LE FRATTURE

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LE FRATTURE
Lezione di ortopedia
27 marzo2003
ore 14 –16
dott.sa Nolli
sbob. Sara Terrevazzi
LE FRATTURE
Come avevamo detto la volta scorsa l’intenzione è quella di impostare il corso, non su lezioni
teoriche, ma sul coinvolgere voi nell’esecuzione della lezione.
Si parte da un argomento che sono le fratture, formazione del callo osseo, possibili complicanze;
definiremo i concetti che vi serviranno poi per il corso e per l’esame. Parleremo poi, in modo
abbastanza rapido, delle fratture che interessano l’arto superiore (non perché siano meno importanti,
ma perché hanno classificazioni specifiche).
Dalla prima parte però si può capire la seconda: la classificazione della frattura dell’omero
ricalcherà i principi delle fratture in generale. Vi facciamo vedere una carrellata di casi che
riguardano le fratture dell’arto superiore: digitarie, metacarpali, quelle del carpo, quelle del radio,
quelle dell’ulna e radio all’avambraccio, dell’omero. Verranno proiettate delle diapositive.
Cercheremo di sottolineare quelle che sono le nozioni più importanti da ricordare. Per chi vuole
approfondire: avete il libro sul quale poter andare più a fondo.
D: Cos’è una frattura?
R: La frattura è una soluzione di continuo dell’osso.
D: Se dovessi classificare le fratture, come le incominceresti a dividere? Badate bene che bisogna
tenere conto dei criteri di classificazione, che saranno legati al meccanismo traumatico, al
meccanismo di frattura. Quindi distingueremo tra fratture traumatiche, che sono sicuramente la
maggior parte, però non abbiamo solo delle fratture da trauma…e allora, possiamo immaginare che
ci possa essere qualcuno che ha dolore inconsueto ad una sede ossea, che non ha avuto un trauma e
che in quella sede ci possa comunque essere una frattura?
R: Nei processi osteolitici, nei tumori.
D: Altri processi osteolitici oltre al tumore…
R: Osteoporosi.
D: Bene, nel senso che questi sono i due meccanismi principali. Quindi vi potete aspettare che siano
sempre forme tumorali di cui già voi conoscete la predittività, oppure no?
R: No.
D: No, ovviamente: possono esserci forme tumorali benigne, cisti ossee, che non sono passate
misconosciute, un meccanismo traumatico limitato, il paziente avrà dolore. Alla radiografia si vede
un’area di osteolisi, magari una cisti benigna, che si è rotta per un trauma banale.
Ritorniamo alla distinzione: abbiamo fratture traumatiche, nelle quali c’è una storia di trauma, di
contusione, …e fratture spontanee o patologiche.
In un caso avete la storia di incidenti, di una caduta, di una contusione…nell’altro caso non avrete
nessuna storia di contusione, perché le fratture di tipo patologico o spontaneo, come dice il termine
stesso, possono essere anche causate da un trauma banale. Vi potete quindi aspettare in pronto
soccorso la descrizione clinica…cioè il paziente con frattura spontanea o patologica cosa vi viene a
raccontare?
R: Stava scendendo le scale e ha avvertito dolore…
D: Ok, ha avvertito dolore quindi non c’è una storia traumatica. Che tipo di età avrà questo
paziente, con una frattura spontanea?
R: Sarà un paziente anziano.
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D: Anziano e osteoporotico, oppure avremo un paziente che ha una storia di neoplasie in altra sede,
per cui a distanza di tempo possiamo avere una problematica di questo tipo.
Dobbiamo quindi fare sempre un’anamnesi accurata, la storia clinica, perché un dolore può essere
niente, quindi transitorio, da sottovalutare, piuttosto che invece una frattura spontanea.
Il risultato qual è: non di fare una radiografia a tutti i pazienti, però sicuramente sarà importante
indagare quelli che sono i segni certi di frattura.
Quindi importanti sono: ANAMNESI, STORIA CLINICA, ESAME DEL PAZIENTE.
Oltre al meccanismo traumatico, le fratture possono essere classificate, soprattutto considerando
quelle traumatiche, in aperte o chiuse e questo conduce a problematiche diverse, perché la frattura
aperta è un’urgenza, ossia necessita di un lavaggio accurato, per evitare il problema delle infezioni,
una terapia antibiotica, una stabilizzazione precoce; la frattura chiusa invece non mi pone il
problema di un’urgenza assoluta, a meno che non succeda qualcosa. Quando una frattura chiusa può
diventare un’emergenza?
R: Quando ha creato la lesione di un vaso.
D: La vostra compagna ha detto bene: quando ha creato una lesione di un vaso!
Quindi come faccio a rendermi conto: devo fargli un esame obiettivo anche dei polsi periferici.
Un paziente traumatizzato arriva in pronto soccorso perché ha male, ha una storia di incidente, la
prima cosa da fare è vedere se in quella zona, che lui riferisce di dolore, è aperta o chiusa, se c’è una
ferita, non c’è una ferita.
Se non ha una ferita cosa mi posso aspettare di vedere clinicamente in sede di frattura?
R: Un’alterazione del profilo…
D:…una tumefazione: questo nella maggior parte dei casi, perché ci sono fratture in alcune sedi,
come vedremo poi per lo scafoide, che non danno segno di sé, se non minimo dal punto di vista
sintomatologico.
Per cui in generale parliamo di arto superiore, arto inferiore, ha dolore, è tumefatto, è gonfio,
valutiamo una deformità del profilo, se è scomposta, perché se è composta non ha nessuna
deformità; poi inizio a toccare questa parte dove fa male, ovviamente sempre con cautela, e la prima
cosa che cerco di riscontrare è il polso periferico della zona a valle: polso radiale dell’avambraccio,
pedidio se è all’arto inferiore, popliteo se parliamo di femore.
L’altra cosa che devo verificare in una lesione chiusa oltre ai polsi e quindi la continuità vascolare,
cosa sarà?
Altre strutture importanti…
R: I nervi
D: I nervi esatto! E cosa posso avere?
R: Parestesie.
D: Ecco posso avere sintomi prevalentemente sensitivi, oppure una vera e propria paralisi motoria,
se la contusione è molto importante. Vi vengono in mente delle sedi, dove potrei avere questi casi –
una cosa che vi raccomando è quella di avere un’idea abbastanza chiara dell’anatomia- pensate agli
arti superiori o inferiori quali sono i punti in cui una frattura dà una compressione o una lesione di
un nervo?
R: Nervo mediano.
D: Nervo mediano, sì in che caso? Ossia: nervo mediano e tunnel carpale in che tipo di fratture?
R: Del polso.
D: Del polso ma quale? Delle ossa del polso, del carpo? No, o per lo meno difficile, a meno che non
ci sia una lussazione. Una frattura dell’epifisi distale del radio scomposta anteriormente,
volarmente, mi può dare una compressione del nervo radiale. E’ difficile che ci possa essere una
sezione netta del nervo da parte di un frammento osseo, il trauma deve essere molto forte, devono
essere fratture esposte. Generalmente c’è una compressione.
Altre sedi dell’arto superiore di nervi che possono essere compressi? Ricordate il decorso dei nervi
periferici dell’arto superiore…nessuno ha qualche idea brillante…
R: Ulnare, gomito.
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D: Per che tipo di frattura? Pensate al decorso del nervo ulnare: passa nella doccia olecranica
mediale. Quindi cosa può schiacciare il nervo? L’omero, il condilo (omerale, mediale), quindi le
fratture sovracondiloidee di omero- ricordate questa cosa importante- possono creare una
compressione del nervo ulnare e dei vasi e dare una sindrome da compressione, s. di Volkmann- che
poi voi sarete bravissimi e andrete a studiare- s. ischemica, quindi vascolare, ma anche con
sintomatologia nervosa.
Altri nervi che possono essere compressi nell’arto superiore? Il paziente è arrivato: dovrò valutare
tutti i distretti, dunque gli faccio un esame obiettivo e gli dico :- lei sente o non sente?- dovrò pur
andare a toccare le parti o vedere come questo muove. Ad es. ha avuto un trauma al braccio, è
caduto in moto, ha dolore a tutto il braccio: io devo valutare il polso al volare, al gomito e la radiale
e l’ulnare, ci sono i polsi. Poi gli chiedo se sente formicolio.
Ma il paziente ha male a tutto, non sa dirmi esattamente se ha formicolio o no: devo farlo muovere,
vedere se ci sono delle parti motorie. Cosa gli faccio muovere, se il trauma è stato all’omero? Che
nervo testo? Abbiamo detto che ha avuto un incidente in moto ed è caduto sul braccio…che
movimento gli faccio fare? Allora l’avambraccio è a posto…ho sentito una parola che aveva un
senso: estensore…di che cosa?
R: Dell’avambraccio.
D: Sì, perché dici questo? Da che cosa è comandata l’estensione del polso?
R: Mediano e ulnare.
D: No, sbagliatissimo! L’estensione del polso da che nervo è comandata?
R: Nervo radiale.
D: Ok, ma perché vi domando questo, perché il nervo radiale è uno dei più facilmente compromessi
nelle cadute, quindi ipotesi: frattura di omero, perché passa nella doccia di torsione posteriore
all’omero e il radiale a questo livello mi dà dei rami periferici, che se lesi mi danno deficit di
estensione del polso- quindi estensore radiale lungo e breve del carpo- di estensione delle dita, man
mano che scende- ricordatevi il decorso dei nervi e che cosa innervano- e la sensibilità di che zona ?
R: Del dorso della mano.
D: Bene! Cosa mi aspetto di vedere in un paziente in pronto soccorso, a cui ho fatto già una lastra e
ho visto che c’è una frattura scomposta dell’omero? Come dice lei, giustamente, la mano a
penzoloni: questo è uno dei segni ,la mano che cade, cadente.
Quindi, ritornando al discorso precedente, se io ho una frattura chiusa questa diventa un’urgenza,
ossia è necessario che io la stabilizzi subito, se questa comprime i vasi importanti, che possono
darmi ischemia, oppure dei nervi, che ovviamente mi danno una paralisi non posso farlo aspettare
12, 24, 36 ore prima di decomprimere il nervo, che può andare incontro ad un danno irreversibile.
Questo per quanto riguarda il meccanismo delle fratture traumatiche.
Per quanto riguarda le fratture spontanee o patologiche colpiranno prevalentemente dei distretti
delle ossa soprattutto, parlando di osteoporosi, la zona di spongiosa dell’osso: avrò un crollo, perché
nell’osteoporosi le ossa, che si fratturano, sono sì le ossa lunghe, ad es., il femore, ma a livello della
testa del femore, del collo del femore, per una caduta magari banale, che mi dà un meccanismo
traumatico, in più c’è la frattura di osteoporosi.
Altro esempio di sede tipica di fratture dell’osteoporosi sono le vertebre, dovute al fatto che ho
dell’osso spongioso, dove il carico mi crea un crollo dell’osso trabecolare. Il dolore è modesto, è
presente ma è sordo, continuo, non avrò una grande tumefazione.
La diagnosi di certezza di frattura viene data dalla radiografia. Posso comunque valutare: se il
profilo è alterato, se il paziente ha dolore, se la parte è tumefatta, gonfia. Molto importante è
l’individuazione di movimenti preternaturali.
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Le fratture spontanee sono, per riassumere, causate da:
- Osteoporosi
- Cisti
- Osteomieliti
- Metastasi ossee- più frequentemente da ca. mammario, tiroideo, prostaticoLe fratture traumatiche posso essere classificate in base a:
1. al meccanismo traumatico, che è importante, perché individuandolo possiamo già organizzarci;
2. in base alla rima di frattura, ad esempio quelle trasversali sono le fratture più stabili, anche se
bisogna valutare che non ci siano tendini, che provocano diastasi;
3. altro criterio di classificazione è in base alla dislocazione dei monconi di frattura:
- ad latus
- ad longitudinem
sono le più importanti.
Dovrò poi valutare le condizioni generali del paziente e soprattutto se:
- il sensorio è integro
- la pressione non è eccessivamente bassa
- il paziente è tachicardico
Vediamo ora quali possono essere le complicanze delle fratture: possono essere generali o locali.
COMPLICANZE GENERALI
1. Una delle complicanze più gravi è lo shock emorragico
2. Embolia grassosa
3. Tromboembolia
4. Polmoniti
COMPLICANZE LOCALI
1. Per le fratture esposte sono:
- osteomieliti
- infezioni
2. Per le fratture chiuse sono:
le sindromi compartimentali: ricordatevi, per le fratture sovracondiloidee di omero, la sindrome di
Volkmann; per le fratture dell’epifisi distale di radio, una sindrome del tunnel carpale oppure,
diciamo, possiamo avere delle complicanze come l’algodistrofia o M. di Sudek, in cui si instaura un
meccanismo di tipo reattivo neurovegetativo di dolore, di non reattività della parte.
Per una frattura di bacino il paziente può perdere fino a 4l di sangue; per una frattura del femore
fino a 6l; per una frattura di omero i valori sono un po’ più bassi, 1l. Ovviamente questi valori sono
indicativi, dipendono dal soggetto, da tutta una serie di questioni, però sono abbastanza indicative di
cosa mi posso aspettare in un traumatizzato.
TRATTAMENTO DELLE FRATTURE (discorso generale)
Il trattamento potrà essere:
- conservativo, quindi riduzione della frattura e immobilizzazione
- chirurgico, se non riesco a ridurre la frattura manualmente, la dovrò ridurre aprendo e cercando
di accostare i segmenti di frattura. Se questa frattura poi è instabile, cercherò di tenerli in sede
con dei mezzi di sintesi, che possono essere: l’inchiodamento endomidollare, l’osteosintesi con
placche e viti o con un fissatore esterno.
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FORMAZIONE DEL CALLO DI FRATTURA
D: Chi ha un’idea di come avviene la riparazione di una frattura? Si forma subito osso? Cosa
succede?
R: Avremo un ematoma.
D: Un ematoma come evolve? Diventa osso? Diventa cartilagine? Cosa diventa?
R: Diventa osso, ma non osso compatto.
D: E da dove nasce questo osso non compatto?
R: Dalla deposizione di calcio.
D: Sì, però io ho rotto un osso e si è creato un ematoma, in cui c’è sangue, cosa succede? Si
organizza, quindi cosa si forma?
R: Un coagulo.
D: Un coagulo, quindi fibrina, tessuto fibroso che cerca di tenere insieme e ridotti i frammenti,
forma un ponte, un manicotto; le cellule, i fibroblasti , si differenziano- tra cui alcune cellule
istiocitarie- in osteoblasti.
Gli osteoblasti, a loro volta, determinano la formazione di un osso osteoide, osso primitivo, con
deposizione di sali di calcio. Secondo voi dopo quanti giorni si inizia a formare questo osso?
R: 7 giorni.
D: No troppo presto! Dopo circa 1 mese, 20-30 giorni. Allora: nei primi 5 giorni si forma
l’ematoma, in 15 giorni si forma il tessuto fibroso, dai 20-35-40 giorni si forma tessuto osseo
primitivo, che non è organizzato.
Ricordatevi com’è organizzato l’osso con i canali di Havers, con gli osteomi…ok! Diventa osso
organizzato a distanza di qualche mese.
Perché secondo voi è importante sapere il meccanismo di riparazione dell’osso.
R: Per controllare l’evoluzione.
D: E per fare che cosa, per esempio? Per decidere se muoverlo o non muoverlo!
Il paziente vi chiederà infatti:- ma io per quanto lo tengo il gesso-? Cosa gli rispondete?
R: 1 mese.
D: 1mese, gli dite. No! La risposta è: dipende dal distretto, dall’età del paziente, dipende da quanto
io sono stato bravo a ridurre i monconi di frattura, ad avvicinarli, perché più vicini sono, meno
diastasi ho, più precoce sarà la formazione del callo, che è di 2 tipi:
1. endostale (di cui abbiamo parlato adesso)
2. periostale, molto più rapido, che si verifica solo dove ho periostio, dove la trasformazione delle
cellule, in genere osteoblasti, è più rapida perché deriva da uno strato di cellule che sono
differenziate, che costituiscono il periostio. Per cui questo si trasforma velocemente in
osteoblasti, mi depositano i sali di calcio, che formano un manicotto.
Spesso vi sarà capitato di vedere delle radiografie di una frattura di un osso lungo di un conoscente,
trattata con il gesso, in cui vedete una deformità dell’osso che si è formato.
Quindi il discorso conclusivo che cos’è: il paziente ingessato deve essere monitorato per i primi 1520 giorni perché io devo essere sicuro/a che il mio gesso abbia una tenuta, che si sia formato un
manicotto fibroso, che mi tiene vicini i monconi e che, anche quando si è sgonfiato l’arto
traumatizzato, il mio gesso abbia tenuta.
Il risultato cos’è: io metto un gesso all’avambraccio, è ridotto, mi sembra “bello” l’avambraccio,
non gli dico:- vada ci vediamo tra 40 giorni…- il tempo in cui si sarà formato il callo primitivo, ma
dovrò rivederlo sotto gesso per vedere se, quando l’arto si è sgonfiato, il gesso ha ancora una sua
tenuta e non c’è stata la scomposizione dei monconi, perché ovviamente finché non si è formato il
callo fibroso, che mi tiene, sono a rischio. Poi, una volta che si è formato il moncone, lo farò tornare
a distanza di tempo, perché mi aspetto di vedere la formazione di un callo osseo.
Tante volte si decide di rimuovere il gesso anche quando la rima non è completamente chiusa,
perciò avrò già dei segni di callo periostale. Come vi ho detto il callo periostale è più rapido di
quello endostale.
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Quando tolgo il gesso al paziente, questo mi chiede:- ma io posso andare ancora a giocare a calcio,
a pallavolo…?- bisogna dirgli che, per i primi 2-3 mesi, deve avere una certa cautela, perché la
formazione del callo definitivo avverrà in tempi un pochino più lunghi.
I 2 meccanismi endostale/periostale sono combinati nelle ossa lunghe dove ho periostio; dove non
ho periostio, la zona delle ossa spongiose, il meccanismo di formazione del callo, ad esempio per
una vertebra, non avrò la formazione del callo periostale, ma avrò solo un meccanismo endostale.
Faccio una carrellata di fratture.
Frattura delle falangi: è raro che possano essere trattate in modo conservativo, perché qui si
inseriscono le arterie di strutture che tirano e che quindi tendono a scompormi la frattura.
D: Secondo te che cosa sono i meccanismi di scomposizione di una frattura?
R: Le strutture anatomiche, i legamenti, che si inseriscono e creano una trazione.
D: In questo caso, nella frattura prossimale alla falange avrò i tendini estensori, i legamenti tendono
ad aprirmi la frattura quindi dovrò mettere una vite- sono solo esempi è inutile entrare nella parte
chirurgica fine- .
In questo caso il tipo di callo che si formerà…guardate la sede e datemi la risposta corretta. Che
tipo di callo prevalente sarà? Alla base della falange prossimale cos’ho: osso spongioso,
periostico…?
R: Spongioso con callo endostale.
D: Quindi è necessario fare una sintesi stabile perché lì non si forma facilmente il manicotto
periostale, che mi tiene i due frammenti. È necessario che sia ben compattato e ben ridotto perché si
formino il suo callo.
Frattura articolare: si inseriscono da una parte i legamenti, dall’altra è interrotta e quindi si
scompone. Uno degli scopi della parte chirurgica non è solo quella che si formi un callo, ma
soprattutto, se le fratture interessano gli impianti articolari , che le superfici articolari siano
ricostituite, perché altrimenti perdo anche il movimento dell’articolazione.
A cosa va incontro un paziente mal trattato con una superficie articolare? Perché è importante
ricostituire una superficie articolare in modo corretto?
R: Per l’artrosi.
D: Giusto! Se io ho due superfici articolari con un gradino, oltre al fatto che fa male, ci sarà
un’usura diversa dei due gradini, perché una è in contatto con la superficie e l’altra no. Inoltre il
paziente ha male, non muove, è rigido.
Frattura pluriframmentaria: metteremo dei fili di Kierschner. L’ideale è fare una sintesi stabile,
mettere delle viti, che ti permettono di muovere velocemente, perché lo scopo è di far muovere le
superfici articolari a monte e a valle della frattura, il più precocemente possibile. Devo anche
garantirmi di avere un focolaio stabile, altrimenti non si forma il callo.
Le sintesi stabili sono il poter avvitare, il poter mettere delle placche, il poter tenere tutto fermo per
far muovere velocemente.
Ci sono dei casi in cui le fratture sono talmente brutte, talmente pluriframmentate, che io non posso
fare questa scelta, che sarebbe ideale, ma sono obbligata a fare delle sintesi che vengono chiamate
sintesi di minima, per cercare di mantenere tutta questa parte fratturata in asse, ossia che non abbia
delle rotazioni, metterò solo dei fili di Kirschner, metallici, e sarò obbligato a tenerlo fermo per più
tempo. Questo significa che il paziente potrà andare incontro a rigidità.
Fratture trasversali a livello metacarpale; sono in teoria abbastanza stabili, però purtroppo si creano
delle rotazioni, e vengono poi trattate chirurgicamente con delle placche, delle miniplacche, con
delle viti.
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Sono determinate da schiacciamento, da cadute- con motorini, moto…- siamo obbligati a fare delle
sintesi di minima: cerco di mantenere l’asse e la loro fissazione, oppure con dei fissatori esterni, che
hanno la stessa funzione, e lì il focolaio non è tenuto, ma si lascerà che si formi un callo periostale
di tenuta. Ci vorranno almeno 15-20 giorni per tornare a farlo muovere.
Fratture di radio: sono classificate dall’organizzazione AO, che è quella maggiormente seguita, che
è l’organizzazione dell’osteosintesi. Le fratture di radio per semplificare potranno essere distinte in:
- extrarticolari, che non interessano l’articolazione, e sono il gruppo A, saranno composte o
scomposte
- articolari con interessamento parziale della superficie articolare- interesserà ad es. la stiloide del
radio, una parte della superficie anteriore del radio…- fanno parte del gruppo B
- pluriframmentarie, articolari, gruppo C
Vedere figure allegate (gruppi A, B, C)
A. una frattura da ricordare, che è la più comune di tutte, così chiamata frattura di Collis (?), la
frattura dell’epifisi distale del radio, è una frattura extrarticolare, spesso si associa alla frattura
della stiloide dell’ulna, colpirà prevalentemente gli anziani (caduta con il palmo aperto), ma può
colpire tutti. Quando la frattura è extrarticolare, non interessa l’articolazione, la scomposizione
del frammento distale dorsale, forma una fetta a dorso di forchetta, in teoria posso ridurla, ossia
tirare, ridurre i monconi di frattura, immobilizzarla in gesso. In realtà nell’ospedale ideale del
futuro anche queste dovrebbero essere operate, a maggior ragione perché sono pazienti anziani,
dove l’immobilizzazione per lungo tempo non è l’ideale. Il paziente anziano tenuto
immobilizzato, in una posizione anomala per 40 giorni- perché la riduzione viene effettuata con
il polso in leggera flessione- può creare un’ulteriore osteoporosi della parte, quindi difficoltà
alla formazione del callo. L’ideale sarebbe quello di creare una trazione, magari mettere dei fili
metallici minimi, che mi mantengono vicini i due frammenti, in modo che l’immobilizzazione
sia il prolungata possibile e magari non con dei gessi chiusi, ma delle stecche. Noi tendiamo a
fare così, però il numero dei pazienti è tale che dovremmo avere sale operatorie in
continuazione. Alla fine vengono fatte delle scelte terapeutiche, anche se non sono ideali, in
tutte le ortopedie, in tutti gli ospedali. Diciamo però che il trattamento ideale è quello che,
quando avete una persona anziana, con una scomposizione, dovete ridurgliela e stabilizzarla con
dei fili metallici.
B. Quando le fratture sono così comminute, questo è l’esempio di una frattura extrarticolare con
scomposizione dorsale, questa è la manovra di trazione che andrò ad effettuare lungo il primo
raggio e l’immobilizzazione andrà fatta con un gesso in leggera flessione del polso e
ulnarizzazione. Quando però c’è qualche frammento in più, la stabilizzazione con dei fili
metallici laterali vi garantisce come vi ho detto….Il gruppo B che sono quelle parziali magari
solo della stiloide radiale di un lato, sono fratture che non posso trattare con un gesso, perché
interessano la superficie articolare: quindi c’è un gradino. Quando questo comincia ad essere
maggiore di 2mm (ogni scuola ha la sua opinione...), si considera inaccettabile: quindi a
riduzione avvenuta, devo aprirlo e ridurlo chirurgicamente.
Esempio: frattura molto semplice che interessa la stiloide del radio e soprattutto la stiloide dell’ulna.
Apriamo un piccolo capitoletto: molto importante è stabilizzare le frazioni dell’ulna perché lì si
inserisce la fibrocartilagine triangolare.
Questa frattura che è composta nel radio e in teoria potrei mettergli un gesso e dirgli:- vada!-,
perché non c’è gradino. In realtà, avendo scomposta la stiloide ulnare, devo stabilizzarla, altrimenti
avrò continui problemi a livello dell’ulnare.
Questa vedete era la superficie laterale, non c’era una grande scomposizione, però alla fine è stata
stabilizzata con un cerchiaggio. La stiloide, vedete, è un punto in cui si inseriscono dei legamenti e
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la fibrocartilagine triangolare che, viene a scompormi il radio e non si riesce a comporlo con delle
manovre ma dovete stabilizzarla.
Vedete questa è l’immagine della fibrocartilagine triangolare che, se lesionata, dà un dolore molto
forte e non riuscite a fare più niente.
Tante volte noi vediamo fratture della stiloide, scomposte, trattate in modo conservativo, perché
viene data una minore importanza, ma che poi daranno danni importanti. Questi pazienti vanno
operati, ma non è più possibile ridurre, quindi bisogna fare delle manovre aggiuntive: insomma
sono sempre dei disastri!
Il trattamento corretto di una frattura è una cosa molto importante, perché se date indicazioni
sbagliate, quello che succede al paziente dopo, gli cambia la vita. Ci sono dei pazienti con fratture
mal trattate, che si sono trovati a non poter fare più il lavoro che facevano prima.
C. Se le fratture sono pluriframmentate scomposte l’indicazione chirurgica s’impone
assolutamente, perché non riesco con delle manovre e allora la scelta sarà tra 2 possibilità: se ho
una frattura del radio da compressione, cosa succederà a livello dell’epifisi del radio? Sono
caduta, sono osteorototica e quindi ho fracassato tutta la parte dell’epifisi distale del radio. Chi
mi opera deve ricreare la lunghezza dell’osso: lì mi troverò un gap, un buco, mi trovo l’osso
trabecolare. Devo già programmare un prelievo di osso dalla cresta iliaca. Agli ortopedici la
cosa non è sempre chiara: il prelievo di osso spongioso corticale viene sempre fatto dalla cresta
iliaca, perché è l’osso spongioso più compatto. Si potrebbe prelevare un po’ di osso dal radio,
però l’osso trabecolare ha delle trabecole molto ampie, per cui non riesce a compattare. Si fa un
prelievo cortico-spongioso, come vedete il prelievo può essere fatto dall’epifisi del radio,
aprendo uno sportello e prendendo la spongiosa, ma devono essere quantità molto limitate. Poi
si stabilisce la lunghezza, si zaffa con l’osso che mancava, si ricostituisce la zona che è crollata
e si picchetta il tutto con una placca, con delle viti. Ovviamente voi vi potete immaginare che, se
la frattura è nell’epifisi distale, la tenuta delle viti distali sarà poco o niente, perché vanno
nell’osso spongioso rotto: bisognerà decidere se mettere delle viti da spongiosa, se mettere delle
placche, dei fissatori…per cui non è così semplice…Questa è la via d’accesso volare; le placche
potrò metterle al polso volari o dorsali; questa fa vedere il flessore radiale del carpo con
l’arteria; questo è il pronatore rotondo…..quadrato che vi trovate sul radio dovete inciderlo e
arrivare dove c’è il focolaio di frattura, ridurre il focolaio e fare tutte le altre manovre; la placca
può essere messa anche dorsale con un innesto, l’accesso sarà dorsale, ovviamente attraverso
l’apparato estensore ulnare e radiale del carpo. Viene tolto il tubercolo, per arrivare alla
superficie piatta e mettere la placca.
Immagine di frattura pluriframmentaria dell’epifisi distale del radio, scomposta, articolare; questa è
l’immagine radiografica laterale: c’è stato un tentativo di mettergli il gesso, che in questo caso
sembrerebbe accettabile, in realtà l’inclinazione del radio è eccessiva, rispetto a quella che è la
struttura anatomica e questo paziente rischia di non tirare più su il polso, ossia lo flette ma non lo
estende.
Dovrò operarlo: placca con delle viti, con innesto.
FRATTURE DELLO SCAFOIDE
Vedere figure allegate di fratture dello scafoide
Il problema di questo osso è che non consolida mai autonomamente, se non in un caso unico che è
quello del tubercolo (tipo di frattura A1), oppure le fratture parziali di scafoide (tipo di tipo A2), che
possono essere trattate con l’ingessatura.
Se cominciamo ad andare nel gruppo B (secondo la classificazione di Herbert dell’AO), fratture
trasversali, anche se sono composte, c’è l’indicazione chirurgica, perché sono instabili. In più c’è
una vascolarizzazione anomala.
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Da che cosa è data l’instabilità di questa frattura? Pensate a cosa si inserisce, alla forma, pensate
all’ossatura.
Che tendine può andare vicino?
R: Flessore del carpo.
D: Quanti sono i flessori del carpo?
R: Sono 2: flessore ulnare e radiale. In particolare quest’ultimo si inserisce sul tubercolo dello
scafoide
D: Quindi è lì che avviene una certa trazione, fattori instabili, perché c’è la parte tendinea; in più
hanno una vascolarizzazione che crea dei problemi per la formazione del callo di frattura e quindi
del callo endostale: qua di periostio ce n’è poco.
È vascolarizzato da due rami diversi: uno volare, uno dorsale, che è il più importante, quindi gli
accessi chirurgici devono essere sempre anteriori.
Va quasi sempre operata, secondo la scuola australiana, di Herbert, che ha fatto una vite (ed è
diventato ricchissimo…ha avuto un’idea geniale…praticamente lavorava fino a qualche anno
fa…ora va in giro in barca…) con un doppio passo, con due filettature prossimale e dorsale, per
compattare questi due frammenti.
È quindi importante stabilizzare la frattura con una vite: non sempre è possibile mettere la vite di
Herbert nelle fratture di scafoide, perché ci sono dei casi di fratture pluriframmentarie, in cui non ho
solo due frammenti, una scomposizione un po’ particolare in cui sono costretto a mettere dei fili
metallici. Si forma lo stesso il callo, ma lo terrò immobilizzato per più tempo.
Spesso oltre alla frattura dello scafoide ho un tale impatto che ho anche una lussazione.
Le fratture delle ossa lunghe dell’arto superiore cercherò di stabilizzarle o con un gesso, se i
monconi non sono troppo dislocati, se non si inseriscono muscoli, se c’è dislocazione uso placche.
Alcune immagini di fratture dell’arto superiore
Esempio frattura di un gomito: qui la frattura è importante perché se ho una frattura dell’epifisi
prossimale del radio: che cosa si inserisce qui, che mi può dare una scomposizione?
- studiate bene l’anatomia: se vi vengono chieste le lombalgie, dovete sapere dove nasce il nervo
sciatico, che decorso ha…se parliamo di sindromi compressive, dovete sapere i nervi che passaggi
fanno…vi serve in generale, vi capiterà sicuramente che qualcuno, che non ha capito che adesso la
scienza totale non esiste, vi chiederà consiglio. Anche se voi non c’entrate niente, non potete fare
una figura! Almeno saperlo indirizzare, avere un’idea vaga -.
Nell’epifisi prossimale del radio, anteriormente, s’inserisce il tendine del bicipite. Per cui
v’immaginerete una scomposizione del frammento che è dislocato anteriormente, perché è il
bicipite che lo tira, per cui dovrò tirarlo giù.
È inutile in questo caso accanirsi per fare delle manovre di riduzione, perché il muscolo è talmente
forte che tira il frammento.
Esempio: il vostro compagno si fa male in montagna, lo accompagnate al primo pronto soccorso, in
cui c’è il radiologo, che gli fa la lastra e poi dovete decidere se tornare a casa e fare il gesso- è
chiaro che, se sapete che la frattura è scomposta, dovete portarlo in un posto dove possono operarlo.
Finita la vacanza! Viceversa, necessita solo di gesso e state in montagna lo stesso. Vi cambia la
qualità della vita!!!
In questo caso sono state stabilizzate con delle viti, questa è la sintesi dell’olecrano; anche
l’olecrano- parte posteriore dell’ulna- viene tirato indietro, viene dislocato da un tendine che è il
tricipite: bisognerà stabilizzarlo, fare dei cerchiaggi funzionali.
Questa è una frattura dell’omero: placca e viti…Ok!
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Ecco vedete come si presenta una frattura della diafisi dell’omero, che mi dà la compressione del
radiale, che tante volte me lo lesiona.
Tu sei in pronto soccorso…telefoni al tuo collega…gli dici:- ti mando una frattura…- come…?
Stiloide di che zona? Devi dirgli sopra, sotto…
Quindi è una frattura stiloide del terzo medio di omero. La scomposizione com’è?
R: Laterale.
D: Giusto: ad latum, in cui tu hai già valutato cosa? Il collega ti dice mi devo preoccupare, mi agito,
chiamo la sala operatoria, chiamo quello più anziano, perché non so come fare o…da cosa dipende?
Dall’esame obiettivo: i polsi ci sono, il nervo funziona, non c’è il deficit del radiale, qui ci sarà una
perdita di sangue, di circa 1l, quindi se già il paziente è anemico, magrino, pallidino, dirò di fare un
controllo dell’emocromo. Non posso lasciarlo così per tanto tempo, perché questo ha una frattura
scomposta.
In questi casi devo trazionarla, ossia devo ridurla e metterla in trazione, se non posso operarlo
subito: quindi ci sono trazioni transolecraniche e il braccio viene allineato con dei pesi.
Questo perché se metto il paziente nel letto, questo si muove e compare il deficit del nervo radiale,
che prima era a posto. Nell’ospedale ideale, anche se ci sono i polsi, andrebbe operato subito.
Per lo studio: avere un’idea più o meno di quali possono essere i meccanismi di riparazione,
rigurdarsi il tessuto osseo com’è, i canali di Havers, per avere un’idea di com’è il callo di frattura;
sapere come può essere trattata una frattura e un’idea di quali sono le fratture principali dell’arto
superiore (soprattutto dell’epifisi distale di radio, che è la più comune, le sovracondiloidee di
omero, che mi può dare la sindrome di Volkmann, s. ischemica, perché mi schiaccia l’arteria
brachiale e mi dà anche una compressione del nervo ulnare).
Allegate alla sbobinatura ci sono le immagini delle fratture che sono disponibili, con le dispense,
anche in aula fotocopie.
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