e della - Webtvborgia

Transcript

e della - Webtvborgia
AI COLLABORATORI
la
l
e
d
e
Foto Feliciano Paravati
MISTERI PAESANI
Don Giuseppe,
gli angioletti
sono volati
in cielo?
I fedeli di San Floro mormorano, anzi qualcuno si incavola.
Perché non ci sono più alla base
della statua del Patrono i quattro
graziosi angioletti in legno che
stavano lì forse da un paio di
secoli? Per i parrocchiani, o per
parte di essi, l’assenza degli
angioletti svolazzanti, senza una
spiegazione, è un autentico
affronto. E allora questo giornale, per mezzo del suo direttore,
decide di indagare. Per prima
cosa va alla fonte più sicura di
un’eventuale notizia che contribuisca a tranquillizzare gli animi
(gli angioletti sono in restauro,
gli angioletti sono stati rubati da
ladri misteriosi, gli angioletti
sono in un angolo della parrocchia in attesa di chissà che, gli
angioletti sono dall’Arcivescovo
per un giudizio definitivo sul
loro destino, gli angioletti sono
volati in cielo?).
La Statua di San Floro con gli angioletti in una foto di vari decenni fa.
Periodico trimestrale in distribuzione gratuita - Direttore responsabile DOMENICO PARAVATI - Registrato presso il Tribunale di Tivoli al n. 13 del 2007
Editore - Proprietà - Dir.ne - Red.ne: Domenico Paravati, V.le Trieste, 19 - 00068 Rignano Flaminio (Rm)
Tel./Fax 0761.597431 - Tel. 338-9190271 - e-mail: [email protected] - Stampato da: Jano Grafica - Via S. Abbondio, 13/A - Rignano Flaminio
La collaborazione é sempre gratuita. I testi, pubblicati o no, non si restituiscono - Responsabile dati personali: Domenico Paravati
Attività editoriale senza fini di lucro (art. 4, D.P.R. 26.10.1972 n.633 e successive modifiche) - Per controversie legali foro competente é quello di Tivoli
Per consegna a domicilio (Abb. annuale per posta): euro 20 - sostenitore 50 - benemerito 100.
C/C postale n. 54078100 intestato Domenico Paravati - Per bonifico (anche dall’estero): IT66D0760103200000054078100 C/C n. 54078100
In caso di sospensione della pubblicazione l’abbonamento non viene rimborsato
SAN FLORO - ANCORA UNA DONNA SINDACO
Per il prossimo numero
testi in redazione
entro il 5 gennaio 2010
e-mail:
[email protected]
Anno III - N. 3
Luglio - Agosto - Settembre 2009
PERSONAGGI
Vince Teresa, il terremoto
Domenico Cefaly
Ma il successo è di misura (23 voti) contro Florino Vivino, già sindaco per
due legislature - Sempre presente in piazza, la neo-eletta distribuisce baci e
abbracci, parla con tutti - Ginecologa, è “figlia d’arte” sia per padre che per
madre: Giovanni è stato primo cittadino sanflorese negli Anni Settanta;
Graziuzza, ostetrica per decenni.
Cortalese, come il bisnonno Andrea senior e lo
zio Andrea junior, aveva il “vizio” di famiglia: la
pittura- Gli ultimi anni passati nel suo fondo
“Rena” (che amava molto), a pochi chilometri da
Girifalco
Ha vinto Teresa, ma con un
successo di misura (281 voti
contro i 258 di Florino
Vivino). La Procopio, una
ginecologa - aderente politicamente ad AN, la formazione
ora confluita nel PDL - è nota,
anche professionalmente, non
solo nel Catanzarese ma anche
in varie altre parti della
Calabria. In tutt’e due gli
ambiti – amministrativo e professionale - è “figlia d’arte”:
suo padre è stato sindaco di
San Floro negli Anni Settanta e
agli inizi degli Ottanta; sua
madre è stata ostetrica a San
Floro per molti anni. La battaglia elettorale è stata molto
dura, come del resto è capitato
Domenico Cefaly (Cortale 1932Roma 2003). Nato da Carlo e da
Concetta Ferragina. Fin da piccolo
ama dipingere. Si presenta come
singolare gemma, pronta a svilupparsi dal tronco artistico dei Cefaly.
Viene ammirato in famiglia dai
genitori e dai suoi affettuosi fratelli
(Raimondo, Rachele, Caterina e
Agnese) per la sua disposizione
all’arte pittorica. Lo segue da vicino
lo zio Andrea Cefaly junior (19011986).
Frequenta il liceo artistico a Roma,
nel collegio “San Giuseppe”, a Domenico Cefaly
Trinità dei Monti. Dopo la “maturi-
Teresa Procopio abbraccia Salvatore Tassone
in altre occasioni (negli Anni
Ottanta, i democristiani di
Giovanni Procopio vinsero
sulla sinistra per soli 12 voti!).
Per la cronaca: fino a poco
Morte con il trattore
Spaventosa disgrazia a San
Floro, nelle campagne di Salica.
Salvatore Vivino, 52 anni, operatore agricolo da una vita e da
anni in dimestichezza con il
trattore, è stato trovato nel
pomeriggio del 17 luglio u.s.
orribilmente straziato dalla
fresa. Non è stato possibile
ricomporre il corpo, disseminato in un tratto di qualche decina
di metri. La moglie, dall’abitazione di campagna, aveva notato da lontano il trattore
inspiegabilmente fermo da
una decina di minuti e si è precipitata sul posto per capire
cosa fosse accaduto. Del marito era rimasto integro solo un
braccio. Il resto era stato
ridotto in uno stato facilmente immaginabile. Sembra che
il mezzo abbia percorso alcune decine di metri in piena
attività, compiendo quello
strazio, prima di fermarsi.
Difficile capire cosa sia “tecnicamente” successo, cioè per
quale motivo il Vivino sia finito negli ingranaggi della fresa:
se caduto o inciampato dopo,
magari per qualche riparazione, essere sceso dal mezzo; il
quale, comunque, era con il
motore acceso quando è stata
scoperta la disgrazia.
La popolazione di San Floro
è rimasta scioccata dall’evento e si è stretta, nel cordoglio,
alla famiglia di Salvatore.
Dunque la cronistoria di quanto accaduto.
SAN FLORO
Piazza Sutta l’Urmu, mercoledì 12 agosto u.s., ore 17. Il direttore di questo giornale chiede a
due persone, che chiameremo X e
Y: “Ma è proprio vero che gli
angioletti sono spariti?”. Risposta:
“Sì, è vero”. “E dove sono andati
a finire?”. “Risposta: “Finora nessuno lo sa”. “Ma come? Il parroco avrà pur detto qualcosa…”.
Risposta: “Che noi sappiamo, no.
A meno che non lo abbia detto a
qualcuno a noi ignoto”.
E allora, come accennato, il
Miss Italia 2009 è, come sapete, una calabrese di Fiumefreddo Bruzio
povero direttore - altro che (Cosenza), Maria Perrusi. Ma la bellezza femminile ha forti radici anche
vacanza tranquilla e libera da a San Floro. Nella foto, le nostre Tre Grazie (da sinistra a destra):
Le Tre Grazie... Graziano
Rossana, Annarita e Claudia Graziano. Guardate che sciccheria! C’è da
dire inoltre che Claudia (www.claudiagraziano.it), la più giovane delle
Domenico Paravati tre sorelle, lavora a Roma nel campo della moda e si può definire senza
(segue a pag. 2) dubbio una stilista emergente
meno di due anni fa Teresa
Procopio era capogruppo di
opposizione nei confronti di
Domenico Paravati
(segue a pag. 3)
BORGIA
Saverio Varano
si... riposa
IL CASO BORGIA
In medio
stat virtus
Una volta si finiva in carcere o al manicomio in quattro e
quattr’otto per motivi infimi.
Ora in carcere si va spesso
per una passeggiata che dura
pochi giorni o poche ore,
anche con sospetti altissimi, e
i manicomi sono stati aboliti;
e per finire in un centro di
recupero la strada è in forte
salita.
L’Italia è diventata il
Paese degli estremi. Prima,
garantismo zero, o comunque
scarso; ora, garantismo
eccessivo e spesso assurdo. E
allora può capitare che un
figlio renda la vita difficile,
per non dire tragica, ai propri
Antonio Zaccone
(segue a pag. 8)
Ai nostri Lettori
Il 1° luglio, con il grado di
capitano, è andato in pensione,
dopo lunghi anni al servizio
della città di Borgia, il
Comandante dei Vigili Urbani
Saverio Varano. Persona molto
stimata dalla popolazione,
Varano era molto popolare tra i
compaesani per i modi rispettosi e per la capacità di intervento risolutivo anche in situaAristarco Scannabue zioni difficili e talvolta dram(segue a pag. 3) matiche.
Ricordo di Vittorio Nisticò
Nato a Soverato, era stato direttore
de “L’Ora” di Palermo
Commozione soprattutto nel
mondo giornalistico per la
scomparsa, a Roma, l’8 giugno, di Vittorio Nisticò, per
molti anni mitico direttore
dell’ “Ora” di Palermo, un
quotidiano che, come afferma
Matteo Collura sul Corriere
della Sera, “alla mafia ha fatto
più danni che dieci commissioni parlamentari di inchiesta
messe insieme”.
tà”, continua gli studi presso
l’Accademia capitolina. Sotto la
guida del professor Guerrisi, che vi
insegna, apprende l’arte scultoria e
affianca, come assistente, il docente. Nella capitale diventa un assiduo
frequentatore di via Margutta, strada degli artisti. L’amore per la pittura non gli dà tregua. E dipinge con
tale impegno da “accumulare” nella
sua abitazione un numero notevole
di quadri.
Nel 1966 lascia l’Accademia e
ritorna a Girifalco, dove risiede.
Nisticò era nato a Soverato
89 anni fa, ed era finito a
Palermo provenendo da un
altro famoso giornale del
pomeriggio, il “Paese Sera”.
Questo numero del “Corriere
di San Floro e della Calabria”
va in stampa nonostante un
deficit di bilancio di 485 euro.
Abbiamo sistemato i conti di
giugno, ma non siamo riusciti a
coprire completamente questa
edizione. Dunque, ancora una
volta, appello ai Lettori perché
– nonostante buona volontà e
sacrificio – la pubblicazione
non abbia a spegnersi.
LA DIREZIONE
APERTO A TUTTI
Questo giornale non é di parte,
anzi é apertissimo a tutti.
Contribuite a non farlo morire.
Abbonamenti:
- ordinario euro 20,00;
- sostenitore euro 50,00;
- benemerito euro 100,00;
(per queste due ultime categorie in omaggio il volume Ciao
San Floro Ciao Calabria).
C/C postale 54078100
Domenico Paravati
Corriere di San Floro e della Calabria
Direttore responsabile: Domenico Paravati
Vice Direttori ( ad honorem):
Feliciano Paravati (per i servizi fotografici)
Antonio Zaccone (per Borgia e Catanzaro)
Angiolino Guzzo (per i servizi tecnologici)
Corriere di San Floro e della Calabria - n. 3 - luglio - agosto - settembre 2009
2
SEGUE DALLA PRIMA PAGINA
Gli angioletti sono volati in cielo?
impegni al paese natìo… - non
può far altro, per dovere d’ufficio, che andare di persona dal
parroco.
La chiesa di San Nicola
Vescovo è aperta, è ben refrigerata (anzi, vi è la raccomandazione di chiudere la porta perché dentro c’è l’aria condizionata: è giusto che nell’anno del
Signore 2009, quando la tecnologia è avanzatissima, tutti stiano al fresco). Dalla sacrestia
esce il collaboratore Floro
Graziano e subito dopo anche il
parroco don Giuseppe (la statua
di San Floro e lì a tre metri,
effettivamente priva degli angeli in legno decorato, che erano
sempre al loro posto - come
detto - da decine e decine di
anni, forse da un paio di secoli!). Il direttore di questo giornale gli chiede se può avere un
colloquio. Don Giuseppe, cortese e accennando un sorriso, lo
fa accomodare in sacrestia: lui
da una parte del tavolo, il direttore dall’altra. Sono le diciassette e dieci minuti.
Paravati mette subito in
chiaro, a scanso di equivoci:
“Sono qui da lei per il giornale.
In giro ho raccolto voci sulla
sparizione degli angioletti di
San Floro. Mi può dire qualcosa in proposito?”
Don Giuseppe: “A parte il
fatto che a me quella statua
piace di più senza gli angioletti..”.
Il direttore si appresta a prendere appunti. Ma alla vista di
penna e carta, Don Giuseppe si
allarma: “E’ un’intervista?”
Paravati: “Diciamo, un colloquio, una chiacchierata su
questo argomento e magari su
altri…”.
Don Giuseppe: “Allora
buon pomeriggio”. Sempre con
un sorriso si alza e si dirige
verso la porta, come per dire:
“Si accomodi fuori. Il colloquio non si fa”.
Il povero direttore di questo
povero giornale di paese rimane esterrefatto. “Ma è proprio
sicuro che…”. Il sacerdote non
ha dubbi e con tono ancora più
perentorio, ripete, già accanto
con la coda tra le gambe, a
sacco vuoto. Che sconfitta per
un mestierante!
Per cui, cari lettori, per
colpa del sottoscritto non potete sapere ora cosa stesse per
aggiungere don Giuseppe dopo
quella frase : “A parte il fatto
che a me quella statua piace di
più senza gli angioletti..”. A
parte questo, insistiamo però da
qui, cosa è successo a quelle
statuine svolazzanti e così care
ai sanfloresi; i quali certamente
DALLA BIBBIA
“I Re”- “Salomone costruttore” - “ I cherubini”“Nella cella (il santuario del Tempio, il Santo dei Santi) (Salomone )
fece due cherubini di legno di ulivo, alti dieci cubiti. L’ala di un cherubino era di cinque cubiti e di cinque cubiti era anche l’altra ala del cherubino; c’erano dieci cubiti da un’estremità all’altra delle ali. Di dieci
cubiti era l’altro cherubino; i due cherubini erano identici nella misura
e nella forma…(Salomone) pose i cherubini nella parte più riposta
del tempio, nel santuario. I cherubini avevano le ali spiegate; l’ala di
uno toccava la parete e l’ala dell’altro toccava l’altra parete; le loro
ali si toccavano in mezzo al tempio, ala contro ala. Erano anch’essi
rivestiti d’oro.”
“I Re” –“Salomone costruttore”- “Trasferimento dell’Arca dell’alleanza”“I sacerdoti introdussero l’Arca dell’alleanza del Signore al suo
posto nella cella del tempio, cioè nel Santo dei santi, sotto le ali dei
cherubini. Difatti i cherubini stendevano le ali sopra l’arca…”
alla porta: “Buon pomeriggio”.
Senza, purtroppo, dire perché
quegli angioletti… Insomma,
la notizia è morta sul nascere.
Paravati, che stenta a muoversi, tanto gli sembra assurda
la faccenda: “E’ la prima volta
che mi capita una cosa del
genere nella vita professionale…”. Ma, pochi secondi dopo,
accogliendo l’invito che non
ammette discussioni se ne va
un giorno lontano o lontanissimo avranno contribuito, con le
loro offerte, a pagare l’artigiano
del legno? Cosa stava per dire
don Giuseppe e poi non ha
detto per il timore di un’intervista? Forse quegli angioletti se
ne sono volati via in Paradiso,
facendo marameo al parroco e
ai fedeli più fedeli di San
Floro… Ma un po’ tutti sono
sicuri che un giorno ritorneran-
no. Se non altro perché sentiranno nostalgia della nostra
bell’aria fine, forse più fine di
quella del Paradiso. E anche
perché la statua di San Floro
senza quegli angioletti è come
Sant’Antonio Abate senza il
porcellino.
Don Giusè, lei che è persona certamente in buona fede ed
intelligente anche se magari dal
carattere un po’ perentorio e
poco diplomatico forse perché
troppo giovane e privo di grande esperienza, ci vuole dire, per
favore, se lo sa, dove sono i
“nostri” angioletti e perché
(soprattutto perché) non stanno
più al loro posto? Anche gli
angioletti - strappati dal loro
decennale o secolare santo
angolo - sono in fervida attesa
di una risposta (dal Paradiso o
da uno scantinato?). Abbiamo
il diritto di capire. E magari alla
fine le daremo ragione. Se
ragione avrà per la sua mancata risposta alla nostra iniziale
domanda.
Domenico Paravati
ABBONATEVI
A QUESTO
GIORNALE
C/C postale
54078100
INTESTATO
DOMENICO PARAVATI
Lo sfogo in chiesa di Don Giuseppe
Al termine della celebrazione
in chiesa dell’Ottavario di San
Floro, il 25 agosto, don
Giuseppe ha dato i numeri delle
varie raccolte in denaro o
finanziamenti ottenuti o promessi per la festa del Patrono. E
ci pare di aver capito che nel
complesso la raccolta - in
busta, con i giochi, con la lotteria, ecc. - sia andata lievemente
al di sotto dei 20mila euro, a
fronte di spese di poco superiori ai 18mila, quindi con un margine attivo intorno ai 1500
euro. Comunque - ha sottolineato don Giuseppe, con un
tono di rimprovero : “anche le
feste religiose si fanno con i
soldi” – “Tale raccolta generale è stata inferiore rispetto allo
scorso anno”.
In conclusione di cerimonia
il parroco ha però voluto levarsi anche qualche sassolino dalle
scarpe. Ricorrendo ad espressioni tipo “C’è libertà di parola
e quindi ….” ha riferito di aver
appreso che qualcuno lo ha
definito “montanaro” (forse
per il suo carattere un tantino
duro?) e con altri termini
indubbiamente poco rispettosi,
o addirittura squallidi - aggiungiamo noi - sulla bocca di persone che si ritengono civili. E
poi, reintervenendo, ha affermato: “Qualcuno ha detto che
da quando ci sono io non ci
sono stati miglioramenti nella
chiesa”. Don Giuseppe ha però
concluso, con commovente certezza, che “se Dio mi ha mandato qui vuol dire che c’è un
disegno”.
Noi - ricorrendo alla libertà
di stampa, come don Giuseppe
ricorre alla libertà di parola,
ma in fondo è la stessa cosa - lo
lasciamo con questa certezza,
augurandogli però di riuscire
ad amare di più i suoi fedeli,
anche i velenosi peccatori,
secondo lo spirito del perdono,
che è autenticamente cristiano.
(Sono, per esempio, velenosi
peccatori quelli che non hanno
San Floro - Il rientro della statua del Patrono (senza gli angioletti). A destra, il Parroco.
gradito la soppressione della
processione di San Lauro, fratello gemello di San Floro, cioè
fratello del nostro Patrono?).
Per fortuna, nonostante la
sorpresa dei fedeli all’uscita
estemporanea di don Giuseppe
in un momento non troppo adatto ad uno sfogo personale, tutto
è andato per il meglio con la
successiva processione, tanta
era la folla. Ed al rientro in
chiesa le donne hanno ancora
una volta intonato, a piena
voce, e ovviamente senza
accompagnamento di chitarre,
quel bellissimo canto tutto
nostrano e parecchio antico
dedicato a San Floro: “O gran
Santo Protettore, tu potente e
pio patrono….”. Un canto che
ad ognuno di noi sanfloresi fa
tremare il cuore ed accapponare la pelle perché lo abbiamo
sentito fin da piccoli. E, si sa, la
tradizione, anche nella Chiesa,
è
cosa
imprescindibile.
Soprattutto la Chiesa cattolica
non esisterebbe senza di essa.
Aristarco Scannabue
Il parroco e la lettrice
del “Corriere di San Floro”
Una lettrice del giornale- che
preferiamo indicare con le sole
iniziali, P.D.N. (anche se lei le
vorrebbe per esteso) ed abita a
Merano - ci racconta un episodio che lascia stupefatti, ma
che lei insiste venga pubblicato. Eccolo:
“Sono tornata a San Floro
dopo tantissimi anni ed avevo
voglia di portare dei fiori in
chiesa. Ma qualcuno mi avverte subito: il parroco non gradisce queste iniziative. Rimango
incredula, ma a distanza di
poco tempo incontro il sacerdote nei pressi del bar
Millennium, alla presenza di
altre persone e della titolare, e
gli chiedo se è vero che non è
possibile portare fiori in chiesa. La risposta è: La chiesa è
casa mia, signora.Cosa direbbe se io venissi in casa sua e
le dicessi come usare la lavatrice?
Ed ecco la riflessione della
signora, ammesso che l’episodio raccontatoci sia proprio in
questi termini: La chiesa non è
casa del parroco, ma di tutti i
fedeli. Anche se è ovvio aggiungiamo noi, a scanso di
equivoci - che è lui l’ “amministratore”. Ma se il buon amministratore di un’impresa deve
fare il possibile per non perdere i clienti, è lecito supporre
che anche un buon parroco non
debba far allontanare i fedeli
dalla comunità ecclesiale affidatagli dal Vescovo. Altrimenti
ne dovrà rispondere a chi l’incarico gli ha affidato.
Pensierini sui Santi gemelli
Bel panegirico di San Floro,
nella chiesa e comune omonimi, il 18 agosto, festa del
Martire. Il giovanissimo Don
Angelo,
proveniente
da
Brindisi, ha “catturato” l’attenzione dei tantissimi fedeli
accalcati, con parole e concetti
semplici e profondi nello stesso tempo, ma comunque sempre molto chiari, come dovrebbe fare ogni buon predicatore.
Peccato che don Angelo abbia
dimenticato un accenno alla
“storia”.
Cioè
“dove”(Ulpianum, in Illiria),
“da chi” (Licinio) e “perché”
(avere distrutto le statue del
tempio appena costruito) San
Floro è stato martirizzato
insieme con il gemello Lauro.
Inquadrare un personaggio
nella sua epoca è estremamente importante per capirne i
comportamenti.
*****
A proposito di San Lauro.
Grazie alla personale “passione” di Giovanni Procopio per i
Santi gemelli, a San Floro da
un paio di decenni era stato
giustamente inserito, nelle
celebrazioni di agosto, il
“dimenticato” fratello martire
di San Floro, il cui nome del
resto è molto più noto, soprattutto in Russia, rispetto a quello di Floro. Quest’anno però è
sparita la breve processione di
San Lauro, come se si volesse
tagliare con il passato recente,
pure molto apprezzato dai sanfloresi (e dallo stesso buon
senso: fino al terremoto del
1783, una cappella era dedicata ai due santi a Oppido
Mamertina; e nella Pre-Sila,
esattamente nel territorio di
Fagnano Castello, sorge un
casale che porta il nome di
San Lauro; segni entrambi del
culto dei gemelli portato qui
dai monaci basiliani nel
Medioevo) . Solo un ricordo
in chiesa, grazie a don
Giovanni Signorello, ex parroco
di San Floro e ora cappellano
militare (con il grado di capitano) nel nostro Esercito. Anche il
panegirico fatto da don
Giovanni – che non riesce a
dimenticare il nostro paese e
anzi dice di amarlo sempre di
più - è stato molto apprezzato
dai fedeli. Ma verrà ripristinata,
il prossimo anno, la processione in onore di San Lauro?
Don Giovanni Signorello in un campo in Bosnia con i bambini e una
donna militare
Corriere di San Floro e della Calabria - n. 3 - luglio - agosto - settembre 2009
SAN FLORO
SEGUE DALLA PRIMA PAGINA
I risultati elettorali
Vince Teresa, il terremoto
una giunta di sinistra capeggiata
da Nunziata Bressi. Quest’ultima
aveva poi rotto con la lista nella
quale era stata eletta, passando
con altri consiglieri, per evitare il
commissariamento, ad un’alleanza con l’opposizione e dando
vita quindi ad una nuova maggioranza.
La prima “grande” uscita
di Teresa è stata nel mese di
agosto, con il rientro annuale,
anche per le feste patronali, di
centinaia di sanfloresi emigrati o figli di emigrati. Il suo
impatto con questi ospiti, oltre
che con i suoi diretti amministrati, è stato veramente alla
grande. Il sindaco - ci tiene ad
essere chiamato così, al
maschile! - ha imperversato in
mezzo alla gente con sorrisi,
Giannino Procopio, Sindaco
Anni Settanta, con la figlia
Teresa. appena eletta
(dal palco) ed ufficiosi (tra la
folla), tutte le sere a disposizione di tutti. Per cui l’impressione è stata unanime: se
Teresa continuerà così - e ne
ha il carattere…- è destinata a
mete più alte. Ma noi, sanfloresi di dentro e di fuori, preferiamo che il nostro secondo
sindaco donna rimanga qui a
San Floro un’eternità, perché
con quel suo carattere positivo, espansivo, allegro non
potrà che venir fuori sempre
qualcosa di bello e di buono
per il nostro paese.
Auguri, Teresa!
Domenico Paravati
abbracci, interventi ufficiali
3
La festa per Teresa
Candidati a Sindaco:
Procopio Teresa
(“La
Svolta”)- voti 281
Vivino Florino (“San Floro
Città Futura”) - voti 258
Schede nulle 3
Schede bianche 4
Eletti
al
Consiglio
Comunale:
Per la lista n. 2 “La
Svolta”,collegata con il sindaco eletto Teresa Procopio:
Salvatore Virgillo (voti di
preferenza 34), Ettore Aloi
(30), Santo Amoroso (29),
Flavio Costa (29), Salvatore
Pilò (25), Antonio Curcio
(24), Massimiliano Maida
(23), Flavia Caterina Meta
(18).
Per la lista n. 1 “San Floro
Città Futura” :
Florino Vivino (come candidato a sindaco, voti 258),
Adriano Dara (voti di preferenza 49), Salvatore Vivino
(34), Luciana Mungo (22).
Teresa: “Una vittoria rincorsa da cinque anni”
Al Sindaco neo-eletto di San
Floro,
dottoressa
Teresa
Procopio, abbiamo posto queste
brevi domande:
- Sindaco le sue emozioni alla notizia della vittoria.
-L’emozione è stata grande
anche perchè è stata una vittoria
molto sudata e rincorsa da 5 anni
e, i pochi voti di scarto, l’hanno
resa ancora più preziosa e combattuta. Ma la cosa più bella è che
questa emozione è stata l’emozione di tutti i nostri elettori.
-Quali i suoi programmi operativi?
-Per quanto riguarda i programmi operativi:sono talmente
tanti che non sto qui ad elencar-
li.Basta leggere il nostro programma elettorale, a disposizione
di tutti. Direi, comunque, che la
cosa che hanno già notato tutti i
nostri concittadini questa estate è
stata la presenza dell’acqua nelle
loro abitazioni ininterrottamente,
anche nei periodi più critici, e poi
hanno assistito ad una serie di
manifestazioni organizzate da noi
che hanno portato nel nostro
paese diverse persone anche dagli
altri centri. A lungo termine ci
sarà la ristrutturazione della
Casa Comunale, la ripresa dei
lavori di Palazzo Pugliese, la
ristrutturazione dell’edificio scolastico, il ripristino del campo
sportivo per i giovani, il rifacimento delle strade interpoderali,
etc.. Mi auguro con tutto ciò di
poter migliorare l’aspetto del
paese e di dare più possibilità ai
giovani sanfloresi creando dei
centri di aggregazione.
- Alcuni pensano che lei avra’ difficolta’ a conciliare i suoi impegni
professionali con quelli pubblici...
-Non servono risposte a questi “alcuni” perchè penso di
averli smentiti con la mia presenza assidua già dal giorno
successivo al mio insediamento, nonchè dalla mia disponibilità verso tutti i cittadini sanfloresi.
Le poesie firmate Angelo Ferragina
Gli elettori pro-Teresa di Casteddhìtuni
SERVIZIO
FOTOGRAFICO DI
FELICIANO PARAVATI
Il viaggio
Giovinetta eterna
l’anima mia
corre
infiniti orizzonti
salta l’ornato mormorio
e libera
da questa pietra
cerca
azzurri siderali,
spazia
tra gli oceani
immensi
dell’aria e del vento
e nell’ora in cui
i pensieri
ci appartengono
vive a specchio dell’amore
e della speranza
per il conforto
d’uno spirito
nato negl’immensi silenzi
del Creato!
Angelo Ferragina
(Da “Il mio solito viaggio”)
“Il mio solito viaggio” è il titolo del nuovo libro di poesie di
Angelo Ferragina, dedicato alla
moglie Iolanda, pubblicato
dall’Esuvia di Firenze (pagg.115,
euro 12,00).
Anche nella nuova raccolta, il
poeta “appare” raffinato ed elegante autore, il cui spirito di
“eterno fanciullo” lo aiuta a
coniugare le profonde esigenze
della sua anima con le valenze
reali dell’esistenza. La sua poesia
nasce infatti dall’incontro della
sua naturale disposizione artistica
con i valori della vita, che ben si
saldano ai suoi motivati desideri.
Fra le tante poesie che formano
il libro, vi sono quelle che “cantano” l’amore, la famiglia, la natura, l’amicizia, i ricordi.
Nel libro vi sono alcune pagine
scritte in prosa e qualche significativa figura.
Angelo Ferragina nasce a
Borgia (Cz) nel 1920. Svolge nel
paese nativo, per parecchi anni,
l’attività di insegnante nella scuola statale e si occupa anche di arti
visive, dirigendo una galleria
d’arte a Crotone. Nel 1978 si trasferisce a Firenze dove ancora
oggi “lavora”. Frequenta lo studio
d’arte “Il Moro”. E’ socio del
“Centro Modigliani”, del centro
“Il 45” e di altri centri culturali
fiorentini. Collabora a riviste letterarie. Opera nel campo della
“Mail Art” e della poesia visiva.
La sua attività più significativa è
rappresentata dall’invenzione del
“College poetico” a mosaico.
Numerose le raccolte di poesia
pubblicate.
Ferragina è un tipo eclettico
(poeta, scrittore, pittore). Ha partecipato a numerose mostre d’arte
visiva, in ambito nazionale ed
internazionale, ottenendo riconoscimenti e tanti premi.
Per la sua attività di educatore e
per il suo costante e valido impe-
gno nel campo della cultura e dell’arte, il Presidente della
Repubblica, Napolitano, con
decreto 2 giugno 2008, gli ha conferito l’onorificenza di “Cavaliere
Ufficiale al merito della
Repubblica Italiana”.
Antonio Zaccone
Angelo Ferragina
SEGUE DALLA PRIMA PAGINA
Il caso Borgia è risolto
genitori o che faccia cose una
volta definite “da pazzi”; che
magari sia o sia stato tossicodipendente; che finisca in
carcere, ma subito dopo
venga inviato ai “domiciliari” perché il carcere è ritenuto troppo duro; ma – e qui
sta il bello, anzi il tragicomico – i “domiciliari” non possono essere la sua abitazione
perché il magistrato accetta
l’idea che la presenza di
quel figlio in casa sia pericolosa per i genitori, visti dal
ragazzo come il fumo negli
occhi; e allora un povero
Sindaco si senta in dovere
di trovare un rifugio momentaneo a quel giovane minaccioso; e gli apra la porta di
una stanza del giudice di
pace. Ma capita che quel
ragazzo continui a fare le
bizze; cioè butti giù dalla
finestra arnesi vari e minacci la gente che passa; e forse
anche la stessa madre che,
novella Addolorata, pur trafitta nel cuore dallo stato del
figlio, gli porta ogni giorno
da mangiare; e piange, piange, piange; ed è tentata da
idee suicide .
Voi a questo punto immaginate un immediato provvedimento che salvi il giovane
(con apposite cure psicologiche) e anche loro, cioè
padre, madre e forse anche
altri, dall’ira funesta.
Fino a pochi giorni fa
niente di niente; perché, c’è
da scommettere, il magistra-
to si è dibattuto tra infinite
leggi e leggine, alcune delle
quali tutelano la libertà della
gente, anche quando la gente
esce un po’ di senno.
Di chi il torto? Del giovane che sembra odiare i genitori, dei genitori che continuano ad amare il figlio,
della legge o del Parlamento
che fa le leggi? Rispondete
voi. Io non ci riesco, mi
arrendo. Ma ora il caso
Borgia si è risolto. Grazie a
Dio, al giudice e al buonsenso.
Il ragazzo finalmente è
stato inviato in un centro di
recupero del Catanzarese
Ce n’è voluto...
Aristarco Scannabue
4
Corriere di San Floro e della Calabria - n. 3 - luglio - agosto - settembre 2009
POLEMICHE CULTURALI
Squillace o Ravenna? Dove furono scritte le “Varie” di Cassiodoro?
“Affermazioni davvero straordinarie”: il nostro collaboratore Lorenzo Viscido, esperto in materia, contesta la tesi Scolacium di Franco
Caristo nonchè le traduzioni di alcune frasi come “buoi che trebbiano le fertili aie”. Vivarium e Vivariense: la differenza
Che vergogna e rabbia al tempo
stesso! Mi occupo delle Variae di
Cassiodoro da più di trent’anni, ne
ho trattato molteplici aspetti in
numerose riviste scientifiche,
come pure in alcuni miei libri, e,
nonostante ciò, ahimè , non sapevo
che una di esse, Var. XII, 15, famosa per le lodi che l’autore tributa
alla natia Squillace, fosse stata da
lui scritta “nella quiete della sua
cella di Vivarium…, tra il 553-557
d.C.”. È quanto un professore di lettere all’Istituto Statale d’Arte di
Squillace, Franco Caristo, dichiara
in un suo articolo apparso nel sito
web http://www.atuttascuola.it/collaborazione/caristo/squillace.htm
ed intitolato Squillace: idillio e
mimesi. Da Cassiodoro a Gissing.
Stando così le cose, mi chiedo: a
che son servite le edizioni critiche
delle Variae curate dal Mommsen
(Berolini 1894) e dal Fridh
(Turnholti 1973), da cui inequivocabilmente risulta che Var. XII, 15
fu redatta da Cassiodoro non a
Vivarium, località nelle vicinanze
di Squillace, ma a Ravenna, presso
la corte dei re ostrogoti, tra il 533 e
il 537, quand’egli era prefetto del
pretorio e, quindi, non ancor dedito alla vita monastica?
Faccio pur notare che, in base
alle succitate edizioni delle Variae,
questi documenti (in gran parte lettere) furono raccolti e pubblicati
dallo stesso Cassiodoro verso il
538. Com’è possibile, allora, che,
secondo il giudizio di quel docente
dell’Istituto Statale d’Arte di
Squillace, Var. XII, 15 fu scritta a
Vivarium tra il 553 e il 557?
Supponiamo che ciò risponda a
verità. Poiché in quella lettera, tuttavia, Cassiodoro scrive al cancellarius Lucaniae et Bruttiorum in
qualità di praefectus praetorio,
dovremmo di conseguenza ritenere che “nella quiete della sua cella
di Vivarium” egli continuasse a
ricoprire una delle più alte cariche
dello Stato. Cosa di non poco
conto. In epoca cassiodorea, infatti,
il praefectus praetorio era “il principale amministratore delle finanze…; si interessava del pagamento
degli stipendi per tutti gli impiegati civili, dell’approvvigionamento
dell’esercito e della corte; autorizzava le opere pubbliche”; soprintendeva al “servizio postale…; si
occupava del rifornimento delle
materie prime alle fabbriche d’armi…” ed era “responsabile dell’amministrazione generale dello
Stato…” (R. Morosi, L’officium
del prefetto del pretorio nel VI
secolo, in Romanobarbarica 2,
1977, p. 103).
Ebbene, si provi ad immaginare
un monaco prefetto del pretorio,
intento a svolgere nella “sua cella”
tutte queste mansioni! Io, sincera-
mente, non ci voglio provare per
non mettermi a ridere. Nel contempo, però, mi vien difficile credere
che il prof. Caristo abbia potuto
prendere un grosso granchio, che a
ben pensarci, comunque, non sarebbe il primo. E difatti, ad es., quando
in un altro suo articolo dedicato interamente a Cassiodoro e pubblicato
nel
sito
web
http://paesionline.it/squillace/consigli_generici/squillace_nella_storia.a
sp lui afferma che l’autore delle
Variae nacque nel 490 e morì verso
il 575 - che visse, insomma, più o
meno 85 anni -, commette senza
dubbio un errore madornale perché
a 93 anni, in realtà, Cassiodoro era
ancor vivo. Se ne ha conferma nella
praefatio del suo De orthographia
(ed. H. Keil, Grammatici Latini,
VII, Lipsiae 1880, p. 143).
A questo punto bisogna riconoscere che le affermazioni del prof.
Caristo sopra discusse non hanno
eguali e che, pertanto, sono davvero straordinarie. Straordinarie
come alcune parole da lui usate nel
tradurre parzialmente in italiano
Var. XII, 15: “Squillace è la prima
fra le città della Calabria... pende
come un grappolo dai colli... per
volgersi a mirare le campagne verdeggianti e le onde cerulee del
mare. La città è inondata da una
luce cristallina... il clima è mite, gli
inverni soleggiati, fresche le esta-
DIALETTI
ogni caso molte opere in dialetto calabrese – si pensi ai testi di
Duannu Pantu, Butera, Pane
– sono autentici monumenti
all’espressione
popolare.
Oltretutto la Marcella poetessa
dà prova ulteriore di grandissimo attaccamento alla sua città,
Catanzaro; un attaccamento
che non può esprimersi al
meglio se non con la lingua
giornaliera dei padri.
Anche se Marcella Crudo ha
il coraggio di intitolare in latino una delle sue più belle poesie, come potete leggere più
avanti.
La poetessa era stata a sua
volta presentata dal neo-sindaco di San Floro, la dottoressa
anto_del_purgatorio.htm), nel
passo “l’intervento del maestro
Virgilio è risoluto da magister
scholae delle Universitas…”, ci
aspetteremmo
il
plurale
Universitates in luogo del singolare Universitas.
Gradirei sapere ancora che cosa
il mio egregio conterraneo ha voluto dire quando nel suo menzionato
articolo su Cassiodoro ha dichiarato che questi a Vivarium “s’inventò gli scriptoria e la filologia…”.
Desidero porgli, in altri termini, le
seguenti domande: 1) In quale
accezione ha usato il verbo “inventarsi”? 2) Quanti scriptoria
Cassiodoro “s’inventò”? 3) Che
cosa significa l’asserzione che l’ex
ministro dei sovrani ostrogoti
“s’inventò… la filologia…”?
Significa forse che costui innovò
nella trascrizione del testo biblico
utilizzando metodi filologici? Un
cortese riscontro sarà graditissimo.
In aggiunta, considerato che nel
medesimo scritto su Cassiodoro il
prof. Caristo afferma che il monastero Vivariense, da lui erroneamente chiamato Vivarium, venne
fondato nel “550 circa”; tenuto
conto, poi, che in una sua ricerca
dal titolo Centri culturali monastici nell’Italia altomedievale, edita
in internet (http://www. atuttascuola.it/collaborazione/caristo/centri_c
ulturali_monastici.htm), quell’inse-
“Ad Tersicorem virginesque Musas” (*)
Il catanzarese di Marcella
Nella sala del consiglio
comunale di San Floro il 16
agosto la catanzarese Marcella
Crudo ha presentato il suo ultimo libro di poesie in vernacolo
“ ‘On volèri nenta, ‘u mara
ma quagghja”(*). Ancora una
volta la Marcella catanzarese
ha dato prova del suo attaccamento alla lingua madre che,
almeno fino alle generazioni
della metà Novecento, può
definirsi in questi termini. Il
dialetto – soprattutto grazie alla
tv - sta lentamente scomparendo e quindi la voglia di continuare ad esprimersi nella parlata dei nostri padri, almeno in un
libro, va tenuta in grande considerazione. Senza dire che in
ti... chi vive qui può ammirare lo
spettacolo di chi lavora nei campi.
Ovunque si vedono abbondanti
vigneti, buoi che trebbiano le fertili aie, ulivi sempreverdi…” (da
Squillace: idillio e mimesi…).
Preferisco glissare sull’errato
impiego del nome Calabria al
posto di Bruzii (Scyllaceum…
prima urbium Bruttiorum…).
Gradirei sapere, invece, per quale
motivo è stata tradotta “buoi che
trebbiano le fertili aie” l’espressione latina arearum pinguis tritura.
Siccome in tale espressione non
vengono citati né buoi né altre
bestie, mi domando da dove spuntano quei bovini nella resa in lingua italiana del nostro docente. E
inoltre, perché proprio buoi e non
muli o cavalli? Fantasia del traduttore oppure egli possiede qualche
manoscritto delle Variae contenente un testo diverso da quello che si
legge in tutte le loro edizioni?
Propendo per quest’ultima ipotesi.
Diversamente dovrei credere che il
prof. Caristo abbia preso un’ulteriore cantonata. Non bisogna scartare la possibilità, tuttavia, che egli
conosca poco la lingua latina. Il
che mi sembra maggiormente
plausibile laddove si consideri che
in una sua nota relativa al terzo
canto del Purgatorio dantesco (si
veda il “website” http://atuttascuola.it/collaborazione/caristo/terzo_c
L’avìanu naguràtu ntro 1908
e ‘u jettaru a na vota, ccu nu bottu.
Era ‘nu vantu ca ‘nzema ‘u San Carlinu
vidìa i spettaculi puru ‘u populinu.
Videtta i primi film a manovella,
c’erano ‘a Duse, ‘a Bertini cchi era bella,
Marcella Crudo
Teresa Procopio, e da una
lunga ma interessante prolusione “tecnico-letteraria” del giornalista Salvatore Guerrieri.
(*)- Nostra traduzione: “Non
vorrei niente, ma proprio niente: che il mare si coagulasse”
(cioè, vorrei l’impossibile)
BORGESI ILLUSTRI
i film eranu muti e non si parrava,
poi vinnaru, d’ ‘o duce cchi ordinava,
lungo-metraggi ccu documentari
‘e Greta Garbo cchi ficia Mata Hari,
e poi De Sica, Magnani e Sordi Albertu
duva ‘u divertimentu era già certu.
Senza sosta l’attività artistica di F. Guerrieri
Continua senza sosta l’attività
artistica del maestro Francesco
Guerrieri. Borgese “doc”, ha dedicato la vita interamente all’arte e,
insieme con Lia Drei, ha costituito
un formidabile binomio artistico e
affettivo (vedi Corriere del gennaio-marzo 2008 ). L’amore per l’arte
spinge il maestro Guerrieri a lavorare ininterrottamente, portando con
sè il nome del paese natio. Dal 25
giugno e fino al 1° novembre alcune delle sue opere sono esposte alla
Galleria Nazionale d’Arte Moderna
e Contemporanea di Roma.Fino al
15 luglio, la Galleria ricerca d’Arte
di Roma, nella mostra “Itinerari di
Arte Astratta”, ha esposto le opere
del Guerrieri e di Lia Drei. La
“Urban Art” di Potenza ha riunito
24 creativi moderni e contemporanei, di cui 12 nomi nazionali che
hanno interpretato con i propri linguaggi il concetto d’arte. Tra di essi
Francesco Guerrieri. La Fiera
Internazionale d’Arte Moderna e
Contemporanea ha dedicato una
sezione allo “Sperimentale Puro” di
Lia Drei e di Guerrieri.
Nell’edizione maggio-luglio
2009, la rivista
Arte
Contemporanea, n° 18, ha pubblicato una bellissima intervista a
Francesco Guerrieri a cura di
Patrizia d’Agostino. Il maestro ha
ripercorso la sua parabola artistica,
dalla nascita fino alla scoperta della
sua arte e creatività nella sua
Calabria, ad opera del Museo
Civico di Taverna, che ha allestito
una sala permanente con l’esposizione di circa 450 opere sue e della
Drei. Un successo quello di
Francesco Guerrieri che continua a
inorgoglire i borgesi e la Calabria
intera. Il nostro giornale, aperto a
tutte le manifestazioni di cultura,
continua a seguirne con notevole
interesse l’opera.
Domenico Procopio
E Tersicore dda subba e l’atri Musi
aspettavano ogni sira, com’era usu,
ppemma s’àpera ‘u tettu do teatru
e ma vìdanu ‘u cielu trapuntatu.
Ca ‘u spettaculu cchjù beddu ‘e chista vita
esta ‘u cielu, ccu i stelli, fattu ‘e sita.
Marcella Crudo
“A Tersicore e alle vergini Muse“
gnante asserisce che la fondazione
del monastero Vivariense avvenne
“intorno al 540”, è allora necessario
che egli si dia una regolata.
Poiché di recente, infine, il medesimo insegnante mi ha fatto notare
che “qualche articoletto banalizzato, scopiazzato, interpolato e ripassato su opuscoletti di ‘casette’ editrici non dànno (sic) a nessuno la
patente di studioso men che meno
di filologo”, debbo convenire che il
Caristo avrebbe ragione se, prima
di esprimere siffatti giudizi, si
accertasse della loro validità e
dimostrasse, quindi, che l’articoletto a cui si riferisce è davvero
“banalizzato, scopiazzato” o
“interpolato”. Qualora egli non
fosse in grado di provare ciò, non
solo farebbe una pessima figura,
ma rischierebbe di beccarsi una
querela. Il che non avvenga.
Circa, inoltre, quelle da lui definite ‘casette’ editrici, mi permetto
di chiedergli quale connotazione
ha inteso dare al diminutivo ‘casette’. Visto, comunque, che finora
non ha mai pubblicato né un opuscolo né un volume, gli rivolgo di
tutto cuore l’augurio che un giorno
possa veder stampata qualche sua
opera da una grande casa editrice,
come Einaudi, Mondadori o
Feltrinelli.
Prof. Lorenzo Viscido
DUBBI...
ARCHEOLOGICI
Parco
di Borgia
o della
Roccelletta?
Si è trattato di una vera e propria precisazione terminologica
e geografica che ha certamente
destato l’attenzione dei telespettatori. Parco Archeologico
di Borgia o di Roccelletta? Una
bella domanda che rinvia a
qualche discussione cui si assiste anche di recente. Preciso di
non voler entrare in polemica e
di tirarmi fuori da ogni diatriba,
limitandomi, per pura cultura, a
riportare i fatti.
Lunedì 17 agosto, durante il
telegiornale “Infostudio” della
rete televisiva Video Calabria, il
conduttore ha lanciato il servizio relativo alla manifestazione
“Intersezioni 2009” con le
interviste di Alberto Fiz e del
Presidente della Provincia
Ferro. Il conduttore del tg, in
maniera garbata e intelligente,
ha prima lanciato il servizio sul
Parco
Archeologico
di
“Roccelletta” e poi si è subito
corretto in “Parco Archeologico
di Borgia” sulla base di una
motivazione logica ed indiscutibile: il Parco rientra nel comune di Borgia e quindi si deve
parlare a pieno titolo di “Parco
Archeologico di Borgia”.
Domenico Procopio
Corriere di San Floro e della Calabria - n. 3 - luglio - agosto - settembre 2009
UN’INDUSTRIA “NOSTRA”
“è stato il sindaco degli Anni Novanta, Floro Vivino, l’unico che mi ha aiutato a trovare una sistemazione per la mia attività artigianale”- “Quest’anno per
la prima volta vado al Salone Internazionale della Nautica a Genova”-“Alla
SESSA ho imparato a montare i motori delle barche. Poi alla LOMAC preparavo le chiglie dei gommoni”- La storia di un ex-emigrato.
Intitoliamo una strada
al dottor Vittorio Passafari
Gaetano
Catanoso
Continuare a scrivere del
dott. Vittorio Passafari appare
superfluo perché un articolo
di giornale, sebbene si tratti di
una perla di cultura come il
Corriere di San Floro e della
Calabria, non può certamente
esaurire tutte le sfaccettature
e le vicende di un grande
uomo politico e di un valido e
competente medico clinico,
come è stato il personaggio di
cui sopra. Sicuramente il più
Nel 2005 è stato proclamato
santo. Era nativo di Chorio
grande uomo politico borgese.
Ma l’attenzione si sofferma
sul proposito di voler intestare a questo illustre borgese
una via, una strada, una piazza della nostra cittadina. La
sua storia di pubblico amministratore e di apprezzabile
professionista costituirà certamente un idoneo curriculum.
Domenico Procopio
SORPRESE
Aghios Floros (San Floro)
anche a Milo, nelle Cicladi
Salvatore Amellino e la moglie Maria Stibily
imprese artigianali che, lavorando
sodo ma quasi in sordina, sostengono l’economia del Paese (quello con la lettera maiuscola).
“Sono andato via da San Floro
nel ’67” dice Salvatore. Cioè tra i
sedici e i diciassette anni. “Ho
sempre avuto la passione per le
barche, anche se all’inizio ho
dovuto dedicarmi ad altri lavori. A
Catanzaro Lido ho imparato a fare
il meccanico; ma quell’attività in
fondo non mi piaceva. E allora
sono andato a Genova, poi a
Varese, dove ho fatto l’elettrauto. E
poi tutto quello che mi capitava”.
In fondo, aggiungiamo noi, è la
storia di tanti emigrati pieni di
coraggio e vogliosi di affermarsi.
“A Milano lavoravo alla Audi, poi
sono finito alla SESSA, dove ho
imparato a montare i motori nelle
barche. Quindi ho creato una mia
officina a Milano; ma poi ho voluto cambiare ed ho cominciato a
lavorare alla LOMAC, preparando le chiglie dei gommoni.
Quindi, come dicevo, nel ’97 ho
deciso il rientro in Calabria, lavorando, per conto terzi, in una mia
piccola officina qui a San Floro.
Ora eccoci in questi due bei
capannoni, sempre noi, artigiani
pieni di entusiasmo e creativi.
Prepariamo anche gli stampi per
le barche, le quali sono per pesca
d’altura, da diporto, semicabinati,
ecc. L’unico nostro rivenditore è
ora nei pressi di Roma. Com’è
formata la nostra équipe?
Salvatore Anellino, mia moglie
Maria Stibilj, mio figlio Bruno, le
mie figlie Marica e Vanessa con il
marito Davide Roccato e il designer Antonio Sinopoli, che è della
Roccelletta di Borgia”.
Che dire a Salvatore?
Augurissimi da parte del nostro
giornale, che è molto attento alle
cose belle e a chi si sacrifica per
realizzare qualcosa di interessante; e certamente da parte di tutto il
paese, il quale non può che trarre
giovamento dall’affermazione di
uno dei suoi figli.
La squadra Anellino quasi al completo
“Vetroresina Sanflorese” e la
“Linea Barche Seven”(web:
mail:
www.sevennautica.it;
[email protected]). Come
dire, in termini più chiari: il nostro
territorio esporta barche (e dal
dépliant ricaviamo che il rivenditore per Lazio e Umbria è il
Gruppo Autocentro Montecarlo
s.p.a.-Divisione Nautica, con sede
in via Tuscolana 52- 54 –Frascati
; web: www.autocentromontecarlo.it; e-mail: [email protected]).
Dovrebbe essere un bel vanto
per il nostro paese, e comunque
Salvatore è orgoglioso di quanto
ha “costruito”, anno per anno,
prima in collaborazione con altri e
ora in modo autonomo. Insomma,
ha dato vita da poco meno di un
anno ad un’azienda familiare classicamente italiana, una di quelle
RITRATTI CALABRESI
BORGIA
Le belle barche di San Floro
firmate Salvatore Anellino
Eh sì, non tutti lo sanno (o non
lo sapevano, come il sottoscritto);
ma San Floro produce, oltre ad
arance, olive e pomodori, anche
…barche. Incredibile? Provate a
scendere giù, verso il Solerìa,
nella piana dell’Abbàte, dove c’è
da qualche tempo l’area industriale sanflorese (Loc. Andreotta, area
P.I.P). Lì c’è il capannone della
“Vetroresina Sanflorese di Bruno
Anellino & C s.n.c.”, il cui principale attore, il deus ex machina,
diciamo così, è Salvatore
Anellino, appunto sanflorese doc;
ma, come capita spesso agli uomini di iniziativa, un personaggio
che ha disegnato la sua storia
umana e professionale in seguito
ad una lunga emigrazione che lo
ha visto per tanto tempo nel nord
Italia. “Sono tornato qui nel ’97,
dopo trent’anni” ci racconta; “e
l’unico che mi ha aiutato a trovare
una sistemazione per la mia attività artigianale è stato il sindaco di
allora Floro Vivino che ha insistito perché tornassi per lavorare nel
paese d’origine”. “Quest’anno a
ottobre – aggiunge Salvatore –
vado per la prima volta al Salone
Internazionale della Nautica di
Genova”. E ci spiega che ora la
sua attività e quella di tutti gli altri
(sette persone in tutto, di cui sei in
famiglia) è completamente autonoma, con la ragione sociale
5
Domenico Paravati
‘A banda (dialetto di Borgia)
Nel numero scorso di questo
giornale abbiamo scritto che in
Grecia, nel Peloponneso, esiste un piccolo paese, circondato da una “forte” natura, chiamato Aghios Floros e che
anche lì il nostro protettore
San Floro viene ricordato il 18
agosto. Andando avanti nella
ricerca via internet ci siamo
imbattuti in Milos (nelle cui
campagne nel secolo XIX
venne trovata la famosa
Venere, detta appunto “di
Milo”, statua ora conservata al
Louvre di Parigi). Ebbene,
leggiamo che anche in Milos che si trova nell’arcipelago
delle Cicladi - il 17 agosto si
festeggia San Floro, precisamente nella località o chiesa di
Komia. La data - il sito è
rivolto soprattutto ai turisti - è
riferita probabilmente alla
vigilia della festa vera e propria (anche da noi il 17 si fa
festa laica prima della celebrazione religiosa in chiesa il
giorno seguente).
Nella stessa città di Milos
(che, a giudicare dalle foto,
sorge in un sito stupendo del
mare Jonio) il 30 giugno si
festeggiano i santi Anargiri
(Aghious Anarghirous), cioè
Cosma e Damiano, che -come
ben sapete- sono venerati dall’epoca bizantina in una città
con San Floro confinante,
Cortale. Quale evidenza
migliore che la Calabria,
prima
dell’arrivo
dei
Normanni, era una terra dove i
monaci dalla lunga barba avevano costruito centinaia di
“laure” (sorta di conventi),
purtroppo ora quasi del tutto
sparite?
GRECIA -CALABRIA
Niokastro
in Messenia
San Gaetano Catanoso
La foto, ricavata da internet,
mostra
un
angolo
di
Niokastro, in Grecia, esattamente in Messenia, la stessa
regione dove si trova il villaggio di Aghios Floros. Il toponimo è fin troppo simile a
quello della città calabrese di
Nicastro, ora Lamezia Terme.
Sia Nicastro che Niokastro
significano “nuovo castello”,
“nuovo accampamento”. Sia
qui che lì, dunque, i due toponimi sono…vicini di casa!
A Tiriolo un Museo
del costume femminile
Oja è festa
e si senta ‘e luntanu.
‘Nte l’aria si respira
‘nu profumu ‘e serenu.
Si senta ‘nt ‘o corsu
‘nu sùanu arrivara,
pecchì passa
‘a banda ‘e Roccuzzu Chiera.
Chissa si ca è ‘na bella melodia.
Tuttu ‘u paisa nescia ‘nt ‘a via,
‘u senta ‘na nota de tanti strumenti
‘e pemmu saluta i musicanti,
chi belli in sfilata,
felici e cuntìanti,
rèndunu allegri tutti ‘sti ggìanti.
Eccu pecchì, strati strati,
‘a banda va sempa sonandu:
pecchì a tutti ni pìacia,
e ‘a musica l’avìmu ‘nt ‘o sangu.
Giuseppe Chiera
A ridosso del palazzo municipale di
Tiriolo abbiamo scoperto un interessantissimo piccolo museo del costume
femminile del paese (ma anche di altri
vicini: Marcellinara, Miglierina,
Settingiano, Serrastretta, San Floro,
ecc.). Si rimane stupiti, se non si è
calabresi, dalla “massa” di stoffa che
quelle povere donne del tempo che fu
(ma ancora qualcuna, anziana, resiste
alla tradizione) dovevano sopportare
tutti i santi giorni. Oltretutto, a “spiegare” pazientemente ai visitatori,
c’era il 6 di agosto una gentile e colta
signora che discettava con competenza su tutti i particolari di quei costumi
(di tutti i giorni, del matrimonio, del
lutto, ecc.). Merito di questa bella iniziativa la pazienza certosina- mi dicono- di un signore che porta il nome di
Masino Leone (ispettore onorario
della Soprintendenza alle Antichità) il
quale è il caso di dire che sta dedican-
Era solito definirsi come
l’Asinello del Signore. Umile e
povero, nacque a Chorio di San
Lorenzo, in provincia di Reggio
Calabria, nel 1879, in una famiglia numerosa. Terzo di otto figli,
all’età di 10 anni manifestò la sua
vocazione sacerdotale che lo
portò, nel 1902, all’ordinazione
sacerdotale. Diffuse la devozione
al Santo Volto di Cristo, aderendo
egli stesso all’Arciconfraternita
del Volto Santo in Tours, Francia.
Esercitò la sua missione pastorale
nel piccolo paese di Pentedattilo,
un paesino isolato tra le montagne
dell’Aspromonte e, manco a dirlo,
poverissimo di tutto. Don
Gaetano arrivava al cuore della
gente in maniera semplice, riuscendo a capire tutte le necessità
di un vivere in una terra in cui la
fame dettava i passi. L’amore per
le anime lo portò a condividere
insieme con i poveri, suoi parroc-
do la vita al suo paese (storia, tradizioni, artigianato,ecc.). Un complimento
vivissimo a questo Leone così preso
da Tiriolo, e l’augurio che altri…
Leoni nascano e si formino in questa
nostra Calabria molto spesso abbandonata a se stessa e dove certe cose vengono quasi diabolicamente ignorate,
per puro interesse; o semplicemente
ignorate per… ignoranza.
Infine un consiglio, se vi vien
voglia di andare a Tiriolo a vedere
questo museo (ma c’è anche l’altro,
archeologico, molto interessante!):
chiedete se è ancora disponibile un
libricino - “a cura di Tommaso
Leone”, tanto per cambiare - dal titolo
“I colori della memoria”.Troverete, a
colori, tante foto di costumi femminile, di gioielli, di famiglie tiriolesi degli
anni andati.
Dopar
chiani, la loro vita di stenti e privazioni.
Questa esperienza lo spinse ad
operarsi in soccorso di quella
miseria. Per questo suo amore
concreto era amato da tutti. Fondò
l’Istituto delle Suore Veroniche
del Volto Santo di Cristo che, su
imitazione di Santa Veronica,
colei che asciugò il volto del
Cristo sofferente sotto la croce,
avrebbero dovuto soccorrere e
amare le popolazioni dove operavano. Le Suore di Don Gaetano,
su imitazione della povertà di
Gesù, non hanno casa nè mobili
nè giardino; ricche di povertà e
senza alcuna pretesa, accontentandosi di tutto, come dono del
Signore. La spiritualità del sacerdote era cristocentrica con una
devozione filiale e profonda alla
Madonna alla quale si rivolgeva
con la recita del Rosario. Si è
dedicato, con carità operosa, alla
Calabria e alla sua gente. Ha steso
la sua mano per garantire un avvenire di istruzione e dignità alle
popolazioni povere. Le sue suore
hanno soccorso le miserie umane
mediante costruzione di scuole,
centri formativi, laboratori, case di
cura e di riposo.
Nel 1997 Papa Giovanni Paolo
II lo dichiarò beato; e nel 2005,
dopo la certezza di un miracolo a
lui attributo, venne proclamato
santo.
Domenico Procopio
6
Corriere di San Floro e della Calabria - n. 3 - luglio - agosto - settembre 2009
IL “SISSIZIO ”AL FAGGIO GRANDE DI BADOLATO
Lo scrittore Salvatore Mongiardo progetta
un’Accademia Mondiale Antiviolenza
Nel bosco del Faggio
Grande di Badolato, il 23 agosto u.s., si è tenuto il Sissizio,
la periodica manifestazione
vegetariana e non-violenta
ispirata a Pitagora, con al centro la consumazione del “Bue
di Pane”, simbolo della fine di
ogni violenza in tutti gli angoli della terra. Promotore,
come sempre, lo scrittore
Salvatore Mongiardo, del
quale pubblichiamo qui alcuni
brani del “Discorso” agli intervenuti:
“…Molti amici lontani
hanno assicurato la loro partecipazione col cuore a questo
Sissizio. La lontananza non
recide, anzi rafforza il legame
che ci lega a Franco Arena in
Argentina, a Padre Igino
Mazzucchi in Amazzonia
insieme al mio figlio adottivo
Marinaldo, alla mia diletta
figlia Gabriella in Florida, a
Charles Cronin a Parigi, e
molti ancora in America,
Francia, Germania, Svizzera,
Torino, Genova, Milano,
Roma, Sardegna e nella stessa
Calabria. Un saluto particolare porgo a nome del nostro
Mimmo Lanciano e del monaAccademia mondiale antiviolenza - Per lo studio e la
prevenzione della violenza
umana (*)
…Un’Accademia che raduni il meglio delle menti da
ogni angolo della Terra e che
veda coinvolti i più insigni
studiosi nei vari campi della
psicologia, psichiatria, antropologia,biochimica, neurologia, sociologia, etnologia, filosofia, diritto, storia, fisica,
matematica, statistica, ecc.
…Oggi abbiamo la possibilità di studiare tutto, dalle ali
delle farfalle alle galassie.
Eppure non c’è un centro
mondiale, un’università planetaria che si dedichi unicamente allo studio e al coordinamento degli studi sulla violenza…Metto questo messaggio dentro una bottiglia e l’af-
co greco ortodosso Kosmàs,
che visse nel monastero di
Bivongi, e che recentemente
ho visitato sul Monte Athos in
Grecia. Kosmas ha promesso:
“Sarò presente al Sissizio in
spirito”. Tra i presenti saluto
voi tutti, ad uno ad uno, ma
soprattutto
Vincenzo
Squillacioti, Mario Gallelli e
tutto il magnifico gruppo della
Radice che in questi anni ha
sostenuto i Sissizi con generosità e dedizione. Saluto anche
Angela Caccia dell’associazione Le Madie di Cutro,
Fortunato Nocera della
Fondazione Corrado Alvaro di
San Luca, don Raffaele
Malena e Mimmo Paravati,
senza voler fare torto a quelli
che non nomino…
…Di recente gli astronomi
hanno osservato un’esplosione di proporzioni inimmaginabili in prossimità di un buco
nero: da quella vampa ricomincia il ciclo di rinascita di
una parte dell’universo visibile. A me sembra che quel
nuovo ciclo cosmico è simile a
questo che oggi stiamo vivendo qui, in questo bosco, alla
presenza del Bue di Pane pitafido al mare della vita. Su una
spiaggia qualcuno la raccoglierà.
Parte finale del volumetto di
cui sopra (Dal capitolo “Italia
Italia-Rappresentazione della
scuola di Pitagora e del
Sissizio con il Bue di Pane:
Pitagora - Oggi è giorno
memorabile, abbiamo risparmiato la vita all’animale e
offriremo al Dio un bue di
pane. Mai i nostri altari si
macchieranno di sangue!
Teano (moglie di Pitagora)
apre il forno e toglie il bue,
che viene mostrato al pubblico. Le allieve lo adornano di
fiori e lo adagiano sull’altare
di marmo che sta a lato della
scena. Pitagora stende le mani
sul bue, tutti stendono le mani
, palme in su in segno di offerta, e cantano:
gorico, simbolo della fine di
ogni violenza. Da 25 secoli la
nostra Calabria ha conosciuto
una decadenza inarrestabile.
Dallo splendore filosofico e
dall’altezza di vita e costumi
di Pitagora siamo precipitati
dentro il buco nero del presente. Terribile e meraviglioso
destino della Calabria, aver
dovuto subire una degradante
caduta per poter annunciare
al mondo quello che mente
umana mai, prima d’oggi,
ebbe l’ardire di pensare o progettare: la fine della violenza…Per questo noi porteremo
avanti il progetto per la creazione
di
un’Accademia
Mondiale Antiviolenza, promuovendola in tutte le sedi, e
vi prego di considerare questo
progetto una creatura non solo
mia, ma di voi tutti, perché
nata dal grande cuore e dall’alta mente di tutta la gente di
Calabria. Il Bue di Pane che
Pitagora offrì agli dèi nella
città di Crotone d’Italia, così
era chiamata Crotone negli
antichi testi, è pegno per questo sogno che si realizzerà e
renderà l’umana vita veramente degna di essere vissuta”.
Signore Dio altissimo,
il bue noi ti offriamo
fatto di spighe d’oro
d’Italia il biondo grano.
Da noi allontana i mali
dacci concordia e pace
proteggi la tua Italia
di cuore ti preghiamo.
Divinità ineffabile
tu sei nostra dimora.
L’Italia tua ti adora
spera e confida in te.
Poi Pitagora e Teano spezzano il bue, lo danno agli allievi e allieve che lo distribuiscono ai presenti.
*Da Salvatore Mongiardo
“Perché la violenza”- ediz.
Città del Sole, luglio 2009,
euro 5, email: [email protected]
UN DIRITTO DEI CITTADINI
Garante della Salute. Ancora nessuna nomina
Nella seduta del 30 giugno 2008,
il Consiglio Regionale della
Calabria ha approvato la legge istitutiva del Garante della Salute.
Compito primario assegnato al
Garante è quello di verificare la
piena attuazione, nel territorio
regionale, dei diritti di tutte le persone, di ogni colore, religione, cultura ed etnìa, compresi i detenuti, in
materia di assistenza sanitaria e
socio‐sanitaria. Chiunque può rivolgersi al Garante attraverso il numero verde messo a disposizione dei
cittadini per segnalare qualsivoglia
violazione dei diritti subìti in ambito sanitario.
Il Garante vigila sul rispetto
della personalità e della dignità del
cittadino in rapporto alla fruizione
dell’assistenza
sanitaria
e
socio‐sanitaria; inoltre segnala alle
competenti amministrazioni fattori
di rischio o di danno a causa di
carenze e di situazioni inadeguate
dal punto di vista ambientale, organizzativo,
strutturale
e
igienico‐sanitario, tutela la funzionalità e l’efficacia nell’erogazione
delle prestazioni, le condizioni
materiali e organizzative delle strutture e dei presidi socio‐sanitari. Ma,
ancora, denuncia casi di cattiva
sanità, disservizi, disorganizzazione
offrendo sostegno ai familiari delle
vittime dei casi di malasanità, effettuerà controlli in tutte le strutture
sanitarie e ospedaliere, pubbliche e
private, convenzionate con la
Regione;, ed infine, sosterrà anche
le battaglie dei lavoratori e degli
operatori sanitari.
La Calabria è stata la prima
Regione italiana ad istituire tale
figura e molto probabilmente altre
regioni provvederanno alla nomina.
Purtroppo però c’è da segnalare che
– al momento in cui scriviamo - il
Consiglio Regionale non ha ancora
provveduto alla nomina del
Garante, lasciando vuota una poltrona che avrebbe dovuto assicurare
maggiore efficienza al sistema sanitario calabrese e maggiori diritti e
certezze ai tanti ammalati calabresi.
Speriamo nel futuro!
Domenico Procopio
DISTRAZIONI
Le scritte sbagliate a Girifalco
(Ma vi parliamo anche del tumulo in località Varrea in comune di Borgia)
Arrivati in città vi diciamo
“arrivederci”; quando partite,
“ben arrivati”. Capita anche questo, e capita a Girifalco. Fateci
caso: quando da Borgia entrate
nel paese di cui sopra vi accoglie
la scritta di prima; quando ve ne
tornate c’è per voi la seconda.
Un piccolo incidente nella posizionatura del cartello, cioè posto
all’incontrario o da qualcuno
girato all’incontrario, magari per
fare un dispetto. Vallo a sapere…
Capita, sì; ma quel cartello è
posizionato in maniera sbagliata
da vari mesi (lo abbiamo notato
così in maggio e poi in agosto). Il
sorrisetto è irrefrenabile in chi lo
legge…Nessuno se n’è mai
accorto, nemmeno il sindaco?
Lo stesso tipo di cartello è invece messo nel verso giusto sulla
strada per Amaroni.
A proposito di …distrazioni
stradali: provate ad andare verso
Giovìno (Catanzaro Lido, dire-
zione Crotone). Quasi sul cavalcavia vi è la tabella viaria che
dovrebbe essere dedicata al francese Francois Lenormant. Dico
“dovrebbe”, perché in effetti
sulla
tabella
è
scritto
“Lenormat”, che è ben altra cosa.
Una segnalazione dunque dovuta
al Comune di Catanzaro perché
rimedi ad una sorta di offesa, non
voluta ma tale è, ad un appassionato studioso (secolo XIX) di
antichità calabresi e meridionali
in genere .Bella la sua descrizione dell’area intorno alla
Roccelletta ed è ancora lui che,
tra i pochi, fa riferimento ad una
città greca di nome Crotalla che,
secondo il sottoscritto, doveva
per forza sorgere sulle rive del
Crotalus, ovverossia il Corace,
proprio nell’area che adesso sta
diventando un colossale incrocio
di strade e superstrade.
Attenzione: il progresso non si
può fermare; ma esso deve esse-
re rispettoso delle testimonianze
del passato; e l’area intorno al
Corace è tutta piena di resti greci,
romani ma anche di epoche
molto anteriori. E dunque insisto fortemente con la necessità
di accertare la natura de ‘U
Timpunìaddhu
de
i
Spartacumpari , il tumulo che
sorge a pochi metri dalla riva
destra del fiume Corace, all’altezza di un’antica masseria e ai
margini di un uliveto, in una pianura interrotta solo da questo fin
troppo evidente manufatto
umano (una tomba? E cosa o chi
contiene?) al centro - forse anche
politico - di una regione che gli
antichi greci chiamavano Italia
dal nome del mitico Italo - re dei
Siculi- cui accenna per almeno
due volte Tucidide nella sua
monumentale “Guerra del
Peloponneso”.
Domenico Paravati
Gianni Pugliese e Eduardo
Il mio amico Gianni Pugliese
oltre ad essere un eccezionale
sportivo è anche un uomo di
cultura. Uno studioso autodidatta, sempre aggiornato su tutto e
sempre disponibile con tutti.
Qualche giorno fa, mentre
discutevamo di teatro, ha tirato
fuori una curiosità su Eduardo
De Filippo. Ho la sensazione
che Gianni sia un grande esti-
matore di Eduardo. Lo dimostrano la passione per il teatro e
le ottime interpretazioni dei
personaggi che furono del
grande attore e regista napoletano. Eduardo aveva una consuetudine
particolarmente
altruista. Ogni qualvolta entrava in un bar era solito lasciare
pagato un caffè per chi non
poteva permetterselo. Chi era
meno abbiente poteva, quindi,
trovare al bar un caffè in
omaggio pagato da Eduardo,
che lasciava appunto in sospeso per chi voleva andarselo a
bere. Questa tradizione del
“pagato sospeso” vive ancora
nella Napoli “vecchia” in
omaggio al grande Eduardo.
Domenico Procopio
Un bicchiere di vino ubriaca? Sciocchezze
Chi considera ubriaco un cittadino che ha bevuto un bicchiere di vino a cena pecca di
proibizionismo e fallisce il bersaglio. Lo afferma il ministro
delle Politiche agricole, alimentari e forestali Luca Zaia, replicando
al
direttore
dell’Osservatorio nazionale
Alcol dell’Iss, Emanuele
Scafato, che considera già un
rischio per la sicurezza stradale
bere
due
bicchieri
di
vino. Inoltre Zaia spiega che
“bisogna finirla di considerare
ubriaco chi beve due bicchieri:
è in atto una criminalizzazione
del vino che non ha senso alcuno e che sta uccidendo uno dei
comparti più pregiati del made
in Italy”. Del resto, aggiunge il
ministro, “la scienza ci dice
anche che un moderato consumo di vino ha effetti benefici
sul cuore e sul sistema cardiovascolare”.
Secondo il
Ministro, è poi necessario agire
su più fronti, rifuggendo dalla
comoda scappatoia della criminalizzazione indistinta e a tutti i
costi. I giovani, e non soltanto
loro, non si limitano a bere, ma
usano farmaci, droghe, leggere
e pesanti. Quante morti sono
causate da questo genere di
abusi? Quante dalla distrazione? Quante, ancora, sono legate all’inesperienza di guida?
A mio parere Zaia fa bene ad
evidenziare la differenza tra uso
corretto del vino ed abuso. I
fautori del proibizionismo non
sanno distinguere tra consumo
consapevole e l’abuso. Del
resto anche famosi medici
affermano che due bicchieri di
vino in un soggetto sano e
bevuti durante un normale
SAN FLORO
Mini - parking
al Timpone?
Le rughe sanfloresi, si sa, scarseggiano di parcheggi per le auto.
Una di queste rughe è il Pizzo
dove, soprattutto d’estate, nascono curiose beghe tra vicini, per
non dire peggio, per la difficile
ricerca di un posto -auto. E allora
perché non sistemare l’area del
Timpone - ovviamente senza danneggiare la collinetta, che è un
simbolo del paese- in modo tale
da consentire la nascita di un
mini-parking?
Allo stesso Timpone, nella
parte più a sud, manca tuttora l’illuminazione pubblica. Sarebbe
bello
se
la
nuova
Amministrazione desse un segno
forte di interesse anche per questo angolo del paese, considerando anche che laggiù c’è un raccoglitore di immondizie e che per
raggiungerlo, di sera tardi, bisogna brancolare nel buio, con le
possibili conseguenze per l’incolumità personale.
pasto difficilmente superano lo
0,5. E, invece di colpevolizzare
il vino in astratto, sarebbe
opportuno promuovere una cultura del bere, non solo responsabile ma intelligente.
Mario Pulimanti
(Lido di Ostia –Roma)
Una lettera
sul Vocabolario
Ragusa, 28 maggio 2009
Caro Dott. Paravati,
ho ricevuto il Suo volume
“Vocabolario commentato del
dialetto di San Floro”. Ho
letto la prefazione e i Suoi
“ricordi non vanno perduti”.
Un lavoro eccezionale e
ammirevole, degno di riguardo
e di attenzione.
Mi congratulo e mi rallegro
con Lei per la Sua fatica sempre al servizio della cultura.
La ringrazio anche per il giornale di San Floro che leggo
sempre con interesse.
Auguri di buona salute a Lei
e a Suo fratello Feliciano, le
cui fotografie sono veramente
encomiabili.
Suo dev.mo e aff.mo
Nicola Sinopoli
Corriere di San Floro e della Calabria - n. 3 - luglio - agosto - settembre 2009
Agendina
LA LINGUISTICA E I VOCABOLARI
In ogni regione tante sfumature del dialetto
Recensione di Giuseppe
Prunai apparsa in luglio sul
sito internet UGIS (Unione
Giornalisti Italiani Scientificiwww.ugis.it) sul “Vocabolario
commentato del dialetto di San
Floro” di Domenico Paravati
(con foto di Feliciano
Paravati):
Bruno Migliorini, indimenticato linguista storico, in un suo
scritto (“Che cos’è un vocabolario?”,
pubblicato
nella
Bibliotechina del Saggiatore)
sottolinea l’importanza dei
vocabolari dialettali in quanto
facilitano la storia e la comprensione di numerose parole entrate ormai nell’uso comune della
lingua viva, parlata e scritta. E
cita Melchiorre Cesarotti (17301808) che attribuisce ai dialetti
il compito e il pregio di arricchire la lingua corrente. Sulla stessa linea anche Nicolò
Tommaseo (1802-1874) che
però privilegiava l’italiano
come lingua nazionale, simbolo
dell’unità italiana. C’è da notare, comunque, che a quei tempi
era diffusa la convinzione che
esistessero dialetti regionali: il
Toscano, il Lombardo, il
Campano e via dicendo. Non è
così. Non esiste un Toscano, un
Lombardo, un Campano, bensì
ci sono, all’interno di ogni
regione, tante varianti, tante sfumature, anche alcune isole linguistiche, molte varianti nella
pronunzia. Si dia il caso di due
vernacoli che conosco benissimo, il senese (per nascita) e il
fiorentino (per frequentazione).
Sembrano uguali, ma non lo
sono: diversa è la struttura del
periodo (ad esempio, nel senese,
si indulge alla costruzione perifrastica, attiva e passiva; nel fiorentino alla posizione proclitica
dei pronomi), diverse sono alcune parole (le prime che mi vengono alla mente: spettinato
diventa “struffato” nel senese, e
“scarruffato” nel fiorentino; un
ragazzo molto vivace e rompiscatole nel senese è un “fulléno”
o un “bordello”, nel fiorentino è
un “pitèna”); diversa la pronunzia di alcune parole (impósta, e
cóppia a Siena, impòsta e còppia a Firenze). Poi, man mano
che ci si allontana dal centro
della regione, i vernacoli e i dialetti seguono meno l’andamento
generale, sono mescidati,
mischiati con le parlate della
regione confinante, sono delle
vere e proprie “lingue di mediazione”. Poi, ci sono le isole linguistiche. Per restare in
Toscana, in alcune comunità del
Monte Amiata alcune parlate
sono fortemente contaminate da
elementi catalano-provenzali e
askenaziti (linguaggi degli ebrei
dell’Est europeo). Vai a capirne
le ragioni storiche!
Ciò premesso, ho salutato con
piacere questa fatica di
Domenico Paravati dedicata al
dialetto calabrese di San Floro,
una cittadina della provincia di
Catanzaro, a pochi chilometri
dal Mar Jonio, a due passi dalle
Serre e dalla Sila Piccola.
Paravati è un giornalista di
lungo corso (30 anni di giornale
radio in RAI), prima la carta
stampata, una smodata passione
per l’archeologia e la storia della
sua regione, la Calabria. È sua
l’originale ricerca sul mitico Re
Italo, da cui scaturì il popolo
degli Itali che dettero, poi, il
nome al nostro Paese. Suo fratello Feliciano, funzionario di
un’azienda municipalizzata di
Roma, ha l’hobby della fotografia che ormai pratica a livello
professionale.
Il vocabolario di Paravati è a
tutti gli effetti un vocabolario
bilingue, dal calabrese di San
Floro all’italiano, i lemmi sono
ordinati alfabeticamente e non
per famiglie di parole come nei
vocabolari eruditi, soprattutto
etimologici. Quello che sorprende, sono le acrobazie fatte dall’autore per riprodurre, con i
segni del solo alfabeto latino e
non di quello fonetico, la pronunzia del Calabrese di quella
zona, soprattutto il modo curioso di pronunziare le labiali e le
dentali. La ragione della rinunzia all’alfabeto fonetico è semplice: il testo – come scrive l’autore nella presentazione - non ha
pretese accademiche, è destinato ai concittadini, di qualsiasi
condizione culturale, soprattutto
a coloro che sono emigrati, per
motivi di lavoro, e che, spinti da
una vena di nostalgia, ogni
anno, in estate, si ritrovano nella
loro terra. Insomma, un’opera a
metà strada fra l’amarcord e
l’omaggio al paese natale.
Interessante la documentazione
fotografica di personaggi e
scene di vita (di ieri e di oggi) di
San Floro.
Dice ancora Migliorini che la
compilazione di un vocabolario,
sia esso mono o bilingue, passa
per consultazione dei testi letterari correnti, di tutto ciò che
viene scritto, dai giornali ai
manifesti elettorali, dagli
incomprensibili moduli della
7
burocrazia degli uffici pubblici,
agli spot pubblicitari. Per ogni
lemma, annota Migliorini, viene
redatta una scheda sulla quale
vengono annotati significati,
esempi ed altre note. Ma gli
scritti in dialetto sono pochissimi, spesso in un dialetto passato
di moda e allora non resta che
affidarsi alla memoria, al ricercare nei meandri del cervello
questa o quella espressione, e
alla lingua parlata, annotando
quante più parole possibili di
quelle pronunziate da chi quel
dialetto ha come lingua madre.
Un modo di procedere come
quello dell’abate Giambattista
Fagiuoli (1660 – 1742), commediografo fiorentino che girava per le campagne e i borghi
del Casentino annotando ogni
modo di dire e ogni espressione
che sentiva dal volgo. Qualcosa
di simile, in modo molto più
contenuto, lo hanno fatto anche
Belli e Pascarella. Lo ha fatto il
Gadda del “Pasticciaccio” che
poi ha finito per inventare una
lingua tutta sua (e non potremmo immaginarne di diverse in
bocca
al
commissario
Ingravallo); lo ha fatto il
Pasolini dei ragazzi di vita.
Sulla stessa linea, un grande
contemporaneo:
Andrea
Camilleri.
Nella compilazione di un
vocabolario moderno, mono o
bilingue che sia, oggi è insostituibile il computer. Le schede
cartacee sono scomparse e con
loro l’affanno per metterle in
ordine alfabetico e per fare delle
correzioni e delle integrazioni in
modo comprensibile. E al termine del lavoro di schedatura, la
copia di ogni voce con i lemmi
in ordine alfabetico. Operazione
spesso causa di dimenticanze e
di errori. Oggi si usa il computer (spesso dotato di un hard
disk di back up per mettersi al
ripario da eventuali guasti con
conseguente perdita di dati).
Un file per ogni lemma ed un
programma per classificare in
ordine alfabetico, un po’ più
serio di quello di Word Office.
A parte questa lunga dissertazione (l’argomento, nel quale
mi sono cimentato in gioventù,
ha finito per prendermi la
mano) il vocabolario di
Paravati è soprattutto un testo di
consultazione. Ma potrebbe
anche rivelarsi un aiuto per un
turista alla sua prima visita in
Calabria.
Giuseppe Prunai
PER ACQUISTARE IL VOCABOLARIO COMMENTATO DEL DIALETTO DI SAN FLORO (A COLORI)
inviare 25 € (20 € per gli abbonati) con c/c postale 54078100
intestato a Domenico Paravati
O TELEFONARE AI NUMERI 339.2842127 (Feliciano)
338.9190271 (Domenico)
a cura di Feliciano Paravati
NASCITE
DEFUNTI
Ludovica Anzani, figlia di
Mario e Flavia Meta, è nata alle
19,08 del 7 luglio all’ospedale
Pugliese
di
Catanzaro.
Augurissimi.
Il 27 agosto u.s. in San Floro, è deceduto Antonio
Tavano, 88 anni, “ex combattente di guerra”. Al
funerale la banda ha suonato l’inno del Piave.
Condoglianze alla figlia Giovanna, moglie dell’ex
assessore Florino Vivino, ed ai parenti tutti.
Il 17 luglio in San Floro, è deceduto per un grave
incidente (v. articolo), Salvatore Vivino, anni 52.
Il 14 luglio in San Floro, all’età di 95 anni è deceduta Maria Genovese vedova Gentile.
Il 27 giugno in Caronno Portusella (prov. Varese) è
deceduto Salvatore Iania, anni 64.
COMPLEANNI
Il 6 ottobre, a Milano, compie un
anno Eros Lapiana. Tantissimi
auguri dai nonni.
IL PIANTO DI VALERIO
Che bello sentire ad agosto il
pianto di un bambino al “Pizzo”!
Non capitava da tempo. A lamentarsi se la mamma Pamela Melato
non lo porta al mare è Valerio, un
anno, i primi suoi mesi a Torino, ma
ora ecco la vacanza al paese natìo
della signora. E’ il primo viaggio
“lontano” del simpatico piccolino.
Auguri a Valerio per tanti altri viaggi nella bella San Floro!
Valerio Farenga
Eros Lapiana
MATRIMONI
Il 20 agosto u.s. nella chiesa parrocchiale di San Floro si sono uniti
in matrimonio Irene Arcuri e
Andrea Dolfetti. Auguri! Sono
entrambi militari dell’esercito italiano: Irene è caporalmaggiore dei
Bersaglieri a Cosenza; Andrea,
primo
caporalmaggiore
di
Cavalleria a Roma. Hanno stabilito
dimora a Cassino (Frosinone).
Dopo la cerimonia hanno salutato
parenti e amici presso “Il Feudo
degli Ulivi” di Borgia.
LAUREE
Stefano Paravati, il 22 luglio
u.s., ha conseguito la laurea in
Medicina e Chirurgia presso
l’Università Cattolica Sacro Cuore
del Policlinico Gemelli di Roma.
Auguri al neo-dottore.
Stefano Paravati con mamma Catia e papà Floro
S.Floro - La bicchierata (Foto di Feliciano Paravati)
Questo numero del giornale è uscito grazie agli abbonamenti sottoscritti da (segue dal n. scorso):
Iencarelli Florina (SOST.)-Soveria Mannelli, Guzzi Abramo (rinn.)- Montepaone Lido, Sabatino
Livio (rinn.)-Genova, Guerrieri Francesco (SOST.)- Roma, Graziano Vincenzo (rinn.)- San Floro,
Paravati Elisabetta (rinn.)-Buttrio, Maiuolo Francesco (rinn.)-Torino,
Sergi Giuseppe (rinn.)- Roma, Froio Massimo (rinn.)-Torino, Carrabetta Francesca (rinn.)Fiumicello, Maiuolo Francesco (rinn.)-Castiglione Olona, Viscido Lorenzo (rinn.) –New York,
Montagnini Davide (rinn.)-Castelmassa, Pugliese Angelo Ubaldo (rinn.)-Castelmassa, Canola
Jacopo (rinn.)-Castelmassa, Bressi Floro (rinn.)-S. Floro, Comità Florina- Sampierdarena, Centro
Chimico Tuscolano (SOST.-rinn.)- Frascati, Iencarelli Caterina (rinn.)- Alba, De Nardo PaolaMerano, Greco Antonio (rinn.)- Codogno, Virgillo Teresa (rinn.)- S. Floro, Desinopoli Luciano
(rinn.)-Catanzaro Lido, Fabiola Amoroso (rinn.) - Roma
Chi non gradisce la pubblicazione in questo elenco, scriva nello spazio “causale” del bollettino:
“NOMINATIVO DA NON PUBBLICARE” .
L’abbonamento-offerta si effettua versando almeno euro 20 con il conto corrente postale n. 54078100 intestato Domenico Paravati- - La vita di questo giornale dipende esclusivamente dagli abbonati.
–L’eventuale interruzione della pubblicazione non dà diritto al rimborso dell’abbonamento-offerta,
che è in ogni caso considerato un contributo senza corrispettivo alla vita del giornale-Dato l’alto
costo delle spese postali e di stampa l’invio viene sospeso se non coperto.
Corriere di San Floro e della Calabria - n. 3 - luglio - agosto - settembre 2009
8
L’ESTATE SANFLORESE
SEGUE DALLA PRIMA PAGINA
Domenico Cefaly, pittore “campagnolo”
PERSONAGGI
Riprende a frequentare, saltuariamente, lo studio dello zio Andrea,
in Cortale, ma per poco tempo. Si
ritira poi per dipingere nel suo
“atelier” girifalcese. Appartato nel
suo studio realizza molte opere.
Dà pienamente ascolto alla sua
tendenza. Percepisce bene le esigenze del suo “profondo” e ferma
sulla tela il bello che il mondo
esterno gli presenta. Sente che in
lui c’è un qualcosa a cui prestar
fede. Sa di appartenere ad una
famiglia di artisti rinomati. Il suo
bisnonno, Andrea Cefaly senior
(1827-1907) è una figura di rilievo
tra gli artisti dell’Ottocento. Questi
fondò nel suo paese natale, tra il
1862 e il 1875, la “Scuola di
Cortale” dove diede un aiuto concreto ai giovani conterranei, promettenti pittori calabresi. Inoltre,
suo zio Andrea, nato da Raimondo
e dalla baronessa Caterina
Sanseverino, fu un autentico punto
di riferimento nella formazione di
intere generazioni di pittori cala-
bresi della seconda metà del ‘900.
L’arte di Domenico Cefaly, libera
nella scelta dei soggetti, piace
molto. Egli dipinge di tutto: paesaggi, figure, cavalli in corsa, nudi,
nature morte, con particolare predilezione per i ritratti (Donatella,
Francesca, Paolo, Turi, Michele,
Rocco, Zio Andrea).
Numerose le sue mostre in vari
centri della Calabria. Alcune: al
Circolo Unione, Catanzaro, 1968;
a Cosenza e a Crotone, 1977; nella
Sala del Palazzo di Città di
Soverato, 1995.
Nel 1989 l’Amministrazione
Provinciale di Catanzaro ospita,
nella Sala Mostre, una sua personale antologica che comprende
dipinti dal 1949 al 1989. Durante
la cerimonia di inaugurazione, il
Presidente della Giunta Regionale
di allora, on.le Rosario Olivo, scopre un busto bronzeo dedicato al
Maestro Andrea Cefaly junior,
dono della Pro Loco di Cortale,
paese natìo del Maestro, opera
della scultrice Italietta Carbone.
Subito dopo, il Presidente
dell’Amministrazione del tempo,
dott. Leopoldo Chieffallo, rivolge
ai numerosi presenti in sala (politici, artisti e uomini di cultura) parole di circostanza.
La personale di Cefaly, durante i
giorni in cui resta aperta, richiama
l’attenzione di moltissimi visitatori.
Ricordiamo che Catanzaro, per
onorare il pittore Andrea Cefaly
senior, gli ha, nel passato, eretto ,
nella locale “Villa Margherita”, un
busto marmoreo, opera dello scultore di Polistena Francesco Jerace.
Domenico Cefaly, oltre alla pittura
si dedicò all’insegnamento. Aveva
iniziato come assistente del prof.
Guerrisi. Dopo aver lasciato
l’Università, svolse l’attività di
docente di educazione artistica
nella scuola media statale di vari
comuni della Calabria. Insegnò
per circa trent’anni, dei quali tredici nella scuola “Sabatini” di
Borgia. Qui, per la sua serietà professionale e per il suo raffinato
comportamento, meritò molta
stima da parte di tutti: dirigenti,
colleghi e alunni.
Il 1974 fu l’anno in cui si unì in
matrimonio con la virtuosa
Giuseppina Petitto, docente di
Lingue, che gli diede una figlia,
Caterina
(oggi
laureata).
Domenico, oltre ad essere un
molto impegnativo pittore, fu un
esemplare padre di famiglia.
Egli amava la campagna. Nel suo
fondo “Rena”, a poca distanza da
Girifalco, vi trascorreva, soprattutto negli ultimi anni della sua vita,
la maggior parte del tempo libero.
Si dedicava ai fiori, di cui ha
lasciato bellissimi quadri, ai cavalli, ai cani, ai pavoni. Vi provava
sensazioni di perfetta armonia con
la natura. Diceva che in quel luogo
riusciva a riflettere, meditare,
ritrovare se stesso e ritemprarsi.
di Aristarco Scannabue
Il nuovo sindaco, la dottoressa
Procopio, ha partecipato tutte le
sere
all’Estate
Sanflorese.
Pimpante, allegrissima, baci distribuiti di qua e di là senza sosta,
insomma la gioia in persona questa giovane signora regalataci
come primo cittadino dal difficile
voto dei mesi scorsi. Che bello un
sindaco femmina così! Speriamo
che questa novità duri, cioè massima apertura del municipio per tutti
i sanfloresi, per qualsiasi problema, e che le promesse fatte in campagna elettorale vengano mantenute. Insomma, che non sia
un’apertura popolare di facciata
ma di sostanza. Sappiamo quanto
sia difficile amministrare, quanto
Antonio Zaccone
Cefaly nel ricordo di Salvatore Tolone, girifalcese
Così Salvatore Tolone, di
Girifalco, psichiatra, in un
suo lavoro autobiografico
ricorda
la
figura
di
Domenico Cefaly:
Domenico Cefaly:
amico, un artista
un
A Domenico mi unisce per
primo una vecchia amicizia
per essere cresciuti dirimpettai sul tratto in discesa del
corso cittadino teso tra le due
piazze
principali
di
Girifalco, dove un tempo vi
era un fervore di vita: negozi
e botteghe artigiane, vociare
di gente e musica di chitarre
e mandolini.
Lo ricordo adolescente nei
suoi rientri da Roma, collegiale del “S. Giuseppe” a
Trinità dei Monti, vicino a
via Margutta, strada degli
artisti per antonomasia, in
quegli anni dimora fissa di
Novella Parigini e Sibilla
Aleramo.Era gradevole la
sua compagnia non solo per
il modo di confrontarsi, sempre solare, pronto alla battuta, alla bonaria ironia, alla
simpatica parodia, ma per la
sua magica e straordinaria
capacità artistica di cimentarsi anche nella musica;
suonava il pianoforte con
molta competenza da eseguire magistralmente i pezzi più
astrusi.
Alla fine degli Anni
Cinquanta, giovane universitario, lo raggiunsi a Roma.
Abitava un appartamento nel
quartiere di piazzale delle
Province e per poterlo incontrare, non trovandolo mai in
casa - la risposta del portiere
era sempre la stessa : “è in
giro a dipinge”- gli inviai un
messaggio per cartolina
postale. Fu l’indimenticabile
maresciallo Fodaro, mezzo
cortalese e mezzo girifalce-
se, abitante a Castro
Pretorio, estimatore di don
Carlo Cefaly, suo padre, e di
don Cesare, mio padre, a
suggerirmelo, seduti nella
sala da pranzo, sotto un
dipinto di Mimì, raffigurante
il suo vecchio garzone
Michele, cortalese, in veste
buffissima, con gli occhi
strabici e la lingua protrusa a
sberleffo.
Quando finalmente entrai
in casa sua, la trovai ingombra di tele e odorante di colori. Capii, e senza mezzi termini,che la sua vocazione
era di pittore. Mi confidò che
per quel tramite stabiliva
contatti sociali e riceveva
gratificazioni spirituali inesprimibili. Arte non fine a se
stessa , ma poiesi
e socialità. Era il tempo
della “Dolce vita”. Nandino
Siniscalco, divenuto imprenditore di spettacoli alla
“Casina fiorita” di Villa
Borghese, intratteneva i
clienti con l’esordiente
Pippo Baudo. Si frequentava
via Veneto, il Doney e il
caffè Carpàno, tra attori
affermati come Mastroianni
e nobili innamorati di bellissime attrici, qualche serata al
Broadway
in
via
Boncompagni,
Angela
Portaluri miss Roma e
Adriana Tocchetto miss
Eleganza balbettanti di recitazione, il salotto di Niny
Gatti-Casazza
in via
Ruggero Fauro ai Parioli. E
poi le stagioni liriche al teatro “Valle” organizzate e
dirette dal famoso maestro
Vitali, col quale, conoscendo
i figli, si era in confidenza e
si andava a trovarlo a casa
sua a piazza Bologna, per
sentire i commenti più sinceri sui cantanti dell’epoca, lui
estimatore della voce dalle
tonalità calde e brunite di
Giuseppe Di Stefano, che
familiarmente
chiamava
“Pippo” e lo fustigava per
quel suo continuo fumare. In
quel tempo si era aggregato a
noi il giovane e perspicace
Carlo Magno, studente liceale, ospite dello zio preside a
Roma.
Tempi di vita e di sogni!
Non tardò molto ad abbandonare gli studi accademici
di architettura per dedicarsi
interamente alla pittura. Per
un certo tempo prese a frequentare lo studio dello zio
Andrea in Cortale, assieme
all’intelligente e capace
Vincenzo La Mantea. Poi,
trovato esaustivamente un
proprio linguaggio e inforcati gli occhiali giusti per
vedere ciò che la realtà
mostra, si ritirò nel suo “atelier” girifalcese.
Tra la fine degli Anni
Sessanta e i primi Anni
Settanta lavorò intensamente
e i suoi quadri, specie i ritratti, divennero ricercatissimi.
Ma per nulla avido di ricchezze, d’improvviso si defilò optando per la vita contemplativa.
Trascorreva il suo tempo
nella quiete sua campagna
alle porte del paese, dedicandosi ai fiori, ai cavalli purosangue, ai cani di razza ed ai
coloratissimi pavoni, alla
maniera di D’Annunzio alla
Capponcina, a Settignano,
muovendosi
sulle
sue
Volkswagen dell’epoca stilistica di Walter Gropius,
Wright e Le Corbusier.
Ah! gradevoli pomeriggi
di conversazione, nel suo
fondo “Rena”, seduti nel
giardino del suo rustico merlato, sotto i sambuchi, tra il
grigio degli ulivi, con l’affabile dottor Rocco Palaia, il
colto storico professor
Michele Rosanò e il compito
poeta Francesco Zaccone. Si
dissertava di tutto, specie di
letteratura, di storia e di pittura, di Cezanne, Picabia, di
Ortona, il conterraneo borgese; anche di elfi e gnomi, di
maghi e di streghe; si parlava, mentre i ghiri saltavano
da un ramo all’altro sulle
querce vicine.
Fu in quel periodo che
incontrò Giuseppina Petitto,
la donna della sua vita, affascinante e intelligente, che
seppe amarlo e comprendere
le esigenze dell’artista.
Nascono in quel periodo le
sue opere lucenti di colori e
dal tratto deciso, espressivo,
carico di emozioni. I ritratti
esplicitanti gli stati d’animo.
I molti cavalli al galoppo.
Fiori fastosi o caduchi dal
cromatismo verde chiaro o
cupo, gli impasti di gialli e i
rossi porporini. Immagini,
fantasie e desideri, evocazioni junghiane. Con uno stile
magistrale di innovativo fauvès e strascici di nostalgie
romantiche e boldiniane.
Quando gli fu offerto di
insegnare accettò solo dopo
profonda riflessione, consapevole di trasmettere alle
nuove generazioni il fervore
artistico e creativo che gli si
muoveva nel petto e nella
mente. Nel suo tempo libero
tornava ad immergersi nel
silenzio bucolico, a contatto
con la natura, nella bellezza
della creazione, a meditare e
scoprire elementi di arricchimento spirituale e artistico.
Un signore che in questi
ultimi tempi, per motivi di
lavoro, ebbe modo di conoscerlo mi confidò di non
avere mai incontrato in vita
sua personaggio più amabile
di “don Mimì”.
Salvatore Tolone
S.Floro - Il ballo di Annarita e
Italo Graziano
sia difficile accontentare tutti. Ma
almeno che ci sia la buona volontà
di risolvere i problemi; e comunque ci sia la disponibilità al colloquio, che è già qualcosa, anzi moltissimo in un amministratore pubblico. Dunque, Teresa, siamo con
te; ma tu sii sempre con noi, sempre sorridente, sempre pronta ad
ascoltare, sempre un po’ così
“matta”, come ti definisci tu stessa!
*****
Che gioia vedere, d’estate, anzi
d’agosto, il paese tutto nuovamente pieno di vita. Quella casa laggiù
sempre chiusa ecco che si riapre,
ecco che si rivede con gente dentro
che chiacchiera. Che bello il fermento ai Granatarieddhi , ai
Cezuddhi. Che bello vedere la
piazza grande, Sutta l’Urmu,
dominata dal vocìo di tanti giovani
che sembrano estranei al paese ma
estranei non sono, al massimo si
tratta di nipoti di sanfloresi emigrati, insomma la terza generazione che ritorna qui perché la
Calabria è il posto più bello del
mondo, e San Floro in particolare
è una sorta di castello che domina
il centro di questa fantastica regione, da dove in un’ora si arriva in
Sila o nelle Serre; sul mare di
Soverato o su quello di Pizzo o
Tropea.
*****
Molto ricco il menu offerto
dalla Pro Loco di San Floro - presidente Giannino Bressi - a paesani ed ospiti agostani. Tutte le sere,
dal 5 al 14 di agosto - una serie di
spettacoli, alcuni di ottimo livello
come il concerto di canzoni presentato da Tonino Trapasso o le
commedie dialettali di Piero
Procopio e del gruppo della
Trambìa. Queste ultime sono state
veramente esilaranti. Chi scrive vi
assicura che non ha mai riso
tanto… Peccato che in Calabria
non si renda il dovuto proprio a
coloro che fanno di tutto perché la
cultura locale - ed il dialetto, a
parte le battute di Bossi & Co, è
cultura locale - non venga meno.
Questi due spettacoli di Procopio
e di Lino Bagnato - presidente
della Trambìa; adattamento in
catanzarese di Silvestro Bressi sono un’autentica antologia dialettale per la recita nel vernacolo più
schietto del capoluogo. E fa piacere sapere che i due shows –
“Abbasta ma è màsculu” e “ U
cortìla d’ ‘a pàcia”- siano stati
proposti, con identico successo,
anche
nella
dirimpettaia
Miglierina nell’ambito della IX
Rassegna teatrale patrocinata dal
comune retto dal sindaco Gregorio
Guzzo, e in vari altri posti.
Applauditissimi pure Gianni
Gullì, con le sue interpretazioni di
canzoni, e gli Hantura, un gruppo
di Petilia Policastro, con una rassegna di musica e canto folk meridionali. Ha concluso il menu della
Pro Loco lo spettacolo con Micu ‘u
Pùlice, ancora tante risate, da anni
classiche in Calabria con questo
esilarante personaggio che ha dato
spazio, la sera del 14 agosto, anche
al locale popolarissimo Salvatore la mascotte paesana - il quale ha
ben improvvisato portando ancora
allegria.
*****
Ma interessante anche il menu
presentato dal Comitato per i
festeggiamenti di San Floro.
Simpatico il gioco di fuochi artificiali al termine della processione
del Patrono, con l’apparizione
improvvisa dell’immagine del
Protettore all’ingresso di Sutta
l’Urmu. Dignitoso lo spettacolo
musicale la sera del 17 agosto.
Diciamo “dignitoso” perché quella certa cantante però non è stata
eccezionale.
Poi, il 19, “La giornata dell’infanzia” promossa dall’associazione “Castellitini” con il patrocinio
del Comando Militare Calabria,
che ha presentato un suo
“stand”(e più tardi vi è stata la
premiazione di alunni locali, ma
senza la pubblica lettura dei loro
elaborati, che sarebbe stata la cosa
più interessante). A sera, sempre
con “Castellitini”, finalmente un
ottimo concerto bandistico (era
una tradizione negli anni passati!)
diretto dal maestro Giorgio
Antonio Lamantea, alla guida di
un’eccellente équipe di strumentisti sotto il logo “San Rocco” di
Girifalco. Peccato che il concerto
degli strumenti sia stato inframmezzato da esibizioni di “cantanti”
che sono sembrati - almeno a noi poco all’altezza della situazione. Il
20 agosto, la stessa associazione
culturale, che è presieduta dal pubblicista Antonio Bressi, ha presentato ancora una volta i suonatori di
organetto, giunti a San Floro da
varie parti e ancora una volta
riscuotendo
successo.
Graditissimo agli spettatori, a
notte inoltrata, il “Ballo della
Pupazza” che in un certo senso
ormai sostituisce il “Ballo d’ ‘o
ciucciu”, un “nostro” prodotto,
per anni confezionato, nella prima
metà del secolo scorso, dai fratelli
Raffaele e Floro Barbuto.