Istituto MEME: Testimone e testimonianza

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Istituto MEME: Testimone e testimonianza
Istituto MEME
associato a
Université Européenne
Jean Monnet A.I.S.B.L. Bruxelles
TESTIMONE E TESTIMONIANZA:
INTERVISTA COGNITIVA E STRUTTURATA
Scuola di Specializzazione: Scienze Criminologiche
Relatore: Dr. Roberta Frison
Tesista Specializzando: Roberta Pilone
Anno di corso: Secondo
Modena: 8 settembre 2012
Anno Accademico: 2011 – 2012
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO A UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Roberta Pilone - SST in Scienze Criminologiche (Secondo anno) A.A. 2011 - 2012
Indice dei contenuti
Introduzione ......................................................................................................... 2
1. L’importanza del testimone oculare
1.1. Premessa ………………………………….. …………………...………. 4
1.2. Cos’è un ricordo ……………………………………. …………..……... 4
1.3. Cosa influenza la memoria. Le tre fasi del processo del ricordo ………. 5
1.4 Quando il testimone è anche la vittima ………………………..………. 11
1.5 Come si interroga un testimone oculare ……………………..………… 12
2. Il recupero dell’informazione
2.1 L’Intervista Cognitiva …………………………..………………………. 14
2.2 L’efficacia dell’Intervista Cognitiva ………………..…........................... 16
2.3 L’I.C. e l’I.S. a confronto ……………………………..………………… 17
3. La Testimonianza nei soggetti in età evolutiva
3.1 La memoria in età evolutiva …………………………..………………... 18
3.2 La memoria di eventi traumatici …………………………..……………. 20
3.3 Intervista Cognitiva e minori ……………………..…………………….. 22
3.4 Minori e validazione della testimonianza ……………………..………... 23
3.5 La valutazione della testimonianza ……………………..………………. 24
4. Come usare l’Intervista Cognitiva e l’Intervista Strutturata
4.1 Premessa ……………………………………………………..…………. 26
4.2 Schema dell’Intervista Cognitiva ……………………..………………... 26
4.3 Schema dell’Intervista Strutturata ………………………..…………….. 27
4.4 Fasi dell’Intervista Cognitiva e dell’Intervista Strutturata ………..……. 28
Conclusioni ………………………………………………………..……........... 32
Bibliografia e Sitografia …………………………………..…………………... 33
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INTRODUZIONE
Anche quest'anno ho fatto del campo dell'investigazione l'oggetto della mia
ricerca di studio e l'argomento dell'elaborato di cui tratterò qui di seguito.
In particolar modo mi occuperò della testimonianza di un fatto criminoso e delle
tecniche di recupero delle informazioni a esso collegato.
Innanzitutto un buon interrogatorio è il requisito indispensabile per giungere ad
un corretto resoconto del fatto e quindi, successivamente, ad una corretta
validazione dell'accaduto in sede processuale.
L'Intervista Cognitiva, inizialmente elaborata da Geiselman e Fischer nel 1984 e
in seguito rielaborata dagli autori stessi nel 1992, rappresenta uno dei più
innovativi contributi che la psicologia ha saputo fornire alla pratica giuridica.
E' stato riscontrato che attraverso questa tecnica, l'ammontare dei particolari
corretti che il testimone riferisce è del 35-40% in più rispetto a quando il
testimone è interrogato secondo la procedura standard utilizzata dalla polizia.
Sono stati effettuati degli studi scientifici che hanno confermato la superiorità
dell'Intervista Cognitiva non solo in età adulta, ma, soprattutto in quella infantile,
pur con degli "aggiustamenti" a favore del minore interrogato.
Il passo successivo dopo che si è ottenuta una "buona" testimonianza utilizzano
al meglio l'Intervista Cognitiva, sarà quello di valutare attentamente se suddetta
testimonianza sia veritiera o meno.
Gli strumenti atti a rilevare la veridicità delle dichiarazioni di un testimone o di u
imputato, le cosiddette "macchine della verità" si sono sempre rilevate strumenti
non attendibili, in quanto spesso misurano qualcos'altro che la reale volontà di
mentire, mentre è proprio questo il punto critico.
Tratterò di un metodo, la Statement Validity Analysis (SVA), che è ritenuto dagli
esperti lo strumento più valido di cui si disponga attualmente per stabilire se il
racconto che ci viene fornito possa essere attendibile o meno.
Un limite legato a tale metodo è che non è possibile utilizzarlo sempre e
comunque, ma deve essere applicato solo seguendo alcune regole di cui tratterò
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in seguito e che ne garantiscono la validità.
Esporrò alcuni esempi affinché questa tecnica venga spiegata e compresa
concretamente, per gli esperti e i tecnici che la usano richiede un buona
conoscenza a livello teorico ma indubbiamente un buon allenamento a livello
pratico.
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Capitolo 1
L'IMPORTANZA DEL TESTIMONE OCULARE
1.1 Premessa
In ambito giudiziario il ruolo delle testimonianze è di fondamentale importanza e
molto spesso esse vengono a costituire il maggiore elemento di prova della
colpevolezza di un indagato. Quando nessun'altra prova è disponibile la
testimonianza di uno o più testimoni risulta essere schiacciante. Anche ricerche
più recenti dimostrano che nei processi la decisione del giudice è basata sulle
deposizioni dei testimoni oculari: in USA è stato stimato che circa 77.000
persone l'anno scorso sono state incriminate sulla sola base delle testimonianze
oculari. Nonostante questo nel nostro Paese non c'è una reale consapevolezza
dell'importanza di una corretta modalità di raccolta delle testimonianza, come
sempre più di frequente emerge dalle cronache odierne.
Ricordiamo che nel sistema penale italiano il testimone è inizialmente interrogato
da un ufficiale i polizia che redige un verbale dell'interrogatorio poi trasmesso al
pubblico ministero. “Molto spesso la deposizione dei testimoni oculari è
considerata valida anche quando le condizioni in cui essi hanno percepito il fatto
non erano ottimali: erano troppo distanti, il fatto era accaduto troppo velocemente
perché ci fosse una corretta percezione dello stesso ecc1”... Risulta evidente che
lo stile di conduzione dell'interrogatorio, il modo di porre le domande e
l'atteggiamento di chi interroga influiranno in maniera determinante sul tipo di
verbale che verrà redatto e sulla quantità di informazioni che saranno in questo
riportate.
1.2 Cos'è un ricordo?
“L'atto del ricordo non si risolve semplicemente nel riprodurre verbalmente
1 Wall P. M. Eyewitness identification of criminal cases. Charles C. Thomas, Springfield, 1965, pag. 30.
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l'informazione che il testimone ha percepito e immagazzinato in memoria, come
se questa fosse una fotografia di ciò che è accaduto. Il modo in cui un evento è
rappresentato nella memoria di un soggetto, infatti, non corrisponde ad una
replica esatta dell'evento, ma riflette le modalità con cui questo è stato elaborato
sulla base di un insieme di fattori psicologici e ambientali2”. La memoria che il
testimone ha dell'evento cui ha assistito è piena di lacune, distorsioni e
invenzioni. Infatti in generale l'essere umano non percepisce passivamente le
informazioni, ma agisce su di esse, codificandole ed elaborandole sia
consapevolmente sia inconsciamente. L'uomo, quindi, non è più inteso come
semplice recettore passivo di informazioni ed eventi esterni, ma come soggetto
dinamico. Più semplicemente possiamo dire che ai problemi della memoria in
generale si devono aggiungere quelli soggettivi del testimone che ha codificato
le informazioni relative all'evento in uno stato di stress, che è stato oggetto sia di
suggestioni fornite da altri, sia delle proprie ruminazioni. Questo spiega come
anche il testimone oculare, generalmente non intenzionato o non interessato a
mentire, involontariamente possa dare un resoconto testimoniale diverso dal reale
svolgimento dei fatti.
1.3 Cosa influenza la memoria. Le tre fasi del processo del ricordo
Ciò che noi comunemente chiamiamo memoria è in realtà una funzione molto
complessa. “L'elaborazione dell'informazione è infatti resa possibile da tre
magazzini di memoria che corrispondono a tre processi diversi di elaborazione
delle informazioni: la memoria sensoriale, la memoria a breve termine e la
memoria a lungo termine. Questi processi prevedono dei registri sensoriali in
grado di catturare l'informazione in entrata proveniente dai sensi e di trattenerla
per brevissimo tempo nel formato originale, ossia si mantenerla nella forma in
cui è stata percepita3”. Ovviamente non possiamo percepire tutti gli stimoli che ci
2 Gulotta G., Trattato di psicologia giudiziara nel sistema penale. Giuffrè, Milano, 1987, pag. 23.
3 Tulving E.-Thomson D. M., Encoding specificity and retrieval processes in episodic memory.
Psychological Review, 1973, pag. 80.
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circondano e che arrivano ai nostri sensi ma recepiamo solo un messaggio per
volta grazie ad un limitato numero di canali percettivi. Spesso siamo noi stessi
che attraverso l'attenzione dirigiamo la nostra percezione verso stimoli che ci
interessano particolarmente, escludendo anche completamente gli altri.
L'informazione sensoriale viene poi confrontata con le esperienze precedenti
conservate nella MLT grazie alle quali può essere riconosciuta percettivamente.
Dai registri sensoriali l'informazione viene inviata a un magazzino di memoria a
capacità limitata (MBT) per essere poi archiviata definitivamente in un ultimo
magazzino. Anche se nella MLT l'informazione viene depositata in modo
permanente spesso la ricerca e il recupero di una traccia presenta alcune difficoltà
e tempi molto lunghi di ricerca. La durata della traccia presente nella memoria
dipende dalla profondità con cui lo stimolo è stato elaborato in fase di codifica.
Il processo di memoria può essere meglio compreso suddividendolo in tre fasi:
acquisizione, ritenzione e recupero.
La prima fase, di acquisizione, fa riferimento alla percezione e alla codifica delle
informazioni presenti nell'ambiente al momento del crimine o dell'incidente. In
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questa fase ci possono essere due gruppi variabili che possono alterare la capacità
di percezione del testimone: fattori legati all'evento e fattori legati al testimone
stesso. Il primo fattore legato all'evento che può alterare la percezione del
testimone è il tempo di esposizione: perché la percezione possa essere corretta il
tempo di esposizione allo stimolo deve essere sufficientemente lungo e cioè
almeno 20 secondi. Più a lungo un soggetto sarà esposto alla percezione di un
evento più tale percezione risulterà accurata e minuziosa. “Molti esperimenti
hanno stabilito che nel passaggio di tempo, dal verificarsi del fatto e quindi
dall’acquisizione dell’informazione da parte del testimone al momento del
recupero del ricordo e maggiore, avverrà una perdita di informazioni inerenti il
fatto.
Hermann Ebbinghaus alla fine dell’ottocento riuscì ad ipotizzare la quantità
percentuale di informazioni inerenti un fatto che andavano a perdersi con il
passare del tempo, attraverso la curva dell’oblio, conosciuta come Ebbinghaus
effect.
Tale curva dimostra che dopo soli 20 minuti dal verificarsi di un evento possono
essere recuperate in memoria soltanto il 58% delle informazioni totali acquisite
dal testimone, si scende al 33 % dopo un giorno, 27% dopo due giorni per poi
stabilizzarsi intorno al 25 - 20% dal sesto al trentunesimo giorno dal momento
del fatto4”.
4 Tratto dal sito www.cerchioblu.eu
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“Un'altra variabile importante nel determinare la qualità della percezione è la salienza.
Quando si assiste ad un evento non tutti i dettagli sono ugualmente significativi. Alcuni
particolari catturano la nostra attenzione più di altri: i fattori che determinano la salienza
o meno di un dato oggetto possono essere il periodo di tempo che il particolare rimane
visibile, se è al centro del campo visivo, se è grande, se ha un colore che spicca rispetto
agli altri, se ha un'importanza particolare nell'azione, se c'è qualcosa di nuovo e
inusuale. Oltre al fattore salienza è molto importante anche il tipo di fatto o evento che
il testimone deve ricordare, ad es. la durata di quest’ ultimo, l'altezza e il peso del
criminale, la velocità della macchina prima dall'incidente ecc. In generale, i risultati
dimostrano che vi è una tendenza a sovrastimare la durata di un evento. Vi sono anche
errori nella stima di peso e altezza delle persone, delle caratteristiche dei volti ecc5”.
Altro fattore è la frequenza di esposizione allo stimolo che può avere un duplice effetto:
da una parte la percezione è facilitata dalla ripetizione ma dall'altra questa favorisce la
creazione di stereotipi e schemi mentali che rendono difficili la successiva distinzione
tra stimoli simili.
E' stato inoltre riscontrato che anche la violenza compromette negli uomini e nelle
donne la capacità di ricordare un evento :quando si tratta di testimoniare riguardo un
fatto molto violento la performance peggiora.
5 Cavedon A., Calzolari M. G., Come si esamina un testimone, Giuffrè Editore, Milano, 2005 pag. 1617.
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Per quanto riguarda i fattori inerenti al testimone stesso possiamo ricondurli allo stress e
le aspettative. Lo stato emotivo vissuto dal soggetto nel momento in cui percepisce
l'evento è sicuramente un aspetto di primaria importanza. Infatti la maggior parte delle
volte il testimone vive una situazione di paura e di stress. Più un evento aumenta lo
stress del testimone più una corretta percezione sarà compromessa. Infine le aspettative
del soggetto hanno una forte influenza sulla percezione6. Ad esempio l'aspettativa
culturale: un tratto o una caratteristica viene attribuita indiscriminatamente a tutti i
membri di un gruppo. Vi sono anche altri tipi di aspettative del soggetto come quelle
derivanti da esperienze passate o da pregiudizi personali.
La seconda fase fa riferimento alla ritenzione dell'informazione in memoria e il periodo
di tempo che intercorre tra la percezione di un evento e il ricordo dell'evento stesso. In
ogni caso il fattore tempo è molto importane nel determinare l'accuratezza del ricordo:
infatti più passa il tempo tra la fase di percezione e quella di recupero, più la
testimonianza sarà inaccurata.
La maggior parte dei ricordi subisce trasformazioni ed elaborazioni. Se dopo un evento
siamo esposti ad informazioni simili per significato a quelle apprese ma estranee alla
situazione in precedenza incontrata, potremmo non essere più in grado di distinguere i
due episodi. Inoltre l'acquisizione di nuove informazioni può avvenire dalla lettura
dell'evento sui giornali, dal fatto di parlare dell'accaduto con altri testimoni oppure
attraverso le domande poste dalla polizia durante le indagini e gli interrogatori. I dettagli
salienti e centrali dell'evento percepito sono meno suscettibili a interferenze e
trasformazioni rispetto ai dettagli periferici e secondari. Oltre alle parole il ricordo può
essere influenzato anche dal tono di voce ,dai movimenti delle mani e degli occhi, dalla
postura e cioè in generale dalla comunicazione non verbale del poliziotto che conduce
l'interrogatorio.
L'ultima fase che è quella del recupero è molto importante perché è il momento in cui il
testimone recupera l'informazione precedentemente acquisita e quindi ricorda l'evento
fornendoci la sua testimonianza.
La memoria dei testimoni può essere alterata dal tipo di domande poste durante gli
interrogatori dalla polizia o dagli avvocati o dai magistrati, in effetti è stato riscontrato
come l'uso di una parola piuttosto di un'altra da parte dell'intervistatore possa alterare il
6 Tratto dal sito www.osservatoriopenale.it
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ricordo del soggetto, portandolo a trarre conclusioni diverse7. La ricerca psicologica
conferma l'opportunità che dapprima si faccia fare al testimone una narrazione libera e
solo successivamente gli si pongano delle domande: è quindi molto importante che,
perlomeno nella fase iniziale di recupero, il testimone sia lasciato libero di rievocare gli
eventi senza pressioni esterne di alcuna natura. Il racconto spontaneo potrà apparire in
alcuni casi lacunoso e talvolta esageratamente lungo, ma è da preferire all'interrogatorio
in senso stretto. Infatti l'interrogante può inavvertitamente suggerire ipotesi, indirizzare
il pensiero e le strategie di recupero dell'informazione dl testimone, stravolgendone
completamente i ricordi che possono essere già fortemente deteriorati e labili. Oltre al
ruolo che svolge l'ambiente esterno sull'apprendimento e sulla rievocazione ci sono dati
a favore anche dell'importanza dell'ambiente interno. Infatti l'umore, lo stato d'animo
indotti dalla situazione possono influire notevolmente sulla capacità e la qualità del
ricordo e il soggetto darà una prestazione migliore tanto più il suo stato d'animo al
momento dl recupero sarà simile a quello del momento dell'acquisizione.
Infine non bisogna dimenticare gli effetti della comunicazione non verbale di chi
conduce l'interrogatorio (tono della voce, movimento del capo, degli occhi, i gesti e la
postura) che possono suscitare in altri un ricordo selettivo.
Chi interroga deve adottare piccoli accorgimenti che facciano sentire il testimone a
proprio agio come, ad esempio, inclinarsi leggermente verso il testimone, annuire con il
capo, parlare lentamente ecc. La comunicazione non verbale è infatti considerata un
linguaggio di relazione che accompagna e completa la comunicazione verbale e spesso
lascia filtrare contenuti profondi che il linguaggio non fa emergere. Queste
caratteristiche della comunicazione non verbale potrebbero anche essere utilizzate a
favore dell'intervistatore per valutare l'attendibilità del racconto testimoniale. Da una
serie di ricerche è emerso che, a grandi linee, si possono considerare come indicatori di
menzogna i seguenti segnali:
Gli aumenti
 delle esitazioni nelle parole;
 degli errori presenti nell'eloquio;
 del tono della voce;
7 Loftus E. F., Eyewitness testimony, University press, Cambridge, MA, 1979, pag. 76.
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 degli ammiccamenti;
 della dilatazione pupillare;
 della manipolazione di alcune parti del proprio corpo;
 del tamburellare con le dita o con una matita su tavolo;
 della rigidità del corpo;
le diminuzioni
 degli sguardi verso l'interlocutore,
 dei cenni del capo;
 dei sorrisi (si avrà un sorriso asimmetrico e cioè un sorriso che non coinvolge anche i
muscoli intorno all'occhio ma solo quelli intorno alla bocca).
Infine il recupero dell'informazione può essere influenzato anche dallo status della
persona che interroga. Se l'interrogatorio è condotto da una persona importante e di
status elevato si avranno risultati diversi rispetto ad un interrogatorio condotto da una
persona meno importante8. Quindi l'autorità di chi interroga può avere molta
importanza.
1.4 Quando il testimone è anche la vittima
Le ricerche di psicologia della testimonianza si sono sempre rivolte principalmente allo
studio del testimone oculare, trascurando gli studi che riguardano i testimoni-vittima.
Questa tendenza a privilegiare i testimoni non direttamente coinvolti nel reato potrebbe
essere imputata principalmente a due motivi: il primo è che, generalmente, è molto più
difficile la vittima di un reato rispetto al testimone oculare. In secondo luogo, questa
difficoltà è complicata dal fatto che non è possibile riprodurre a livello sperimentale una
situazione simile per ovvi motivi etici. Il testimone quando è anche la vittima del reato
si trova nelle migliori condizioni oggettive per una corretta percezione, acquisizione e
memorizzazione dell'evento come il maggior tempo di esposizione all'evento.
Viceversa, le condizioni soggettive della vittima, non sono quelle migliori per favorire
la memorizzazione dell'evento. Infatti l'attivazione emotiva e il livello di stress sono ad
un'intensità tale da essere elementi di forte disturbo.
8 Tratto dal sito www.psicologiagiuridica.com
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“Non solo le caratteristiche della vittima sono particolari ma anche le loro disposizioni
si distinguono da quelle fornite da testimoni non coinvolti direttamente nel crimine9.”
Infatti nelle descrizioni che le vittime fanno dei loro aggressori riportano aspetti
secondari e superficiali del colpevole e trascurano aspetti più caratterizzanti e distintivi
come il colore dei capelli, la forma del viso, la forma e il colore degli occhi.
Tutti gli aspetti della memoria del testimone rientrano in un ambito specifico della
memoria che la ricerca attuale definisce come memoria autobiografica.
“Per memoria autobiografica si intende un tipo particolare di memoria di eventi
strettamente personali della vita di ciascuno di noi, accompagnati spesso da emozioni
precise. Il ricordo di questi eventi è fortemente influenzato dall'immagine che il
soggetto percepiente ha di se stesso. Raccontando il fatto il testimone potrebbe essere
portato a sopravvalutare il proprio ruolo nell'evento in una prospettiva prevalentemente
centrata su se stesso e sulla parte che in tale evento egli ha svolto10”.
1.5 Come si interroga un testimone oculare?
In uno studio condotto da Fischer e Geiselman con degli agenti di polizia di Miami e
Los Angeles risultò che i poliziotti non avevano avuto alcuna indicazione specifica nel
campo della conduzione degli interrogatori. Risultati simili sono stati ottenuti anche in
Inghilterra. La modalità di interrogatorio che viene utilizzata dalle forze dell'ordine
senza una specifica preparazione o addestramento a specifiche tecniche di intervista, è
definita dalla letteratura con l'espressione Intervista Standard. Fischer e Geiselman
hanno tracciato delle linee generali che caratterizzano gli interrogatori standard: gli
agenti di polizia iniziano l'interrogatorio con l'apertura del rapporto, chiedono al
testimone un racconto libero del fatto e fanno successive domande specifiche utili a
chiarificare. Questo processo, comunque, richiede sia capacità comunicative e
relazionali per instaurare un rapporto di fiducia e collaborazione con il testimone, per
tranquillizzarlo e metterlo a proprio agio, sia tecniche per incoraggiare un resoconto
completo ed accurato.
“Per quanto riguarda le ricerche effettuate in Italia, risulta che anche nel nostro Paese la
competenza a condurre un interrogatorio è lasciata esclusivamente all'intuito e
9 Zucco G., Memoria, Mc Graw-Hill, Milano, 1997, pag. 90.
10 Ivi, pag. 96.
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all'esperienza del singolo. Dall'analisi dei risultati ottenuti qui si deduce infatti che
normalmente chi deve interrogare testimoni oculari non ha ricevuto nessun tipo di
training o indicazione specifica in questo campo. I soggetti intervistati in questi studi
affermano di sentirsi insoddisfatti perché hanno l'impressione di non essere riusciti a far
dire tutto al testimone11”. Questo senso di insoddisfazione non è da sottovalutare dal
momento che l'obiettivo principale degli interrogatori ai testimoni oculari è proprio
quello di ricavare il maggior numero di informazioni possibili dal testimone stesso.
Un dato che invece sorprende favorevolmente è quello che riguarda le condizioni
temporali dell'interrogatorio. Una percentuale molto alta di soggetti intervistati sostiene
che gli interrogatori vengono fatti entro le prime 24 ore dopo il crimine.
Sembra quindi abbastanza certo che i primi interrogatori siano effettivamente svolti
subito dopo il fatto, quando i poliziotti intervengono sul luogo del crimine e chiedono
immediatamente sommarie informazioni sull'accaduto.
Oltre all'aspetto del recupero dell'informazione è il rapporto con il testimone la fase che
pone maggiori difficoltà non solo ad instaurare un buon rapporto con il teste ma anche a
tranquillizzarlo e metterlo a proprio agio. Questi risultati rivelano disagi e difficoltà che
l'interrogante incontra relativamente agli aspetti relazionali.
11 Cavedon A., Calzolari M. G., Come si esamina un testimone, Giuffrè Editore, Milano, 2005, pag. 21.
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Capitolo 2
IL RECUPERO DELL'INFORMAZIONE
2.1 L'intervista Cognitiva
Quando un testimone assiste ad un crimine, quello che percepisce dell'evento non può
essere né verificato né tanto meno pianificato. In effetti il testimone non si trova in una
situazione di vita quotidiana normale bensì in una estremamente coinvolgente e
stressante.
Questo tipo di intervista fu creata per essere utilizzata con testimoni che cooperano e
che sono motivati a fornire una testimonianza corretta. In una situazione dove i
testimoni intenzionalmente rifiutano di dare informazioni tale intervista non sarà di
nessun aiuto.
“L'Intervista Cognitiva si basa su quattro fondamentali tecniche cognitive che hanno lo
scopo di rendere migliore il recupero dell'informazione della memoria del testimone.
Fasi dell'intervista cognitiva:
 Costruzione del rapporto con il testimone. Richiesta di riferire tutto ciò che ricorda.
 Ricostruzione mentale da parte del testimone del luogo in cui fu commesso il reato e
di ciò che egli faceva e pensava appena prima che accadesse il fatto.
 Narrazione da parte del testimone, nel modo che gli è più congeniale, di ciò che si
ricorda.
 Invito al testimone di pensare una seconda volta al fatto e richiesta di riferire
particolari prima non ricordati.
 Richiesta al testimone di formarsi immagini specifiche.
 Formulazione da parte dell'intervistatore di domande relative all'immagine creata.
 Ulteriori narrazioni in ordine inverso e da diversi punti di vista.
 Commiato amichevole tale da lasciare al testimone il desiderio di continuare nella
collaborazione12”.
La componente più usata e più innovativa dell'IC è la ricostruzione ambientale del
contesto e dello stato psicologico vissuto al momento dell'evento. Si chiede al testimone
12 Ivi, pag. 28-31.
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di rivivere mentalmente il contesto ambientale e lo stato d'animo personale presenti al
momento dell'evento criminoso.
Questa strategia si basa sul principio della specificità di codifica di Tulving e Thomson
secondo cui quando codifichiamo l'informazione relativa ad un evento formiamo una
traccia unica che comprende anche l'informazione che riguarda il contesto oggettivo e
soggettivo in cui tale evento ebbe luogo.
Un'altra componente importante dell'intervista è la richiesta fatta al testimone di riferire
qualsiasi dettaglio si ricordi dell'evento; questa richiesta è di grande utilità anche perché
spesso porta a ricordare dettagli importanti in associazione con dettagli insignificanti.
C'è poi la rievocazione libera dell'evento effettuata da diversi punti di partenza.
“L'Intervista cognitiva incoraggia il testimone a ricordare l'avvenimento iniziando da
punti diversi: dalla fine, dal mezzo o da un evento particolarmente saliente. Quando gli
eventi sono raccontati nell'ordine cronologico alcune persone ricostruiscono nella loro
mente cosa potrebbe essere successo basandosi sulla conoscenza di casi simili.
Infine la quarta componente dell'IC è di chiedere al testimone di raccontare un fatto
cambiando prospettiva e cioè di rievocare gli eventi da un punto di vista diverso da
quello nel quale il soggetto si trovava durante il fatto. Questa tecnica cerca di
incoraggiare il testimone a immaginare l'evento dal punto di vista della vittima o di un
altro testimone e di riportare quello che questi avrebbero potuto vedere13.
Secondo la concezione teorica di Tulving e Thomson se una informazione non viene
ricordata, non significa che sia andata irrimediabilmente perduta, ma piuttosto che non
può essere recuperata attraverso una determinata via. Utilizzando una via alternativa
diventa possibile recuperare questa informazione. Per questo motivo i tentativi di
richiamo multiplo delle informazioni possono aumentare la quantità dei ricordi.
L'aspetto che riguarda la costruzione del rapporto col testimone è molto importante al
fine di ottenere una buona testimonianza in quanto si dovrà personalizzare l'intervista e
fare in modo che il testimone si senta una persona importante e utile al fine dello
svolgimento delle indagini: usare spesso il nome del testimone, ripetere l'ultima frase
detta dal soggetto, evitare frasi impersonali e imparate a memoria, e soprattutto
interessarsi del suo stato d'animo, tranquillizzarlo se è ansioso e impaurito ecc.
13 Cavedon A., Le ricerche sul ricordo testimoniale: da Musatti ad oggi in AA VV, Dal mondo
fantasmatico al mondo percettivo, Liviana, 1992, pag. 37.
15
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Effettivamente un alto livello di ansia interferisce con il ricordo dell'evento e
inizialmente determina un ricordo con pochi dettagli. Anche l'intervistatore dovrà essere
dotato di alcuni requisiti fondamentali come:
 una disponibilità attenta e rispettosa;
 una curiosità non invadente;
 una capacità di essere "attivamente"neutrale;
 una coscienza sufficiente del proprio stile comunicativo.
Un'altra tecnica per facilitare la comunicazione, che caratterizza l'Intervista Cognitiva, è
il trasferimento del controllo dell'intervista dall'intervistatore al testimone. Durante
l'interrogatorio si fa in modo che sia il testimone a dettare il ritmo dell'intervista, ad
esserne il protagonista e a giocare il ruolo più attivo, e non colui che interroga, che si
limiterà ad ascoltare attivamente e a porre le domande.
2.2 L'efficacia dell'intervista cognitiva
Agli
inizi
della
sperimentazione
dell'Intervista
Cognitiva
la
questione
era
semplicemente quella di valutare se nuova tecnica desse risultati migliori rispetto alle
procedure di intervista utilizzate al momento dalla maggior parte degli ufficiali di
polizia. “Una rassegna di tutte le ricerche condotte con il metodo dell'Intervista
Cognitiva rivela che la percentuale di informazioni corrette ottenuta nelle prove
sperimentali è in media del 58% in più rispetto a quella ottenuta con un interrogatorio
standard. Non si è riscontrato un aumento significativo delle informazioni errate e delle
confabulazioni. La percentuale media dell'accuratezza è circa del 90% 14”. Le ricerche
dunque dimostrano la superiorità dell'Intervista Cognitiva rispetto a quella Standard sia
per quanto riguarda il numero di informazioni raccolte sia per quanto riguarda la loro
qualità e attendibilità.
14 Ivi, pag. 42.
16
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2.3
L'intervista Cognitiva e l'Intervista Strutturata a confronto
L'intervista Strutturata si presenta come una versione semplificata dell'Intervista
Cognitiva. Conserva infatti alcuni aspetti come, ad esempio, la costruzione di un buon
rapporto con il testimone, l'iniziare l'interrogatorio con il racconto libero senza mai
interrompere il testimone, l'utilizzare domande aperte e non tendenziose ecc. E' chiaro
quindi che questa tipologia di intervista fa leva su tutti quegli aspetti che facilitano la
comunicazione e che aiutano la costruzione del rapporto con il testimone. Si differenzia
dall'Intervista Cognitiva in quanto non utilizza le tecniche cognitive per il recupero
dell'informazione, ma fa uso di una seconda narrazione libera del fatto da parte del
testimone.
“Si può sintetizzare dicendo che con l'utilizzo dell'Intervista Cognitiva risulta esserci un
recupero più completo e accurato dei dettagli rispetto all'Interrogatorio Standard.
L'Intervista Cognitiva, inoltre, se confrontata con l'Intervista Strutturata risulta in quasi
tutti gli studi superiore riguardo alla completezza del recupero15”.
15 Cavedon A. L'Intervista Cognitiva nella pratica testimoniale. In Atti del convegno nazionale di
Psicologia giuridica, a cura del Dipartimento di Filosofia dell'Università di Genova,1994, pag. 105.
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Capitolo 3
LA TESTIMONIANZA NEI SOGGETTI IN ETA' EVOLUTIVA
3.1 La memoria in età evolutiva
Accade sempre più di frequente che i minori siano chiamati a dare testimonianza circa
un fatto o in vesti di testimoni oculari e/o in vesti di vittime, soprattutto nei casi di abuso
sessuale e di violenza. “Secondo il nostro codice di procedura penale, la testimonianza d
un minorenne, vale quanto quella di un adulto, salvo l'obbligo di non prestare
giuramento per i minori di 14 anni (articolo 497 c.p.p.) e la possibilità di avvalersi di un
esperto in psicologia dell'età evolutiva. Appare evidente, quindi, che sia sul piano
psicologico sia sul piano giuridico, è sempre più forte la necessità di una testimonianza
del minore il più accurata e completa possibile, tenendo sempre in primo piano
l'obiettivo principale che è quello della tutela del minore stesso16.
Esiste nella nostra società un luogo comune che porta a considerare che i bambini
mentano molto più frequentemente degli adulti e che non siano in grado di distinguere i
fatti realmente accaduti da quelli di fantasia. Effettivamente molte ricerche sulla
memoria dei bambini lasciano emergere che questi ricordano meno rispetto agli adulti.
Sebbene i bambini ricordino meno rispetto agli adulti, il loro ricordo libero comunque
non è meno accurato degli adulti.
Gli studi più recenti, stanno cercando di individuare quali fattori situazionali siano in
grado di ridurre o aumentare la capacità di memoria nei bambini: in sintesi dalle diverse
ricerche sulla testimonianza infantile, emerge che la rievocazione di eventi da parte dei
bambini sembra essere sufficientemente accurata e che le prestazioni di memoria
tendono a migliorare con l'età, ma sono influenzate anche da altri fatti, come ad esempio
il tipo di domande e lo stress legato all'evento da ricordare, poiché maggiore è lo stress
legato all'evento, minore sarà la prestazione di memoria. Quindi non vi è una semplice
correlazione tra età e capacità di testimoniare ma esiste piuttosto un'interazione tra l'età
ed altri fattori che risultano essere importanti per comprendere la capacità di
testimoniare dei bambini. Alcuni autori come Carte, Bottoms e Levine hanno analizzato
16 Cavedon A., L'intervista Cognitiva in età evolutiva. Età evolutiva Rivista di Scienze dello Sviluppo,
1999, pag. 52.
18
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l'influenza di fattori linguistici e socio-emozionali sull'accuratezza dei resoconti dei
bambini.
Tali autori ipotizzarono che l'uso di un linguaggio semplice, di frasi brevi e di parole
appropriate all'età dei bambini avrebbero aumentato l'accuratezza dei resoconti dei
minori per due motivi:
 i bambini sono in grado di capire meglio le domande poste durante l'intervista;
 questa maggiore competenza li porta ad essere più partecipi e responsabili durante
l'interazione.
I fattori socio-emozionali influiscono sulla prestazione dei bambini poiché un'atmosfera
rilassata renderebbe il momento dell'intervista meno stressante e ansiogeno. E' noto
infatti che i bambini si fanno facilmente intimidire da adulti che non conoscono e che si
comportano con loro in modo formale; tale atteggiamento può renderli più facilmente
suggestionabili e impoverire la loro prestazione. Emerge comunque che è il fattore
linguistico ad avere più rilevanza: effettivamente se i bambini non capiscono la
domanda, molto raramente chiedono spiegazioni. Spesso poi i bambini possiedono
molte più informazioni circa un evento rispetto a quanto raccontano spontaneamente.
“Spesso i bambini non si rendono nemmeno conto di non aver compreso pienamente
cosa viene loro chiesto e specie in tenera età essi non sono in grado di riportare gli
eventi nel modo e con la struttura che un adulto avrebbe utilizzato. Non trascurabile è il
fatto che l'intervista rappresenta per il bambino un'esperienza stressante, anche il
contesto in cui si svolge l'intervista o il fatto che l'intervistatore indossi l'uniforme
rendono quest'esperienza particolarmente difficile. Se il bambino deve poi testimoniare
su un evento accaduto in famiglia, in genere egli viene isolato dai genitori e intervistato
solo in presenza di adulti sconosciuti17”. Due autorevoli autori come Dent e Flin hanno
dimostrato che l'interazione attraverso la discussione e la presenza di un coetaneo
durante l'intervista aumenta la quantità di ricordi riportati rispetto ai bambini intervistati
da soli. “Un altro autore molto importante come Saywitz ha condotto una ricerca di
grande importanza da un punto di vista pratico poiché, confrontando le descrizioni di un
crimine fatte da soggetti di 8, 11 e 15 anni, ha permesso di rilevare quali siano gli errori
più comuni commessi nelle diverse fasce d'età. Gli errori più comunemente commessi
sono l'omissione di informazioni, la distorsione di informazioni originali e l'aggiunta di
17 Tratto dal sito www.testimonianzaminore.psy.unipd.it
19
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informazioni. I risultati ottenuti dimostrano che i bambini di 8 anni tendono a ricordare
di meno e ad aggiungere informazioni non presenti nell'evento originale in misura
significativamente maggiore rispetto agli altri due gruppi di età. D'altra parte i soggetti
di otto anni non distorcono le informazioni in modo maggiore di quanto facciano i
soggetti più grandi18”. Un altro aspetto molto importante riguarda il preparare i bambini
prima della testimonianza in modo che sappiano che non è fondamentale la quantità di
informazioni date, ma piuttosto la loro accuratezza.
Non bisogna infine dimenticare che il minore testimone, soprattutto se anche parte
offesa di un reato, viene generalmente sentito più volte nel corso delle diverse fasi
processuali: una prima volta dalla polizia giudiziaria, poi dal P.M. e poi dal giudice,
soprattutto per i reati gravi o quando la testimonianza del minore è l'unica fonte di
prova. I tentativi di richiamo multiplo, però, non sono privi di effetti negativi dal punto
di vista cognitivo: infatti il bambino interrogato più volte sullo stesso fatto potrebbe
essere portato a credere che la sua prima risposta fosse sbagliata e quindi potrebbe
modificare la risposta successiva per far piacere all'intervistatore.
Infine l'intervista col minore dovrebbe essere video-registrata così da poter essere
riutilizzata nelle varie fasi processuali senza bisogno di coinvolgere continuamente il
minore che, in questo modo, verrebbe anche protetto dall'atmosfera particolarmente
stressante del tribunale.
3.2 La memoria di eventi traumatici
La letteratura, specie in questi ultimi dieci anni, si è anche occupata di studiare cosa
avvenga, all'interno della memoria del bambino, quando questi si trova a dover essere
testimone, o ancora peggio, protagonista di eventi che esulano dalle normali esperienze
di tutti i giorni e che in qualche modo, con la loro drammaticità travolgono e spesso
modificano radicalmente la vita del bambino stesso.
Possiamo definire un evento traumatico come qualcosa di oggettivamente diverso da un
brutto voto riportato a scuola, da una lite tra amici o da una punizione ricevuta da un
genitore; ed è stato definito dall'APA (American Psychiatric Association) nel 1994
come:
18 Cavedon A. Calzolari M. G., Come si esamina un testimone, Giuffrè Editore, Milano, 2005, pag. 4445.
20
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"... la diretta esperienza personale di un evento che comporta l'effettiva o temuta morte o
serio danno, oppure la preoccupazione per la propria integrità fisica; oppure la preoccupazione per la propria integrità fisica; oppure la testimonianza di un evento che
riguarda la morte, il ferire o il danneggiare l'integrità fisica di un'altra persona; oppure
apprendere di morti violente o inaspettate, serie ferite o pericolo di morte vissuti da
familiari o da altre persone vicine...19"
Secondo alcuni autorevoli autori la memoria segue dei meccanismi standard e quindi
tutti i ricordi seguono le stesse regole, mentre altri sono portati a ritenere che il ricordo
di un evento traumatico possa costituire un fenomeno cognitivo parzialmente o
completamente differente rispetto ad altri tipi di ricordi.
“Per alcuni autori il ripetersi per più volte di un evento, come facilmente succede nel
caso di un abuso sessuale o di violenza fisica all'interno delle mura domestiche, può
portare a fenomeni di dissociazione o rimozione del ricordo20”.
Il bambino in questo caso mette in atto per difendersi da tali eventi un meccanismo che
porta a dimenticare selettivamente le informazioni collegate all'abuso, che potranno
essere forse recuperate in età adulta, in particolari contesti. Tutti gli autori comunque,
sono d'accordo sul fatto che l'unicità dell'evento sia la migliore garanzia del ricordo
autobiografico.
Gli studi sulla memoria hanno dimostrato che tutto ciò che è nuovo, imprevedibile, che
in qualche modo esce dagli schemi e dalle aspettative che il soggetto possiede, risulta
significativo, saliente per il soggetto e quindi viene ricordato meglio. Anche il ricordo di
eventi traumatici unici segue queste regole.
“Un comportamento che è anche spesso riscontrabile in coloro che sono stati vittime di
eventi traumatici e che la letteratura definisce come "Disturbo Post Traumatico" (PTSD)
si manifesta come un ricordo distorto che può alternativamente dare origine a due fasi
diverse, l'una definita come iperamnesia intrusiva, caratterizzata da incubi, pensieri
ricorrenti ed intrusivi riguardanti l'evento, iper-reattività, irritabilità, disturbi del sonno,
ansia ecc...
Tale fase si alterna in genere con una seconda fase, definita come evitamento o amnesia
post-traumatica dove il comportamento che il soggetto manifesta è diametralmente
19 American Psychiatric Association (APA), Diagnostic and Statistica manual of mental disorders,
Washinhton DC, 1994.
20 Cavedon, Calzolari M. G., Come si esamina un testimone, Giuffrè Editore, Milano, 2005, pag. 50.
21
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opposto al primo: tentativo di evitare pensieri ed azioni collegate al trauma, incapacità
di ricordare aspetti cruciali dell'evento, distacco dagli altri e anche dalle proprie
emozioni, diminuzione d'interesse per attività piacevoli ecc... sono infatti i
comportamenti tipici di tale momento21.
3.3 Intervista Cognitiva e Minori
Molte ricerche ribadiscono che generalmente i bambini molto piccoli ricordano meno
informazioni rispetto ai bambini più grandi e che, generalmente, più i bambini sono
piccoli più sono suggestionabili. “Una recentissima ricerca italiana condotta con
bambini di 6,7 e 8 anni ha evidenziato come i piccoli testimoni siano influenzati dal tipo
di domande che vengono poste loro nel fornire un resoconto testimoniale più o meno
attendibile. Infatti i bambini interrogati utilizzando domande suggestive hanno risposto
confermando i suggerimenti contenuti nelle domande. Questa ricerca ha quindi
confermato che i piccoli testimoni si lasciano facilmente suggestionare dall'adulto che li
interroga e, di conseguenza, pone l'accento sull'importanza di un'adeguata preparazione
di chi conduce le interviste. A questo punto ci chiediamo se L'intervista Cognitiva sia in
grado di rispondere alle esigenze che emergono durante l'interrogatorio22”.
Poiché l'obiettivo principale dell'Intervista Cognitiva è quello di aumentare il numero di
informazioni corrette riportate dal teste e poiché tale tecnica pone molta enfasi sulla fase
di ricostruzione del rapporto con il testimone con l'obiettivo di tranquillizzarlo e
metterlo a proprio agio, essa potrebbe dare buoni risultati se utilizzata anche con
bambini di diverse fasce d'età. Fino ad oggi, comunque, l'uso dell'I.C. è stato
sconsigliato con i bambini di età inferiore agli otto anni a causa dell'impossibilità per i
bambini più piccoli di comprendere le mnemotecniche richieste. Nello specifico,
l'utilizzo dell'attivazione delle immagini mentali, rischia di accrescere la possibilità che i
bambini introducano nel loro racconto elementi di fantasia o invenzioni, possibilità
questa che generalmente nel racconto libero si verifica raramente. “Al di sotto degli otto
anni, quindi, è consigliabile utilizzare l'I.S. che conserva l'indispensabile fase della
costruzione di un buon rapporto con il testimone, l'utilizzo del racconto libero come
inizio dell'intervista e il successivo uso di domande aperte e non tendenziose. I
21 Ivi. Pag. 55.
22 Tratto dal sito www.testimonianzaminori.psy.unipd.it
22
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ricercatori, infatti, hanno messo in evidenza che il ricordo libero dei bambini piccoli,
anche al di sotto degli otto anni, può essere accurato come il ricordo dell'adulto. Ciò che
contraddistingue il racconto libero dei bambini molto piccoli è la quantità delle
informazioni fornite23”.
3.4 Minori e validazione delle testimonianze
Sulla base dei risultati riportati dalle ricerche sperimentali riportate nel paragrafo
precedente, è evidente che, seguendo alcune regole basilari che caratterizzano tutte le
tipologie di interviste citate, è possibile garantire un resoconto testimoniale attendibile e
accurato a prescindere dall'età del minore. “L'intervistatore quindi, dovrà personalizzare
e tarare ogni intervista sulla base delle caratteristiche ed esigenze specifiche di ogni
singolo caso, muovendosi all'interno della cornice generale di riferimento delineata da
tre specifiche aree:
 creare un buon rapporto con il testimone con il fine di tranquillizzarlo e metterlo a
proprio agio dedicando quindi ampio spazio e attenzione alla iniziale fase di costruzione
del rapporto con il piccolo teste;
 iniziare l'intervista con il racconto libero;
 procedere con domande aperte per concludere con quelle chiuse evitando
tassativamente domande tendenziose.
Seguendo queste linee guida è possibile rispettare le quattro finalità che si propongono
le interviste citate, garantendo i canoni giuridici e, allo stesso tempo, tutelando il minore
nel momento testimoniale:
 diminuire il possibile effetto traumatico dell'intervista sul minore;
 ottenere il massimo delle informazioni del minore in merito all'evento presunto;
 ridurre gli effetti di contaminazione dell'intervista sul ricordo dell'evento da parte del
minore;
 mantenere l'integrità del processo investigativo24”.
E' infine importante sottolineare che questo è un livello che precede qualsiasi
attribuzione di significato rispetto alle dichiarazioni. Il compito dell'Esperto non è
23 Calzolari M. G., L'interrogatorio del minore vittima e/o testimone di reato da parte di polizia
giudiziaria, pubblici ministeri e giudici nel nord Italia, Psicologia e Giustizia, rivista on line di
Psicologia Giuridica, 2000, (www.psicologiagiuridica.com) anno 1 n. 2.
24 Ibidem.
23
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quello di credere o non credere al bambino, ma di raccogliere elementi di giudizio da
proporre all'Autorità competente.
3.5
Minori e validazione della testimonianza
“Per rispondere al quesito di attendibilità della deposizione del minore è stata elaborata
la Statement Validity Analysis (S.V.A.).
Essa costituisce uno degli strumenti più recenti per la valutazione delle dichiarazioni dei
bambini ed è stata sviluppata in Germania negli anni cinquanta da Udo Undeutsch.
L'ipotesi di base sta nell'esistenza di differenze nella struttura e nel contenuto delle
dichiarazioni reali rispetto a quelle che sono frutto della fantasia25”. Una corretta e
attendibile applicazione del metodo prevede l'utilizzo di tutte e tre le sue componenti:
 procedura di intervista;
 procedura di analisi delle dichiarazioni;
 lista di controllo della validità.
La procedura di intervista, sia essa un'Intervista Cognitiva o un'Intervista Strutturata, si
propone di raccogliere il maggior numero di informazioni riducendo al minimo la
contaminazione del ricordo e gli effetti della suggestione e mira a diminuire il possibile
effetto traumatico dell'intervista sul bambino.
Si inizia con argomenti neutri utili a stabilire il rapporto con il bambino. La fase
successiva prevede il racconto libero degli eventi indagati, sulla base del quale vengono
poi poste alcune domande non suggestive per aiutare il bambino a precisare le
informazioni. Il colloquio deve quindi essere concluso in una atmosfera positiva per il
bambino. L'intervista si propone di ottenere dal bambino il maggior numero di
informazioni possibili attraverso la narrazione libera.
“La Criteria-Based Content Analysis si basa sull'ipotesi di Undeutsch secondo la quale
racconti che si riferiscono ad eventi realmente vissuti differiscono qualitativamente
dalle deposizioni frutto di invenzione e/o di induzione o di coercizione. La C.B.C.A.
quindi è un analisi del contenuto della deposizione applicata alla trascrizione letterale
della narrazione libera fatta dal bambino. In tale trascrizione viene valutata la presenza o
assenza di criteri di contenuto rappresentativi degli indicatori di realtà. I criteri non si
25 Cavedon A. Calzolari M. G., Come si esamina un testimone, Giuffrè Editore, Milano, 2005, pag. 56.
24
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considerano soddisfatti qualora fossero rilevati su risposta a domanda diretta26”. Devono
inoltre essere tenute in considerazione le capacità verbali e cognitive del bambino e al
tempo stesso anche la complessità dell'evento raccontato. E' importante sottolineare che
l'applicazione dei criteri permette di ottenere un giudizio sul contenuto della
deposizione non sulla sua credibilità.
“La Validity Checklist è una procedura investigativa e valutativa che ci permette di
esplorare tutte le informazioni disponibili e tutte le possibili spiegazioni dei dati e
comprende undici aree da esaminare per integrare nuove informazioni con quelle
ottenute dall'analisi del contenuto attraverso la C.B.C.A., permettendo di valutare così
anche ipotesi alternative alla veridicità del racconto27”. Ad esempio le ipotesi alternative
potrebbero essere: le ipotesi sono valide ma il bambino ha sostituito una persona con
un'altra; le informazioni sono valide ma il bambino ha o è stato indotto ad aggiungere
altre informazioni completamente false; il bambino ha fatto false affermazioni per
motivi personali ecc.
Per potere applicare correttamente il metodo S.V.A. è fondamentale ed indispensabile
che il racconto del minore sia raccolto in modo adeguato, così come avviene da alcuni
anni in alcuni Paesi europei, dove anche la polizia giudiziaria viene addestrata a
raccogliere le testimonianze in modo utile. Questo permetterebbe di applicare subito, al
primo colloquio con il minore, la valutazione del contenuto della deposizione basata sui
criteri della C.B.C.A. ed eviterebbe quindi che il bambino venisse sottoposto ad ulteriori
richieste di raccontare i fatti. Tale prassi impedirebbe anche di contaminare il ricordo
del minore con l'utilizzo di domande tendenziose o suggestive.
Risultati di diverse ricerche hanno confermato l'importanza dello studio dell'età come
fattore che influenza la presenza sia di singoli criteri che del loro totale. L'occorrenza
dei criteri aumenta infatti in funzione dell'età del testimone, evidenziando così la
necessità di considerare la tecnica in prospettiva evolutiva.
Si trova conferma del valore dei criteri CBCA come indicatori di credibilità
considerando la presunta alta consistenza dei casi che giungono ad una discussione in
sede processuale nei quali l'occorrenza dei criteri è maggiore.
26 Ivi, pag. 57.
27 Ivi, pag. 58.
25
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Capitolo 4
COME USARE L'INTERVISTA COGNITIVA
E L'INTERVISTA STRUTTURATA
4.1 Premessa
In questa ultima fase vengono forniti dei suggerimenti derivati dalle esperienze sul
campo degli studiosi, su come addestrare gli operatori ad interrogare un testimone
secondo le norme dell'Intervista Cognitiva e dell'intervista Strutturata.
Il primo passo che si deve compiere è quello di motivare gli operatori all'uso delle
specifiche tecniche spiegando loro quali siano gli indubbi vantaggi che esse possono
offrire.
Successivamente si dovranno fornire dettagliate informazioni sia sugli scopi che sulla
modalità di addestramento.
“Si dovrà anche avvertire che per apprendere e saper utilizzare l'Intervista Cognitiva o
l'Intervista Strutturata è necessario un training minimo di circa 6-8 ore, suddivise
preferibilmente in due incontri di circa 3-4 ore ciascuno e che normalmente durante il
primo incontro verrà affrontata la parte teorica e cioè verranno spiegate nei particolari le
diverse fasi delle due tecniche e i principi teorici della psicologia cognitiva e sociale che
ne stanno alla base.
La seconda parte del training consisterà invece in esercitazioni pratiche durante le quali
i soggetti applicano le due tecniche tramite role-playing e interviste simulate28”.
4.2 Schema dell'Intervista Cognitiva
1° Fase: creare rapporto
_ modo di porsi dell'intervistatore;
_ instaurare rapporto con il testimone e personalizzare l'intervista;
_ spiegare scopo dell'intervista;
_ trasferire il controllo dell'intervista al testimone.
28 Ivi, pag. 59-60.
26
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2° Fase: racconto libero
_ ricreare il contesto dell'evento;
_ racconto libero;
_ richiesta di riportare tutti i particolari;
_ richiesta se ricorda altro.
3° Fase: domande
_ ridestare attenzione del testimone e sua concentrazione;
_ attivare immagini mentali specifiche;
_ come formulare domande.
4° Fase: chiusura
_ commiato amichevole e ringraziamenti.
4.3 Schema dell'Intervista Strutturata
1° Fase: creare rapporto
_ modo di porsi dell'intervistatore;
_ instaurare rapporto con il testimone;
_ saluti;
_ spiegare lo scopo dell'intervista; trasferire il controllo dell'intervista al testimone; dire
di raccontare senza inventare.
2° Fase: racconto libero
_ racconto libero;
_ richiesta di riportare tutti i particolari;
_ richiesta se ricorda altro.
3° Fase: domande
_ ridestare attenzione del testimone e sua concentrazione;
_ come formulare le domande.
4° Fase: secondo racconto
27
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_ chiedere al testimone di raccontare nuovamente il fatto.
5° Fase: chiusura
_ commiato amichevole e ringraziamenti.
4.4 Fasi dell'Intervista Cognitiva e dell'Intervista Strutturata
1° Fase: CREARE RAPPORTO CON IL TESTIMONE (uguale nell'I.S.)
Instaurare un buon rapporto con il testimone e creare una comunicazione efficace è il
primo passo per ottenere un buon resoconto testimoniale, tenendo sempre in primo
piano la tutela della vittima e/o testimone oculare.
a) Modo di porsi dell'intervistatore
Ai fini di una buona riuscita di un'intervista è molto importante un comportamento non
verbale corretto. Infatti vi sono alcune semplici regole che un buon intervistatore
dovrebbe rispettare:
 tenere una distanza adeguata dal testimone, senza essere nè troppo invadente nè
troppo distante;
 sedersi in modo rilassato, portandosi con il corpo leggermente verso il testimone;
 esprimere sentimenti amichevoli e di sostegno;
 guardare frequentemente il testimone senza però fissarlo insistentemente;
 parlare lentamente, usare frasi corte e lasciare brevi pause tra le frasi, così da
permettere al testimone di inserirsi nella conversazione;
 esprimere attenzione ed interesse con segni di assenso ma senza dare valutazioni;
 rinforzare il testimone con apprezzamenti per il suo impegno;
 evitare di parlare in modo brusco;
 non interrompere mai il testimone mentre sta parlando;
 permettere che ci siano momenti di silenzio;
 dimostrare sempre pazienza.
b) Instaurare il rapporto con il testimone e personalizzare l'intervista
Prima di iniziare l'intervista è importantissimo creare un rapporto di fiducia e
collaborazione così da porre le basi per una comunicazione efficace.
Per ridurre l'insicurezza e la tensione è importante che l'intervistatore, all'arrivo del
testimone, si alzi e lo accolga presentandosi con il proprio nome.
28
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Quindi prima di chiedere qualsiasi cosa relativa all'evento è importante creare
un'atmosfera rilassante e assicurarsi che il testimone si senta tranquillo e sicuro di sè.
c) Spiegare lo scopo dell'intervista-trasferire il controllo al testimone-dire di raccontare
senza inventare.
E' necessario far presente al testimone che ciò di cui abbiamo bisogno è un racconto il
più attendibile e dettagliato possibile. Gli si dirà in modo esplicito che dovrà cercare di
ricordare il più possibile senza però tirare a indovinare o inventare nulla. Infine, prima
di chiedere al testimone di iniziare il racconto bisogna rendere il testimone consapevole
del fatto che è solo lui il possessore dell'informazione e quindi è solo lui che ci può
aiutare. Il ruolo di protagonista in questo modo non compete più a chi interroga, ma a
chi è interrogato.
2° Fase: RACCONTO LIBERO (uguale nell'I.S. senza ricreare il contesto)
a) Ricreare il contesto dell'evento (assente nell'I.S)
Come sappiamo, il ricordo può essere migliorato ricreando, anche solo mentalmente, al
momento dell'intervista, il contesto emotivo e fisico dell'evento. Ritornare con il ricordo
alla situazione critica e in qualche modo riviverla sia mentalmente che emotivamente.
b) Racconto libero- richiesta di riportare tutti i particolari
Dopo aver ricreato il contesto dell'evento si chiede al testimone di iniziare il racconto
del fatto descrivendo tutto ciò che ricorda, anche i particolari che possono sembrare
insignificanti. E' importante non interrompere il testimone durante il racconto. Il
silenzio infatti, è uno strumento molto importante per indurre risposte più elaborate.
c) Richiesta se ricorda altro
Quando il testimone ha terminato il suo racconto è estremamente utile, prima di passare
alla fase delle domande, chiedergli se riesce, dopo che ha esplicitato l'accaduto
attraverso il racconto libero, a ricordare qualcos'altro.
3° Fase: DOMANDE (uguale nell'I.S. senza attivare immagini mentali specifiche)
La fase delle domande, è in genere, il momento più critico ed impegnativo
dell'intervista. Il testimone dovrà attivare immagini specifiche e rispondere alle
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domande in modo dettagliato e puntuale, mentre chi interroga dovrà porre attenzione al
tipo di domande che proporrà al testimone. E' spesso difficile fuggire alla tentazione di
utilizzare domande suggestive o in qualche modo vincolanti, ma il compito di un buon
intervistatore è proprio quello di riuscire a far dire al testimone quello che veramente
ricorda e non suggerire il ricordo.
a) Ridestare l'attenzione del testimone e la sua concentrazione
A questo punto è utile riattivare l'attenzione del testimone e ricordargli che questa è, per
lui, la fase più impegnativa dell'intervista, ma anche quella più produttiva.
b) Come formulare le domande per ottenere i migliori risultati da un'intervista è
importante che si usino le domande appropriate e che si evitino i tipi di domanda che
danno luogo a risposte scorrette e incomplete.
“SI alle domande aperte: permettono al testimone di dare risposte più complete ed
elaborate.
SI a alle domande chiuse ma solo se strettamente necessarie e da farsi sempre dopo
quelle aperte.
NO alle domande a scelta vincolata: con queste domande si presentano al testimone
poche alternative e si lascia supporre che la risposta sia necessariamente una di queste.
NO alle domande multiple
NO alle domande linguisticamente complesse
NO alle domande suggestive: queste domande possono pregiudicare il ricordo e il modo
in cui viene riferito29”.
c) Attivare immagini mentali specifiche (assente nell'I.S)
Per rispondere alle domande si chiede al testimone di attivare l'immagine mentale
relativa alla domanda formulata, usando lo stesso procedimento messo in atto
precedentemente per la ricostruzione del contesto.
Può essere utile consigliare all'intervistato di chiudere gli occhi.
4° Fase: SECONDO RACCONTO CON MODALITA' DIVERSE (diverso nell'I.S)
29 Ivi, pag. 74-75.
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a) Cambio di prospettiva e racconto in ordine inverso (sostituite nell'I.S. con un secondo
racconto libero).
Allo scopo di ottenere più dettagli può essere utile chiedere al testimone di ripetere
nuovamente il racconto partendo dalla fine del racconto stesso o da un punto
particolarmente saliente e rilevante.
Si può chiedere al testimone anche di mettersi nei panni di un altro teste e di raccontare
l'evento dal punto di vista di quest'ultimo.
5° Fase: CHIUSURA (uguale nell'I.S)
a) Commiato amichevole e ringraziamenti
Al termine dell'intervista l'intervistatore dovrebbe lasciare un'ultima impressione
positiva al testimone, ringraziandolo per la collaborazione e per l'impegno dimostrato.
In questo modo il testimone si sentirà più propenso a collaborare nuovamente con lui,
sia in caso dovesse ricordare altri dettagli dell'evento, sia in caso dovesse essere
nuovamente chiamato a testimoniare. E' doveroso ricordare che durante tutta l'intervista,
oltre all'acquisizione di informazioni, l'obiettivo principale è la tutela e il rispetto del
testimone stesso.
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Conclusioni
L’Intervista Cognitiva è uno dei più significativi ed importanti contributi che la
psicologia ha fornito alla pratica giuridica.
Essa risponde al triplice obiettivo di:
 ottenere il maggior numero di informazioni possibili dalla memoria di un testimone
oculare e/o vittima;
 non distorcere con informazioni sbagliate il ricordo originale del testimone;
 tutelare il testimone e/o vittima.
Si è dimostrata in assoluto la tecnica più efficace, non solo rispetto ad una Intervista
Standard, ma anche rispetto all’intervista Strutturata, che le è simile nell’aspetto
procedurale, ma che differisce da essa perché non utilizza specifiche strategie di ricordo.
L’Intervista Cognitiva deve però essere usata con cautela quando il testimone è un
minore, specialmente se la sua età è inferiore agli otto anni. In questi casi può essere
preferibile usare l’Intervista Strutturata.
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