Ascoltare la Parola di Dio

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Ascoltare la Parola di Dio
Ascoltare la Parola di Dio
LA CROCE: …DONO D’AMORE CHE APRE LA VITA
Domenica delle Palme
13 Aprile 2014
«Davvero costui era Figlio di Dio!»
«Cristo umiliò se stesso, per questo Dio lo esaltò» (Fil 2,8)
Commenti al Vangelo
Giunti al valico della fede
[…] Entrare nel meraviglioso Mistero della nostra Redenzione, che i suggestivi riti della
Settimana Santa rendono ogni anno nuovo e attuale, è un po’ come camminare lungo un
sentiero di montagna per dirigerci verso un passo, verso un valico. Si percorre il cammino
della Quaresima, lo si gusta in tutta la sua bellezza, ma quando poi ci si avvicina all’ultima
settimana che ci separa dalla Solennità Pasquale ci si rende conto della molteplicità e della
grandezza del Mistero che siamo chiamati a contemplare e verso il quale siamo
nuovamente invitati ad incamminarci. La Domenica delle Palme, in virtù dello stesso
avvenimento che vuol commemorare, costituisce proprio questa “porta d’ingresso” ai
Misteri della nostra Salvezza. E credo che essa assuma il suo più profondo significato nella
misura in cui significativo è stato il cammino percorso durante la Quaresima.
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I Vangeli del ciclo liturgico di questa Quaresima, per il loro carattere prevalentemente
battesimale con il quale siamo stati invitati a riscoprire il sacramento della nostra identità
cristiana, credo abbiano perseguito fondamentalmente l’obiettivo di farci capire
l’essenzialità appunto del nostro essere cristiani, ossia l’incontro con Gesù Cristo. Un
incontro che non ci può lasciare indifferenti, ma che viene a cambiarci profondamente
l’esistenza nella misura in cui siamo capaci di lasciarci mettere in discussione dall’incontro
con il Maestro.
Non è certo un incontro facile o scontato. Molte sono le resistenze che opponiamo, perché
da subito si comprende che il Maestro scomoda le nostre certezze. Ci arrangiamo spesso
da soli, siamo convinti che la salvezza sia qualcosa che possiamo ottenere da noi stessi
con una serie di comportamenti autosufficienti. Qualcosa da mettere sotto i denti, e la
Parola di Dio risulta del tutto superflua. Ma «non di solo pane vive l’uomo». Magari, ci capita
pure di fare riferimento alla Parola di Dio, ma a patto che ci aiuti a realizzare i nostri
progetti, assoggettando il volere di Dio alla nostra volontà. E invece «sta scritto: Non tenterai
il Signore Dio tuo». Quando poi ci troviamo di fronte al bivio tra una vita fatta di successo,
potere e denaro e una vita fatta di affidamento alla provvidenza di Dio, è dura resistere alla
tentazione dell’avversario, e dirgli: «Vattene, satana! Perché sta scritto: Adora il Signore Dio
tuo e a lui solo rendi culto».
Per farci capire cosa vuole da noi, il Maestro ci mette ulteriormente a dura prova, ci fa
camminare con fatica verso un alto monte e ci si manifesta in tutta la sua gloria; ma non
ci nasconde affatto che il cammino del discepolo è fatto di croci. Ci parla di quella che sarà
la sua Passione e Morte a Gerusalemme, e di fronte al nostro timore (perché comunque la
croce ci fa paura), ci risolleva da terra e ci dice: «Alzatevi, non temete».
Ci prende per mano, ci fa scendere dal monte dove era certamente più comodo stare a
contemplare la bellezza della sua gloria, e ci invita a camminare tra l’arsura del deserto
per sederci ai bordi di un pozzo, da cui lui attinge per noi un’acqua bevendo la quale l’uomo
«non avrà mai più sete». In realtà, quest’acqua ci fa venire ancor più sete, ma sete di lui.
Poco a poco cominciamo a dire, balbettando, il nostro “Credo”. Cominciamo a dire al
Maestro che ci rendiamo conto, che «sappiamo che deve venire il Messia, e che quando verrà
ci annuncerà ogni cosa».
Ma forse questa affermazione di fede non è ancora sufficiente. Siamo molto materialisti, e
abbiamo bisogno che il Maestro faccia per noi qualcosa di straordinario ma anche di molto
concreto, abbiamo bisogno che ci riapra gli occhi alla fede in lui, che ci porti ai bordi della
piscina di Siloe, che ci spalmi un po’ di fango sugli occhi, perché riusciamo finalmente a
dire – nonostante le opposizioni di chi vuole farci affermare il contrario – “Io credo,
Signore!”.
Credere quando Dio ci fa una grazia, oltre che doveroso è facile, ed è anche gratificante.
Tutto si complica quando alla nostra fede è chiesto di passare attraverso la prova della
croce, del Calvario, della sofferenza, in particolare della malattia e della morte. Continuare
a sperare nel Dio della Vita quando tutto parla di morte non è cosa da poco. È molto meglio
affrontare con rassegnazione la prova, accettarla, e poi rinchiuderci nel nostro dolore,
mettendoci una pietra sopra e cercando di ripartire. Il Maestro, però, ci chiedere di “togliere
la pietra”, come egli farà il giorno di Pasqua. Ma ancora prima, ci chiederà di professare la
nostra fede in lui, che è la Risurrezione e la Vita: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Figlio
di Dio che deve venire nel mondo».
Ci siamo lasciati alle spalle un cammino, convinti di essere giunti alla meta. Ora però ci si
apre davanti nuovamente una porta: sta a noi accettare, con fede, la sfida di Pasqua.
(a cura di don Alberto Brignoli)
Fonte: http://www.qumran2.net
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Sulla croce, uno che ha il nostro stesso accento
L’evangelista Matteo si preoccupa di mostrare ai suoi lettori che Gesù è il compimento di
tutte le promesse fatte da Dio al suo popolo. Gesù è la pienezza del dono di salvezza che
Dio stesso ha voluto lasciare in eredità alla storia dell’uomo. In Gesù, l’amore di Dio
penetra profondamente dentro la vita di ogni persona.
E questa penetrazione è compiuta in una Croce! Il paradosso dell’amore caccia
dall’orizzonte ogni interpretazione moralista o romantica, di cui oggi è impregnata la
società dell’immagine e delle relazioni liquide. Nel corso della storia di tutti i tempi, Dio
lascia conficcata una Croce, che spacca la pietra e si trasforma in roccia di salvezza. Di
fronte al Crocifisso, il velo che nasconde la verità dell’esistenza si squarcia definitivamente
e irrompe folgorante la luce della bellezza sfigurata e trasfigurata. Il Cielo e la terra si
uniscono per sempre!
Il Crocifisso è veramente il Figlio di Dio. É un pagano a riconoscerlo, icona di tutti i popoli
della terra, di ogni uomo appesantito dalla fatica di vivere senza conoscere la bellezza
dell’Amore. É un uomo che lavora, costretto dalla violenza della società a seminare
violenza, come se non ci fosse alternativa all’agire umano. Nella sua vita, inaspettatamente,
penetra invece oggi una speranza: «Davvero costui era Figlio di Dio!».
Davvero Dio è qui! Davvero l’angoscia e la tristezza, il tradimento e la paura, la spada e i
bastoni, l’invidia e la gelosia, la menzogna e l’oppressione, la morte stessa... non sono
sufficienti per allontanare Dio dall’uomo! Davvero ogni situazione tragica e ogni evento
incomprensibile della storia non è nient’altro che un velo posto sul volto del Signore, e
diviene l’opportunità per scostarlo e guardare oltre: Dio c’è, ed è molto più bello di quanto
il mio povero cuore avrebbe mai potuto immaginare!
La carne è debole, non vede più in là dei propri interessi e delle proprie passioni. Lo spirito,
invece, uscito dalla bocca del Figlio morente, rimasto a noi come eredità che riempie il
nostro petto trepidante, guarda più in là, scruta la profondità, attraversa l’apparenza e
riconosce il senso più intimo delle cose. E vi trova Dio. Ecco il significato e il valore della
Croce, che compie le promesse e le rinnova, regalando all’uomo una inattesa chiave di
lettura. Dal Calvario, la storia è capovolta, e non c’è più da temere una divinità che
imprigiona e giudica, non c’è più da correre l’esistenza armati fino ai denti per difenderci
e aggredire chi ci vive a fianco. Dio si è fatto debole, fino alla morte, perché Egli è debole.
E nella debolezza dell’amore, Egli diventa la nostra roccia. Perché così Dio si è reso
totalmente accessibile, anche quando e a chi poteva sentirsi escluso dal suo sguardo di
predilezione.
Un canto argentino, ricordando la passione di Gesù e di Pietro, sintetizza mirabilmente il
mistero dell’amore: “Quando si ama molto qualcuno, si prende il suo accento”. Gesù ha
l’accento dei Galilei, degli uomini disprezzati che vengono dal nord. Dio, in Gesù, si
addormenta accanto al sonno spirituale dei suoi discepoli, per contagiarli del suo accento
di vita. A noi, dunque, nel silenzio della Settimana di grazia che comincia, l’opportunità di
lasciarci lacerare il velo che offusca la nostra vista e di imparare a riconoscerLo presente
e vicino in ogni situazione della nostra esistenza. A noi ancora l’occasione per prendere
l’accento di Dio, imparando la lingua dell’amore
(a cura di don Luca Garbinetto)
Fonte: http://www.qumran2.net
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