, che ha una preoccupante valenza politica. Perché i confini dello spazio etnico sloveno sembrano venire interpretati come una costante nei flussi e riflussi della storia, mentre i confini dello stato sloveno come una scranno facendo percepire un clima non positivo, che stride con quanto fino a qui è stato costruito proprio da chi l’Unione europea l’ha voluta e ha contribuito a mantenerla salda nei suoi principi fondatori di pacificazione e di rispetto delle tante memorie che la compongono. Al riguardo una nota è inviata dal- la Federazione degli esuli istriani, fiumani e dalmati al Ministro degli Esteri Franco Frattini per richiamare la sua attenzione su alcuni passaggi particolarmente scorretti del documento sloveno stesso. Renzo Codarin Presidente della Federazione delle Associazioni Sul documento sloveno la mozione Grizon alla Provincia di Trieste Claudio Grizon, consigliere della Provincia di Trieste e consigliere nazionale Anvgd, ha presentato il 26 agosto, alla Provincia di Trieste, la seguente mozione in favore della proteste sollevate dalla FederEsuli contro la distorsione storica fornita recentemente dal governo sloveno. Ecco il testo della mozione. Oggetto: Mozione in merito alla protesta della Federazione delle Associazioni degli Esuli Istriani Fiumani e Dalmati sul documento pubblicato dal Governo sloveno a conclusione del suo turno di presidenza UE. Il Consiglio Provinciale Vista la ferma protesta della Federazione delle Associazioni degli Esuli Istriani, Fiumani e Dalmati e dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia per il documento pubblicato dal Governo della Repubblica di Slovenia a conclusione del suo turno di presidenza UE; Considerato che nel documento, sottoscritto dalla Presidenza slovena, è infatti inclusa una sintesi della storia della vicina Repubblica i cui contenuti sono discutibili storicamente e giuridicamente, anche alla luce dei trattati internazionali; Evidenziato che in essa la complessa evoluzione storica dei territori orientali e l’autoctonia della importante presenza italiana nelle aree cedute alla ex Jugoslavia in base al trattato di pace del 10 febbraio 1947, sono ampiamente sottaciute o rivedute in base a criteri etnocentrici che non corrispondono alla reale configurazione storica, culturale e linguistica di quei territori; Preso atto che la Federazione delle Associazioni degli Esuli Istriani Fiumani e Dalmati ha rimarcato con una lettera inviata al ministro degli Esteri Franco Frattini, la reticenza e la distorsione sostanziali ed evidenti del documento ufficiale di Lubiana, invitando il titolare del nostro Dicastero ad esprimere al Governo di Slovenia la forte contrarietà dell’Italia alle manipolazioni operate su temi così delicati; Richiamato il testo della lettera indirizzata al Ministro; Considerato opportuno che la Provincia di Trieste sostenga le ragioni rappresentate dalla Federazione che da voce e alla grande Comunità istriana, giuliana, fiumana e dalmata diffusa in tutta Italia ma in particolare sul territorio della provincia di Trieste; Impegna la Presidente della Provincia ad inviare al Ministro degli Esteri Franco Frattini una lettera di adesione e sostegno alle motivazioni portate dalla Federazione delle Associazioni degli Esuli Istriani Fiumani e Dalmati e richiamate in premessa, chiedendo che le rappresenti al Governo Sloveno anche a nome della comunità istriana di Trieste. Trieste, 26 agosto 2008 Claudio Grizon Consigliere della Provincia di Trieste Capo Gruppo di Forza Italia variabile. Questi ultimi possono venire addirittura rimossi come accadde pochi mesi fa. Mentre i primi rimangono ben presenti nelle aspirazioni della classe dirigente slovena. E allora se si parla , come il testo del governo parla, di «gran parte» è ovvia una domanda. Quali aree del Litorale non vennero ri-unificate alla Slovenia nel 1947? Cosa manca per il governo sloveno? Ognuno può sbizzarrirsi a rispondere secondo il livello di malizia di cui è vittima. Rimane il fatto che questo modo di presentare la propria storia nazionale da parte del governo sloveno non è esattamente quello che auspicavano i padri fondatori dell’integrazione europea. Forse i loro erano poco più di sogni. Ma sogni che hanno suggerito cosa fare e non fare per superare i conflitti nazionali e le loro premesse culturali. Se è questo l’obiettivo, essere i primi della classe a Bruxelles temo non sia sufficiente. Paolo Segatti (“Il Piccolo”, 17 agosto 2008) Periodico mensile dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia Centro studi padre Flaminio Rocchi DIRETTORE RESPONSABILE Abbonamenti: Patrizia C. Hansen Annuo 30 euro Socio Sostenitore 50 euro Editrice: Solidarietà a piacere ASSOCIAZIONE NAZIONALE Estero 40 euro VENEZIA GIULIA E DALMAZIA (non assegni stranieri) Via Leopoldo Serra, 32 Una copia 1 euro - Arretrati 2 euro 00153 Roma - 06.5816852 C/c postale n° 32888000 Intestato a “Difesa Adriatica” Con il contributo della legge 72/2001 Redazione e amministrazione Via Leopoldo Serra, 32 00153 Roma - 06.5894900 Fax 06.5816852 Grafica e impianti: CATERINI EDITORE (Roma) Servizi Integrati per l’Editoria e la Comunicazione Tel. 06.58332424 Fax 06.97255609 E-mail: [email protected] Autorizzazione del Tribunale di Roma n° 91/94 dell’11 marzo 1994 Spedizione in abbonamento Postale di ROMA Stampa: Beta Tipografica Srl (Roma) Finito di stampare il 30 settembre 2008 12 DIFESA ADRIATICA Dilaga tra i giovani croati l’esaltazione del nazismo e del movimento ustascia È sempre più diffusa tra gli ambienti giovanili croati l’esaltazione degli emblemi nazisti e del movimento ustascia, introdotti anche dal cantante noto colà come Thompson, e, a giudizio di alcuni osservatori, tollerati se non di più da circoli politici e della Chiesa cattolica. L’ordinario militare, il vescovo di Zagabria Juraj Jezerinac, stando alle cronache locali, ha letto alcune righe delle canzoni del Thompson durante la liturgia a Vukovar: quando i giornali ne hanno dato notizia, il vicario ha dichiarato di ignorare chi ne fosse l’autore. Preoccupato per la cattiva immagine diffusa all’estero della Croazia, soprattutto in relazione ai negoziati per l’ingresso nella UE, il premier Ivo Sanader, avrebbe disposto un primo inasprimento degli interventi volti a contenere e contrastare le esibizioni di simboli nazisti. E lo scorso luglio il Tribunale di Zagabria ha condannato uno studente ad una pena di 25 giorni di carcere e al pagamento dell’equivalente di circa 220 euro per aver indossato, nel corso di un “concerto” di quel Thompson, un cappello con lo stemma “U”, simbolo del movimento filonazista ustascia. Accade per la prima volta. Altri, come l’ex ministro degli Esteri al tempo di Tudjman, Zvonimir Separovic, sostengono che eguale pena andrebbe inflitta anche a quanti inneggiano alla stella a cinque punte, simbolo comunista, sotto il quale in Croazia furono uccise centinaia di migliaia di persone. «Questi ragazzi sono il prodotto di una società che dagli anni Novanta è diventata parzialmente ustascia, solo che questo non viene dichiarato pubblicamente e ad alta voce», ha commentato un analista. Alcune settimane addietro, si ricorderà, la Lega calcio croata venne multata con 12.500 euro per il comportamento, ritenuto xenofobo e razzista, dei suoi tifosi nel corso dei recenti campionati europei. Deceduto l’ex comandante di Jasenovac L’ex comandante del campo di concentramento ustascia di Jasenovac, Dinko Sakic, è morto lo scorso luglio a Zagabria. Aveva 87 anni. Estradato nel 1998 dall’Argentina, dove si era rifugiato dopo la fine della seconda guerra mondiale, nel 1999, sottoposto in Croazia a processo, era stato condannato a 20 anni di prigione per crimini di guerra contro la popolazione civile. Dal mese di maggio alla fine di ottobre del 1944 Sakic avrebbe ordinato e partecipato attivamente alle torture e alle uccisioni degli internati a Jasenovac. Inoltre, avrebbe personalmente ucciso a colpi di pistola quattro persone e ordinato l’impiccagione di altri 22 internati. La cornice nella quale si sono svolti a Zagabria i funerali di Sakic è stata stigmatizzata dall’ambasciatore israeliano in Croazia Shmuel Meirom con un comunicato ripreso dall’agenzia di stampa statale Hina, e da Efraim Zuroff, direttore del Centro Simon Wiesenthal di Gerusalemme, che ha espresso la sua amarezza al presidente croato Stjepan Mesic. «Allo stesso tempo – ha detto tra l’altro l’ambasciatore Meirom – condanno fermamente le parole inappropriate pronunciate dal sacerdote che ha celebrato il funerale, che ha definito Sakic un modello per tutti i croati». Infatti, secondo quanto riportato dal quotidiano “Vecernji List”, il defunto è stato indicato dall’officiante «una persona di cui i croati devono essere orgogliosi». red. Le opere d’arte istriane non furono «trafugate» e non vanno «restituite» Il comunicato stampa della FederEsuli sulle esternazioni del ministro degli Esteri sloveno Rupel Sorprende nuovamente la dichiarazione del ministro degli Esteri di Slovenia Rupel secondo il quale le opere d’arte istriane, già conservate in chiese e musei di un territorio allora italiano per diritto internazionale, vennero «trafugate» e dovrebbero pertanto venire restituite alla Repubblica slovena. Si protrae un equivoco storico e morale, che vorrebbe l’Italia illegittima proprietaria e la Slovenia defraudata, quando – come ripetutamente ricordato da questa Federazione e dagli organi di informazione – le opere in oggetto vennero poste in salvo nel 1940 dalle autorità italiane competenti al fine di preservarle dagli eventi bellici, e trasferite a Roma in locali protetti di Palazzo Venezia in un contesto di piena legittimità operativa. Nel 2002 il Ministero per i Beni e le Attività Culturali volle restituire al pubblico, dopo accurati restauri, i quadri e i manufatti, che vennero esposti a Roma in una grande mostra nella sede del Museo di Palazzo Venezia, curata dallo stesso Ministero, e successivamente, nel 2005, a Trieste nel Museo Revoltella, sotto l’alto patronato del Presidente della Repubblica, in collaborazione con la Soprintendenza per i Beni Architettonici e Artistici del Friuli Venezia Giulia, il Comune di Trieste e l’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia. La produzione artistica del Tre, Quattro e Cinquecento in Istria è frutto e testimonia il plurisecolare, fecondo tessuto di costanti relazioni tra la sponda orientale ed occidentale dell’Adriatico, auspice Venezia: l’Istria e la Dalmazia si inseriscono in quei secoli nel comune linguaggio artistico e figurativo dettato e diffuso dalla Serenissima. Parlare ancora di «trafugamento» e di «restituzione» non ha alcun fondamento storico e giuridico. Le opere sono di inequivocabile pertinenza dello Stato italiano, nel cui territorio erano all’epoca collocate e che sottopose a conservazione cautelativa secondo le norme della legislazione italiana. Alterare i termini di una questione non è prova di sincera volontà di collaborazione tra Paesi membri dell’Unione Europea. La Federazione delle Associazioni rimarca ancora una volta il principio dell’appartenenza all’Italia di quelle opere ed invita i Dicasteri competenti a ribadirlo con chiarezza. Trieste-Roma, 9 settembre 2008 Il Presidente Renzo Codarin Il Vicepresidente Lucio Toth Di Benedetto Carpaccio (doc. 1530-1560), figlio di Vittore, la Madonna col Bambino tra i santi Lucia e Giorgio Ottobre 2008 Incontro FederEsuli – Ministero dell’Interno al Viminale temi, anagrafe e cittadinanza Una delegazione della Federazione delle Associazioni degli Esuli Istriani Fiumani e Dalmati ha incontrato a Roma, il 9 settembre, i vertici del Ministero dell’Interno al Viminale. La riunione, nell’ambito del Tavolo di trattative Governo-Esuli, ha toccato le problematiche ancora irrisolte in ambito di Cittadinanza e Anagrafe. Dopo un approfondimento dei temi trattati e data la reciproca stima e comprensione instauratesi, si è convenuto di creare un gruppo di lavoro misto che prosegua il cammino verso una soluzione a breve in entrambi i fronti. Sia la delegazione della FederEsuli che quella del Ministero hanno anche convenuto che un dialogo costruttivo è l’unica strada percorribile per portare concretamente a compimento il faticoso lavoro in difesa dei diritti degli Esuli e più in generale dell’identità italiana nell’Adriatico orientale. All’incontro erano presenti ilVicepresidente della FederEsuli Lucio Toth, Elio Ricciardi per i Dalmati nel Mondo e il Segretario nazionale ANVGD Fabio Rocchi. Roma, ministero dell’Interno, affrontate nel corso dell’incontro tra i vertici del Viminale e la FederEsuli le questioni della corretta registrazione dei luoghi di nascita e della cittadinanza Intitolato ad Alida Valli il nuovo cinema di Pola nonostante le polemiche degli ambienti nazionalistici croati Nella cornice della 55.esima edizione del sarà breve…», e che «probabilmente, l’autore Festival filmico è stato inaugurato a Pola il nuo- delle scritte anti-croate apparsi a Parenzo, sarà vo Cinema Valli, ricavato dall’adattamento della scovato solo dopo che la polizia avrà individuato il promotore del cambiamento del nome del preesistente sala cinematografica «Zagreb». Una scelta, quella di ricordare la grande at- cinema “Zagreb” in “Valli”». Di più, Marino Roce ha poi precisato in puro trice polesana, che ovviamente aveva sollevato diverse contestazioni negli ambienti della cosid- stile totalitario che su «Alida Valli il partito tornedetta maggioranza, in particolare da parte rà quando sarà il momento opportuno, ossia quando si disporrà di cognizioni precise e docudell’HDZ, il partito del primo ministro Sanader. Alla cerimonia di inaugurazione era presen- mentate», come ai bei tempi di Tito e di Stalin. E te il figlio dell’attrice italiana, Carlo De Mejo, come la scelta del nome del cinema, lo ha irritato grandemente il veto che con commozione istriano al concerto di ha voluto ricordare Thompson per la sua come «la mamma mi ispirazione razzista e parlava spesso di Pola filo-ustascia e finanche cercando di trasmettele manifestazioni previre sia a me che a mio ste in omaggio alle vitfiglio Pier Paolo lo spiritime diVergarolla, ricorto e l’anima della città. renze alle quali, a dire Ci ricordava modi di di Roce, «si presentano dire nel dialetto istropuntualmente esponenveneto e posso dire dire ti della destra italiana di aver recepito tramite irredentista, dalle cui le sue parole il sentiposizioni nessuna delmento di polesanità che le autorità polesi prenda oggi in poi sarà sicude le distanze». Tal ramente più forte». Lovorka Tomicic, della All’inaugurazione è sezione polese del parintervenuto anche l’on tito fondato da Furio Radin, presidente Tudjman, condanna a dell’Unione Italiana. «È sua volta l’atteggiamenimportante che l’unico to di apertura di Damir cinema che noi abbiaKajin, vice presidente mo a Pola porti il nome della Dieta Democratidi Alida Valli che è l’atca Istriana, il quale, a trice più grande nata La locandina del film Senso di Luchino dire dellaTomicic, «prenella nostra città. Noi ne Visconti, protagonista Alida Valli tende di essere il palaandiamo fieri al di là dino dei valori civili delle polemiche senza mentre invece agisce contrariamente a quegli senso legate alla denominazione della sala». stessi valori» per aver vietato l’esibizione di Thompson in terra istriana. Le ire dei nazionalisti croati: «sulla Valli l’HDZ tornerà al momento opportuno» La replica di Furio Radin: «Abbinamento Ma l’iniziativa ha suscitato naturalmente, priinopportuno tra graffiti e cinema Valli» ma e a posteriori, le ire degli esponenti dell’HDZ, Sulle polemiche è intervenuto il deputato il partito nazionalista croato. Il segretario regionale dell’HDZ, Marino Roce, ha accusato i pro- della Comunità nazionale italiana al Sabor, Furio motori di aver voluto sostituire il nome dell’ex Radin, secondo cui gli esponenti dell’HDZ in recinema “Zagreb”, diventato appunto “Valli”, sen- altà non sono interessati a risalire agli autori dei za un preventivo dibattito; e con un accostamento graffiti inneggianti al fascismo, apparsi questa a dir poco surreale Roce ha affermato che l’inse- estate a Parenzo: «il loro abbinamento opportugna “Kino Valli” sarebbe stata il «primo graffito nistico al nome dato a una sala cinematografica, ispiratore, seguito a distanza di tempo da quelli indicano che Roce non desidera identificarne gli di Parenzo» riferendosi alle scritte neofasciste autori». Radin ha soggiunto che in questo modo apparse su alcuni muri della cittadina istriana, si crea confusione tra coloro i quali sanno che le per concludere, altrettanto surreale, che «se si autorità di Zagabria sono fortemente decise a fare rintraccia l’autore di quel primo graffito all’in- luce sull’accaduto. gresso della sala cinematografica, la strada che p. c. h. porterà ai responsabili delle scritture di Parenzo Ottobre 2008 La rubrica di rassegna stampa consta di due pagine, dato l’elevato numero di articoli apparsi nei mesi di luglio e agosto. Ne proponiamo qui una scelta inevitabilmente limitata, rinviando al sito www.anvgd.it la lettura integrale di tutti gli interventi apparsi sulla stampa nazionale e non sui temi di nostro interesse. Regione Friuli Venezia Giulia 10 luglio 2008 Trieste recupera il Silos che fu campo profughi Su proposta dell’assessore alla Pianificazione territoriale e alla mobilità, Riccardo Riccardi, la Giunta regionale ha approvato la stipula di un accordo di programma con il Comune di Trieste per il recupero del complesso edilizio ‘ex Silos’ in piazza Libertà a Trieste e la conseguente riqualificazione urbana dell’area e dei servizi circostanti. Le decisione deriva dal riconosciuto ‘rilevante interesse regionale’ della proposta del Comune di Trieste per il recupero dell’ex Silos e dell’area di pertinenza. ‘Infatti - dice ancora l’esponente regionale - il progetto complessivo prevede non solo la riqualificazione dell’area urbana tra il porto vecchio, la stazione ferroviaria e Piazza Libertà con conseguente revisione della mobilità pedonale e veicolare, ma anche la razionalizzazione del trasporto pubblico regionale e locale, che consenta di sviluppare e integrare i collegamenti fra i diversi sistemi di persone prevedente un nuovo deposito delle autocorriere nonché la rilocalizzazione del sistema partenze-arrivi e la creazione di un nuovo punto di attesa e biglietteria; nonché la realizzazione di una ‘Sala polifunzionale’ per una capienza di 900 persone e 220 posti macchina di pertinenza’. 13 DIFESA ADRIATICA RASSEGNA “La Voce del Popolo” 12 luglio 2008 Italiani in Dalmazia rinati come l’«araba fenice» Il confine è un luogo saliente della storia europea del Novecento, è un fattore che ha determinato situazioni complesse di incompatibilità e conflitti etnici che hanno complicato la vita europea degli ultimi secoli e decenni. ll recente convegno di Bologna [Il confine italiano nel Novecento. Metodi e ricerche storiografiche, 5 giugno 2008, ndr ] incentrato sul confine orientale d’Italia è stato un’importante occasione per mettere a fuoco una realtà complessa dove spesso e volentieri vi è stata interazione e a volte commistione tra dati storiografici e reazioni emotive. Il convegno ha inteso sviluppare l’analisi storica, ma anche un ragionamento critico di tipo storiografico sia in ambito locale ma anche più ampiamente in campo europeo. Anche se geograficamente lontana dall’attuale confine orientale terrestre italiano, la Dalmazia, in un’ottica di vasto respiro come quella che ha permeato il convegno bolognese, non poteva non trovarsi pure al centro dell’attenzione, alla pari delle realtà dell’Alto Adriatico. I parallelismi storici tra le diverse aree adriatiche sono, infatti, evidenti e le vicende che hanno caratterizzato la fascia frontaliera più a nord hanno avuto riflessi fortissimi sulla sorte degli italiani di Dalmazia. E se c’è qualcuno che ha pagato più di tutti per gli sconvolgimenti nazionali dell’Ottocento e del Novecento, questa è stata sicuramente l’italianità dalmata. Bene azzeccato appare, quindi, il titolo dell’intervento del prof. Luciano Monzali che ha parlato, per l’appunto, della «Fenice che risorge dalle ceneri, ovvero gli Italiani di Dalmazia». Lo studioso, autore di volumi che hanno fornito una interpretazione estremamente moderna delle vicende dalmate, anche questa volta si è concentrato sulla storia recente, scomoda dal punto di vista storico-scientifico perché va ad indagare su realtà ancora inesplorate, difficili da scindere dalla forte carica emotiva che le accompagnano. Viste le premesse, ha sottolineato Monzali, non c’era la possibilità in Dalmazia di sopravvivenza di realtà pubbliche italiane. Che cosa erano diventano gli italiani rimasti? Italiani sommersi, è stata la conclusione di Monzali. [...] Dario Saftich L’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti grazie al finanziamento della Fondazione culturale Antonio e Ildebrando Tacconi, di Venezia, istituisce un premio per un lavoro originale ed inedito, o edito nel quinquennio 2004-2008, sulla cultura latino-veneto-italica in Dalmazia Sopra: la targa apposta nel 2004 dal Municipio di Trieste in ricordo del transito dei profughi giuliano-dalmati A sinistra: Trieste, una parziale veduta del silos, oggi “La Voce del Popolo” 12 luglio 2008 Venezia: concorso sulla Dalmazia L’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti grazie al finanziamento della Fondazione culturale Antonio e Ildebrando Tacconi, di Venezia, istituisce un premio di 3.000 euro, per un lavoro originale ed inedito, o edito nel quinquennio 2004-2008, sulla cultura latino-veneto-italica in Dalmazia. Il tema indicato si riferisce all’intero arco temporale della romanità ad oggi, ed i lavori possono vertere sia sulla globalità del tema, sia su aspetti particolari o figure significative, inoltre l’argomento può essere trattato sotto il profilo umanistico, quello scientifico o con riferimento a problematiche politiche o sociali. Potranno essere prese in considerazione tesi di laurea o dissertazioni conclusive di dottorato di ricerca; ma anche altri lavori di corrispondente impegno, non necessariamente svolti in ambito universitario. I lavori in concorso, ad ogni modo, dovranno segnalarsi per il rigore scientifico della ricerca, per l’attendibilità delle fonti alle quali fanno riferimento e per lo spessore e la completezza della bibliografi a utilizzata. I lavori dovranno pervenire in 3 copie dattiloscritte o a stampa (l’eventuale documentazione fotografica in una sola copia), entro il 30 gennaio 2009, unitamente alla domanda di ammissione al concorso, in carta semplice a mezzo raccomandata al seguente indirizzo: Segreteria dell’Istitu- to Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, Campo S. Stefano, 2945 – 30124 Venezia. [...] “La Nazione” 14 luglio 2008 A Firenze rinasce Piazza Istria Sarà inaugurata martedì 15 luglio piazza Istria, un’area interamente pedonale a Firenze, un grande tappeto di pietra serena grigia con scansioni in pietra bianca, nuovi arredi, luce soffusa a terra con led luminosi a risparmio energetico e oltre 20 alberi. La pavimentazione della piazza è sopraelevata rispetto al marciapiede, in modo da dare risalto allo spazio. Sul lato del loggiato e su quello di fronte, informa una nota, la pietra si ripiega in un bordo rialzato che va a formare una lunga seduta. All’inaugurazione, che avverrà martedì 15 luglio alle 21, sono invitati tutti i cittadini insieme all’assessore alla partecipazione democratica Cristina Bevilacqua e al presidente del quartiere 3 Andrea Ceccarelli. “La Voce del Popolo” 21 luglio 2008 Il progetto Memoria dell’Esodo al Museo Storico di Trento Nell’ambito del progetto di recupero delle voci dei protagonisti della storia del Novecento, il Museo Storico di Trento ha realizzato, in collaborazione con il Comitato trentino dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia e sotto l’egida del Forum Trentino per la Pace, una campagna di ricerca di materiale d’archivio e di interviste ai protagonisti dell’esodo che vide coinvolte, alla fine della seconda guerra mondiale, moltissime famiglie istriane, fiumane e dalmate che giunsero in Trentino tra mille difficoltà ed incertezze. [...] Il Museo ha cominciato ad effettuare interviste videoregistrate nel 1992, all’interno di un quadro metodologico ampio, che aveva visto già da molti anni l’apertura alla storia “dal basso” e alla conservazione di fonti legate alla scrittura popolare, raccolte in un apposito archivio (ASP). [...] La gran parte delle interviste finora fatte (oltre 132) è stata realizzata a partire dal 2000, in un crescendo di interesse scientifico e organizzativo che ha trovato sempre maggiori conferme. [...] Dall’autunno del 2002 il Museo ha cominciato a collaborare attivamente anche con il comitato provinciale dell’Associazione NazionaleVenezia Giulia e Dalmazia, nella cui direzione si è trovata ampia disponibilità nel fornire contatti e suggerimenti. In particolare la ricerca ha indagato due aspetti della memoria: quella del- l’esilio e quella dell’integrazione nelle nuove realtà sociali ed economiche in cui gli esuli vennero a trovarsi. Molte famiglie giunsero in Trentino dall’Istria e dalla Dalmazia, ma il loro arrivo e il loro inserimento non fu mai prima al centro di apposite ricerche. [...] Nella misura in cui una realtà sociale esiste, essa nasce da una percezione reciproca, nel mutuo riflettersi e riconoscersi e quando i riflessi cambiano, o si deformano, le identità si trasformano. Gli esuli non si riconoscono per niente nell’immagine di sé che vedono riflessa: non vengono per rubare il lavoro o le case, non vengono perché vogliono, arrivano perché non possono rimanere in Istria, a Fiume e in Dalmazia. Ancora oggi lamentano il fatto di non essere compresi per quella che è la loro identità originale dalla loro comunità d’adozione [...]. Per tutti questi motivi, questa raccolta di testimonianze realizzata dal Museo di Trento si adatta particolarmente ad una riflessione sulla memoria e sull’uso storiografico delle fonti orali. Il testimone con il linguaggio costruisce i fatti e con la memoria dà senso a questa costruzione. La memoria non è un contenitore, un deposito, tutt’altro. [...] “Gazzetta di Reggio” 26 luglio 2008 Bagnolo (Re): anche un infoibato sulla lapide ai Caduti Da quest’anno sulla lapide del Torrazzo che ricorda i bagnolesi vittime della guerra è stato aggiunto un nome: Licurgo Olivi. Che sarebbe comunque rimasto sconosciuto alla stragrande maggioranza dei bagnolesi di oggi, se non fosse per lo storico locale Walter Bigi, che nella pubblicazione «Olivi Licurgo, vittima della pulizia etnica slava, 1945» ne ha delineato la vicenda umana, assieme al quadro storico nell’ambito del quale si è consumato il tragico destino di questa persona, nata a Bagnolo nel 1897 in una famiglia con numerosi fratelli e sorelle. Licurgo Olivi fu un esponente di primo piano della locale sezione del Partito socialista italiano. Per sfuggire alle minacce e alle violenze delle squadracce fasciste, fu costretto - come altri socialisti e comunisti bagnolesi a lasciare la famiglia ed il paese. Si rifugiò a Gorizia, dove si dedicò dapprima al commercio, poi arrivò ad aprire una piccola officina con una decina di dipendenti. A Gorizia chiamò a lavorare anche un fratello ed un nipote. L’amico e compagno di partito Augusto Bertani, rimasto a Bagnolo, fu ripetutamente percosso dai fascisti locali, e a causa delle percosse morì prematuramente. Dopo l’8 settembre del 1943 Olivi a Gorizia entrò a far parte del Comitato di Liberazione Nazionale, come rappresentante dei socialisti, e continua a pagina 14 Il Museo Storico di Trento ha realizzato, in collaborazione con il Comitato trentino dell’ANVGD e sotto l’egida del Forum Trentino per la Pace, una campagna di ricerca di materiale d’archivio e di interviste ai protagonisti dell’esodo. Nella foto, l’entrata dell’archibiblioteca del Museo 14 DIFESA ADRIATICA segue da pagina 13 partecipò ai combattimenti per la liberazione della città dai nazifascisti. Ma dopo la liberazione dai tedeschi, Gorizia fu invasa dalle formazioni jugoslave comandate da Tito. Che diedero il via ad una spietata pulizia etnica: migliaia di italiani sparirono nel campi di concentramento e nelle foibe carsiche, mentre decine di miglia di uomini, donne e bambini furono costretti ad abbandonare tutto e a rifugiarsi in Italia. Licurgo Olivi fu fra gli scomparsi: arrestato il 5 maggio del 1945, di lui non si ebbe più alcuna notizia. Nel testamento ha disposto l’istituzione di un lascito a suo nome a favore delle persone più disagiate di Bagnolo, del suo paese d’origine. Vittorio Ariosi “Il Gazzettino” 2 agosto 2008 Festival in ricordo del fiumano Dino Ciani Le interpretazioni di Dino Ciani, artista fiumano morto drammaticamente nel 1974 in un incidente stradale, rappresentano un caposaldo della storia pianistica, non solo italiana, del XX secolo. Alla sua morte, gli amici più cari (tra cui Pollini, Abbado, Strehler,Visconti e Grassi) diedero vita all’Associazione Ciani e ad un concorso omonimo che ha laureato fino al 1999 molti dei talenti pianistici tuttora in carriera. La ristrutturazione del Teatro alla Scala privò il concorso della propria sede elettiva, interrompendone l’attività. In seguito alla morte del fratello di Dino, Sergio, l’associazione Ciani e la famiglia del pianista, legatissima a Cortina (qui infatti entrambi i fratelli sono sepolti) hanno deciso di proseguire la propria attività culturale nella perla delle Dolomiti, all’interno di un festival musicale internazionale dedicato alla memoria dell’interprete prematuramente scomparso. Dopo lo straordinario successo ottenuto nel 2007 con i concerti di Martha Argerich e del duo BrunelloLucchesini, il festival trova quest’anno la propria definitiva consacrazione con una serie di diciannove appuntamenti ideati dal direttore artistico Jeffrey Swann, primo vincitore del Concorso Ciani. [...] La vedova del fratello di Ciani, Hedy, e la nipote, Caterina, sono i motori instancabili del festival, a cui danno il proprio contributo non solo i numerosi amici del celebre pianista, ma anche il comune di Cortina, il Casinò di Venezia e la ditta di pianoforti Fazioli. Letizia Michielon “Il Piccolo” 7 agosto 2008 Jovanka Broz e il viale del tramonto E la moglie dell’ex presidente jugoslavo? Per lei la Storia ha riservato un destino crudele. Nessuna «Jovankanostalgia» sembra poterla riabilitare. Vive, o meglio, sopravvive tra le macerie della storia. Sola e abbandonata, dagli uomini e dal mondo. Jovanka Budisavljevic-Broz, la vedova del defunto maresciallo Tito non ce la fa più. «Mi trovo veramente in una situazione difficile - ha raccontato non ho il riscaldamento, l’impianto elettrico si è guastato e l’acqua filtra dal tetto». Invero la casa sulla collina di Dedinje al 75 di boulevard Mira, il rione dei vip di Belgrado, che le è stata temporaneamente assegnata dal governo jugoslavo non ha un brutto aspetto vista dal di fuori. Ma all’interno è una desolazione. L’umidità segna le pareti, fa freddo e lei con i suoi 84 anni e la sua pensioncina da ex ufficiale dell’esercito (ricoprì il grado di maggiore) più che vivere cerca di sopravvivere. «L’acqua ha distrutto tutto - ha spiegato rassegnata - da due anni oramai non ho più il riscaldamento e la corrente elettrica viene e va». [...] Perché lei ha una sorta di «peccato originale» da scontare: è l’ultima icona vivente di un’epoca dannatamente scomoda oggi in quella che fu la Jugoslavia, la «sua» Jugoslavia, quella che condivise assieme all’illustre marito. Odiata dai serbi che non perdonano al defunto maresciallo di aver tenuto lo stivale dell’ideologia fortemente premuto sul loro capo da sempre proteso verso gli agognati lidi disegnati da un mai sopito nazionalismo, è stata ripudiata dalla terra natia croata (è nata nel villaggio di Pecani, nella Lika) che la considera, invece, l’ultimo totem del comunismo, storico avversario di quello spirito secessionista che ha condotto Zagabria all’indipendenza. Il 4 maggio, come ogni anno, Jovanka, lo scialle nero sulle spalle e quella pettinatura così demodè, ma che fa tanto «ancien-regime» comunista, si è recata sulla tomba del marito dove ha deposto un mazzo di fiori. Sola, davanti a quella tomba, priva di onori. Qualche minuto passato in silenzio, una borsetta nera e consunta stretta tra le mani. [...] E stavolta tocca a lei morire nell’impietosa agonia dell’indifferenza. Un esempio? Jovanka ha mandato un assistente sociale a chiedere aiuto, ma all’ufficio comunale. Il timido funzionario si è sentito rispondere che «quelli non erano affari suoi». [...] Nel 1977 Jovanka finisce agli arresti domicialiari con l’accusa di aver tramato un colpo di Stato dagli oscuri contorni filo-sovietici, assieme al generale Djoko Jovanic. Imbocca così quel viale del tramonto che la porta fino alla fatiscente casa di Dedinje. Qualcuno sostiene che sia stata anche in carcere a Spalato. C’è chi la paragona a Imelda Marcos. Ma poco si sa di quel fatidico 1977. «Riabilitata» da Tito in punto di morte conosce di nuovo gli arresti domiciliari subito dopo il faraonico funerale del maresciallo. Privata del passaporto da Milosevic lo riottiene con l’avvento di Kostunica al potere. Oggi non è più la regina. Ora è una strega. Lei resta in silenzio. Quel silenzio che non la fa rispondere al telefono, né parlare con i vicini. È sola. E oramai dimenticata nel suo arrugginito esilio belgradese. Mario Manzin “Il Piccolo” 15 agosto 2008 Fiume: ristrutturazione per le fortificazioni italiane Primi passi nell’ambito dell’opera di risanamento e valorizzazione delle fortificazioni italiane costruite prima del secondo conflitto mondiale sull’altura Santa Caterina a Fiume. La zona, compresa all’interno del Vallo alpino orientale, un tempo segnava il confine tra Italia e Jugoslavia. La comunità rionale di BrascinePulaz, nel cui territorio si trova questo splendido esempio di archeologia militare, ha ricevuto di recente la somma di 30mila kune (circa 4.150 euro) stanziata dall’Assoturismo di Fiume quale aiuto per la realizzazione del progetto di valorizzazione delle strutture difensive italiane. Il presidente della comunità d’abitato, Josip Rupcic, ha sottolineato l’importanza della donazione, che servirà però a compiere solo i primi interventi. «[...] Purtroppo – ha detto – debbo rilevare che l’amministrazione cittadina fiumana non è interessata a riportare questo complesso difensivo agli antichi splendori, struttura che potrebbe in futuro attirare numerosi turisti. L’intenzione è quella di far sorgere un grande parco della rimembranza, che andrebbe lungo il tracciato Santa Caterina-monte Bathyany-monte Lesco [...]». Ad aderire al progetto è stato il Corpo ufficiali fiumano delle Forze armate che, tra i suoi compiti, ha anche la tutela delle ex linee di difesa. Il suo presidente, Rajko Samueli Kacic, ha ricordato che le postazioni sul monte Santa Caterina, edificate dagli italiani negli anni ’30 del secolo scorso, servivano per l’utilizzo di cannoni e mitragliatrici e che erano collegate da gallerie sotterranee profonde fino a 14 metri. «Dominavano il golfo del Quarnero - ha precisato - e, in pratica, non furono mai conquistate. [...] All’interno si possono ancora notare le scritte dei soldati italiani di 65 anni fa. Andrea Marsanich “La Voce del Popolo” 23 agosto 2008 In pericolo la storia italiana del cimitero di Pola Negli ultimi sessant’anni, complice una legge per molti aspetti miope, a Pola è stata venduta e persa irreparabilmente nel più dei casi, la metà di tutte le tombe e monumenti sepolcrali d’epoca del vecchio cimitero cittadino. La normativa vigente, infatti, pur non consentendo la proprietà privata su tombe, loculi e sepolcri ai cimiteri civici, contempla tuttavia un surrogato di quella, vale a dire il diritto d’usufrutto, che può essere ereditato dai discendenti diretti a patto però che i fruitori paghino regolarmente la tassa annuale per la manutenzione dei cimiteri. Se ciò non avviene, e se dall’ultima inumazione sono passati trent’anni, le direzioni dei cimiteri hanno mani libere a cedere a terzi il diritto d’usufrutto sulla tomba abbandonata. La disposizione nel caso polese è applicabile praticamente a tutta la parte vecchia del camposanto, non essendoci stata – e l’esodo ne è stato causa – quella continuità di discendenze ed ereditarietà che non è mancata altrove. Sta di fatto che secondo un rapporto presentato di recente in sede di Consiglio municipale dal direttore della municipalizzata “Monte Ghiro”, il cinquanta per cento delle tombe storiche polesi è stato “rivenduto”. In tantissimi casi i nuovi titolari hanno cancellato nomi e cognomi da lapidi e monumenti, sostituendo a quelli degli ex proprietari i nomi dei nuovi. Un processo, questo, giudicato ormai anche alla stregua di “annientamento d’identità”. Da frenare ormai in extremis, a danno già bell’e fatto. Primo: basta vendere Arriva dunque proprio all’ultimo momento il provvedimento preso dalla Giunta municipale in una recente seduta. L’Esecutivo presieduto dal sindaco Boris Miletic ha accolto infatti una moratoria sulla cessione dei diritti di usufrutto per le tombe storiche della parte “vecchia” del cimitero civico e il veto delle vendite ha una scadenza alla fine dell’anno prossimo. In secondo luogo, la Giunta ha deciso la fondazione di una commissione municipale preposta alla valutazione del valore storico-monumentale, architettonico e artistico delle tombe su cui vige il veto delle vendite. Fino alla fine del Ha inizio l’opera di risanamento delle fortificazioni italiane costruite prima del secondo conflitto mondiale sull’altura Santa Caterina a Fiume Ottobre 2008 2009 la commissione dovrà insomma presentare al Municipio un piano di categorizzazione dei sepolcri per importanza e un piano operativo di tutela delle tombe in virtù appunto delle rispettive categorie di rilevanza storica o artistica. [...] I diversi livelli e le varie modalità di conservazione saranno poi definiti nel dettaglio dal nuovo decreto sui cimiteri, che dovrebbe vincolare la vendita di un certo numero di tombe con l’obbligo del restauro nel rispetto dello stile dell’epoca di origine. In alcuni casi sarebbe vietato cancellare i nomi dei defunti del passato per conservare la memoria delle casate di un tempo. Le nuove inumazioni sarebbero invece consentite, previa rimozione dei resti dei sepolti in epoche passate. Quello del mantenimento dei nomi, e quindi dell’omaggio alle “stirpi” del passato, è la grande novità di questa manovra municipale salva-storia. Fino ad oggi, infatti, le direzioni al timone del cimitero hanno venduto metà di tutte le tombe storiche: quasi tutte hanno mantenuto l’aspetto originale, ma hanno perso (per volontà dei nuovi titolari) le insegne con nomi, cognomi, date di nascita e di morte. Si è persa in questo modo la traccia della sepoltura di personaggi anche illustri della storia cittadina, e l’esodo in massa degli italiani del 1947 ha fatto da spartiacque. Riparare il torto, oggi, magari anche con parecchio ritardo, significa solo sdebitarsi con la storia. Daria Deghenghi Ansa 24 agosto 2008 110 anni dell’ultimo Cavaliere di Vittorio Veneto Gli auguri del ministro della Difesa Ignazio La Russa, anche a nome delle Forze Armate, al bersagliere Delfino Borroni, ultimo dei Cavalieri di Vittorio Veneto, che compie 110 anni. Delfino Borroni, natoTurango Bordone (PV) nel 1898 ed arruolato nel 1917, ha prestato servizio nel 6° e nel 14° Reggimento bersaglieri. Con il grado di Caporale, ha preso parte ai combattimenti sul Pasubio ed a Caporetto. Prigioniero di guerra, prima a Cividale e poi in Austria, ha tentato più volte la fuga, prima da Vittorio Veneto poi da Conegliano, subito dietro le linee nemiche, riuscendo a raggiungere il Friuli. Con l’arrivo delle truppe italiane, entrate vittoriose a Trieste, ha poi fatto ritorno al proprio reggimento. È stato congedato nel 1920. “Giornale di Brescia” 24 agosto 2008 Ricordo di Antonio Cepich l’eredità morale del «padre» della diaspora giuliano-dalmata a Brescia È trascorso un anno esatto dalla scomparsa di Antonio Cepich, l’indimenticabile «Tonci», emblema con la sua stessa figura di ex bersagliere iperattivo della tenacia di un intero popolo reso nomade dai colpi bassi della Storia. Dalmata, zaratino, figlio italiano di una terra complessa e contesa da secoli tra mondo latino e mondo slavo, che viene riassunta per convenzione nella terna Istria-FiumeDalmazia, o semplificata in Venezia Giulia, Cepich resta nel pensiero e nel cuore di molti che l’hanno conosciuto da vicino, come il grande «tutore» della diaspora giuliano-dalmata nella Brescia del Dopoguerra. [...] Troppo facile sarebbe proporre qui un ritratto lacrimevole, disegnato dalla retorica dei buoni sentimenti, che nulla regalerebbe di non dovuto a un personaggio tanto carismatico e meritorio [...]. «Italiani di serie B», «stranieri in patria», o addirittura «slavi rinnegati», incapaci di accettare la palingenesi della rivoluzione titoista nella Jugoslavia liberata dall’occupazione nazi-fascista: questo, per lo più, erano considerati i profughi giulianodalmati che giungevano a contendere agli italiani stremati dalla guerra, pane, alloggio e lavoro, allora scarsi per tutti. [...] In tempi di accentuato revisionismo storico o, forse, di «confusione» storiografica abbinata a furbizie politiche, come gli attuali, quando la memoria delle foibe e dell’esodo è stata sì, finalmente, recuperata e resa patrimonio nazionale, ma anche e troppo spesso strumentalizzata per (opposti) fini di parte, ricordare la figura di un galantuomo come Cepich serve a meglio collocare storicamente e politicamente quella immensa tragedia. [...] Il lavoro straordinario di «Tonci» per mettere in piedi e rendere efficiente il campo di raccolta di via Callegari. Il suo impegno per allestire le altre strutture di accoglienza a Chiari, Bogliaco, Fasano di Gardone Riviera e Villa di Gargnano. E quindi la fase successiva, durissima, delle battaglie per il «diritto al lavoro e alla casa» di centinaia di famiglie trapiantate «obtorto collo» (mica emigrate!) in una città percorsa da fremiti non sempre solidaristici verso i nuovi venuti (celebre, in proposito, la contestazione di alcuni operai comunisti dell’OM davanti all’ex caserma di via Callegari contro i «fascisti» fuggiti dal «paradiso» comunista jugoslavo). [...] Fondamentale fu la sua esperienza del lager, quasi due anni di prigionia trascorsi nei campi della morte disseminati nel territorio del Terzo Reich. «Tonci» disse «no» all’arruolamento volontario nelle fila dell’esercito della RSI, come la maggior parte degli ufficiali (era sottotenente) e dei soldati italiani deportati in Germania. [...] In una realtà orrenda, nella quale assistette alla morte di tanti compagni di prigionia, l’ex sottotenente zaratino vide crollare anche gli ideali e i valori nei quali aveva fino ad allora creduto, frutto dell’educazione fascista. Ma nei quali non si era mai acriticamente appiattito. «Nel campo - raccontava - imparai a capire cosa significasse la democrazia, la libertà di pensiero e di parola, il rispetto dei diritti di tutti, concetti a noi prima sconosciuti». [...] Quando il 12 settembre 1945 scese a Pescantina, nel Veronese, dal treno proveniente dall’ex Germania nazista, il sottotenente Cepich pesava 40 chilogrammi. Ma era un uomo nuovo. Cambiato. Raggiunse Brescia, dove nel frattempo erano riparati i suoi congiunti scappati da una Zara martoriata dai bombardamenti alleati e successivamente occupata dai partigiani di Tito, e qui si trovò ad essere l’uomo giusto al momento giusto. Esule, ottimo organizzatore in quanto dotato di preparazione militare, ma anche ex internato, e dunque antifascista. Un requisito fondamentale, quest’ultimo, per diventare l’ideale interfaccia delle nuove autorità democratiche della città. A lui si rivolsero il prefetto della Liberazione Bulloni e il vescovo Monsignor Tredici, per affidargli il compito improbo di predisporre dal nulla «l’accoglienza degli esuli» che a ondate successive arrivavano dall’Istria, Fiume e Dalmazia. Antifascista e, al contempo, convintamente anticomunista. [...] La «lettura» che «Tonci» offriva delle sventure piovute sul confine orientale è di straordinaria attualità ancor oggi. [...] Lui ha combattuto contro i partigiani titini, certo. Ma in nome della Patria minacciata, non del fascismo. Il suo era autentico sentimento nazionale, non fanatico nazionalismo. Quando parlava della sua amatissima Zara, rifletteva sugli «errori storici» del regime fascista, che - osservava - aveva creato un «baratro fra elemento italiano ed elemento slavo», con la politica di assimilazione forzata e di negazione della lingua e cultura delle popolazioni allora dette «allogene». Questo vigile spirito critico (e autocritico), non toglieva nulla alla ferma protesta e indignazione che Cepich nutriva per le ingiustizie subìte dagli esuli giuliano-dalmati per mano degli oppressori con la stella rossa sul berretto e, successivamente, in oltre cinquant’anni di «vita democratica». [...] Valerio Di Donato Ottobre 2008 15 DIFESA ADRIATICA Isola d’Istria, a photo of the city, nearly completely emptied as a result of the exodus of the Italian population after Istria was ceded to Yugoslavia Slovenia’s Bad Memory Slovenia marked the end of its semester of European presidency in grand style, with a declaration of intent which we simply cannot allow to pass by in silence, and which forces us to take into consideration issues that we thought by now to have been relinquished to the past. Once again it is History that finds itself under fire, a History that doesn’t need to be “shared” but that must be respectful of memories. In its statement issued at the end of its recently-ended European Union presidency (from January 2008 to June 2008) the Slovenian government published, on its website, a detailed report on what was carried out during this period. A separate chapter was devoted to the Regions Committee, and contained a brief synopsis of the history of Slovenia. At this point we must underline two enormous and knowingly-made errors: in 1918, at the end of the First World War, the following is stated: “the First World War. After the break-up of the AustroHungarian Empire, Slovenia’s ethnic territory was divided amongst Austria, Italy, Hungary, and the Kingdom of Serbs, Croats and Slovenes.” Even if, chronologically and institutionally, no objections can be made here, the government of Slovenia wants to underline a certain ethnic connotation and make it emerge. There follows a false interpretation in the evidence referring to September 15th, 1947. The site tells us that “Most of the coastal region of the Littoral was reunified with Slovenia after the Paris Peace Treaty.” Now, Slovenia, in 1947, was a Yugoslav republic, and didn’t have an institutional, international independence of its own: it is well-known that the territories of the Littoral became part of Yugoslavia, and part of the Yugoslav Republic of Slovenia, only in 1975 with the signing of the Osimo Treaty. Before 1975, it was the so-called “B Zone” under Yugoslav administration, but the site conveniently skips over this important aspect. The ethnic matter cannot be considered with indifference, when we remember that in those plural territories, there lived another people as well: the Italian people, who were an integral part of those areas for centuries. In certain areas, such as Capodistria, Isola and Pirano, the Italians made up the vast majority of the population, in censuses carried out by Austria and, indeed, all the way up to 1954, when there was a mass exodus of Italians from those areas. In this context, a serious reader begins to wonder if Slovenia wants to reopen the discussion of, or completely remove, documented facts such as the Exodus and the foibe. In fact, if the coast of Istria comes to be considered “ethnic Slovenian territory”, as the website’s documents state, then the Italians of those areas automatically are considered “occupiers” or “immigrants”, and this places a sort of justification over the foibe and other abuses, causing them to be seen in a very different light. To sum up the matter, it is “unpleasant” when one forgets the presence of others. But when those “others” are a native majority of people, then “unpleasant” becomes “disturbing”, indeed. This is the case of the Istrian coast, as recently stated by Paolo Segatti, a journalist for “Il Piccolo”, the Trieste daily: “…it is disconcerting that a government of the Union country would pretend to forget the complex legal steps that governed the transfer of sovereignty from Italy to Yugoslavia of Capodistria, Pirano and Isola. It is a way of creating national history that is too ‘quick’, à la Soviet Union. Plus, if we are documenting facts, in 1947 ‘most of the littoral’ was not “re-unified with Slovenia”, because before the Second World War Slovenia was not an entity with its own political or administrative boundaries, nor was it so before the First World War. The sentence makes sense only if taken to mean a Slovenian ethnic territory.” Further on in the same issue of Il Slovenian “Ethnonationalism” After comments in “Il Piccolo” by Paolo Segatti, Mauro Manzin and Renzo Codarin, we have here the entire article written by Stelio Spadaro, published the 27th of August and entitled “Slovenian Ethnonationalism”. The document prepared by the Slovenian government at the conclusion of its term as EU president, and distributed to other EU member states, begs for attention regarding its historical content. Deservedly, attention was given it, by Segatti and Codarin, among others, in these columns. The document proposes a general outline of the history of these geographic areas that can be considered pervasive and diffused. This outline is full of ethnocentric culture that was developed and spread by certain important sectors of the political and intellectual elite of Slovenia (but also Croatia) through many decades. Within this worldview, Venezia-Giulia is deprived of its historical autonomy because it is supposedly an invention of a geographic and administrative type, an invention of Italian nationalism. After World War I, Italy supposedly occupied and annexed an ethnic Slovenian and Croatian territory not pertaining to Italy at all, and this not only in those areas that had a Slovenian or Croatian population, but also the entire region, in which peoples had always been mixed, or where the Italian population was the great majority. A prefect example of this attitude is offered in those lines of the Slovenian government document dedicated to the northwestern coast of Istria.. Today it is part of Slovenia: it is a piece of the Istrian littoral considered “ethnic territory” which, in 1947, was, according to the document, reunited with its rightful mother country, Slovenia. This simple affirmation has a series of repercussions, which make the uninformed reader think that these regions really should, ethnically, belong to Slovenia (or Croatia, or, before, to Yugoslavia). If we buy into this, that is, if we believe that VeneziaGiulia is an entity invented to hide or modify the original Slovenian or Croatian ethnic character of these lands, then what do the Italians living there become? They automatically become intruders, invaders, immigrants to the region, imported there as part of a previously-established expansionist doctrine, or else they are “ethnic” Slavs who have been assimilated and Italianized by force in modern times. One example, of the many, is the famous musician from Pirano, Tartini, who has been used as a model of Slovenian musical genius. At the very most, the status of minority group is conceded, but, as History teaches us regarding the “left behind” portion of the Italians after World War II, the condition is always of a minority that is subordinate and irrelevant. The basis here is always one of rewriting history: to consider Capodistria, Pirano and Isola to be ethnically Slovenian – their HistroVenetian populations were forced to flee after the War, and the cities were literally emptied – and this is very telling with regards to the decades-long weight that certain sectors of the Slovenian political and intellectual classes have placed, with nonchalance, upon the category of “ethnic territory”. They have always searched for a forced homogenization between “ethnic group” and state which here, and elsewhere, have resulted in deep and irreversible alterations in the original pluralistic nature of our regions. (For the example of South Styria, please see the splendid book by Martin Pollack, ‘Death in the Bunker’). This general interpretation, in many cases implicit in the declaration but handled with diplomatic nonchalance, has also contributed to rifts in the civilian fabric of Trieste, in all these decades of the Italian Republic. I refer here to the pre-existing diffidence and hostility towards Slovenians, which contributes to the reinforcement of Italian nationalism. And I am not Piccolo, we find an article by Mauro Manzin, who reflects on the same theme: “It is not to be forgotten that, specifically to avoid these ‘slides’, a commission was established of both Italian and Slovene historians. After years of tortuous labor, this commission was able to publish a common declaration on a shared history of these regions. In that document, it is certain that errors of the type found on the website are not to be seen. Let us not forget that, although it is summer, Slovenia is in the midst of a political campaign, with elections to be held on September 21st. and that the centerright government is losing, according to the latest polls made by the centerleft coalition led by the young and enterprising Borut Pahor. But elections aren’t justification for such a distortion of history. Actually, a slide of this magnitude puts Slovenia at risk of being counterproductive, if only for the lack of appeal it creates for itself amongst the other countries of the European Union, after having had the presidency for 6 months.” Thus, at the end of a period that, for other matters can be considered fruitful, regarding its role as semester leader of the European Union, Slovenia leaves the presidency having created a climate that is certainly not positive. This climate clashes against the heights gained by those in favor of the European Union, those who have contributed to its strong base values of pacification and respect for the many memories which make up the Union itself. The Federation of Exiles of Istria, Fiume and Dalmatia has sent a communication regarding this issue to Franco Frattini, the Minister of Foreign Affairs, to draw his attention to the more incorrect passages of the Slovenian website document. Renzo Codarin President of the Federation of the Associations of Exiles of Istria, Fiume and Dalmatia The Third Annual “Eastern Adriatic Book Fair”: Showcase of Venezia-Giulia and Dalmatian Culture, in Trieste The historical information contained in a Slovenian government document published after its term of EU Presidency raised strong criticism: the document pointedly ignores the important historical Italian presence in the part of Istria that today belongs to Slovenia speaking of nostalgic and radical rightist political groups, but of the widespread political and cultural orientation and the common sense of a wide part of the population of Trieste. This is why it is so unbelievable, and self-wounding, that certain interpretations are still circulated today, unless perhaps they are circulated, whether calculatedly or not, to feed tensions in the region, in the hope of finding willing, uninformed ears to listen and respond. But Trieste today, the Trieste of Illy and Dipiazza, is not the same wounded city full of rancour that it was twenty years ago. Definitely, the Slovenian government document describes a cultural vision that no one should hesitate to consider out of time and out of place, unilateral and artificial visions of History which damage development in the region, from Natisone Bay to the Dalmatian coastlands. Real development can only take place if it is based on the three hundred sixty degree cooperation of all the cultures present here. With the anachronistic and nonscientific category of ethnonationalism, the vision that comes through in the Slovenian government document is in clear contrast with the empiric evidence given by the peoples on both sides of the ex-border, as it also contrasts with the wealth of democratic sensitivity that has become part of the mentality of Italian and Slovenian citizens. Stelio Spadaro From September 10th through the 14 , there was held, in Trieste, the third annual “Bancarella – Eastern Adriatic Book Fair” promoted and organized by the CDM (“Multimedia Documentation Center”), together with the ANVGD (“National Association of VeneziaGiulia and Dalmatia”) and sponsored by the Region of Friuli-Venezia-Giulia, the City of Trieste, the Province of Trieste, and with funds from the “Cassa di Risparmio di Trieste” Bank Foundation,. and the Ministry of Culture. The “Bancarella” fair represents the promotion and putting into practice of a cultural drive that has seen the presence of a multitude of guests in The wide selection of special books and media offered by the literary, theatrical, and musical national press was very much performances, to showcase the appreciated by the public who complexity of Istrian, Dalmatian, and flocked to the “Four Days” event Fiume culture, both past and present. in Trieste. (photo courtesy of Such a successful event could never be www.arcipelagoadriatico.it) possible without the participation of Italians present on the other side of the border, and those who emigrated to faraway lands. One of the intentions of the event is a call to unity, and to recompose the fractured world of the exiles, as Renzo Codarin, CDM President, recalled during the press conference for the event: he reminded those present that this takes place “(…) within a culture that has the full rights of citizenship. Trieste, in this sense, is important, as it is the ‘moral capital of the Exodus’, but we shouldn’t forget that Trieste is also an important anchoring place for that Sea, the Adriatic, that has always been so important to the development of our region, especially before other important communication lines, especially by land, existed.” And as Rosanna Giuricin reminded those present, once again it is the sea that forms a base that ties together the various elements of the event. E. M. (the article in its entirety can be found at www.arcipelagoadriatico.it) th The press and media at the presentation of the 2008 edition of “Bancarella”, an event steeped in the culture, art, sea and flavours of the Eastern Adriatic. (photo courtesy of www.arcipelagoadriatico.it) (traduzioni di Lorie Ballarin) In our November issue, there will be ample coverage of the event 16 DIFESA ADRIATICA Ottobre 2008 La extraña memoria eslovena Una vista aérea de la ciudad istriana de Capodistria. Según el reciente documento del gobierno de Lubiana habría “vuelto” a Eslovenia con el tratado de paz del 1947. Una tesis, junto con otras sostenidas en aquel documento, contestadas por la prensa y por las principales asociaciones de los desterrados italianos de Istria La intervención de Renzo Codarin La extraña memoria eslovena La intervención de Renzo Codarin Eslovenia ha decidido salir del semestre europeo con una declaración de intentos que, como ha sido notado, no puede hacerse pasar en silencio y nos obliga a una consideración que se pensaba que no se tendría que haber hecho más. Una vez más a estar en el blanco es la historia que ciertamente no hace falta que sea “condividida”, pero si que sea respetuosa de las memorias. En el documento redactado al termino del mandato de presidencia UE recién acabado, (enero 2008-junio 2008) el gobierno esloveno, en la propia página oficial, ha publicado una minuciosa relación sobre el trabajo hecho durante este periodo. Un capitulo a parte ha sido reservado también al Comité de las regiones donde al final se encuentra una breve sinopsis histórica de Eslovenia. Y es aquí que hay que subrayar dos macroscópicos y conscientes errores: cuando se llega al 1918, al final de la Primera guerra mundial, en la página se lee: «Fin de la Primera guerra mundial. A continuación de la disolución del imperio austro-húngaro el territorio étnico de Eslovenia se divide entre Austria, Italia, Hungría y el Reino de serbios, croatas y eslovenos». Aunque cronológicamente e institucionalmente no es posible eximir nada, emerge una connotación étnica del caso que el gobierno esloveno quiere evidenciar. Sigue la evidente interpretación falsa referida al 15 de septiembre del 1947. Escribe la página del ejecutivo de Lubiana: «La mayor parte de la región costera del Litoral es reunificada a Con el tratado de paz del 1947, que cedía toda Istria, Fiume y Zara con las islas a la ex Yugoslavia, la población autóctona italiana eligió la vía del exilio para conservar la libertad y la identidad. Fueron casi 350.000 los prófugos que se refugiaron en Italia, una parte de los cuales optó por emigrar a Norte y Sur de América «Etnonacionalismo esloveno» A las intervenciones del “Piccolo” de Paolo Segatti, Mauro Manzin y Renzo Codarin ha seguido el comentario de Stelio Spadaro, presentado el 27de agosto con el titulo Etnonacionalismo esloveno. Lo reproducimos integralmente. El documento preparado por el gobierno esloveno a la conclusión de la presidencia de turno de la UE Y consignado a los otros miembros de la Unión, por lo que concierne a su parte histórica merece una reflexión examinada como las de Segatti y Codarin albergadas en estas columnas. Propone de nuevo un esquema de interpretación general de la historia de estas tierras que puede ser identificado como esquema de largo periodo, difundido y persuasivo. Un esquema impregnado de cultura etnocéntrica y hecho por algunos importantes sectores de la élite política e intelectual eslovena (aunque también croata) en el transcurso de decenios. En el interior de esta visión, Venecia Giulia es privada de su autonomía histórica porque se la hace llegar a ser una invención geográficoadministrativa del nacionalismo italiano; después de acabada la Primera guerra mundial, Italia habría ocupado y anexionado un territorio étnico esloveno/croata que no era suyo, y no solo por lo que concierne las fracciones habitadas en la mayoría o en la totalidad por las poblaciones eslovenas y croatas, sino en su integridad, también allí donde las gentes desde siempre se mezclan o donde la componente italiana es (o era) presente históricamente de manera preponderante. Un eficaz ejemplo en relación a esto viene dado por las líneas del documento gobernativo esloveno dedicadas a la costa istriana noroccidental, hoy parte de Eslovenia: un segmento costero considerado «territorio étnico» que en el 1947 habría sido reunificado a la madre patria eslovena. Esta instalación de derivación etnográfica tiene una serie de recaídas, que sin falta subsisten a la enunciación principal de la pertenencia étnica de estas regiones a Eslovenia (o Croacia, o antes a Yugoslavia). Si Venecia Giulia es una entidad inventada aposta para ocultar o modificar el carácter étnico originario esloveno-croata de estas tierras, los italianos que las habitan se convierten automáticamente en intrusos, inmigrantes o importados según un diseño de expansión establecido de antemano, o en eslavos «étnicos» asimilados, italianizados en la modernidad. Un ejemplo entre los tantos posibles, el grande músico piranese Tartini que llega a ser expresión del genio musical esloveno. En el mejor caso, es reconocida la condición de minoría irrelevante y subordinada como nos enseña la historia de los «permanecidos» después del éxodo de masa en la segunda posguerra. Hay en el fondo una visión constantemente reivindicadora de la historia: considerar étnicamente eslovenas Capodistria, Isola y Pirano – cuyas poblaciones de antigua cultura istriano-veneta han sido obligadas a una fuga de masa que ha literalmente vaciado sus ciudades – nos habla del peso que durante decenios sectores de las clases dirigentes políticas e intelectuales eslovenas han asignado desenvueltamente a la categoría de «territorio étnico»: buscando una forzada homogeneidad entre «etnia» y Estado que ha producido aquí y en otros sitios alteraciones profundas e irreversibles al original tejido plural de nuestras regiones (por el caso de la Stiria meridional, véase el esplendido Eslovenia a continuación del Tratado de paz de Paris». Eslovenia, en el 1947, era una republica de Yugoslavia y no tenía una independencia institucional internacional; los territorios del Litoral, como se sabe, pasaron a ser yugoslavos en el ámbito de la Republica de Eslovenia solo en el 1975 después de la firma del Tratado de Osimo. Antes estaba la llamada Zona B bajo la administración yugoslava que aquí se salta en un solo paso. La referencia étnica no puede resultar indiferente cuando se quiere olvidar que en estos territorios plurales había también otro pueblo, el de los italianos que durante tantos siglos han sido parte integrante y en ciertas zonas, como en Capodistria, Isola y Pirano, eran la grande mayoría también en los censos hechos por Austria y seguramente hasta el 1954, cuando fue el Éxodo en masa de aquellas localidades. En este contexto surge la duda de que se quiera poner en discusión, o retirar completamente, realidades de hecho como el éxodo y las foibe: en efecto si la tal costa istriana pasa a ser «territorio étnico esloveno» como dice el Documento, los italianos de aquellos lugares resultan “ocupantes” o “inmigrantes”, por lo que también la historia de los abusos y de las violencias (foibe y éxodo) asume otra luz y justificación. En pocas palabras, no es libro de Martin Pollack Il morto nel Bunker). Esta interpretación general, en muchos casos implícita y en el documento explicitada con tanta ligereza diplomática, además ha alimentado en todos los decenios de vida republicana una vena nociva en el tejido civil de Trieste, y esto es, la preexistente desconfianza y hostilidad hacia los eslovenos, contribuyendo además a reforzar el nacionalismo italiano. Y no hablo tanto de los grupos de la derecha radical nostálgica y funeraria, sino de la orientación política-cultural difundida y del sentido común de una gran parte de los ciudadanos triestinos. Por tanto resulta incomprensible y casi autolesionador que se lancen hoy interpretaciones símiles, salvo que no se trate de un intento más o menos estudiado de alimentar tensiones nacionales en estas regiones, en la esperanza de encontrar en Trieste ambientes interesados o desprovistos hasta el punto de querer responder con el mismo tono. Pero ahora la Trieste de Illy y Dipiazza ya no es la ciudad rencorosa y herida que era hace veinte años. En definitiva, el documento gobernativo esloveno expresa rasgos culturales que por ambas partes no se duda en considerar fuera de lugar y fuera de tiempo, visiones unilaterales y artificiosas de la historia que dañan el desarrollo integrado de las regiones desde los valles del Natisone a las costas dalmatas: desarrollo que no puede mas que basarse en la valorización a trescientos sesenta grados de todas las culturas y las experiencias históricamente presentes aquí. Basada sobre la anacronista y acientífica categoría del etnonacionalismo, la óptica que inspira la parte final del documento riñe con la evidencia empírica percibida por la generalidad de la gente de esta parte y de la otra del ex confín, y con el patrimonio de sensibilidad democrática cada vez mas dado por supuesto por los ciudadanos italianos y eslovenos. Stelio Spadaro “agradable” que se olvide la presencia de los otros, pero es inquietante que se haga aun cuando la historia lleve a una presencia mayoritaria autóctona, como es el caso de aquel litoral istriano y recientemente lo ha bien escrito en las páginas del diario “Il Piccolo” Paolo Segatti «[...] desconcierta que un gobierno de un país de la Unión finja olvidar los complejos pasos jurídicos que han gobernado la transferencia de soberanía de Italia a Yugoslavia de Capodistria, Pirano e Isola. Es un modo de hacer historia nacional como decir, un poco apresurado, a la soviética. Después, como bien puede verse, en el 1947 “la gran parte del litoral” no fue de hecho “re-unificada a la Eslovenia”, porque antes de la segunda guerra mundial Eslovenia no era un ente dotado de confines políticos o administrativos, ni lo era antes de la primera guerra mundial. La frase tiene sentido si quien la ha escrito por Eslovenia quisiera decir territorio étnicamente esloveno». Más adelante en el mismo diario hay otra reflexión de Mauro Manzin, que sobre el mismo tema escribe: «No hace falta olvidar que justo para evitar estos ”resbalones” fue instituida una Comisión mixta de historiadores italoeslovenos que tras años de atormentado trabajo consiguió – como dice Manzin – hacer nacer una declaración común sobre una historia condividida de estas regiones. Y en aquel documento no hay errores de este tipo. No olvidamos que Eslovenia, a pesar del periodo estivo, esta ya en plena campaña electoral (las elecciones políticas se tendrán el próximo 21 de septiembre) y que el gobierno de centroderecha aparece como perdedor en los últimos sondeos ante la coalición de centroizquierda guiada por el joven y emprendedor leader Borut Pahor. Pero de esto a manipular la historia hay un trecho. Al contrario, una equivocación de este tipo puede resultar contraproducente no por otra cosa que el escaso “appeal” que crea en las principales Cancelerías europeas de las que propio Eslovenia ha estado a la cabeza durante seis meses». Por tanto, después de un periodo para algunas cosas fructuoso al interno de los trazados de Bruselas, Eslovenia deja su sitio haciendo percibir un clima no positivo, que no concorda con lo que hasta ahora ha sido construido por quien ha querido la Unión europea y ha contribuido a mantenerla firme en sus principios fundadores de pacificación y de respeto de las muchas memorias que la componen. En relación ha sido enviada una nota por la Federación de los desterrados istrianos, fiumanos y dalmatas al Ministro de Asuntos Exteriores Franco Frattini para llamar su atención sobre algunos pasajes particularmente incorrectos del documento esloveno. Renzo Codarin Presidente de la Federación de las Asociaciones Tercer «Salón del Libro del Adriático oriental»: en Trieste la grande vitrina de la cultura de Venecia Giulia y de Dalmazia Se ha desarrollado en Trieste, del 10 al 14 del septiembre pasado, la tercera edición del «Establecimiento - Salón del Libro del Adriático oriental» promovido y atendido por el Centro de Documentación Multimedial (CDM) en colaboración con la Asociación Nacional Venezia Giulia e Dalmazia y con el patrocinio de la Región Friuli Venecia Giulia, del Ayuntamiento y de la Provincia de Trieste y con la contribución de la Fondazione Cassa di Risparmio de Trieste y del Ministerio de los Bienes y Actividades Culturales. El establecimiento representa la prosecución de un esfuerzo cultural que ha visto comprometidos a numerosos huéspedes en exhibiciones literarias, teatrales y musicales para rendir la complejidad de la cultura istriana, fiumana y dalmata pasada y presente. Una trayectoria que no podría decirse trazada si no formaran parte también los italianos presentes más allá de los confines nacionales y aquellos emigrados a tierras más o menos lejanas. El intento es también el de llamar a la unidad y a la recomposición del fragmentado mundo de los desterrados, como ha recordado Renzo Codarin, presidente del CDM, en el curso de la conferencia de prensa de presentación de la iniciativa: «[…] al interno de una cultura en la que se tiene pleno derecho a la nacionalidad. Trieste en este sentido es importante en cuanto “capital moral del Éxodo” – ha subrayado – pero no tenemos que olvidar que representa también la llegada a puerto de aquel mar Adriático en el cual ha sido transportada nuestra historia antes de que existieran otras importantes vías de comunicación por tierra». Como después ha recordado Rosanna Giuricin, una vez más será el mar a hacer de hilo conductor a las varias partes de la manifestación. Vuelve a Trieste la edición 2008 E. M. de la publicación editorial (la crónica integral «el establecimiento – Salón del libro en www.arcipelagoadriatico.it) del Adriático oriental», una “cuatro días” abierta al público y a los operadores de la editorial y de la cultura y del arte (traduzioni di Marta Cobian) Ottobre 2008 Questo numero di “Difesa” ospita una serie più cospicua di notizie apparse nei mesi di luglio e agosto sul sito web nazionale, in modo da raggiungere anche i Lettori che non dispongano di collegamento Internet. Un’estate tutt’altro che povera di notizie e di commenti, come si vede, che abbiamo tempestivamente inserito nelle News. Una vera «E-state» con i nostri abbonati, come annunciato sul numero di agosto-settembre. Ossero: inaugurata lapide ai caduti italiani domenica 13 luglio 2008 Di fronte ad una nutrita rappresentanza di Esuli e di italiani residenti, è stata inaugurata all’esterno del cimitero di Ossero (Isola di Cherso, attuale Croazia) la lapide che ricorda i militari italiani caduti nella difesa dell’italianità e ivi sepolti in una fossa comune al termine della seconda guerra mondiale. Per decenni quel terreno è stato dimenticato da tutti, incolto, trascurato, senza che nessun segno rivelasse cosa giacesse sotto pochi centimetri di terra. La determinazione di Federico Scopinich, esule residente a Genova, ha riportato alla luce gli eventi drammatici della battaglia di Neresine, i particolari sulle vicende dei caduti e la riscoperta della fossa comune a Ossero ove furono sepolti dopo essere stati trucidati. Una trentina di soldati, il cui estremo compito era di difendere le ultime speranze degli italiani contro la furia dei partigiani titini. Soccombere era inevitabile, ma non si sottrassero al loro dovere nei confronti di una popolazione civile costretta poi all’esilio. La commovente cerimonia ha ricordato il loro sacrificio e ha reso giustizia alle famiglie che da decenni cercavano un luogo ove piangere i loro cari. 17 DIFESA ADRIATICA La rubrica di “Difesa” www.anvgd.it Povoletto (Udine): spray contro il ricordo delle Foibe mercoledì 16 luglio 2008 È stato pulito dai tecnici della Provincia di Udine il cartello che dedicava “Ai Martiri delle Foibe” il ponte di Salt di Povoletto. Nei giorni scorsi, infatti, la scritta era stata cancellata con una bomboletta spray di colore nero, che aveva reso illeggibile l’intitolazione del ponte sul fiume Torre. «È molto triste – spiega il vicepresidente della Provincia di Udine, Fabio Marchetti, che si era recato sul luogo con il dirigente dell’ufficio viabilità, Daniele Fabbro – che nel 2008 avvengano ancora episodi di questo genere, proprio a pochi giorni dalla decisione di papa Benedetto XVI di beatificare un sacerdote vittima delle foibe, don Francesco Bonifacio. Questi gesti – continua Marchetti – non sono solo atti di vandalismo, ma anche segnali di ignoranza che vanno contro la democrazia». La decisione di intitolare il ponte di Salt sul Torre ai Martiri delle Foibe era stata presa dalla Provincia di Udine nel 2004, affinché la vicenda storica della persecuzione, dell’esodo e del genocidio degli italiani d’Istria e Dalmazia trovasse un adeguato riscontro e testimonianza nelle nostre terre. Grossich, il primario di Fiume che scoprì la tintura di iodio giovedì 17 luglio 2008 In un mondo ove si tende a dimenticare le vere persone che hanno ono- Il primo omaggio alle vittime di Ossero, sul luogo in cui caddero Orsera, la Basilica romanica di Santa Maria del mare. L’arch. Del Pino fu appassionato studioso e fotografo dell’arte istriana rato e beneficato, soprattutto le nostre terre perdute, ringrazio la signora Giosetta Smeraldi per il bellissimo ricordo dell’illustre dottor Antonio Grossich, primario dell’ospedale Santo Spirito di Fiume. Sin da bambina conoscevo la sua figura e il suo operato perché nella metà degli anni Venti mio nonno materno, causa la poca igiene che allora avevano le botteghe dei barbieri, ebbe una grave infezione dovuta a un ascesso (favo) sulla nuca. Da Cherso fu portato urgentemente con il suo bragozzo a Fiume e ivi operato e curato dal dottor Grossich. Mio nonno guarì perfettamente (allora gli antibiotici erano un miraggio) e serbò per lui una grande riconoscenza. Nel suo reparto vigeva la più scrupolosa igiene, l’asepsi era rispettata al massimo grado, ogni mattina faceva aprire tutte le finestre delle stanze e con il freddo costringeva i pazienti a infilarsi sotto le coperte, testa compresa! Anche se non ebbe la stessa notorietà, il dottor Grossich per la scoperta dell’uso della tintura di iodio a scopo disinfettante può essere paragonato al celebre dottor Sommelweiss, il quale capì la causa della febbre puerperale che nell’Ottocento mieteva a Vienna centinaia di giovani partorienti. Sulla tragica vita di questo insigne medico il celebre scrittore francese Celine scrisse un libro che consiglio a tutti di leggere, il cui titolo è Il dottor Sommelweiss (editore Adelphi). Non molto tempo fa a Fiume fu proposto (penso da parte della Comunità degli Italiani) di intitolare una via al dottor Antonio Grossich ma la municipalità di Rijeka si oppose classificandolo «fascista». Era un vero uomo, un grande medico e si prodigò molto per il sociale. E tu, caro dottor Grossich, riposa in pace a Draguccio nel cuore dell’Istria con il ricordo e la riconoscenza di tutti noi esuli istriani, fiumani e dalmati. Gigliola Salvagno Vecchione La scomparsa di Livio del Pino giovedì 17 luglio 2008 L’arch. Livio del Pino era nato a Pola nel dicembre del 1921, dove frequentò il Liceo “Giosuè Carducci” che vantava educatori come Mario Mirabella Roberti, Pian de Posarelli, Stefanacci, Grego, De Carli ed altri. Da sempre esule in Liguria, aveva raggiunto i vertici dell’azienda elettronica genovese ELSAG, del gruppo IRI-STET. Per anni ha svolto attività di ricerca e fotografica in Istria ed è noto in Italia per le sue mostre fotografiche nell’ambito del Centro di Cultura GiulianoDalmata (di cui è stato uno dei fondatori) e per aver scoperto, proprio in Istria, orme di dinosauri per la prima volta rintracciate nell’area del Mediterraneo, ipotesi questa fino allora esclusa. A lui si deve anche la scoperta in alcune chiesette dell’alta Istria, di affreschi di allievi del Giotto: scoperta confermata, dopo lungo ed attento esame, dalla Sovrintendenza di Perugia. Assieme al figlio Giorgio e alla moglie Marisa, lombarda ma fortemente legata all’Istria, ha sempre colto ogni occasione per andare alla ricerca delle più nascoste e preziose testimonianze dell’arte e della cultura di questa terra, senza trascurare lo splendore e il fascino della sua natura forte. Tra le sue opere pubblicate, ricordiamo Istria nei versi di Bepi Nider in cui le sue splendide foto accompagnano i versi del poeta. E ancora due libri fotografici, In Istria e Ragusa di Dalmazia nei quali l’arte dell’immagine si fonde con l’amore verso quella terra. Livio del Pino è mancato a Rapallo, dove risiedeva ormai da molti anni. Giuliani nel Mondo: Locchi presidente, Cattalini vice venerdì 18 luglio 2008 Dario Locchi è stato riconfermato alla Presidenza dell’Associazione Giuliani nel Mondo. Il nuovo Consiglio Direttivo dell’Associazione, che resterà in carica per il prossimo triennio, ha eletto anche le altre cariche che lo compongono: Ennio Abate, Vittoriano Brizzi, Silvio Cattalini (presidente consulta Friuli Venezia Giulia dell’ANVGD), Giorgio Cesare, Livio Chersi, Leonardo Gambo, Rosanna Giuricin (CDM Trieste), Giorgio Gregori, Franco Miniussi, Nicolò Molena, Pio Nodari, Claudia Razza, Dario Rinaldi, Pierluigi Sabatti, Roberto Sancin, Marco Toncelli, Chiara Vigini, Rodolfo Ziberna (presidente Comitato ANVGD Gorizia), Armando Zimolo. L’Assemblea dei soci ha provveduto inoltre ad eleggere il Collegio dei Revisori dei Conti: Gianfranco Bettio, Stefano Nedoh, Elena Suzzi; supplenti, Gianni Cernoia, Maria Micheli. Il Consiglio Direttivo su proposta del Presidente, ha provveduto, all’unanimità, alla conferma dei vicepresidenti, Franco Miniussi e Silvio Cattalini, del tesoriere Nicolò Molea e all’elezione degli altri membri dell’Esecutivo: Ennio Abate, Leonardo Gambo, Rosanna Giuricin e Marco Toncelli. Brazzoduro: Esuli e rimasti ed Esuli divisi giovedì 24 luglio 2008 È con apprezzamento che prendiamo atto dell’attenzione che la Regione Friuli Venezia Giulia nella persona del suo Presidente Tondo dedica ai problemi degli esuli Istriani, Fiumani e Dalmati ed a quelli della minoranza italiana in Slovenia e Croazia. Infatti nell’arco di una settimana vi è stato l’incontro con il Presidente del CDM nonché riconfermato Presidente della Federazione delle Associazioni degli Esuli, Renzo Codarin, e con la delegazione della minoranza, guidata dall’onorevole Furio Radin. Di rilievo emerge dai colloqui la particolare considerazione per i problemi ancora aperti nei confronti degli esuli, con l’impegno di operare per ottenere risposte positive sia per quanto di diretta competenza della Regione sia come promotrice verso gli organi dello stato preposti. Elemento che unisce i due incontri è la posizione assunta con un ruolo attivo nei confron- ti di iniziative congiunte tra esuli e minoranza italiana in Slovenia e Croazia, in particolare per l’impegno congiunto in opere che tutelino e restaurino i cimiteri del passato italiano nelle terre perdute e l’intervento a favore di una casa di riposo per anziani nella zona di Pola. Sono le prime iniziative concrete, ma non le sole, che come Federazione cercheremo di sostenere con un ruolo attivo nella ritrovata unità di intenti dopo il Consiglio Federale del 18 luglio u. s., per una verifica delle linee programmatiche, il rinnovo delle cariche, e l’aggiornamento dello statuto per i cambiamenti intervenuti tra le associazioni aderenti nel corso dell’ultimo anno di attività. Infatti in tale occasione, oltre a registrare la riconferma di un impegno franco, da parte di Dalmati e Fiumani, con l’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, si è ricostituita l’importante presenza di una delle maggiori e storiche associazioni degli esuli Istriani (le Comunità Istriane). Sintomatica e non casuale appare quindi la presa di posizione di alcuni elementi di altre associazioni di Istriani, da poco uscite dalla Federazione, che hanno ritenuto di diffondere proclami contro la rinnovata dirigenza, contestandone non gli obiettivi, ma le linee d’azione: francamente non crediamo che questo possa far parlare di “exFederazione” quanto di un’autoemarginazione di alcuni elementi da essa, rifiutando un democratico confronto sul “cosa fare”. Così pure non è parso costruttivo per la soluzione dei problemi degli esuli la proclamata sintonia tra tali componenti e una forza minoritaria (Di Pietro) dell’attuale schieramento di opposizione nel Parlamento Italiano. Potrà rendere visibili le questioni ma non certo favorire soluzioni condivise dalla maggioranza degli attuali schieramenti politici. Infine, spiace constatare come in modo pretestuoso - in un momento in cui sarebbe più utile uno sforzo comune per aiutare la ricerca di soluzioni attorno ad un tavolo di trattativa con il Governo, che speriamo prossimo si cerchi in ogni modo di screditare chi lavora per unire e quindi proporsi nel modo più credibile con le Istituzioni, trovando reciproci appoggi con alcune minoranze contestatrici di altre associazioni. Siamo certi che chi lavora per trovare risposte concrete per i propri associati, debba prima guardare in casa propria, dove pure esistono posizioni differenziate, e soprattutto non assumere sempre atteggiamenti presuntuosi di critica preconcetta verso chi si sforza di operare in modo costruttivo sui problemi aperti, con il mondo politico ed istituzionale. Guido Brazzoduro I fondi della Regione Veneto per il patrimonio istriano-dalmata sabato 26 luglio 2008 Il Consiglio regionale del Veneto ha approvato all’unanimità il programma 2008 delle iniziative previste dalla legge regionale sugli “Interventi per il recupero, la conservazione, la San Vincenti, in Istria, la splendida piazza. Il Consiglio regionale del Veneto ha approvato il programma 2008 della legge regionale sugli “Interventi per il recupero, la conservazione, la valorizzazione del patrimonio culturale di origine veneta nell’Istria e nella Dalmazia” 18 DIFESA ADRIATICA Ottobre 2008 www.anvgd.it valorizzazione del patrimonio culturale di origine veneta nell’Istria e nella Dalmazia”. La somma complessiva messa a disposizione ammonta a 680mila euro, stanziati per restauri di beni culturali, storici e architettonici nonché per le iniziative di carattere culturale promosse da enti e istituzioni che operano sia in Croazia e Slovenia sia in Italia al fine della salvaguardia e della promozione di un’eredità storico culturale che costituisce indubbiamente uno strumento per l’affermazione dei valori di amicizia e di coesistenza pacifica, da sempre condiviso dalla popolazione veneta, istriana e dalmata. Per il dettaglio dei progetti approvati si vedano le News sul sito www.anvgd.it Pietromarchi nuovo ambasciatore italiano a Lubiana domenica 27 luglio 2008 Alessandro Pietromarchi è il nuovo ambasciatore d’Italia a Lubiana. La sua nomina, recentemente deliberata dal Consiglio dei ministri, è annunciata dalla Farnesina a seguito del gradimento del governo interessato. Nato a Lucignano (Arezzo) nel 1945, si laurea in Scienze Politiche all’Università di Roma nel 1969 ed entra in carriera diplomatica nel 1973. Tra gli incarichi ricoperti nel corso della carriera, dal 1975 al 1979 è al Consolato a Parigi e in seguito all’Ambasciata d’Italia a Sofia. Rientra a Roma nel 1983 e presta servizio prima presso la Direzione Generale Affari Economici e successivamente presso il Servizio Stampa e Informazione. Dopo un periodo all’Ambasciata d’Italia a Teheran, nel 1988 è nuovamente al Ministero. Nuovamente all’estero, a Parigi, nel 1996 è nominato Ambasciatore a Riga. Viene nominato Ministro plenipotenziario nel 2000, anno in cui torna alla Farnesina per prestare servizio presso la Direzione Generale per i Paesi dell’Europa. Confermato in seguito quale Coordinatore nazionale per il Patto di stabilità per il Sud-Est europeo, nel 2002 viene nominato Coordinatore nazionale per le iniziative regionali nel Sud-Est europeo. Dal 2004 al 2008 è Console Generale a Lugano. ‘‘Pinocchio’’ non sbarca a Zara: asilo italiano rinviato venerdì 1° agosto 2008 di Jan Bernas * Non sorgerà alcun asilo italiano “Pinocchio” a Zara. Almeno per ora. Al suo posto una sezione autonoma presso l’asilo croato della città dalmata. Questo l’esito dell’incontro tra il premier di Zagabria Ivo Sanader e l’Unione Italiana al termine dell’incontro semestrale (il primo nell’attuale le- gislatura). «Il primo ministro croato ha convenuto con noi sul fatto che si tratta di un non problema» precisa Maurizio Tremul, presidente dell’Unione Italiana. «Ci hanno promesso che si interesseranno alla questione. Per intanto si porranno le basi per l’istituzione di una sezione italiana autonoma presso l’asilo croato zaratino». Una soluzione già posta in essere a Fiume, dove presso l’asilo croato ci sono ben 6 sezioni italiane. Le autorità zaratine hanno posto ostacoli, intoppi legali e ritardi pretestuosi per impedire la nascita di un asilo con lingua d’insegnamento italiana che dovrebbe portare il nome del burattino di Collodi. Addirittura, è stato richiesto che l’istituto adottasse il nome “Pinokio” e che il procedimento didattico fosse bi-lingue, croato-italiano. Un atteggiamento che denuncia una certa riluttanza nel riconoscere un’eredità culturale, prima che nazionale, che lega ancora Zara l’odierna Zadar nella Dalmazia croata - all’Italia.. Ma la battaglia per il rispetto del diritto all’utilizzo della lingua madre degli italiani in Croazia ha dovuto fare i conti anche con il nuovo ordinamento scolastico “Standard pedagogico” promulgato dal Parlamento di Zagabria senza il voto del deputato italiano Furio Radin - che prevede la parificazione delle ore di lingua italiana e croata anche nelle scuole elementari (in quelle medie superiori è in atto già da anni). Mentre finora l’italiano si studiava un’ora alla settimana in più. Nell’incontro con Sanader, l’Unione Italiana è riuscita a strappare la garanzia di non veder diminuito il numero delle ore d’insegnamento dell’italiano nelle scuole elementari e medie inferiori italiane. «Il nostro timore era di dover diminuire il numero di ore di insegnamento dell’italiano. Così non è stato e l’ora in più che sarà dedicata alla lingua croata verrà presa dall’insegnamento di un altra materia», spiega Radin, anch’egli presente all’incontro con Sanader. Per quanto riguarda infine la piena attuazione del bilinguismo nelle istituzioni statali, negli enti regionali e locali e nei tribunali, l’Unione Italiana e le autorità di Zagabria hanno deciso di dar luogo ad uno screening sullo stato di attuazione delle normative sui diritti linguistici, per poi intervenire nei casi dove il bilinguismo è zoppicante o del tutto assente. * Jan Bernas è un giovane giornalista di origine polacca, in forza all’Agenzia APCOM, che da tempo si occupa di fatti e notizie relativi ai problemi del confine orientale. In questo periodo sta componendo un libro che riporterà trasversalmente le testimonianze degli esuli e dei rimasti, nel- l’intento di approfondire le storie personali e familiari delle nostre terre. Ha inoltre dato la disponibilità a collaborare con la nostra Associazione, per dare il proprio contributo di conoscenza alla giusta divulgazione di una storia ancora sconosciuta ai più. Nasce in Dalmazia la storia di due sorelle mai incontratesi da “Il Piccolo”, lunedì 4 agosto 2008 Scoprire a 60 anni di avere una sorella. Di storie così ce ne sono molte ma questa è avvolta dal mistero. Era già scoppiata la Seconda guerra mondiale quando il milanese Pierleopoldo Ciancolini, commissario governativo per la Dalmazia, raggiunse per lavoro la Jugoslavia. Doveva essere un viaggio come tanti. Nel capoluogo lombardo l’uomo lascia la moglie Mariuccia con tre figli, tra il quali l’adolescente Giovanna. In Dalmazia, però, il prefetto ha un incontro inaspettato. Un colpo di fulmine. Si innamora di una maestra e da questa passione nasce Marina, oggi residente a Trieste. L’uomo non ha tempo di veder crescere la piccola perché con l’arrivo dell’esercito di Tito è costretto a fuggire e ritornare in Italia. Arrivato a Milano, non ha il coraggio di raccontare alla moglie quanto è accaduto durante il soggiorno in Dalmazia e così vive fino alla morte con questo segreto nel cuore. Solamente a una persona apre il suo cuore e confida la verità: la sorella Valeria. Oggi Pierleopoldo Ciancolini non c’è più. Non c’è più nemmeno Valeria ma quest’ultima prima di morire ha voluto svelare il segreto alla figlia del fratello, Giovanna. Ha spezzato la consegna del silenzio. Siamo negli anni ’80. Giovanna ha circa 60 anni. La rivelazione sulla relazione avuta dal padre rappresenta un vero e proprio fulmine a ciel sereno. Uno choc che però con il tempo ha rafforzato in lei la consapevolezza di voler conoscere l’altra figlia di suo padre. Trova anche alcune fotografie, che Giovanna custodisce oggi gelosamente, e che testimoniano come il padre Pierleopoldo non abbia mai smesso di restare in contatto con la figlia Marina. Sono un paio di decine gli scatti segreti che l’ex commissario di governo in Dalmazia ha tenuto con sé fino alla morte. Il suo segreto. Grazie a queste poche immagini Giovanna, oggi 79enne e suo figlio Pierfrancesco, sono riusciti a ricostruire tratti di una storia confusa. «Alcune di queste foto – spiega Pierfrancesco – portano sul retro anche delle dediche scritte da Marina a mio nonno. Inoltre in molti sono ritratti assieme, sia a Trieste che a Milano. Questo significa che mio nonno più volte in quegli anni ha incontrato la figlia sia in Lombardia che nel Friuli Venezia Giulia. Una foto scattata a Trieste risale al 1955. Un’altra ritrae Marina nel giorno della sua prima comunione, sempre a Trieste. Mia madre non sapeva nulla. Solo mia zia è stata vicina a nonno in questa vicenda, come dimostrano anche le foto». Restano però aloni di mistero. Valeria ha raccontato solo frammenti, ha dato delle indicazioni preziose, come il fatto che oggi Marina vive ancora a Trieste ma perché a un certo punto gli incontri si sono interrotti? Perché le foto di Marina arrivano solo fino al suo 18mo anno di età? «Abbiamo tentato di rintracciare Marina per anni – continua Pierfrancesco – ma non è stato facile. Per questo speriamo che con un articolo sul “Piccolo” sia lei a riconoscersi in questa storia e a telefonarci. Potrebbe essere l’unica possibilità perché possa esserci questo incontro». «Mia madre – racconta ancora il figlio della signora lombarda – vive ancora con il desiderio di conoscere la sorella che ha lo stesso sangue di suo padre. Osservando le foto di quando avevano vent’anni le due sorellastre si assomigliano come due gocce d’acqua. Non Zara, sede della Comunità degli Italiani, Fabio Rocchi, Segretario nazionale ANVGD, con la signora Rina Villani, attivissima presidente della Comunità PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI (D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196) La seguente informativa le viene resa ai sensi e per gli effetti del Decreto Legislativo 30 giugno 2003 n. 196 in materia di protezione dei dati personali e concerne i dati forniti all’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, in relazione agli abbonamenti alla rivista “Difesa Adriatica”. Categorie di dati personali oggetto di trattamento, scopi e modalità del trattamento stesso. Le finalità del trattamento dei Dati Personali sono le seguenti: a) permettere la corretta esecuzione delle obbligazioni contrattuali da noi assunte nei confronti degli abbonati e viceversa, nonché degli adempimenti contabili e fiscali seguenti, b) permettere l’adempimento agli obblighi previsti da leggi, regolamenti e normative comunitarie, ovvero a disposizioni impartite da autorità a ciò legittimate della legge e da organi di vigilanza e controllo, c) permettere di svolgere attività di informazione circa nostri ulteriori prodotti e/o servizi, nonché attività promozionali, commerciali e di marketing; attività di rilevazione del grado di soddisfazione degli abbonati. Il trattamento avverrà mediante supporti sia telematici che cartacei, entrambi eventualmente organizzati anche come banche dati o archivi, e comporterà, ove necessario, l’uso di comunicazioni postali, telefoniche e telematiche. I Dati Personali verranno gestiti dal personale addetto che, nominato responsabile e/o incaricato del trattamento secondo la vigente organizzazione aziendale, è preposto al loro trattamento al fine del raggiungimento degli scopi precedentemente indicati. I Dati personali verranno posti a conoscenza dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia – Via Leopoldo Serra 32, Roma - di Caterini Editore Società a.s. – Via Ambrogio Traversari n. 72, Roma - nonché di Spedis S.r.l. – Via dell’Omo n. 128 Roma, nominate responsabili del trattamento, che sono preposte al loro trattamento in outsourcing nel rispetto delle finalità come sopra elencate. Eccetto alle sopraccitate persone, fisiche o giuridiche, enti o istituzioni, non è in alcun modo prevista la comunicazione dei Dati Personali a terzi, ovvero la loro diffusione. Natura obbligatoria dei conferimenti dei Dati Personali e conseguenze in caso di mancata risposta Il conferimento dei Dati Personali ed il relativo trattamento per le finalità indicate sub a) e sub b) nel precedente paragrafo sono strettamente funzionali alla ricezione della Rivista “Difesa Adriatica” e pertanto costituiscono condizione necessaria per poter dar seguito alla spedizione della rivista indicata. Il conferimento dei Dati Personali ed il relativo trattamento per le finalità indicate sub c) nel precedente paragrafo sono invece facoltativi. Conseguentemente, la mancata prestazione del consenso al trattamento comporterà l’impossibilità per l’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, di svolgere le attività ivi indicate, e pertanto, di fornire i beni e/o servizi ivi indicati. 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Titolare del trattamento e disponibilità della lista dei responsabili del trattamento Il titolare del trattamento dei Dati Personali è ll’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia con sede in Roma, Via Leopoldo Serra, 32, nella persona del Direttore Responsabile, D.ssa Patrizia C. Hansen. Qualsiasi comunicazione o atto ufficiale potrà essere inviato presso la sede dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, nella persona del Direttore Responsabile, D.ssa Patrizia C. Hansen, nominato responsabile del trattamento anche per consentire agli interessati l’esercizio dei diritti di cui all’articolo 7 del codice. Una lista completa dei responsabili del trattamento dei Dati Personali è disponibile presso la sede dellAssociazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, Via Leopoldo Serra, 32 Roma. Il modello di consenso sarà spedito a tutti gli abbonati per posta ordinaria o come supplemento a “Difesa Adriatica”. dev’essere difficile per Marina riconoscere nell’immagine di quella ragazza che sorride accanto a un albero la sorella di cui non ha mai saputo l’esistenza. Adesso non importa più quello che è successo nel passato, non importa chi ha voluto mantenere così a lungo quel segreto, ora speriamo solamente di poterla conoscere e abbracciarla. Finalmente». Gorizia chiederà a Frattini l’apertura degli archivi jugoslavi martedì 5 agosto 2008 Il sindaco di Gorizia Ettore Romoli chiederà in settembre al ministro degli Esteri Franco Frattini un nuovo interessamento ufficiale nei confronti dell’apertura degli archivi dell’ex Jugoslavia, che dovrebbero contenere indicazioni precise sulle sorti dei goriziani deportati durante l’occupazione del capoluogo isontino da parte delle milizie titine nel maggio del 1945. A sottolinearlo è stato ieri lo stesso primo cittadino che già nel recente passato aveva posto in primo piano la questione. Ora c’è la concreta possibilità che il ministro degli Esteri possa farsi carico di una richiesta che ormai da decenni viene ribadita dai familiari dei deportati, quella di un impegno serio a livello ministeriale finalizzato a reperire notizie certe sulla sorte dei goriziani che non fecero più ritorno a casa. In settembre Frattini dovrebbe essere di nuovo a Gorizia ed in questa occasione verrà probabilmente richiesto un esplicito interessamento della Farnesina per effettuare un nuovo tentativo teso a far aprire gli archivi dell’ex Jugoslavia. Sono passati quasi due anni e mezzo dal marzo del 2006, quando per la prima volta venne messo a disposizione dei familiari, attraverso il coinvolgimento della Prefettura, l’elenco con 1.048 nomi di cittadini deportati. Quell’elenco era stato trasmesso dal ministro degli Esteri sloveno Rupel al sindaco Vittorio Brancati nel dicembre 2005 tramite il sindaco di Nova Gorizia Brulc. In quel periodo Rupel, in una visita a Gorizia, aveva espresso piena disponibilità ad aprire gli archivi di Lubiana agli italiani. A tutt’oggi, però, dagli archivi dell’ex Jugoslavia non sono ancora emersi gli elenchi che potrebbero fornire indicazioni concrete sulla sorte effettiva dei goriziani deportati durante l’occupazione titina. Noi indaghiamo, gli slavi no venerdì 8 agosto 2008 In un articolo a firma di Dino Messina apparso sul “Corriere della Sera” del 7 agosto, vengono rievocati i crimini italiani nei territori occupati durante il secondo conflitto mondiale. Vi proponiamo uno stralcio, relativo ad un procedimento avviato alla fine degli anni ’40 che intendeva mettere a giudizio i militari italiani che si erano resi responsabili di crimini che andavano oltre le “normali” attività belliche. «Il procedimento si concluse il 30 luglio 1951 con una sentenza del giudice istruttore militare. Questi stabilì che non si doveva procedere nei confronti di tutti gli imputati, perché non esistevano le condizioni per rispettare il principio di reciprocità fissato dall’articolo 165 del Codice penale militare di guerra. Secondo tale norma, un militare che aveva commesso reati in territori occupati poteva essere processato a patto che si garantisse un eguale trattamento verso i responsabili di reati commessi in quella nazione ai danni di italiani. Vale a dire, per esempio: noi processiamo i nostri militari colpevoli, voi jugoslavi condannate i re- Ottobre 2008 19 DIFESA ADRIATICA www.anvgd.it sponsabili delle uccisioni nelle foibe. L’articolo 165», continua Intelisano, «è stato riformato, con l’abolizione della clausola di reciprocità, nel 2002». «Così quando, grazie a libri come Si ammazza troppo poco di Gianni Oliva e Italiani senza onore di Costantino Di Sante, o a trasmissioni televisive e articoli che denunciavano la strage di 150 civili uccisi per rappresaglia da militari italiani il 16 febbraio 1943 a Domenikon, in Tessaglia, si è imposto all’attenzione il problema del comportamento delle nostre truppe, ho deciso di aprire un’inchiesta. Per il momento “contro ignoti” perché noi magistrati, a differenza degli storici, non possiamo processare i morti». Quindi dal 2002 in Italia è possibile mettere sotto processo i militari anche se dall’altra parte ciò non viene fatto. Di una cosa possiamo star certi: se dobbiamo aspettare che nella ex Jugoslavia qualcuno indaghi sui crimini contro gli italiani, allora dovremo aspettare parecchio e probabilmente inutilmente. Potete infatti facilmente immaginare quali interessi siano in gioco. La moralità è una questione di cultura: la cultura della democrazia non è di tutti. In 400 al Raduno dei giuliano-dalmati residenti in Australia venerdì 8 agosto 2008 Oltre 400 persone provenienti dalle principali città australiane si sono date appuntamento al Fraternity Club di Wollongong per partecipare al raduno dei giuliano-dalmati residenti in Australia. L’evento è stato organizzato dalla Federazione dei Circoli Giuliano-Dalmati d’Australia in collaborazione con l’Associazione Giuliani nel Mondo di Trieste. Nel corso della manifestazione è stata inaugurata una mostra documentaria e fotografica sull’emigrazione giuliana in Australia iniziata oltre 50 anni fa. Al raduno era presente anche il presidente dell’Associazione Giuliani nel Mondo, Dario Locchi. I cognomi originali delle nostre famiglie lunedì 11 agosto 2008 Come saprete, tra le due guerre molti cognomi delle famiglie italiane dei territori poi ceduti, furono italianizzati con appositi decreti prefettizi. La Sede nazionale ANVGD è in possesso di molti dei decreti prefettizi delle singole famiglie, con il testo completo e l’indicazione anche di numero e data della Gazzetta Ufficiale. Questi documenti sono gratuitamente a disposizione di chiunque ne faccia richiesta, essendo documentazione pubblica (fax/tel. 06.58 16 852, mail [email protected]). Ecco le 160 famiglie interessate, che vengono riportate in ordine alfabetico del cognome originario, insieme alla località di provenienza e, tra parentesi, il cognome dopo la modifica. Alessich (Alessi) di Lussinpicolo, Andrejasic (Andreassi) di Erpelle Cosina, Andricich (Andricci) di Neresine, Anelich (Anelli) di Neresine. Baicich (Baici) di Neresine, Bancovich (Banco) di Grisignana, Bartolich (Bartoli) di Montona, Belletich (Belletti) di Montona, Bencich (Benci) di Gimino, Berichievich (Bericchio) di Neresine, Bolcich (Bolci) di Capodistria, Bonich (Boni) di Neresine, Bosich (Bossi) di Grisignana e Capodistria, Braicovich (Braico) di Pisino, Brainich (Braini) di Capodistria, Uno scorcio del mare di Wollongong (Australia), dove si è svolto il Raduno dei giuliano-dalmati colà residenti A Southold (New York) il 31 maggio 2008 è mancato all’affetto dei Suoi cari Braiuka (Braiucca) di Pisino, Bravarich (Bravari) di Ossero, Budich (Budi) di Pola, Buich (Bucci) di Neresine, Bulessich (Bulessi) di Pola, Bursich (Borsi) di Sanvincenti, Butcovich (Bucconi) di Dignano. Camalich (Camali) di Neresine, Canaletich (Canaletti) di Neresine, Carcich (Carci) di Neresine, Carlich (Carli) di Neresine, Casalaz (Casali) di Novacco, Cattarinich (Cattarini) di Lussinpiccolo, Cecchich (Cecchi) di Canfanaro, Cernaz (Cerna) di Buie, Cerquenich (Cerqueni) di Maresego, Cessarich (Cesari) di Ossero, Chert (Cherti) di Grisignana, Cinich (Cini) di Buie, Circovich (Circoni) di Pola, Climan (Clima) di Sanvincenti, Cmet (Metti) di Gimino, Cnesich (Nesi) di Neresine, Cociancich (Cociani) di Capodistria, Contich (Conti) di Novacco, Coslovich (Coslovi) di Buie, Cossich (Cossi) di Neresine, Crastich (Crasti) di Castelvenere, Cremenich (Cremeni) di Neresine, Crismanich (Crismani) di Canfanaro, Cucich (Cucci) di Neresine, Cuttich (Cutti) di Dignano. Duianich (Doiani) di Novacco, Faldich (Faldi) di Cherso, Faresich (Faressi) di Neresine, Fornasar (Fornasari) di Rovigno, Francin (Francini) di Neresine, Garbaz (Garbassi) di Neresine, Gasich (Gassi) di Villanova, Gelicich (Gelli) di Castelvenere, Gercovich (Gerconi) di Neresine, German (Germani) di Neresine, Gerolimich (Gerolimi) di Lussinpiccolo, Gherm (Gerni) di Pola, Ghersinich (Ghersini) di Piemonte d’Istria, Grubesich (Rubessi) di Neresine. Jurcovich (Giurco) di Pola, Jurinovich (Giurini) di Sansego, Note dolorose... Mario Zori Era nato a Neresine il 21 novembre 1922. Nel momento più doloroso, Lo ricordano con immutato affetto la moglie Maria, i figli Sergio e Margareth, i fratelli Marino e Antonietta, il cognato Silvano Nalon e tutti i nipoti. La famiglia offre 100 euro all’ANVGD in memoria del loro congiunto, affezionato lettore di “Difesa Adriatica”. • • • Non piangete la mia assenza, sentitemi vicino e parlatemi ancora. Io vi amerò dal cielo come vi ho amati sulla terra. S. Agostino Il 28 luglio 2008, a Roma, si è spenta serenamente, dopo aver affrontato con dignità e coraggio il calvario della sua malattia, Benita Gropuzzo nata a Fiume il 21 marzo 1934. Esule a soli 14 anni, nel 1948, dalla città natale, orgogliosa della sua italianità, visse sino all’ultimo con nostalgia di quegli anni ed il rimpianto di quei luoghi. Con profondo dolore annunciano la Sua scomparsa, affidandone il ricordo alla preghiera di chi Le ha voluto bene, le sorelle Maria e Alida ed il fratello Claudio. • • • Il 6 agosto è serenamente mancata alla rispettabile età di 105 anni Maria Micich ved. Vatta mamma del Presidente della Consulta Regionale ANVGD del Piemonte, Antonio Vatta. Negli ultimi 50 anni della Sua vita è stata un punto di riferimento per molti Esuli a Torino che quotidianamente passavano sotto le Sue finestre. Ha vissuto una vita di esilio dalla Sua Zara, fiera custode della propria famiglia e della Sua identità. Da oggi non ci sarà più la Sua figura e il consueto saluto dalla sua finestra. Tutto il Comitato ANVGD di Torino si stringe attorno a Tonci, Sergio ed ai familiari tutti in questo triste giorno. La Presidenza nazionale dell’Associazione, certa di interpretare i sentimenti più profondi dell’intera comunità giuliano-dalmata nazionale, è vicina ad Antonio Vatta che con tanto amore e dedi- zione ha seguito fino all’ultimo il lungo percorso terreno della Sua adorata mamma. • • • Il 12 agosto, a Venezia, lontana dalla sua Spalato, è mancata all’effetto dei Suoi cari Katja Brajevic Donati Di carattere dolce, era la moglie del nostro vulcanico Ulisse. Un matrimonio felice allietato dalla nascita di due bravi figlioli durato ben 56 anni. Di famiglia dalmata, era nata a Spalato il 24 giugno 1922. Terminati gli studi insegnò a lungo e con impegno lingue e letterature straniere in un liceo spalatino. Ulisse La conobbe a Spalato nel 1941 quando prestava servizio militare come Ufficiale di Artiglieria, e fu subito amore. Un amore che per concludersi felicemente nel sacro vincolo del matrimonio dovette superare le mille peripezie e gli impedimenti burocratici che nel primo dopoguerra caratterizzavano i rapporti tra le due sponde dell’Adriatico. Ulisse esule in Italia e Katja a Spalato, impedita a raggiungerlo. Il matrimonio si celebrò felicemente solo nel 1952. Una favola a lieto fine, un’unione serena negli affetti di una famiglia sempre unita. Rendiamo omaggio al paziente amore di Katja nel temperare la forte ed esuberante personalità di Ulisse, protagonista di importanti iniziative a favore della comunità dalmata. Prima fra tutte quel commovente pellegrinaggio della memoria dei dalmati al cimitero di Zara nel giorno dei Defunti che si ripete ormai da più di vent’anni. Testimonianza del radicato culto delle memorie tra le genti di Dalmazia. Ad Ulisse ed ai figli Michele e Umberto le più sentite condoglianze. (g.v.) • • • È mancato a Trieste, il 20 agosto scorso, a seguito di un incidente stradale Tino Sangiglio presidente dell’Istituto Giuliano di storia, cultura e documentazione, docente all’Ateneo di Trieste e noto studioso di poesia neoellenica. Uomo di raffinata cultura, assieme alla moglie Mariuccia Coretti, pubblicava dal 1988 la rivista «Il banco di lettura». Lazzarich (Lazzari, Lazzarini) di Neresine, Lechich (Lechi) di Neresine, Lenzovich (Lenzoni) di Pola, Lettich (Lettis) di Lussingrande, Linardich (Lenardi) di S. Giacomo, Lissiach (Lissia) di Castelvenere, Lovrinovich (Laurino) di Gimino, Lucacich (Lucani) di Castelvenere, Lupich (Lupis) di Neresine. Macor (Di Marco) di Cittanova d’Istria, Madrussan (Madrussani) di Sanvincenti e Gimino, Majcan (Maisani) di Pola, Marchesich (Marchesi) di Portole, Marcovich (Marchi) di Pola, Marich (Mari) di Canfanaro, Marinzulich (Marinzoli, Marini) di Neresine, Maroevich (Marevi) di S. Giacomo, Marus (Marussi) di Dignano, Marussich (Marussi) di Puntacroce, Matcovich (Matteoni, Marchi) di Neresine, Mattiassich (Mattiassi) di Neresine, Mattica (Matticchio) di Canfanaro e Gimino, Mauricich (Mauri) di Rovigno, Maurovich (Mauro) di Gimino, Mavrovich (Maurini) di Neresine, Mazzan (Mazzani) di Sanvincenti, Merclin (Merchini) di Gimino, Milicich (Milini) di Pola, Milos (Millo) di Buie, Milotich (Milotti) di Rovigno, Milussich (Migliussi) di Puntacroce, Mircovich (Merconi, Marconi) di Neresine e Pola, Mohoraz (Ermacora) di Pola, Momich (Morelli) di Pisino, Muzenic (Moseni) di Villa Decani. Olovich (Olovini) di Neresine, Pamich (Pami) di Gimino, Percovich (Buranello) di Pola, Petrovich (Petroni) di Rovigno, Picinich (Piccini) di Lussinpiccolo, Pinezich (Pinesi) di Neresine, Podgorsek (Premonte) di Pola, Poropat (Poretti) di Rovigno, Prelaz (Prelazzi) di Buie, Pucich (Pucci) di Gimino, Puzzer (Pozzi) di IN MEMORIA DI TOMASO DE VERGOTTINI Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo significativo ricordo dell’ambasciatore de Vergottini, scomparso recentemente, nobile figura di istriano e di diplomatico. Ambasciatore d’Italia a Montevideo, nato a Parenzo nel 1933, de Vergottini è morto in Uruguay il 26 maggio 2008. L’avevo conosciuto a Santiago del Cile nel 1977: era molto giovane per le grandi responsabilità che aveva dovuto assumersi, facendo le veci dell’ambasciatore che si era “diplomaticamente” allontanato da Santiago, per non essere ufficialmente responsabile di quanto avveniva nella sua sede. De Vergottini sapeva che ero una scrittrice e mi fece visitare l’Ambasciata. «Nei momenti critici della presa del potere di Pinochet», mi disse, «abbiamo dato asilo in questi locali fino a 700 persone perseguitate dal nuovo regime. Comunisti e socialisti, ma anche intellettuali sospettati di esserlo. Abbiamo vissuto mesi tremendi, ma li abbiamo salvati. Adesso è rimasta solo una coppia con una bambina di sette anni, e sono preoccupato per la bambina, chiusa da anni in una stanza. E non può uscire perché su questi ultimi “rifugiati” Pinochet non intende transigere. Venga a conoscerli, sarà per loro un giorno diverso dagli altri». La bambina guardava il muro, totalmente assente. I genitori mi salutarono senza speranza, de Vergottini tirò una tendina della finestra e guardai giù. Nella strada c’era un soldato con il fucile in spalla, che guardò in su. «Sono comunisti?» gli domandai congedandomi. Lui mi guardò serenamente. «Ci hanno chiesto aiuto» disse. Quel che non ho ancora detto è che sapevo che suo padre era stato gettato in una foiba, ucciso dai comunisti. È morto con de Vergottini un nobile rappresentante della cultura adriatica, un personaggio incomprensibile a certa sinistra impegnata a giustificare le Foibe. Ricordiamolo insieme a Palatucci e ai nostri martiri infoibati. Maria Silvia Codecasa 20 DIFESA ADRIATICA Ottobre 2008 www.anvgd.it Grisignana, Radovan (Radovani) di Visignano, Rogovich (Rocco) di Neresine, Roinich (Roini) di Gimino, Rosicich (Rossi) di Neresine, Rucconich (Rocconi, Rucconi, Rucconigi) di Neresine, Rudan (Rodani) di Gimino e Sanvincenti, Russian (Conte) di Lussingrande, Rutter (Rotteri) di Rovigno. Sattalich (Sattali) di S. Giacomo e Neresine, Scopinich (Scoppini) di Lussinpiccolo, Sepich (Ceppi) di Capodistria, Sgrablich (Grabelli) di Rovigno, Sigovich (Sigovini, Sigoni) di Neresine, Simunovich (Simeoni) di Sanvincenti, Sindicich (Sindici) di Neresine, Sironich (Sironi) di Pola, Slocovich (Locchi) di Dignano, Soccolich (Soccoli, Soccolini, Rocchi) di Neresine, Soldatich (Soldati) di Orsera, Sossich (Sossi) di Rovigno, Stanich (Stagni) di Neresine e Pola, Sugar (Sugari) di Gimino, Sucich (Succi) di Neresine. Tancovich (Tanconi) di Gimino, Tomasich (Tomasi) di Pola, Tomsig (Tommasi) di Gorizia, Ursich (Orsi) di Rovigno, Vattovaz (Vattovani, Burlini) di Buie e Capodistria, Verch (Verco) di Gimino, Vescovich (Vescovi) di Neresine, Vidovich (Vidoni) di Neresine, Vinovich (Vinoni) di Buie, Viscovich (Vescovi) di Pola, Vitcovich (Vitoni, Vittori) di Neresine,Vodinelich (Vodinelli) di Lisignano, Vodopich (Vodinelli) di Neresine. Xicovich (Montonesi) di Pola, Zatcovich (Zacconi) di Sissano, Zernich (Cerni) di Novacco, Zimich (Zino) di Lussinpiccolo, Zivolich (Zivoli) di Gimino, Zohil (Zocchi) di Gimino, Zorich (Zori) di S. Giacomo, Zorovich (Menesini, Zorini, Zoroni) di Neresine, Zuccherich (Zuccheri) di Dignano e Sanvincenti, Zuchich (Zucchi) di Neresine, Zuclich (Zucchi, Zuccoli, Zulli, Zulini) di Neresine, Zuprich (Soprini) di Gimino, Zustovich (Zusto) di Pola, Zvitich (Viti) di Gimino. Mario Andretti a Trieste per il 55° della Famiglia Montonese mercoledì 13 agosto 2008 L’indimenticato pilota campione di Formula Uno Mario Andretti sarà a Trieste in ottobre in occasione dei festeggiamenti per il 55° anniversario della fondazione della Famiglia Montonese (aderente all’Unione degli Istriani): lo annuncia il numero 89 di “4 ciacole sotto la losa”, periodico del sodalizio. Mario Andretti, montonese doc, è dal 2007 è Sindaco del Libero Comune di Montona in Esilio. Residente negli Stati Uniti da tempo, non ha mai abbandonato l’affetto per il suo luogo natale. La Famiglia Montonese avrà così un ospite d’eccezione, che tra l’altro incontrerà ufficialmente il sindaco di Trieste Dipiazza. Questa importante iniziativa della Famiglia Montonese si aggiunge a numerose altre in corso e alla rinnovata grafica del notiziario periodico. Una vitalità non comune che si aggiunge alla costante collaborazione con altre anime dell’Esodo, sintomo che la strada giusta del dialogo e della mutua collaborazione sono le vere basi per un univoco cammino del popolo dell’Esodo, lontano dalla propaganda e dalle parole urlate, vicino alle reali esigenze degli Esuli e alle loro aspirazioni. Un altro pezzo d’Istria alle Olimpiadi di Pechino mercoledì 13 agosto 2008 Non c’è solo l’azzurra Granbassi a rappresentare l’Istria italiana a Pechino. Aggiungiamo nel nostro albo d’oro anche David Corrente, della naziona- le canadese di baseball. L’istriana nonna Norma aderisce alla Lega Istriana degli Esuli residenti in Canada. Dei 331 atleti della complessiva compagine canadese a Pechino, 9 sono di origine italiana. La notizia ci arriva dal mensile “El Campanil”, voce degli Esuli giuliano-dalmati di Chatam nell’Ontario. Cittadinanza italiana: CDM (Trieste) punto di riferimento mercoledì 13 agosto 2008 Acquisizione della cittadinanza italiana e diritti pensionistici sono i due campi sui quali UIM (Unione Italiani nel Mondo) e ITALUIL si sono attivati da tempo con la creazione di patronati nel mondo per dare sostegno ed aiuto concreto nella soluzione di problematiche spesso complicate dagli eventi della storia del Novecento. La loro attività si svolge su due direttrici: rapporto con i diretti interessati per tramite dei patronati in loco, dialogo continuo con il Governo per interventi sul piano legislativo a favore degli italiani nel mondo. Parte degli esuli giuliano-dalmati emigrati nelle Americhe, Australia e Sudafrica ancora oggi devono affrontare lungaggini burocratiche per vedere riconosciuti i propri diritti di cittadini italiani provenienti da un territorio che è stato tolto all’Italia dopo la seconda guerra mondiale. Se ne è parlato recentemente durante un incontro svoltosi al CDM di Trieste (Centro di Documentazione Multimediale della Cultura Giuliana Istriana Fiumana e Dalmata) con i massimi esponenti della UIM e ITALUIL di Trieste e regione, Luigi Weber e Luigi Rosa Teio. E’ stato stabilito di offrire aiuto e supporto, al fine di risolvere questioni ancora aperte che la nuova legge sulla cittadinanza permette di rivedere e completare. A distanza di tanti anni, molti connazionali hanno difficoltà a reperire un certificato di status di profugo, oppure a dimostrare il loro diritto di appartenenza al territorio adriatico prima del 1947 per poter acquisire il diritto di cittadinanza per sé e per i propri figli. Sono solo alcuni degli aspetti che si stanno affrontando insieme attivando le strutture esistenti ma anche coinvolgendo gli uffici competenti in Italia e all’estero e attingendo dall’esperienza già acquisita della UIM ma anche delle strutture locali legate alla Federazione degli Esuli e all’ANVGD, che sono pronte ad attivarsi per fornire notizie e suggerimenti nei campi specifici. A tale scopo s’invitano i giuliano-dalmati residenti all’estero e senza cittadinanza italiana, a scrivere al CDM (Via Fabio Filzi, 6 - Trieste 34132), o via mail a [email protected], per segnalare il proprio caso che verrà sottoposto a UIM e ITALUIL per vagliare le possibilità di una soluzione. In tale senso queste strutture sindacali attiveranno anche i propri rappresentanti eletti in Parlamento sia in Italia che all’estero. Su tutto l’operato verrà informata puntualmente l’Associazione Giuliani nel Mondo. Primo risultato ottenuto è la risposta della Prefettura di Trieste che ha fatto pervenire un modulo agli interessati per richiedere un certificato dello status di profugo. Torino festeggia i 100 anni di Maria Relia sabato 16 agosto 2008 La casa di riposo Carlo Alberto di Torino ha festeggiato un compleanno molto speciale. La signora Maria Relia ha infatti raggiunto cento primavere. Nata a Pola nel 1908, abbandona la penisola dopo la sua annessione alla ex Jugoslavia e nel dopoguerra giunge come profuga all’ombra della Mole. A Torino lavora per anni come operatrice in una mensa gestita dalle suore. Chi la conosce bene, come le sue vicine di casa, la descrive come una donna molto orgogliosa e tenace, dotata di una grande forza interiore e con una salute di ferro. Fino all’età di 95 anni infatti non ha mai avuto malattie gravi o assunto farmaci e solo da un anno è ospite della casa di riposo. E ieri pomeriggio in molti hanno voluto essere presenti per festeggiare insieme alla signora Maria questo importante ed invidiabile traguardo. Amici, personale, operatori della cooperativa Quadrifoglio e degenti della casa, e soprattutto la nipote Ines si sono radunati nel piccolo giardino per omaggiare l’ospite più longeva con mazzi di fiori, tra i quali quello del Comune di Torino. Maria ha ringraziato tutti e si è concessa orgogliosamente agli obiettivi dei fotografi. La banda musicale del GTT, intervenuta per l’occasione, ha allietato l’atmosfera eseguendo per la festeggiata alcune melodie della tradizione italiana. A Caorle una via ai Martiri delle Foibe venerdì 22 agosto 2008 La giunta comunale di Caorle, con propria delibera, ha deciso di attribuire alla nuova area di lottizzazione “Silvia” in località Ottava Presa, la denominazione di Via Martiri delle Foibe. La decisione è stata presa a seguito di un’istanza presentata dal presidente del consorzio urbanistico “Silvia”, il quale proponeva che una strada di quel nuovo quartiere, in fase di realizzazione, venisse intitolata a Norma Cossetto, una giovane studentessa universitaria di soli 23 anni che, dopo essere stata brutalmente violentata da alcuni partigiani titini, venne gettata ancora viva nella foiba di Villa Surani nella notte tra il 4 e il 5 ottobre del 1943. La nuova via è situata tra via Civetta e Strada Ottava Presa; la denominazione diverrà valida solamente dopo l’autorizzazione della Prefettura e sentito il parere della Deputazione di Storia Patria per il Veneto. Incontro Rocchi-Villani a Zara mercoledì 27 agosto 2008 Si è tenuto oggi a Zara nella sede della Comunità degli Italiani, un incontro tra il segretario nazionale ANVGD Fabio Rocchi e la presidente della Comunità Rina Villani. La presidente Villani ha illustrato l’operatività della sede, concepita architettonicamente per sfruttare tutti gli spazi ed offrire un punto d’incontro invidiabile per gli italiani nel centro storico cittadino. Nel corso dell’incontro è emersa pressante la necessità dell’apertura di un consolato italiano a Zara, anche perché in realtà, soprattutto nel periodo estivo, la sede della Comunità già svolge alcune attività in favore degli italiani in transito turistico. Il segretario Rocchi ha poi potuto apprezzare le moltissime iniziative che la Comunità degli Italiani di Zara ha costantemente in cantiere, grazie anche ad una proficua collaborazione con le istituzioni locali, frutto di una minuziosa opera di sviluppo culturale in terra oggi croata basato sul reciproco rispetto dei ruoli e delle idee. A 90 anni dalla fine della Grande Guerra Le celebrazioni a Trieste Attesi circa 20mila militari fra morativi e successiva sfilata per le vie di Trieste. paracadutisti, bersaglieri, alpini e Sedi delle manifestazioni e delartiglieri per la solenne celebraziole iniziative saranno il Salone degli ne a Trieste, nei giorni 2 e il 3 noIncanti (ex Pescheria), il Civico vembre prossimi, del 90.mo anniMuseo del Risorgimento, Palazzo versario della fine della Prima guerGopcevich e in altri siti. ra mondiale, celebrazione voluta È previsto un convegno interdalla Giunta comunale in collabonazionale inteso a porre in luce gli razione con ASSOARMA. «Ci aspettiamo un arrivo masavvenimenti, i fermenti culturali, le siccio di turisti e soci dell’ASSOARMA, tendenze artistiche che si sono sviluppate durante il Risorgimento tra migliaia di persone che affolleranno le strade di Trieste per parteci- Un momento di pausa per i soldati, il 1848 e il 1918, con particolare attenzione alla peculiarità di Triepare al secondo grande raduno al riparo di una trincea ste, città soggetta all’Impero nazionale delle associazioni d’arma», ha confidato alla stampa l’assessore ai Lavori pub- absburgico. Una mostra parallela esporrà opere d’arte, blici e al coordinamento dei grandi eventi, Franco documenti, fotografie, stampe, manifesti e testimonianze che illustreranno l’ambiente nel quale si andò sviluppanBandelli. Il programma prevede, il 2 novembre, una Messa do l’irredentismo triestino, i suoi esponenti e i rapporti solenne e gli omaggi alla Risiera di San Sabba e alla Foiba che questi ebbero con l’Italia, cui si sentivano indissoludi Basovizza; nel pomeriggio concerti pubblici e, in sera- bilmente legati per vocazione e destino. Le celebrazioni saranno precedute il 26 ottobre con ta, un concerto al Teatro Verdi. Grande attesa per la simulazione del 3 novembre di una seduta straordinaria del Consiglio comunale durante uno sbarco di bersaglieri, seguito dallo schieramento dei la quale sarà conferita la cittadinanza onoraria alle inferreparti militari in Piazza dell’Unità, interventi comme- miere volontarie della CRI. La Redenzione del novembre 1918 fu celebrata in tutta l’Istria. Una cartolina commemorativa raffigurante Capodistria nel dì della redenzione 4.XI.1918. Illustratore A. Zazzo, Editore B. Lonzar, Capodistria 1919 Sulle Rive, il 10 novembre 1918, la folla in attesa del Re d’Italia (foto www.leganazionale.it)