caso ducati motor - UniversiBO
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On line MBA CASO DUCATI MOTOR ne fu applicare alle moto la distribuzione desmodromica (un sistema con ritorno valvole controllato a bilanciere e non a molle), grazie al quale vengono migliorate le prestazioni complessive del motore. La distribuzione desmodromica è ancora utilizzata su tutte le moto Ducati. di Giovanni Contino (Ducati Motor) e Mauro Marini (Università di Bologna) Storia della Ducati All’inizio degli anni ‘70 la Ducati si pose come obiettivo la produzione di moto di grande cilindrata, ponendo le basi per i successi attuali. La svolta successiva fu l’acquisizione da parte del gruppo Cagiva a metà degli anni ‘80. Nel 1990 Raymond Roche, su una Ducati 888, vince il campionato mondiale superbike. Da quel momento per oltre un decennio la stessa derivata di serie Ducati, trasformatasi nei modelli 916 e successivamente 996, domina il campionato mondiale superbike. La storia della Ducati inizia il 4 luglio 1926, quando Antonio Cavalieri Ducati ed i suoi tre figli Adriano, Bruno e Marcello fondarono la prima azienda in Italia che produceva apparecchi radio. Nel 1996 Texas Pacific Group ha acquisito dal Gruppo Cagiva la quota maggioritaria del pacchetto azionario Ducati creando una nuova società denominata Ducati Motor Spa. Nel 1935 La Ducati si trasferì a Borgo Panigale, dove fu costruito un moderno stabilimento. La produzione della Ducati in quegli anni fu estremamente articolata: infatti uscirono dalla fabbrica i più svariati prodotti come rasoi elettrici, macchine fotografiche, juke box, cineprese e macchine calcolatrici. La svolta avvenne nel 1946 quando, con la ricostruzione dello stabilimento distrutto dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, la Ducati acquisì il brevetto Cucciolo, in pratica un motore 4 tempi di 48 cc applicato al telaio di una bicicletta. Successivamente la Ducati incrementò la sua gamma di produzione con una serie di motori fino a 98 cc. Nel 1954 entrò a fare parte della casa bolognese l’ing. Fabio Taglioni. La sua grande intuizio- Attualmente la gamma Ducati si articola su 4 modelli base: Superbike, Supersport, Monster e Sport Touring. La strategia dell’azienda e il ruolo delle operations L’ing. Baroni era piuttosto soddisfatto. Le cifre relative alla crescita dei volumi produttivi parlavano chiaro: negli ultimi 3 anni il numero di motociclette prodotte era passato da 28.000 a 40.000 (figura 1), il che significava che le operations, l’area di cui era responsabile, avevano fatto 1 On line MBA la loro parte nel supportare la nuova strategia di crescita del fatturato. senza compromessi. Questo posizionamento nella fascia alta del merca- 40000 45.000 40.000 34500 N° di moto prodotte 35.000 27500 30.000 28000 Figura 1. Aumento dei volumi produttivi negli ultimi 5 anni. 25.000 20.000 15.000 12500 10.000 5.000 0 Anno 1 Anno 2 Anno 3 Anno 4 Le linee guida dettate dal vertice erano molto chiare: la Ducati doveva ampliare la propria quota di mercato, e quindi entrare in competizione con marche che si rivolgevano ad un pubblico molto più ampio di quello tradizionale dei «ducatisti». to tuttavia non poteva essere realizzato a qualsiasi costo per cui all’area delle operations veniva chiesto il continuo miglioramento dell’efficienza del sistema produttivo. Era proprio sulla struttura del costo del prodotto che Baroni rifletteva quella mattina: al di là di marginali differenze tra le varie linee, il dato che veniva dal controllo di gestione era omogeneo: l’85% del costo totale era determinato dai materiali e Il tutto senza perdere le caratteristiche alla base del successo Ducati: un marchio con una identità molto forte ed un’immagine elitaria, primato tecnologico riconosciuto, qualità Codone/Sella Serbatoio Carburante Flangia Benzina Anno 5 Airbox Forcella Porta Targa Fanale Forcellone Scatole Filtro Pedane Ruota Anteriore Serbatoi Liquidi/Olio Pannello Batteria Teste Ruota Posteriore Cilindro/Pistone Coperchio Frizione/Alternatore 2 Carter Volani Figura 2. Modello Superbike: individuazione dei principali sottogruppi. On line MBA Baroni ripensò ad un progetto di miglioramento interno che si era concluso un paio di mesi prima con un buon successo. Analizzando dettagliatamente i materiali ed il ciclo produttivo di un sottogruppo, un team costituito da produzione, ufficio tecnico e qualità era riuscito a individuare alcune opportunità per semplificare il prodotto e ridurre i costi (figura 3). componenti acquistati, mentre il restante 15% era imputabile al lavoro diretto o indiretto. Il che era logico, visto che la DUCATI acquistava pressoché tutti i componenti della motocicletta (facevano eccezione alcune lavorazioni ad alto contenuto tecnologico, eseguite dall’officina interna) ed effettuava al proprio interno il premontaggio dei gruppi (figura 2), ed il successivo assemblaggio della motocicletta. Certo, coinvolgere i fornitori in un progetto analogo sarebbe stato parecchio più complesso: occorreva costruire un clima di fiducia e collaborazione, senza il quale ben difficilmente avrebbero accettato che un cliente venisse a “fargli i conti in tasca”. Gli acquisti Nel corso dell’anno passato DUCATI aveva acquistato materiali diretti per circa 250 miliardi distribuiti tra 236 fornitori. Il punto era che con le tradizionali tecniche di negoziazione non era possibile ottenere le riduzioni drastiche di costo che l’azienda cercava, tanto più che per molti fornitori Ducati non era un cliente strategico. Forse mi sto spingendo in un dettaglio eccessivo, riflettè Baroni, mentre invece dovrei spostare il punto di vista dell’analisi, guardare le cose un po’ più dall’alto… Possibile che non vi fossero ulteriori margini di miglioramento? Idea 3 12% Idea 2 11% 15% 20% Idea 1 100% 36% 17% Materiale 1 Compon. 1 Compon. 2 Fase 1 Fase 2 3 PREZZO Figura 3. Analisi del valore effettuata su un sottogruppo: la riduzione di costi ottenibile è pari all’11%. On line MBA Per il momento, probabilmente la cosa migliore da fare era uscire dall’ufficio e fare due passi giù in reparto, per schiarirsi un po’ le idee. che ne avevano bisogno. Esistevano inoltre due magazzini dedicati, uno per i particolari verniciati e l’altro per i premontaggi, che alimentavano MAGAZZINO PRINCIPALE (Componenti) VERNICIATI Figura 4. Schema di alimentazione delle linee di assemblaggio BUFFER LINEA PREMONTAGGI Le linee di assemblaggio anch’essi la linea. Successivamente, visto che le operazioni di prelievo dal magazzino centrale tendevano a rallentare il flusso, si era deciso di introdurre un magazzino intermedio (buffer, vedi figura 4.). Le cose erano migliorate, ma questo sistema continuava ad avere alcuni svantaggi. Una cosa sulla quale sicuramente valeva la pena di concentrarsi, pensò Baroni guardando le linee di assemblaggio, era migliorare ancora l’efficienza interna. I risultati erano già molto buoni, ma l’ingegnere pensava che si potesse fare di più. Al primo posto c’era la questione dell’alimentazione delle linee. Inizialmente il meccanismo funzionava pressappoco così: in base al programma di assemblaggio gli addetti alla movimentazione prelevavano dal magazzino principale (o direttamente dall’area destinata al ricevimento e controllo) i componenti necessari per l’assemblaggio e li portavano a bordo linea. In primo luogo, gli addetti all’assemblaggio consumavano parte del loro tempo nelle operazioni di prelievo. In secondo luogo, vi era sempre una grande quantità di materiale che stazionava a bordo linea, creando confusione e occupando spazio. A questo si aggiungevano i numerosi viaggi, molti dei quali a vuoto, dei carrellisti. Inoltre, se si verificavano dei cambiamenti nel programma di assemblaggio (e la cosa non era infrequente) occorreva verificare quali fra i componenti a Gli operatori dell’assemblaggio prelevavano poi i componenti man mano 4 On line MBA La programmazione di dettaglio dell’assemblaggio avveniva invece con un rolling di 5 giorni. bordo linea erano necessari anche per il nuovo programma e quali no, riportare il materiale non necessario nel magazzino principale ed effettuare un nuovo prelievo. Alla fine c’era sempre il rischio che mancasse qualcosa, oppure rimanesse a bordo linea qualcosa che non doveva rimanerci, con conseguenti perdite di tempo ed errori di montaggio. Tornato in ufficio, Baroni riesaminò i dati che mettevano a confronto le vendite previste con la produzione effettiva. Programma di produzione Mese n Programma fornitore (MRP) Mese n+1 Figura 5. Schema del processo di pianificazione della produzione. Mese n+2 Mese n+1 Prev. n+2 Prev. n+4 Programma di assemblaggio S3 S4 Assemblaggio Oggi Il grafico relativo agli ultimi due anni evidenziava scostamenti significativi tra i due valori (figura 6), che trovavano riscontro in verifiche fatte a campione su base giornaliera. Il sistema di pianificazione Le considerazioni sulle modifiche al programma di produzione portarono l’ing. Baroni a riflettere sul sistema di pianificazione (figura 5). Molti degli scostamenti erano determinati da modifiche a breve e urgenze, che venivano gestite «manualmente», cioè bypassando il sistema informatico. Attualmente il programma di produzione veniva fissato con cadenza mensile. A metà del mese n, a seguito dell’elaborazione MRP, Ducati inviava al fornitore il programma per il mese n+1 e le previsioni per i mesi n+2, n+3 ed n+4. Questi andamenti si ripercuotevano sui fornitori, con forti differenze tra previsioni e richiami. Le variazioni 5 On line MBA impreviste del fabbisogno provocavano fluttuazioni nell’utilizzo della capacità produttiva del fornitore, il che si traduceva in un livello di servizio non sempre all’altezza delle esigenze Ducati: da un lato potevano verificarsi dei colli di bottiglia nella catena di alimentazione, e dall’altro si avevano delle consegne in eccesso per alcuni particolari. • • lo scarico del camion; l’inserimento dati nel sistema gestionale dell’azienda; la verifica di congruità tra documento di trasporto e materiale ricevuto; il controllo quantità e qualità, quando previsto (alcuni particolari venivano gestiti in free pass); • • 8.000 N° moto prodotte Figura 6. Scostamenti tra vendite previste e produzione effettiva. vendite previste produzione effettiva 7.000 6.000 5.000 4.000 3.000 2.000 1.000 0 n ge b fe ar m r ap ag m u gi g lu o ag t se t ot v no c di n ge b fe ar m r ap La logistica interna • Tutti questi grafici cominciavano a confondergli le idee… • la movimentazione verso il magazzino o direttamente in produzione; la movimentazione da magazzino a produzione. Baroni si avvicinò alla finestra e diede un’occhiata fuori, sul piazzale dove i camion scaricavano le merci. Era ancora presto, ed il piazzale era semivuoto: il periodo di punta in cui si concentrava la maggior parte degli arrivi era la seconda metà della mattinata, grosso modo tra le undici e l’una. Il tempo di attraversamento complessivo di queste fasi variava da un paio d’ore a un paio di settimane, a seconda del carico di lavoro e dell’urgenza. Il fatto era che gli “strappi” nella programmazione si ripercuotevano anche sulla scorrevolezza del flusso fisico dei materiali. Un esempio tipico era rappresentato proprio dal ricevimento merci, che comprendeva: Era chiaro, pensò l’ingegnere tornando alla sua scrivania, che con un flusso di materiale a volume costante si sarebbe ottenuta una saturazione ottimale di tutti i reparti ed una riduzione delle giacenze. Come riu- Il piano di lavoro 6 On line MBA scirci era ancora tutto da vedere: ma era convinto che, nonostante le buone prestazioni attuali, il limite “fisiologico” del miglioramento (ammesso che avesse senso definirne uno) non fosse stato ancora raggiunto. Era arrivato il momento di tirare le fila di tutti questi ragionamenti: Baroni cominciò ad impostare il piano di lavoro che avrebbe discusso di lì a qualche giorno con i propri collaboratori. 7