Dietrich anima di leone - Carmelitane scalze Concenedo

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Dietrich anima di leone - Carmelitane scalze Concenedo
Monastero S.Maria del Monte Carmelo ::: Concenedo di Barzio
Dietrich anima di leone
di C. Dobner
La traiettoria storica di Dietrich von Hildebrand è piuttosto nota, quasi invece messo da parte è il suo ruolo umano,
politico e filosofico in un secolo che ha toccato il fondo dell’aberrazione con il dominio nazista. Grazie alla «Von
Hildebrand Legacy», un progetto fondato da J. Crosby jr., che a sua volta, malgrado la giovane età, meriterebbe una
notevole attenzione, e che intende divulgare e far conoscere lo spirito e le opere del grande fenomenologo tedesco, si è
svolta a Roma qualche giorno fa una conferenza centrata su quella che viene considerata dagli esperti la sua opera
maggiore e più significativa: «Essenza dell’amore».
Dietrich respirò arte, cultura e musica fin dalla sua nascita a Firenze nel 1889, nella storica dimora San Francesco abitata
dal padre, il famoso scultore Adolf, geniale artista, e dalla madre, raffinata cultrice d’arte, e da ben cinque sorelle
che lo precedettero, tutte molto dotate nelle arti e nella cultura. Un ambiente poliglotta e sereno, con grandi principi
umani, di religione protestante ma senza alcuna pratica religiosa, sempre sulla scia della bellezza.
Nel bambino Dietrich invece la presenza di Dio e la sua conseguente ricerca era viva e rispettata dai genitori: a soli
cinque anni «ricevette il dono della fede nella divinità di Cristo». Il suo corso di studi fu segnato da pochi anni passati in
scuole internazionali, perché fu seguito da celebri precettori. La musica pervadeva la sua esistenza, come pure
l’arte, che vedeva svilupparsi sotto i suoi occhi quotidianamente e la letteratura che spaziava ambiti linguistici
diversi. Personaggi celebri frequentavano San Francesco a Firenze e la dimora di famiglia a Monaco di Baviera.
Ancora molto giovane, a soli quindici, Dietrich comprese che la sua chiamata sarebbe stata la filosofia, soprattutto con la
nuova scuola che si stava profilando della fenomenologia legata alla figura di Husserl. A diciassette anni era studente
all’Università di Monaco e si entusiasmò ai corsi d’Etica, che diventò il suo campo di indagine.
Il giovane filosofo conobbe Max Scheler, di cui divenne amico, confidente ed ammiratore, pur prendendo le debite
distanze dinnanzi alle sue intemperanze, anche se fu questi ad aprirgli la strada al cattolicesimo, durante gli studi a
Gottinga dal 1909 al 1911. In Dietrich prevaleva un grande senso dell’etica, della propria posizione umana di lealtà
verso Dio e verso tutte le persone, che gli derivava soprattutto dalla testimonianza di Francesco d’Assisi, che
innerva tutte le sue opere filosofiche e religiose: «La mia conversione, tuttavia», precisò, «avvenne nel 1914, un anno
dopo aver assistito alla prima comunione di una delle mie cinque amate sorelle, nelle Catacombe di S. Callisto a Roma.
Mia moglie, Margaret Denck, che avevo sposato nel 1912, fu ricevuta nella Chiesa con me, da un padre francescano».
Durante la Prima Guerra mondiale prestò servizio nell’esercito e divenne, lui filosofo, aiuto ed assistente di un
chirurgo. Nel frattempo, si andavano elaborando nel suo spirito e nella sua intelligenza le grandi opere che lo
indicheranno al mondo del pensiero come un fenomenologo realista e come un indagatore dell’Etica:
«Matrimonio: il mistero dell’amore fedele, «Metafisica della comunità», «In difesa della purezza», «Domande attuali
sull’eternità». Divenuto docente universitario, unì sempre la ricerca scientifica ad una profonda religiosità che affinò il
suo spirito. Fu tra i primi ad avvertire il pericolo del nazionalsocialismo e di Hitler, tanto da essere iscritto nelle liste nere
del partito come persona pericolosa.
Nel 1940 dovette servirsi dello pseudonimo Peter Ott per pubblicare la sua grande opera «La trasformazione in Cristo». Il
Nunzio in Germania, Eugenio Pacelli, gli fu grande amico e la loro comunicazione arricchì notevolmente entrambi,
perché il futuro Pio XI «era una di quelle personalità in cui la loro sublime personalità sembra essere libera dal peso della
materia. D’altra parte, aveva un vivo interesse per i più svariati problemi…».
Nella dimora di Monaco, Dietrich e la moglie ricevevano ogni due settimane un gruppo di amici per un rinfresco, cui
seguiva la proposta della discussione di un tema religioso. Qui arrivavano tutti i grandi nomi di allora. Dietrich fu anche
amico del giovane cappellano della chiesa di S. Giorgio: Joseph Ratzinger.
Von Hildebrand dovette fuggire da Monaco nel 1923 dopo il Putsch di Hitler, ma al suo ritorno non tacque e si oppose
costantemente all’ideologia dilagante. Nel 1933 dovette scappare in Austria, perdendo tutti i suoi beni. Iniziò così la
lunga peregrinazione da povero che, da Vienna, dove risiedeva nel 1938, in un avventuroso e pericoloso viaggio
passando dalla Cecoslovacchia, Ungheria, Italia, lo portò infine in Svizzera. Da qui venne chiamato all’Università di
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Tolosa da un domenicano amico, ma dovette fuggire ancora fino a Lisbona, dove ottenne infine un visto per gli Usa,
dove la Fondazione Rockfeller lo aveva chiamato.
La coraggiosa donna che condivideva con lui l’alto ideale dell’amore coniugale, e compagna della sua vita
avventurosa, morì nel 1957. Alice Jourdain, filosofa e sua collaboratrice, lo sposò nel 1959 e a tutt’oggi è presente
con la sua preziosa testimonianza sulla scena della filosofia e della religione, anche con la preziosa biografia, non
ancora tradotta in italiano, «Dietrich von Hildebrand. The soul of a lion».
Il 26 gennaio 1977 il filosofo, debole per l’età avanzata ma sempre con «l’anima del leone», lasciava la
nostra storia con un canto di lode: «Guardando indietro alla mia vita, trovo molte ragioni di gratitudine per Dio, non ultima
l’opportunità di essere stato vicino a così tante e grandi personalità profondamente spirituali e averne avute così
tante per amici; sono sempre state un modello e uno stimolo per me. Ho avuto anche il dono della grazia di essere
testimone di molte conversioni, le mie cinque sorelle, due cognati, e innumerevoli amici e parenti, in totale circa un
centinaio di persone. Misericordias Domini in aeternum cantabo».
27 giugno
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