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AI COLLABORATORI la l e d e Foto Feliciano Paravati MISTERI PAESANI Don Giuseppe, gli angioletti sono volati in cielo? I fedeli di San Floro mormorano, anzi qualcuno si incavola. Perché non ci sono più alla base della statua del Patrono i quattro graziosi angioletti in legno che stavano lì forse da un paio di secoli? Per i parrocchiani, o per parte di essi, l’assenza degli angioletti svolazzanti, senza una spiegazione, è un autentico affronto. E allora questo giornale, per mezzo del suo direttore, decide di indagare. Per prima cosa va alla fonte più sicura di un’eventuale notizia che contribuisca a tranquillizzare gli animi (gli angioletti sono in restauro, gli angioletti sono stati rubati da ladri misteriosi, gli angioletti sono in un angolo della parrocchia in attesa di chissà che, gli angioletti sono dall’Arcivescovo per un giudizio definitivo sul loro destino, gli angioletti sono volati in cielo?). La Statua di San Floro con gli angioletti in una foto di vari decenni fa. Periodico trimestrale in distribuzione gratuita - Direttore responsabile DOMENICO PARAVATI - Registrato presso il Tribunale di Tivoli al n. 13 del 2007 Editore - Proprietà - Dir.ne - Red.ne: Domenico Paravati, V.le Trieste, 19 - 00068 Rignano Flaminio (Rm) Tel./Fax 0761.597431 - Tel. 338-9190271 - e-mail: [email protected] - Stampato da: Jano Grafica - Via S. Abbondio, 13/A - Rignano Flaminio La collaborazione é sempre gratuita. I testi, pubblicati o no, non si restituiscono - Responsabile dati personali: Domenico Paravati Attività editoriale senza fini di lucro (art. 4, D.P.R. 26.10.1972 n.633 e successive modifiche) - Per controversie legali foro competente é quello di Tivoli Per consegna a domicilio (Abb. annuale per posta): euro 20 - sostenitore 50 - benemerito 100. 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Cortalese, come il bisnonno Andrea senior e lo zio Andrea junior, aveva il “vizio” di famiglia: la pittura- Gli ultimi anni passati nel suo fondo “Rena” (che amava molto), a pochi chilometri da Girifalco Ha vinto Teresa, ma con un successo di misura (281 voti contro i 258 di Florino Vivino). La Procopio, una ginecologa - aderente politicamente ad AN, la formazione ora confluita nel PDL - è nota, anche professionalmente, non solo nel Catanzarese ma anche in varie altre parti della Calabria. In tutt’e due gli ambiti – amministrativo e professionale - è “figlia d’arte”: suo padre è stato sindaco di San Floro negli Anni Settanta e agli inizi degli Ottanta; sua madre è stata ostetrica a San Floro per molti anni. La battaglia elettorale è stata molto dura, come del resto è capitato Domenico Cefaly (Cortale 1932Roma 2003). Nato da Carlo e da Concetta Ferragina. Fin da piccolo ama dipingere. Si presenta come singolare gemma, pronta a svilupparsi dal tronco artistico dei Cefaly. Viene ammirato in famiglia dai genitori e dai suoi affettuosi fratelli (Raimondo, Rachele, Caterina e Agnese) per la sua disposizione all’arte pittorica. Lo segue da vicino lo zio Andrea Cefaly junior (19011986). Frequenta il liceo artistico a Roma, nel collegio “San Giuseppe”, a Domenico Cefaly Trinità dei Monti. Dopo la “maturi- Teresa Procopio abbraccia Salvatore Tassone in altre occasioni (negli Anni Ottanta, i democristiani di Giovanni Procopio vinsero sulla sinistra per soli 12 voti!). Per la cronaca: fino a poco Morte con il trattore Spaventosa disgrazia a San Floro, nelle campagne di Salica. Salvatore Vivino, 52 anni, operatore agricolo da una vita e da anni in dimestichezza con il trattore, è stato trovato nel pomeriggio del 17 luglio u.s. orribilmente straziato dalla fresa. Non è stato possibile ricomporre il corpo, disseminato in un tratto di qualche decina di metri. La moglie, dall’abitazione di campagna, aveva notato da lontano il trattore inspiegabilmente fermo da una decina di minuti e si è precipitata sul posto per capire cosa fosse accaduto. Del marito era rimasto integro solo un braccio. Il resto era stato ridotto in uno stato facilmente immaginabile. Sembra che il mezzo abbia percorso alcune decine di metri in piena attività, compiendo quello strazio, prima di fermarsi. Difficile capire cosa sia “tecnicamente” successo, cioè per quale motivo il Vivino sia finito negli ingranaggi della fresa: se caduto o inciampato dopo, magari per qualche riparazione, essere sceso dal mezzo; il quale, comunque, era con il motore acceso quando è stata scoperta la disgrazia. La popolazione di San Floro è rimasta scioccata dall’evento e si è stretta, nel cordoglio, alla famiglia di Salvatore. Dunque la cronistoria di quanto accaduto. SAN FLORO Piazza Sutta l’Urmu, mercoledì 12 agosto u.s., ore 17. Il direttore di questo giornale chiede a due persone, che chiameremo X e Y: “Ma è proprio vero che gli angioletti sono spariti?”. Risposta: “Sì, è vero”. “E dove sono andati a finire?”. “Risposta: “Finora nessuno lo sa”. “Ma come? Il parroco avrà pur detto qualcosa…”. Risposta: “Che noi sappiamo, no. A meno che non lo abbia detto a qualcuno a noi ignoto”. E allora, come accennato, il Miss Italia 2009 è, come sapete, una calabrese di Fiumefreddo Bruzio povero direttore - altro che (Cosenza), Maria Perrusi. Ma la bellezza femminile ha forti radici anche vacanza tranquilla e libera da a San Floro. Nella foto, le nostre Tre Grazie (da sinistra a destra): Le Tre Grazie... Graziano Rossana, Annarita e Claudia Graziano. Guardate che sciccheria! C’è da dire inoltre che Claudia (www.claudiagraziano.it), la più giovane delle Domenico Paravati tre sorelle, lavora a Roma nel campo della moda e si può definire senza (segue a pag. 2) dubbio una stilista emergente meno di due anni fa Teresa Procopio era capogruppo di opposizione nei confronti di Domenico Paravati (segue a pag. 3) BORGIA Saverio Varano si... riposa IL CASO BORGIA In medio stat virtus Una volta si finiva in carcere o al manicomio in quattro e quattr’otto per motivi infimi. Ora in carcere si va spesso per una passeggiata che dura pochi giorni o poche ore, anche con sospetti altissimi, e i manicomi sono stati aboliti; e per finire in un centro di recupero la strada è in forte salita. L’Italia è diventata il Paese degli estremi. Prima, garantismo zero, o comunque scarso; ora, garantismo eccessivo e spesso assurdo. E allora può capitare che un figlio renda la vita difficile, per non dire tragica, ai propri Antonio Zaccone (segue a pag. 8) Ai nostri Lettori Il 1° luglio, con il grado di capitano, è andato in pensione, dopo lunghi anni al servizio della città di Borgia, il Comandante dei Vigili Urbani Saverio Varano. Persona molto stimata dalla popolazione, Varano era molto popolare tra i compaesani per i modi rispettosi e per la capacità di intervento risolutivo anche in situaAristarco Scannabue zioni difficili e talvolta dram(segue a pag. 3) matiche. Ricordo di Vittorio Nisticò Nato a Soverato, era stato direttore de “L’Ora” di Palermo Commozione soprattutto nel mondo giornalistico per la scomparsa, a Roma, l’8 giugno, di Vittorio Nisticò, per molti anni mitico direttore dell’ “Ora” di Palermo, un quotidiano che, come afferma Matteo Collura sul Corriere della Sera, “alla mafia ha fatto più danni che dieci commissioni parlamentari di inchiesta messe insieme”. tà”, continua gli studi presso l’Accademia capitolina. Sotto la guida del professor Guerrisi, che vi insegna, apprende l’arte scultoria e affianca, come assistente, il docente. Nella capitale diventa un assiduo frequentatore di via Margutta, strada degli artisti. L’amore per la pittura non gli dà tregua. E dipinge con tale impegno da “accumulare” nella sua abitazione un numero notevole di quadri. Nel 1966 lascia l’Accademia e ritorna a Girifalco, dove risiede. Nisticò era nato a Soverato 89 anni fa, ed era finito a Palermo provenendo da un altro famoso giornale del pomeriggio, il “Paese Sera”. Questo numero del “Corriere di San Floro e della Calabria” va in stampa nonostante un deficit di bilancio di 485 euro. Abbiamo sistemato i conti di giugno, ma non siamo riusciti a coprire completamente questa edizione. Dunque, ancora una volta, appello ai Lettori perché – nonostante buona volontà e sacrificio – la pubblicazione non abbia a spegnersi. LA DIREZIONE APERTO A TUTTI Questo giornale non é di parte, anzi é apertissimo a tutti. Contribuite a non farlo morire. Abbonamenti: - ordinario euro 20,00; - sostenitore euro 50,00; - benemerito euro 100,00; (per queste due ultime categorie in omaggio il volume Ciao San Floro Ciao Calabria). C/C postale 54078100 Domenico Paravati Corriere di San Floro e della Calabria Direttore responsabile: Domenico Paravati Vice Direttori ( ad honorem): Feliciano Paravati (per i servizi fotografici) Antonio Zaccone (per Borgia e Catanzaro) Angiolino Guzzo (per i servizi tecnologici) Corriere di San Floro e della Calabria - n. 3 - luglio - agosto - settembre 2009 2 SEGUE DALLA PRIMA PAGINA Gli angioletti sono volati in cielo? impegni al paese natìo… - non può far altro, per dovere d’ufficio, che andare di persona dal parroco. La chiesa di San Nicola Vescovo è aperta, è ben refrigerata (anzi, vi è la raccomandazione di chiudere la porta perché dentro c’è l’aria condizionata: è giusto che nell’anno del Signore 2009, quando la tecnologia è avanzatissima, tutti stiano al fresco). Dalla sacrestia esce il collaboratore Floro Graziano e subito dopo anche il parroco don Giuseppe (la statua di San Floro e lì a tre metri, effettivamente priva degli angeli in legno decorato, che erano sempre al loro posto - come detto - da decine e decine di anni, forse da un paio di secoli!). Il direttore di questo giornale gli chiede se può avere un colloquio. Don Giuseppe, cortese e accennando un sorriso, lo fa accomodare in sacrestia: lui da una parte del tavolo, il direttore dall’altra. Sono le diciassette e dieci minuti. Paravati mette subito in chiaro, a scanso di equivoci: “Sono qui da lei per il giornale. In giro ho raccolto voci sulla sparizione degli angioletti di San Floro. Mi può dire qualcosa in proposito?” Don Giuseppe: “A parte il fatto che a me quella statua piace di più senza gli angioletti..”. Il direttore si appresta a prendere appunti. Ma alla vista di penna e carta, Don Giuseppe si allarma: “E’ un’intervista?” Paravati: “Diciamo, un colloquio, una chiacchierata su questo argomento e magari su altri…”. Don Giuseppe: “Allora buon pomeriggio”. Sempre con un sorriso si alza e si dirige verso la porta, come per dire: “Si accomodi fuori. Il colloquio non si fa”. Il povero direttore di questo povero giornale di paese rimane esterrefatto. “Ma è proprio sicuro che…”. Il sacerdote non ha dubbi e con tono ancora più perentorio, ripete, già accanto con la coda tra le gambe, a sacco vuoto. Che sconfitta per un mestierante! Per cui, cari lettori, per colpa del sottoscritto non potete sapere ora cosa stesse per aggiungere don Giuseppe dopo quella frase : “A parte il fatto che a me quella statua piace di più senza gli angioletti..”. A parte questo, insistiamo però da qui, cosa è successo a quelle statuine svolazzanti e così care ai sanfloresi; i quali certamente DALLA BIBBIA “I Re”- “Salomone costruttore” - “ I cherubini”“Nella cella (il santuario del Tempio, il Santo dei Santi) (Salomone ) fece due cherubini di legno di ulivo, alti dieci cubiti. L’ala di un cherubino era di cinque cubiti e di cinque cubiti era anche l’altra ala del cherubino; c’erano dieci cubiti da un’estremità all’altra delle ali. Di dieci cubiti era l’altro cherubino; i due cherubini erano identici nella misura e nella forma…(Salomone) pose i cherubini nella parte più riposta del tempio, nel santuario. I cherubini avevano le ali spiegate; l’ala di uno toccava la parete e l’ala dell’altro toccava l’altra parete; le loro ali si toccavano in mezzo al tempio, ala contro ala. Erano anch’essi rivestiti d’oro.” “I Re” –“Salomone costruttore”- “Trasferimento dell’Arca dell’alleanza”“I sacerdoti introdussero l’Arca dell’alleanza del Signore al suo posto nella cella del tempio, cioè nel Santo dei santi, sotto le ali dei cherubini. Difatti i cherubini stendevano le ali sopra l’arca…” alla porta: “Buon pomeriggio”. Senza, purtroppo, dire perché quegli angioletti… Insomma, la notizia è morta sul nascere. Paravati, che stenta a muoversi, tanto gli sembra assurda la faccenda: “E’ la prima volta che mi capita una cosa del genere nella vita professionale…”. Ma, pochi secondi dopo, accogliendo l’invito che non ammette discussioni se ne va un giorno lontano o lontanissimo avranno contribuito, con le loro offerte, a pagare l’artigiano del legno? Cosa stava per dire don Giuseppe e poi non ha detto per il timore di un’intervista? Forse quegli angioletti se ne sono volati via in Paradiso, facendo marameo al parroco e ai fedeli più fedeli di San Floro… Ma un po’ tutti sono sicuri che un giorno ritorneran- no. Se non altro perché sentiranno nostalgia della nostra bell’aria fine, forse più fine di quella del Paradiso. E anche perché la statua di San Floro senza quegli angioletti è come Sant’Antonio Abate senza il porcellino. Don Giusè, lei che è persona certamente in buona fede ed intelligente anche se magari dal carattere un po’ perentorio e poco diplomatico forse perché troppo giovane e privo di grande esperienza, ci vuole dire, per favore, se lo sa, dove sono i “nostri” angioletti e perché (soprattutto perché) non stanno più al loro posto? Anche gli angioletti - strappati dal loro decennale o secolare santo angolo - sono in fervida attesa di una risposta (dal Paradiso o da uno scantinato?). Abbiamo il diritto di capire. E magari alla fine le daremo ragione. Se ragione avrà per la sua mancata risposta alla nostra iniziale domanda. Domenico Paravati ABBONATEVI A QUESTO GIORNALE C/C postale 54078100 INTESTATO DOMENICO PARAVATI Lo sfogo in chiesa di Don Giuseppe Al termine della celebrazione in chiesa dell’Ottavario di San Floro, il 25 agosto, don Giuseppe ha dato i numeri delle varie raccolte in denaro o finanziamenti ottenuti o promessi per la festa del Patrono. E ci pare di aver capito che nel complesso la raccolta - in busta, con i giochi, con la lotteria, ecc. - sia andata lievemente al di sotto dei 20mila euro, a fronte di spese di poco superiori ai 18mila, quindi con un margine attivo intorno ai 1500 euro. Comunque - ha sottolineato don Giuseppe, con un tono di rimprovero : “anche le feste religiose si fanno con i soldi” – “Tale raccolta generale è stata inferiore rispetto allo scorso anno”. In conclusione di cerimonia il parroco ha però voluto levarsi anche qualche sassolino dalle scarpe. Ricorrendo ad espressioni tipo “C’è libertà di parola e quindi ….” ha riferito di aver appreso che qualcuno lo ha definito “montanaro” (forse per il suo carattere un tantino duro?) e con altri termini indubbiamente poco rispettosi, o addirittura squallidi - aggiungiamo noi - sulla bocca di persone che si ritengono civili. E poi, reintervenendo, ha affermato: “Qualcuno ha detto che da quando ci sono io non ci sono stati miglioramenti nella chiesa”. Don Giuseppe ha però concluso, con commovente certezza, che “se Dio mi ha mandato qui vuol dire che c’è un disegno”. Noi - ricorrendo alla libertà di stampa, come don Giuseppe ricorre alla libertà di parola, ma in fondo è la stessa cosa - lo lasciamo con questa certezza, augurandogli però di riuscire ad amare di più i suoi fedeli, anche i velenosi peccatori, secondo lo spirito del perdono, che è autenticamente cristiano. (Sono, per esempio, velenosi peccatori quelli che non hanno San Floro - Il rientro della statua del Patrono (senza gli angioletti). A destra, il Parroco. gradito la soppressione della processione di San Lauro, fratello gemello di San Floro, cioè fratello del nostro Patrono?). Per fortuna, nonostante la sorpresa dei fedeli all’uscita estemporanea di don Giuseppe in un momento non troppo adatto ad uno sfogo personale, tutto è andato per il meglio con la successiva processione, tanta era la folla. Ed al rientro in chiesa le donne hanno ancora una volta intonato, a piena voce, e ovviamente senza accompagnamento di chitarre, quel bellissimo canto tutto nostrano e parecchio antico dedicato a San Floro: “O gran Santo Protettore, tu potente e pio patrono….”. Un canto che ad ognuno di noi sanfloresi fa tremare il cuore ed accapponare la pelle perché lo abbiamo sentito fin da piccoli. E, si sa, la tradizione, anche nella Chiesa, è cosa imprescindibile. Soprattutto la Chiesa cattolica non esisterebbe senza di essa. Aristarco Scannabue Il parroco e la lettrice del “Corriere di San Floro” Una lettrice del giornale- che preferiamo indicare con le sole iniziali, P.D.N. (anche se lei le vorrebbe per esteso) ed abita a Merano - ci racconta un episodio che lascia stupefatti, ma che lei insiste venga pubblicato. Eccolo: “Sono tornata a San Floro dopo tantissimi anni ed avevo voglia di portare dei fiori in chiesa. Ma qualcuno mi avverte subito: il parroco non gradisce queste iniziative. Rimango incredula, ma a distanza di poco tempo incontro il sacerdote nei pressi del bar Millennium, alla presenza di altre persone e della titolare, e gli chiedo se è vero che non è possibile portare fiori in chiesa. La risposta è: La chiesa è casa mia, signora.Cosa direbbe se io venissi in casa sua e le dicessi come usare la lavatrice? Ed ecco la riflessione della signora, ammesso che l’episodio raccontatoci sia proprio in questi termini: La chiesa non è casa del parroco, ma di tutti i fedeli. Anche se è ovvio aggiungiamo noi, a scanso di equivoci - che è lui l’ “amministratore”. Ma se il buon amministratore di un’impresa deve fare il possibile per non perdere i clienti, è lecito supporre che anche un buon parroco non debba far allontanare i fedeli dalla comunità ecclesiale affidatagli dal Vescovo. Altrimenti ne dovrà rispondere a chi l’incarico gli ha affidato. Pensierini sui Santi gemelli Bel panegirico di San Floro, nella chiesa e comune omonimi, il 18 agosto, festa del Martire. Il giovanissimo Don Angelo, proveniente da Brindisi, ha “catturato” l’attenzione dei tantissimi fedeli accalcati, con parole e concetti semplici e profondi nello stesso tempo, ma comunque sempre molto chiari, come dovrebbe fare ogni buon predicatore. Peccato che don Angelo abbia dimenticato un accenno alla “storia”. Cioè “dove”(Ulpianum, in Illiria), “da chi” (Licinio) e “perché” (avere distrutto le statue del tempio appena costruito) San Floro è stato martirizzato insieme con il gemello Lauro. Inquadrare un personaggio nella sua epoca è estremamente importante per capirne i comportamenti. ***** A proposito di San Lauro. Grazie alla personale “passione” di Giovanni Procopio per i Santi gemelli, a San Floro da un paio di decenni era stato giustamente inserito, nelle celebrazioni di agosto, il “dimenticato” fratello martire di San Floro, il cui nome del resto è molto più noto, soprattutto in Russia, rispetto a quello di Floro. Quest’anno però è sparita la breve processione di San Lauro, come se si volesse tagliare con il passato recente, pure molto apprezzato dai sanfloresi (e dallo stesso buon senso: fino al terremoto del 1783, una cappella era dedicata ai due santi a Oppido Mamertina; e nella Pre-Sila, esattamente nel territorio di Fagnano Castello, sorge un casale che porta il nome di San Lauro; segni entrambi del culto dei gemelli portato qui dai monaci basiliani nel Medioevo) . Solo un ricordo in chiesa, grazie a don Giovanni Signorello, ex parroco di San Floro e ora cappellano militare (con il grado di capitano) nel nostro Esercito. Anche il panegirico fatto da don Giovanni – che non riesce a dimenticare il nostro paese e anzi dice di amarlo sempre di più - è stato molto apprezzato dai fedeli. Ma verrà ripristinata, il prossimo anno, la processione in onore di San Lauro? Don Giovanni Signorello in un campo in Bosnia con i bambini e una donna militare Corriere di San Floro e della Calabria - n. 3 - luglio - agosto - settembre 2009 SAN FLORO SEGUE DALLA PRIMA PAGINA I risultati elettorali Vince Teresa, il terremoto una giunta di sinistra capeggiata da Nunziata Bressi. Quest’ultima aveva poi rotto con la lista nella quale era stata eletta, passando con altri consiglieri, per evitare il commissariamento, ad un’alleanza con l’opposizione e dando vita quindi ad una nuova maggioranza. La prima “grande” uscita di Teresa è stata nel mese di agosto, con il rientro annuale, anche per le feste patronali, di centinaia di sanfloresi emigrati o figli di emigrati. Il suo impatto con questi ospiti, oltre che con i suoi diretti amministrati, è stato veramente alla grande. Il sindaco - ci tiene ad essere chiamato così, al maschile! - ha imperversato in mezzo alla gente con sorrisi, Giannino Procopio, Sindaco Anni Settanta, con la figlia Teresa. appena eletta (dal palco) ed ufficiosi (tra la folla), tutte le sere a disposizione di tutti. Per cui l’impressione è stata unanime: se Teresa continuerà così - e ne ha il carattere…- è destinata a mete più alte. Ma noi, sanfloresi di dentro e di fuori, preferiamo che il nostro secondo sindaco donna rimanga qui a San Floro un’eternità, perché con quel suo carattere positivo, espansivo, allegro non potrà che venir fuori sempre qualcosa di bello e di buono per il nostro paese. Auguri, Teresa! Domenico Paravati abbracci, interventi ufficiali 3 La festa per Teresa Candidati a Sindaco: Procopio Teresa (“La Svolta”)- voti 281 Vivino Florino (“San Floro Città Futura”) - voti 258 Schede nulle 3 Schede bianche 4 Eletti al Consiglio Comunale: Per la lista n. 2 “La Svolta”,collegata con il sindaco eletto Teresa Procopio: Salvatore Virgillo (voti di preferenza 34), Ettore Aloi (30), Santo Amoroso (29), Flavio Costa (29), Salvatore Pilò (25), Antonio Curcio (24), Massimiliano Maida (23), Flavia Caterina Meta (18). Per la lista n. 1 “San Floro Città Futura” : Florino Vivino (come candidato a sindaco, voti 258), Adriano Dara (voti di preferenza 49), Salvatore Vivino (34), Luciana Mungo (22). Teresa: “Una vittoria rincorsa da cinque anni” Al Sindaco neo-eletto di San Floro, dottoressa Teresa Procopio, abbiamo posto queste brevi domande: - Sindaco le sue emozioni alla notizia della vittoria. -L’emozione è stata grande anche perchè è stata una vittoria molto sudata e rincorsa da 5 anni e, i pochi voti di scarto, l’hanno resa ancora più preziosa e combattuta. Ma la cosa più bella è che questa emozione è stata l’emozione di tutti i nostri elettori. -Quali i suoi programmi operativi? -Per quanto riguarda i programmi operativi:sono talmente tanti che non sto qui ad elencar- li.Basta leggere il nostro programma elettorale, a disposizione di tutti. Direi, comunque, che la cosa che hanno già notato tutti i nostri concittadini questa estate è stata la presenza dell’acqua nelle loro abitazioni ininterrottamente, anche nei periodi più critici, e poi hanno assistito ad una serie di manifestazioni organizzate da noi che hanno portato nel nostro paese diverse persone anche dagli altri centri. A lungo termine ci sarà la ristrutturazione della Casa Comunale, la ripresa dei lavori di Palazzo Pugliese, la ristrutturazione dell’edificio scolastico, il ripristino del campo sportivo per i giovani, il rifacimento delle strade interpoderali, etc.. Mi auguro con tutto ciò di poter migliorare l’aspetto del paese e di dare più possibilità ai giovani sanfloresi creando dei centri di aggregazione. - Alcuni pensano che lei avra’ difficolta’ a conciliare i suoi impegni professionali con quelli pubblici... -Non servono risposte a questi “alcuni” perchè penso di averli smentiti con la mia presenza assidua già dal giorno successivo al mio insediamento, nonchè dalla mia disponibilità verso tutti i cittadini sanfloresi. Le poesie firmate Angelo Ferragina Gli elettori pro-Teresa di Casteddhìtuni SERVIZIO FOTOGRAFICO DI FELICIANO PARAVATI Il viaggio Giovinetta eterna l’anima mia corre infiniti orizzonti salta l’ornato mormorio e libera da questa pietra cerca azzurri siderali, spazia tra gli oceani immensi dell’aria e del vento e nell’ora in cui i pensieri ci appartengono vive a specchio dell’amore e della speranza per il conforto d’uno spirito nato negl’immensi silenzi del Creato! Angelo Ferragina (Da “Il mio solito viaggio”) “Il mio solito viaggio” è il titolo del nuovo libro di poesie di Angelo Ferragina, dedicato alla moglie Iolanda, pubblicato dall’Esuvia di Firenze (pagg.115, euro 12,00). Anche nella nuova raccolta, il poeta “appare” raffinato ed elegante autore, il cui spirito di “eterno fanciullo” lo aiuta a coniugare le profonde esigenze della sua anima con le valenze reali dell’esistenza. La sua poesia nasce infatti dall’incontro della sua naturale disposizione artistica con i valori della vita, che ben si saldano ai suoi motivati desideri. Fra le tante poesie che formano il libro, vi sono quelle che “cantano” l’amore, la famiglia, la natura, l’amicizia, i ricordi. Nel libro vi sono alcune pagine scritte in prosa e qualche significativa figura. Angelo Ferragina nasce a Borgia (Cz) nel 1920. Svolge nel paese nativo, per parecchi anni, l’attività di insegnante nella scuola statale e si occupa anche di arti visive, dirigendo una galleria d’arte a Crotone. Nel 1978 si trasferisce a Firenze dove ancora oggi “lavora”. Frequenta lo studio d’arte “Il Moro”. E’ socio del “Centro Modigliani”, del centro “Il 45” e di altri centri culturali fiorentini. Collabora a riviste letterarie. Opera nel campo della “Mail Art” e della poesia visiva. La sua attività più significativa è rappresentata dall’invenzione del “College poetico” a mosaico. Numerose le raccolte di poesia pubblicate. Ferragina è un tipo eclettico (poeta, scrittore, pittore). Ha partecipato a numerose mostre d’arte visiva, in ambito nazionale ed internazionale, ottenendo riconoscimenti e tanti premi. Per la sua attività di educatore e per il suo costante e valido impe- gno nel campo della cultura e dell’arte, il Presidente della Repubblica, Napolitano, con decreto 2 giugno 2008, gli ha conferito l’onorificenza di “Cavaliere Ufficiale al merito della Repubblica Italiana”. Antonio Zaccone Angelo Ferragina SEGUE DALLA PRIMA PAGINA Il caso Borgia è risolto genitori o che faccia cose una volta definite “da pazzi”; che magari sia o sia stato tossicodipendente; che finisca in carcere, ma subito dopo venga inviato ai “domiciliari” perché il carcere è ritenuto troppo duro; ma – e qui sta il bello, anzi il tragicomico – i “domiciliari” non possono essere la sua abitazione perché il magistrato accetta l’idea che la presenza di quel figlio in casa sia pericolosa per i genitori, visti dal ragazzo come il fumo negli occhi; e allora un povero Sindaco si senta in dovere di trovare un rifugio momentaneo a quel giovane minaccioso; e gli apra la porta di una stanza del giudice di pace. Ma capita che quel ragazzo continui a fare le bizze; cioè butti giù dalla finestra arnesi vari e minacci la gente che passa; e forse anche la stessa madre che, novella Addolorata, pur trafitta nel cuore dallo stato del figlio, gli porta ogni giorno da mangiare; e piange, piange, piange; ed è tentata da idee suicide . Voi a questo punto immaginate un immediato provvedimento che salvi il giovane (con apposite cure psicologiche) e anche loro, cioè padre, madre e forse anche altri, dall’ira funesta. Fino a pochi giorni fa niente di niente; perché, c’è da scommettere, il magistra- to si è dibattuto tra infinite leggi e leggine, alcune delle quali tutelano la libertà della gente, anche quando la gente esce un po’ di senno. Di chi il torto? Del giovane che sembra odiare i genitori, dei genitori che continuano ad amare il figlio, della legge o del Parlamento che fa le leggi? Rispondete voi. Io non ci riesco, mi arrendo. Ma ora il caso Borgia si è risolto. Grazie a Dio, al giudice e al buonsenso. Il ragazzo finalmente è stato inviato in un centro di recupero del Catanzarese Ce n’è voluto... Aristarco Scannabue 4 Corriere di San Floro e della Calabria - n. 3 - luglio - agosto - settembre 2009 POLEMICHE CULTURALI Squillace o Ravenna? Dove furono scritte le “Varie” di Cassiodoro? “Affermazioni davvero straordinarie”: il nostro collaboratore Lorenzo Viscido, esperto in materia, contesta la tesi Scolacium di Franco Caristo nonchè le traduzioni di alcune frasi come “buoi che trebbiano le fertili aie”. Vivarium e Vivariense: la differenza Che vergogna e rabbia al tempo stesso! Mi occupo delle Variae di Cassiodoro da più di trent’anni, ne ho trattato molteplici aspetti in numerose riviste scientifiche, come pure in alcuni miei libri, e, nonostante ciò, ahimè , non sapevo che una di esse, Var. XII, 15, famosa per le lodi che l’autore tributa alla natia Squillace, fosse stata da lui scritta “nella quiete della sua cella di Vivarium…, tra il 553-557 d.C.”. È quanto un professore di lettere all’Istituto Statale d’Arte di Squillace, Franco Caristo, dichiara in un suo articolo apparso nel sito web http://www.atuttascuola.it/collaborazione/caristo/squillace.htm ed intitolato Squillace: idillio e mimesi. Da Cassiodoro a Gissing. Stando così le cose, mi chiedo: a che son servite le edizioni critiche delle Variae curate dal Mommsen (Berolini 1894) e dal Fridh (Turnholti 1973), da cui inequivocabilmente risulta che Var. XII, 15 fu redatta da Cassiodoro non a Vivarium, località nelle vicinanze di Squillace, ma a Ravenna, presso la corte dei re ostrogoti, tra il 533 e il 537, quand’egli era prefetto del pretorio e, quindi, non ancor dedito alla vita monastica? Faccio pur notare che, in base alle succitate edizioni delle Variae, questi documenti (in gran parte lettere) furono raccolti e pubblicati dallo stesso Cassiodoro verso il 538. Com’è possibile, allora, che, secondo il giudizio di quel docente dell’Istituto Statale d’Arte di Squillace, Var. XII, 15 fu scritta a Vivarium tra il 553 e il 557? Supponiamo che ciò risponda a verità. Poiché in quella lettera, tuttavia, Cassiodoro scrive al cancellarius Lucaniae et Bruttiorum in qualità di praefectus praetorio, dovremmo di conseguenza ritenere che “nella quiete della sua cella di Vivarium” egli continuasse a ricoprire una delle più alte cariche dello Stato. Cosa di non poco conto. In epoca cassiodorea, infatti, il praefectus praetorio era “il principale amministratore delle finanze…; si interessava del pagamento degli stipendi per tutti gli impiegati civili, dell’approvvigionamento dell’esercito e della corte; autorizzava le opere pubbliche”; soprintendeva al “servizio postale…; si occupava del rifornimento delle materie prime alle fabbriche d’armi…” ed era “responsabile dell’amministrazione generale dello Stato…” (R. Morosi, L’officium del prefetto del pretorio nel VI secolo, in Romanobarbarica 2, 1977, p. 103). Ebbene, si provi ad immaginare un monaco prefetto del pretorio, intento a svolgere nella “sua cella” tutte queste mansioni! Io, sincera- mente, non ci voglio provare per non mettermi a ridere. Nel contempo, però, mi vien difficile credere che il prof. Caristo abbia potuto prendere un grosso granchio, che a ben pensarci, comunque, non sarebbe il primo. E difatti, ad es., quando in un altro suo articolo dedicato interamente a Cassiodoro e pubblicato nel sito web http://paesionline.it/squillace/consigli_generici/squillace_nella_storia.a sp lui afferma che l’autore delle Variae nacque nel 490 e morì verso il 575 - che visse, insomma, più o meno 85 anni -, commette senza dubbio un errore madornale perché a 93 anni, in realtà, Cassiodoro era ancor vivo. Se ne ha conferma nella praefatio del suo De orthographia (ed. H. Keil, Grammatici Latini, VII, Lipsiae 1880, p. 143). A questo punto bisogna riconoscere che le affermazioni del prof. Caristo sopra discusse non hanno eguali e che, pertanto, sono davvero straordinarie. Straordinarie come alcune parole da lui usate nel tradurre parzialmente in italiano Var. XII, 15: “Squillace è la prima fra le città della Calabria... pende come un grappolo dai colli... per volgersi a mirare le campagne verdeggianti e le onde cerulee del mare. La città è inondata da una luce cristallina... il clima è mite, gli inverni soleggiati, fresche le esta- DIALETTI ogni caso molte opere in dialetto calabrese – si pensi ai testi di Duannu Pantu, Butera, Pane – sono autentici monumenti all’espressione popolare. Oltretutto la Marcella poetessa dà prova ulteriore di grandissimo attaccamento alla sua città, Catanzaro; un attaccamento che non può esprimersi al meglio se non con la lingua giornaliera dei padri. Anche se Marcella Crudo ha il coraggio di intitolare in latino una delle sue più belle poesie, come potete leggere più avanti. La poetessa era stata a sua volta presentata dal neo-sindaco di San Floro, la dottoressa anto_del_purgatorio.htm), nel passo “l’intervento del maestro Virgilio è risoluto da magister scholae delle Universitas…”, ci aspetteremmo il plurale Universitates in luogo del singolare Universitas. Gradirei sapere ancora che cosa il mio egregio conterraneo ha voluto dire quando nel suo menzionato articolo su Cassiodoro ha dichiarato che questi a Vivarium “s’inventò gli scriptoria e la filologia…”. Desidero porgli, in altri termini, le seguenti domande: 1) In quale accezione ha usato il verbo “inventarsi”? 2) Quanti scriptoria Cassiodoro “s’inventò”? 3) Che cosa significa l’asserzione che l’ex ministro dei sovrani ostrogoti “s’inventò… la filologia…”? Significa forse che costui innovò nella trascrizione del testo biblico utilizzando metodi filologici? Un cortese riscontro sarà graditissimo. In aggiunta, considerato che nel medesimo scritto su Cassiodoro il prof. Caristo afferma che il monastero Vivariense, da lui erroneamente chiamato Vivarium, venne fondato nel “550 circa”; tenuto conto, poi, che in una sua ricerca dal titolo Centri culturali monastici nell’Italia altomedievale, edita in internet (http://www. atuttascuola.it/collaborazione/caristo/centri_c ulturali_monastici.htm), quell’inse- “Ad Tersicorem virginesque Musas” (*) Il catanzarese di Marcella Nella sala del consiglio comunale di San Floro il 16 agosto la catanzarese Marcella Crudo ha presentato il suo ultimo libro di poesie in vernacolo “ ‘On volèri nenta, ‘u mara ma quagghja”(*). Ancora una volta la Marcella catanzarese ha dato prova del suo attaccamento alla lingua madre che, almeno fino alle generazioni della metà Novecento, può definirsi in questi termini. Il dialetto – soprattutto grazie alla tv - sta lentamente scomparendo e quindi la voglia di continuare ad esprimersi nella parlata dei nostri padri, almeno in un libro, va tenuta in grande considerazione. Senza dire che in ti... chi vive qui può ammirare lo spettacolo di chi lavora nei campi. Ovunque si vedono abbondanti vigneti, buoi che trebbiano le fertili aie, ulivi sempreverdi…” (da Squillace: idillio e mimesi…). Preferisco glissare sull’errato impiego del nome Calabria al posto di Bruzii (Scyllaceum… prima urbium Bruttiorum…). Gradirei sapere, invece, per quale motivo è stata tradotta “buoi che trebbiano le fertili aie” l’espressione latina arearum pinguis tritura. Siccome in tale espressione non vengono citati né buoi né altre bestie, mi domando da dove spuntano quei bovini nella resa in lingua italiana del nostro docente. E inoltre, perché proprio buoi e non muli o cavalli? Fantasia del traduttore oppure egli possiede qualche manoscritto delle Variae contenente un testo diverso da quello che si legge in tutte le loro edizioni? Propendo per quest’ultima ipotesi. Diversamente dovrei credere che il prof. Caristo abbia preso un’ulteriore cantonata. Non bisogna scartare la possibilità, tuttavia, che egli conosca poco la lingua latina. Il che mi sembra maggiormente plausibile laddove si consideri che in una sua nota relativa al terzo canto del Purgatorio dantesco (si veda il “website” http://atuttascuola.it/collaborazione/caristo/terzo_c L’avìanu naguràtu ntro 1908 e ‘u jettaru a na vota, ccu nu bottu. Era ‘nu vantu ca ‘nzema ‘u San Carlinu vidìa i spettaculi puru ‘u populinu. Videtta i primi film a manovella, c’erano ‘a Duse, ‘a Bertini cchi era bella, Marcella Crudo Teresa Procopio, e da una lunga ma interessante prolusione “tecnico-letteraria” del giornalista Salvatore Guerrieri. (*)- Nostra traduzione: “Non vorrei niente, ma proprio niente: che il mare si coagulasse” (cioè, vorrei l’impossibile) BORGESI ILLUSTRI i film eranu muti e non si parrava, poi vinnaru, d’ ‘o duce cchi ordinava, lungo-metraggi ccu documentari ‘e Greta Garbo cchi ficia Mata Hari, e poi De Sica, Magnani e Sordi Albertu duva ‘u divertimentu era già certu. Senza sosta l’attività artistica di F. Guerrieri Continua senza sosta l’attività artistica del maestro Francesco Guerrieri. Borgese “doc”, ha dedicato la vita interamente all’arte e, insieme con Lia Drei, ha costituito un formidabile binomio artistico e affettivo (vedi Corriere del gennaio-marzo 2008 ). L’amore per l’arte spinge il maestro Guerrieri a lavorare ininterrottamente, portando con sè il nome del paese natio. Dal 25 giugno e fino al 1° novembre alcune delle sue opere sono esposte alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma.Fino al 15 luglio, la Galleria ricerca d’Arte di Roma, nella mostra “Itinerari di Arte Astratta”, ha esposto le opere del Guerrieri e di Lia Drei. La “Urban Art” di Potenza ha riunito 24 creativi moderni e contemporanei, di cui 12 nomi nazionali che hanno interpretato con i propri linguaggi il concetto d’arte. Tra di essi Francesco Guerrieri. La Fiera Internazionale d’Arte Moderna e Contemporanea ha dedicato una sezione allo “Sperimentale Puro” di Lia Drei e di Guerrieri. Nell’edizione maggio-luglio 2009, la rivista Arte Contemporanea, n° 18, ha pubblicato una bellissima intervista a Francesco Guerrieri a cura di Patrizia d’Agostino. Il maestro ha ripercorso la sua parabola artistica, dalla nascita fino alla scoperta della sua arte e creatività nella sua Calabria, ad opera del Museo Civico di Taverna, che ha allestito una sala permanente con l’esposizione di circa 450 opere sue e della Drei. Un successo quello di Francesco Guerrieri che continua a inorgoglire i borgesi e la Calabria intera. Il nostro giornale, aperto a tutte le manifestazioni di cultura, continua a seguirne con notevole interesse l’opera. Domenico Procopio E Tersicore dda subba e l’atri Musi aspettavano ogni sira, com’era usu, ppemma s’àpera ‘u tettu do teatru e ma vìdanu ‘u cielu trapuntatu. Ca ‘u spettaculu cchjù beddu ‘e chista vita esta ‘u cielu, ccu i stelli, fattu ‘e sita. Marcella Crudo “A Tersicore e alle vergini Muse“ gnante asserisce che la fondazione del monastero Vivariense avvenne “intorno al 540”, è allora necessario che egli si dia una regolata. Poiché di recente, infine, il medesimo insegnante mi ha fatto notare che “qualche articoletto banalizzato, scopiazzato, interpolato e ripassato su opuscoletti di ‘casette’ editrici non dànno (sic) a nessuno la patente di studioso men che meno di filologo”, debbo convenire che il Caristo avrebbe ragione se, prima di esprimere siffatti giudizi, si accertasse della loro validità e dimostrasse, quindi, che l’articoletto a cui si riferisce è davvero “banalizzato, scopiazzato” o “interpolato”. Qualora egli non fosse in grado di provare ciò, non solo farebbe una pessima figura, ma rischierebbe di beccarsi una querela. Il che non avvenga. Circa, inoltre, quelle da lui definite ‘casette’ editrici, mi permetto di chiedergli quale connotazione ha inteso dare al diminutivo ‘casette’. Visto, comunque, che finora non ha mai pubblicato né un opuscolo né un volume, gli rivolgo di tutto cuore l’augurio che un giorno possa veder stampata qualche sua opera da una grande casa editrice, come Einaudi, Mondadori o Feltrinelli. Prof. Lorenzo Viscido DUBBI... ARCHEOLOGICI Parco di Borgia o della Roccelletta? Si è trattato di una vera e propria precisazione terminologica e geografica che ha certamente destato l’attenzione dei telespettatori. Parco Archeologico di Borgia o di Roccelletta? Una bella domanda che rinvia a qualche discussione cui si assiste anche di recente. Preciso di non voler entrare in polemica e di tirarmi fuori da ogni diatriba, limitandomi, per pura cultura, a riportare i fatti. Lunedì 17 agosto, durante il telegiornale “Infostudio” della rete televisiva Video Calabria, il conduttore ha lanciato il servizio relativo alla manifestazione “Intersezioni 2009” con le interviste di Alberto Fiz e del Presidente della Provincia Ferro. Il conduttore del tg, in maniera garbata e intelligente, ha prima lanciato il servizio sul Parco Archeologico di “Roccelletta” e poi si è subito corretto in “Parco Archeologico di Borgia” sulla base di una motivazione logica ed indiscutibile: il Parco rientra nel comune di Borgia e quindi si deve parlare a pieno titolo di “Parco Archeologico di Borgia”. Domenico Procopio Corriere di San Floro e della Calabria - n. 3 - luglio - agosto - settembre 2009 UN’INDUSTRIA “NOSTRA” “è stato il sindaco degli Anni Novanta, Floro Vivino, l’unico che mi ha aiutato a trovare una sistemazione per la mia attività artigianale”- “Quest’anno per la prima volta vado al Salone Internazionale della Nautica a Genova”-“Alla SESSA ho imparato a montare i motori delle barche. Poi alla LOMAC preparavo le chiglie dei gommoni”- La storia di un ex-emigrato. Intitoliamo una strada al dottor Vittorio Passafari Gaetano Catanoso Continuare a scrivere del dott. Vittorio Passafari appare superfluo perché un articolo di giornale, sebbene si tratti di una perla di cultura come il Corriere di San Floro e della Calabria, non può certamente esaurire tutte le sfaccettature e le vicende di un grande uomo politico e di un valido e competente medico clinico, come è stato il personaggio di cui sopra. Sicuramente il più Nel 2005 è stato proclamato santo. Era nativo di Chorio grande uomo politico borgese. Ma l’attenzione si sofferma sul proposito di voler intestare a questo illustre borgese una via, una strada, una piazza della nostra cittadina. La sua storia di pubblico amministratore e di apprezzabile professionista costituirà certamente un idoneo curriculum. Domenico Procopio SORPRESE Aghios Floros (San Floro) anche a Milo, nelle Cicladi Salvatore Amellino e la moglie Maria Stibily imprese artigianali che, lavorando sodo ma quasi in sordina, sostengono l’economia del Paese (quello con la lettera maiuscola). “Sono andato via da San Floro nel ’67” dice Salvatore. Cioè tra i sedici e i diciassette anni. “Ho sempre avuto la passione per le barche, anche se all’inizio ho dovuto dedicarmi ad altri lavori. A Catanzaro Lido ho imparato a fare il meccanico; ma quell’attività in fondo non mi piaceva. E allora sono andato a Genova, poi a Varese, dove ho fatto l’elettrauto. E poi tutto quello che mi capitava”. In fondo, aggiungiamo noi, è la storia di tanti emigrati pieni di coraggio e vogliosi di affermarsi. “A Milano lavoravo alla Audi, poi sono finito alla SESSA, dove ho imparato a montare i motori nelle barche. Quindi ho creato una mia officina a Milano; ma poi ho voluto cambiare ed ho cominciato a lavorare alla LOMAC, preparando le chiglie dei gommoni. Quindi, come dicevo, nel ’97 ho deciso il rientro in Calabria, lavorando, per conto terzi, in una mia piccola officina qui a San Floro. Ora eccoci in questi due bei capannoni, sempre noi, artigiani pieni di entusiasmo e creativi. Prepariamo anche gli stampi per le barche, le quali sono per pesca d’altura, da diporto, semicabinati, ecc. L’unico nostro rivenditore è ora nei pressi di Roma. Com’è formata la nostra équipe? Salvatore Anellino, mia moglie Maria Stibilj, mio figlio Bruno, le mie figlie Marica e Vanessa con il marito Davide Roccato e il designer Antonio Sinopoli, che è della Roccelletta di Borgia”. Che dire a Salvatore? Augurissimi da parte del nostro giornale, che è molto attento alle cose belle e a chi si sacrifica per realizzare qualcosa di interessante; e certamente da parte di tutto il paese, il quale non può che trarre giovamento dall’affermazione di uno dei suoi figli. La squadra Anellino quasi al completo “Vetroresina Sanflorese” e la “Linea Barche Seven”(web: mail: www.sevennautica.it; [email protected]). Come dire, in termini più chiari: il nostro territorio esporta barche (e dal dépliant ricaviamo che il rivenditore per Lazio e Umbria è il Gruppo Autocentro Montecarlo s.p.a.-Divisione Nautica, con sede in via Tuscolana 52- 54 –Frascati ; web: www.autocentromontecarlo.it; e-mail: [email protected]). Dovrebbe essere un bel vanto per il nostro paese, e comunque Salvatore è orgoglioso di quanto ha “costruito”, anno per anno, prima in collaborazione con altri e ora in modo autonomo. Insomma, ha dato vita da poco meno di un anno ad un’azienda familiare classicamente italiana, una di quelle RITRATTI CALABRESI BORGIA Le belle barche di San Floro firmate Salvatore Anellino Eh sì, non tutti lo sanno (o non lo sapevano, come il sottoscritto); ma San Floro produce, oltre ad arance, olive e pomodori, anche …barche. Incredibile? Provate a scendere giù, verso il Solerìa, nella piana dell’Abbàte, dove c’è da qualche tempo l’area industriale sanflorese (Loc. Andreotta, area P.I.P). Lì c’è il capannone della “Vetroresina Sanflorese di Bruno Anellino & C s.n.c.”, il cui principale attore, il deus ex machina, diciamo così, è Salvatore Anellino, appunto sanflorese doc; ma, come capita spesso agli uomini di iniziativa, un personaggio che ha disegnato la sua storia umana e professionale in seguito ad una lunga emigrazione che lo ha visto per tanto tempo nel nord Italia. “Sono tornato qui nel ’97, dopo trent’anni” ci racconta; “e l’unico che mi ha aiutato a trovare una sistemazione per la mia attività artigianale è stato il sindaco di allora Floro Vivino che ha insistito perché tornassi per lavorare nel paese d’origine”. “Quest’anno a ottobre – aggiunge Salvatore – vado per la prima volta al Salone Internazionale della Nautica di Genova”. E ci spiega che ora la sua attività e quella di tutti gli altri (sette persone in tutto, di cui sei in famiglia) è completamente autonoma, con la ragione sociale 5 Domenico Paravati ‘A banda (dialetto di Borgia) Nel numero scorso di questo giornale abbiamo scritto che in Grecia, nel Peloponneso, esiste un piccolo paese, circondato da una “forte” natura, chiamato Aghios Floros e che anche lì il nostro protettore San Floro viene ricordato il 18 agosto. Andando avanti nella ricerca via internet ci siamo imbattuti in Milos (nelle cui campagne nel secolo XIX venne trovata la famosa Venere, detta appunto “di Milo”, statua ora conservata al Louvre di Parigi). Ebbene, leggiamo che anche in Milos che si trova nell’arcipelago delle Cicladi - il 17 agosto si festeggia San Floro, precisamente nella località o chiesa di Komia. La data - il sito è rivolto soprattutto ai turisti - è riferita probabilmente alla vigilia della festa vera e propria (anche da noi il 17 si fa festa laica prima della celebrazione religiosa in chiesa il giorno seguente). Nella stessa città di Milos (che, a giudicare dalle foto, sorge in un sito stupendo del mare Jonio) il 30 giugno si festeggiano i santi Anargiri (Aghious Anarghirous), cioè Cosma e Damiano, che -come ben sapete- sono venerati dall’epoca bizantina in una città con San Floro confinante, Cortale. Quale evidenza migliore che la Calabria, prima dell’arrivo dei Normanni, era una terra dove i monaci dalla lunga barba avevano costruito centinaia di “laure” (sorta di conventi), purtroppo ora quasi del tutto sparite? GRECIA -CALABRIA Niokastro in Messenia San Gaetano Catanoso La foto, ricavata da internet, mostra un angolo di Niokastro, in Grecia, esattamente in Messenia, la stessa regione dove si trova il villaggio di Aghios Floros. Il toponimo è fin troppo simile a quello della città calabrese di Nicastro, ora Lamezia Terme. Sia Nicastro che Niokastro significano “nuovo castello”, “nuovo accampamento”. Sia qui che lì, dunque, i due toponimi sono…vicini di casa! A Tiriolo un Museo del costume femminile Oja è festa e si senta ‘e luntanu. ‘Nte l’aria si respira ‘nu profumu ‘e serenu. Si senta ‘nt ‘o corsu ‘nu sùanu arrivara, pecchì passa ‘a banda ‘e Roccuzzu Chiera. Chissa si ca è ‘na bella melodia. Tuttu ‘u paisa nescia ‘nt ‘a via, ‘u senta ‘na nota de tanti strumenti ‘e pemmu saluta i musicanti, chi belli in sfilata, felici e cuntìanti, rèndunu allegri tutti ‘sti ggìanti. Eccu pecchì, strati strati, ‘a banda va sempa sonandu: pecchì a tutti ni pìacia, e ‘a musica l’avìmu ‘nt ‘o sangu. Giuseppe Chiera A ridosso del palazzo municipale di Tiriolo abbiamo scoperto un interessantissimo piccolo museo del costume femminile del paese (ma anche di altri vicini: Marcellinara, Miglierina, Settingiano, Serrastretta, San Floro, ecc.). Si rimane stupiti, se non si è calabresi, dalla “massa” di stoffa che quelle povere donne del tempo che fu (ma ancora qualcuna, anziana, resiste alla tradizione) dovevano sopportare tutti i santi giorni. Oltretutto, a “spiegare” pazientemente ai visitatori, c’era il 6 di agosto una gentile e colta signora che discettava con competenza su tutti i particolari di quei costumi (di tutti i giorni, del matrimonio, del lutto, ecc.). Merito di questa bella iniziativa la pazienza certosina- mi dicono- di un signore che porta il nome di Masino Leone (ispettore onorario della Soprintendenza alle Antichità) il quale è il caso di dire che sta dedican- Era solito definirsi come l’Asinello del Signore. Umile e povero, nacque a Chorio di San Lorenzo, in provincia di Reggio Calabria, nel 1879, in una famiglia numerosa. Terzo di otto figli, all’età di 10 anni manifestò la sua vocazione sacerdotale che lo portò, nel 1902, all’ordinazione sacerdotale. Diffuse la devozione al Santo Volto di Cristo, aderendo egli stesso all’Arciconfraternita del Volto Santo in Tours, Francia. Esercitò la sua missione pastorale nel piccolo paese di Pentedattilo, un paesino isolato tra le montagne dell’Aspromonte e, manco a dirlo, poverissimo di tutto. Don Gaetano arrivava al cuore della gente in maniera semplice, riuscendo a capire tutte le necessità di un vivere in una terra in cui la fame dettava i passi. L’amore per le anime lo portò a condividere insieme con i poveri, suoi parroc- do la vita al suo paese (storia, tradizioni, artigianato,ecc.). Un complimento vivissimo a questo Leone così preso da Tiriolo, e l’augurio che altri… Leoni nascano e si formino in questa nostra Calabria molto spesso abbandonata a se stessa e dove certe cose vengono quasi diabolicamente ignorate, per puro interesse; o semplicemente ignorate per… ignoranza. Infine un consiglio, se vi vien voglia di andare a Tiriolo a vedere questo museo (ma c’è anche l’altro, archeologico, molto interessante!): chiedete se è ancora disponibile un libricino - “a cura di Tommaso Leone”, tanto per cambiare - dal titolo “I colori della memoria”.Troverete, a colori, tante foto di costumi femminile, di gioielli, di famiglie tiriolesi degli anni andati. Dopar chiani, la loro vita di stenti e privazioni. Questa esperienza lo spinse ad operarsi in soccorso di quella miseria. Per questo suo amore concreto era amato da tutti. Fondò l’Istituto delle Suore Veroniche del Volto Santo di Cristo che, su imitazione di Santa Veronica, colei che asciugò il volto del Cristo sofferente sotto la croce, avrebbero dovuto soccorrere e amare le popolazioni dove operavano. Le Suore di Don Gaetano, su imitazione della povertà di Gesù, non hanno casa nè mobili nè giardino; ricche di povertà e senza alcuna pretesa, accontentandosi di tutto, come dono del Signore. La spiritualità del sacerdote era cristocentrica con una devozione filiale e profonda alla Madonna alla quale si rivolgeva con la recita del Rosario. Si è dedicato, con carità operosa, alla Calabria e alla sua gente. Ha steso la sua mano per garantire un avvenire di istruzione e dignità alle popolazioni povere. Le sue suore hanno soccorso le miserie umane mediante costruzione di scuole, centri formativi, laboratori, case di cura e di riposo. Nel 1997 Papa Giovanni Paolo II lo dichiarò beato; e nel 2005, dopo la certezza di un miracolo a lui attributo, venne proclamato santo. Domenico Procopio 6 Corriere di San Floro e della Calabria - n. 3 - luglio - agosto - settembre 2009 IL “SISSIZIO ”AL FAGGIO GRANDE DI BADOLATO Lo scrittore Salvatore Mongiardo progetta un’Accademia Mondiale Antiviolenza Nel bosco del Faggio Grande di Badolato, il 23 agosto u.s., si è tenuto il Sissizio, la periodica manifestazione vegetariana e non-violenta ispirata a Pitagora, con al centro la consumazione del “Bue di Pane”, simbolo della fine di ogni violenza in tutti gli angoli della terra. Promotore, come sempre, lo scrittore Salvatore Mongiardo, del quale pubblichiamo qui alcuni brani del “Discorso” agli intervenuti: “…Molti amici lontani hanno assicurato la loro partecipazione col cuore a questo Sissizio. La lontananza non recide, anzi rafforza il legame che ci lega a Franco Arena in Argentina, a Padre Igino Mazzucchi in Amazzonia insieme al mio figlio adottivo Marinaldo, alla mia diletta figlia Gabriella in Florida, a Charles Cronin a Parigi, e molti ancora in America, Francia, Germania, Svizzera, Torino, Genova, Milano, Roma, Sardegna e nella stessa Calabria. Un saluto particolare porgo a nome del nostro Mimmo Lanciano e del monaAccademia mondiale antiviolenza - Per lo studio e la prevenzione della violenza umana (*) …Un’Accademia che raduni il meglio delle menti da ogni angolo della Terra e che veda coinvolti i più insigni studiosi nei vari campi della psicologia, psichiatria, antropologia,biochimica, neurologia, sociologia, etnologia, filosofia, diritto, storia, fisica, matematica, statistica, ecc. …Oggi abbiamo la possibilità di studiare tutto, dalle ali delle farfalle alle galassie. Eppure non c’è un centro mondiale, un’università planetaria che si dedichi unicamente allo studio e al coordinamento degli studi sulla violenza…Metto questo messaggio dentro una bottiglia e l’af- co greco ortodosso Kosmàs, che visse nel monastero di Bivongi, e che recentemente ho visitato sul Monte Athos in Grecia. Kosmas ha promesso: “Sarò presente al Sissizio in spirito”. Tra i presenti saluto voi tutti, ad uno ad uno, ma soprattutto Vincenzo Squillacioti, Mario Gallelli e tutto il magnifico gruppo della Radice che in questi anni ha sostenuto i Sissizi con generosità e dedizione. Saluto anche Angela Caccia dell’associazione Le Madie di Cutro, Fortunato Nocera della Fondazione Corrado Alvaro di San Luca, don Raffaele Malena e Mimmo Paravati, senza voler fare torto a quelli che non nomino… …Di recente gli astronomi hanno osservato un’esplosione di proporzioni inimmaginabili in prossimità di un buco nero: da quella vampa ricomincia il ciclo di rinascita di una parte dell’universo visibile. A me sembra che quel nuovo ciclo cosmico è simile a questo che oggi stiamo vivendo qui, in questo bosco, alla presenza del Bue di Pane pitafido al mare della vita. Su una spiaggia qualcuno la raccoglierà. Parte finale del volumetto di cui sopra (Dal capitolo “Italia Italia-Rappresentazione della scuola di Pitagora e del Sissizio con il Bue di Pane: Pitagora - Oggi è giorno memorabile, abbiamo risparmiato la vita all’animale e offriremo al Dio un bue di pane. Mai i nostri altari si macchieranno di sangue! Teano (moglie di Pitagora) apre il forno e toglie il bue, che viene mostrato al pubblico. Le allieve lo adornano di fiori e lo adagiano sull’altare di marmo che sta a lato della scena. Pitagora stende le mani sul bue, tutti stendono le mani , palme in su in segno di offerta, e cantano: gorico, simbolo della fine di ogni violenza. Da 25 secoli la nostra Calabria ha conosciuto una decadenza inarrestabile. Dallo splendore filosofico e dall’altezza di vita e costumi di Pitagora siamo precipitati dentro il buco nero del presente. Terribile e meraviglioso destino della Calabria, aver dovuto subire una degradante caduta per poter annunciare al mondo quello che mente umana mai, prima d’oggi, ebbe l’ardire di pensare o progettare: la fine della violenza…Per questo noi porteremo avanti il progetto per la creazione di un’Accademia Mondiale Antiviolenza, promuovendola in tutte le sedi, e vi prego di considerare questo progetto una creatura non solo mia, ma di voi tutti, perché nata dal grande cuore e dall’alta mente di tutta la gente di Calabria. Il Bue di Pane che Pitagora offrì agli dèi nella città di Crotone d’Italia, così era chiamata Crotone negli antichi testi, è pegno per questo sogno che si realizzerà e renderà l’umana vita veramente degna di essere vissuta”. Signore Dio altissimo, il bue noi ti offriamo fatto di spighe d’oro d’Italia il biondo grano. Da noi allontana i mali dacci concordia e pace proteggi la tua Italia di cuore ti preghiamo. Divinità ineffabile tu sei nostra dimora. L’Italia tua ti adora spera e confida in te. Poi Pitagora e Teano spezzano il bue, lo danno agli allievi e allieve che lo distribuiscono ai presenti. *Da Salvatore Mongiardo “Perché la violenza”- ediz. Città del Sole, luglio 2009, euro 5, email: [email protected] UN DIRITTO DEI CITTADINI Garante della Salute. Ancora nessuna nomina Nella seduta del 30 giugno 2008, il Consiglio Regionale della Calabria ha approvato la legge istitutiva del Garante della Salute. Compito primario assegnato al Garante è quello di verificare la piena attuazione, nel territorio regionale, dei diritti di tutte le persone, di ogni colore, religione, cultura ed etnìa, compresi i detenuti, in materia di assistenza sanitaria e socio‐sanitaria. Chiunque può rivolgersi al Garante attraverso il numero verde messo a disposizione dei cittadini per segnalare qualsivoglia violazione dei diritti subìti in ambito sanitario. Il Garante vigila sul rispetto della personalità e della dignità del cittadino in rapporto alla fruizione dell’assistenza sanitaria e socio‐sanitaria; inoltre segnala alle competenti amministrazioni fattori di rischio o di danno a causa di carenze e di situazioni inadeguate dal punto di vista ambientale, organizzativo, strutturale e igienico‐sanitario, tutela la funzionalità e l’efficacia nell’erogazione delle prestazioni, le condizioni materiali e organizzative delle strutture e dei presidi socio‐sanitari. Ma, ancora, denuncia casi di cattiva sanità, disservizi, disorganizzazione offrendo sostegno ai familiari delle vittime dei casi di malasanità, effettuerà controlli in tutte le strutture sanitarie e ospedaliere, pubbliche e private, convenzionate con la Regione;, ed infine, sosterrà anche le battaglie dei lavoratori e degli operatori sanitari. La Calabria è stata la prima Regione italiana ad istituire tale figura e molto probabilmente altre regioni provvederanno alla nomina. Purtroppo però c’è da segnalare che – al momento in cui scriviamo - il Consiglio Regionale non ha ancora provveduto alla nomina del Garante, lasciando vuota una poltrona che avrebbe dovuto assicurare maggiore efficienza al sistema sanitario calabrese e maggiori diritti e certezze ai tanti ammalati calabresi. Speriamo nel futuro! Domenico Procopio DISTRAZIONI Le scritte sbagliate a Girifalco (Ma vi parliamo anche del tumulo in località Varrea in comune di Borgia) Arrivati in città vi diciamo “arrivederci”; quando partite, “ben arrivati”. Capita anche questo, e capita a Girifalco. Fateci caso: quando da Borgia entrate nel paese di cui sopra vi accoglie la scritta di prima; quando ve ne tornate c’è per voi la seconda. Un piccolo incidente nella posizionatura del cartello, cioè posto all’incontrario o da qualcuno girato all’incontrario, magari per fare un dispetto. Vallo a sapere… Capita, sì; ma quel cartello è posizionato in maniera sbagliata da vari mesi (lo abbiamo notato così in maggio e poi in agosto). Il sorrisetto è irrefrenabile in chi lo legge…Nessuno se n’è mai accorto, nemmeno il sindaco? Lo stesso tipo di cartello è invece messo nel verso giusto sulla strada per Amaroni. A proposito di …distrazioni stradali: provate ad andare verso Giovìno (Catanzaro Lido, dire- zione Crotone). Quasi sul cavalcavia vi è la tabella viaria che dovrebbe essere dedicata al francese Francois Lenormant. Dico “dovrebbe”, perché in effetti sulla tabella è scritto “Lenormat”, che è ben altra cosa. Una segnalazione dunque dovuta al Comune di Catanzaro perché rimedi ad una sorta di offesa, non voluta ma tale è, ad un appassionato studioso (secolo XIX) di antichità calabresi e meridionali in genere .Bella la sua descrizione dell’area intorno alla Roccelletta ed è ancora lui che, tra i pochi, fa riferimento ad una città greca di nome Crotalla che, secondo il sottoscritto, doveva per forza sorgere sulle rive del Crotalus, ovverossia il Corace, proprio nell’area che adesso sta diventando un colossale incrocio di strade e superstrade. Attenzione: il progresso non si può fermare; ma esso deve esse- re rispettoso delle testimonianze del passato; e l’area intorno al Corace è tutta piena di resti greci, romani ma anche di epoche molto anteriori. E dunque insisto fortemente con la necessità di accertare la natura de ‘U Timpunìaddhu de i Spartacumpari , il tumulo che sorge a pochi metri dalla riva destra del fiume Corace, all’altezza di un’antica masseria e ai margini di un uliveto, in una pianura interrotta solo da questo fin troppo evidente manufatto umano (una tomba? E cosa o chi contiene?) al centro - forse anche politico - di una regione che gli antichi greci chiamavano Italia dal nome del mitico Italo - re dei Siculi- cui accenna per almeno due volte Tucidide nella sua monumentale “Guerra del Peloponneso”. Domenico Paravati Gianni Pugliese e Eduardo Il mio amico Gianni Pugliese oltre ad essere un eccezionale sportivo è anche un uomo di cultura. Uno studioso autodidatta, sempre aggiornato su tutto e sempre disponibile con tutti. Qualche giorno fa, mentre discutevamo di teatro, ha tirato fuori una curiosità su Eduardo De Filippo. Ho la sensazione che Gianni sia un grande esti- matore di Eduardo. Lo dimostrano la passione per il teatro e le ottime interpretazioni dei personaggi che furono del grande attore e regista napoletano. Eduardo aveva una consuetudine particolarmente altruista. Ogni qualvolta entrava in un bar era solito lasciare pagato un caffè per chi non poteva permetterselo. Chi era meno abbiente poteva, quindi, trovare al bar un caffè in omaggio pagato da Eduardo, che lasciava appunto in sospeso per chi voleva andarselo a bere. Questa tradizione del “pagato sospeso” vive ancora nella Napoli “vecchia” in omaggio al grande Eduardo. Domenico Procopio Un bicchiere di vino ubriaca? Sciocchezze Chi considera ubriaco un cittadino che ha bevuto un bicchiere di vino a cena pecca di proibizionismo e fallisce il bersaglio. Lo afferma il ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali Luca Zaia, replicando al direttore dell’Osservatorio nazionale Alcol dell’Iss, Emanuele Scafato, che considera già un rischio per la sicurezza stradale bere due bicchieri di vino. Inoltre Zaia spiega che “bisogna finirla di considerare ubriaco chi beve due bicchieri: è in atto una criminalizzazione del vino che non ha senso alcuno e che sta uccidendo uno dei comparti più pregiati del made in Italy”. Del resto, aggiunge il ministro, “la scienza ci dice anche che un moderato consumo di vino ha effetti benefici sul cuore e sul sistema cardiovascolare”. Secondo il Ministro, è poi necessario agire su più fronti, rifuggendo dalla comoda scappatoia della criminalizzazione indistinta e a tutti i costi. I giovani, e non soltanto loro, non si limitano a bere, ma usano farmaci, droghe, leggere e pesanti. Quante morti sono causate da questo genere di abusi? Quante dalla distrazione? Quante, ancora, sono legate all’inesperienza di guida? A mio parere Zaia fa bene ad evidenziare la differenza tra uso corretto del vino ed abuso. I fautori del proibizionismo non sanno distinguere tra consumo consapevole e l’abuso. Del resto anche famosi medici affermano che due bicchieri di vino in un soggetto sano e bevuti durante un normale SAN FLORO Mini - parking al Timpone? Le rughe sanfloresi, si sa, scarseggiano di parcheggi per le auto. Una di queste rughe è il Pizzo dove, soprattutto d’estate, nascono curiose beghe tra vicini, per non dire peggio, per la difficile ricerca di un posto -auto. E allora perché non sistemare l’area del Timpone - ovviamente senza danneggiare la collinetta, che è un simbolo del paese- in modo tale da consentire la nascita di un mini-parking? Allo stesso Timpone, nella parte più a sud, manca tuttora l’illuminazione pubblica. Sarebbe bello se la nuova Amministrazione desse un segno forte di interesse anche per questo angolo del paese, considerando anche che laggiù c’è un raccoglitore di immondizie e che per raggiungerlo, di sera tardi, bisogna brancolare nel buio, con le possibili conseguenze per l’incolumità personale. pasto difficilmente superano lo 0,5. E, invece di colpevolizzare il vino in astratto, sarebbe opportuno promuovere una cultura del bere, non solo responsabile ma intelligente. Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma) Una lettera sul Vocabolario Ragusa, 28 maggio 2009 Caro Dott. Paravati, ho ricevuto il Suo volume “Vocabolario commentato del dialetto di San Floro”. Ho letto la prefazione e i Suoi “ricordi non vanno perduti”. Un lavoro eccezionale e ammirevole, degno di riguardo e di attenzione. Mi congratulo e mi rallegro con Lei per la Sua fatica sempre al servizio della cultura. La ringrazio anche per il giornale di San Floro che leggo sempre con interesse. Auguri di buona salute a Lei e a Suo fratello Feliciano, le cui fotografie sono veramente encomiabili. Suo dev.mo e aff.mo Nicola Sinopoli Corriere di San Floro e della Calabria - n. 3 - luglio - agosto - settembre 2009 Agendina LA LINGUISTICA E I VOCABOLARI In ogni regione tante sfumature del dialetto Recensione di Giuseppe Prunai apparsa in luglio sul sito internet UGIS (Unione Giornalisti Italiani Scientificiwww.ugis.it) sul “Vocabolario commentato del dialetto di San Floro” di Domenico Paravati (con foto di Feliciano Paravati): Bruno Migliorini, indimenticato linguista storico, in un suo scritto (“Che cos’è un vocabolario?”, pubblicato nella Bibliotechina del Saggiatore) sottolinea l’importanza dei vocabolari dialettali in quanto facilitano la storia e la comprensione di numerose parole entrate ormai nell’uso comune della lingua viva, parlata e scritta. E cita Melchiorre Cesarotti (17301808) che attribuisce ai dialetti il compito e il pregio di arricchire la lingua corrente. Sulla stessa linea anche Nicolò Tommaseo (1802-1874) che però privilegiava l’italiano come lingua nazionale, simbolo dell’unità italiana. C’è da notare, comunque, che a quei tempi era diffusa la convinzione che esistessero dialetti regionali: il Toscano, il Lombardo, il Campano e via dicendo. Non è così. Non esiste un Toscano, un Lombardo, un Campano, bensì ci sono, all’interno di ogni regione, tante varianti, tante sfumature, anche alcune isole linguistiche, molte varianti nella pronunzia. Si dia il caso di due vernacoli che conosco benissimo, il senese (per nascita) e il fiorentino (per frequentazione). Sembrano uguali, ma non lo sono: diversa è la struttura del periodo (ad esempio, nel senese, si indulge alla costruzione perifrastica, attiva e passiva; nel fiorentino alla posizione proclitica dei pronomi), diverse sono alcune parole (le prime che mi vengono alla mente: spettinato diventa “struffato” nel senese, e “scarruffato” nel fiorentino; un ragazzo molto vivace e rompiscatole nel senese è un “fulléno” o un “bordello”, nel fiorentino è un “pitèna”); diversa la pronunzia di alcune parole (impósta, e cóppia a Siena, impòsta e còppia a Firenze). Poi, man mano che ci si allontana dal centro della regione, i vernacoli e i dialetti seguono meno l’andamento generale, sono mescidati, mischiati con le parlate della regione confinante, sono delle vere e proprie “lingue di mediazione”. Poi, ci sono le isole linguistiche. Per restare in Toscana, in alcune comunità del Monte Amiata alcune parlate sono fortemente contaminate da elementi catalano-provenzali e askenaziti (linguaggi degli ebrei dell’Est europeo). Vai a capirne le ragioni storiche! Ciò premesso, ho salutato con piacere questa fatica di Domenico Paravati dedicata al dialetto calabrese di San Floro, una cittadina della provincia di Catanzaro, a pochi chilometri dal Mar Jonio, a due passi dalle Serre e dalla Sila Piccola. Paravati è un giornalista di lungo corso (30 anni di giornale radio in RAI), prima la carta stampata, una smodata passione per l’archeologia e la storia della sua regione, la Calabria. È sua l’originale ricerca sul mitico Re Italo, da cui scaturì il popolo degli Itali che dettero, poi, il nome al nostro Paese. Suo fratello Feliciano, funzionario di un’azienda municipalizzata di Roma, ha l’hobby della fotografia che ormai pratica a livello professionale. Il vocabolario di Paravati è a tutti gli effetti un vocabolario bilingue, dal calabrese di San Floro all’italiano, i lemmi sono ordinati alfabeticamente e non per famiglie di parole come nei vocabolari eruditi, soprattutto etimologici. Quello che sorprende, sono le acrobazie fatte dall’autore per riprodurre, con i segni del solo alfabeto latino e non di quello fonetico, la pronunzia del Calabrese di quella zona, soprattutto il modo curioso di pronunziare le labiali e le dentali. La ragione della rinunzia all’alfabeto fonetico è semplice: il testo – come scrive l’autore nella presentazione - non ha pretese accademiche, è destinato ai concittadini, di qualsiasi condizione culturale, soprattutto a coloro che sono emigrati, per motivi di lavoro, e che, spinti da una vena di nostalgia, ogni anno, in estate, si ritrovano nella loro terra. Insomma, un’opera a metà strada fra l’amarcord e l’omaggio al paese natale. Interessante la documentazione fotografica di personaggi e scene di vita (di ieri e di oggi) di San Floro. Dice ancora Migliorini che la compilazione di un vocabolario, sia esso mono o bilingue, passa per consultazione dei testi letterari correnti, di tutto ciò che viene scritto, dai giornali ai manifesti elettorali, dagli incomprensibili moduli della 7 burocrazia degli uffici pubblici, agli spot pubblicitari. Per ogni lemma, annota Migliorini, viene redatta una scheda sulla quale vengono annotati significati, esempi ed altre note. Ma gli scritti in dialetto sono pochissimi, spesso in un dialetto passato di moda e allora non resta che affidarsi alla memoria, al ricercare nei meandri del cervello questa o quella espressione, e alla lingua parlata, annotando quante più parole possibili di quelle pronunziate da chi quel dialetto ha come lingua madre. Un modo di procedere come quello dell’abate Giambattista Fagiuoli (1660 – 1742), commediografo fiorentino che girava per le campagne e i borghi del Casentino annotando ogni modo di dire e ogni espressione che sentiva dal volgo. Qualcosa di simile, in modo molto più contenuto, lo hanno fatto anche Belli e Pascarella. Lo ha fatto il Gadda del “Pasticciaccio” che poi ha finito per inventare una lingua tutta sua (e non potremmo immaginarne di diverse in bocca al commissario Ingravallo); lo ha fatto il Pasolini dei ragazzi di vita. Sulla stessa linea, un grande contemporaneo: Andrea Camilleri. Nella compilazione di un vocabolario moderno, mono o bilingue che sia, oggi è insostituibile il computer. Le schede cartacee sono scomparse e con loro l’affanno per metterle in ordine alfabetico e per fare delle correzioni e delle integrazioni in modo comprensibile. E al termine del lavoro di schedatura, la copia di ogni voce con i lemmi in ordine alfabetico. Operazione spesso causa di dimenticanze e di errori. Oggi si usa il computer (spesso dotato di un hard disk di back up per mettersi al ripario da eventuali guasti con conseguente perdita di dati). Un file per ogni lemma ed un programma per classificare in ordine alfabetico, un po’ più serio di quello di Word Office. A parte questa lunga dissertazione (l’argomento, nel quale mi sono cimentato in gioventù, ha finito per prendermi la mano) il vocabolario di Paravati è soprattutto un testo di consultazione. Ma potrebbe anche rivelarsi un aiuto per un turista alla sua prima visita in Calabria. Giuseppe Prunai PER ACQUISTARE IL VOCABOLARIO COMMENTATO DEL DIALETTO DI SAN FLORO (A COLORI) inviare 25 € (20 € per gli abbonati) con c/c postale 54078100 intestato a Domenico Paravati O TELEFONARE AI NUMERI 339.2842127 (Feliciano) 338.9190271 (Domenico) a cura di Feliciano Paravati NASCITE DEFUNTI Ludovica Anzani, figlia di Mario e Flavia Meta, è nata alle 19,08 del 7 luglio all’ospedale Pugliese di Catanzaro. Augurissimi. Il 27 agosto u.s. in San Floro, è deceduto Antonio Tavano, 88 anni, “ex combattente di guerra”. Al funerale la banda ha suonato l’inno del Piave. Condoglianze alla figlia Giovanna, moglie dell’ex assessore Florino Vivino, ed ai parenti tutti. Il 17 luglio in San Floro, è deceduto per un grave incidente (v. articolo), Salvatore Vivino, anni 52. Il 14 luglio in San Floro, all’età di 95 anni è deceduta Maria Genovese vedova Gentile. Il 27 giugno in Caronno Portusella (prov. Varese) è deceduto Salvatore Iania, anni 64. COMPLEANNI Il 6 ottobre, a Milano, compie un anno Eros Lapiana. Tantissimi auguri dai nonni. IL PIANTO DI VALERIO Che bello sentire ad agosto il pianto di un bambino al “Pizzo”! Non capitava da tempo. A lamentarsi se la mamma Pamela Melato non lo porta al mare è Valerio, un anno, i primi suoi mesi a Torino, ma ora ecco la vacanza al paese natìo della signora. E’ il primo viaggio “lontano” del simpatico piccolino. Auguri a Valerio per tanti altri viaggi nella bella San Floro! Valerio Farenga Eros Lapiana MATRIMONI Il 20 agosto u.s. nella chiesa parrocchiale di San Floro si sono uniti in matrimonio Irene Arcuri e Andrea Dolfetti. Auguri! Sono entrambi militari dell’esercito italiano: Irene è caporalmaggiore dei Bersaglieri a Cosenza; Andrea, primo caporalmaggiore di Cavalleria a Roma. Hanno stabilito dimora a Cassino (Frosinone). Dopo la cerimonia hanno salutato parenti e amici presso “Il Feudo degli Ulivi” di Borgia. LAUREE Stefano Paravati, il 22 luglio u.s., ha conseguito la laurea in Medicina e Chirurgia presso l’Università Cattolica Sacro Cuore del Policlinico Gemelli di Roma. Auguri al neo-dottore. Stefano Paravati con mamma Catia e papà Floro S.Floro - La bicchierata (Foto di Feliciano Paravati) Questo numero del giornale è uscito grazie agli abbonamenti sottoscritti da (segue dal n. scorso): Iencarelli Florina (SOST.)-Soveria Mannelli, Guzzi Abramo (rinn.)- Montepaone Lido, Sabatino Livio (rinn.)-Genova, Guerrieri Francesco (SOST.)- Roma, Graziano Vincenzo (rinn.)- San Floro, Paravati Elisabetta (rinn.)-Buttrio, Maiuolo Francesco (rinn.)-Torino, Sergi Giuseppe (rinn.)- Roma, Froio Massimo (rinn.)-Torino, Carrabetta Francesca (rinn.)Fiumicello, Maiuolo Francesco (rinn.)-Castiglione Olona, Viscido Lorenzo (rinn.) –New York, Montagnini Davide (rinn.)-Castelmassa, Pugliese Angelo Ubaldo (rinn.)-Castelmassa, Canola Jacopo (rinn.)-Castelmassa, Bressi Floro (rinn.)-S. Floro, Comità Florina- Sampierdarena, Centro Chimico Tuscolano (SOST.-rinn.)- Frascati, Iencarelli Caterina (rinn.)- Alba, De Nardo PaolaMerano, Greco Antonio (rinn.)- Codogno, Virgillo Teresa (rinn.)- S. Floro, Desinopoli Luciano (rinn.)-Catanzaro Lido, Fabiola Amoroso (rinn.) - Roma Chi non gradisce la pubblicazione in questo elenco, scriva nello spazio “causale” del bollettino: “NOMINATIVO DA NON PUBBLICARE” . L’abbonamento-offerta si effettua versando almeno euro 20 con il conto corrente postale n. 54078100 intestato Domenico Paravati- - La vita di questo giornale dipende esclusivamente dagli abbonati. –L’eventuale interruzione della pubblicazione non dà diritto al rimborso dell’abbonamento-offerta, che è in ogni caso considerato un contributo senza corrispettivo alla vita del giornale-Dato l’alto costo delle spese postali e di stampa l’invio viene sospeso se non coperto. Corriere di San Floro e della Calabria - n. 3 - luglio - agosto - settembre 2009 8 L’ESTATE SANFLORESE SEGUE DALLA PRIMA PAGINA Domenico Cefaly, pittore “campagnolo” PERSONAGGI Riprende a frequentare, saltuariamente, lo studio dello zio Andrea, in Cortale, ma per poco tempo. Si ritira poi per dipingere nel suo “atelier” girifalcese. Appartato nel suo studio realizza molte opere. Dà pienamente ascolto alla sua tendenza. Percepisce bene le esigenze del suo “profondo” e ferma sulla tela il bello che il mondo esterno gli presenta. Sente che in lui c’è un qualcosa a cui prestar fede. Sa di appartenere ad una famiglia di artisti rinomati. Il suo bisnonno, Andrea Cefaly senior (1827-1907) è una figura di rilievo tra gli artisti dell’Ottocento. Questi fondò nel suo paese natale, tra il 1862 e il 1875, la “Scuola di Cortale” dove diede un aiuto concreto ai giovani conterranei, promettenti pittori calabresi. Inoltre, suo zio Andrea, nato da Raimondo e dalla baronessa Caterina Sanseverino, fu un autentico punto di riferimento nella formazione di intere generazioni di pittori cala- bresi della seconda metà del ‘900. L’arte di Domenico Cefaly, libera nella scelta dei soggetti, piace molto. Egli dipinge di tutto: paesaggi, figure, cavalli in corsa, nudi, nature morte, con particolare predilezione per i ritratti (Donatella, Francesca, Paolo, Turi, Michele, Rocco, Zio Andrea). Numerose le sue mostre in vari centri della Calabria. Alcune: al Circolo Unione, Catanzaro, 1968; a Cosenza e a Crotone, 1977; nella Sala del Palazzo di Città di Soverato, 1995. Nel 1989 l’Amministrazione Provinciale di Catanzaro ospita, nella Sala Mostre, una sua personale antologica che comprende dipinti dal 1949 al 1989. Durante la cerimonia di inaugurazione, il Presidente della Giunta Regionale di allora, on.le Rosario Olivo, scopre un busto bronzeo dedicato al Maestro Andrea Cefaly junior, dono della Pro Loco di Cortale, paese natìo del Maestro, opera della scultrice Italietta Carbone. Subito dopo, il Presidente dell’Amministrazione del tempo, dott. Leopoldo Chieffallo, rivolge ai numerosi presenti in sala (politici, artisti e uomini di cultura) parole di circostanza. La personale di Cefaly, durante i giorni in cui resta aperta, richiama l’attenzione di moltissimi visitatori. Ricordiamo che Catanzaro, per onorare il pittore Andrea Cefaly senior, gli ha, nel passato, eretto , nella locale “Villa Margherita”, un busto marmoreo, opera dello scultore di Polistena Francesco Jerace. Domenico Cefaly, oltre alla pittura si dedicò all’insegnamento. Aveva iniziato come assistente del prof. Guerrisi. Dopo aver lasciato l’Università, svolse l’attività di docente di educazione artistica nella scuola media statale di vari comuni della Calabria. Insegnò per circa trent’anni, dei quali tredici nella scuola “Sabatini” di Borgia. Qui, per la sua serietà professionale e per il suo raffinato comportamento, meritò molta stima da parte di tutti: dirigenti, colleghi e alunni. Il 1974 fu l’anno in cui si unì in matrimonio con la virtuosa Giuseppina Petitto, docente di Lingue, che gli diede una figlia, Caterina (oggi laureata). Domenico, oltre ad essere un molto impegnativo pittore, fu un esemplare padre di famiglia. Egli amava la campagna. Nel suo fondo “Rena”, a poca distanza da Girifalco, vi trascorreva, soprattutto negli ultimi anni della sua vita, la maggior parte del tempo libero. Si dedicava ai fiori, di cui ha lasciato bellissimi quadri, ai cavalli, ai cani, ai pavoni. Vi provava sensazioni di perfetta armonia con la natura. Diceva che in quel luogo riusciva a riflettere, meditare, ritrovare se stesso e ritemprarsi. di Aristarco Scannabue Il nuovo sindaco, la dottoressa Procopio, ha partecipato tutte le sere all’Estate Sanflorese. Pimpante, allegrissima, baci distribuiti di qua e di là senza sosta, insomma la gioia in persona questa giovane signora regalataci come primo cittadino dal difficile voto dei mesi scorsi. Che bello un sindaco femmina così! Speriamo che questa novità duri, cioè massima apertura del municipio per tutti i sanfloresi, per qualsiasi problema, e che le promesse fatte in campagna elettorale vengano mantenute. Insomma, che non sia un’apertura popolare di facciata ma di sostanza. Sappiamo quanto sia difficile amministrare, quanto Antonio Zaccone Cefaly nel ricordo di Salvatore Tolone, girifalcese Così Salvatore Tolone, di Girifalco, psichiatra, in un suo lavoro autobiografico ricorda la figura di Domenico Cefaly: Domenico Cefaly: amico, un artista un A Domenico mi unisce per primo una vecchia amicizia per essere cresciuti dirimpettai sul tratto in discesa del corso cittadino teso tra le due piazze principali di Girifalco, dove un tempo vi era un fervore di vita: negozi e botteghe artigiane, vociare di gente e musica di chitarre e mandolini. Lo ricordo adolescente nei suoi rientri da Roma, collegiale del “S. Giuseppe” a Trinità dei Monti, vicino a via Margutta, strada degli artisti per antonomasia, in quegli anni dimora fissa di Novella Parigini e Sibilla Aleramo.Era gradevole la sua compagnia non solo per il modo di confrontarsi, sempre solare, pronto alla battuta, alla bonaria ironia, alla simpatica parodia, ma per la sua magica e straordinaria capacità artistica di cimentarsi anche nella musica; suonava il pianoforte con molta competenza da eseguire magistralmente i pezzi più astrusi. Alla fine degli Anni Cinquanta, giovane universitario, lo raggiunsi a Roma. Abitava un appartamento nel quartiere di piazzale delle Province e per poterlo incontrare, non trovandolo mai in casa - la risposta del portiere era sempre la stessa : “è in giro a dipinge”- gli inviai un messaggio per cartolina postale. Fu l’indimenticabile maresciallo Fodaro, mezzo cortalese e mezzo girifalce- se, abitante a Castro Pretorio, estimatore di don Carlo Cefaly, suo padre, e di don Cesare, mio padre, a suggerirmelo, seduti nella sala da pranzo, sotto un dipinto di Mimì, raffigurante il suo vecchio garzone Michele, cortalese, in veste buffissima, con gli occhi strabici e la lingua protrusa a sberleffo. Quando finalmente entrai in casa sua, la trovai ingombra di tele e odorante di colori. Capii, e senza mezzi termini,che la sua vocazione era di pittore. Mi confidò che per quel tramite stabiliva contatti sociali e riceveva gratificazioni spirituali inesprimibili. Arte non fine a se stessa , ma poiesi e socialità. Era il tempo della “Dolce vita”. Nandino Siniscalco, divenuto imprenditore di spettacoli alla “Casina fiorita” di Villa Borghese, intratteneva i clienti con l’esordiente Pippo Baudo. Si frequentava via Veneto, il Doney e il caffè Carpàno, tra attori affermati come Mastroianni e nobili innamorati di bellissime attrici, qualche serata al Broadway in via Boncompagni, Angela Portaluri miss Roma e Adriana Tocchetto miss Eleganza balbettanti di recitazione, il salotto di Niny Gatti-Casazza in via Ruggero Fauro ai Parioli. E poi le stagioni liriche al teatro “Valle” organizzate e dirette dal famoso maestro Vitali, col quale, conoscendo i figli, si era in confidenza e si andava a trovarlo a casa sua a piazza Bologna, per sentire i commenti più sinceri sui cantanti dell’epoca, lui estimatore della voce dalle tonalità calde e brunite di Giuseppe Di Stefano, che familiarmente chiamava “Pippo” e lo fustigava per quel suo continuo fumare. In quel tempo si era aggregato a noi il giovane e perspicace Carlo Magno, studente liceale, ospite dello zio preside a Roma. Tempi di vita e di sogni! Non tardò molto ad abbandonare gli studi accademici di architettura per dedicarsi interamente alla pittura. Per un certo tempo prese a frequentare lo studio dello zio Andrea in Cortale, assieme all’intelligente e capace Vincenzo La Mantea. Poi, trovato esaustivamente un proprio linguaggio e inforcati gli occhiali giusti per vedere ciò che la realtà mostra, si ritirò nel suo “atelier” girifalcese. Tra la fine degli Anni Sessanta e i primi Anni Settanta lavorò intensamente e i suoi quadri, specie i ritratti, divennero ricercatissimi. Ma per nulla avido di ricchezze, d’improvviso si defilò optando per la vita contemplativa. Trascorreva il suo tempo nella quiete sua campagna alle porte del paese, dedicandosi ai fiori, ai cavalli purosangue, ai cani di razza ed ai coloratissimi pavoni, alla maniera di D’Annunzio alla Capponcina, a Settignano, muovendosi sulle sue Volkswagen dell’epoca stilistica di Walter Gropius, Wright e Le Corbusier. Ah! gradevoli pomeriggi di conversazione, nel suo fondo “Rena”, seduti nel giardino del suo rustico merlato, sotto i sambuchi, tra il grigio degli ulivi, con l’affabile dottor Rocco Palaia, il colto storico professor Michele Rosanò e il compito poeta Francesco Zaccone. Si dissertava di tutto, specie di letteratura, di storia e di pittura, di Cezanne, Picabia, di Ortona, il conterraneo borgese; anche di elfi e gnomi, di maghi e di streghe; si parlava, mentre i ghiri saltavano da un ramo all’altro sulle querce vicine. Fu in quel periodo che incontrò Giuseppina Petitto, la donna della sua vita, affascinante e intelligente, che seppe amarlo e comprendere le esigenze dell’artista. Nascono in quel periodo le sue opere lucenti di colori e dal tratto deciso, espressivo, carico di emozioni. I ritratti esplicitanti gli stati d’animo. I molti cavalli al galoppo. Fiori fastosi o caduchi dal cromatismo verde chiaro o cupo, gli impasti di gialli e i rossi porporini. Immagini, fantasie e desideri, evocazioni junghiane. Con uno stile magistrale di innovativo fauvès e strascici di nostalgie romantiche e boldiniane. Quando gli fu offerto di insegnare accettò solo dopo profonda riflessione, consapevole di trasmettere alle nuove generazioni il fervore artistico e creativo che gli si muoveva nel petto e nella mente. Nel suo tempo libero tornava ad immergersi nel silenzio bucolico, a contatto con la natura, nella bellezza della creazione, a meditare e scoprire elementi di arricchimento spirituale e artistico. Un signore che in questi ultimi tempi, per motivi di lavoro, ebbe modo di conoscerlo mi confidò di non avere mai incontrato in vita sua personaggio più amabile di “don Mimì”. Salvatore Tolone S.Floro - Il ballo di Annarita e Italo Graziano sia difficile accontentare tutti. Ma almeno che ci sia la buona volontà di risolvere i problemi; e comunque ci sia la disponibilità al colloquio, che è già qualcosa, anzi moltissimo in un amministratore pubblico. Dunque, Teresa, siamo con te; ma tu sii sempre con noi, sempre sorridente, sempre pronta ad ascoltare, sempre un po’ così “matta”, come ti definisci tu stessa! ***** Che gioia vedere, d’estate, anzi d’agosto, il paese tutto nuovamente pieno di vita. Quella casa laggiù sempre chiusa ecco che si riapre, ecco che si rivede con gente dentro che chiacchiera. Che bello il fermento ai Granatarieddhi , ai Cezuddhi. Che bello vedere la piazza grande, Sutta l’Urmu, dominata dal vocìo di tanti giovani che sembrano estranei al paese ma estranei non sono, al massimo si tratta di nipoti di sanfloresi emigrati, insomma la terza generazione che ritorna qui perché la Calabria è il posto più bello del mondo, e San Floro in particolare è una sorta di castello che domina il centro di questa fantastica regione, da dove in un’ora si arriva in Sila o nelle Serre; sul mare di Soverato o su quello di Pizzo o Tropea. ***** Molto ricco il menu offerto dalla Pro Loco di San Floro - presidente Giannino Bressi - a paesani ed ospiti agostani. Tutte le sere, dal 5 al 14 di agosto - una serie di spettacoli, alcuni di ottimo livello come il concerto di canzoni presentato da Tonino Trapasso o le commedie dialettali di Piero Procopio e del gruppo della Trambìa. Queste ultime sono state veramente esilaranti. Chi scrive vi assicura che non ha mai riso tanto… Peccato che in Calabria non si renda il dovuto proprio a coloro che fanno di tutto perché la cultura locale - ed il dialetto, a parte le battute di Bossi & Co, è cultura locale - non venga meno. Questi due spettacoli di Procopio e di Lino Bagnato - presidente della Trambìa; adattamento in catanzarese di Silvestro Bressi sono un’autentica antologia dialettale per la recita nel vernacolo più schietto del capoluogo. E fa piacere sapere che i due shows – “Abbasta ma è màsculu” e “ U cortìla d’ ‘a pàcia”- siano stati proposti, con identico successo, anche nella dirimpettaia Miglierina nell’ambito della IX Rassegna teatrale patrocinata dal comune retto dal sindaco Gregorio Guzzo, e in vari altri posti. Applauditissimi pure Gianni Gullì, con le sue interpretazioni di canzoni, e gli Hantura, un gruppo di Petilia Policastro, con una rassegna di musica e canto folk meridionali. Ha concluso il menu della Pro Loco lo spettacolo con Micu ‘u Pùlice, ancora tante risate, da anni classiche in Calabria con questo esilarante personaggio che ha dato spazio, la sera del 14 agosto, anche al locale popolarissimo Salvatore la mascotte paesana - il quale ha ben improvvisato portando ancora allegria. ***** Ma interessante anche il menu presentato dal Comitato per i festeggiamenti di San Floro. Simpatico il gioco di fuochi artificiali al termine della processione del Patrono, con l’apparizione improvvisa dell’immagine del Protettore all’ingresso di Sutta l’Urmu. Dignitoso lo spettacolo musicale la sera del 17 agosto. Diciamo “dignitoso” perché quella certa cantante però non è stata eccezionale. Poi, il 19, “La giornata dell’infanzia” promossa dall’associazione “Castellitini” con il patrocinio del Comando Militare Calabria, che ha presentato un suo “stand”(e più tardi vi è stata la premiazione di alunni locali, ma senza la pubblica lettura dei loro elaborati, che sarebbe stata la cosa più interessante). A sera, sempre con “Castellitini”, finalmente un ottimo concerto bandistico (era una tradizione negli anni passati!) diretto dal maestro Giorgio Antonio Lamantea, alla guida di un’eccellente équipe di strumentisti sotto il logo “San Rocco” di Girifalco. Peccato che il concerto degli strumenti sia stato inframmezzato da esibizioni di “cantanti” che sono sembrati - almeno a noi poco all’altezza della situazione. Il 20 agosto, la stessa associazione culturale, che è presieduta dal pubblicista Antonio Bressi, ha presentato ancora una volta i suonatori di organetto, giunti a San Floro da varie parti e ancora una volta riscuotendo successo. Graditissimo agli spettatori, a notte inoltrata, il “Ballo della Pupazza” che in un certo senso ormai sostituisce il “Ballo d’ ‘o ciucciu”, un “nostro” prodotto, per anni confezionato, nella prima metà del secolo scorso, dai fratelli Raffaele e Floro Barbuto.