(2015) in PDF - Società Italiana di Pediatria
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“Mai più bambini ricoverati con adulti” Enuresi: chiariamoci le idee Bisogna riconoscere la specificità e l’unicità dell’area pediatrica, spiega Tommaso Langiano. Si tratta di un disturbo molto comune in età pediatrica, ma l’eziologia è multifattoriale. Cosa fare e cosa non fare? pagina14 pagina18 www.sip.it volume 5 | numero 7-8 | luglio-agosto 2015 Mensile - Poste italiane spa - Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, Aut. GIPA/C/RM/13/2011 - Un fascicolo e 25 Magazine della Società Italiana di Pediatria Diamoci una mossa L’attività fisica è essenziale per prevenire molte patologie e favorire uno sviluppo armonico, ma i bambini e gli adolescenti che soffrono di patologie croniche spesso non sono adeguatamente esortati a svolgere con costanza un’attività sportiva. Con la conseguenza di accrescere i fattori di rischio in una fascia di popolazione vulnerabile. Eppure per questi bambini lo sport avrebbe indubbi vantaggi non solo per la salute fisica ma anche psicologica e sociale, perché l’attività fisica aumenta il senso di benessere e aiuta a liberarsi dalla paura per sognare un futuro migliore. Nelle pagine interne una piccola guida per aiutare il pediatra a incoraggiare, guidare e sostenere – in collaborazione con gli specialisti – i bambini affetti da alcune tra le più frequenti patologie croniche a intraprendere e perseverare nell’attività sportiva. I servizi alle pagine 9-13 Choosing Wisely in Neonatologia L’American Academy of Pediatrics ha individuato per l’iniziativa “Choosing Wisely” 5 pratiche “a rischio in appropriatezza” in Neonatologia. pagina6 Prepariamo insieme, grandi e piccini, pasti per tutti, completi e gustosi. La SIP all’EXPO sul tema della nutrizione nei primi 1000 giorni di vita Una Conferenza Internazionale presieduta da Giovanni Corsello, Sergio Bernasconi e Gianvincenzo Zuccotti. pagina21 “Mai più bambini ricoverati con adulti” Enuresi: chiariamoci le idee Bisogna riconoscere la specificità e l’unicità dell’area pediatrica, spiega Tommaso Langiano. Si tratta di un disturbo molto comune in età pediatrica, ma l’eziologia è multifattoriale. Cosa fare e cosa non fare? pagina18 pagina14 www.sip.it volume 5 | numero 7-8 | luglio-agosto 2015 Mensile - Poste italiane spa - Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, Aut. GIPA/C/RM/13/2011 - Un fascicolo e 25 Magazine della Società Italiana di Pediatria Diamoci una mossa L’attività fisica è essenziale per prevenire molte patologie e favorire uno sviluppo armonico, ma i bambini e gli adoleadole scenti che soffrono di patologie croniche spesso non sono adeade guatamente esortati a svolgere con costanza un’attività sportiva. Con la conseguenza di accrescere i fattori di rischio in una fascia di popolazione vulnerabile. Eppure per questi bambini lo sport avrebbe indubbi vantaggi non solo per la salute fisica ma anche psicologica e sociale, perché l’attività fisifisi ca aumenta il senso di bebe nessere e aiuta a liberarsi dalla paura per sognare un futuro migliore. Nelle pagipagi ne interne una piccola guida per aiuaiu tare il pediatra a incoraggiare, guidare e sostenere – in collaborazione con gli speciaspecia listi – i bambini affetti da alcune tra le più frefre quenti patologie croniche a intraprendere e perseverare nell’attività sportiva. Editoriali I servizi alle pagine 9-13 Choosing Wisely in Neonatologia L’American Academy of Pediatrics ha individuato per l’iniziativa “Choosing Wisely” 5 pratiche “a rischio in appropriatezza” in Neonatologia. Prepariamo insieme, grandi e piccini, pasti per tutti, completi e gustosi. In questo numero Una Conferenza Internazionale presieduta da Giovanni Corsello, Sergio Bernasconi e Gianvincenzo Zuccotti. pagina6 pagina21 Pediatria volume 5 | numero 7-8 luglio-agosto 2015 Magazine ufficiale della Società Italiana di Pediatria (SIP) via Gioberti 60 00185 Roma Tel. 06 4454912 www.sip.it DIrettore ScIentIfIco GIovannI corSello DIrettore Cinthia Caruso BoarD eDItorIale Rino Agostiniani Liviana Da Dalt Domenico Minasi Andrea Pession Davide Vecchio reDazIone David Frati PuBBlIcItà e PromozIone Livia Costa [email protected] 06 86282342 Tiziana Tucci [email protected] 06 86282323 Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 586/2002 aBBonamentI 2015 News Fresche di stampa a Cura Di liviana Da Dalt 4 Choosing wisely in Neonatologia 6 Fumo in gravidanza? Si vede già dall’ecografia 4D 6 7 Trend delle prescrizioni di farmaci antipsicotici “Super-mappa” del microbiota intestinale al Bambino Gesù Ipoacusia nei neonati: intervenire precocemente a Cura Di DaviD Frati Individuale E 40,00 Istituti, enti, biblioteche E 80,00 Estero E 120,00 PreSIDente GIovannI corSello conSIGlIo DIrettIvo alBerto vIllanI (vIcePreSIDente), luIGI Greco (vIcePreSIDente), rIno aGoStInIanI (teSorIere), faBIo carDInale, antonIo correra, lIvIana Da Dalt, DomenIco mInaSI, anDrea PeSSIon, maSSImo BarBaGallo, elvIra verDucI (conSIGlIerI ), GIuSePPe maSnata (DeleGato SezIonI reGIonalI SIP), luIGI memo (DeleGato conSulta nazIonale), roSalIa Da rIol (DeleGato conferenza GruPPI DI StuDIo ) Il Pensiero Scientifico Editore Via San Giovanni Valdarno 8 00138 Roma Tel. 06 862 821 Fax 06 862 82 250 www.pensiero.it www.facebook.com/ PensieroScientifico twitter.com/ilpensiero DIrettore reSPonSaBIle Giovanni Luca De Fiore ProGetto GrafIco e ImPaGInazIone Typo srl, Roma ImmaGInI © 2015 Thinkstock.com StamPa Arti Grafiche Tris, Via delle Case Rosse, Roma settembre 2015 ISSN 2240-3183 2 3 La SIP all’EXPO sul tema della nutrizione nei primi 1000 giorni di vita Pianeta SIP 7 La SIP all’EXPO sul tema della nutrizione nei primi 1000 giorni di vita Giovanni Corsello 21 8 ECG e attività motoria, una questione da riaprire 22 Il Presidente Corsello visita l’AAP a Chicago 24 8 9 Attualità Enuresi: chiariamoci le idee Pietro Ferrara, annamaria amato Spegnere il ventilatore o continuare le cure? mario De Curtis Mai più bambini ricoverati con adulti Rischio clinico in Pediatria DomeniCo minasi Primo piano Sport nel bambino con patologie croniche 22 25 27 14 16 intervista a tommaso l anGiano 18 Stop alle diseguaglianze alla nascita 20 La clinica Fibromatosis colli rino aGostiniani 26 Pediatri inFormazione Keep calm and treat it! a Cura Di 18 Pediatria numero 7-8 - luglio-agosto 2015 liviana Da Dalt, DaviDe veCChio 27 Libri P(r)eso di mira rita tanas, DaviDe veCChio 28 “ L ’adolescente si ammala poco, ma muore spesso”. Questo aforisma del Professor Giovannelli veniva spesso citato dal Professor Burgio nei numerosi testi e articoli scritti per promuovere la cultura dell’adolescentologia tra i pediatri italiani. Mi è ritornato in mente più volte nella estate appena trascorsa, a proposito di diversi episodi di cronaca che riferivano di ragazzi morti dopo l’assunzione di sostanze varie per seguire il mito dello “sballo”. Molti ragionamenti si potrebbero fare sulle motivazioni psicologiche e sociali di questo fenomeno ormai di massa, che ha assunto proporzioni allarmanti di cui dobbiamo preoccuparci non solo come medici e pediatri, ma anche come persone e cittadini. Si potrebbe a lungo disquisire sui falsi miti veicolati dal web, sulla solitudine interiore di molti adolescenti, sulla inadeguata integrazione relazionale e affettiva di questi adolescenti in famiglia, a scuola, tra i coetanei. Quello che c’è da dire è che non si può più semplicemente assistere alla proliferazione incontrollata del fenomeno senza una programmazione ed una Giovanni Corsello Presidente SIP Salute digitale Q Cinthia Caruso Direttore di “Pediatria” ualche anno fa una bambina americana in vacanza con la sua famiglia in Guatemala si ammalò gravemente. Al dottor Jeffrey Burns, capo della Terapia intensiva del Children’s Hospital di Boston, venne chiesto di prendersi cura di lei da lontano. Burns installò un collegamento video con i suoi colleghi in Guatemala, ma constatò che c’erano ancora troppo difficoltà tecniche per la condivisione e lo scambio di conoscenze. E notò anche che persino suo figlio adolescente, utilizzando la Xbox, aveva un modo migliore per comunicare con le persone. Questa è stata la scintilla che ha convinto il dottor Burns a mettersi al lavoro per dar vita a OPENPediatrics (http://openpediatrics.org), una piattaforma digitale gratuita di apprendimento dove medici, infermieri e altri professionisti della salute di tutto il mondo possono condividere conoscenze mediche ed esperienze grazie alla tecnologia. Obiettivo: migliorare le possibilità di cura dei bambini in tutto il mondo abbattendo le frontiere geografiche. La piattaforma, nata da una collaborazione tra Boston Children’s Hospital, IBM e altre aziende e or- attuazione di provvedimenti efficaci. Se siamo consapevoli della piena inclusione dell’adolescenza nell’età evolutiva, il nostro compito di pediatri è anche quello di verificare nelle famiglie segnali di allarme nel comportamento degli adolescenti. Chiedere notizie su stili di vita e difficoltà di relazione degli adolescenti significa rispondere alla advocacy della Pediatria di tutelare e promuovere salute e diritti di neonati, bambini e adolescenti. Bisogna altresì imparare a parlare con gli adolescenti, di più e meglio, senza dotte conversazioni infarcite di termini tecnici, ma mettendo sul piatto i rischi concreti di comportamenti “sballati”. Non possiamo supinamente accettare che adolescenti assumano in modo incontrollato alcool e pasticche varie insieme, senza curarsi dei rischi che corrono. Da qualche parte è giunta la proposta di chiudere le discoteche coinvolte. Non si tratta di chiudere le discoteche per penalizzarne qualcuna, ma è necessario far sì che non sia possibile in quei contesti diffondere e spacciare impunemente droghe e sostanze ad alto rischio per la salute e per la vita. Non con note e circolari ad effetto solo mediatico, ma con azioni concrete che coinvolgano tutti i soggetti coinvolti. I pediatri sono pronti a fare la propria parte, sul piano della prevenzione e del counselling con gli adolescenti e con i genitori. Aspettiamo che anche gli altri facciano la loro. ganizzazioni, è oggi utilizzata in 127 Paesi e conta su una rete di oltre 800 ospedali che condividono protocolli, percorsi di apprendimento guidato, conferenze di esperti, dimostrazioni, simulazioni di dispositivi interattivi e altro ancora. Questo è un esempio positivo di come il web può migliorare la comunicazione, la condivisione di informazioni preziose e di best practice, mettendo in rete esperienze e competenze, soprattutto nella gestione dei casi critici. In questi ultimi mesi si è posto molto l’accento sui rischi che arrivano da internet e soprattutto sulla minaccia per la salute pubblica rappresentata dalla diffusione di false informazioni attraverso il web: il calo delle vaccinazioni è il caso più eclatante. OPENPediatrics, come altre applicazioni di questo tipo, ci mostra invece l’altra faccia della medaglia: la straordinaria capacità del web di abbattere le barriere geografiche, di aiutare i Paesi ancora poco attrezzati ad affrontare casi critici o patologie rare, a trovare nuove risposte, nuove risorse professionali. Uno degli esempi che è stato citato per illustrare i vantaggi di questa iniziativa è la storia di un medico turco. Grazie a lui e ai protocolli basati sui moduli di OPENPediatrics adottati dagli ospedali turchi sulle infezioni associate all’uso del catetere, i tassi di infezione sono subito crollati. Non hanno resistito alla potenza delle nuove tecnologie. Pediatria numero 7-8 - luglio-agosto 2015 Editoriali Droghe e alcool: un cocktail letale 3 News Ho gettato via la mia tazza quando ho visto un bambino che beveva al ruscello dalle proprie mani Socrate Fresche di stampa Probiotici per aDhD e sindrome di Asperger? Nefrotossicità da acyclovir: problema reale Pärtty A, Kalliomäki M, Wacklin P, Salminen S, Isolauri E. A possible link between early probiotic intervention and the risk of neuropsychiatric disorders later in childhood: a randomized trial. Pediatr Res 2015;77(6):823-8. Rao S, Abzug MJ, Carosone-Link P, Peterson T, Child J, Siparksy G, Soranno D, Cadnapaphornchai MA, Simões EA. Intravenous acyclovir and renal dysfunction in children: a matched case control study. J Pediatr 2015;166(6):1462-1468. Questo trial clinico randomizzato a doppio cieco analizza gli effetti della somministrazione per via orale nei primi sei mesi di vita di Lactobacillis rhamnosus GG sullo sviluppo della sindrome da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) e sulla sindrome di Asperger. I risultati del lavoro, che ha incluso 75 pazienti seguiti con regolare follow-up fino all’età di 13 anni, portano i ricercatori a concludere che la somministrazione precoce di probiotici sembra ridurre il rischio di disturbi neuropsichiatrici tardivi, forse attraverso meccanismi non limitati alla composizione del microbiota intestinale. Tali dati vanno considerati come preliminari e vanno pertanto interpretati con estrema cautela. Un alert sulla nefrotossicità da acyclovir, farmaco di relativamente comune utilizzo nel bambino. Attraverso un ampio studio retrospettivo caso-controllo gli autori dimostrano infatti come la nefrotossicità da acyclovir somministrato per via endovenosa sia frequente, arrivando ad interessare il 35% dei pazienti, ed individuano tra i fattori di rischio l’utilizzo di dosi elevate, l’età superiore agli 8 anni e la concomitante somministrazione di ceftriaxone. Tali risultati devono essere di monitor per un uso accorto del farmaco nella pratica clinica. Malattia Infiammatoria Pelvica a cura di Liviana Da Dalt Brunham RC, Gottlieb SL, Paavonen J. Pelvic inflammatory disease. N Engl J Med 2015;21;372(21):2039-48. 4 Il “New England Journal of Medicine” propone nel mese di maggio un’interessante review relativa alla Malattia Infiammatoria Pelvica (PID, Pelvic Inflammatory Disease), ovvero la flogosi del tratto superiore dell’apparato riproduttore femminile (endometrio, tube di Falloppio, ovaie e peritoneo) dovuta ad infezioni vaginali ascendenti perlopiù sessualmente acquisite. La PID è sempre più considerata un importante problema di salute perché può compromettere la futura capacità riproduttiva, con infertilità e gravidanze ectopiche, oltre che essere causa di disturbi dolorosi cronici. Interessanti quindi la lettura della sua eziologia, delle manifestazioni cliniche, dei criteri di diagnosi, della terapia, della prevenzione e, infine, dei numerosi ambiti di ricerca ritenuti necessari per una migliore gestione di tale malattia. Pediatria numero 7-8 - luglio-agosto 2015 Ipercolesterolemia: ezetimibe in monoterapia? Kusters DM, Caceres M, Coll M, Cuffie C, Gagné C, Jacobson MS, Kwiterovich PO, Lee R, Lowe RS, Massaad R, McCrindle BW, Musliner TA, Triscari J, Kastelein JJ. Efficacy and safety of ezetimibe monotherapy in children with heterozygous familial or nonfamilial hypercholesterolemia. J Pediatr 2015;166(6): 1377-1384.e3 In questo studio multicentrico olandese viene analizzata l’efficacia e la sicurezza della monoterapia con ezetimibe, farmaco inibitore l’assorbimento del colesterolo, in 138 bambini tra i 6 e i 10 anni affetti da ipercolesterolemia, seguiti in un follow-up di 12 settimane. Ciò che gli autori dimostrano è che l’utilizzo di ezetimibe riduce in maniera statisticamente significativa la colesterolemia totale e, in particolare, la concentrazione di LDL e apolipoproteina B, con un buon profilo di sicurezza. Ulteriori studi saranno però necessari per analizzare gli esiti più a lungo termine e per confrontare l’ezetimibe con altri farmaci ipocolesterolemizzanti già in utilizzo nella popolazione pediatrica. Genitori che usano il web come fonte di informazione sui vaccini secondo una recente ricerca Censis. Il 70% degli intervistati dichiara di saperne molto o abbastanza di vaccinazioni, sebbene solo un esiguo 5,6% individui correttamente almeno 4 vaccinazioni obbligatorie. Una percentuale non trascurabile, il 7,8%, sceglie di non vaccinare i figli a seguito di quanto letto sul web. News Oltre il 42% Fattori di rischio per bronchiolite: dati italiani Lanari M, Prinelli F, Adorni F, Di Santo S, Vandini S, Silvestri M, Musicco M; Study Group of Italian Society of Neonatology on Risk Factors for RSV Hospitalization. Risk factors for bronchiolitis hospitalization during the first year of life in a multicenter Italian birth cohort. Ital J Pediatr 2015;41:40 DOI: 10.1186/s13052-015-0149-z È tutto italiano questo ampio studio multicentrico condotto in una coorte di 2314 neonati sani, che si pone l’obiettivo di valutare i fattori di rischio prenatali, perinatali e postnatali nello sviluppo di bronchiolite di severità tale da richiedere l’ospedalizzazione. I risultati confermano come fattori personali, da un lato, ed esposizione a fattori ambientali, dall’altro, abbiano un ruolo importante nel determinare la severità dell’infezione (anche indipendentemente dall’età gestazionale), come già riportato nella letteratura internazionale. Ma produrre dati epidemiologici nazionali è importante ai fini di pianificare interventi preventivi e sviluppare linee guida ‘su misura’ per la nostra popolazione. Maschera facciale o laringea nella rianimazione neonatale? Trevisanuto D, Cavallin F, Nguyen LN, Nguyen TV, Tran LD, Tran CD, Doglioni N, Micaglio M, Moccia L. Supreme Laryngeal Mask Airway versus Face Mask during Neonatal Resuscitation: A Randomized Controlled Trial. J Pediatr 2015;167(2):286-291.e1. DOI: 10.1016/j. jpeds.2015.04.051 Le linee guida di rianimazione neonatale prevedono l’utilizzo della maschera laringea in caso di fallimento della ventilazione con maschera facciale o tubo endotracheale. In questo trial randomizzato controllato condotto in Vietnam sono stati arruolati 142 neonati di età gestazionale >34 SG e PN >1500g, 71 dei quali hanno ricevuto ventilazione con maschera facciale e 71 con maschera laringea. I risultati hanno evidenziato nel gruppo ventilato con maschera laringea una riduzione della necessità di intubazione, un Apgar score a 5 minuti più elevato e una minor necessità di ricovero in Terapia Intensiva Neonatale. Le conclusioni degli autori sono che l’utilizzo della maschera laringea è sicuro ed efficace, dopo adeguato training degli operatori. Interventi cardiochirurgici e outcome neurologico Gaynor JW, Stopp C2 Wypij D, Andropoulos DB, Atallah J, Atz AM, Beca J, Donofrio MT, Duncan K, Ghanayem NS, Goldberg CS, Hövels-Gürich H, Ichida F, Jacobs JP, Justo R, Latal B, Li JS, Mahle WT, McQuillen PS, Menon SC, Pemberton VL, Pike NA, Pizarro C, Shekerdemian LS, Synnes A, Williams I, Bellinger DC, Newburger JW; International Cardiac Collaborative on Neurodevelopment (ICCON) Investigators. Neurodevelopmental Outcomes After Cardiac Surgery in Infancy. Pediatrics 2015;135(5):816-25. Rappaport L. Neurodevelopmental Outcome in Children With Congenital Heart Disease: A Work in Progress. Pediatrics 2015;135(5):926-7. Questo studio multicentrico condotto negli Stati Uniti analizza lo sviluppo psicomotorio in 1770 bambini con un’età media intorno ai 14 anni, sottoposti ad intervento cardiochirurgico per cardiopatia congenita nei primi mesi di vita. I risultati mostrano come tali bambini presentino più frequenti disabilità sia psicomotorie sia cognitive rispetto ai coetanei sani. Fattori ulteriori di rischio per lo sviluppo di tali disabilità sembrano essere il basso peso alla nascita, il sospetto di malattia genetica o la presenza di anomalia extra-cardiaca associata. La rivista “Pediatrics” dedica un editoriale a tale lavoro, nel quale si sottolinea come nonostante gli enormi progressi della cardiochirurgia degli ultimi decenni, essa ancora si trovi a dover far fronte alle disabilità psicomotorie e cognitive che ne esitano. È importante che i pediatri siano consapevoli di questo rischio e monitorino strettamente tali piccoli pazienti per i quali interventi riabilitativi precoci possono avere un impatto importante sul recupero delle funzioni compromesse. Non è bastato sconfiggere Ebola! Takahashi S, Metcalf CJ, Ferrari MJ, Moss WJ, Truelove SA, Tatem AJ, Grenfell BT, Lessler J. Reduced vaccination and the risk of measles and other childhood infections post-Ebola. Science 2015;347(6227):1240-2. Questo interessante articolo di “Science” esprime preoccupazione relativamente alla salute pubblica nei prossimi 6-18 mesi nei Paesi dell’Africa occidentale colpiti dall’epidemia da virus Ebola. Tale epidemia ha infatti determinato in questi Paesi a risorse limitate una completa lacerazione del sistema sanitario ed, in particolare, ha completamente interrotto i piani vaccinali. Si stima che la sola mancanza di copertura vaccinale contro il morbillo, se non si interverrà con la somministrazione dei vaccini in maniera massiva, determinerà dai 2.000 ai 16.000 morti nei prossimi 18 mesi. Pediatria numero 7-8 - luglio-agosto 2015 5 News Carta di Ragusa AIOM Condivisione delle scelte terapeutiche, empatia nella relazione medico-paziente, equità di accesso alle cure innovative e valorizzazione della ricerca clinica. Sono questi i quattro principi su cui si basa la Carta di Ragusa sull’Etica in Oncologia dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), la prima mai realizzata in Italia. Choosing wisely in Neonatologia sario usarli in modo più appropriato. Eliminare l’uso routinario di tali test e trattamenti e concentrarsi solo sui casi in cui sono giustificati contribuirà sia a migliorare la qualità dell’assistenza, sia a ridurre costi inutili”. 6 L’American Academy of Pediatrics (AAP) ha individuato per l’iniziativa “Choosing Wisely” 5 pratiche “a rischio in appropriatezza” in Neonatologia. L’AAP raccomanda di evitare l’uso di routine di: ^^farmaci antireflusso per il trattamento della malattia da reflusso gastroesofageo sintomatica, dell’apnea e della desaturazione nei neonati pretermine; ^^terapia antibiotica per più di 48 ore in assenza di infezione batterica nei neonati pretermine asintomatici; ^^pneumogrammi per la valutazione pre-dimissione dell’apnea prolungata nei neonati pretermine; ^^radiografie del torace quotidiane per neonati intubati in assenza di indicazioni particolari; screening con risonanza magnetica ce^^ rebrale prima della dimissione (o una volta raggiunta la 40a settimana di età postconcezionale) dei neonati pretermine. Come sono state individuate le 5 pratiche? Circa 1000 specialisti in Pediatria e Neonatologia hanno selezionato una serie di test e trattamenti utilizzati sui neonati per i quali a loro avviso non ci sono evidenze sufficienti di efficacia, oppure che sono da ritenersi inefficaci o inutili. Un panel coordinato da DeWayne Pursley del Beth Israel Deaconess Medical Center di Boston ha valutato i quasi 3000 suggerimenti elaborati dalle persone consultate e ha identificato le 5 pratiche con il maggior numero di indicazioni di inappropriatezza. “La mortalità infantile è molto diminuita negli ultimi 50 anni, soprattutto grazie all’assistenza fornita alle madri durante una gravidanza ad alto rischio e all’assistenza intensiva al neonato”, sottolinea Pursley. “I test e i trattamenti più avanzati sono stati dei fattori importanti nel raggiungimento di tali risultati, ma è neces- Pediatria numero 7-8 - luglio-agosto 2015 ^^ ^ Choosing Wisely® In newborn medicine: Five opportunities to improve health outcomes and reduce costs. BIDMC news release 7/21/2015. ^^ ^ Ho T, Dukhovny D, Zupancic JA, Goldmann DA, Horbar JD, Pursley DM. American Academy of Pediatrics – Section on Perinatal Pediatrics. Choosing Wisely in newborn medicine: Five opportunities to increase value. Pediatrics 2015; pii: peds.2015-0737. Fumo in gravidanza? Si vede già dall’ecografia 4D Gli effetti dannosi del fumo delle madri in gravidanza possono essere registrati anche analizzando i movimenti facciali dei feti mediante ecografia 4D. Lo rivela uno studio pubblicato sulla rivista “Acta Paediatrica”. I ricercatori britannici delle università di Durham e Lancaster coordinati da Nadja Reissland hanno preso in esame 80 ecografie 4D di 20 feti sani effettuate a quattro differenti intervalli di tempo tra le 24 e le 36 settimane di gestazione. Quattro madri erano fumatrici (14 sigarette al giorno di media nonostante la gravidanza), mentre le altre 16 si dichiaravano non fumatrici. Osservando il comportamento dei feti durante le ecografie, si è notato che i figli di mamme fumatrici mostrano un tasso decisamente più elevato di movimenti della bocca. La tesi è che il sistema nervoso centrale dei feti – che controlla il movimento in generale e i movimenti facciali in particolare – non si sviluppi allo stesso modo e con È quanto emerge da un sondaggio online su 24.342 under 19 condotto da Sky Sport HD e “Il ritratto della salute”. Il 36% degli adolescenti chiede al proprio coach consigli su benessere e prevenzione, più che a genitori (32%), insegnanti (12%), parenti (11%). Le domande più ricorrenti sono come smettere di fumare (34%), raccomandazioni per la dieta (25%) e consigli per smaltire i chili di troppo (12%). Negli Stati Uniti prescrizioni di antipsicotici in significativa crescita per i ragazzi dai 13 ai 14 anni, mentre nei pazienti sotto i 13 anni il dato è in decrescita. Questo quanto emerge da uno studio pubblicato dalla prestigiosa rivista “JAMA Psychiatry”. Un team di ricercatori coordinati da Mark Olfson del Department of Psychiatry del College of Physicians and Surgeons della Columbia University di New York ha preso in esame i dati di vendita di circa il 60% delle farmacie USA grazie all’IMS LifeLink LR x Longitudinal Prescription database: si è riusciti così a “fotografare” per il periodo compreso fra il 2006/2010 le modalità di prescrizione di questi farmaci. È emerso un forte incremento tra 2006 e 2010 nella prescrizione dei farmaci antipsicotici per la fascia di età compresa tra 13 e 24 anni (si è passati dall’1,10% della popolazione adolescente all’1,19% e dallo 0,69% allo 0,84% nei giovani adulti), mentre invece c’è stato un decremento nella prescrizione dei farmaci antipsicotici per la fascia di età compresa tra 1 e 12 anni (si è passati dallo 0,14% allo 0,11% nei bambini più pic- News L’allenatore, “maestro di salute” dei giovani italiani Trend delle prescrizioni di farmaci antipsicotici coli e dallo 0,85% allo 0,80% nei bambini più grandi). Interessante sottolineare come la prescrizione di farmaci antipsicotici sia più diffusa nei maschi che nelle femmine. gli stessi tempi in caso di esposizione alle sostanze derivate dal fumo di sigaretta della madre. Spiega Nadja Reissland della Durham University: “I risultati del nostro studio sembrano suggerire che la nicotina abbia di per sé un effetto significativo sullo sviluppo fetale, che si somma all’eventuale presenza di stress e sintomi depressivi. È necessario raccogliere un maggior numero di dati per confermare questi risultati e per approfondire aspetti specifici come l’interazione tra stress materno e fumo di tabacco”. ^^ ^ Olfson M, King M, Schoenbaum M. Treatment of Young People With Antipsychotic Medications in the United States. JAMA Psychiatry 2015; doi:10.1001/jamapsychiatry.2015.0500 ^^ ^ Reissland N, Francis B, Kumarendran K, Mason J. Ultrasound observations of subtle movements: a pilot study comparing foetuses of smoking and nonsmoking mothers. Acta Paediatrica 2015; 104(6):596–603. Sotto: un’ecografia 4D mostra una sequenza di movimenti di due feti di 32 settimane. Il feto sopra è figlio di una madre fumatrice, mentre quello sotto di una madre non fumatrice. creDItS Nadja Reissland, Durham University. Pediatria numero 7-8 - luglio-agosto 2015 7 News Procreazione Medicalmente Assistita ( PMA) Un tema di grande attualità nel nostro Paese, anche se si registrano scarsa conoscenza dell’argomento e l’esistenza di false credenze. Secondo un’indagine SWG, la maggioranza degli italiani ha sentito parlare di PMA ma il 72% si dichiara poco o per niente informato e c’è molta confusione riguardo alle tecniche disponibili. L’Ospedale Pediatrico “Bambino Gesù” di Roma mette a disposizione un nuovo test diagnostico avanzato sviluppato dai suoi ricercatori per l’analisi globale del più forte modulatore del genoma umano, il microbiota. Si tratta di trilioni di microrganismi localizzati nell’intestino, dal peso di quasi 1,5 kg, strettamente integrati con lo stato di salute o di malattia individuale. Agiscono, infatti, come barriera contro i patogeni, regolano l’assorbimento dei nutrienti, la produzione dell’energia e lo sviluppo del sistema immunitario. Il nuovo test diagnostico fornisce una fotografia dell’intero ecosistema intestinale: frutto della combinazione del Next Generation Sequencing con tecnologie di spettrometria di massa avanzate, il test disegna una mappa genetica completa delle specie di batteri che compon- “Super-mappa” del microbiota intestinale al Bambino Gesù gono il microbiota, insieme ad una mappa biochimica. Informazioni indispensabili per riequilibrare la popolazione dei microbi intestinali attraverso l’ottimizzazione della dieta, la somministrazione di probiotici, fino al trapianto di microbiota, quando necessario. L’OPBG è il primo ospedale in Europa a mettere a disposizione un servizio diagnostico ba- Ipoacusia nei neonati: intervenire precocemente 8 La sordità rappresenta una tra le più comuni disabilità congenite infantili. Il fenomeno colpisce 1-3 neonati su 1000 e il 4-5% dei neonati ricoverati in terapia intensiva neonatale. La sordità è quindi una patologia frequente, con conseguenze importanti sulla vita di relazione dei piccoli, legate alla compromessa possibilità di riuscire a sviluppare una normale comunicazione verbale. Le linee guida internazionali della Joint Committee on Infant Hearing (2007) indicano la necessità di avvio alla terapia protesico-riabilitativa in tutti i neonati affetti da ipoacusia entro i primi 6 mesi di vita e di diagnosi precoce entro i 3 mesi di vita. La protesizzazione – su indicazione del medico otorino o audiologo – risulterà fondamentale per attivare tutte le aree preposte alla ricezione, trasmissione e analisi degli stimoli uditivi percepiti. Lo scopo principale dell’adattamento audioprotesico nel bambino neonato è quello di riuscire ad ottenere una compensazione della perdita uditiva quanto più completa possibile, per permettere al bambino di raggiungere l’udibilità delle voci, dei suoni e dei rumori intorno a lui. Tutto questo è fondamentale per lo sviluppo del linguag- Pediatria numero 7-8 - luglio-agosto 2015 sato sulla costruzione di profili che integrano molte centinaia di migliaia di segnali prodotti dal test. Questa mappatura della popolazione batterica intestinale può essere richiesta – sia per i bambini che per gli adulti – dai medici di base o dai centri clinici di riferimento per le patologie associate alle alterazioni della flora batterica intestinale. gio e per la corretta maturazione dell’area uditiva primaria preposta alla corretta analisi uditiva. Particolarmente complessa risulta la procedura di corretto adattamento audioprotesico e per questa ragione è necessaria la collaborazione di più figure coinvolte nella terapia protesico-riabilitativa, tra cui il medico otorino o audiologo, l’audiometrista, l’audioprotesista, il logope dista e non ultimi i genitori del piccolo paziente. Primo piano Sport nel bambino con patologie croniche Le patologie croniche spesso allontanano i pazienti (e i loro genitori) dall’attività sportiva: aiutiamoli a non commettere questo grave errore L o sport è prevenzione: obiettivo della prevenzione per i pazienti con patologia cronica non è solamente la promozione dell’attività motoria, ma anche la riduzione del tempo trascorso in attività sedentarie. Il movimento, indipendentemente dallo stato di salute, è una necessità fisiologica per bambini e adolescenti: è parte integrante del loro processo accrescitivo, sin dalle prime fasi dello sviluppo (già in utero il feto acquisisce degli schemi motori peculiari ed in evoluzione) e favorisce una crescita corporea armonica, sia sul versante fisico che psicologico. Lo sport aumenta agilità, resistenza e forza e di conseguenza migliora l’autostima e il senso di benessere, favorisce l’apprendimento e riduce l’ansia per la prestazione scolastica, favorisce la socializzazione, abitua al rispetto delle regole. Un ragazzo attivo diventerà quasi sicuramente un adulto attivo e sano. Ma le patologie croniche spesso “dissuadono” i bambini, ancor più gli adolescenti (e i loro genitori!) dalla perseveranza nello svolgimento dell’attività sportiva, incrementando fattori di rischio in una fascia di popolazione vulnerabile. I bambini e ragazzi con patologie croniche invece dovrebbero essere esortati a svolgere attività sportiva divertente e varia, adatta a sesso ed età, scelta in base alle inclinazioni e ai desideri personali: occorre infatti dare priorità alla scelta del paziente, a meno di controindicazioni specifiche. È fondamentale tuttavia guidarlo e sostenerlo nella scelta: l’attività va inoltre intrapresa gradualmente, in base alla fitness del paziente e sotto la guida di allenatori esperti e sensibili. Assolutamente essenziale uno stretto lavoro cooperativo “di squadra” tra pediatra di famiglia, medico sportivo, dottore in scienze motorie e/o allenatore. Artrite idiopatica giovanile (AIG) Maria Cristina Maggio Clinica Pediatrica Università di Palermo I pazienti con AIG per la caratteristica stessa della loro patologia – in particolar modo se coinvolge gli arti inferiori e/o il rachide – si pongono delle autolimitazioni allo svolgimento dell’attività motoria. Si aggiunge la paura di farsi male, di esser causa di un peggioramento del quadro clinico, di una minor capacità di prestazione determinata dalla malattia e dai farmaci assunti. Indicazioni Nel caso dell’AIG mono- o oligoarticolare non in ^^ fase acuta: l’attività motoria può esser svolta sempre (se presenta deformità articolari: le limitazioni saranno dettate dal soggetto). Il “dolore” è la guida soggettiva del paziente; dopo ^^ un’infiltrazione è indicato riposo per almeno 24 ore. Se presenta AIG poliarticolare non in fase acuta: ^^ talora dopo opportuna FKT in acqua riscaldata. Nei pazienti con AIG sistemica in remissione: l’at^^ tività motoria può esser svolta dopo valutazione cardiologica, concordata con il reumatologo pediatra. ^^Il tipo, la frequenza e l’intensità dell’attività sportiva vanno personalizzati anche in funzione della terapia immunosoppressiva assunta. Controindicazioni ^^Se il paziente è in fase acuta di malattia. ^^Se il paziente presenta: febbre, malnutrizione, anemia. ^^Se ha una compromissione cardiologica. Pediatria numero 7-8 - luglio-agosto 2015 9 Primo piano Vantaggi L’attività motoria riduce il rischio metabolico, ^^ cardiovascolare, incrementa il metabolismo basale. Riduce il rischio di obesità; migliora la compo^^ sizione corporea (massa magra/massa grassa), riduce il carico sulle articolazioni degli arti inferiori. Migliora la fitness aerobica e cardio-respirato^^ ria, aumenta l’escursione articolare, potenzia le masse muscolari. ^^Aumenta la BMD. ^^Aiuta a conquistare maggiore sicurezza in se stessi, senso del gruppo, rispetto delle regole. ^^È un valido strumento per la prevenzione dalle dipendenze. ^^Consente di mettere in atto strategie per il recupero della progettualità personale per il futuro, non più vissuto come speranza negata. Svantaggi ^^Rischio di traumatismo osteoarticolare. ^^Maggiore vulnerabilità nei confronti del doping e di altre dipendenze. Quali sport consigliare? ^^Il nuoto ed il ciclismo sono gli sport da privilegiare. ^^Consigliare sport che, in fase di allenamento, possano potenziare la muscolatura agonista-antagonista delle articolazioni colpite, con esercizi a basso carico. ^^Sono da evitare gli sport da contatto nei pazienti più a rischio di fratture ossee in caso di coinvolgimento delle vertebre cervicali C1-C2. Precauzioni ^^Radiografia della colonna cervicale in caso di coinvolgimento della stessa. ^^Protezione dell’articolazione temporo-mandibolare (ATM). ^^Protezione oculare (da traumi, raggi UV) ^^È opportuno riprendere l’attività quanto prima dopo la riacutizzazione. 10 Pediatria numero 7-8 - luglio-agosto 2015 Neoplasie Maria Cristina Maggio Clinica Pediatrica Università di Palermo Il vissuto estremamente delicato di questi pazienti pediatrici rende ancor più necessaria una presa in carico che preveda – quando la clinica sia stabilizzata e la terapia distante almeno sei mesi – un programma di attività motoria che tenga conto delle loro aspirazioni e desideri. Per questi bambini attività motoria vuol dire poter nuovamente provare la gioia del movimento all’aria aperta, condivisione e collaborazione con i coetanei per un obiettivo comune, liberarsi dalle paure per sognare un futuro migliore, lottare spensierati per il raggiungimento di un traguardo. Le terapie previste dai protocolli oncologici prevedono la somministrazione di alte dosi di steroidi e di farmaci antiblastici che, talora, possono avere come effetti collaterali osteopenia, sovrappeso, ipertensione, insulinoresistenza, dislipidemia, sino alla franca sindrome metabolica. L’attività motoria regolare è uno strumento terapeutico utile per contrastare tutte queste complicanze ed è da proporre e promuovere per i pazienti off-therapy. Controindicazioni ^^La fase acuta della malattia. ^^Se il paziente presenta: febbre, malnutrizione, anemia, piastrinopenia o leucopenia. ^^Se ha una compromissione cardiologica (alcuni farmaci antiblastici possono indurla). Vantaggi ^^Incrementare il tono-trofismo muscolare e la flessibilità articolare. ^^Aumentare la BMD; Migliorare il senso di identità, l’afferma^^ zione delle proprie capacità e le autonomie personali psico-relazionali. Svantaggi ^^Rischio di traumatismo osteoarticolare in pazienti con neoplasie ossee. ^^Maggiore vulnerabilità nei confronti del doping e di altre dipendenze. Quali sport consigliare? ^^Non occorre scegliere uno sport di squadra: anche gli sport individuali insegnano a stare in un gruppo e favoriscono lo sviluppo psico-fisico del bambino. ^^Il nuoto è indicato (non nei pazienti con un più elevato rischio di infezioni) anche nei primi anni di vita, da svolgere con i genitori per i più piccoli. Aiuta la coordinazione, migliora la “sicurezza” Primo piano in acqua. È simmetrico ed utile integrazione per sport asimmetrici. ^^La ginnastica a corpo libero e l’atletica sono entrambe attività simmetriche e complete, particolarmente indicate in questi pazienti. Precauzioni ^^Scegliere in base alla fitness attuale del paziente, non basandosi sul tipo di sport svolto prima dell’esordio della neoplasia. ^^Evitare sport che possano mettere a rischio di cadute o traumi pazienti con patologia neurologica e epilessia; Evitare sport da contatto in pazienti in cui persi^^ ste piastrinopenia o alterazione della coagulazione. Riprendere l’attività dopo la fase di remissione, ^^ non in fase acuta, dopo almeno sei mesi dal washout terapeutico. ^^In fase precoce è possibile organizzare un programma di fisiokinesiterapia. Diabete mellito Maria Cristina Maggio Clinica Pediatrica Università di Palermo L’attività fisica nei pazienti diabetici ha un valore terapeutico indiscutibile perché tra i tanti benefici che apporta è dimostrato che contribuisce in modo significativo a regolare i valori della glicemia e il compenso metabolico. Inoltre aumenta il senso di benessere e di sicurezza, riduce i livelli di depressione e l’ansia, accresce la fiducia in sé stessi e nelle proprie capacità fisiche, la sensazione di “poter dominare” lo stesso diabete. L’attività sportiva agonistica richiede maggiori adattamenti della terapia insulinica e/o ipoglicemizzante, miglior e specifico apporto calorico con la dieta, stimolando negli stessi pazienti motivati e responsabili la capacità di autocontrollo della glicemia, il desiderio di collaborazione attiva con il diabetologo pediatrico ed il pediatra di famiglia, oltre alla capacità di autogestione della malattia. Durante lo svolgimento dell’attività fisica si possono avere episodi di ipoglicemia o iperglicemia che vanno attentamente monitorati ma, soprattutto, prevenuti. Per evitare gli sbalzi glicemici e prevenire gli effetti collaterali e le conseguenze talora rischiose per la sicurezza del giovane atleta è importante rispettare alcuni accorgimenti e controllare sempre i valori della glicemia prima, durante (se l’allenamento si protrae oltre un’ora) e dopo l’attività motoria svolta. Indicazioni Nei pazienti con diabete mellito di tipo 1 non ^^ esistono sport controindicati eccetto quelli estremi. ^^I pazienti con diabete mellito di tipo 2 hanno esigenze talora limitate dal sovrappeso o dalla franca obesità. Per costoro sarà opportuno iniziare gradualmente (spesso tendono ad avere uno stile di vita sedentario, hanno difficoltà ad affrontare il confronto con i coetanei, rispetto ai quali si sentono più goffi). È opportuno iniziare con la marcia, la ginnastica, il nuoto. Poi gradualmente potranno svolgere anche loro lo sport che più gradiscono: è importante che la scelta sia personale, così da garantire continuità e costanza. Controindicazioni ^^La fase acuta della malattia. ^^Lo scompenso glicometabolico. Vantaggi L’attività motoria riduce il rischio metabolico, ^^ cardiovascolare, incrementa il metabolismo basale. Riduce il rischio di obesità; migliora la compo^^ sizione corporea (massa magra/massa grassa), riduce il carico sulle articolazioni degli arti inferiori. ^^Migliora la fitness aerobica e cardio-respiratoria, potenzia le masse muscolari; ^^Aumenta la BMD. ^^Aiuta a conquistare maggiore sicurezza in se stessi, la capacità di condividere in gruppo le proprie esperienze, il rispetto delle regole. ^^Combatte la possibilità che insorgano dipendenze (il paziente abituato alla terapia auto-inettiva è a maggior rischio). ^^Modifica la percezione di essere “malato” nella certezza di poter essere un vincente. Svantaggi ^^Rischio di instabilità del controllo glicemico. ^^Possibili ipoglicemie, specie nei pazienti più vulnerabili. Quali sport consigliare? Lo sport o gli sport (alcuni ragazzi preferiscono ^^ diversificare l’attività sportiva durante la settimana o in base alle stagioni) che il soggetto preferisce. ^^Non esistono sport controindicati, eccetto gli “sport estremi” che adesso tanto attraggono gli adolescenti. Questi, infatti, non garantirebbero un adeguato controllo glicemico con il rischio di ipoglicemia. Precauzioni ^^Controllare l’intake calorico, per evitare carenze o eccessi nutrizionali, glicidici e proteici. Mantenere l’attività motoria, anche se con plan^^ ning differenziati, durante i mesi estivi. ^^Garantire un’adeguata idratazione ed un’integrazione elettrolitica bilanciata durante lo sforzo muscolare e nelle ore successive, se l’impegno e le condizioni climatiche lo richiedono. ^^Bere in quantità adeguata alle perdite e integrando i sali minerali. Pediatria numero 7-8 - luglio-agosto 2015 11 Primo piano Asma Giorgio Piacentini Referente SIP per le tematiche relative alla promozione dell’attività motoria e sport Fin dal momento della diagnosi di asma è molto frequente che il paziente o i genitori pongano al pediatra quesiti sulla possibilità di iniziare o mantenere una determinata attività sportiva, sui rischi dello sport nei bambini asmatici e sulla scelta di una attività piuttosto che un’altra in funzione dell’asma stesso. La malattia viene infatti percepita come una barriera allo svolgimento dell’attività fisica. Di conseguenza nei ragazzi con asma sono stati osservati una significativa riduzione dell’attività fisica stessa, un incremento della prevalenza di obesità e uno stato emozionale meno soddisfacente. In realtà numerosi studi evidenziano come lo sforzo fisico, almeno per quanto inteso per i bambini e gli adolescenti (e cioè non a livello di atleti professionisti), non sia affatto un fattore negativo nei confronti dell’asma. Vantaggi L’allenamento fisico si è dimostrato in grado di ^^ migliorare i livelli di attività aerobica e il carico di lavoro e di ridurre il numero di episodi di wheezing. L’attività fisica è anche un fattore protettivo nei ^^ confronti della malattia: il rischio di sviluppare asma in adolescenti monitorati per più di 10 anni si è dimostrato inversamente proporzionale al livello di attività fisica; Per il pediatra la regolare partecipazione dei pic^^ coli pazienti ad attività sportive può rappresentare un utile strumento per una migliore gestione della malattia stessa, parametrando i livelli di prescrizione di terapia anche in relazione alla capacità da parte del bambino di sostenere adeguatamente uno sforzo fisico senza incorrere in riacutizzazioni di broncospasmo. Quali sport consigliare? Evitare discipline sportive che si svolgono in si^^ tuazioni ambientali sfavorevoli, come ad esempio gli sport nordici che vengono praticati in condizione di esposizione ad aria fredda e secca o altre attività che si svolgono in ambienti fortemente inquinati. ^^Alcuni studi in passato hanno suggerito che l’esposizione ad elevati livelli di cloro nelle piscine potesse rappresentare un problema. In realtà, diversi studi sono stati tranquillizzanti relativamente a questi rischi da parte dei bambini e degli adolescenti che frequentano le piscine, mettendo anzi in luce significativi vantaggi del nuoto anche in termine di incremento della funzionalità respiratoria oltre che della performance in generale. ^^In generale, dovrebbe essere assecondata la propensione dei singoli verso l’attività che maggiormente li può attrarre, al fine di promuoverne l’effettiva pratica con effetti positivi sia sulla salute fisica sia da un punto di vista di maggior gratificazione psicologica. 12 Precauzioni È sempre opportuna una fase di riscaldamento ^^ lento precedente l’attività fisica, che sarà poi seguita da un altrettanto lento smorzamento dello sforzo al termine della seduta di allenamento o della gara. ^^Preferire la respirazione attraverso il naso. Selezionare, se possibile, ambienti poco inqui^^ nati e con bassi livelli di concentrazione allergenica. Pediatria numero 7-8 - luglio-agosto 2015 Disturbo da deficit di attenzione/ iperattività Giuseppe Santangelo Neuropsichiatra infantile Il Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività o ADHD è un disturbo evolutivo dell’autocontrollo. Esso include difficoltà di attenzione e concentrazione, di controllo degli impulsi e del livello di attività. Vari studi hanno messo in luce che i bambini con ADHD hanno anche problemi nelle relazioni interpersonali che possono favorire lo sviluppo di tratti oppositivi e provocatori. L’esercizio fisico ha molti effetti benefici riducendo lo stress, l’ansia, la depressione, gli effetti negativi del comportamento, lo scarso controllo degli impulsi e gli atteggiamenti compulsivi concomitanti. Allo stesso momento migliora il funzionamento esecutivo e la memoria di lavoro e tutto questo non può che influenzare positivamente la relazione con i genitori e i caregiver. Vantaggi La pratica regolare e competente di un’attività ^^ fisica aumenta autostima e benessere, diminuisce il cronico stato di agitazione, favorisce l’apprendimento e contrasta l’insonnia. L’attività fisica contribuisce ad uno sviluppo ^^ equilibrato ed aiuta a prevenire il sovrappeso e a migliorare in scioltezza, coordinamento ed equilibrio. L’attività fi^^ sica può inoltre migliorare le capacità di socializzazione intesa non solo come capacità di interagire con gli altri ma come sforzo comune per raggiungere un risultato, l’integrazione intesa come sentimento Sport e bambini con cardiopatie congenite: un approccio “sartoriale” Quale sport consigliare? In linea generale, è meglio privilegiare sport che ^^ tengono sempre in movimento come il calcio, ed evitare sport che, al contrario, prevedono lunghi momenti di inattività ma con grandi livelli di concentrazione, come il baseball. Alcuni sostengono che sport individuali come il ^^ tennis ed il nuoto siano da preferire perché non c’è bisogno di mantenere l’attenzione verso i propri compagni di squadra e non bisogna ricordare ed imparare strategie di gioco, a volte complesse. Non ci sono conferme in tal senso anche se viene citato spesso un esempio piuttosto concreto: Michael Phelps, 18 medaglie olimpiche nel nuoto, era un bambino ADHD. Una statistica ha concluso che sono le arti mar^^ ziali ad essere in cima alle preferenze dei bambini ADHD. Gli psichiatri sostengono molto questo tipo di scelta perché, in età infantile, sono del tutto prive di mosse violente o pericolose e vengono praticate tenendo i bambini in gruppo ed abituandoli a fare determinati movimenti con tempistiche comuni, il che è particolarmente utile per i bambini ADHD. Occorre un programma di attività fisica specificatamente allestito per ogni bambino Precauzioni Occorre prestare molta attenzione alla persona^^ lità dei ragazzi nella scelta di uno sport. Se non sono molto competitivi non si dovrebbe spingerli verso un’attività agonistica. Piacere e partecipazione sono molto più importanti, nel lungo periodo, che non l’aspetto competitivo. Naturalmente, sempre citando il caso di Phelps, questo non significa che in caso si sviluppino delle potenzialità agonistiche queste vadano represse. Primo piano di appartenenza del singolo al tutto, la collaborazione come scelta di un comportamento adattivo a ciò che il gruppo fa. Uno sport determina poi in un soggetto ADHD ^^ anche un coinvolgimento emotivo che può andare dalla frustrazione per una sconfitta alla gioia per una vittoria e ciò permetterà al ragazzo/a di migliorare le sue capacità di percepire e regolare le proprie emozioni. Alessandro Rimini UOC Cardiologia - Istituto Gaslini, Genova Attilio Smeraldi Medico sportivo Il continuo miglioramento delle tecniche chirurgiche nella correzione precoce delle cardiopatie ed il progredire della terapia medica nei bambini hanno permesso di assistere ad un costante incremento del numero di cardiopatici congeniti che diventano adulti. I programmi di riabilitazione cardiologica nei cardiopatici congeniti hanno dimostrato miglioramenti dell’efficienza degli apparati cardiovascolare e di quello muscolo-scheletrico; inoltre, la pratica di un’attività fisica regolare si associa ad una minor incidenza futura di obesità ed infarto. Gli studi effettuati sui portatori di cardiopatie congenite dimostrano come la maggior parte dei pazienti coinvolti raggiungano un incremento significativo della propria capacità di compiere esercizio fisico e del proprio grado di efficienza fisica. Paradossalmente solo una minoranza di cardiopatici congeniti (19%) riceve indicazioni puntuali relativamente all’attività fisica. I pazienti di questo tipo sono piuttosto spinti ad uno stile di vita sedentario come risultato di sovraprotezione e nell’incertezza su quale tipo di attività fisica e quanto intensa sia giusto prescrivere. Tale evidenza assume particolare rilevanza quando si osservi che i cardiopatici congeniti sono maggiormente esposti a sovrappeso rispetto ai non cardiopatici. Non di rado anche il pediatra stesso, laddove sia chiamato alla certificazione di idoneità sportiva non agonistica, è dubbioso nel rilasciarla al bambino cardiopatico anche se affetto da una cardiopatia semplice e per eccesso di “prudenza” con tale atteggiamento si impedisce al bambino di beneficiare di quei positivi effetti psico-fisici notoriamente legati ad una appropriata attività fisica. La sfida consiste nell’avviare la popolazione dei cardiopatici congeniti ad una attività fisica regolare in sicurezza, sì da prevenire gli effetti negativi della sedentarietà. Attualmente il mondo scientifico internazionale si trova concorde attorno ad un nuovo approccio alla cardiopatia congenita: non legata alla mera anomalia anatomica, ma incentrata su parametri emodinamici ed elettrofisiologici del singolo individuo portatore di una determinata anomalia, sia essa in storia naturale, palliata o corretta chirurgicamente. Un approccio che prenda in considerazione le caratteristiche di ciascuna attività fisica e sportiva nelle sue componenti dinamiche ed in quelle statiche, ma soprattutto che tenga conto dell’intensità di essa, non più in termini assoluti ma in termini di “intensità relativa”, rapportata alla storia clinica, al grado di efficienza ed allo stato di fitness di uno specifico soggetto. Si può parlare di un “capo sartoriale”; vale a dire un programma di attività fisica specificatamente allestito per un determinato bambino, che si colloca in una determinata situazione clinicofunzionale, in un preciso contesto (familiare, sociale, scolastico) e con una determinata opportunità di accesso a strutture e spazi adeguati. Potremmo assimilare l’attività fisica ad un farmaco con criteri prescrittivi in termini di posologia, tempi, frequenza, modalità e vie di somministrazione; verificando contestualmente compliance individuale, efficacia, eventi avversi ed effetti collaterali. Il raggiungimento di questo obiettivo passa attraverso una sinergia interspecialistica tra il pediatra di famiglia, il cardiologo pediatra, il medico dello sport e l’operatore sportivo. Tutte queste figure professionali devono essere in grado di parlare una lingua comune e di interagire dinamicamente tra loro, al fine di promuovere anche nella popolazione dei cardiopatici congeniti uno stile di vita attivo, amplificandone i benefici per la salute ma riducen do ai minimi termini i rischi cardiovascolari. Pediatria numero 7-8 - luglio-agosto 2015 13 Attualità L ’enuresi è un disturbo caratterizzato dalla perdita delle urine che avviene involontariamente durante la notte, con una frequenza di più di due volte a settimana, per tre mesi consecutivi, in bambini aventi un’età superiore ai 5 anni, ossia l’età entro cui è normalmente acquisito il controllo degli sfinteri. Si distinguono: enuresi monosintomatica (MNE): enuresi non associata ad altri sintomi ^^ delle vie urinarie; ^^enuresi non-monosintomatica (n-MNE): enuresi associata ad altri sintomi delle vie urinarie (urgenza minzionale, mitto debole o interciso, mutandina bagnata durante il giorno, cambiamenti nella frequenza delle minzioni, sforzo ad urinare, incontinenza urinaria, manovre atte ad evitare l’incontinenza come “accovacciamento” o saltellare su di una gamba, sensazione di incompleto svuotamento); ^^enuresi primaria: il bambino non ha mai acquisito il controllo vescicale; ^^enuresi secondaria: il bambino è stato asciutto durante la notte per almeno 6 mesi prima che il disturbo si sia presentato. Pietro Ferrara Università Cattolica S. Cuore, Roma Università Campus Bio-Medico, Roma Annamaria Amato Università Campus Bio-Medico, Roma Si tratta di un disturbo molto comune in età pediatrica. A 5 anni circa il 15% dei bambini bagna il letto, a 7 anni il 10%, a 10 anni circa il 5% e tra gli adolescenti e gli adulti le percentuali si aggirano intorno all’1-2%. Per quanto riguarda la MNE , il disturbo è più frequente nei maschi rispetto alle femmine. I meccanismi in grado di causare enuresi sono molteplici. L’eziologia è, infatti, multifattoriale. Tra le cause si riconoscono fattori genetici, alterazione nel ritmo secretivo dell’ormone antidiuretico, la vasopressina, ritardo maturativo dei meccanismi di inibizione della minzione, instabilità del muscolo detrusore, disturbi del sonno e difficoltà a risvegliarsi. Motivi psicologici sono invece prevalentemente alla base dell’enuresi secondaria. Una corretta e approfondita anamnesi del paziente è essenziale. Un’attenta valutazione della storia COSA FARE… Condividere la propria esperienza: se un genitore ha sofferto in prima persona 14 di enuresi è giusto che ne parli con il proprio bambino che constaterà così l’esempio vivente che il problema è risolvibile. Dire al bambino che non è solo, dargli supporto e rassicurarlo: spiegare che bagnare il letto è comune tra i bimbi ed è una condizione che si risolve e non succederà per sempre. Coinvolgere il bambino in ogni decisione: cercare di capire insieme quale sia il momento e il modo migliore per affrontare il problema. Far compilare al bambino un calendario delle notti asciutte e bagnate (“soli” vs “nuvolette“) per responsabilizzarlo. Può essere utile soprattutto durante il trattamento. Educare il bambino a bere in risposta allo stimolo. Educarlo a non esagerare con l’assunzione di liquidi, soprattutto di sera. Scegliere acque minerali a basso contenuto di calcio. Risolvere la stipsi, quando presente. Training vescicale. Abituare il bambino a fare minzioni corrette, svuotando tutta la vescica. Occhio al cibo: evitare bevande gasate o contenenti caffeina. Evitare cibi ricchi di calcio o troppo salati soprattutto a cena. Far diventare un’abitudine l’andare ad urinare prima di andare a dormire. Coinvolgere il bambino nella pulizia quando bagna il letto, allo scopo di responsabilizzarlo, sottolineando che non si tratta di una punizione. Attenzione all’igiene del sonno: assicurarsi che il bambino riposi per il tempo necessario (un cervello stanco non si sveglierà con lo stimolo a urinare) e che non solo la quantità, ma anche la qualità del suo sonno sia garantita e rispettata. Non esitare a consultare il proprio pediatra quando se ne sente la necessità e per avere risposte e chiarimenti a dubbi e perplessità. Pediatria numero 7-8 - luglio-agosto 2015 Si tratta di un disturbo molto comune in età pediatrica, ma l’eziologia è multifattoriale personale permette di inquadrare correttamente il tipo di enuresi, di evitare al bambino esami inutili e, soprattutto, di impostare l’iter diagnosticoterapeutico più adeguato. Una familiarità per enuresi, o più genericamente per disturbi minzionali e/o nefro-urologici (nicturia, nefrouropatie, ecc), deve sempre essere investigata. Prematurità o patologie perinatali possono comportare un ritardo delle successive acquisizioni psicomotorie. Stipsi e/o encopresi di per sé possono accentuare i disturbi minzionali diurni e l’enuresi. Disturbi minzionali diurni devono essere accuratamente ricercati. Abitudini igienico-alimentari non corrette, quali bere molto la sera o durante la notte, non urinare prima di andare a letto, assumere bevande fortemente gasate, devono essere prese in considerazione. La presenza di apnee notturne o russamento deve far sospettare un’ipertrofia adenoidea la cui cura può portare di per sé al miglioramento o alla guarigione del disturbo. Notizie sul rendimento scolastico, socializzazione, rapporti familiari possono indicare quei bambini in cui sia necessario approfondire la sfera psicocomportamentale. Per quanto riguarda invece l’esame obiettivo, oltre alla visita generale con valutazione di peso, altezza Enuresi: chiariamoci le idee COSA NON FARE… Agitarsi: non perdere la calma. Ricordare che la situazione tende a correggersi anche spontaneamente e non è associata ad alcuna patologia. Rimproverare il bambino e colpevolizzarlo: sgridare il bambino e farlo sentire in colpa non lo aiuterà a non bagnare più il letto. Punire il bambino: le punizioni aggravano solo la situazione, facendo leva sui sensi di colpa, la vergogna e l’imbarazzo già provati il bambino. Non dimenticare che non è colpa sua e che la volontà del bambino non ha alcun potere sul suo disturbo. Prendere in giro il bambino con fratelli, parenti o amici. Parlare con leggerezza del problema con estranei, imbarazzando il bambino. Non cogliere richieste di aiuto: se si ha il sospetto che il bambino possa essere vittima di episodi di violenza o bullismo, indagare, chiedere, ascoltare ciò che cerca di comunicare. Impedirgli di dormire fuori casa: non limitare il bambino ma ricordare e ripetere con lui le regole che segue a casa per non bagnare il letto, incoraggiarlo, fornire un cambio extra di mutandine e pigiami e avvertire gli adulti che saranno con lui. Svegliare il bambino: non solo non serve, ma appare come una punizione che può avere ricadute sulla qualità del sonno e anche dal punto di vista psicologico, rendendo solo il bambino più irritabile e stanco. Il pannolino: è vero che è “comodo”, ma non aiuta a risolvere il problema. Anzi incoraggia il bambino a rifugiarsi in comportamenti infantili. Per motivare il bambino è utile non utilizzare il pannolino. Chi e quando trattare? In generale qualsiasi tipo di terapia va cominciata dopo il quinto anno di età e dopo un periodo di osservazione di almeno un mese, durante il quale il bambino dovrà annotare con attenzione il numero di notti bagnate. L’epoca di inizio del trattamento, tuttavia, è un’indicazione puramente teorica e convenzionale e deve prendere in considerazione diversi aspetti della vita psico-affettiva, sociale e comportamentale del bambino che soffre di enuresi. Bisogna intervenire quando la richiesta di “voler guarire” viene espressa in maniera esplicita da parte del bambino e della sua famiglia. Perché intraprendere una terapia? Per l’impatto che l’enuresi può avere sulla sfera psico-comportamentale del bambino, per la certezza che la causa principale della MNE non è da ricercarsi in generici motivi psicologici, ma, al contrario è proprio la condizione di enuretico che può comportare, se perdura nel tempo, delle problematiche di tipo psico-emotivo. Ma anche per le possibili ripercussioni sull’identità sessuale del soggetto e sulla possibilità di generare complessi di inferiorità e di inadeguatezza rispetto ai coetanei e infine per migliorare la qualità di vita dei bambini che traggono beneficio dalla terapia e delle loro famiglie. Quali rimedi ha a disposizione il pediatra, utilizzabili singolarmente o in combinazione? ^^desmopressina: analogo sintetico della vasopressina, prima scelta terapeutica nei bambini con MNE e poliuria notturna. Dosaggio iniziale 120 mcg da sciogliere la sera sotto la lingua, immediatamente prima di andare a dormire, aumentabile fino a 240 mcg; ^^allarme acustico: consiste in un apparecchio in grado di emettere un segnale acustico quando il bambino bagna il letto, le mutandine o il pigiama. Il principio si basa sulla creazione di un riflesso condizionato che, inizialmente, determina un risveglio del bambino alla comparsa delle prime gocce di urina e, nel tempo, porta ad una soppressione delle contrazioni detrusoriali che precedono l’atto della minzione; anticolinergici: efficaci in bambini con n-NMNE. ^^ Questi farmaci agiscono riducendo le contrazioni vescicali non inibite, migliorando la compliance vescicale e bloccando i canali del calcio; ^^training vescicale: può essere finalizzato sia alla diminuzione del tono e della contrattilità della vescica, tramite minzioni frequenti ad orario prefissato e acquisizione della percezione di riempimento, che all’aumento del tono sfinteriale, tramite interruzione del mitto e ripresa dopo breve intervallo di tempo, trattenendo le urine quando compare lo stimolo e dilazionando la minzione il più a lungo possibile. Pediatria numero 7-8 - luglio-agosto 2015 Attualità e pressione arteriosa, meritano particolare attenzione la valutazione delle seguenti regioni: ^^addome; ^^genitali; ^^perineo; ^^regione lombosacrale; ^^arti inferiori. 15 Attualità N egli ultimi anni si è verificato un aumento del numero dei neonati pretermine, anche di quelli con un’età gestazionale inferiore alle 26 settimane. Grazie alle conoscenze mediche e allo sviluppo di tecnologie sempre più sofisticate stiamo assistendo ad un aumento significativo della loro sopravvivenza, con la conseguenza che la soglia di vitalità si è progressivamente abbassata ed ha raggiunto oggi le 22 settimane. È noto che i neonati estremamente pretermine vanno inevitabilmente incontro ad una serie di malattie che possono essere mortali o possono compromettere la prognosi a breve ed a lungo termine. Particolarmente temibili sono gli esiti neurologici, tanto più frequenti quanto più spesso questi neonati presentano nel periodo neonatale una serie di gravi complicanze neurologiche (emorragia cerebrale, idrocefalo, leucomalacia periventricolare e altre). L’approccio “statistico” e quello “interventista” 16 In base a differenti considerazioni di ordine medico, sociale ed etico, la decisione sull’inizio e sulla sospensione delle cure a questi bambini è differente nei vari Paesi. In alcuni prevale una valutazione “statistica” che si basa sui dati di sopravvivenza e sull’incidenza di disabilità grave a breve e lungo termine. I limiti di questo approccio sono legati al fatto che i dati di riferimento divengono rapidamente superati per il miglioramento e la continua evoluzione dell’assistenza e che la scelta dei limiti per l’intervento può essere arbitraria. Il rischio è lasciar morire bambini che avrebbero potuto avere una sopravvivenza esente da sequele e di indurre danni permanenti in soggetti che, pur non rianimati, riescono a sopravvivere. Ugualmente ci può essere da parte della madre un errore nel calcolo dell’età gestazionale ed è difficile, immediatamente dopo il parto, fare una immediata valutazione clinica della maturità del bambino. Un altro tipo di approccio seguito da altri Paesi è quello “interventista” che prevede, invece, di assicurare tutti i mezzi di assistenza intensiva disponibili a tutti i nati vivi. I vantaggi di questo approccio sono rappresentati dal fatto che Pediatria numero 7-8 - luglio-agosto 2015 Spegnere il ventilatore o continuare le cure? ad ogni neonato viene offerto il massimo delle possibilità di sopravvivenza e vengono evitati errori di valutazione della vitalità in sala parto. Gli svantaggi sono la possibile sofferenza per il paziente ed i familiari per un’agonia prolungata, la possibile sopravvivenza di soggetti che svilupperanno una grave disabilità e l’aumento dei costi per tenere artificialmente in vita pazienti destina- I vantaggi dell’approccio “individualizzato” Mario De Curtis Ordinario di Pediatria “Sapienza” Università di Roma Direttore UOC Neonatologia, Patologia e Terapia Intensiva Neonatale - Policlinico Umberto I, Roma Queste raccomandazioni, pur fornendo delle indicazioni importanti, non hanno del tutto risolto i numerosi dubbi con cui il neonatologo si trova a confrontarsi nella cura di questi bambini. Sicuramente la sala parto non rappresenta una sede opportuna per decidere l’interruzione delle cure. Dovrebbe essere fatto ogni sforzo per iniziare la rianimazione alla nascita su tutti i neonati, anche quelli molto pretermine che presentino segni di vita. Un tale approccio consente una migliore valutazione delle condizioni cliniche, della risposta alla terapia intensiva, delle possibilità di sopravvivenza; permette di discutere il caso in maniera approfondita e dà la possibilità di rendere partecipi e consapevoli i genitori di quanto avviene e di quel che può verificarsi. Non c’è un solo momento di decisione, piuttosto possono esserci una serie di momenti in cui si deve decidere sul da farsi e molto spesso le scelte possono essere differenti in rapporto all’evoluzione clinica del paziente. Naturalmente, in presenza di prematurità estrema, qualora ci si renda conto dell’inutilità degli sforzi terapeutici, va evitato che le cure intensive possano trasformarsi in accanimento terapeutico. L’approccio assistenziale deve quindi essere individualizzato e l’elemento fondamentale su cui dovremmo basare le nostre decisioni è la condizione effettiva del singolo paziente piuttosto che l’età gestazionale. Tale approccio individualizzato potrebbe minimizzare il rischio legato all’errore prognostico: verrebbe offerta a tutti i bambini una possibilità di vita, ai genitori una partecipazione attiva alle decisioni di continuare gli interventi terapeutici o eventualmente di sospenderli quando si dimostrano inefficaci. I problemi bioetici nell’assistenza ai nati estremamente pretermine: l’Italia a confronto con altri Paesi Attualità ti a morire. La decisione da prendere sull’inizio delle cure ed eventualmente quella sulla successiva sospensione dell’assistenza intensiva nei nati estremamente pretermine è particolarmente complessa e difficilmente inquadrabile in regole predeterminate. Numerose sono le variabili che intervengono e riguardano il concetto di vitalità, di qualità della vita e quello del migliore interesse del paziente. I pareri su questi aspetti sono spesso sentiti in modo differente nei vari Paesi, tra i medici e talora tra gli stessi genitori. Nel 2008 il Consiglio Superiore di Sanità si è espresso con uno specifico documento che recita: “Al neonato, dopo averne valutato le condizioni cliniche, sono assicurate le appropriate manovre rianimatorie, al fine di evidenziare eventuali capacità vitali, tali da far precedere possibilità di sopravvivenza, anche a seguito di assistenza intensiva. Qualora l’evoluzione clinica dimostrasse che l’intervento è inefficace, si dovrà evitare che le cure intensive si trasformino in accanimento terapeutico. Al neonato saranno comunque offerte idratazione ed alimentazione compatibili con il suo quadro clinico e le altre cure compassionevoli, trattandolo sempre con atteggiamento di rispetto, amore e delicatezza”. La scelta più difficile, la sospensione delle cure: in Italia serve più chiarezza La sospensione delle cure nei nati estremamente pretermine rappresenta senza alcun dubbio la decisione più difficile da prendere e presenta aspetti differenti nei vari Paesi: alcune scelte non sono sempre guidate esclusivamente dalle condizioni cliniche del paziente, dalle conoscenze scientifiche e dalla tecnologia disponibile, ma da altre variabili come la nazionalità e la religiosità del medico. Il punto più controverso riguarda il caso in cui si ha una chiara previsione di una compromissione della qualità della vita futura del bambino. In Italia la decisione di sospendere le cure intensive in presenza di un neonato con un sicuro e grave danno cerebrale rappresenta l’aspetto che crea maggiore incertezza. Il Comitato Nazionale di Bioetica nel 2008 si è espresso affermando che un trattamento che prolunghi la sopravvivenza di un disabile non possa essere definito futile per il solo fatto che si rivela capace di prolungare la vita, anche se qualificabile da alcuni di “bassa qualità”. Lo stesso Comitato distingue la gravosità della malattia dalla gravosità del trattamento e ritiene che non è eticamente né giuridicamente lecito non iniziare o interrompere un trattamento per evitare la gravosità di una vita con un handicap. Il parere dei genitori spesso non coincide con quello su indicato. In quasi tutti i Paesi c’è la disponibilità dei medici a lasciare ai genitori la decisione ultima sulla sorte del loro figlio, soprattutto quando chiedono di continuare le cure rispetto a quando chiedono di sospenderle. Anche se va tenuto presente che la potestà genitoriale va considerata come una funzione e non come un diritto soggettivo, la decisione di continuare le cure intensive e la ventilazione meccanica in un neonato con una grave compromissione cerebrale spesso viene ritenuta dai genitori sicuramente non di esclusivo interesse del loro figlio. Mentre in altri Paesi, in questi casi, con la convinzione che la terapia intensiva non è più nell’interesse del paziente si sospende la ventilazione meccanica, molti neonatologi italiani si pongono il problema, non certamente di ricorrere ad una eutanasia attiva ma, in particolari casi, a continuare la ventilazione meccanica, ma senza trattare le emergenze. Su questo punto sarebbe forse auspicabile un parere più chiaro da parte delle istituzioni. Pediatria numero 7-8 - luglio-agosto 2015 17 Attualità S Intervista a Tommaso Langiano ul principio che il bambino non è un piccolo adulto sono tutti d’accordo. Ma tradurre questo principio in scelte organizzative concrete è tutto un altro discorso. Sovente nella nostra Sanità il bambino viene trattato proprio come un adulto, con evidenti rischi per la qualità e la sicurezza delle cure. Riconoscere l’unicità e la specificità dell’area pediatrica è l’obiettivo a cui sta lavorando il gruppo congiunto di esperti SIP-AOPI (Associazione Ospedali Pediatrici Italiani) che è stato costituito in occasione del 71° Congresso Italiano di Pediatria a Roma e che sta elaborando alcune proposte concrete. A coordinare i lavori del gruppo è Tommaso Langiano, in passato alla guida di grandi ospedali pediatrici come il Meyer e il Bambino Gesù. Lo abbiamo intervistato. Quali sono gli esempi più evidenti che dimostrano che il diritto del bambino a ricevere cure specialistiche dedicate non è sempre rispettato nel nostro Paese? L’esempio più clamoroso è il ricovero di bambini e Bisogna riconoscere la specificità e l’unicità dell’area pediatrica 18 adolescenti in reparti per adulti: secondo recenti stime, negli ospedali italiani il 30% dei pazienti in età pediatrica è ricoverato in reparti per adulti. Il ricovero dei bambini e degli adolescenti in reparti dedicati è anzitutto la concretizzazione del rispetto dei loro bisogni, che sono specifici e diversi da quelli degli adulti: solo in tal modo si riesce a garantire il rispetto di concreti diritti dei piccoli pazienti, come evitare la promiscuità con i pazienti adulti, consentire la presenza dei genitori accanto al piccolo paziente, favorire iniziative necessarie, soprattutto in caso di degenze prolungate o Pediatria numero 7-8 - luglio-agosto 2015 Mai più bambini ricoverati con adulti ripetute, come le attività ludiche e scolastiche. Inoltre, ricoverare in ambienti dedicati i bambini e gli adolescenti costituisce la principale garanzia che saranno curati da professionisti, medici e infermieri, specificamente preparati e competenti per trattare le problematiche cliniche pediatriche. Non è più sufficiente affermare che il bambino non è un piccolo adulto: è indispensabile assicurare, in termini di principio e di quotidianità operativa, il diritto primario del bambino e dell’adolescente ad avere accesso alle cure appropriate, efficaci e sicure da parte di professionisti specificamente formati e in spazi di cura idonei e dedicati. Pensiamo a quanto sia importante, per la sicurezza e l’efficacia delle cure, che la gestione del farmaco per il bambino (formulazione, dosaggio, interazioni, e così via) sia affidata a professionisti formati nelle cure pediatriche. Considerazioni analoghe possono essere formulate a proposito dei dispositivi diagnostici e terapeutici (i cosiddetti “medical device”). Il problema della specificità delle cure pediatriche riguarda in particolar modo i bambini con malattie croniche complesse il cui numero è in forte crescita non solo in Italia. Essi rappresentano una sfida sempre più impegnativa per la Pediatria. Quali sono le possibili risposte a questo problema, anche alla luce delle esperienze di altri Paesi? La soluzione più organica e rigorosa è stata sviluppata dall’Associazione degli ospedali pediatrici americani (CHA/NACHRI) ed è stata recentemente approvata, sotto forma di piano nazionale, dal Congresso degli Stati Uniti: questo piano si fonda essenzialmente su tre iniziative. Innanzitutto il forte sviluppo dell’assistenza domiciliare per i bambini affetti da patologie croniche complesse: l’assistenza domiciliare infatti garantisce il miglior equilibrio fra qualità della vita e sostenibilità anche economica delle cure. Il piano prevede, inoltre, la creazione di reti regionali per garantire continuità e uniformità al trattamento di questi bambini, nonché la creazione di un vasto database nazionale, al fine di aumentare e condividere le conoscenze relative a queste patologie perlopiù rare e consentire la condivisione delle informazioni relative a ciascun paziente. Uno dei temi più “caldi” riguarda i DRG. Da più parti si lamentano distorsioni classificatorie nella casistica pediatrica. Come possono essere superate? Vi sono tre ragioni fondamentali che spiegano perché i DRG non sono in grado di descrivere adeguatamente i ricoveri pediatrici: la scarsa specificità (solo una quota minoritaria dei ricoveri pediatrici è classificata dai DRG identificati dall’età inferiore a 18 anni; la maggior parte dei ricoveri pediatrici, invece, finisce con l’essere classificata in DRG dell’adulto); l’inadeguata descrizione della severità (i DRG identificati dall’età inferiore a 18 anni non sono suddivisi sulla base della presenza o meno di diagnosi complicanti); la struttura della MDC 15 (classifica i ricoveri dei neonati ed ignora variabili determinanti quali il peso alla nascita e le procedure chirurgiche). Il risultato di tutto questo è la grave sottostima della complessità dei ricoveri pediatrici, classificati con il sistema DRG e, conseguentemente, la sottostima delle relative tariffe. Un esempio, tra i tantissimi che possono essere citati, è la gastroenterite infettiva con disidratazione: se questa condizione clinica complicata si manifesta nell’adulto, è classificata da un DRG (182) con valore di complessità pari a 0,72, mentre la stessa condizione complicata nel bambino è classificata da un DRG (184) con valore di complessità pari a 0,30. Mentre nell’adulto le gastroenteriti complicate sono differenziate da quelle non complicate (DRG 182 e 183), ciò non avviene per il bambino, per il quale tutte le gastroenteriti sono classificate da un unico DRG (184), indipendentemente dalla presenza o meno di complicazioni. Soluzioni? Se ne possono ipotizzare diverse. La più ambiziosa: adottare, per descrivere e remunerare i ricoveri pediatrici, la Nuova Classificazione Pediatrica, che è stata sviluppata alcuni anni orsono grazie ad una ricerca finalizzata finanziata dal Ministero della Salute con la collaborazione di numerosi ospedali, sia pediatrici sia generali e con l’egida della Società Italiana di Pediatria. La soluzione forse più realistica è apportare significative modifiche alla classificazione DRG, anche avvalendosi di alcune proposte già formulate nell’ambito del gruppo tecnico interregionale per la mobilità sanitaria. Pediatria numero 7-8 - luglio-agosto 2015 Attualità Da cosa si giudica una sanità “a misura di bambino”? Esiste un modo per verificare in maniera oggettiva se il diritto del bambino a ricevere cure pediatriche sia effettivamente garantito? Diversi Sistemi sanitari nazionali hanno ormai adottato standard espliciti, rigorosi e condivisi relativi alle cure pediatriche, ed anche sistemi organici di misura della qualità delle stesse cure pediatriche. Penso ad esempio agli standard adottati nel Regno Unito e al sistema CHIPRA, sviluppato negli USA dall’AHRQ. L’adozione di standard espliciti relativi alla qualificazione dei professionisti e dei luoghi di cura specifici per i bambini, nonché l’utilizzo sistematico di misure idonee a valutare il grado di rispetto di quegli standard è il modo più efficace per verificare se i diritti dei bambini siano effettivamente garantiti. È anche il modo scientificamente rigoroso per siglare il patto fra il mondo pediatrico, i bambini e le loro famiglie. 19 Attualità I “ ngiuste diseguaglianze nell’assistenza alla nascita nel nostro Paese mettono in seria crisi il rispetto del principio di giustizia”: è quanto scrive il Comitato Nazionale per la Bioetica (CNB) nella mozione “Diseguaglianze nell’assistenza alla nascita: un’emergenza nazionale”. Con tale mozione il CNB vuole portare all’attenzione delle Istituzioni e dell’opinione pubblica le criticità assistenziali alla nascita presenti in molte Regioni del nostro Paese e riconducibili all’organizzazione del Sistema sanitario e delle sue strutture. Il problema di inique differenze nella fruizione del diritto alla salute riguarda tutti coloro che vivono in Italia, a qualsiasi fascia d’età appartengano, scrive il comitato, ma presenta risvolti di particolare responsabilità nella fase immediatamente successiva alla nascita, dal momento che i primi momenti della vita influenzano in modo significativo il futuro della persona. La mortalità infantile nelle Regioni meridionali è circa del 30% più elevata rispetto alle Regioni settentrionali. Le cause di questo fenomeno vanno ricondotte, oltre alla nota differente incidenza di problemi di ordine economico e sociale, ad un’insufficiente organizzazione delle cure perinatali (mancanza di posti letto di Terapia intensiva neonatale, piccole maternità, mancanza di un servizio di trasporto neonatale in vaste zone del nostro Paese). In particolare, rileva il Comitato, la frammentazione dei Punti nascita non favorisce la gestione delle emer- Stop alle diseguaglianze alla nascita Lo chiede una mozione del Comitato Nazionale per la Bioetica genze e aumenta di molto il rischio clinico sia per la mamma che per il neonato. Molto spesso i centri con meno di 500 nati all’anno, particolarmente numerosi nelle Regioni meridionali, sono sprovvisti di attrezzature dedicate ed il personale presente non è specializzato ed idoneo ad affrontare situazioni di emergenza. Le amministrazioni, nonostante le indicazioni dell’accordo Stato-Regioni del 2010, che prevedeva nel “percorso nascita” la razionalizzazione/riduzione progressiva dei Punti nascita con numero di parti inferiore a 1000/anno, hanno difficoltà a chiudere queste strutture. Ugualmente lo stesso accordo prevedeva l’attivazione, il completamento e la messa a regime del sistema di trasporto assistito materno (STAM) e neonatale d’urgenza (STEN), che invece non sono ancora presenti in vaste aree del Paese. “Per la mancanza di un servizio di trasporto neonatale in molte Regioni e in vaste aree metropolitane si verifica un significativo ritardo nell’inizio di terapie ed un aumento del rischio di morte in epoca neonatale o di insorgenza di danni neurologici con esiti invalidanti in neonati che nascono in centri privi di Terapia intensiva neonatale (TIN)” scrive il CNB. Inoltre le Unità di TIN, che sono in un numero superiore rispetto agli standard raccomandati, spesso non lo sono i termini di posti letto effettivamente disponibili, per carenze di personale medico o da insufficienti spazi e attrezzature. “Senza un potenziamento delle Unità di TIN e una migliore organizzazione della rete perinatale non si potranno ridurre i tassi di mortalità neonatale nelle Regioni meridionali” aggiunge il Comitato, sottolineando come “dal punto di vista etico sia inammissibile che la salvaguardia dei diversi parametri imposti dai piani di rientro possa incidere in modo così grave sul diritto alla salute”. È necessario, conclude il Comitato, bloccare la tendenza alla differenziazione dell’offerta sanitaria fra le diverse regioni ed è indispensabile una loro integrazione, finalizzata ad assicurare a tutti, a partire dal momento della nascita, il diritto di godere del mi gliore stato di salute possibile. Il testo della mozione è stato elaborato dal Prof. Mario De Curtis, con il contributo della Prof.ssa Marianna Gensabella. Il Documento integrale è disponibile su www.sip.it 20 Pediatria numero 7-8 - luglio-agosto 2015 O rganizzata nell’ambito dell’EXPO di Milano 2015, in collaborazione con Pianeta Nutrizione, tra il 25 e il 27 giugno si è svolta una Conferenza Internazionale di Nutrizione sui temi della nutrizione nei primi 1000 giorni di vita presieduta da Giovanni Corsello (Presidente SIP), Sergio Bernasconi (Direttore di “Italian Journal of Pediatrics”) e Gianvincenzo Zuccotti (Presidente SIP Sezione Lombardia). Si sono succeduti sul podio numerosi esperti di nutrizione, endocrinologia e gastroenterologia, molti dei quali provenienti da Paesi europei e dei vari continenti. I contributi, ricchi di dati clinici e di esperienze di ricerca, hanno reso le sessioni, molto nutrite di partecipanti, di grande interesse, anche per i numerosi risvolti pratici e di prevenzione che gli argomenti trattati hanno offerto. La sessione inaugurale è stata condotta dal professor Giovanni Corsello, Presidente della SIP, dalla dr.ssa Marina Picca, Presidente SICUPP e da Carla Rego, Presidente del gruppo di lavoro sull’obesità infantile del Portogallo. I rischi di una alimentazione sbilanciata nelle epoche precoci della vita sono stati affrontati alla luce di ricerche di base e cliniche effettuate in vari Paesi europei e non. Si è dato rilievo ad esperienze di prevenzione fondate su nuovi approcci di comunicazione. In questo senso le relazioni di Serge Chalon (Martinica) e di Angelo Pietrobelli (Verona) sulle 10 azioni principali per la prevenzione hanno brillato per la loro impostazione innovativa. Si è ampiamente dibattuto sulla necessità strategica di un intervento precoce, unica chance effettiva per Giovanni Corsello Presidente SIP Pediatria numero 7-8 - luglio-agosto 2015 Pianeta SIP La SIP all’EXPO sul tema della nutrizione nei primi 1000 giorni di vita ridurre il rischio delle malattie croniche non comunicabili collegate con il sovrappeso e l’obesità. Le percentuali che vediamo oggi, nettamente più elevate nei Paesi e nelle regioni meridionali dell’Europa e dell’Italia, sono da collegare ad assetti socioculturali che favoriscono in quelle aree l’assunzione sbilanciata di alimenti inadeguati per eccesso di proteine sin dall’epoca prenatale. Sono le stesse regioni in cui sono state rilevate le più basse percentuali di allattamento materno, misura protettiva nei confronti dell’incremento di alcune patologie croniche in età evolutiva compresa l’obesità. Si sono condivise iniziative tese a migliorare in queste popolazioni la consapevolezza dell’importanza che una buona nutrizione precoce ha sulla salute di neonati, bambini, adolescenti e degli adulti di domani. A lungo si è discusso delle modalità e dei vari step necessari per evitare che si inneschino quei meccanismi che, anche attraverso una modulazione epigenetica sfavorevole, influiscono nella regolazione dell’espressione genica in senso “obesogeno”, con una programmazione endocrino-metabolica che favorisce l’incremento ponderale e l’accumulo di sostanze lipidiche a livello periferico e centrale. Si è discusso anche delle nuove linee di indirizzo nutrizionale nei primi anni di vita in itinere tra Società Italiana di Pediatria (SIP), Società Italiana di Nutrizione Pediatrica (SINUPE) e Ministero della Salute. Cinque i temi che saranno delineati con l’obiettivo di offrire uno strumento di prevenzione e di diffusione delle conoscenze: alimentazione adeguata della donna in gravi^^ danza; ^^allattamento al seno prolungato ed esclusivo nel primo semestre; equilibrio nutrizionale durante il divezzamento; ^^ cibi a misura di bambino nei primi anni di vita: ^^ evitare il sovraccarico calorico e proteico, evitare o limitare aggiunte di sale e di zuccheri semplici ai cibi, incrementare e adeguare l’apporto di fibre, prevenire i deficit di micronutrienti (ferro, zinco, iodio, vitamine), garantire la sicurezza degli alimenti (aderenza alle normative ministeriali ed europee); promozione dell’attività fisica e motoria sin dal^^ le prime età. La conferenza è stata anche occasione per diffondere e condividere la Piramide Nutrizionale Transculturale che la SIP ha prodotto in occasione dell’EXPO 2015, per saldare i contenuti di una corretta educazione alimentare all’insegna della dieta mediterranea con le esigenze di una società sempre più multietnica e pluriculturale come quella in cui viviamo oggi in Italia. 21 Pianeta SIP ECG e attività motoria, una questione da riaprire I 22 llustrissima On. Beatrice Lorenzin, consapevole della Sua sensibilità e attenzione al problema in oggetto Le scrivo in nome e per conto di tutti i pediatri italiani che quotidianamente si trovano impegnati a promuovere l’attività motoria nell’infanzia. So che Lei è a conoscenza delle difficoltà e complicazioni che il susseguirsi di DL nel corso del 2013 culminati con il decreto attuativo dell’8 agosto 2014 “Linee guida d’indirizzo in materia di certificati medici per l’attività sportiva non agonistica” ha indotto presso le famiglie dei nostri assistiti. Pediatria numero 7-8 - luglio-agosto 2015 La nebulosa definizione di “attività sportiva non agonistica”, l’obbligo di un elettrocardiogramma per il rilascio della certificazione relativa (che non ha riscontro nella letteratura scientifica pediatrica internazionale) e i costi derivanti, hanno reso complesso e più difficile l’approccio alla attività motoria organizzata, specialmente per i bambini delle fasce sociali più disagiate. Il presupposto del tema “promuovere l’attività fisica organizzata nei bambini” poggia su un principio inconfutabile: l’attività motoria è universalmente riconosciuta come strumento di prevenzione e cura di malattie metaboliche e raggiungimento di un ottimale stato psicofisico. I bambini, che per caratteristiche proprie sarebbero portati al movimento continuo spontaneo, purtroppo sono sempre più condizionati dal modello sociale che, riducendo gli spazi liberi e aumentando l’immobilità con distrazioni telematiche sempre più totalizzanti, favorisce errati stili di vita. È pertanto indispensabile facilitare l’approccio all’attività motoria costante fin dai primi anni di vita per favorire un modello di comportamento permanente. Per raggiungere l’obiettivo sarebbe opportuno liberare da qualsiasi obbligo certificativo tutte le attività motorie organizzate nella prima infanzia almeno fino ai 6 anni. La promozione dell’attività fisica rientra a pieno titolo nei compiti istituzionali della scuola, considerato il ruolo fondamentale che svolge nell’ambito della formazione e della crescita dei bambini, per cui anche in questo contesto la certificazione SIP, FIMP e ACP scrivono una lettera aperta al Ministro della Salute Beatrice Lorenzin nella quale chiedono di liberare da qualsiasi obbligo certificativo tutte le attività motorie organizzate nella prima infanzia, almeno fino ai 6 anni. Ecco il testo della missiva delle attività sportive parascolastiche andrebbe ridefinita e precisata, escludendola dall’onere certificativo. Questo al fine di favorire la libera partecipazione di tutti gli alunni, quale completamento dell’educazione motoria fornita dall’insegnamento di educazione fisica, salvaguardando la certificazione per quanto concerne l’attività svolta per i Giochi della gioventù, a partire dalle fasi successive a quelle di Istituto o reti di Istituti. Il gruppo di lavoro ad hoc istituito per emanare una nota esplicativa di una legge rivelatasi controproducente (mi e Le chiedo perché un rappresentante dei pediatri che quotidianamente sono in prima linea sul tema non sia stato coinvolto in questo organismo a portare la voce delle famiglie oltre a Istituzioni e associazioni di settore) di concerto con l’ufficio legislativo del Ministero in data 17 giugno 2015 ha elaborato un parere espresso nella Nota del Ministero della Salute prot. n° 5479. Il documento conferma come la certificazione per l’attività sportiva non agonistica e l’ECG devono essere richiesti esclusivamente per i sog- Pianeta SIP getti tesserati al CONI o Società sportive affiliate a Federazioni o Enti sportivi da questo riconosciuti, andando a creare una poco comprensibile differenziazione. È noto che quasi tutte le palestre, piscine e circoli sono affiliati al CONI e quando organizzano corsi di varia tipologia tesserano d’ufficio i praticanti a prescindere dall’età e dal tipo di impegno. Signor Ministro, penso Lei condivida quanto sia paradossale e difficile da giustificare alla mamma di un lattante di 9 mesi che inizia un corso di acquaticità la necessità per legge di ECG e certificato non agonistico per il semplice fatto che iniziando il corso viene automaticamente tesserato dalla piscina, essendo questa affiliata per motivi di opportunità amministrativa! Bene ha fatto la Commissione Affari sociali della Camera a confermare l’abolizione del certificato sportivo per l’attività ludico motoria, come giusto che siano fatti salvi i casi giudicati a rischio dal curante, in un contesto nel quale le strutture che organizzano attività ricreative in età pediatrica continuano a richiedere certificati per motivi assicurativi o di tesseramento vario. Sicuro della Sua disponibilità a riesaminare la questione che ha forti implicazioni sociali anche per i costi connessi non previsti nei LEA, allontanando le famiglie dall’offrire l’opportunità di praticare attività motoria organizzata ai propri figli, mi metto a Sua disposizione insieme ai due Presidenti di Area Pediatrica, cofirmatari della presente, prof. Giovanni Corsello della SIP e dott. Paolo Siani dell’ACP con cui partecipo al Tavolo tecnico per la pediatria da Lei con lungimiranza istituito in dicembre 2014 per contribuire a migliorare la salute e l’organizzazione dei Servizi per l’infanzia e l’adolescenza. Molti cordiali saluti Giampietro Chiamenti Presidente Nazionale Federazione Italiana Medici Pediatri - FIMP Giovanni Corsello Presidente Nazionale Società Italiana di Pediatria - SIP Paolo Siani Presidente Nazionale Associazione Culturale Pediatri - ACP Roma, 15 luglio 2015 Pediatria numero 7-8 - luglio-agosto 2015 23 Pianeta SIP Il Presidente Corsello visita l’AAP a Chicago N el corso di un suo breve soggiorno negli Stati Uniti, il Presidente SIP è stato invitato nella sede dell’American Academy of Pediatrics a Chicago. Il Professor Giovanni Corsello ha visitato l’ampia sede della Società scientifica che raccoglie oltre 64.000 pediatri di tutti i 50 Stati dell’Unione. Ubicata ad Elk Grove Village, quartiere residenziale a circa 30 chilometri dal centro di Chicago, la sede è il quartiere generale dell’AAP, ove si strutturano e prendono forma le iniziative scientifiche, formative ed editoriali. Vi è anche una biblioteca storica che raccoglie tutte le pubblicazioni e tutti gli Atti e i documenti della società fondata nel 1933. Emozionante la visione del tondo dei Della Robbia che è il logo dell’AAP. Il Presidente SIP nella sua giornata trascorsa nella sede dell’AAP ha incontrato tra gli altri Edgar Vesga, Direttore del Dipartimento internazionale, Carole E. Alden, Direttore generale in carica dal 2001, Louis Cooper Past President e referente per l’OMS per le politiche vaccinali. Temi in discussione sono stati la condivisione di un progetto internazionale di promozione delle vaccinazioni nell’infanzia e nell’adolescenza, in vista della auspicata eradicazione di rosolia congenita e morbillo. È stata discussa la proposta di istituire una sorta di “social committee” internazionale, con esperti delle Società scientifiche pediatriche statunitensi, italiane e di altri Paesi europei interessati, rappresentanti di associazioni e testimonial in grado di diffondere il messaggio in contesti più ampi. Il tema dei bambini migranti che giungono in Europa da Stati e Regioni sede di guerre e in condizioni di estrema povertà è stato affrontato anche in vista di un possibile coinvolgimento dell’IPA, associazione pediatrica internazionale che raccoglie oltre 110 Società scientifiche in tutto il mondo. Infine l’AAP ha comunicato al Presidente SIP di essere disponibile a condividere il nuovo sito dedicato ai genitori (www.healthychildren.org), che ha riscosso molto successo negli USA tra i genitori, uno strumento utile per rafforzare la corretta informazione sul web sulla salute dei bambini, diffondere e favorire stili di vita salutari per i bambini e per le loro famiglie. 71° Congresso Italiano di Pediatria: i vincitori dei premi per le comunicazioni orali M.L. Magnani Titolo: “Ruolo dell’elastosonografia nel bambino con steatosi epatica non alcolica” S. Accomando Titolo: “Disturbi funzionali gastrointestinali: dinamica osservazione di una casistica pediatrica” S. Bosis Titolo: “Caratteristiche e rilevanza clinica dei diversi tipi e genotipi di virus respiratorio sinciziale circolanti nel nord Italia durante cinque stagioni invernali consecutive” M. Lucchesi Titolo: “Sirolimus nel trattamento del complesso della sclerosi tuberosa in bambini con età compresa tra 0 e 36 mesi: valutazione della sicurezza e dei benefici clinici nei primi mesi di trattamento” G. Corona Titolo: “Il trattamento con concentrato di proteina C in pazienti con sepsi severa complicata da CID” G. Bardasi Titolo: “Efficacia ed accettabilità del trattamento disostruttivo delle vie aeree con tecnologia Vaküm in soggetti con tosse ipovalida” M. Ceccarelli Titolo:”Ipovitaminosi D nei bambini adottati all’estero” V. Talarico Titolo: “Recidiva di manifestazione neurologica in una ragazza con sindrome da anticorpi antifosfolipidi in terapia anticoagulante orale” L. Li Puma Titolo: “Quando pensare ad una trombosi cerebrale neonatale?” C. Di Camillo 24 Titolo: “Sorveglianza ed impatto clinico delle gastroenteriti virali nosocomiali in pazienti pediatrici” Pediatria numero 7-8 - luglio-agosto 2015 Pianeta SIP Rischio clinico in Pediatria L a specificità irrinunciabile delle cure pediatriche ed il superamento di alcune criticità che ne condizionano oggi la qualità richiedono un processo di adattamento degli strumenti del Governo clinico all’intero settore dell’assistenza pediatrica. Tra questi la gestione del rischio clinico è certamente uno dei più significativi. Il miglioramento della qualità delle cure deve infatti passare, inevitabilmente, attraverso una riduzione degli errori che richiede un approccio di sistema mirato ad un’attenta analisi delle cause che li determinano e all’attuazione di idonee misure protettive e preventive all’interno dell’organizzazione sanitaria. Qualità e sicurezza delle cure rappresentano due fattori strategici dell’attività clinica e assistenziale anche in ambito pediatrico pertanto devono essere sempre più frequentemente oggetto di attenzione da parte delle Società scientifiche che oggi rappresentano un punto di riferimento culturale non solo nei percorsi di orientamento formativo e di ricerca, ma anche nelle strategie di disegno assistenziale. Nessuna buona attività assistenziale può infatti essere messa in atto senza un’adeguata integrazione delle attività di formazione e di ricerca e questo è tanto più vero quanto più è complesso il sistema. L’impegno delle Società scientifiche nella gestione del rischio clinico in Pediatria deve prevedere due obiettivi prioritari: stimolare e migliorare la conoscenza dei pediatri sui problemi relativi alla sicurezza del paziente e della qualità delle cure e sviluppare iniziative e proposte operative finalizzate a ridurre al minimo i danni da errore medico. Il primo obiettivo può essere raggiunto realizzando, da un lato, un programma di formazione permanente sui principi ed i metodi del rischio clinico che consenta a tutti i pediatri di individuare ed affrontare le problematiche legati alla safety del paziente in ogni specifico setting assistenziale, dall’altro diffondendo nella rete pediatrica una cultura della sicurezza in grado di promuovere la comunicazione aperta dell’errore, evitando che chi segnala eventuali sbagli possa temere di essere giudicato o punito dai colleghi, che separi la responsabilità dall’analisi dei fatti e che, soprattutto, favorisca l’apprendimento dall’errore. Il secondo obiettivo invece può essere centrato mediante la definizione e la realizzazione di pro- Domenico Minasi Qual è il ruolo delle Società scientifiche? Consigliere nazionale SIP ^^ ^ American Accademy of Pediatrics “Policy Statement—Principles of Pediatric Patient Safety: Reducing Harm Due to Medical Care”. Pediatrics 2011;127( 6). ^^ ^ Minasi D, Corsello G. Società Italiana di Pediatria e Governo Clinico delle cure pediatriche. In “Il governo clinico nelle cure pediatriche”. Janus 2012; 7(seconda serie). getti differenziati come l’elaborazione un set di indicatori specifici per la misurazione delle performance nell’ambito dell’assistenza pediatrica e per la sicurezza delle cure; la messa a punto di supporti cognitivi che prevedano l’elaborazione di algoritmi per la gestione di situazioni critiche mediante una standardizzazione delle fasi principali come ad esempio il Pediatric Early Warning Score (PEWS); lo sviluppo di sistemi di error-reporting e di event-analysis come il Pediatric Trigger Tool già in uso nel sistema sanitario inglese, per guidare e proporre soluzioni utili ad evitare i rischi per la sicurezza del paziente; la creazione di programmi educazionali per accrescere la family-centered care che coinvolgano attivamente il paziente e la sua famiglia in ogni momento delle cure, o la definizione di programmi proattivi (plan for safety) che consentano di passare da una gestione del rischio ad una di prevenzione del rischio . È evidente che tutte queste possibili strategie operative potranno essere realizzate anche con il coinvolgimento di altri attori. Un esempio in questo senso è già attivo ed è il Progetto Sicurezza in Pediatria 2013-2016 che vede coinvolti l’AOPI (Associazione degli Ospedali Pediatrici Italiani), il Coordinamento delle Regioni per la Gestione Rischio Clinico e Sicurezza del Paziente, il Ministero della Salute, l’AGENAS e la SIP. Pediatria numero 7-8 - luglio-agosto 2015 25 La clinica / Pillole di ecografia Fibromatosis colli G aia, nata da taglio cesareo per presentazione podalica, è inviata dal pediatra curante al servizio di Ecografia a tre settimane di vita per la valutazione di una tumefazione della parte destra del collo, notata dai genitori da circa una settimana. La madre riferisce anche una postura obbligata, con limitazione dei movimenti del collo sul lato colpito. All’esame clinico, il gonfiore risulta duro e non caldo al tatto. L’ecografia mostra un ispessimento fusiforme del muscolo sternocleido-mastoideo a margini ben definiti, mobile in maniera sincrona con il muscolo (Fig.1), con lieve accentuazione dell’ecogenicità rispetto al controlaterale (Fig 2), L’esame non evidenzia alcun cambiamento significativo nella vascolarizzazione interna del muscolo, né presenza di raccolte ematiche; la struttura fibrillare delle fibre muscolari appare conservata. Sulla base della clinica e del risultato dell’ecografia viene posta diagnosi di fibromatosis colli. La bambina viene indirizzata al servizio di fisioterapia che fornisce ai genitori consigli posturali e indicazioni di trattamento. La tumefazione dimostra una diminuzione nelle dimensioni già dopo 6 settimane, con movimenti del collo tornati pressoché nella norma. Fibromatosis colli (talvolta ancora erroneamente definita ematoma del muscolo sternocleidomastoideo) è una condizione di proliferazione fibroblastica benigna all’interno del muscolo sternocleidomastoideo (secondo la classificazione OMS del 2002) che conduce all’ingrandimento focale o diffuso del muscolo, spesso clinicamente associata Rino Agostiniani Tesoriere SIP con torcicollo. Anche se l’eziologia esatta non è conosciuta, si ritiene trattarsi di una reazione ad un insulto ischemico subito dal muscolo nell’ultimo trimestre di vita intrauterina o durante il parto; si accompagna infatti frequentemente a una storia di trauma da parto, distocia o presentazione podalica. La lesione colpisce quasi esclusivamente il muscolo sternocleidomastoideo, di solito in maniera unilaterale. La prevalenza è stimata essere 0,4% dei nati vivi. I neonati sono in genere normali alla nascita; il quadro si manifesta con tumefazione e riduzione dei movimenti del collo a 2-4 settimane di vita. L’ecografia gioca un ruolo determinante nella diagnosi, consentendo di differenziare questa situazione benigna dalle altre cause di masse del collo in questa fascia di età; evita, inoltre, indagini inutili e permette di contenere con tempestività l’ansia dei genitori. La fisioterapia ed il follow up clinico risultano solitamente gli unici provvedimenti indicati. La risoluzione, graduale e spontanea, della lesione si verifica entro i primi 2 anni di vita nella maggioranza dei casi. Sopra: figura 1. A fianco: figura 2 ^^ ^ Fletcher CD, Unni KK, Mertens F. Pathology and genetics of tumors of soft tissue and bone. Geneva: World Health Organization, 2002. 26 Pediatria numero 7-8 - luglio-agosto 2015 Partita la sperimentazione del progetto di Federfarma relativo alla consegna dei farmaci a domicilio per le persone impossibilitate a recarsi in farmacia. Il servizio si attiva tramite il numero verde 800 189 121. Keep calm and treat it! Torna a Padova il Congresso Nazionale dell’ONSP, là dove nell’ormai lontano ottobre 2002 prese forma il progetto di mettere insieme energie, competenze e conoscenze fra tutti gli specializzandi in Pediatria delle diverse Scuole italiane, in un Osservatorio Nazionale che ne promuovesse i percorsi formativi ed il loro sviluppo. Un evento della formazione specialistica che non ha eguali fra altre specialità dell’area medica e non, perché organizzato esclusivamente da e per specializzandi. In questa edizione ci concentreremo sull’urgenza-emergenza pediatrica, con un’attenzione particolare alla gestione degli aspetti terapeutici. Con 10 corsi precongressuali, tre giorni di sessioni, e con l’ausilio di esperti nel settore dell’Università di Padova e non, sarà possibile apprendere e mettere in pratica, cooperare e confrontarsi, tutto con un unico scopo: tornare ciascuno nella propria realtà sapendo e sapendo fare qualcosa in più per curare e prendersi cura al meglio dei nostri piccoli pazienti. Ma la XII edizione si riempirà di importanti novità e contenuti. Il 2015 è infatti un anno importante per la Pediatria intera, data l’emanazione del riassetto delle Scuole dell’area sanitaria che riorganizza un ordinamento didattico non più aggiornato negli ultimi 10 anni e che pone solide basi per affrontare le sfide della futura assistenza pediatrica; ed è un anno importante per l’ONSP che ha partecipato sotto l’egida della EPA e della SIP come Società co-fondatrice alla costituzione dell’European Young Paediatricians’ Association ed i cui delegati, provenienti da numerose nazioni, interverranno alla sessione “Become an European Pediatrician”. Con i lavori della sessione: “Progetti di Cooperazione (inter)nazionale” sarà poi il momento di rinsaldare la collaborazione con CUAMM-Medici con l’Africa ed apprendere cosa viene quotidianamente realizzato ed è possibile fare nelle nostre realtà locali grazie alla partecipazione del Gruppo di Lavoro Nazionale per il Bambino Immigrato. Gli ONSPdays2015 saranno questo e tanto altro ancora, unitamente agli imman- Per informazioni ed iscrizioni consultare il sito web www.onsp.it a cura di Liviana Da Dalt, Davide Vecchio A Padova gli ONSPdays2015 cabili eventi sociali, per vivere ancora una volta insieme – da protagonisti – la propria formazione nello spirito ONSP. Appuntamento quindi a Padova, come sempre numerosi! Il Direttivo ONSP Gli specializzandi di Padova Pediatri inFormazione Farmaci a domicilio, servizio gratuito Pediatria numero 7-8 - luglio-agosto 2015 27 Libri Accelerata EMA sui farmaci pediatrici L’European Medicines Agency (EMA) ha lanciato un’iniziativa che mira ad accelerare le procedure di sviluppo dei farmaci in Pediatria. Il progetto propone incontri tra pediatri dell’EMA e sviluppatori per concordare le fasi di messa a punto dei nuovi farmaci prima della presentazione dei piani di indagine pediatrica (PIP), i documenti presentati dai produttori al Comitato pediatrico dell’EMA (PDCO) per sviluppare e autorizzare un farmaco in Pediatria. “Pregiudizio” e “discriminazione” sono parole sgradevoli, richiamano vissuti di cronache dolorose e travagliate (razze, religioni, etnie, genere, sesso) che vorremmo dimenticare. Francesco Baggiani, un pedagogista dall’accento toscano, di Greve in Chianti, nella provincia di Firenze, nel suo libro ci allerta che invece pensieri pregiudizievoli e discriminatori sono rivolti di continuo alle persone con obesità, con grandissima disinvoltura. Da anni indaga, cerca di comprendere e modificare i difficili aspetti socio-relazionali legati al sovrappeso e all’obesità, in particolare nei bambini e negli adolescenti: derisione, colpevolizzazione, discriminazione sul corpo verso chi è in sovrappeso sono fenomeni in crescita, al pari dell’eccesso ponderale, ma, per contro ancora scarsamente riconosciuti. Inoltre, con l’avvento di internet e le nuove forme di discriminazione “virtuale” quali il cyberbullismo, lo stigma e il pregiudizio sul peso hanno assunto una nuova dimensione che si riverbera negli spazi e tempi eterei del web, divenendo così un’idea universalmente diffusa, pensieri automatici quasi inconsapevoli, difficilmente modificabili e purtroppo socialmente accettati e persino ritenuti utili, anzi “terapeutici”!! È dunque con un orientamento resiliente che Baggiani parte dalle più recenti e solide basi scientifiche per descri- P(r)eso di mira Rita Tanas Davide Vecchio UO Pediatria, Pediatra, Palermo Azienda Ospedaliero Universitaria di Ferrara vere sovrappeso ed obesità, le loro cause e complicanze, smantellando approcci superficiali e generalisti, per poi catapultare il lettore nel fiume di dannosi stereotipi basati sul peso. Pregiudizi che l’autore, capitolo dopo capitolo, dimostra agiti da tutti noi (più o meno consapevolmente), sostenuti dai media e dai loro modelli estetici di riferimento, che “paradossalmente” iniziano già entro le mura domestiche e si insinuano persino nei nostri ambulatori pediatrici di ogni livello. In tal modo l’idea stereotipata e ridicolizzante dell’obesità finisce per cronicizzare, senza che nessuno si scandalizzi di fronte ad essa, poiché, in fondo, la questione del peso è ancora ingiustamente considerata una responsabilità, anzi una colpa, personale, qualcosa che riguarda le doti del singolo: la sua determinazione e forza di volontà. Il danno è enorme: oggi è noto che la derisione persistente in età evolutiva comporta gravi conseguenze sulla salute psicosomatica anche in età adulta. Se la derisione inizia precocemente e in famiglia il danno è più grave. Se poi gli operatori sanitari e tutti gli educatori, anziché proteggere i bambini da genitori poco sensibili o impreparati, che hanno adottato modi inadeguati, la condividono: non c’è più salvezza! Lo stigma infatti crea una cassa di risonanza psico-somatica, con preoccupanti risposte personali allo stress, che vani- P(r)eso di mira Francesco Baggiani 28 Clichy 2014 Pediatria numero 7-8 - luglio-agosto 2015 ficano ogni eventuale intervento terapeutico, ponendo invece le premesse di ulteriori disturbi, favorendo stili di vita e comportamenti alimentari insani e patologici. Purtroppo anche i professionisti della salute non sono esclusi dal pregiudizio. La classe medica in particolare si trova spesso a giudicare a priori i propri pazienti sovrappeso come pigri, privi di autocontrollo e in qualche modo colpevoli, dando così per scontato l’insuccesso delle cure, considerando l’assistenza a questa malattia come una perdita di tempo rispetto ad altre malattie, talora ricorrendo a indimenticabili rimproveri e minacce. Ampia è la letteratura scientifica citata. Con Marlene Schwartz della Yale University si mette in luce come questo identikit degli obesi, superficiale e nocivo, da parte di coloro che dovrebbero aiutarli, rende la loro lotta contro l’obesità impossibile. Se neppure il pediatra, che dovrebbe essere il loro difensore, ci crede chi sosterrà la motivazione al cambiamento e la self-efficacy di questi bambini e delle loro famiglie, sole in balia del marketing di un‘industria senza scrupoli? Se nessuno è stato preparato alla difficoltà di raccogliere veloci e ben evidenti risultati sul peso o sul BMI, la delusione ucciderà i primi tentativi faticosi di cambiamento di queste famiglie, anziché sostenerli e farli crescere! “P(r)eso di mira” è quindi un testo utile per tutti quelli che lavorano con bambini e adolescenti nel campo sanitario ed educativo; per chi si occupa di prevenzione e cura dell’obesità; per chi la vive su se stesso o nella sua cerchia degli affetti e infine per chi vuole avere una visione più completa di una condizione oggi tanto chiacchierata quanto misconosciuta. Tutti possono contribuire a ridurre questo universale e pervasivo “anti-fat” bias, passo indispensabile nella prevenzione e nella cura dell’eccesso ponderale! Tutti possono andare fieri di avere un amico con problemi di peso, di statura, di zoppia, di balbuzie, di... ^^ ^ McVey GL, Walker KS, Beyers J, Harrison HL, Simkins SW, Russell-Mayhew S. Integrating Weight Bias Awareness and Mental Health Promotion Into Obesity Prevention Delivery: A Public Health Pilot Study. Prev Chronic Dis 2013;10:120-185 http://dx.doi. org/10.5888/pcd10.120185