1 rassegna stampa martedì 4 settembre 2012

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1 rassegna stampa martedì 4 settembre 2012
Federazione ittaalliiaannaa bancari e assicuurativi
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RASSEGNA STAMPA
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4 SETTEMBRE 2012
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 Merkel: i mercati non aiutano i popoli ................................................................... 3
 Draghi: acquisti di bond legittimi ........................................................................... 4
 Le Borse ritrovano slancio, giù lo spread .............................................................. 5
 Banche, l’allarme di Moody’s sugli accantonamenti in Italia ............................. 6
 Banche senza fiducia, oltre 800 miliardi «bloccati» alla Bce .............................. 7
 Mps al braccio di ferro con i sindacati ................................................................... 9
 Caso Ligresti, pronto il vertice in Mediobanca ..................................................... 10
 Meno interessi sui titoli. Il fabbisogno cala .......................................................... 11
 Draghi guida la Bce alla svolta Ma per gli Stati «condizioni severe» ................. 12
 Mediazione dell’Eurotower sulla vigilanza delle banche ..................................... 13
 Merkel nella tana dei rigoristi «I mercati? Contro i popoli» ..............................14
 Il roadshow di Unipol Caccia agli investitori per la quota di inoptato ............... 15
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Rassegna Stampa del giorno 4 Settembre 2012
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
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 Draghi: “Legittimo acquistare bond dei Paesi in difficoltà
ma porremo condizioni severe”............................................................................ 16
 E Monti tira un sospiro di sollievo “Positive le parole del Governatore” ........... 18
 Merkel accusa: “Mercati contro il popolo” ............................................................ 19
 Uno scudo da 200 miliardi Draghi prepara il colpo finale
per la salvezza dell’euro ....................................................................................... 20
 Il salotto buono alla prova dei consigli .................................................................. 22
UN AFORISMA AL GIORNO
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*il Sole 24ORE*
MARTEDÌ, 4 SETTEMBRE 2012
di: Gianluca Di Donfrancesco
Merkel: i mercati non aiutano i popoli
«Non possono distruggere il lavoro della gente e i Governi non possono essere alla loro mercé»
ALLEATI SCOMODI
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Il capo del Governo ha difeso la sua idea di un'Europa forte e coesa davanti alla platea euroscettica del
partito bavarese
Angela Merkel scende nella tana dell'orso per affrontare gli euroscettici e Wolfgagang Schäuble punta tutta la
propria credibilità sull'Esm. Con un doppio intervento, cancelliere e ministro delle Finanze sono intervenuti ieri con
decisione nel dibattito tedesco, e non solo, per affermare con la massima chiarezza che la Germania sta e deve stare
con l'euro.
Il primo ministro ha scelto la platea più ostile possibile, il tradizionale convegno della Csu ad Abensberg in Baviera,
feudo dei cristiano-sociali, il partito gemello della Cdu, alleato inseparabile, ma anche intransigente e aspro
nell'opporsi ai piani di salvataggio degli Stati in crisi. Escono dai ranghi della Csu i parlamentari che con più
convinzione hanno invocato l'uscita della Grecia dalla moneta unica e che più duramente hanno attaccato la Bce di
Mario Draghi, quasi a incarnare l'espressione politica della linea rigorista della Bundesbank.
Di fronte a questa platea, sotto una tenda popolata da figuranti in costume tradizionale tirolese ed enormi boccali di
birra, Angela Merkel ha dichiarato che Paesi come la Grecia «meritano la nostra solidarietà». Sul palco, proprio
affianco a lei, c'era il leader della Csu Alexander Dobrindt, lo stesso bacchettato non molte settimane fa per aver
"previsto" l'uscita di Atene dall'euro entro l'anno.
La Merkel è anche tornata ad attaccare i mercati, accusati di «non essere al servizio del popolo»: negli ultimi cinque
anni, ha argomentato, hanno consentito a poca gente di arricchirsi a spese della maggioranza. Non si può permettere
ai mercati, ha detto ancora la Merkel, di distruggere il lavoro delle persone e i Governi non possono essere alla loro
mercé a causa del debito.
«Abbiamo bisogno di Europa, ma di un'Europa che sia forte nel mondo», ha continuato il cancelliere, apertamente
proiettata nella campagna elettorale per il voto di settembre 2013. La Germania, spiega la Merkel, deve dare
l'esempio per rafforzare la competitività e preservare lo Stato sociale, senza accumulare debito. Allora, «la vera
questione in Germania e in Europa è: si possono vincere le elezioni pronunciandosi a favore di solide finanze
pubbliche ed evitando di spendere più di quanto abbiamo?».
La Merkel ha poi cercato di suonare note più rassicuranti per la sua ostica platea, affermando che «dobbiamo
mettere fine all'unione del debito ed è per questo che insistiamo perché gli Stati facciano le riforme, anche se a volte
siamo severi». Il resto del mondo, avvisa, «non dorme e non possiamo indebitarci al punto da finire alla mercé dei
mercati». Un pungolo alla Grecia (che deve continuare a rispettare gli impegni presi), per compiacere gli irriducibili
del rigore. Mentre il cancelliere prendeva di petto euroscettici e mercati dalla Baviera, il suo ministro delle Finanze,
in un intervento al Parlamento europeo di Strasburgo, affrontava forse il nodo più delicato dei prossimi giorni:
l'esame della Consulta di Karlsruhe sulla compatibilità del trattato sull'Esm e sul Fiscal compact con la Costituzione
tedesca, in arrivo il 12 settembre. Se la riunione della Bce di giovedì sarà un passaggio molto importante per
l'Eurozona, questo appuntamento potrebbe essere addirittura esiziale. Se gli otto giudici della Corte costituzionale,
una delle istituzioni più popolari in Germania, dovessero dare verdetto negativo, il club dell'euro si troverebbe privo
dello scudo con tanta fatica costruito per proteggersi dalla speculazione. E l'apprensione dei mercati è destinata a
crescere man mano che ci si avvicinerà alla data. Una tensione che Schäuble ha provato a calmare dicendosi
«sicuro» che «la Corte costituzionale non bloccherà gli accordi». Il Governo, ha spiegato il ministro, ha analizzato
attentamente i trattati e non ha trovato niente che contraddica la Costituzione.
Così non fosse, le conseguenze potrebbero essere drammatiche: per dirla con Erik Nielsen, di Unicredit, sui mercati
ci sarebbe «un totale bagno di sangue».
Senza il sì della Consulta, Berlino non può ratificare il trattato sull'Esm, uccidendolo prima ancora che nasca: perché
diventi operativo serve infatti il sì di tanti Stati quanti ne rappresentano il 90% del capitale e la Germania pesa per il
27,1 per cento. Anche in caso di verdetto positivo, però, potrebbero esserci brutte sorprese. Quasi nessuno si aspetta
una bocciatura, ma molti temono che la Corte ponga (altri) ostacoli alla libertà d'azione del Governo nel proseguire
sulla strada dell'integrazione europea, magari rallentando ancora l'Esm. I ricorsi contro il Fondo salva.Stati hanno
12mila firmatari: alcuni di loro erano sotto il palco di Abensberg in Baviera, delusi, c'è da scommettere,
dall'intervento di Angela Merkel.
*il Sole 24ORE*
MARTEDÌ, 4 SETTEMBRE 2012
Dal nostro corrispondente Beda Romano
[email protected]
VERSO IL CONSIGLIO BCE
Draghi: acquisti di bond legittimi
«Interventi sulle scadenze a breve sono in linea con il mandato dell’Eurotower»
UN PASSO VERSO BERLINO
Secondo i servizi giuridici della Banca centrale europea affidare licenza bancaria al fondo
Esm equivarrebbe a un finanziamento monetario
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BRUXELLES.
Alla vigilia di un'importante riunione del Consiglio direttivo della Banca centrale europea, il presidente
dell'istituto monetario Mario Draghi ha utilizzato un'audizione davanti al Parlamento europeo per ricordare i
limiti ma anche i doveri della Bce nel tentare di calmare i mercati finanziari. I banchieri centrali dovrebbero
illustrare pubblicamente dopodomani a Francoforte lo schema che adotterebbero per eventuali acquisti di titoli
obbligazionari sul mercato secondario.
L'audizione si è tenuta a porte chiuse. Riferendone alla stampa il contenuto, i deputati presenti hanno messo
l'accento su tre aspetti: gli acquisti di obbligazioni, che secondo Draghi non equivarrebbero a finanziamento
monetario se i titoli hanno una maturità fino a tre anni; la situazione della liquidità nella zona euro così
frammentata da non poter permettere alla Bce di garantire la stabilità dei prezzi; e la perdurante fragilità della
congiuntura.
Secondo alcuni deputati Draghi avrebbe affermato che la Bce ha «la responsabilità» di intervenire sui mercati
pur di ridare stabilità finanziaria alla zona euro. Secondo una registrazione rivelata ieri dall'agenzia di stampa
Agi, Draghi ha fatto una differenza tra acquisti di titoli a breve termine e acquisti di titoli a lungo termine: «Se
compriamo sul mercato a breve termine, dove le obbligazioni hanno scadenze di uno, due o anche tre anni,
l'effetto di finanziamento monetario è quasi nullo».
Durante l'audizione, il parlamentare tedesco Markus Ferber avrebbe criticato il ragionamento di Draghi: «Io
non sono un giurista - avrebbe risposto il banchiere, secondo il deputato francese Jean-Paul Gauzès - ma ci sono
interpretazioni dei trattati secondo le quali gli acquisti sono conformi» alle regole. Sarebbe sorprendente se
Draghi avesse scelto un'audizione davanti al Parlamento europeo per dare indicazioni concrete sulla strategia di
interventi sul mercato che la Bce sta mettendo a punto in questi giorni.
In questo senso, il ragionamento di Draghi ieri pomeriggio a Bruxelles era probabilmente più teorico che
pratico. Ciò detto, il banchiere centrale ha spiegato ai deputati europei che un intervento straordinario
dell'istituto monetario sui mercati finanziari, attraverso acquisti di titoli di Stato, è necessario non solo per
garantire la stabilità finanziaria dell'unione monetaria, ma anche per far sì che l'istituto possa ridurre le gravi
differenze che si sono create tra i Paesi della zona euro sul fronte della liquidità e quindi perseguire con
efficacia la stabilità dei prezzi nella zona euro.
Su un altro versante, Draghi ieri è venuto incontro in compenso all'establishment tedesco, ribadendo che
secondo i servizi giuridici della Bce affidare una licenza bancaria al fondo di stabilità europeo Esm
equivarrebbe a finanziamento monetario degli Stati. Sempre secondo il resoconto di un assistente parlamentare,
il banchiere centrale ha tratteggiato un quadro cauto della situazione economica nella zona euro.
Alcuni economisti non escludono che giovedì il Consiglio direttivo della Bce possa ridurre ulteriormente il
costo del denaro, oggi allo 0,75%, mentre alla difficilissima situazione finanziaria si aggiunge un'economia
sempre molto debole. Gli analisi della Royal Bank of Scotland si aspettano una revisione al ribasso delle
proiezioni di crescita per il 2012-2013. A qualche giorno dalla riunione della Bce, Draghi non ha dato alcuna
indicazione concreta di politica monetaria.
*il Sole 24ORE*
MARTEDÌ, 4 SETTEMBRE 2012
di: Luca Davi
[email protected]
Le Borse ritrovano slancio,
giù lo spread
Dopo le parole di Draghi Milano si rafforza e sale dell'1,1% - Differenziale dei BTp in
frenata a 440 punti
IN ATTESA DELLA BCE
In un mercato che è ancora fortemente esposto alle scommesse ribassiste, proseguono le
ricoperture degli operatori
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Ancora una volta è Mario Draghi a infondere ottimismo tra gli operatori. Le parole pronunciate ieri dal
presidente della Bce sui titoli di Stato (il cui acquisto non si tradurrebbe in «un finanziamento monetario agli
Stati») sono state interpretate come il chiaro segnale che l'intervento della Bce è in rampa di lancio. E ciò
rassicura i mercati. Che, pur tra mille cautele e in un clima di bassi volumi, continuano a ricoprire le posizioni
ribassiste che ancora dominano il mercato. Ecco perchè lo spread sui titoli italiani si è assottigliato, scendendo a
440 punti dai 452 di venerdì. Ed ecco perchè, analogamente, anche le borse hanno ingranato la marcia dei rialzi
nel segno della maggiore propensione al rischio.
Positiva Milano che, grazie a un rialzo dell'1,1% maturato soprattutto nel finale sulla scia delle parole di
Draghi, si è tenuta sopra l'asticella dei 15.200 punti. Ma in progresso chiudono anche le altre piazze europee: da
Parigi (+1,19%) a Francoforte (+0,63%), da Londra (+0,82%) ad Amsterdam (+0,18%). Rialzi favoriti, va
detto, anche dalla chiusura per il Labour Day di un mercato non estraneo alle consuete vendite ribassiste come è
Wall Street.
Le tensioni sui Bonos
Più debole è apparsa invece Madrid (+0,18%), che aveva trascorso parte della giornata in rosso. Sul listino
iberico ha pesato una notizia in particolare: dopo Valencia e Catalogna, ora è anche l'Andalusia a chiedere aiuto
a Madrid. Il governo regionale non ha più soldi e ha chiesto alla capitale un anticipo di un miliardo di euro sui
trasferimenti e starebbe anche valutando di accedere al Fondo di liquidità per le autonomie (Fla). La novità ha
accentuato le tensioni sul mercato dei governativi iberici, i cui tassi continuano a salire: ieri il rendimento
decennale ha toccato il 6,86% contro il 6,79% di venerdì scorso.
Curva italiana più ripida
Di tutt'altro tenore l'andamento dei tassi italiani. Al di là del calo dello spread decennale, ciò che conforta
maggiormente è il costante abbassamento di tutta la curva.
Complice l'annunciata focalizzazione degli acquisti della Bce sul breve termine, a performare meglio sono
proprio i titoli entro i tre anni. Il titolo con scadenza luglio 2014, ad esempio, ieri offriva il 2,55% contro il
2,69% di venerdì scorso. E nell'ultimo mese i titoli a 2 anni hanno visto raffreddare i rendimenti di 50 punti
percentuali, quelli a tre anni di 47 punti base. Ma a ridursi sono i tassi anche a lunga e lunghissima scadenza: i
tassi dei BTp a 20 anni, ad esempio, sono scesi di 41 punti, quelli a 30 anni di 46 punti. È la conferma,
insomma, che i benefici dell'intervento della Bce si estendono a tutte le maturità del debito italiano, e non solo a
quelle più brevi.
Il rallentamento cinese
Al netto dell'appuntamento del consiglio direttivo della Bce di giovedì, l'altro elemento che tiene in allerta i
gestori sono i dati macro. Ebbene: l'economia cinese continua a fornire segnali poco incoraggianti. Ieri è stato
diffuso l'indice Pmi Hsbc manifatturiero del Paese, che è sceso a 47,6 punti dai 49,3 di luglio. È il livello più
basso dal marzo 2009, ma è soprattutto l'ennesima riprova, caso mai ce ne fosse bisogno, che gli ordini
mondiali diretti verso la fabbrica-Cina sono in costante calo.
*il Sole 24ORE*
MARTEDÌ, 4 SETTEMBRE 2012
di: Fabio Pavesi
Focus sul credito. L’agenzia: impatto negativo sul rating degli istituti
Banche, l’allarme di Moody’s
sugli accantonamenti in Italia
IL PARADOSSO
Penalizzato chi eroga più fondi a famiglie e imprese rispetto a chi fa trading Abbassato a
«negativo»l'outlook per l'intera Ue
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Sarà lo snodo difficile dell'autunno delle banche italiane. L'aumento dei prestiti deteriorati mette sotto pressione
i bilanci delle banche costringendole a sempre nuovi accantonamenti.
A segnalare il difficile trend per il credito è stata ieri, buon ultima, Moody's che ha lanciato un segnale
d'allarme. L'aumento degli accantonamenti legati a potenziali perdite su crediti avrà un impatto negativo sulla
loro valutazione. Ergo, c'è un rischio di ulteriore abbassamento del merito di credito delle banche italiane.
L'agenzia Usa, nel suo rapporto settimanale, ha rilevato che diversi istituti del nostro Paese hanno comunicato
un aumento delle loro perdite su crediti, da +19 a +49%, rispetto allo stesso periodo del 2011. Questo «prova secondo la nota - il deterioramento della qualità delle attività delle banche in un'Italia di nuovo in recessione,
che influenza negativamente sulla loro già bassa redditività». Per le due maggiori banche italiane, Intesa
Sanpaolo e UniCredit, questi ratio nel primo semestre del 2012 sono rispettivamente +37% e +24%.
Moody's stima che questa tendenza possa continuare fino al 2013. Inoltre, secondo gli esperti, nel frattempo «il
processo di riduzione dell'indebitamento delle banche, cui sono ora impegnate, dovrebbe probabilmente
proseguire» e questo renderà difficile il finanziamento di loro stesse «e metterà ulteriore pressione all'economia
del Paese».
L'agenzia, che ieri sera ha modificato da stabile a negativo l'outlook per l'intera Ue lasciando invariato il rating
ad Aaa, in luglio ha già abbassato la nota di merito a 13 banche italiane, tra cui UniCredit e Intesa Sanpaolo di
riflesso al taglio che aveva deciso per il rating del debito sovrano del nostro Paese. Moody's attualmente
riconosce all'Italia la valutazione Baa1 con outlook negativo. L'allarme di Moody's non deve sorprendere. Già
S&P poche settimane fa aveva abbassato il rating a molte medie banche italiane, adducendo le stesse
motivazioni. Qualità degli asset delle banche in deterioramento indotto dalla recessione italiana. Il problema c'è
ed è innegabile, ma le agenzie di rating finiscono per usare due pesi e due misure nelle valutazioni delle banche
in Europa. O meglio è Basilea che induce a penalizzare le banche che erogano credito a favore delle grandi
banche d'affari. Chi eroga credito a imprese e famiglie è costretto di fatto ad accantonare più capitale rispetto a
chi fa trading finanziario. Come se fosse più pericolosa l'attività bancaria tradizionale di quella speculativa.
Oltre il 60% dell'attivo delle banche italiane è costituito da prestiti all'economia reale, il doppio della media
delle grandi banche anglosassoni. Che finiscono per ottenere rating più alti delle nostre banche. Una distorsione
che non fa che acuire il drammatico fenomeno del credit crunch.
*il Sole 24ORE*
MARTEDÌ, 4 SETTEMBRE 2012
di: Maximilian Cellino
[email protected]
IL MERCATO DELLA LIQUIDITÀ
Banche senza fiducia,
oltre 800 miliardi «bloccati» alla Bce
Il 90% dei fondi parcheggiati all'Eurotower sono dei grandi istituti del Nord Europa
LE PROSSIME MOSSE
L'Eurotower valuta un taglio del costo del denaro allo 0,5% Ma i rendimenti sui depositi
potrebbero restare ancorati allo zero
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«Occorre azzerare la remunerazione sui depositi delle banche presso la Bce per liberare risorse e permettere
l'immissione nell'economia reale delle centinaia di miliardi di euro ancora parcheggiate a Francoforte». Appelli
di questo genere rimbalzavano di frequente nei mesi scorsi, a volte rilanciati anche da voci autorevoli del
panorama politico nazionale e continentale. Le aspettative sono però andate deluse, perché quando Francoforte
ha adottato una decisione simile le banche europee non hanno fatto altro che spostare parte della liquidità
presente nella deposit facility sui conti correnti detenuti sempre presso la Banca centrale e utilizzati anche come
riserva obbligatoria.
Come vasi comunicanti
Il fenomeno è apparso evidente già l'11 luglio, primo giorno in cui la decisione di una settimana prima della
Bce aveva effetto, e lo resta ancora oggi, quasi due mesi dopo. Degli 808,5 miliardi di euro prima
dell'azzeramento dei tassi sui depositi overnight sono rimasti soltanto 330,3 miliardi, nel frattempo però
l'ammontare depositato sui conti correnti è cresciuto da 73,9 a 539,8 miliardi e il motivo è semplice. Questi
ultimi sono infatti remunerati al tasso ufficiale Bce (ora allo 0,75%), ma soltanto per la parte destinata a riserva
obbligatoria (che ammonta a poco più di 107 miliardi per l'intero Eurosistema): se prima esisteva la
convenienza a spostare il denaro in eccedenza verso la deposit facility (che, per quanto poco, rendeva ancora lo
0,25%), adesso questo incentivo è praticamente inesistente e le banche possono lasciare i fondi dove è più
comodo per questioni essenzialmente tecniche. Lo dimostra il fatto che da luglio in poi non si è più visto quel
tipo spostamento ciclico di denaro fra i due strumenti: di solito all'inizio del periodo di rilevazione mensile della
riserva obbligatoria le banche piazzavano il denaro nei conti correnti, per poi toglierlo progressivamente a
vantaggio della deposit facility quando si accorgevano di aver raggiunto il livello di riserva richiesto.
Nel travaso qualcosa è comunque sfuggito, ed è forse andato in parte anche a finanziare l'economia reale, ma si
tratta tuttavia di una minima parte: poco più di 12 miliardi di euro, la classica goccia nell'Oceano. Non che
all'Eurotower ci si attendesse molto da questa mossa, peraltro conseguenza diretta del taglio del tasso di
rifinanziamento dall'1% allo 0,75% al quale il rendimento dei depositi è legato (con una differenza appunto di
75 punti base, il «corridoio» dei tassi). All'ottimismo del governatore della Banca di Malta, Joseph Bonnici,
aveva infatti indirettamente risposto lo stesso Mario Draghi ricordando che la decisione di azzerare la
remunerazione sulla deposit facility aveva più che altro valore segnaletico per eventuali successive mosse sui
tassi.
Ciò che è accaduto nell'ultimo mese resta comunque emblematico di come il mercato interbancario sia ancora
pressoché congelato: gli istituti di credito – soprattutto quelli del Nord Europa, che utilizzano al 90% i depositi
Bce come si legge nell'articolo sotto – faticano ancora a prestarsi il denaro a vicenda. Lo dimostra il calo dei
volumi dei contratti sull'Eonia (scambi di liquidità a brevissimo termine) e sul mercato «repo» (i pronti contro
termine garantiti da collaterale). I primi, segnala Reuters, sono anzi scesi dopo la mossa Bce fino a un
controvalore medio giornaliero di circa 20 miliardi di euro che non si vedeva da 5 anni; gli altri, secondo le
rilevazioni del broker Icap, si sono ridotti a luglio per il mercato europeo all'equivalente di 233,1 miliardi di
dollari, il 13% in meno rispetto ad aprile e addirittura un quarto al di sotto dei livelli dell'anno precedente.
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I dubbi di Draghi
Ora Francoforte si trova di fronte a una scelta non certo facile: i mercati scontano ormai un nuovo taglio dei
tassi di rifinanziamento da parte della Bce allo 0,5%, forse già nella riunione di giovedì prossimo. Non è detto
però che questa volta la mossa si traduca in una riduzione automatica della remunerazione sui depositi, anche
perché quest'ultima diverrebbe addirittura negativa (-0,25%) con evidenti ripercussioni sulla gestione della
liquidità all'interno dell'Eurosistema.
Nessuna banca lascerebbe infatti il denaro oltre lo stretto indispensabile sulla deposit facility, e sposterebbe
tutto quanto sui current account. A meno che a questi ultimi non si applichi una sorta di «penale» (sempre dello
0,25%) sull'eccedenza rispetto alla riserva obbligatoria, oppure che non si decida di fissare un «tetto»
all'ammontare depositabile: decisioni che richiedono comunque una serie di passaggi tecnici tutt'altro che
banali. Ciò che è indubbio, è che per impedire la frammentazione dei mercati monetari e riattivare il flusso di
credito all'economia reale serve ben altro che manovrare il tasso sui depositi.
*il Sole 24ORE*
MARTEDÌ, 4 SETTEMBRE 2012
Credito. Scontro sulle esternalizzazioni previste dal piano industriale
Mps al braccio di ferro con i sindacati
IL CONFRONTO
L'ad Viola ai dipendenti:«Serve una profonda e sincera voglia di riscatto per velocizzare il
ritorno a una gestione positiva»
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FIRENZE
Sul piano industriale di Banca Mps è muro contro muro tra sindacati e azienda. L'incontro di ieri non ha
sbloccato la situazione, in particolare il nodo delle esternalizzazioni annunciate da Rocca Salimbeni non sembra
facilmente districabile: il fronte sindacale respinge la prospettiva, mentre i vertici della banca lo ritengono un
passaggio necessario per centrare l'obiettivo del taglio dei costi.
In una lettera inviata ieri ai 32mia dipendenti del gruppo, l'amministratore delegato Fabrizio Viola chiede a tutti
una «profonda e sincera voglia di riscatto, per velocizzare il ritorno a una gestione positiva. Prendo atto con
sorpresa delle posizioni espresse dalle organizzazioni sindacali che tendono a delegittimare coloro che hanno la
responsabilità della banca ogniqualvolta confermano la necessità di non abbandonare ma anzi rafforzare il
cammino di risanamento - scrive Viola -. Pertanto chiedo nell'esclusivo interesse del Monte e delle persone che
lavorano al suo interno che si mantenga fermo l'obiettivo di un confronto costruttivo, evitando di cadere nella
tentazione di difendere posizioni non più sostenibili alla luce del contesto attuale, profondamente diverso
rispetto al passato».
L'amministratore delegato, ricordando la perdita di metà anno del gruppo (1,6 miliardi) e il prossimo arrivo di
3,4 miliardi di aiuti di Stato, auspica una presa di responsabilità: «La semestrale parla da sola e dice
chiaramente che il momento è delicato e cercare lo scontro alzando i toni, attaccando le persone, e quindi
evitando di entrare nel merito dei problemi, non è la strada più rapida e responsabile per uscire dalle difficoltà
», dice la lettera.
E di «responsabilità» parla l'ex sindaco Franco Ceccuzzi, che rivendica il sostegno al rinnovamento degli organi
sociali del Monte e torna a chiedere che il presidente della Fondazione Mps, Gabriello Mancini, faccia un passo
indietro. «Non è un problema personale, ma non può rimanere solo lui - ha detto nel corso di un dibattito alla
festa dei democratici di Siena -. Questo è il momento di mettere in campo persone più qualificate e non si può
parlare di rifare lo statuto ora da parte di chi non ha legittimità per farlo. La verità - ha detto ancora - è che
servono garanzie perché la Fondazione, anche con meno del 33%, continui a nominare la metà del cda del
Monte».
Sulla «senesità perduta», evocata dal presidente Alessandro Profumo, Ceccuzzi non ha dubbi: «Profumo non è
stato chiamato qui per portare via la banca, come qualcuno sostiene - dice l'ex sindaco che pensa alla
ricandidatura -. Profumo è qui per ridare la banca ai senesi».
C.Per.
*il Sole 24ORE*
MARTEDÌ, 4 SETTEMBRE 2012
di: Antonella Olivieri
Banche. Domani al cda i chiarimenti di Nagel sul «foglietto»
Caso Ligresti, pronto
il vertice in Mediobanca
LA POSIZIONE
I legali di Nagel lavorano alla richiesta di archiviazione per l'ipotesi di ostacolo alla
vigilanza relativa ai supposti patti con la famiglia Ligresti
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L'avvocato Mario Zanchetti, che assiste l'ad di Mediobanca Alberto Nagel sul versante giudiziario di FonSai,
sta lavorando alla richiesta di archiviazione per l'ipotesi di ostacolo alla vigilanza relativa ai supposti patti con
la famiglia Ligresti. La richiesta non sarà però inoltrata prima del consiglio Mediobanca, convocato per domani,
nel quale Nagel spiegherà la sua versione dei fatti sulla vicenda. Un consiglio non è però un Tribunale ed è
logico che in quella sede si parli soprattutto di business.
In quest'ottica occorre risalire al contesto nel quale Nagel appose la sua sigla sul foglietto scritto a mano con le
richieste della famiglia Ligresti per farsi da parte e consegnare a Unipol le chiavi di FonSai.
La riunione a porte chiuse, negli uffici del gruppo Mediobanca in Foro Bonaparte, si tenne il 17 maggio. In
quell'occasione, ha riferito il 2 agosto scorso Nagel al pm di Milano Luigi Orsi, il capostipite della famiglia,
Salvatore Ligresti, arrivò addirittura a minacciare il suicidio. Pochi giorni dopo, il 21 maggio, si sarebbe dovuta
tenere l'assemblea Premafin (che invece fu poi rinviata) per varare l'aumento di capitale riservato a Unipol,
operazione che senza l'assenso dell'azionista di maggioranza non sarebbe mai decollata. Si trattava di ottenere
quel sì e per Mediobanca la questione non era di poco conto, dato che l'istituto era esposto nei confronti di
FonSai per oltre un miliardo e che la compagnia navigava in cattive acque con i margini di solvibilità al di sotto
dei minimi regolamentari. L'integrazione con Unipol, per dar vita al primo polo assicurativo italiano nel ramo
danni, era l'unica soluzione concreta per evitare il commissariamento di FonSai.
Così Nagel appose la sua sigla sotto quel foglietto – per "presa di conoscenza", ha spiegato – che conteneva le
richieste più disparate, 15 milioni di buonuscita per ciascuno dei membri della famiglia, il posto di lavoro in
Svizzera per Paolo Ligresti, le vacanze gratis al Tanka Village in Sardegna, i week-end pagati alla Cascina
Casarina, l'ufficio con segretaria e autista per Salvatore Ligresti. Tutte istanze che Nagel avrebbe dovuto
rappresentare a Unipol e anche a UniCredit, principale creditore delle holding a monte di FonSai. E infatti il
"foglietto" era indirizzato, oltre che al presidente di Mediobanca Renato Pagliaro e allo stesso Nagel, anche
all'ad di Unipol Carlo Cimbri e all'ad di UniCredit Federico Ghizzoni.
Nell'interrogatorio di inizio agosto Nagel spiegò al pm di non aver parlato della cosa nè con l'uno nè con l'altro.
Anche perchè pochi giorni dopo, il 22 maggio, la Consob informò Unipol che per ammettere l'esenzione
dall'Opa riteneva non dovesse essere concesso alcun trattamento di favore alla famiglia Ligresti, responsabile
della gestione che aveva condotto FonSai sull'orlo del dissesto: nè le buonuscite, nè la manleva che i legali dei
Ligresti chiedevano tutela dei loro clienti. Nagel ha sempre sostenuto che non si trattasse di un patto occulto, e
in effetti molte delle richieste erano rivolte a terzi. Ma dal 22 maggio non ci sarebbe stato comunque più nulla
da comunicare che la Consob avrebbe potuto accettare.
*CORRIERE DELLA SERA*
MARTEDÌ, 4 SETTEMBRE 2012
di: Mario Sensini
Meno interessi sui titoli.
Il fabbisogno cala
In otto mesi 33,5 miliardi, 13 in meno di un anno fa. Ma pesa la crisi: gli obiettivi restano
lontani
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Rassegna Stampa del giorno 4 Settembre 2012
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
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ROMA — I conti pubblici italiani continuano a migliorare rispetto all'anno scorso, ma la crescita negativa
dell'economia, peggiore del previsto, rende impossibile il raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica
stabiliti nella scorsa primavera per il 2012, che nelle prossime settimane saranno aggiornati. Anche se, nello
stesso tempo, il governo è fermamente intenzionato a confermare il pareggio di bilancio nel 2013 in termini
strutturali.
Nei primi otto mesi di quest'anno il fabbisogno di cassa del settore statale, la differenza tra le entrate e le uscite
di cassa delle amministrazioni centrali dello Stato, si è fermato a quota 33,5 miliardi di euro. Oltre tredici
miliardi in meno rispetto al fabbisogno dei primi otto mesi dell'anno scorso, che fu pari a 47,1 miliardi di euro,
ma ancora lontano dall'obiettivo «ufficiale» stabilito dal Def di aprile, quello di registrare per tutto l'anno un
fabbisogno di appena 26,2 miliardi di euro.
Nel solo mese di agosto la cassa dello Stato ha registrato un rosso di 6 miliardi di euro, 900 milioni in meno
rispetto all'agosto del 2011. Sul risultato del mese pesano in positivo, secondo il ministero dell'Economia, la
tenuta delle entrate fiscali e la diminuzione della spesa per interessi sui titoli di Stato. Solo nell'ultima
settimana, con l'emissione in asta di quasi venti miliardi di euro tra CCt, Bot e BTp, e grazie ai tassi di interesse
in forte discesa, secondo gli analisti di mercato il Tesoro è riuscito a risparmiare quasi un miliardo di spesa.
A rendere comunque difficile il percorso di risanamento dei conti pubblici italiani è soprattutto la crescita
dell'economia, che registra un andamento peggiore anche rispetto alle previsioni meno rosee. Per quest'anno il
Def di aprile, lo stesso che indicava i 26,2 miliardi di obiettivo per il fabbisogno, ipotizzava una riduzione del
prodotto interno lordo dell'1,2%, seguita da un recupero dello 0,5% nel 2103. La crisi si è rivelata, però, ben
peggiore del previsto e tutti gli istituti internazionali ritengono assai più realistica, per il 2012, una caduta del
Pil del 2%. Anche gli economisti del Tesoro concordano ed entro la fine del mese di settembre il Tesoro
produrrà la Nota di Aggiornamento del Def, con le nuove previsioni sull'andamento dell'economia. Per il 2012
si conferma la flessione del 2%, mentre per il 2013 il Tesoro ipotizza una crescita «piatta» del Pil, quindi pari a
zero. Logico che anche gli obiettivi di deficit, di cui il fabbisogno è un componente molto indicativo, saranno
aggiustati al rialzo.
Invece che l'1,7%, è molto probabile che l'obiettivo di deficit sia rivisto tra il 2% ed il 2,2% nominale. Quello
che conta però è il risultato «strutturale» depurato quindi dall'impatto positivo o negativo della congiuntura
economica. In questi termini, che sono quelli considerati dalla Ue nell'analisi dei conti pubblici dei Paesi
membri, il governo italiano è tuttora convinto di poter centrare l'obiettivo. Per il 2012 il deficit strutturale
italiano sarebbe comunque inferiore all'1% del prodotto interno lordo, avvicinando sensibilmente il traguardo
del pareggio strutturale di bilancio nel 2013.
*CORRIERE DELLA SERA*
MARTEDÌ, 4 SETTEMBRE 2012
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Luigi Offeddu
[email protected]
Draghi guida la Bce alla svolta
Ma per gli Stati «condizioni severe»
Euro e Borse salgono. Moody’s assegna un outlook «negativo» alla Ue
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Rassegna Stampa del giorno 4 Settembre 2012
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BRUXELLES — L'acquisto di titoli di Stato con scadenza fino a tre anni, per aiutare i Paesi in difficoltà, «non
costituisce un finanziamento monetario agli Stati». Perciò è legittimo, non viola i trattati Ue, almeno secondo
certe interpretazioni giuridiche. E la Banca centrale europea, «se e quando» sarà necessario, vi potrà ricorrere
senza infrangere il proprio mandato, purché i governi ne facciano richiesta e rispettino precise condizioni.
Mario Draghi, presidente della Bce, anticipa così il suo piano anti-spread all'Europarlamento. Questo è il giorno
del suo sessantacinquesimo compleanno, ma è soprattutto una scadenza che ha tenuto con il fiato sospeso i
mercati e le capitali del continente: si delinea la proposta percepita da molti come la proverbiale uscita dal
tunnel. Infatti le Borse reagiscono subito, e bene (Milano +1,1%). In serata però arriva il pronunciamento di
Moody's: il rating AAA della Ue viene confermato ma l'outlook passa da «stabile» a «negativo» sulla scorta
degli outlook dei quattro Paesi tripla A, Germania, Gran Bretagna, Olanda e Francia, che da soli valgono per il
45% del budget europeo.
Almeno ufficialmente, l'audizione di Draghi si svolge a porte chiuse, davanti ai soli eurodeputati della
Commissione affari economici, senza registrazioni. Ma un'ora dopo, com'era quasi scontato vista la grande
attesa, ciò che è stato appena detto trapela per vie ufficiose, e quasi testualmente. Draghi ha citato gli esempi di
titoli circolanti sul mercato secondario con scadenze «fino a tre anni», secondo alcune fonti, o «al di sotto di un
anno», secondo altre che parlano tedesco. Una differenza centrale. Infatti, quella illustrata dall'uomo
dell'Eurotower è precisamente la proposta che tanta diffidenza suscita a Berlino. Acquistare i titoli più fragili
vuol dire proprio arginare lo spread, la differenza di rendimento rispetto agli omologhi titoli tedeschi. Spagna e
Italia, Draghi non l'ha detto ma tutti lo sanno, sono fra quei Paesi in crisi, e più fiduciosi nello «scudo». Ma
altrove, e nella stessa Bundesbank — la banca centrale tedesca — c'è chi frena con forza. E anche qui, a
Bruxelles, fra la trentina di domande che dai banchi degli eurodeputati hanno bersagliato il presidente della
Bce, quelle dei tedeschi hanno avuto accenti particolarmente critici. Racconta per esempio Markus Ferber, del
Partito popolare europeo (e della Csu in Baviera): «Sì, la Germania è, è stata e sarà preoccupata che con
l'acquisto dei titoli non si finanzino gli Stati. Draghi ha escluso per certo che si parli di quelli a lungo termine,
sul mercato primario. Ci sta benissimo. Ma quanto ai bond a breve, per noi significa: al di sotto di un anno».
Berlino, dunque, diffida ancora. Anche se poi i suoi eurodeputati apprezzano il «no» ripetuto da Draghi alla
concessione di una licenza bancaria per il fondo salva Stati Esm. Il capo dell'Eurotower ribadisce che l'acquisto
di titoli da parte della Bce non minaccia i trattati, ma lo fa con parole molto caute: «Non sono un avvocato, però
esistono interpretazioni dei trattati conformi a questa attività». E altre parole ancora, hanno per esempio colpito
Mario Mauro, capogruppo del Ppe: l'appello a «ricostruire la zona Euro» perché vi sono troppe differenze fra i
vari Stati, l'affermazione che l'euro è «irreversibile». Altri deputati sottolineano che ora il piano anti-spread (in
votazione giovedì al direttivo Bce) è quasi un libro aperto, e ai super-critici non sarà facile un'opposizione
pregiudiziale. Tante voci e tanti racconti irritano però Sharon Bowles, la britannica presidente della stessa
Commissione: aver svelato le parole di Draghi, dice, è stato «un episodio molto brutto». I mercati, a parte quelli
spagnoli zavorrati dalle troppe incertezze, non sembrano d'accordo: l'euro ha recuperato sul dollaro fino a quasi
1,26, in Italia lo spread è calato a 439 punti base. In netto calo anche i Btp a due e tre anni.
*CORRIERE DELLA SERA*
MARTEDÌ, 4 SETTEMBRE 2012
di: Marika de Feo
Mediazione dell’Eurotower
sulla vigilanza delle banche
Le consultazioni tra autorità di Francoforte e quelle nazionali. Lo stop alla licenza creditizia
per il fondo Esm
Francoforte — Ora i mercati aspettano di capire i provvedimenti preannunciati dal presidente della Bce Mario
Draghi. Come ci si muoverà per fare «tutto il necessario» per stabilizzare il sistema finanziario dell'eurozona,
anche attraverso un nuovo programma di acquisti di titoli di Stato, diventato ancora più importante dopo le
tensioni sorte fra la Bce e la Bundesbank.
Tassi e inflazione
Nel frattempo, c'è grande attesa anche per le nuove stime di crescita, le quali se peggiorate potrebbero indurre la
Bce a ridurre ulteriormente i tassi di interesse — attualmente allo 0,75% — se le prospettive di inflazione lo
permetteranno. Per settimane i comitati specializzati della Bce hanno lavorato febbrilmente alla stesura di più
opzioni, sottoposte all'esame del board e quindi del Consiglio, che inizierà a riunirsi in modo informale
mercoledì sera. Giovedì i 22 consiglieri dell'organo decisionale di Eurotower (Yves Mersch, lussemburghese,
prenderà il posto vacante dello spagnolo José González-Páramo in ottobre), decideranno fra le opzioni sul
tappeto.
L'acquisto di titoli e la Bundesbank
Secondo le dichiarazioni trapelate ieri sull'audizione di Draghi al Parlamento europeo, la Bce va avanti,
nonostante l'opposizione del capo della Bundesbank Jens Weidmann, con il piano di nuovi interventi di
acquisto sul mercato secondario di titoli di Stato a breve termine — fino a tre anni — che «non equivalgono a
stampare moneta». Ancora non è chiaro se la Bce fornirà un piano dettagliato. Fra le ipotesi allo studio, ci
sarebbero anche le bande di oscillazione dei rendimenti (o degli spread), oltre le quali dovrebbe scattare, se
necessario, l'intervento della Bce. Resta l'interrogativo sul tipo di condizioni, «molto severe», come ha detto ieri
Draghi, alle quali, per esempio, la Spagna dovrà chiedere aiuto al fondo salva Stati Efsf (o Esm), per far
scattare l'intervento della Bce. Un punto questo sul quale potrebbero insistere i falchi nella Bce. Una grande
incognita è se il Consiglio verrà incontro all'opposizione, finora solitaria, di Weidmann — che nei giorni scorsi
ha ravvisato «gravi rischi» nell'acquisto dei bond, equiparandoli a una «mutualizzazione del debito», non
permessa dal Trattato — e se quest'ultimo sarà sostenuto da altri governatori.
La vigilanza bancaria
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Un'altra incognita è rappresentata dalla posizione della Bce sulla vigilanza paneuropea, che secondo Draghi
dovrebbe prediligere un sistema «misto», nel quale la Bce è pronta ad assumere in piena indipendenza compiti
di vigilanza paneuropea («rigidamente separati» da quelli di politica monetaria). Sarà essenziale, aveva detto
Draghi, che «collaboriamo con i supervisori nazionali». Forse un possibile compromesso in vista con le
resistenze tedesche, di affidare anche la rete di banche di dimensione minore al controllo dell'Eurotower.
Un'ipotesi che del resto sembra più nelle corde della stessa banca centrale che non dispone delle capacità
manageriali sufficienti per svolgere al meglio una simile supervisione.
*CORRIERE DELLA SERA*
MARTEDÌ, 4 SETTEMBRE 2012
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Paolo Lepri
Merkel nella tana dei rigoristi
«I mercati? Contro i popoli»
Schäuble: la Corte tedesca dirà sì al fondo salvataggi
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Rassegna Stampa del giorno 4 Settembre 2012
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BERLINO — Non dimenticare le ragioni della solidarietà, lavorare per un Europa «stabile e più forte» che non
sia però «un'unione del debito», portare lo spirito dell'economia sociale anche nella finanza, «perché, se
consideriamo come hanno funzionato i mercati internazionali negli ultimi cinque anni, si vede come non
abbiamo affatto servito la gente». È un messaggio calibrato attentamente, ma forte nella denuncia delle
distorsioni della speculazione, quello che Angela Merkel ha inviato all'inizio di una settimana-chiave per gli
sviluppi della crisi. L'impressione è che sia iniziata la ricerca di un dialogo più serrato con l'opinione pubblica,
in grado di consentire alla politica di fare il proprio lavoro. Senza mettere da parte, naturalmente, le priorità a
cui non si può rinunciare. Lo scopo è convincere, soprattutto se è vero che quasi tre quarti dei tedeschi pensano
per esempio che Atene dovrebbe rinunciare alla moneta unica.
Il luogo scelto per fare tutto questo è stata quella Baviera che per alcuni suoi politici e intellettuali «deve andare
avanti da sola». E non è certamente senza importanza che proprio agli elettori cristiano-sociali (e ai loro
dirigenti), riuniti per l'antica fiera popolare di Gillamoos, ad Abensberg, tra Monaco e Regensburg, la
Cancelliera abbia spiegato quello che si deve chiedere ma anche, e forse di più, quello che è necessario dare.
«Abbiamo premuto per le riforme negli altri Paesi anche se qualche volta ci dicono che la nostra è una linea
dura. Ma nella attuale, difficile fase, queste nazioni meritano la nostra solidarietà e siamo dalla loro parte
mentre cercano di superare le difficoltà». Lei ha parlato ai tedeschi. A tutti gli altri si è rivolto invece il ministro
della Finanze Wolfgang Schäuble.
Pochi giorni prima della riunione del board della Bce, l'uomo che guida la politica economica tedesca ha infatti
messo in guardia in primo luogo contro il rischio di «alimentare false aspettative». Il governo di Berlino, ha
spiegato, ritiene che «la politica monetaria non debba essere utilizzata per finanziare il debito pubblico». E
anche il portavoce del governo, Steffen Seibert, si è incaricato di fissare ancora una volta i confini che per ora
non si vogliono oltrepassare: «Siamo fiduciosi che la Bce farà quello che è necessario, nel quadro del suo
mandato». Per quanto riguarda la Spagna, dove Angela Merkel si recherà giovedì per incontrare Mariano
Rajoy, «quando il lavoro è stato fatto e la struttura dell'economia e del mercato del lavoro è stata migliorata, si è
avuta una ricaduta positiva sui tassi di interesse».
Schäuble si è detto anche sicuro che la Corte di Karlsruhe, il cui verdetto è atteso per il 12 settembre, non
bloccherà il fondo salva Stati. «Abbiamo analizzato gli accordi — ha spiegato — e non abbiamo trovato niente
in contrasto con la nostra Costituzione». È la speranza di tutti, per la salvezza dell'euro. Ma se questo ostacolo
verrà superato, anche il conto alla rovescia per il voto in programma tra dodici mesi potrà effettivamente
partire. E sarà totalmente dominato dagli interrogativi posti dalla crisi europea. Ad Abensberg, dopo un sorso
ad un gigantesco boccale di birra e mentre gli altoparlanti diffondevano la canzona Angie dei Rolling Stones,
che ha ormai imparato a sopportare, la Cancelliera è sembrata pensare soprattutto a questo. Vincere le elezioni,
in Germania e in Europa, quando si stabilisce congiuntamente di avere finanze solide e di non spendere più di
quello che si incassa, ha osservato, «è la vera questione della nostra democrazia». Intanto però, in questi anni,
«pochi si sono arricchiti e molti, nel mondo, hanno dovuto pagare». Una diagnosi senza appello.
*CORRIERE DELLA SERA*
MARTEDÌ, 4 SETTEMBRE 2012
di: Fabrizio Massaro
[email protected]
Il roadshow di Unipol
Caccia agli investitori
per la quota di inoptato
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MILANO — Il primo giorno di trattazione dei diritti di Fonsai e Unipol, ultima fase del doppio aumento di
capitale da complessivi 2,2 miliardi per il salvataggio della compagnia che fu dei Ligresti, si è chiuso con un
movimento relativamente modesto del mercato ma questo non sembra scoraggiare le banche del consorzio di
garanzia, nonostante ci siano da trovare investitori per circa 600 milioni al netto degli impegni di Unipol. Come
spiegano fonti vicine al consorzio delle banche (Mediobanca, Unicredit, Credit Suisse, Deutsche Bank, Ubs,
Nomura), i motivi sono diversi: intanto l'asta durerà fino a venerdì 7, dunque c'è tempo per avere una visione
più ampia sullo scenario macroeconomico, specialmente da giovedì dopo il board della Bce. In secondo luogo
c'è la valutazione del titolo: è vero che le azioni Fonsai (ieri 1,028 euro, -0,10%) e Unipol (2,068 euro, -0,96%)
sono appena sopra i prezzi degli aumenti di capitale (rispettivamente di 1 e 2 euro) a causa dei rischi di
esecuzione della fusione e per gli elementi distorsivi della complicata operazione — non da ultimo le inchieste
a Milano e Torino — ma è anche vero che a questi livelli la nuova Uni-Fonsai è quotata a circa 5,2 volte gli
utili, meno di Generali (7,7 volte) o Cattolica (6,9 volte).
Di tutto questo l'amministratore delegato, Carlo Cimbri, ha parlato giovedì e venerdì scorsi a Londra in un
roadshow delle banche del consorzio. Una fetta dell'aumento potrebbe essere rilevata direttamente da Unipol,
che si è detta interessata a un ulteriore 4,9% di Fonsai. Inoltre la compagnia delle coop rileverà fino a 140
milioni di azioni di risparmio sempre di Fonsai. In caso di inoptato le banche prenderebbero tra 50 e 70 milioni
di azioni, con la fetta maggiore per Mediobanca e Unicredit. Mediobanca dovrà poi rivendere le azioni subito
dopo per regole antitrust. C'è attesa poi per le mosse di Blackrock: il fondo Usa aveva rilevato il 5% di Unipol
prima dell'aumento di capitale e avrebbe esercitato solo in parte i diritti e dunque si sarebbe diluito, mentre in
Fonsai si sarebbe collocato a un livello sotto il 2%.
*la Repubblica*
MARTEDÌ, 4 SETTEMBRE 2012
di: ANDREA BONANNI
La Bce
Draghi: “Legittimo acquistare bond
dei Paesi in difficoltà
ma porremo condizioni severe”
Il tedesco Schaeuble: sì al fondo salva-Stati dalla Corte
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BRUXELLES
— L’acquisto di bond a breve-medio termine già in circolazione sul mercato non costituisce un finanziamento
del debito degli stati membri e rientra pienamente nel mandato della Bce. È quanto ha spiegato ieri il
presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, nel corso di una lunga audizione a porte chiuse di
fronte alla Commissione economica del Parlamento europeo.
TITOLI DI STATO A TRE ANNI
Secondo quanto hanno riferito i deputati presenti all’incontro, Draghi ha difeso il principio secondo cui la Bce,
acquistando titoli già emessi e circolanti, otterrebbe il risultato di ridurre gli spread e di migliorare la
trasmissione della politica monetaria, senza per questo finanziare direttamente il debito pubblico dei Paesi che
hanno già emesso e piazzato i bond, cosa che sarebbe esplicitamente vietata dai Trattati europei. Le
testimonianze dei presenti, tuttavia, divergono su quale possa essere, nell’opinione di Draghi, la durata dei
titoli acquistabili. Secondo alcuni si tratterebbe i titoli a breve, cioè a 12-18 mesi. Mentre altri parlano di bond
«fino a tre anni». Il presidente ha insistito sul fatto che l’acquisto di titoli a breve «non comporta creazione
monetaria».
Le dichiarazioni di Draghi arrivano a poche ore dalla riunione cruciale del board della Bce, che dopodomani
dovrà definire tempi e modi di un possibile intervento sui mercati per calmierare gli spread e difendere l’euro
dagli attacchi speculativi. Esse costituisco anche una prima risposta indiretta alle critiche che il presidente
della Bundesbank, Jens Weidmann, ha rivolto pubblicamente e ripetutamente all’ipotesi di acquisto di titoli di
stato da parte della Banca centrale europea sostenendo che costituirebbero un finanziamento illecito dei debiti
pubblici.
ACQUISTI CONFORMI AI TRATTATI
All’eurodeputato tedesco Markus Ferber, che sollevava le medesime obiezioni, ieri Draghi ha risposto
cortesemente ma fermamente «io non sono un giurista, ma ci sono interpretazioni dei Trattati secondo le quali
questo tipo di acquisti è perfettamente conforme alle norme europee, e questa è anche la nostra valutazione».
Le parole del presidente della Bce dovrebbero anche tranquillizzare il ministro delle finanze tedesco Wolfgang
Schauble, che proprio ieri, in un duetto a distanza con Draghi, aveva messo in guardia contro «aspettative
eccessive» sul ruolo che Francoforte potrà giocare nella crisi degli spread, dicendosi certo che la Banca
centrale «agirà nell’ambito del proprio mandato», che non prevede il finanziamento dei debiti sovrani.
Schauble si è anche detto «certo» che la corte suprema tedesca darà il via libera al nuovo fondo salva stati
nella sentenza attesa entro il 12 settembre.
AIUTI E CONDIZIONALITÀ
Il presidente della Bce ha comunque insistito sul fatto che qualsiasi intervento sui mercati secondari
sarà accompagnato «da una forte e stringente condizionalità» per quanto riguarda le politiche di bilancio degli
stati coinvolti. E questo «per evitare che si allenti la tensione politica al perseguimento delle riforme».
Nella sua lunga audizione, Draghi ha anche toccato diversi altri punti cruciali della crisi in cui versa l’Europa.
Crisi che, a suo dire, «si è un po’ calmata, anche se la situazione resta fragile e incerta». Il presidente della
Bce ha confermato che «l’euro è irreversibile», e che occorre «rifondare l’unione monetaria», partendo dalla
creazione di una unione bancaria.
NO ALLA LICENZA BANCARIA PER L’ESM
Il Governatore ha quindi sottolineato che la Banca centrale «è contraria alla concessione di una licenza
bancaria al fondo salva-Stati Esm» perchè «avrebbe lo stesso effetto del finanziamento diretto agli Stati».
Infine, smentendo le valutazione di molti politici conservatori tedeschi, si è detto convinto della necessità «di
mantenere con forza la Grecia nell’euro». Altro tema caldo la questione dell’Unione bancaria.
Ieri il ministro tedesco Schauble si era detto convinto che la Banca centrale europea non sarà materialmente
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in grado di «vigilare direttamente su tutti i seimila istituti di credito dell’Ue», e che dovrà mantenere un
controllo diretto solo sui grandi gruppi bancari internazionali, lasciando alle autorità nazionali il compito di
sorvegliare gli altri. Ieri Draghi gli ha dato parzialmente ragione, spiegando che la supervisione bancaria farà sì
capo a Francoforte, ma che verrà esercitata in collaborazione con le autorità di sorveglianza nazionali: «Certi
compiti resteranno a livello di vigilanza nazionale, mentre altri li assumerà la Bce e si arriverà così a una
soluzione mista».
E in serata Moody’s ha rivisto al ribasso -da stabile a negativo- l’outlook dell’Unione europea.
*la Repubblica*
MARTEDÌ, 4 SETTEMBRE 2012
di: FRANCESCO BEI – ALBERTO D’ARGENIO
E Monti tira un sospiro di sollievo
“Positive le parole del Governatore”
Per il premier e Hollande ora è il momento della crescita
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COSÌ come a Monti è piaciuta la “previsione” del Finanzminister Schaeuble sul fatto che la Corte tedesca non
boccerà il fondo salva- Stati dell’Unione. Concetto che la Merkel aveva anticipato a Monti mercoledì scorso a
Berlino e che ieri il ministro agli Affari europei Enzo Moavero ha spiegato a Giorgio Napolitano in una visita al
Colle. Ad oggi a Roma nessuno sa dire se l’Italia ce la farà da sola, se riuscirà ad uscire dalla crisi senza
chiedere il soccorso dello scudo anti-spread che l’Unione sta finalmente mettendo in piedi. Ma se la diga
studiata tra Bruxelles e Francoforte sarà solida - e la giornata di ieri lo lascia sperare potrebbe essere
sufficiente a pacificare i mercati evitando a Spagna e Italia la pericolosa richiesta di intervento europeo.
Proprio questo sarà uno degli argomenti che il premier affronterà oggi a Villa Madama con il presidente
francese Hollande. È il terzo incontro in pochi mesi tra due leader che in Europa ormai fanno fronte comune
per arginare le resistenze dei partner del Nord. «Concordano praticamente su tutto», afferma uno degli sherpa
che oggi parteciperà alla bilaterale. Innanzitutto sulla Grecia. Per entrambi «deve restare nell’euro perché una
sua uscita avrebbe effetti catastrofici». Su questo fronte i francesi, come gli italiani, sono molto attivi per
cercare di convincere la Merkel a venire incontro alle difficoltà del premier greco Samaras. E c’è un relativo
ottimismo sul fatto che alla fine, se il rapporto della Troika Ue-Bce-Fmi sui progressi compiuti da Atene non
sarà disastroso, il Consiglio europeo del 19 ottobre concederà ai greci più tempo per completare le riforme
imposte dai creditori internazionali, salvando la Grecia dal tracollo.
Altro capitolo spinoso è quello spagnolo. Parigi e Roma sostengono che nessuno deve pressare il governo
Rajoy a chiedere l’intervento dello scudo anti-spread. Già, perché nessuno sa prevedere le reazioni dei
mercati all’eventuale passo di Madrid, con la speculazione che potrebbe poi spostare le sue “premurose”
attenzioni sull’Italia. E ora, racconta con soddisfazione una fonte governativa, anche la Germania sarebbe
sulla stessa linea visto che la Merkel teme di affrontare un voto del Bundestag sul via libera all’aiuto per gli
spagnoli. Questa volta potrebbe non riuscire a tenere a bada le frange più estreme della sua maggioranza con
pesanti conseguenze sul suo futuro politico. Monti e Hollande torneranno poi a parlare di
crescita,concordando di alzare il pressing su Barroso, presidente della Commissione Ue, affinché dia seguito
alle decisioni del summit di giugno sul rilancio dell’economia. Allo stesso modo a Villa Madama sarà scritta la
strategia italo-francese in vista di un altro vertice europeo, quello appena convocato per il 22 novembre,
dedicato al bilancio dell’Unione 2014-2020. Roma e Parigi vogliono che tutte le risorse economiche di
Bruxelles vengano indirizzate a politiche per crescita e occupazione. «Oltre che un utile strumento commenta
chi segue il dossier sarebbe un buon segnale per i mercati».
E qui si arriva al discorso Draghi. Nelle capitali si aspetta la riunione del Consiglio direttivo della Bce di
dopodomani. Quella decisiva, anche se a Roma e Parigi si prevede che Draghi, pur confermando la volontà di
intervenire sui mercati, resterà «prudente». Ovvero non renderà noti tutti i dettagli della strategia che ha
studiato (e “spuntato” alla Bundesbank) in attesa della sentenza della Corte costituzionale tedesca (12
settembre) sulla legalità dell’Esm, il fondo salva-stati finanziato dai governi che avrà anche la funzione di
scudo contro gli spread. Il cui intervento, con precedente firma di un memorandum di impegni, è stato
subordinato da Draghi per scatenare l’offensiva sui mercati della Bce. Se a Roma stupisce che ieri il
presidente dell’Eurotower abbia parlato di «condizioni severe » in cambio del doppio intervento Esm-Bce, c’è
chi come il vicepresidente dell’Europarlamento Gianni Pittella fa notare che «la decisione sul memorandum
non spetta a lui, ma ai governi». Ad ogni modo tutti sperano che la diga europea sarà in grado di bloccare
speculazione e sfiducia solo con la sua presenza, un effetto deterrente che eviterebbe a Spagna e Italia di
chiederne l’attivazione in cambio dell’imposizione di riforme che alla fine si potrebbero rivelare più dure del
sopportabile.
*la Repubblica*
MARTEDÌ, 4 SETTEMBRE 2012
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE ANDREA TARQUINI
La cancelliera chiede di tagliare il debito per sottrarsi agli speculatori. E ripete: i Paesi deboli
dell’eurozona hanno diritto alla nostra solidarietà
Merkel accusa:
“Mercati contro il popolo”
In Spagna SOS dell’Andalusia. Madrid stanzia 5 miliardi per salvare Bankia
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Rassegna Stampa del giorno 4 Settembre 2012
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
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BERLINO— “I mercati non sono al servizio del popolo; il grande compito di noi politici deve essere trasportare
nel mondo dei mercati e della finanza lo spirito solidale dell’economia sociale di mercato”, cioè il modello
tedesco di capitalismo con welfare e forti sindacati. L’attacco alla finanza internazionale, espresso quasi con
concetti da no global, viene da Angela Merkel. La cancelliera federale, parlando a una manifestazione della
Csu (il partito fratello bavarese) ha usato una durezza senza precedenti contro il neoliberismo. E pur
ribadendo il no agli eurobond e a un’unione dei debiti, ha sottolineato che “i paesi deboli dell’eurozona si sono
conquistati il diritto alla nostra solidarietà”. Così la “donna più potente del mondo” ha voluto intervenire, in
questo lunedì che inizia il periodo decisivo per le sorti dell’euro.
Dopodomani, giovedì, si tiene infatti l’attesa riunione del Consiglio della Banca centrale europea (Bce), dove il
presidente Mario Draghi vuole varare acquisti di titoli sovrani dei paesi deboli, decisione contrastata dal
numero uno di Bundesbank Jens Weidmann. E in queste ore, un appello disperato alla Bce e nuovi segnali
d’allarme sono venuti dalla Spagna. I mercati, ha continuato Angela Merkel, in questi anni hanno consentito a
poche persone di arricchirsi a spese della maggioranza. E’ questo clima pericoloso, ha aggiunto in sostanza,
che mi spinge a chiedere a tutti i governi di tagliare il debito sovrano, per non cadere nel mirino degli
speculatori. E’ stato un attacco senza precedenti al potere dei mercati, sia da parte di Merkel, sia in generale
da un politico di centrodestra europeo. Non bisogna consentire ai mercati di distruggere i frutti del lavoro della
gente, ha insistito la cancelliera. “E i governi non devono dipendere dai mercati a causa di un debito
eccessivo. Ma la vera questione riguardo alla democrazia è questa: possiamo, in Germania e in Europa,
vincere le elezioni quando stabiliamo insieme di avere finanze solide e quando non spendiamo più di quanto
incassiamo?”.
Non vogliamo comunque una messa in comune dei debiti, ha continuato ‘Angie’, ma i paesi deboli si meritano
la nostra solidarietà, “perché abbiamo voluto che superassero le loro difficoltà”. É per liberarci tutti dal potere
dei mercati - ha fatto capire la Merkel - che “la Germania deve premere per le riforme, anche se a volte siamo
severi. Vogliamo un’Europa stabile e solidale, e serve un’Europa forte a livello mondiale, perché da soli,
ognuno per sé, non contiamo”.
Il caso spagnolo sarà un banco di prova. «Io mi aspetto che la Bce agisca contro la crisi dei paesi più deboli
come Spagna e Italia» ha detto il ministro dell’Economia Luis De Guindos, annunciando tra l’altro lo
stanziamento immediato di 5 miliardi per soccorrere Bankia, l’istituto di credito nazionalizzato. Berlino ha
chiesto con urgenza più informazioni sulla crisi delle banche spagnole. E intanto una quarta regione spagnola,
l’Andalusia, che è la più popolosa, ieri ha chiesto aiuti statali d’emergenza per un miliardo. Mentre la ricca
Catalogna preme per un anticipo dei 5 miliardi che vuole da Madrid: “Non possiamo aspettare fino a fine
mese”. Anche le regioni di Murcia e Valencia, in profondo rosso, aspettano un soccorso statale.
*la Repubblica*
MARTEDÌ, 4 SETTEMBRE 2012
di: MAURIZIO RICCI
La Bce
Uno scudo da 200 miliardi
Draghi prepara il colpo finale
per la salvezza dell’euro
Tutte le opzioni sottoposte ai governatori
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Ne parlanoda almeno due mesi, ma, formalmente, soltanto domattina i componenti del Consiglio della Banca
centrale europea si troveranno davanti agli occhi una cartellina che spiega quali opzioni ha di fronte la
massima autorità monetaria dell'Eurozona per salvare, come ha promesso Mario Draghi, la moneta unica. E,
probabilmente, anche i costi, che più di un analista già quantifica in 200 miliardi di euro. Una decisione, nella
riunione ufficiale del giorno dopo, non è scontata. I nodi, d'altra parte, sono intricati.
LE CONDIZIONI
Dall'inizio, Draghi ha subordinato l'intervento della Bce al rispetto, da parte dei governi che chiedono aiuto, di
«condizioni stringenti» sul risanamento della finanza pubblica. Se ne è parlato moltissimo, nell'ultimo mese,
magari ad uso e consumo dell'opinione pubblica tedesca. Forse se ne è parlato troppo. A decidere il
salvataggio, ha precisato Draghi, sarà in prima battuta il Fondo salva-Stati, cioè i politici. E i politici, nel vertice
di fine giugno, come ha ricordato, in una intervista a Repubblica, il ministro del Tesoro, Grilli, hanno chiarito
che gli interventi anti-spread andavano subordinati al rispetto degli impegni già presi dai governi con la Ue.
Niente missioni della Troika Ue-Bce-Fmi, niente nuove condizioni-capestro, tranne la garanzia che gli impegni
saranno rispettati anche dai futuri governi, ad esempio nel dopo-Monti. Draghi potrebbe chiedere un protocollo
di intesa diverso e separato con la Bce, ma vorrebbe dire scavalcare platealmente i politici. Basterà ai
tedeschi quello che è stato deciso a giugno?
COSA
Draghi ha già precisato che l'intervento sarà concentrato sui titoli a scadenza più breve, forse anche inferiore
ai tre anni. In questo modo, si mantiene la pressione riformatrice sui governi, cui gli interventi di Francoforte
darebbero solo qualche mese di respiro. Contemporaneamente, si rafforza la tesi di Draghi che l'intervento
non rattoppa i bilanci dei Paesi deboli, ma è squisitamente di politica monetaria, tradizionalmente centrata
sulla gestione dei tassi di interesse a breve termine.
COME
Interventi limitati o (potenziali) avrebbe illimitati? La Bundesbank e i suoi alleati puntano a restringere
l'offensiva di Francoforte a missioni di emergenza, come bloccare la deriva incontrollata e improvvisa dei titoli
italiani e spagnoli verso livelli insostenibili, quello che si è verificato nello scorso novembre e ancora a luglio.
Draghi sembra pensare ad una presenza più continua e strutturale della Bce sui mercati, che prosciughi il lago
di paura e sfiducia in cui nuotano gli speculatori. Per arrivarci, gli operatori di Francoforte potrebbero fissare un
tetto ai rendimenti dei titoli (ad esempio il 2 per cento sui titoli italiani a due anni, contro il 2,61 di ieri) e
comprare sul mercato, fino a raggiungere l'obiettivo. Difendere un livello di costo del debito, tuttavia,
assomiglia troppo ad un finanziamento dei bilanci di Stato. I più credono alla fissazione di un livello di spread,
più coerente con un intervento che si vuole di politica monetaria: accorciare lo spread significa anche
avvicinare i tassi di interesse che imprese e famiglie pagano nei diversi Paesi. L’Fmi ha calcolato che lo
spread fra Italia e Germania domente) essere pari al 2 per cento. Potrebbe essere l'obiettivo a cui punta la
Bce, ma nessuno crede che Draghi lo annuncerà ufficialmente, per evitare di legarsi le mani negli interventi sui
mercati.
QUANTO
A sorpresa, nonostante tutte le parole sugli interventi illimitati e sul grande bazooka di Draghi, puntato sui
mercati, queste manovre potrebbero costare poco, almeno se confrontate con l'inezione di liquidità alle
banche, per mille miliardi di euro, dello scorso inverno. La Deutsche Bank ha stimato che il salvataggio
dell'euro potrebbe costare 410 miliardi di euro, 230 a carico del Fondo salva-Stati e 180 sul collo della Bce.
Francoforte,cioè, spenderebbe meno di quanto ha fatto un anno fa, rastrellando titoli italiani e spagnoli sui
mercati, per 211 miliardi di euro. Più o meno sulla stessa linea una grande banca inglese, la Hsbc: se gli
interventi venissero limitati a titoli non più che biennali, gestire gli spread di Italia e Spagna, per portarli a livelli
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non gonfiati dalla speculazione, comporterebbe un impegno di 2 miliardi di euro a settimana. In due anni, circa
200 miliardi di euro. Queste cifre sono significative anche rispetto ad una terza ipotesi. Draghi, giovedì, non
parlerebbe né di rendimenti, né di spread, ma si rifarebbe alla Fed e a Bernanke, comunicando, invece,
ufficialmente, un'altra cosa: la quantità di titoli che la Bce intende comprare. Gli analisti di Daiwa, una grande
finanziaria giapponese, pensano che non potrebbe essere più del 30 per cento dei titoli a breve, italiani e
spagnoli, attualmente in circolazione. Se così fosse, visto che il grosso del debito di Italia e Spagna è a
scadenze più lunghe, l'impegno sarebbe di 60 miliardi di euro per i titoli spagnoli, 156 per quelli italiani. Poco
più di 200 miliardi di euro, insomma.
*la Repubblica*
MARTEDÌ, 4 SETTEMBRE 2012
di: GIOVANNI PONS
Il salotto buono alla prova dei consigli
Domani il caso Nagel-Ligresti al cda Mediobanca. In Gpi altro round Tronchetti-Malacalza
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MILANO— Rcs più 19%, Camfin più 7,1% e Mediobanca più 1,3%. I movimenti nella galassia che ruota di
piazzetta Cuccia sono continuati anche ieri in attesa di novità concrete sui vari fronti che potrebbero arrivare
già questa settimana. Domani, in particolare, si terrà il cda di Mediobanca in cui l’amministratore delegato
Alberto Nagel spiegherà ai consiglieri i motivi della sua firma in calce alla lettera con cui vengono assicurati
alla famiglia Ligresti benefici materiali in cambio del via libera alla fusione tra Fonsai e Unipol. L’accordo è
finito al vaglio del pm Luigi Orsi che ha messo sotto inchiesta Nagel per concorso in ostacolo all’attività di
vigilanza e ora si aspettano ulteriori passi da parte della magistratura. A breve potrebbero scattare altri
interrogatori dei protagonisti della vicenda, inclusi i vertici di Unicredit e Unipol.
Ma per il momento non sembra che i soci di Mediobanca vogliano procedere con la scure, cambiando il
management in una fase tanto delicata. Anche i consiglieri che fanno capo alla compagine francese guidata
da Vincent Bollorè, che in un primo momento sembravano desiderosi di dar battaglia, hanno rinviato un
eventuale redde rationem. Nagel, a quanto si può apprendere, ammetterà di aver commesso una leggerezza
nel firmare la lettera e non aver informato il consiglio del suo atto. Ma lo giustificherà con la necessità di
evitare fughe di notizie e di assicurare il buon esito dell’operazione che altrimenti avrebbe rischiato di saltare.
E non sembra neanche che al momento venga messa in discussione la strategia industriale di Mediobanca,
che finora non ha certo premiato l’andamento del titolo in Borsa, con piani che prevedano la possibilità di
separare l’attività di merchant banking pura dalle partecipazioni strategiche. Probabilmente di entrambi gli
argomenti, uscita di Nagel e nuova strategia, se ne parlerà più diffusamente all’assemblea di fine ottobre.
La tenuta della galassia verrà testata sempre domani da un inaspettato confronto tra Marco Tronchetti Provera
e la famiglia Malacalza nel cda della Gpi, la holding che controlla il 41,7% di Camfin e a cascata il 26,2% di
Pirelli. I soci sono entrati in rotta di collisione sulle modalità di rifinanziamento del debito Camfin e hanno
avviato una battaglia legale senza esclusione di colpi (esposti alla Consob e in procura da entrambe le parti). Il
faccia a faccia in Gpi, dove Tronchetti e i Malacalza hanno sottoscritto un patto di sindacato, potrebbe anche
risolversi con una rottura anticipata dallo stesso mentre una rappacificazione sembra al momento molto
difficile. A molti risulta evidente che di fronte alle crescenti difficoltà il sistema cerca di chiudersi a riccio. Per
cui il Tronchetti vicepresidente di Mediobanca non spingerà per fare le pulci a Nagel sul caso Ligresti e
piazzetta Cuccia insieme a Unicredit cercherà di sostenere Tronchetti contro l’attacco dei Malacalza. Un altro
caso Impregilo sarebbe infatti difficile da giustificare dinanzi al mercato.
Più difficile da decifrare l’imperioso rialzo del titolo Rcs nelle ultime sedute, più 200% dal 27 agosto cioè da
quando il neo ad Scott Jovane ha annunciato un piano autunnale per ridurre l’indebitamento della casa
editrice, oltre a confermare la cessione di Flammarion. Le voci più insistenti danno in acquisto sia Giuseppe
Rotelli che Diego Della Valle, i due azionisti fuori patto che possono arrotondare le loro quote. Il primo è
già sulla soglia del 17% mentre il secondo è ufficialmente al 5,4%. Ma dai rispettivi quartieri generali non
arrivano conferme in tal senso e bisognerà aspettare la riunione del patto di sindacato di metà settembre per
capire se qualcosa bolle in pentola. Rotelli, da primo azionista, sembra volersi muovere in sintonia con
Giovanni Bazoli, da anni custode degli equilibri che riguardano il Corriere della Sera, mentre Della Valle, dopo
l’uscita dal patto Rcs e dal cda Generali, sembrava volersi indirizzare verso Mediobanca per cercare di
scardinare dall’alto i meccanismi dei patti di sindacato che ingessano le gestioni manageriali delle partecipate.
Ma il rally dei prezzi nella seconda parte di agosto potrebbe aver influito sui suoi piani.
La Fiba-Cisl
Vi augura di trascorrere
una serena giornata
A
Arrrriivveeddeerrccii aa
domani 5 Settembre
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ppeerr uunnaa nnuuoovvaa
rraasssseeggnnaa ssttaam
mppaa!!