studio del fascio di neutrini per l`esperimento opera

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studio del fascio di neutrini per l`esperimento opera
Università degli Studi di Bologna
Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e
Naturali
Corso di Laurea in Fisica
Laurea Specialistica
STUDIO DEL FASCIO DI NEUTRINI
PER L’ESPERIMENTO OPERA
Tesi di laurea di:
Relatore :
Giulia Brunetti
Prof. Giorgio Giacomelli
Correlatori:
Dott. Dario Autiero
Dott. Maximiliano Sioli
Anno Accademico 2006-2007
Sessione I
Indice
Introduzione
ii
1 Le oscillazioni dei neutrini
1
1.1
Oscillazioni nel vuoto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
5
1.2
Oscillazione nella materia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
9
1.3
Esperimenti sulle oscillazioni dei neutrini . . . . . . . . . . . . 11
1.3.1
Neutrini Solari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
1.3.2
Neutrini Atmosferici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18
1.3.3
CHOOZ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26
2 Fasci di neutrini
2.1
2.2
2.3
29
Esperimenti di sparizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29
2.1.1
K2K . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30
2.1.2
MINOS . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31
2.1.3
T2K . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34
Esperimenti di apparizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38
2.2.1
NOMAD e CHORUS . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38
2.2.2
OPERA, specifiche del fascio
Ricerca del canale νµ → νe . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44
3 CNGS/OPERA
3.1
51
CNGS . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51
3.1.1
3.2
. . . . . . . . . . . . . . 41
Principali componenti di CNGS . . . . . . . . . . . . . 53
Allineamento CNGS-OPERA, implicazioni . . . . . . . . . . . 62
i
ii
INDICE
3.3
OPERA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 64
3.3.1
Il bersaglio e l’apparato di rivelazione . . . . . . . . . . 64
3.3.2
La rivelazione del τ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 68
4 Commissioning del fascio CNGS
73
4.1
Fascio ideale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 73
4.2
Fascio reale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81
4.2.1
Commissioning . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 83
4.2.2
Physics Operations . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 89
5 Status Word
113
6 Selezione degli eventi in OPERA in coincidenza temporale
con il fascio CNGS
117
6.1
Predizione dei µ nella roccia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 123
6.2
Predizione dei µ nel rivelatore . . . . . . . . . . . . . . . . . . 126
6.3
Eventi reali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 126
7 Conclusioni
131
Bibliografia
141
Introduzione
L’esperimento CNGS/OPERA si propone come scopo principale di dimostrare il meccanismo di oscillazione tra neutrini muonici e neutrini tau
osservando l’apparizione di neutrini del tau in un fascio “long baseline” in cui
sono praticamente assenti alla produzione.
Per garantire la riuscita di tale misura sono necessari allo stesso tempo un
rivelatore complesso, OPERA1 , ed un fascio di neutrini muonici, CNGS2 , di
caratteristiche inedite: di alta energia ed alta intensità, in grado di produrre
un flusso considerevole di neutrini anche a grande distanza.
Il rivelatore OPERA è situato a 730 km dal CERN nei laboratori del
Gran Sasso, utilizza emulsioni nucleari come dispositivi di tracciamento ad
alta risoluzione per rivelare il leptone τ originato dall’interazione a corrente
carica del ντ nel bersaglio ed esplora la regione dei parametri di oscillazione
indicata dall’anomalia dei neutrini atmosferici.
In questa tesi si discutono le caratteristiche ed i primi studi effettuati sul
fascio CNGS prodotto al CERN, che ha effettuato i primi test nell’estate
2006.
1
2
Oscillation Project with Emulsion-tRacking Apparatus
Cern Neutrino to Gran Sasso
iii
Capitolo 1
Le oscillazioni dei neutrini
Breve storia del neutrino
Il problema dell’interpretazione dello spettro di energia continuo del decadimento β
La scoperta dello spettro di energia continuo del decadimento β da parte
di Chadwick pose immediatamente il problema della sua interpretazione. A
differenza dei decadimenti α e γ, in cui la particella emessa possedeva una
ben definita energia (corrispondente alla differenza fra le energie dello stato
iniziale e finale), l’elettrone emesso nel decadimento β mostrava uno spettro
di energia continuo (vedi figura (1.1)). Ciò significava che i nuclei radioattivi
emettevano elettroni che trasportavano una quantità di energia imprevedibile in una particolare transizione. Nel 1930 Pauli, sostenendo che la conservazione di energia non potesse essere violata nel processo, propose quindi
l’idea di una nuova “radiazione” emessa insieme all’elettrone, una nuova particella neutra con massa dell’ordine di quella dell’elettrone e spin 1/2, che
chiamò “neutrone” 1 .
1
Nella lettera inviata il 4 dicembre 1930 da Pauli ad una conferenza sulla radioattività
a Tubingen si legge:
“Dear Radioactive Ladies and Gentlemen,
As the bearer of these lines, to whom I graciously ask you to listen, will explain to
you in more detail, how because of the “wrong” statistics of the N and Li6 nuclei and
the continuous beta spectrum, I have hit upon a deseperate remedy to save the “exchange
theorem” of statistics and the law of conservation of energy. Namely, the possibility that
there could exist in the nuclei electrically neutral particles, that I wish to call neutrons,
1
2
Le oscillazioni dei neutrini
Nel 1932 Chadwick scoprì il neutrone, costituente neutro del nucleo con
massa paragonabile a quella del protone. Per distinguere questa particella da quella più leggere ipotizzata da Pauli, Fermi propose per la particella mancante nel decadimento β il nome “neutrino”. Lo spettro di energia
continuo era dunque spiegabile assumendo che questa particella e l’elettrone
venissero emessi simultaneamente dal nucleo dividendosi momento ed energia
(n → p + e− + ν¯e ).
Nel 1933-34 Fermi postulò che il neutrino avesse massa nulla e che il
decadimento β fosse un’interazione a quattro corpi puntuale dovuta ad una
nuova forza: l’interazione debole (in seguito Yukawa avanzò l’ipotesi che
l’interazione puntuale di Fermi non fosse in realtà puntuale ma mediata da
un bosone pesante, ipotesi che fu provata molti anni più tardi).
Il neutrino fu rivelato sperimentalmente per la prima volta da F. Reines
e C. Cowan nel 1956 tramite il processo β inverso, con la cattura di un antineutrino elettronico da parte di un protone: p + ν¯e → n + e+ .
Figura 1.1: A sinistra: spettro in energia continuo del’elettrone emesso nel decadimento
β. A destra: plot Curie dello spettro β che mostra i due diversi andamenti per il caso
mν =0 (linea continua) e per mν 6=0 (linea tratteggiata).
Il muone e un secondo tipo di neutrino
Negli anni trenta la scoperta del muone nei raggi cosmici introdusse l’idea
dell’esistenza anche di un secondo tipo di neutrino diverso dal νe . Per la rivelazione del νµ bisognerà aspettare il 1962, l’esperimento di L. Lederman, M.
which have spin 1/2 and obey the exclusion principle and which further differ from light
quanta in that they do not travel with the velocity of light. The mass of the neutrons should
be of the same order of magnitude as the electron mass and in any event not larger than
0.01 proton masses. The continuous beta spectrum would then become understandable by
the assumption that in beta decay a neutron is emitted in addition to the electron such that
the sum of the energies of the neutron and the electron is constant...”
3
Schwartz e J. Steinberger utilizzava il primo fascio di neutrini da acceleratore
della storia, era prodotto da un fascio di pioni che decadendo davano luogo a
muoni con i rispettivi neutrini. Questo esperimento provò l’esistenza del νµ
e confermò che era diverso dal νe (tramite l’interazione νµ + n → µ− + p).
Scoperta del τ e ipotesi del ντ
Nel 1975 M. Perl osservò per la prima volta la creazione di coppie τ + τ −
tramite la reazione e+ + e− → e± + µ± + energia mancante. Questa inaspettata scoperta aggiunse una terza famiglia leptonica alle due già esistenti. Nel
frattempo era stata affermata l’idea di una “simmetria quark-leptone”, e del
mixing fra i quark tramite la matrice CKM (Cabbibo-Kobayashi-Maskawa):
per il completamento della terza famiglia leptonica mancava solo il ντ e Maki, Nakagawa e Sakata introdussero anche la matrice di mixing per i neutrini.
L’evidenza sperimentale diretta del ντ si ebbe nel 2000: l’esperimento DONUT
(Direct Observation of the Nu Tau) selezionò gli eventi che presentavano la
traccia caratteristica del decadimento del τ , prodotto dall’interazione di neutrini tauonici contro un bersaglio di ferro.
Proprietà generali del neutrino
Dall’ipotesi di Pauli ad oggi sono stati fatti molti progressi nella conoscenza del neutrino, nonostante ciò le principali caratteristiche del neutrino che
ora conosciamo non ci permettono ancora di avere un quadro preciso riguardo questa particella. Restano aperti ancora molti interrogativi, su proprietà
importanti, che porterebbero ad una definizione completa del neutrino, e,
più in generale, contribuirebbero alla soluzione di molti problemi attuali sull’aspetto teorico delle interazioni fondamentali e del modello standard (MS),
in cui il neutrino è assunto privo di massa.
Riassumendo, oggi sappiamo che nel MS i neutrini sono particelle elettricamente neutre con spin 1/2. Esistono tre famiglie leptoniche, ognuna contiene un leptone carico e il corrispondente neutrino, ci sono dunque tre specie
(o flavour ) di neutrini: νe , νµ e ντ , sinistrorsi, e le loro tre antiparticelle: ν¯e ,
ν¯µ e ν¯τ , destrorse.
Il neutrino e l’antineutrino elettronico sono prodotti principalmente nei
4
Le oscillazioni dei neutrini
decadimenti nucleari β ± :
A(Z,N) → A(Z+1,N-1) + e− + ν¯e , A(Z,N) → A(Z-1,N+1) + e+ + νe (1.1)
(cioè tramite i decadimenti dei nucleoni n → p + e− + ν¯e , p → n + e+ +
νe ), a livello di quark e leptoni i decadimenti sono:
d → u + e− + ν¯e ,
u → d + e+ + νe ,
µ± → e± + ν¯e (νe ) + ν¯µ (νµ ) . (1.2)
Il neutrino e l’antineutrino muonico sono prodotti nel decadimento del
muone e nei decadimenti dei pioni carichi:
π ± → µ± + νµ (ν¯µ ) .
(1.3)
I ντ e ν¯τ sono generati nei decadimenti di τ ± .
I neutrini interagiscono solo tramite interazione debole in due tipi di
processi: le reazioni a corrente carica (CC), in cui sono coinvolti i rispettivi leptoni carichi e che sono mediate dai bosoni W± (ad esempio: W± →
la± + νa (ν¯a ), con a = e, µ, τ ), e quelle a corrente neutra (NC), mediate dalla
Z0 (sono scattering elastici e quasi-elastici, oppure il decadimeno Z0 → νa ν¯a ,
quest’ultimo processo ha permesso di determinare il numero di famiglie di
neutrini2 ).
Riguardo al valore delle masse dei neutrini, che le oscillazioni impongono diverse da zero contrariamente a quanto assunto nel modello standard,
attualmente si può parlare solo di limiti superiori in seguito ai diversi esperimenti effettuati (un esempio a questo proposito è fornito dal tentativo di
determinare la massa del νe misurando in maniera precisa la parte finale dello
spettro β (vedi figura 1.1), poichè il suo andamento è differente a seconda che
si abbia mν =0 o mν 6=0. A causa dell’incertezza nella determinazione dell’energia in questa parte dello spettro però si è ottenuto solo il limite mνe <1
eV).
Un altro quesito ancora aperto è se i neutrini siano, come i quark e gli
altri leptoni, particelle di Dirac o se invece siano particelle di Majorana, in
quest’ultimo caso il neutrino e il suo antineutrino coinciderebbero (con violazione della conservazione del numero leptonico).
Si può inoltre fare una classificazione dei neutrini, oltre che in base al loro
2
Le famiglie di neutrini sono risultate tre in seguito allo studio dei processi:
ν ν̄
e+ e− , µ+ µ− , τ + τ −
e+ e− −→ Z0 −→
adroni
1.1 Oscillazioni nel vuoto
5
flavour, in base alla loro energia e al loro flusso, e quindi alla loro sorgente.
Si hanno quindi i neutrini solari, con un flusso alla superficie terrestre
Φ ∼ 6 · 1010 cm−2 s−1 nell’intervallo di energia E ≤ 0.42 MeV, e Φ ∼ 5 · 106
cm−2 s−1 nell’intervallo 0.8 ≤ E ≤ 15 MeV.
I neutrini “fossili” che sono rimasti come radiazione di fondo dalle prime
epoche dell’evoluzione dell’universo hanno una densità di circa 110 neutrini
ed antineutrini per flavour per cm3 (in totale 330 (ν + ν̄)/cm3 ) e seguono lo
spettro di corpo nero con un’energia media di circa 5·10−4 eV.
Gli antineutrini dovuti alla radioattività naturale della Terra hanno un flusso
Φ (ν¯e ) ∼ 6 · 106 cm−2 s−1 con un’energia E ≤ 1 MeV.
I neutrini atmosferici hanno tipicamnte un flusso Φ ∼ 10−1 cm−2 s−1 ed energie 10−1 <E≤103 GeV.
Gli acceleratori producono fasci di neutrini in un intervallo di energia tipicamente fra i 30 MeV e qualche centinaio di GeV.
Infine, le supernovae emettono in un lasso di tempo di circa 10 s un flusso
Φ ∼ 6 · 1058 di neutrini con energie tipiche E ≤ 30 MeV.
1.1
Oscillazioni nel vuoto
In generale la funzione d’onda di evoluzione temporale di uno stato |Ψi i
autostato dell’hamiltoniana è:
|Ψi (t)i = e−iEi t |Ψi (0)i .
(1.4)
Quando invece si considera uno stato che non è autostato dell’hamiltoniana
del sistema, la probabilità di trovare il sistema in questo stato oscilla nel
tempo con frequenza ω21 =E2 -E1 (con E2 ed E1 autovalori dell’energia del
sistema).
Nel caso delle oscillazioni dei neutrini [1] si considerano gli autostati dell’interazione debole (o autostati di flavour ) νe , νµ e ντ , ma in questa base la
matrice di massa risulta non diagonale. Quindi, gli autostati di massa ν1 , ν2
e ν3 non coincidono con gli autostati di flavour. Di conseguenza, un neutrino “creato” in un determinato stato di flavour ha una certa probabilità di
trovarsi nel medesimo stato dopo un tempo t.
6
Le oscillazioni dei neutrini
La matrice MNS (Maki-Nakagawa-Sakata) di mixing dei leptoni U (analoga
alla matrice CKM), lega gli autostati di flavour |νa i agli autostati di massa
|νi i:
|νa i = U∗ai |νi i .
(1.5)
Assumendo che a t=0 venga prodotto l’autostato di flavour |νa i, si può calcolare la probabilità che dopo un tempo t il neutrino si trovi ancora nel
medesimo stato. L’evoluzione temporale degli autostati di massa è nota, per
cui, sapendo che:
si ha:
|νi (t)i = e−iEi t |νi (0)i
(1.6)
|νa i = |ν (0)i = U∗ai |νi i ,
(1.7)
|ν (t)i = U∗ai e−iEi t |νi i .
(1.8)
La probabilità che dopo un tempo t l’autostato di flavour a abbia oscillato
nell’autostato di flavour b è quindi:
2
P (νa → νb ; t) = |A (νa → νb ; t)|2 = Ubi e−iEi t U∗ai ,
(1.9)
dove: A è l’ampiezza di probabilità di transizione, è sottointesa la sommatoria sull’indice i e vale U∗ai = U†ia .
Caso a 2 flavour
Considerando solo νe e νµ , la matrice di mixing è parametrizzabile con
un solo angolo (θ0 ):
|νe i =
cos θ0 |ν1 i + sin θ0 |ν2 i
|νµ i = − sin θ0 |ν1 i + cos θ0 |ν2 i .
(1.10)
Per un neutrino di momento pi , assumendo che valga il caso relativistico
q
pi = p = E:
m2
m2
(1.11)
Ei = p2 + m2i ' p + i ' E + i ,
2p
2E
per cui:
∆m2ij
Ei − Ej '
,
(1.12)
2E
dove ∆m2ij =m2i -m2j . Sostituendo le relazioni di mixing e utilizzando questa
espressione per l’energia si trova una probabilità di transizione:
∆m2
2
2
P (νe → νµ ; t) ' P (νµ → νe ; t) = sin 2θ0 sin
t ,
4E
(1.13)
1.1 Oscillazioni nel vuoto
7
con ∆m2 = m22 - m21 (ovviamente la probabilità che il neutrino non abbia
oscillato è: P (νe → νe ; t) = P (νµ → νµ ; t) = 1 − P (νe → νµ ; t)).
Si può riscrivere questa relazione considerando la distanza L percorsa dal
neutrino nel tempo t, con L in metri ed E in MeV (o L in km ed E in GeV):
2L
2
2
P (νe → νµ ; L) = sin 2θ0 sin 1.27∆m
.
(1.14)
E
La probabilità di oscillazione dipende quindi da due parametri:
• sin2 θ0 , descrive l’ampiezza di oscillazione. Il massimo si ha per un
angolo di mixing θ0 =45◦ (mixing massimo). Quando θ0 si avvicina a
0◦ o a 90◦ gli autostati di flavour sono circa “allineati” agli autostati di
massa, il che corrisponde ad un mixing minimo.
• la lunghezza d’onda, descritta dal parametro ∆m2 in unità di rapporto
L/E.
Per avere una probabilità di oscillazione grande non è sufficiente avere un
grande valore di mixing, è necessario che anche la frequenza di oscillazione
non sia troppo piccola.
Caso a 3 flavour
La relazione tra gli autostati di flavour e di massa è:

νeL


Ue1 Ue2 Ue3

ν1L

 



 νµL  =  Uµ1 Uµ2 Uµ3   ν2L  .


 

ν3L
ντ L
Uτ 1 Uτ 2 Uτ 3
(1.15)
In generale, nel caso di neutrini di Dirac, la matrice di mixing U dipende da
tre angoli di mixing (θ12 , θ13 e θ23 ) e da una fase di violazione di CP δ (nel
caso di neutrini di Majorana si avrebbero anche altre due fasi addizionali).
È conveniente parametrizzare la matrice U come segue (siano cij = cos θij e
sij = sin θij ):

c12 c13

iδ
U=
 −s12 c23 − c12 s23 s13 e
s12 s23 − c12 c23 s13 eiδ
s12 c13
c12 c23 − s12 s23 s13 eiδ
−c12 s23 − s12 c23 s13 eiδ
s13 e−iδ


s23 c13 
.
c23 c13
(1.16)
8
Le oscillazioni dei neutrini
Le probabilità di oscillazione fra gli autostati di flavour sono date dall’espressione generale:
2
P (νa → νb ; t) = |A (νa → νb ; t)|2 = Ubi e−iEi t U∗ai .
(1.17)
Rispetto al caso a due flavour l’espressione che si ottiene è più complicata,
tuttavia, ci sono importanti casi limite in cui si ottengono espressioni approssimate per la probabilità di oscillazione in funzione della probabilità del
caso a due flavour. Assumendo per ∆m2ij =m2i -m2j la gerarchia:
∆m221 ∆m231 ' ∆m232 (1.18)
si ricade nei casi di gerarchia di massa diretta:
m1 (.) m2 m3
(1.19)
m3 m1 ≈ m2 .
(1.20)
o inversa (vedi figura (1.2)):
Figura 1.2: Gerarchia di massa diretta (a sinistra) e inversa (a destra) per i tre flavour
e ∆m2 per i neutrini solari e atmosferici.
Questi casi sono di interesse pratico in quanto i dati riguardanti i neutrini
solari indicano ∆m2 ∼ 10−5 eV2 , mentre per i neutrini atmosferici si ha
∆m2atm ∼ 10−3 eV2 ∆m2 .
1. Sia:
∆m221
L 1,
2E
è il caso dei neutrini atmosferici e dei neutrini da reattori ed acceleratori. Si può considerare il limite ∆m221 → 0 e si calcola facilmente la pro-
babilità di oscillazione P(νa → νb ; L)=P(νb → νa ; L) e la probabilità di
sopravvivenza per il νe è:
1.2 Oscillazione nella materia
9
2
P (νe → νe ; L) = 1 − sin 2θ13 sin
2
∆m231
L ,
4E
(1.21)
espressione che coincide con la probabilità di soppravvivenza del caso
a due flavour con ∆m2 =∆m231 e θ0 =θ13 .
2. Sia:
∆m231
∆m232
L'
L 1,
2E
2E
è il caso dei neutrini solari. In questo caso la probabilità di soppravvivenza per i νe risulta:
P (νe → νe ) ' c413 P + s413 ,
(1.22)
P è la probabilità di sopravvivenza nel caso a due flavour per le oscillazioni nel vuoto, e vale:
2
P = 1 − sin 2θ12 sin
2
∆m221
L .
4E
(1.23)
In generale, quando si considera la propagazione dei neutrini solari all’interno
del Sole o della Terra occorre tener conto degli effetti che la materia ha sulle
oscillazioni. Lo stesso vale per i neutrini atmosferici o per i neutrini da
acceleratori che attraversano la Terra. Gli effetti sull’oscillazione νµ → ντ
sono trascurabili, si ha invece un effetto apprezzabile per quella dei νe .
1.2
Oscillazione nella materia
La sezione d’urto di interazione dei neutrini con la materia è talmente piccola che questi, in generale, possono attraversare la Terra o il Sole senza subire
un’assorbimento significativo. Ciononostante, la presenza di materia lungo
il loro percorso può influenzare in modo significativo la loro propagazione.
Poichè la materia è composta da elettroni (piuttosto che da muoni o da tau),
il νe interagisce in modo diverso rispetto a νµ o ντ . Come si può vedere in
figura (1.3) l’interazione a corrente neutra (mediata da Z0 ) con elettroni o
quark della materia è la stessa per tutti e tre i tipi di neutrini, e quindi non
influisce sulle transizioni di flavour. È invece interessante il caso dell’interazione νe -e a corrente carica mediata dal bosone W± .
10
Le oscillazioni dei neutrini
Figura 1.3: Interazioni dei neutrini con la materia. A sinistra: interazione CC, a destra:
interazione CN.
Questa introduce un potenziale “effettivo” per il νe (VeCC ) che modifica la
natura delle oscillazioni nella materia [18].
L’equazione di evoluzione per il caso a due flavour diventa:
!
!
!
2
∆m2
ν
νe
cos
2θ
+
V
sin
2θ
− ∆m
d
e
4E
4E
i
=
∆m2
∆m2
dt νµ
sin 2θ
cos 2θ
νµ
4E
4E
√
con:
V ≡ VeCC = 2GF Ne ,
(1.24)
dove GF = costante di fermi, e Ne = densità degli elettroni.
L’angolo di mixing nella materia, θm , è diverso dall’angolo di mixing del
caso delle oscillazioni nel vuoto θ, e vale:
2 2
2
sin 2θm = 2
∆m
2E
∆m
2E
cos 2θ − VeCC
sin2 2θ
2
+
∆m2 2
2E
sin2 2θ
.
(1.25)
La condizione di risonanza MSW (Mikheyev-Smirnov-Wolfenstein) è sin2 2θm =1,
cioè il mixing nella materia diventa massimo: θm = 45◦ . Questo implica:
√
∆m2
∆m2 cos 2θ
√
.
(1.26)
cos 2θ = VeCC ≡ 2GF Ne ⇒ NR
=
e
2E
2 2EGF
Da cui si vede che quando invece si ha un mixing massimo nel vuoto, θ = 45◦ ,
la “densità di risonanza” va a zero: NR
e → 0.
Gli autostati di flavour possono essere scritti come:
|νe i =
cos θm |ν1m i + sin θm |ν2m i
|νµ i = − sin θm |ν1m i + cos θm |ν2m i .
(1.27)
1.3 Esperimenti sulle oscillazioni dei neutrini
11
dove |ν1m i e |ν2m i sono gli autostati di massa nella materia. Si ha quindi:
q
2
∆meff = (∆m2 cos 2θ − 2EVeCC )2 + (∆m2 sin 2θ)2 .
(1.28)
In figura (1.4) sono mostrati gli andamenti di θm e ∆m2eff in funzione della
densità.
Figura 1.4: Andamento dell’angolo di mixing e della differenza di massa in funzione
della densità per le oscillazioni nella materia. Si ha mixing massimo fra gli autostati di
flavour e quelli di massa quando θm = 45◦ o la densità della materia approssima il valore
della densità di risonanza. Nei casi limite in cui invece la densità risulta molto maggiore o
molto minore della densità di risonanza (θm ≈ 90◦ , θ) gli autostati di flavour sono invece
praticamenti stati “puri” di uno degli autostati di massa.
1.3
Esperimenti sulle oscillazioni dei neutrini
Ci sono due tipi di esperimenti per la rivelazione delle oscillazioni dei
neutrini, gli esperimenti di “sparizione”, che registrano un flusso di neutrini
di un dato flavour minore del flusso di neutrini iniziale di quel dato flavour,
e quelli di “apparizione”, che rivelano la presenza di un flavour inizialmente
inesistente.
I vari esperimenti sono sensibili a diversi range di massa, in funzione
del loro rapporto L/E, e di parametri di mixing, in funzione della statistica
accumulata.
1.3.1
Neutrini Solari
Le reazioni di fusione nucleare che avvengono all’interno delle stelle che
appartengono alla sequenza principale (come il Sole) sono ben conosciute, il
modello standard solare (SSM3 ) ci permette di stimare con buona precisione
3
I primi calcoli sul flusso dei neutrini solari sono stati presentati nel 1960 da J.N.Bahcall,
basandosi sulle ipotesi che il Sole sia in equilibrio idrostatico e termico, l’energia prodotta
12
Le oscillazioni dei neutrini
il flusso di neutrini νe prodotti all’interno del Sole, in quanto sono note le
reazioni che li producono, è noto il rate con cui avvengono queste reazioni e
l’energia che producono.
Sono noti massa, età, luminosità e raggio della stella e le misure sull’eliosismologia che hanno permesso di testare il SSM hanno confermato la sua
validità.
Le reazioni di fusione che producono quasi il totale dell’energia solare sono
il “ciclo pp” e la sintesi dell’elio. Il ciclo seguente, chiamato CNO, contribuisce
invece in maniera trascurabile al flusso dei neutrini solari. Poichè queste
reazioni sono la “sorgente” dei neutrini solari, si hanno νe , e non νµ o ντ . In
figura (1.5) è schematizzato il ciclo di reazioni nucleari che produce i neutrini
con indicati i rate con cui avvengono le reazioni.
Figura 1.5: A sinistra: “ciclo pp” del Sole, è la catena di reazioni che crea i neutrini νe
solari. A destra: spettro energetico dei neutrini solari.
I neutrini vengono emessi nelle reazioni pp, pep, hep, 7 Be, 8 B e sono prodotti
nei decadimenti β nucleari o nelle reazioni di cattura elettronica. Il loro
spettro di energia è ben conosciuto (vedi figura (1.5)): tre delle reazioni
viste (pep e la cattura elettronica di due diversi stati del 7 Be) producono νe
monocromatici, mentre i neutrini prodotti nelle altre tre reazioni presentano
uno spettro di energia continuo.
derivi da reazioni di fusione e il trasporto di energia all’interno della stella avvenga per
radiazione. Il modello solare di Bahcall è rimasto il modello solare di base, e, aggiornato
nel corso degli anni, costituisce il SSM.
1.3 Esperimenti sulle oscillazioni dei neutrini
13
Il flusso maggiore si ha per i neutrini pp, c’è stretta correlazione con la luminosità solare, valore ben noto, per cui, partendo da questo valore, la stima
del flusso di questi neutrini presenta un’incertezza molto piccola, dell’ordine
dell’1%. D’altro canto, l’incertezza sul flusso dei neutrini ad alta energia (8 B
ed hep) è relativamente alta (circa il 20%), poichè le reazioni che producono
questi νe dipendono fortemente dalla temperatura del Sole, un piccolo errore
sulla stima della temperatura solare ha importanti conseguenza sulla stima
di questi flussi (fortunatamente, si tratta dei flussi minori e il loro contributo nella rivelazione dei rates dei neutrini solari è praticamente trascurabile).
Di seguito vengono presentati gli esperimenti che hanno studiato i neutrini
solari [2].
Homestake, Gallex/GNO, SAGE e Superkamiokande: il problema
dei neutrini solari
Homestake, l’esperimento radiochimico di Davis del 1967, era basato sulla
reazione: νe +37 Cl →37 Ar + e− , con energia di soglia E=0.814 MeV. Il numero di atomi di Argon trovati corrispondeva circa ad 1/3 di quelli previsti.
Questo esperimento pionieristico aprì quindi il cosidetto “problema dei neutrini solari”. Diverse ipotesi potevano spiegare il deficit osservato. Poteva
essere un problema di conoscenza del corretto meccanismo delle reazioni all’interno del Sole, ma misure effettuate negli anni successivi confermarono la
validità del SSM. Si pensò allora che il problema fosse legato all’esperimento,
ma l’esperimento di Davis non era sbagliato poichè il deficit venne misurato
anche dagli altri esperimenti sui νe solari. Qualcosa doveva quindi essere
accaduto ai neutrini mentre viaggiavano dal Sole alla Terra.
Gli esperimenti radiochimici degli anni ’90 furono SAGE, localizzato al
Baksan Neutrino Observatory in Russia, e Gallex/GNO, ai laboratori del
Gran Sasso. Entrambi si basavano sulla reazione: νe +71 Ga →71 Ge + e− .
L’energia di soglia per questa reazione è di 0.233 MeV, si potevano quindi
rivelare, a differenza di Homestake, anche i νe della reazione pp.
GALLEX (GALLium EXperiment) a partire dal 1997 è diventato GNO (Gallium Neutrino Observatory). In tabella (1.1) sono riportati i risultati degli
14
Le oscillazioni dei neutrini
esperimenti in SNU (Solar Neutrino Units = 10−36 interaz./nucleo·s) e il valore atteso secondo il SSM.
Gallex+GNO
70.8 ± 4.5(stat) ± 3.8(syst)
SAGE
70.8+6.5
−6.1
Previste (SSM)
130+9
−7
Tabella 1.1: Risultati di SAGE e Gallex/GNO confrontati al valore atteso.
Superkamiokande (SK) utilizzava un rivelatore di luce Cherenkov ad acqua
e sfruttava lo scattering elastico: νe + e− → νe + e− .
Tramite dei fotomoltiplicatori che rivestono le pareti del contenitore d’acqua
si rivela la luce Cherenkov emessa dall’elettrone scatterato, ciò permette di
avere eventi in tempo reale a differenza degli esperimenti radiochimici (vedi
figura (1.6)).
Figura 1.6: A sinistra: rappresntazione della luce prodotta per effetto Cherenkov e della
traccia a forma di anello lasciata sui fotomoltiplicatori della parete. A destra: il rivelatore
ad acqua di SK e l’anello di luce prodotto.
Per energie del neutrino molto maggiori di me l’elettrone prodotto mantiene
sostanzialmente la direzione del neutrino incidente, in questo modo si possono
distiguere i neutrini solari guardando l’angolo di emissione dell’elettrone: in
effetti la distribuzione angolare dei neutrini rivelati da SK presenta un picco
a cos θsun =1.
Il flusso di neutrini provenienti dal Sole rivelati per scattering elastico da SK
è risultato circa il 50% di quello previsto.
1.3 Esperimenti sulle oscillazioni dei neutrini
15
SNO e Kamland: la soluzione al problema dei neutrini solari
Il rivelatore di SNO (Sudbury Neutrino Observatory) consisteva in una
sfera contenente acqua pesante (D2 O) posta a 2.5 km nel sottosuolo e circondata da 10.000 fotomoltiplicatori per rivelare la luce Cherenkov prodotta
dagli elettroni originati nelle reazioni studiate:.
1. CC = reazione a corrente carica: νe + d → p + p + e− .
2. NC = reazione a corrente neutra: νe + d → p + n + νx .
3. ES = scattering elastico: νx + e− → νx + e− .
Il vantaggio di SNO è quello di essere in grado di misurare il flusso totale
dato da tutti i flavour di neutrini Φ (νx ) e quindi di verificare il modello solare indipendentemente dalle oscillazioni. Tramite la reazione CC si misura
il flusso dei soli νe .
Il problema della reazione NC, in cui non viene prodotto l’elettrone, e quindi la luce Cherenkov, è stato risolto aggiungendo all’acqua pesante del sale,
MgCl2 , con alta sezione d’urto per cattura neutronica, in modo tale che il
neutrone prodotto dalla reazione, agendo con
35
Cl, produca
36
Cl∗ che disec-
citandosi emette raggi γ ad energie ben definite che si possono rivelare (vedi
figura (1.7)).
Figura 1.7: La rivelazione della reazione CN in SNO tramite l’aggiunta di sale in D2 O.
Si può ottenere il flusso dei neutrini muonici e tauonici: Φ (νµ , ντ ) =
Φ (νx )−Φ (νe ). In questo modo oltre a misurare il deficit nel flusso di νe si può
dimostrare se è avvenuta l’oscillazione in uno degli altri due flavour in base
16
Le oscillazioni dei neutrini
al valore di Φ (νµ , ντ ). I primi risultati di SNO sono (flussi ·10−6 cm−2 s−1 ):
+0.09
Φ (νe )=1.76+0.06
−0.05 (stat)−0.09 (syst),
+0.46
Φ (νtot )=5.09+0.44
−0.43 (stat)−0.43 (syst)
+1.01
(⇒ Φ (νµ, τ )=3.41±0.45(stat)+0.048
−0.45 (syst)), Φ (tot) attesso (SSM)=5.05−0.81 ,
il grafico relativo è mostrato in figura (1.8).
Figura 1.8: A sisnistra: schema dl rivelatore SNO. A destra: flussi di νµ e ντ in funzione
del flusso di νe dedotto dal flusso misurato dalle tre reazioni CC, NC ed ES. Le tre ellissi
tratteggiate rappresentano i contorni sul valore di Φ (νe ) e Φ (νµ, τ ) al 68%, 95% e 99% del
C.L.
Con l’aggiunta del sale SNO ha ottenuto: ΦCC (νe ) /ΦNC (νx ) = 0.306 ±
0.026(stat) ± 0.024(syst). Il flusso di neutrini νe rivelato è circa un terzo di quello atteso in base al SSM; SNO ha quindi confermato il deficit, e
l’oscillazione del νe negli altri due flavour, poichè il flusso totale misurato
risulta in accordo con quello previsto (escludendo in questo modo l’ipotesi di
un’oscillazione dei νe in neutrini sterili4 ).
In seguito ai primi esperimenti effettuati, nell’ipotesi che si verifichi l’effetto MSW per i neutrini che viaggiano all’interno del Sole, sono state evidenziate tre regioni permesse per i parametri di oscillazione ∆m2 e θ0 : SMA
(Small Mixing Angle), LMA (Large Mixing Angle) e LOW (Low Mixing Angle); come mostrato in figura (1.9 a) (esiste una quarta soluzione, “Just So”,
corrispondente all’oscillazione nel vuoto con ∆m2 molto piccolo, per la quale,
alle energie tipiche dei neutrini solari, la lunghezza di oscillazione è comparabile alla distanza Terra-Sole). In seguito ai risultati di SNO la soluzione
LMA appariva fortemente favorita.
4
Oltre ai 3 flavour visti è stata ipotizzata anche l’esistenza di neutrini che non
interagiscono debolmente (da cui il nome sterili)
1.3 Esperimenti sulle oscillazioni dei neutrini
17
KamLAND (Kamioka Liquid scintillator Anti-Neutrino Detector) ha studiato gli antineutrini elettronici provenienti da un reattore posto a 180 km
dalla miniera di Kamioka, dove era stato installato il rivelatore. Tenendo
conto dell’energia dei ν¯e questa distanza permette di studiare l’oscillazione
dei neutrini validando l’ipotesi LMA.
È stato utilizzato un rivelatore composto da 1 kton di scintillatore liquido
contenuto in una sfera per rivelare i ν¯e tramite la reazione β inversa: ν¯e +p →
e+ + n. Il segnale era costituito dalla coincidenza fra un primo segnale dato
dall’e+ ed un secondo segnale con ritardo di circa 200 µs rispetto al primo
dovuto alla cattura neutronica da parte di un protone con emissione di un γ
di circa 2.2 MeV. In figura (1.9 b e c) sono mostrati i risultati ottenuti per i
parametri d’oscillazione dei neutrini solari in seguito a SNO e a KamLAND.
In conclusione si è ottenuto:
−5
∆m2 = 7.1+1.2
eV2 e tan2 θ = 0.41 ⇒ θ = 32.5+2.4
−0.6 · 10
−2.3 .
corrispondente all’ipotesi LMA.
In uno schema a tre flavour, per i neutrini solari si identificano: ∆m2 con
∆m221 e θ con θ12 .
Figura 1.9: Regioni permesse per i parametri d’oscillazione dei neutrini solari. a)
Contorni dei parametri di oscillazione ottenuti con i risultati degli esperimenti radiochimici
e lo spettro di energia di SK. Risultano tre regioni permesse nel caso di effetto MSW: SMA,
LMA e LOW. Nel caso di oscillazione nel vuoto anche la regione “Just So” è consentita.
b) Contorni ottenuti in seguito all’esperimento SNO (spettro D2 O giorno e notte + analisi
con il sale) combinati con i dati degli esperimenti radiochimici e SK. Il punto di best-fit è
∆m2 =6.5·10−5 , tan2 θ=0.40. c) Contorni ottenuti da b) tenendo conto anche dei risultati
di KamLAND. Il punto di best-fit è ∆m2 =7.1·10−5 , tan2 θ=0.41. In b) e c) il flusso 8 B è
libero, mentre hep è fissato.
18
Le oscillazioni dei neutrini
1.3.2
Neutrini Atmosferici
I neutrini atmosferici sono prodotti nelle collisioni dei raggi cosmici (RC)
primari (costituiti principalmente da nuclei di Idrogeno ed Elio) con le molecole
dell’atmosfera terrestre. Il meccanismo principale di produzione di questi
neutrini (νµ e νe e rispettivi antineutrini) è dato dalla catena di reazioni:
RC (p, α, ...) + aria
→
π± + X
π± →
µ± + νµ (ν¯µ )
µ± → e± + νe (ν¯e ) + ν¯µ (νµ ).
In base a ciò ci si aspettano in prima approssimazione due νµ (o ν̄µ ) per
ogni νe (o ν̄e ); in generale si assume una composizione di circa 66% νµ e
33% νe . In realtà la situazione è più complicata, per calcolare il rapporto
νµ /νe bisognerebbe tener conto delle differenze nei tempi di vita dei pioni
e dei muoni ed inoltre, anche se la catena di reazioni vista è la principale
“sorgente” di neutrini atmosferici, non è l’unica.
I calcoli sul flusso dei neutrini atmosferici predicono un rapporto νµ /νe che
dipende dall’energia del neutrino e dall’angolo zenitale della sua traiettoria:
il rapporto tende a 2 per i neutrini di bassa energia ed è maggiore di 2 per
neutrini di alta energia (muoni che non decadono prima di raggiungere la
superficie terrestre).
L’incertezza sul flusso totale dei neutrini atmosferici (Φν atm ∼ 1 cm−2 s−1 )
è circa del 20-30%, tuttavia gli esperimenti sui neutrini atmosferici esprimono
i risultati ottenuti in termini del doppio rapporto:
R=
(νµ + ν¯µ /νe + ν¯e )Data
,
(νµ + ν¯µ /νe + ν¯e )M C
in questo modo si riduce l’errore sistematico su R a ±5%.
Per predire il flusso dei neutrini atmosferici si utilizzano metodi Monte
Carlo (MC) che tengono in considerazione diversi aspetti: il flusso dei RC
primari, il modello atmosferico, gli effetti geomagnetici e la sezione d’urto dei
neutrini (si utilizza il valor medio fra σνN e σν̄N ottenute da vari esperimenti,
cioè σν ∼ 0.5 · 10−38 cm2 ).
1.3 Esperimenti sulle oscillazioni dei neutrini
19
Alcuni esperimenti hanno osservato la cosidetta “anomalia dei neutrini
atmosferci”, cioè una discrepanza fra il flusso di neutrini osservato e quello
predetto in quanto R è risultato inferiore ad 1.
Soudan 2, IMB e Kamiokande
IMB [29] era un rivelatore Cherenkov di 8 kton di acqua situato in Ohio;
per lo studio dei neutrini atmosferici è stata utilizzata un’esposizione totale
di 7.7 kton all’anno e sono stati esaminati i dati dal 1986 al 1991.
Per determinare il flavour del neutrino sono stati esaminati solo gli eventi con
un solo anello di luce (single ring events), gli eventi elettronici producono
tracce più diffuse mentre quelli muonici presentano anelli più precisi.
Il risultato ottenuto per il doppio rapporto è: RIM B = 0.54 ±0.05(stat)
±0.11(syst).
L’esperimento Soudan2 [6] ha invece utilizzato un calorimetro a tracciamento modulare di 963 ton situato nella miniera Soudan in Minnesota.
In seguito alle correzioni per il background e selezionando un campione di
eventi ad alta risoluzione (Hi-Res data), il doppio rapporto ottenuto sull’intero range dell’angolo zenitale (-1≤ cos Θ ≤1) è: RSoudan2 = 0.69 ±0.19(stat)
±0.09 (syst).
Kamiokande [4][22], predecessore di Superkamiokande, era situato 1000 m
sottoterra nella miniera di Kamioka in Giappone, conteneva circa 3000 tonnellate di acqua pura ed utilizzava circa 1000 fotomoltiplicatori per rivelare le
interazioni CC di neutrino tramite gli anelli di luce Cherenkov. I dati, divisi
nelle categorie sub-GeV e multi-GeV, hanno fornito i risultati: RKamiokande
=
sub−GeV
0.60 ±0.07(stat) ±0.05(syst), RKamiokande
multi−GeV = 0.57 ±0.08(stat) ±0.07(syst).
SuperKamiokande
SK è un rivelatore di luce Cherenkov ad acqua: rivela i neutrini atmo0
sferici tramite le loro reazioni CC con i nucleoni (νl N → l N ) utilizzando
un contenitore cilindrico di 50 kton di H2 O posto a 1000 m sottoterra nella
miniera di Kamioka in Giappone e “osservato” da più di 13.000 fotomoltiplicatori posti alle pareti. Il neutrino interagisce nell’acqua dando origine al
20
Le oscillazioni dei neutrini
corrispondente leptone carico, questo emette luce Cherenkov che produce sui
fotomoltiplicatori una “traccia” a forma di anello.
SK può distinguere i νµ dai νe : come mostrato in figura (1.10) il muone o
l’elettrone prodotti generano anelli diversi, l’anello muonico risulta di forma
più regolare mentre l’elettrone sciama e quindi l’anello risulta più diffuso. Ci
sono anche eventi in cui si rivelano due anelli vicini: dalla differenza temporale si può capire se il secondo anello è stato prodotto dall’elettrone emesso
dal muone decaduto o se invece è un evento dovuto ai due fotoni emessi dal
decadimento di un π 0 (ad alte energie l’e− ed il γ si comportano nello stesso
modo.)
Figura 1.10: A sinistra: rappresentazione delle “tracce” lasciate sui fotomoltiplicatori
di SK da elettroni, muoni o pioni. A destra: un evento muonico osservato da SK.
Gli eventi sono stati suddivisi in quattro categorie in base all’energia e studiati in funzione della distanza L percorsa dai neutrini [3]. Questa distanza
varia da circa 15 km per i neutrini che attraversano unicamente l’atmosfera
(down-going) a circa 12.500 km per i neutrini che attraversano anche la Terra
prima di raggiungere il rivelatore (up-going). La misura di L è possibile grazie alla misura dell’angolo zenitale Θ e sono state studiate le distribuzioni in
funzione di cos Θ: Θ=0◦ per i neutrini down-going, Θ=180◦ per i neutrini upgoing e Θ=90◦ per quelli orizzontali, cosicchè rispettivamente si ha cos Θ=1,
-1, 0. In realtà la direzione dei leptoni carichi misurati sperimentalmente è
correlata solo in media con quella dei neutrini parente.
La classificazione è (vedi figura (1.11)):
1.3 Esperimenti sulle oscillazioni dei neutrini
21
1. Eventi Fully Contained (FC). L’elettrone o il muone vengono prodotti
e rimangono all’interno del detector. L’energia totale dell’evento può
essere misurata. Questi eventi sono stati a loro volta suddivisi in:
- Sub-GeV. Eventi in cui il leptone scatterato ha energia E<1.33
GeV. La risoluzione angolare per questi eventi non è molto buona.
- Multi-GeV. Eventi in cui il leptone scatterato ha energia E>1.33
GeV. In questo caso si ha in media un angolo di circa 15◦ (che
decresce ad energie via via maggiori), che permette misure più
precise di L.
2. Eventi Partially Contained (PC). Il leptone scattera nel rivelatore e
fuoriesce producendo un segnale nel rivelatore esterno al contenitore
d’acqua. Sono eventi muonici.
3. Up-going stopping muons - Il µ viene prodotto nella roccia che circonda
SK e si ferma all’interno del rivelatore.
4. Through-going up muons - Il µ prodotto nella roccia attraversa il rivelatore senza fermarsi.
Figura 1.11: A sinistra: vista schematica dei diversi angoli dei neutrini atmosferici e le
relative distanze percorse prima della rivelazione. A destra: schema illustrante le diverse
categorie di eventi di SK: FC, PC e up-going muons.
22
Le oscillazioni dei neutrini
In figura (1.12) sono mostrate le distribuzioni degli eventi sub-GeV e multiGeV e-like e µ-like in funzione dell’angolo zenitale. I dati ottenuti sono
confrontati con i MC, nei quali i parametri e la normalizzazione sono liberi.
I primi risultati ottenuti da SK evidenziarono l’anomalia dei neutrini atmosferici: la distribuzione degli eventi, in assenza di oscillazione, non dovrebbe
mostrare un’asimmetria up/down fra il numero di muoni provenienti dal basso e quelli provenienti dall’alto. Questa asimmetria invece era chiaramente
presente per gli eventi muonici, mentre le distribuzioni degli eventi elettronici
risultavano simmetriche rispetto cos Θ=0. Il numero di eventi µ-like diminuiva al decrescere di cos Θ, con un minimo per cos Θ=-1.
Per questo l’interpretazione più plausibile dei dati era l’oscillazione dei
neutrini muonici provenienti dal basso, cioè quelli che compiono una distanza
L maggiore.
Per i dati Multi-GeV praticamente non si registra nessun deficit dei νµ provenienti dall’alto (cos Θ>0), mentre nei dati sub-GeV il deficit è sempre visibile e cala con cos Θ (i neutrini “sub-GeV” hanno energie minori e la loro
lunghezza di oscillazione è minore, per questo anche i neutrini provenienti
dall’alto diminuiscono a causa dell’oscillazione). SK ha studiato la probabilità di sparizione dei νµ in funzione del rapporto L/E. Nella distribuzione
dei dati è stato osservato il comportamento previsto dalle simulazioni sotto
l’ipotesi di oscillazione. La distribuzione L/E osservata ha imposto dei limiti
sui parametri di oscillazione νµ → ντ [17].
Teoricamente è possibile anche il caso di oscillazione del neutrino muonico in
neutrino sterile, tuttavia SK mostra tre categorie di eventi (“effetti della materia”, “NC rates”, “apparizione del τ ” [28]) a favore di νµ → ντ , l’oscillazione
νµ → νs è esclusa al 99% C.L.
In conclusione SK ha misurato: sub-GeV R=0.658±0.016(stat)±0.032(sys),
multi-GeV R=0.702±0.031(stat)±0.099(sys).
In figura (1.13) si vede il grafico della regione permessa per i parametri di
oscillazione, le tre diverse linee corrispondono ai tre diversi confidence levels
68%, 90% e 99% (dall’interno all’esterno). I parametri di best-fit ottenuti
1.3 Esperimenti sulle oscillazioni dei neutrini
23
sono: ∆m2atm = 2.4 · 10−3 eV2 , sin2 2θatm = 1 (90% C.L.).
Figura 1.12: Distribuzione con l’angolo zenitale per eventi FC 1-ring, PC e upward
muons. I punti corrispondono ai dati, l’istogramma a rettangoli mostra gli eventi MC
sotto ipotesi di non oscillazione (l’altezza del rettangolo corrisponde all’errore statistico del
MC), le linee corrispondono al best-fit atteso per l’oscillazione νµ → ντ con sin2 2θ=1.00,
∆m2 =2.1·10−3 eV2 , sono incluse le correzioni per gli errori sistematici e la normalizzazione
è libera [19].
Figura 1.13: Regioni permesse per i parametri di oscillazione ottenute dall’analisi del
rapporto L/E. Le linee, dall’interno all’esterno, mostrano le regioni al 68%, 90% e 99%
del C.L., la regione colorata mostra la regione permessa al 90% del C.L. per l’analisi a 2
flavour [20].
24
Le oscillazioni dei neutrini
MACRO
Il rivelatore MACRO [5] aveva dimensioni complessive 76.6×12 × 9.3 m3 .
Verticalmente era diviso in due parti, in basso era composto da 10 strati di
tubi a streamer orizzontali, da 7 di assorbitori di roccia e da 2 di scintillatori
liquidi, in alto era situata l’elettronica ed era coperto da 1 strato di scintillatore e da 4 strati di tubi a streamer. Lateralmente era coperto da 1 strato
di scintillatore verticale e da 6 piani di tubi a streamer.
I muoni venivano identificati tramite il sistema di tubi a streamer (per il
tracciamento) e di scintillatori (per misurare il rilascio di energia della particella e il tempo di volo). Sono stati distinti quattro tipi di eventi per i νµ ,
gli eventi dall’alto venivano distinti da quelli dal basso grazie alla possibilità
di misurare il tempo di volo (vedi figura (1.14)):
- Eventi ad alta energia
1. Up throughgoing - Muoni provenienti dall’interazione del neutrino nella roccia sotto al rivelatore con hEν i ∼ 50 GeV ed Eµ >1
GeV. Il µ prodotto attraversa tutto il rivelatore producendo 3
segnali (hit) temporali.
- Eventi a bassa energia: hEν i ∼ 2 − 3 GeV
2. Internal Up (IU) - Muoni provenienti da un’interazione nella
parte bassa dell’apparato, il muone lascia poi il rivelatore. Si
hanno due hit temporali.
3. Internal Down (ID) - muoni generati da un neutrino proveniente dall’alto che interagisce nella roccia del rivelatore. Il muone
esce dall’apparato e produce un solo hit.
4. Upgoing Stop (UGS) - Il neutrino proviene dal basso, interagisce all’esterno dell’apparato, il muone prodotto si ferma all’interno
del rivelatore lasciando un hit.
Per gli eventi ad un solo hit non è possibile misurare il tempo di volo.
Poichè i muoni di queste energie riescono ad attraversare all’interno della
Terra uno spessore massimo di 14 km, gli eventi muonici dal basso registrati
1.3 Esperimenti sulle oscillazioni dei neutrini
25
Figura 1.14: a) sezione del rivelatore di MACRO e diverse topologie di eventi indotti
dall’interazione del νµ all’interno o all’estrno dell’apparato. Gli hit sono indicati dal simbolo F. b) Confronto dei dati up-throughgoing (in rosso) con le previsioni MC Bartol96
e Honda2001 nei casi di oscillazione (tratteggio) e di non oscillazione (linea continua) con
∆m2 = 2.3 · 10−3 eV2 e sin2 2θ=1. c) Rapporto dati/MCNO OSC in funzione del rapporto
L/Eν stimato per un campione di muoni up-throughgoing (punti neri), La linea rappresenta i valori attesi dal MC assumendo ∆m2 = 2.3 · 10−3 eV2 e sin2 2θ=1. L’ultimo punto
(quadrato nero) è ottenuto da un campione di dati IU [5].
da MACRO potevano essere unicamente dovuti all’interazione del neutrino.
Per ridurre gli effetti degli errori sistematici nei flussi calcolati con i MC
MACRO ha utilizzato tre rapporti indipendenti [21]:
• Dati ad alta energia: rapporto eventi vertcali/orizzontali, R1 = Nvert /Nhor
• Dati ad alta energia: rapporto bassa energia/alta energia, R2 = Nlow /Nhigh
• Dati a bassa energia: rapporto R3 = (Dati/M C)IU / (Dati/M C)ID+UGS
Combinando i tre risultati, l’ipotesi di non oscillazione è scartata a livello
di ∼ 5σ (vedi figura (1.14)). Utilizzando il MC Bartol96 è stato possibile
aggiungere l’informazione sui flussi assoluti:
26
Le oscillazioni dei neutrini
• Dati ad alta energia (errore sistemtico ∼17%): rapporto R4 = Nmeas /NM C
• Muoni a bassa energia semicontenuti (errore di scale ∼21%): rapporto
R5 = Nmeas /NM C .
Queste informazioni lasciano i valori di best fit invariati e riducono la regione
permessa dei parametri di oscillazione (vedi figura 1.14). Anche l’analisi di
MACRO in funzione di L/E mostra che l’oscillazione νµ → ντ è favorita, con
∆m2 = 2.3 · 10−3 eV2 e sin2 2θ = 1, il caso νµ → νs (per qualsiasi mixing)
è escluso al 99.8% del C.L.: per questa analisi è stato utilizzato il rapporto
misurato fra eventi con −1 < cos Θ < −0.7 e -0.4< cos Θ < 0, sempre per via
della dipendenza dall’angolo zenitale del numero di eventi nei due differenti
casi a causa della diversa interazione con la materia.
In conclusione i dati sui neutrini atmosferici favoriscono fortemente il caso
νµ → ντ con mixing massimo, sin2 2θatm = sin2 2θ23 = 1, e ∆m2atm = ∆m223 =
0.0023 ÷ 0.0052 eV2 . MACRO e SK escludono l’oscillazione νµ → νs a livello
di più del 99% e SK esclude anche la possibilità di νµ → νe .
1.3.3
CHOOZ
CHOOZ ha analizzato i neutrini ν¯e prodotti da due reattori in Francia
[9]. Gli esperimenti sui neutrini da reattore misurano la probabilità di “sopravvivenza” P(ν¯e → ν¯e ) degli antineutrini elettronici emessi con energie nel
range del MeV da reattori nucleari posti ad una data distanza L.
Nel caso a 3 flavour con gerarchia normale [23], considerando che per Eν ed L
in gioco gli effetti della materia sono trascurabili, questa probabilità si scrive:
1 − P(ν¯e → ν¯e )=4 sin2 θ13 cos2 θ13 sin2
2
2
2
∆m231 L
4E
+ cos4 θ13 sin2 (2θ12 ) sin2
−2 sin θ13 cos θ13 sin θ12 cos
(∆m231 −∆m221 )L
2E
− cos
∆m221 L
4E
∆m231 L
2E
.
(1.29)
Poichè ∆m223 ' ∆m213 si vede che i primi due termini identificano rispettivamente il caso di oscillazione dei neutrini atmosferici (∆m231 = ∆m2atm ) e solari
(∆m221 = ∆m2 ), mentre il terzo termine è un’interferenza fra entrambi i contributi. Se ∆m2 ∆m2atm e/o θ13 è sufficientemente piccolo si disaccoppiano
i due casi atmosferico e solare, semplificando il mixing, e si trova la formula
1.3 Esperimenti sulle oscillazioni dei neutrini
27
del caso a due flavour: 1 − P (ν¯e → ν¯e ) = sin2 2θi sin2 (1.27∆m2i L/Eν¯e ), se
la distanza percorsa non è maggiore di qualche chilometro ∆m2i = ∆m231 e
θi = θatm .
Il rivelatore era costituito da 5 ton di scintillatore liquido al Gd posto
1 km sottoterra nelle Ardenne, la montagna offre una protezione naturale
contro il fondo prodotto dai raggi cosmici. La presenza di due reattori offriva
la possibilità di misurare il flusso dei ν¯e per due distanze sorgente-reattore
diverse: d1 =1114.6 m e d2 =997.9 m.
Gli antineutrini elettronici del reattore sono stati osservati tramite la
reazione β inversa: ν¯e + p → e+ + n. Il segnale del ν¯e era costituito dalla
coincidenza fra un primo segnale, dato dall’e+ (cioè dai due γ prodotti a
511 keV dall’annichilazione con un elettrone), ed un secondo segnale con un
ritardo tipico noto rispetto al primo dovuto alla cattura del neutrone da parte
del Gd (con l’emissione di raggi γ a ∼ 8 MeV).
Non è stato misurato nessun deficit nelle interazioni di neutrino rivelate
rispetto a quelle previste, per cui è stato possibile ricavare solo dei plots di
“esclusione”, nel modello di oscillazione a due flavour. Al 90% del C.L. non
è stata osservata alcuna evidenza per il canale di oscillazione ν¯e → ν¯x nella
regione dei parametri data da [30]:
∆m2 > 7 · 10−4 eV2
per mixing massimo
sin2 2θ = 0.10
per grande ∆m2 .
Il plot di esclusione al 90% del C.L. è mostrato in figura (1.15) (per confronto
è mostrata anche la regione permessa da SuperKamiokande per l’oscillazione
νµ → νe ). CHOOZ ha fornito il limite più restrittivo sull’angolo di mixing
θ13 , il valore così piccolo trovato ci dice che νe è coinvolto nelle oscillazioni
dei neutrini atmosferici in modo trascurabile. La matrice di mixing vista si
può scrivere:




−iδ
1
0
0
c13
0 s13 e
c12 s12 0







U ≡ U23 U13 U12 ≡ 
1
0 
0 c23 s23   0
 −s12 c12 0 .
0 −s23 c23
−s13 eiδ 0
c13
0
0 1
(1.30)
Oscillazione ν atmosferici
Oscillazione ν solari
28
Le oscillazioni dei neutrini
Al limite, per θ13 =0 si ha che le anomalie atmosferiche e solari dipendono da
parametri diversi e non c’è alcuna interferenza fra i due casi.
Figura 1.15: A sinistra: contorni al 90% del C.L. per l’oscillazione νe → νx ottenuti
in seguito a tre diverse analisi dei dati da CHOOZ. (A): confronto fra flusso misurato e
predetto, basato su una normalizzazione assoluta. (B): confronto fra le misure dei due
diversi reattori. Il flusso di uno è normalizzato all’altro. (C) confronto degli spettri di
energia predetto e misurato. A destra: il risultato di SK, che esclude l’oscillazione νµ → νe
per i neutrini atmosfrici è consistente con i plot di esclusione ottenuti dagli esperimenti
CHOOZ e Palo Verde [9] [31] [32].
In tabella (1.2) sono riassunti i best-fit ottenuti dai dati sperimentali sui
parametri di oscillazione dei neutrini finora.
Neutrini Solari
∆m212 =7.1·10−5 eV2
Neutrini Atmosferici ∆m223 =2.4·10−3 eV2
CHOOZ
θ12 =32.5◦
θ23 =45◦
∆m213 <7·10−4 eV2
θ13 <10◦
mixing massimo
grande ∆m2
Tabella 1.2: Valori di best-fit ottenuti sui parametri di oscillazione dei neutrini e limiti
ottenuti da CHOOZ.
Capitolo 2
Fasci di neutrini
La continuazione naturale della ricerca sulle oscillazioni dei neutrini atmosferici riguarda lo studio dei neutrini muonici agli acceleratori. Gli esperimenti sui fasci di neutrini prodotti agli acceleratori vengono classificati
come LBL (Long Baseline) ed SBL (Short Baseline), in base alla distanza L
percorsa dal fascio. Consentono di produrre neutrini muonici di alta energia
e di alta intensità e purezza.
Come già menzionato gli esperimenti si possono distinguere fra esperimenti di sparizione ed esperimenti di apparizione.
2.1
Esperimenti di sparizione
Gli esperimenti di sparizione fanno affidamento sulla conoscenza del flusso di νµ iniziale, con il quale deve essere fatto il confronto per poter osservare
un’effetto. Questa conoscenza è la principale limitazione sistematica e può
essere migliorata utilizzando un rivelatore vicino alla “sorgente”, concepito
per misurare il flusso prodotto.
In generale sono esperimenti con fasci di energia relativamente bassa, l’“aggiustamento” dell’energia è un punto fondamentale per ottenere un rapporto
L/E corrispondente al massimo dell’oscillazione.
2
La probabilità di sopravvivenza vale: P (νµ → νµ ) = 1−sin 2θ23 sin
29
2
1.27∆m223 L
Eν
.
30
Fasci di neutrini
Il primo massimo si ha per Eosc max :
1.27∆m223 L
π
= .
Eosc max
2
2.1.1
(2.1)
K2K (KEK To Kamioka)
L’esperimento K2K in Giappone è stato il primo esperimento da acceleratore ad esplorare la regione dei parametri di oscillazione dei neutrini atmosferici [7]. Il fascio di νµ veniva prodotto dal protosincrotrone (PS) del KEK
e studiato in successione da due rivelatori Cherenkov ad acqua: il rivelatore
vicino alla sorgente (ND, Near Detector ), a circa 250 m, era da 1 kton, il
rivelatore lontano (FD, Far Detector ) era Superkamiokande nella miniera di
Kamioka, a 250 km di distanza (vedi figura(2.1)).
Figura 2.1: Schema di K2K con i due rivelatori a distanza di 250 km.
Protoni di 12 GeV colpendo il bersaglio producevano π + che venivano poi
focalizzati da un sistema di due magneti posti subito dopo il bersaglio. In
seguito questi pioni percorrevano un tubo di decadimento (lungo circa 200
m) nel quale decadevano dando luogo a µ+ ed a νµ . Un monitor di muoni
posto alla fine del tubo di decadimento assicurava la possibilità di controllare
che il fascio fosse diretto nella giusta direzione misurando il profilo dei muoni
uscenti. In tabella (2.1) sono riassunte le caratteristiche del fascio.
L’oscillazione era studiata confrontando lo spettro dei νµ misurato in SK
con la predizione basata sulle misure del rivelatore vicino (quindi in assenza
di oscillazione).
2.1 Esperimenti di sparizione
31
Contaminazione νµ
95%
Contaminazione ν¯µ
4%
Contaminazione νe
Eν µ
1%
1.3 GeV
PS Ep
12 GeV
Intensità dei protoni per estrazione
(1 estrazione/2.2 s)
6·1012
Durata estrazione
1.1 µs
Tabella 2.1: Specifiche del fascio K2K [27].
A queste energie la maggior parte delle interazioni sono quasi elastiche:
νµ + n → µ− + p.
(2.2)
Per questa reazione, in un rivelatore Cherenkov ad acqua, il muone è la sola
particella misurata (eventi 1-Ring). Ciononostante l’energia del neutrino è
calcolabile assumendo che il neutrone sia a riposo e misurando energia ed
angolo (ϑ) del muone:
Eν =
mN Eµ − 0.5m2µ
,
mN − Eµ + pµ cos ϑ
(2.3)
dove mN e mµ sono rispettivamente le masse del nucleone e del muone ed
p
Eµ = pµ + m2µ [24].
Gli eventi in SK sono stati selezionati in coincidenza con il tempo di arrivo
atteso del fascio, stabilito usando il GPS. K2K ha osservato un effetto di
oscillazione con una significatività di 4σ. Il best-fit ottenuto per i parametri è
(∆m2 , sin2 2θ)=(2.8·10−3 eV2 , 1.0) [24], consistente con i neutrini atmosferici.
2.1.2
MINOS (Main Injector Neutrino Oscillation Search)
Questo esperimento che sta attualmente prendendo dati è situato negli
Stati Uniti, rivela la sparizione di νµ nel fascio NuMI (Neutrinos at the Main
Injector ) prodotto al FermiLab. MINOS impiega due rivelatori ed intende
migliorare la misura di ∆m223 [8].
32
Fasci di neutrini
Il rivelatore più lontano è situato nella miniera Soudan in Minnesota a 735
km dal FermiLab (vedi figura (2.2)), ha una massa complessiva di 5.4 kton ed
è costituito da due supermoduli (SM) di calorimetri a tracciamento realizzati
con lastre di ferro e barrette di scintillatori.
Il rivelatore più vicino ha una massa complessiva di 1 kton, si trova a circa 1
km dal punto medio di produzione dei neutrini ed ha la stessa struttura del
rivelatore lontano.
Le specifiche del fascio sono riportate in tabella (2.2).
Ep
120 GeV
Cicli di estrazione
1.87 s
Durata estrazione
10 µs
Intensità protoni/estrazione, (potenza corrispondente) 4·1013 (404 kW)
Intensità attuale all’anno
2.5·1020 pot/y
Intensità futura
4·1020 pot/y
Tabella 2.2: Specifiche del fascio NuMI studiato da MINOS [27].
Figura 2.2: Schema di MINOS: i due rivelatori distano 735 km
La tecnica utilizzata da MINOS per ottimizzare il rapporto L/E consiste in un sistema di magneti focalizzatori mobili. Un sistema di due corni
focalizza i pioni positivi prodotti nell’interazione dei protoni sul bersaglio
di grafite. La distanza dei “corni” rispetto al bersaglio e la loro distanza
2.1 Esperimenti di sparizione
33
reciproca possono essere cambiate in modo da ottenere differenti profili in
energia per il fascio. Tre esempi sono riportati in figura (2.3). La configurazione a bassa energia (LE, Low Energy) corrisponde al miglior L/E per
condurre un’esperimento di sparizione nella regione dei neutrini atmosferici:
per ∆m2 = 2.5 · 10−3 eV2 e L=735 km il massimo di oscillazione si ha per
E=1.3 GeV.
Figura 2.3: A sinistra: spettro di energia per i tre possibili fasci producibili con MINOS.
A destra: schemi del sistema di focheggiamento corrispondenti ai fasci LE (Low Energy),
ME (Medium Energy) ed HE(High Energy) [27].
In figura (2.4) sono mostrati i dati ottenuti finora da MINOS per il rapporto
tra lo spettro misurato e quello predetto e la conseguente regione permessa
nel piano (∆m2 , sin2 2θ) confrontata con quelle ottenute da K2K e SK.
MINOS può anche discriminare fra i due canali νµ → ντ e νµ → νs misurando
nel primo e nel secondo rivelatore il rapporto:
NC
eventi senza µ
=
.
CC
eventi con µ−
Si ha:
• νµ → ντ - l’energia del ντ è al di sotto della soglia di produzione del
τ , gli eventi CC mostrano un deficit, gli eventi NC corrispondono alle
previsioni:
NC
CC
>
F ar
NC
CC
.
N ear
34
Fasci di neutrini
Figura 2.4: A sinistra: dati ottenuti da MINOS per il rapporto
dati/MC.
A destra:
regioni permesse ottenute al 90% del C.L. con best-fit 2.31 < ∆m232 < 3.43 · 10−3 eV2 ,
−3
eV2 , sin2 2θ23 >
sin2 2θ23 > 0.87, ed al 68% del C.L. con best-fit ∆m232 = (2.74+0.44
−0.26 )·10
0.78. Per confronto sono mostrate quelle ottenute da SK e K2K [8].
• νµ → νs - Il νs non interagisce, gli eventi CC mostrano un deficit, ed
anche gli eventi NC:
2.1.3
NC
CC
=
F ar
NC
CC
.
N ear
T2K (Tokai to Kamioka)
T2K è l’esperimento futuro che si terrà in Giappone (a partire dal 2009)
sfruttando il fascio di neutrini ad alta intensità prodotto dal protosincrotrone
da 50 GeV nel J-Parc a Tokay [24]. Il rivelatore sarà SK, a 295 km di distanza. Uno dei propositi dell’esperimento è misurare ∆m223 e θ23 con ottima
precisione via sparizione dei νµ . T2K cercherà anche l’apparizione dei νe (vedi
paragrafo (2.3)). In figura (2.5) è schematizzato il fascio: bersaglio, tubo di
decadimento, monitor di muoni a 140 m dal bersaglio, un primo rivelatore a
280 m ed un secondo a 2 km.
Le caratteristiche principali di questo esperimento sono:
1. L’intensità molto alta. La potenza del fascio di protoni sarà inizialmente di 0.75 MW, circa due ordini di grandezza maggiore di quella
di K2K, e quindi il numero di eventi sarà circa 100 volte maggiore.
L’alta statistica consentirà una migliore determinazione dei parametri
2.1 Esperimenti di sparizione
35
per νµ → ντ e la ricerca delle oscillazioni νµ → νe . Gli altri vantaggi
rispetto a K2K sono riassunti in tabella (2.3).
Energia protoni (GeV)
Potenza del fascio (kW)
Protoni/s
Cicli di accelerazione (s)
Durata estrazione (µs)
Eventi di neutrino in SK
K2K
T2K T2K (seconda fase)
12
5.2
3·1012
2.2
1.2
35
50
750
1014
3.64
4.2
3900
50
4000
5·1014
Tabella 2.3: Confronto fra i parametri di T2K e K2K. Per gli eventi di neutrino
in SK si considerano 22.5 kton come massa di rivelazione e un anno di presa dati.
Per T2K si assume un angolo di off-axis di 2◦ , per K2K i valori sono stati calcolati
da 115.9 eventi/442.8 giorni [25].
2. Il fascio è circa 2◦ -3◦ fuori asse (off-axis) rispetto alla direzione di SK,
come mostrato in figura (2.5).
Figura 2.5: In alto: configurazione schematica della beam-line di T2K con i vari
rivelatori. In basso: a sinistra: energia dei neutrini in funzione di quella dei pioni
parenti per diversi angoli di disallineamento. A destra: spettro di energia per eventi
CC di neutrino all’anno per un fascio fuori asse di 1◦ , 2◦ e 3◦ [25].
Ciò permette di ottimizzare l’energia al fine di avere il massimo di
oscillazione in corrispondenza del rivelatore. La probabilità di sopravvivenza P(νµ → νµ ) per L=295 km è funzione di Eν come mostrato
36
Fasci di neutrini
in figura (2.6). Il primo massimo della probabilità di oscillazione (con
L=295 km) si ha per:
⇒ Eosc max =
2.54∆m223 L
π
(
=
0.596 GeV ∆m2 = 2.5 · 10−3 eV2
0.834 GeV ∆m2 = 3.5 · 10−3 eV2
(2.4)
Diversamente da MINOS, che modifica il fascio spostando i magneti,
Figura 2.6: Probabilità di sopravvivenza dei νµ in funzione della loro energia per
T2K. Si assume (∆m223 , sin2 2θ23 )=(2.5·10−3 eV2 , 1.0) [25].
T2K “sposta” il centro del fascio rispetto al bersaglio, ottenendo un
fascio quasi monocromatico dell’energia voluta.
Come si vede in figura (2.5), quando il fascio è in asse, l’energia dei
neutrini è proporzionale a quella dei pioni parenti, mentre spostandosi
di qualche grado l’andamento di Eν è inizialmente legato a Eπ ma poi
satura e dipende unicamente dall’angolo off-axis (cala al crescere dell’angolo, vedi figura(2.7)).
La dipendenza da Eπ e dall’angolo di off-axis per un neutrino emesso ad
un angolo ϕ rispetto al momento del pione nel decadimento π → µ νµ
con Eπ mπ è:
Eν =
2ECM
ν Eπ mπ
.
m2π + E2π tan2 ϕ
Si ottiene un fascio quasi monocromatico e più intenso. Si veda la
tabella (2.4) per la relazione fra gli angoli, il picco di energia e la corrispondente differenza in massa (quest’ultima presenta ancora molta
ambiguità, il che comporta ambiguità per l’angolo off-axis).
2.1 Esperimenti di sparizione
37
Figura 2.7: Energia del neutrino prodotto ad un angolo ϕ rispetto al momento
del pione nel decadimento di un π con energia Eπ , in funzione dell’angolo off-axis.
La linea continua è l’energia Eν massima [33].
Angolo off-axis
2.0◦
2.1◦
2.4◦
3.0◦
Epeak (GeV)
0.782
0.756
0.656 0.520
∆m223 (·10−3 eV2 )
3.28
3.17
2.75
2.18
Tabella 2.4:
Angolo off-axis, picco dello spettro di energia del neutrino e
corrispondente ∆m2 per L=295 km, calcolati per Eosc max =Epeak [25].
Questa tecnica consente di diminuire la coda dello spettro di energia di
un fascio tradizionale, principale causa del fondo.
Lo spettro di energia dei neutrini viene misurato dalle reazioni CCQE
(scattering quasi elastici a corrente carica), come visto in (2.2) e (2.3).
Interazioni di tipo diverso con una cinematica più complessa non vengono considerate, tuttavia costituiscono un fondo rilevante.
Il rivelatore Cherenkov ad acqua è ottimo per eventi con anello singolo
come quelli delle reazioni quasi elastiche.
Nel progetto è previsto anche un rivelatore posto a 2 km, utile per:
1. per via del fascio fuori asse. Per estrapolare correttamente il flusso di
neutrini dai rivelatori frontali a quello più lontano il volume di decadimento deve essere visto come “puntiforme”. A 280 m, con un rivelatore
38
Fasci di neutrini
fuori asse di 2.5◦ , ci sono 1.6◦ tra il punto più alto e il punto più basso
del tubo di decadimento, questa differenza angolare non è trascurabile.
2. E‘ necessario un rivelatore vicino con la stessa tecnica di rivelazione
di SK: un rivelatore Cherenkov ad acqua permette di cancellare molti
degli errori sistematici.Questo va accompagnato con un rivelatore che
permetta la ricostruzione “fine” degli eventi in modo da misurare il
rapporto fra eventi quasi elastici e gli altri, e correggere l’effetto sistematico dovuto all’identificazione nel rivelatore ad acqua di tutti gli
eventi come quasi elastici.
∆m223 può essere direttamente calcolata dalla posizione del massimo di oscillazione da (2.4). Con il 5% di accuratezza sulla misura di Eosc max , anche la
differenza in massa è determinata con la stessa accuratezza.
Per ∆m223 =(2-3)·10−3 eV2 è possibile ottenere un errore: δ(∆m223 ) ∼ 0.1 ·
10−3
eV2 .
Poichè sin2 2θ23 è determinato a partire dalla probabilità di sopravvivenza
(vedi figura (2.6)), e sono attesi più di 10000 eventi in 5 anni di presa dati,
l’errore statistico sul rate di eventi è ridotto a circa 1%. Quindi è atteso:
δ(sin2 2θ23 ) ∼ 0.01.
2.2
Esperimenti di apparizione
Gli esperimenti di apparizione fanno affidamento sulla conoscenza della
“purezza” del flusso di neutrini alla sorgente e sul “controllo” dei processi che
producono nel rivelatore eventi di fondo simulanti l’apparizione di un nuovo
flavour. I fasci di neutrini prodotti con gli acceleratori sono sostanzialmente
fasci puri di νµ , i ντ sono praticamente assenti (a livello di 10−6 ) ed i νe
rappresentano circa l’1%.
2.2.1
NOMAD e CHORUS
Questi due esperimenti, svolti tra il 1994 e il 1998, hanno cercato l’apparizione del ντ partendo da un fascio di νµ prodotto al CERN.
Erano esperimenti SBL situati nella West Area Neutrino Facility (WANF)
2.2 Esperimenti di apparizione
39
ed utilizzavano tecniche pionieristiche importanti anche per i successivi esperimenti di apparizione di ντ LBL, fornendo importanti campioni di misure
sulle interazioni dei neutrini. In figura (2.8) è schematizzata il fascio ed in
tabella (2.5) sono presentate le energie e le abbondanze relative dei diversi
flavour nel fascio, i protoni diretti sul bersaglio avevano 450 GeV di energia
e per i neutrini valeva hLi / hEi = 3 · 10−2 km/GeV [27].
Figura 2.8: Fascio di NOMAD e CHORUS.
Flavour hEν i (GeV) Abbondanza relativa
νµ
ν¯µ
νe
ν¯e
ντ
23.5
19.2
37.1
31.3
35
1.0
0.061
0.0094
0.0025
5·10−6
Tabella 2.5: Caratteristiche del fascio di neutrini al WANF [27].
La ricerca dei ντ avveniva attraverso la loro interazione a CC seguita dal
decadimento del τ prodotto (vedi il paragrafo “La rivelazione del τ ” nel prossimo capitolo), questo decadimento può essere identificato in due modi, ognuno
utilizzato da uno dei due esperimenti:
• CHORUS1 : rivelazione dell’angolo tipico (kink ) del decadimento (vedi
figura (3.14)). È necessaria un’alta risoluzione spaziale, quindi sono
state utilizzate delle emulsioni nucleari. Il canale di decadimento del τ
analizzato è quello muonico.
1
CERN Hibryd Oscilattion Research apparatUS
40
Fasci di neutrini
• NOMAD2 : misura della cinematica del decadimento, la presenza di
uno o più neutrini nello stato finale implica un impulso trasverso mancante. È stato utilazzato uno spettrometro magnetico per rivelare i
prodotti del decadimeto, il canale di decadimento più sensibile è quello
elettronico.
I due rivelatori sono schematizzati in figura (2.9).
CHORUS aveva una massa totale di 770 kg di emulsioni nucleari, queste erano seguite da tracciatori con fibre a scintillazione. Successivamente vi erano
uno spettrometro magnetico per la misura del momento e dell’energia delle
particelle secondarie cariche, calorimetri per misurare le cascate elettromagnetiche e adroniche e infine uno spettrometro per muoni. Per l’analisi dei
dati raccolti con le emulsioni sono stati utilizzati microscopi automatici ad
alta velocità [26].
NOMAD consisteva in un grande dipolo magnetico con campo di 0.4 T contenente un totale di 44 camere a deriva, per una massa totale di 2.7 ton. A
valle delle camere erano installati dei moduli TRD (Transition Radiation Detector ), un calorimetro elettromagnetico, un calorimetro adronico ed infine
un rivelatore di muoni [26].
Figura 2.9: Schema dei rivelatori NOMAD e CHORUS [27].
CHORUS ha classificato gli eventi in eventi 1µ e 0µ. La localizzazione
dell’evento avveniva tramite tre passaggi: la localizzazione del vertice d’interazione nelle emulsioni, la ricerca del kink del decadimento e l’analisi degli
2
Neutrino Oscillation MAgnetic Detector
2.2 Esperimenti di apparizione
41
eventi candidati con i microscopi.
NOMAD ha diviso gli eventi fra quelli a bassa molteplicità e quelli profondamenti inelastici.
I risultati ottenuti hanno permesso di stabilire un limite superiore sulla probabilità di oscillazione νµ → ντ . Entrambi gli esperimenti hanno inoltre
utilizzato la contaminazione di νe presente nel fascio (∼ 1%) per cercare
l’oscillazione νe → ντ .I limiti ottenuti sono (vedi figura (2.10)):
P(νµ → ντ )CHORU S <3.4·10−4 , P(νµ → ντ )N OM AD <1.68·10−4 (90% C.L.).
P(νe → ντ )CHORU S <2.6·10−2 , P(νe → ντ )N OM AD <1.68·10−2 .
Figura 2.10: Risultati ottenuti da CHORUS e NOMAD per i canali di oscillazione
νµ → ντ (a sinistra) e νe → ντ (a destra). Sono rappresentati anche i risultati di altri
esperimenti. Nel grafico di esclusione per νe → ντ è indicato anche il limite su θ13 ottenuto
da CHOOZ [26].
2.2.2
OPERA, specifiche del fascio
L’esperimento OPERA situato nei laboratori nazionali del Gran Sasso si
propone di osservare i ντ prodotti dall’oscillazione dei νµ del fascio CNGS, ad
una distanza di 730 km (vedi figura (2.11)). L’esperimento CNGS/OPERA
e la rivelazione dei ντ sono spiegati nel capitolo seguente [10][15].
I principali parametri del fascio CNGS sono riassunti in tabella (2.6), il
flusso di νµ atteso al Gran Sasso è mostrato in figura (2.13).
Il numero degli eventi da oscillazione νµ → ντ rivelati è proporzionale alla
probabilità di oscillazione per la sezione d’urto CC di ντ [27]:
Z EM AX
Nτ = C
Φν (Eν ) Pµτ (Eν ) στ (Eν ) dE
3.5 GeV
(2.5)
42
Fasci di neutrini
Figura 2.11: Raffigurazione del fascio CNGS diretto ai LNGS.
Momento del fascio di protoni
400 GeV/c
Intensità protoni/estrazione, (potenza corrispondente) 2.4·1013 (520 kW)
Numero di protoni atteso a 400 GeV/c
4.5·1019 pot/y
Dimensioni trasversali del fascio a 400 GeV
0.5 mm
Dimensioni del fascio attese al Gran Sasso (rms)
800 m
hEν i
17 GeV
νµ (m−2 /pot)
7.45·10−9
Contaminazioni delle altre specie di neutrini nel fascio νµ
νe /νµ
0.8%
ν̄µ /νµ
2.0%
ν̄e /νµ
0.05%
ντ /νµ
trascurabile
Tabella 2.6: Principali specifiche del fascio CNGS
dove C è una costante che tiene conto della massa del rivelatore e dell’efficienza di rivelazione media, Φν è il flusso di neutrini, στ è la sezione d’urto
delle interazioni CC dei ντ (vedi figura (2.12)), 3.5 GeV è l’energia di soglia di
produzione del τ e Pµτ è la probabilità di oscillazione che nel caso di OPERA
vale:
2.2 Esperimenti di apparizione
2
Pµτ = sin 2θ sin
2
2L
1.27∆m
43
E
2
2L
≈ sin 2θ 1.27∆m
E
2
,
(2.6)
l’approssimazione è dovuta al fatto che
1.27∆m2 L/E risulta una quantità piccola nel caso di CNGS. Infatti si ha
∆m2 < 4 · 10−3 eV2 , L=730 km, E>3.5
GeV, perciò L/E=43 km/GeV, mentre
per ∆m2 = 2.4 · 10−3 eV2 il picco si ha
Figura 2.12: Andamento del rapporto
fra le sezioni d’urto del ντ e del νµ per le
reazioni CC in funzione dell’energia Eν .
per L/E=515 km/GeV. Dunque per
mixing massimo e ∆m2 = 2.4 · 10−3 eV2 , Pµτ ∼ 1.7 · 10−2 . Quindi si può
approssimare:
2
Nτ ≈ 1.61 sin 2θ ∆m L
2
2
Z
EM AX
Φν (Eν )
3.5 GeV
στ (E)
dE.
E2
(2.7)
Figura 2.13: A sinistra: probabilità di oscillazione per sezione d’urto di ντ CC per
piccolo ∆m2 e mixing massimo comparata al flusso di νµ atteso ai LNGS, in funzione
dell’energia dei neutrini. A destra: probabilità di osservazione a 4 σ in funzione della
differenza di massa per 5 anni di presa dati di OPERA per diversi fasci di neutrino [27].
La figura (2.13) riporta la probabilità di osservare in 5 anni di presa
dati un numero di eventi candidati maggiore ad una fluttuazione del fondo
di 4σ (per il fondo sulla rivelazione dei ντ di OPERA si veda il paragrafo
(3.3.2)). Si nota inoltre che il fascio CNGS è stato ottimizzato in modo da far
44
Fasci di neutrini
corrispondere il flusso alla curva di convoluzione fra probabilità di oscillazione
e sezione d’urto dei ντ CC, garantendo la produzione del massimo numero di
ντ CC.
2.3
Ricerca del canale νµ → νe
Per studiare l’oscillazione νµ → νe con fasci di νµ è fondamentale avere
la migliore conoscenza possibile del fascio prodotto: volendo rivelare i νe , il
fondo più importante è costituito dai neutrini elettronici presenti nel fascio.
K2K e MINOS
K2K ha fornito un primo limite superiore su P(νµ → νe ), l’analisi eseguita
partiva dai 9 eventi di tipo elettronico selezionati durante la presa dati. In
seguito sono stati applicati dei tagli in modo da eliminare gli eventi dovuti
al decadimento µ → e, ottenendo un campione di 5 eventi. Di questi, la
maggior parte provenivano dal decadimento del π 0 : i γ prodotti producevano
sciami simili a quelli degli elettroni. Eliminando anche questi eventi alla fine
è rimasto 1 evento candidato. Il rumore di fondo atteso era di 1.3 eventi
da interazione del νµ e 0.4 eventi dalle interazioni della componente νe del
fascio.
L’evento candidato è stato quindi attribuito al background ricavando un limite superiore su θµe al
90% del C.L.: sin2 2θµe < 0.13 per
∆m2µe = 2.8 · 10−3 eV2 [24].
Anche MINOS ricerca il canale
νµ → νe : la sensibilità nel piano
(∆m2 , sin2 2θ) dipende dal numero
Figura 2.14: Piano (∆m231 , sin2 2θ13 ) at- totale di protoni sul bersaglio, vedi
teso per MINOS a 3σ per θ13 non nullo per
tre diversi valori di protoni sul bersaglio [27].
figura (2.14).
2.3 Ricerca del canale νµ → νe
45
T2K
La statistica di K2K era troppo bassa per poter ottenere un risultato
significativo su θ13 , T2K avrà invece una statistica circa 100 volte maggiore:
secondo le simulazioni MC sono attesi circa 100 segnali νe ed un background
inferiore a 15 eventi considerando 5·1021 p.o.t. e sin2 2θ13 = 0.1, corrispondente al limite ottenuto da CHOOZ. Come già spegato il fascio di T2K
sarà off-axis, questo permetterà di avere un fascio di neutrini praticamente
monocromatico e di ridurre la contaminazione dei νe che si trovano ad energia più alta. Selezionando il campione di eventi con energia vicino al picco
di probabilità questa può passare da un valore dell’1% a circa lo 0.2%. Il
background è generato principalmente da due decadimenti: K→ π e ν ed
π → µ → νe [33].
L’energia del fascio di neutrini è “aggiustata” su Eosc max (basandosi sulla
conoscenza dell’oscillazione νµ ↔ ντ ), quindi si ha:
1.27∆m223 L
P (νµ → νe ) ≈ sin2 θ23 sin2 2θ13 sin2
Eν 2 2
2 1.27∆m23 L
1
≈
sin 2θ13 sin
< 0.05.
2
Eν
Per trovare un valore finito di θ13 è quindi necessario cercare l’apparizione
di neutrini elettronici, che ha probabilità minore di qualche percento. Nominalmente si avrà sensibilià nella regione sin2 2θ13 > 0.006, incrementando la
sensibilità di CHOOZ di circa un fattore 20 [25].
OPERA
Sebbene il fascio CNGS sia ottimizzato per lo studio dell’oscillazione νµ →
ντ OPERA potrà comunque studiare sin2 2θ13 con una sensibilità circa cinque
volte migliore di quella di CHOOZ.
L’oscillazione νµ → νe sarà studiata tramite l’eccesso di eventi νe -CC rispetto
al valore della contaminazione dei νe . Per predire il flusso di neutrini e la
composizione del fascio che arriva al Gran Sasso bisogna avere una descrizione
precisa dei π ± e dei K± prodotti dall’interazione di protoni sul bersaglio, del
focheggiamento (defocheggiamento) dei secondari positivi (negativi), della
loro propagazione e del loro decadimento lungo la beam line, dello sviluppo
46
Fasci di neutrini
delle interazioni adroniche, delle cascate e delle reinterazioni, e così via.
Le sorgenti principali dei neutrini sono quattro:
• I protoni sul bersaglio: producono per lo più π ± , K± , K0 , dai quali si
hanno νµ , ν¯µ , νe (in prevalenza dal decadimento dei K detto Ke3 ) e ν¯e .
• I protoni che mancano il bersaglio: interagendo con il materiale presente lungo la linea del fascio producono principalmente ν¯µ e ν¯e .
• I decadimenti delle particelle charmate e dei kaoni nel bersaglio e nell’hadron stop: producono ν¯e .
• Le reinterazioni delle particelle nel materiale lungo la beam line: influiscono principalmente suiν¯µ e ν¯e ed anche sui νµ e νe .
• Gli antineutrini sono prodotti anche dai pioni di segno “sbagliato” che
passano nella zona centrale del sistema di focheggiamento e che quindi
non sono deflessi.
Poichè CNGS è simile al fascio di CHORUS e NOMAD è utile conoscere la
metodologia utilizzata da questi due esperimenti per studiare la composizione
del fascio tramite simulazioni. In tabella (2.7) sono riportate le energie medie
dei diversi tipi di neutrino e la loro percentuale, tramite la ricostruzione della
quantità di νµ , ν¯µ e ν¯e usando simulazioni, si può fare un confronto con i dati
che si ottengono, nell’ipotesi di un buon accordo si utillizza quindi la stessa
simulazione per una corretta previsione dei νe che costituiscono il background
più importante per lo studio del canale νµ → νe . Come si vede in figura
(2.15) i νµ provengono per lo più dai decadimenti di π + e K+ , i ν¯µ da quelli
di π − , K− e K0 , i ν¯e dai K0 e K− ed i νe dai K+ , K0 e µ+ .
νµ
Contaminazione
hEν i (GeV)
24.3
ν¯µ
νe
ν¯e
7%
1%
0.3%
17.2
36.4
27.6
Tabella 2.7: Percentuale ed energia media dei neutrini di diversi flavour nel fascio del
WANF [34].
Tramite un calorimetro elettromagnetico posto dopo il bersaglio ed un rivelatore di muoni si possono facilmente misurare gli elettroni e i muoni nello
2.3 Ricerca del canale νµ → νe
47
Figura 2.15: Spettri dei diversi tipi di neutrini prodotti al WANF: la linea continua
indica la quantità totale per i diversi flavour, deriva dalla somma dei contributi delle
diverse particelle che li producono (indicati dalle linee discontinue) [34].
stato finale prodotti nelle interazioni CC dai corrispondnti neutrini, inoltre, l’esperimento avveniva in un campo magnetico B di 0.4 T, ed ad 1
p
GeV/c si aveva: ∆p/p ∼ 4%, ∆E/E ∼ 3.5%/ E (GeV). Si aveva un errore sistematico sul flusso dei neutrini νµ , νe del 7%, utilizzando il rapporto:
Rµ e = (νe − CC) / (νµ − CC), questo errore veniva ridotto al 4.2% dalla cancellazione della normalizzazione assoluta nel rapporto [34].
In figura (2.16) sono mostrati le simulazioni ed i dati ottenuti sugli eventi νµ ,
ν¯µ e ν¯e a corrente carica. Poichè l’accordo era buono si è potuto utilizzare lo
stesso MC per prevedere anche gli eventi νe : come si nota dal relativo grafico
l’accordo dati/MC risulta ottimo.
La beam line di CNGS (vedi figura (3.3)) è completamente descritta nel programma FLUKA tramite diverse simulazioni MC, che permettono di calcolare
anche l’energia depositata, gli stress meccanici e il riscaldamento dei materiali, la distribuzione dei muoni nei monitors. La linea del fascio è descritta nel
dettaglio in geometria e composizione dal punto di iniezione dei protoni fino
all’hadron stop, riproducendo la camera del bersaglio, i cilindri di grafite, i
supporti presenti e così via. In figura (2.17) sono mostrati i grafici relativi
all’abbondanza delle varie particelle che danno luogo ai neutrini all’uscita del
cilindro di grafite in cui interagisce il protone per i diversi flavour di neutrini,
48
Fasci di neutrini
Figura 2.16: Eventi νi -CC misurati al WANF (indicati dai punti) e confronto con i MC
(indicati dalla linea continua), nel grafico νe -CC si nota che i dati sono in ottimo accordo
con il MC, la parte colorata in nero corrisponde al rumore di fondo [34].
Figura 2.17: Abbondanza relativa delle particelle parenti dei diversi tipi di neutrini
alla fine del cilindro di grafite di CNGS in cui interagisce il protone [34].
si nota che νµ deriva praticamente del tutto dai π + mentre per i νe è molto
importante anche la componente di K+ .
Grazie alla focalizzazione di CNGS dei pioni positivi (e alla defocalizzazione dei π − che producono ν¯µ ), si guadagna un fattore dieci nella quantità
di νµ mentre la contaminazione dei ν¯µ si dimezza. Il flusso νµ che arriverà
al Gran Sasso è più puro ed intenso rispetto a quello del WANF. In figura
(2.18) è rappresentato il flusso di neutrini e antineutrini muonici nei casi con
2.3 Ricerca del canale νµ → νe
49
campo magnetico acceso e spento:
Φ (νµ )Bon /Φ (νµ )Bof f = 10.1, Φ (ν¯µ )Bon /Φ (ν¯µ )Bof f = 0.52.
Figura 2.18: Flusso di νµ e ν¯µ al Gran Sasso nei casi con i magneti di CNGS accesi e
spenti [34].
Tuttavia OPERA non può utilizzare completamente lo stesso sistema usato
per CHORUS e NOMAD, infatti questo esperimento non è “immerso” in un
campo magnetico, il campo magnetico è presente solo dopo il bersaglio, in
questo modo si possono riconoscere i µ+ e i µ− , che sono più penetranti, ma
non gli e+ e gli e− , cosicchè la componente K0 molto importante per calcolare
la quantitè dei ν¯e e di consegunza dei νe (vedi figura (2.19)) non può essere
ricavata.
La contaminazione dei diversi flavour nel fascio CNGS è riportata in tabella
(2.6), le particelle “parenti” per i diversi flavour nel fascio sono (vedi fig(2.19)):
• νµ : π + 97%, K+ 3%,
• ν¯µ : π − 85%, µ+ 8%, K− 6%,
• νe : µ 47%, K+ 39%, K0 10%,
• ν¯e : K0 70%, K− 22%, µ− 8%.
I fondi principali sono dati da:
• Identificazione dei π 0 come elettroni prodotti nelle interazioni CN e CC
dei νµ senza l’identificazione dei muoni,
• Contaminazione dei νe nel fascio,
50
Fasci di neutrini
Figura 2.19: Flusso dei diversi tipi di neutrini al Gran Sasso e contributo delle diverse
particelle parenti [34].
• elettroni prodotti nel decadimento τ → e derivanti dall’oscillazione
νµ → ντ .
In tabella (2.8) sono riportati i dati relativi alla sensibilità di OPERA alla
rivelazione νµ → νe , il fondo può essere ridotto usando l’energia visibile,
il momento trasverso mancante e l’energia degli elettroni facendone un fit
simultaneo.
Fondo
θ13
segnale
9◦
τ →e
νµ CC
9.3
4.5
1.0
5.2
18
8◦
7.4
4.5
1.0
5.2
18
7◦
5.8
4.6
1.0
5.2
18
5◦
3.0
4.6
1.0
5.2
18
Efficienza
0.31
0.032
0.34·10−4
7·10−4
0.082
νµ CN νe CC fascio
Tabella 2.8: Sensibilità di OPERA alla rivelazione νµ → νe : segnale e background
atteso assumendo 5 anni di presa dati con fascio CNGS nominale e ∆m223 =2.5·10−3 eV2 ,
sin2 2θ23 =1 [34].
Capitolo 3
CNGS/OPERA
Il progetto CNGS/OPERA ha come scopo principale l’osservazione diretta dell’apparizione del ντ . L’esperimento lavora nella regione dei parametri
di oscillazione indicata dall’anomalia nei neutrini atmosferici.
3.1
CNGS
Il fascio CNGS è un fascio quasi puro di neutrini νµ , con enegia media
17 GeV, inviato dal CERN in direzione dei LNGS. La produzione di questi
neutrini coinvolge tutti gli acceleratori di protoni presenti al CERN (vedi
figura (3.1)).
Il LINAC produce protoni di 50 MeV per il Booster, questo li accelera fino
a 1.4 GeV prima di trasferirli al PS. Qui i protoni raggiungono un’ energia
di 14 GeV e vengono in seguito traferiti al SPS (Super Proton Synchrotron)
che li accelera fino a 400 GeV.
A questo punto i protoni vengono estratti e trasportati da una linea di trasferimento (TN4) verso il bersaglio di grafite di CNGS, qui, interagendo con
i nuclei del bersaglio producono molte particelle secondarie, tra cui pioni e
kaoni carichi positivamente.
Questi mesoni vengono focalizzati in un fascio parallelo in direzione dei LNGS
tramite due lenti megnetiche, in seguito c’è un tubo di decadimento di circa
51
52
CNGS/OPERA
Figura 3.1: Gli acceleratori del CERN utilizzati per il CNGS.
Figura 3.2: Struttura sotterranea del CNGS al CERN.
Figura 3.3: Pricipali componenti di CNGS lungo il fascio.
3.1 CNGS
53
1 km nel quale decadono generando coppie di muoni e di neutrini muonici.
Tutti gli adroni prodotti che non hanno ancora interagito vengono assorbiti
alla fine del tubo di decadimento dall’ “hadron stop”, un insieme di blocchi
di grafite e ferro che può essere attraversato solo dai muoni e dai neutrini.
Infine due rivelatori misurano i muoni prima che vengano assorbiti in 500 m
di roccia e solo i neutrini continuano a viaggiare verso il Gran Sasso [36].
Tutta la struttura di CNGS si trova sottoterra ed è schematizzata in figura
(3.2), in figura (3.3) sono rappresentati i componenti principali presenti lungo
la linea del fascio.
3.1.1
Principali Componenti di CNGS
Il Bersaglio
Il bersaglio di CNGS è costituito da 13 cilindri di grafite di 10 cm di
lunghezza; i primi 2 cilindri hanno un diametro di 5 mm mentre i seguenti
di 4 mm (vedi figura (3.4)); deve assicurare la maggior produzione possibile
di secondari che è determinata principalmente da tre necessità:
• I pioni e i kaoni di alta energia prodotti a piccoli angoli devono poter lasciare il bersaglio senza interagire nuovamente: i mesoni di alta
energia decadono in volo in neutrini di energia più elevata ed è quindi
importante assicurare il minor numero di reinterazioni per avere un
fascio di neutrini di energia relativamente alta. I cilindri del bersaglio
devono perciò essere sottili e intervallati da elio.
• Il bersaglio deve essere in grado di resistere agli “stress” indotti dal
fascio. Il fascio di protoni a 400 GeV viene inviato al bersaglio ogni 6
secondi in 2 estrazioni veloci intervallate da 50 ms, ognuna con uno spill
di 10.5 µs (vedi figura (3.5)). L’intensità nominale per estrazione è di
2.4·1013 protoni per un totale di 4.8·1013 protoni per ciclo (con la possibilità di un “upgrade” a 7·1013 protoni). Il fascio ha un diametro nel
punto focale di 0.5 mm. Per questo è necessario un bersaglio “robusto”,
si stimano 4.5·1019 protoni su bersaglio per anno.
54
CNGS/OPERA
• Il fascio deposita energia termica nel bersaglio, è necessario quindi un
sistema di raffreddamento. Si utilizza dell’elio che raffredda la grafite
per convezione mentre il raffreddamento “esterno” avviene tramite getti
di aria ad alta pressione.
Figura 3.4: Il bersaglio di grafite di CNGS. A destra: In alto: le unità che compongono
il bersaglio. In basso: l’assemblaggio del bersaglio.
Figura 3.5: Rappresentazione schematica di un ciclo SPS, un’estrazione lenta (SE)
seguita da tre cicli con 2 estrazioni veloci (FE) per CNGS.
Il TBID
Il TBID1 è un monitor ad emissione secondaria che permette di misurare:
• il rapporto fra il numero di particelle secondarie emesse e il numero di
protoni che hanno colpito il bersaglio (molteplicità);
1
Target Beam Instrumentation Downstream
3.1 CNGS
55
• le asimmetrie nel fascio secondario, cioè le differenze di molteplicità fra
i piani destro e sinistro in direzione orizzontale e fra i piani alto e basso
in direzione verticale;
• l’ “alone” e la “coda” della distribuzione del fascio secondario.
E’ stato installato nella zona del bersaglio (T40) a 70 cm dall’ultimo cilindro
di grafite; per monitorare il profilo del fascio si utilizzano fogli circolari di
titanio con raggio 7.25 cm e spessore 12 µm perpendicolari all’asse del fascio.
Quando questi fogli vengono attraversati da particelle ad alta energia emettono elettroni che vengono raccolti agli elettrodi (vedi figura (3.6)).
Figura 3.6: Il TBID posizionato subito dopo il bersaglio e una sua rappresentazione
schematica. In basso: i dischi (in grigio) rappresentano i fogli di titanio per l’emissone
secondaria, le linee in rosso rappresentano gli elettrodi [37].
Tutta la strumentazione è contenuta in un contenitore sotto vuoto chiuso da
due “finestre” in titanio (250 µm di spessore) che potrebbero non resistere
56
CNGS/OPERA
all’intensità del fascio nel caso accidentale in cui questo dovesse mancare
il bersaglio: sono allora state posizionate due camere a ionizzazione2 come
strumentazione di back up [37].
Il sistema di focheggiamento
Il sistema di focheggiamento di CNGS comprende due elementi: l’“horn”
e il “reflector”; è importante ottenere un fascio di pioni e di kaoni in direzione
dei LNGS che sia il più possibile parallelo. Il sistema focheggia le particelle
di energia media di 35 GeV cariche positivamente e defocalizza i secondari
negativi.
E’ necessario utilizzare due lenti magnetiche perchè l’horn causa una deflessione eccessiva delle particelle con energia minore di 35 GeV ed una deflessione
insufficiente per quelle con energia maggiore a 35 GeV. Per correggere questo
effetto il reflector è stato installato a 40 m dall’horn (vedi figura (3.7)).
Figura 3.7:
Sistema magnetico di fochggiamento dei secondari positivi costituito
dall’horn (a sinistra) e dal reflector(a destra).
Si utilizzano lenti toroidali con campo magnetico fra i conduttori coassiali
interno ed esterno (vedi figura (3.8)), come mostrato in figura (3.9) e (3.10)
le particelle secondarie prodotte a piccoli angoli non attraversano il conduttore interno dell’horn e continuano a viaggiare senza deviazioni mentre quelle
prodotte ad angoli maggiori attraversano il volume magnetico. Entro un dato
range di angoli tutte queste particelle formano un fascio parallelo all’uscita
dell’horn. Per angoli troppo grandi la deviazione non è sufficiente, è quindi
necessario il secondo magnete.
2
camere a ionizzazione di tipo BLM, riempite con N2 e con raggio di 4.75 cm.
3.1 CNGS
57
Figura 3.8: A sinistra: in alto: foto del conduttore interno dell’horn, in basso: rappresentazione schematica del conduttore interno dell’horn. A destra: in alto: foto dell’horn
(diametro esterno 44 cm) installato nella camera del bersaglio, in basso: foto del reflector
(diametro esterno 62 cm).
Figura 3.9: Principio di focheggiamento delle particelle del campo magnetico dell’horn.
Per CNGS I=150 kA, R=15.4 mm, B=1.95 T [15].
58
CNGS/OPERA
Figura 3.10: Ottica del focheggiamento di CNGS. Azione dell’horn e del reflector sulle
traiettorie di famiglie di particelle selezionate a diverse energie uscenti dal bersaglio. Per
le particelle a 35 GeV con angolo di produzione compreso fra 2.3 e 19.4 mrad è sufficiente
il campo magnetico dell’horn per ottenere un fascio di secondari paralleli verso il Gran
Sasso (al centro).Per energie diverse o per altri angoli di produzione è invece necessaria
anche l’azione del reflector [15].
I due sistemi operano con impulsi di corrente, di 150 kA per l’horn e di 180
kA per il reflector. Ci sono due impulsi per ogni ciclo SPS, separati da 50 ms,
sono cioè “sincronizzati” con le due estrazioni del fascio (vedi figura (3.11)).
Il sistema di focheggiamento ha grande importanza sul flusso del fascio secondario, permette di ottenere un numero di particelle molto più elevato, un
esempio è mostrato dalla differenza misurata nella quantità di muoni rivelati
(e quindi nella quantità di neutrini) dalla prima camera a muoni al termine
della beam line nei casi con i magneti accesi e spenti, come si vede in figura
(3.11) si guadagna un fattore 10.
Figura 3.11: A sinistra: impulsi di corrente dell’horn in sincrono con le estrazioni di
CNGS. A destra: Profilo orizzontale misurato nella prima camera a muoni con horn e
reflector “on” (in blu) e “off” (in rosso) [39].
La corrente ad impulsi evita che i due magneti fondano, inoltre, le parti-
3.1 CNGS
59
celle che attraversano i conduttori interno ed esterno depositano energia nei
magneti, è quindi necessario un sistema di raffreddamento: viene spruzzata
acqua demineralizzata sul conduttore interno, questa viene poi raccolta in un
serbatoio alla base dell’horn e del reflector ed infine nuovamente pompata nel
sistema di reffreddamento a circuito chiuso [38]. Per minimizzare il numero
di interazioni dei mesoni prima del loro decadimento, sono stati installati tra
l’horn e il reflector e tra il reflector e il tubo di decadimento due tubi riempiti
di elio.
Il Tubo di decadimento e l’Hadron Stop
L’obiettivo è avere un fascio di neutrini con la massima intensità possibile,
per questo è necessario che il numero massimo possibile di pioni e kaoni siano
lasciati “liberi” di decadere, per evitare interazioni è importante avere meno
materiale possibile lungo il loro percorso, questo ha determinato la scelta di
costruire per CNGS un tubo di decadimento a vuoto (confrontato con il tubo
a vuoto un tubo di decadimento con aria avrebbe causato una diminuzione
del 28% nel numero di particelle, un tubo ad elio una perdita del 7%).
Il tubo di decadimento è di acciaio ed ha una lunghezza di 992 m, uno
spessore di 18 mm, un diametro di 2,45 m ed è circondato da 50 cm di
cemento. L’entrata e l’uscita del tubo sono chiuse da due “finestre”, quella
all’inizio è in titanio con uno spessore di 3 mm e quella all’uscita è di acciaio
al carbonio con spessore di 50 mm e raffreddata ad acqua [40].
Situato alla fine del tubo di decadimento l’“hadron stop” serve per assorbire tutti i protoni che non hanno interagito né nel bersaglio né nei magneti
insieme ai pioni e ai kaoni che fino a questo punto non sono ancora decaduti.
La quantità di energia che l’hadron stop deve assorbire è relativamente alta,
per questo si è scelto di installare uno spessore di 3 metri di grafite seguito
da 15 metri di ferro per avere una buona dispersione del calore. E’ stato
installato inoltre un sistema di raffreddamento ad acqua [36].
I Monitor di muoni
A questo punto, sulla beam line, l’ultimo controllo che si può fare consiste
nel misurare la produzione dei muoni che sono stati creati insieme ai neutrini
60
CNGS/OPERA
muonici dal decadimento dei mesoni. Poichè i muoni sono generati insieme
ai neutrini avendo gli stessi pioni e mesoni “parenti”, la via migliore per
controllare la posizione, l’angolo e l’intensità di un fascio di neutrini è quella
di misurare la traiettoria dei muoni, particelle cariche e quindi più facilmente
rivelabili.
Si stima che i rivelatori debbano registrare fino a 108 muoni per cm2 nel breve
intervallo di 10.5 µs, non è quindi possibile contarli individualmente [39]. Si
utilizzano per questo camere a ionizzazione riempite di azoto gassoso basate
sui monitors utilizzati per LHC per registrare perdite di fascio. Come si vede
in figura (3.12 A) le camere consistono in cilindri di acciaio inossidabile con
elettrodi di alluminio paralleli separati da 0.5 cm.
Ci sono 37 camere fissate in ognuno dei due monitors di muoni, sono state
disposte a croce per poter registrare sia il profilo orizzontale che verticale
dei muoni. I muoni che attraversano le camere producono coppie elettroneione che vengono raccolte agli elettrodi a 800 V. Il segnale registrato è il
numero integrato di cariche per ogni impulso di fascio. Guardando il segnale
in funzione delle posizioni delle camere si ottengono i profili orizzontali e
verticali dei muoni, un esempio tipico è mostrato in figura (3.12 D). Se il fascio
è ben collimato è più intenso al centro, infatti le camere centrali misurano
valori più alti di quelle esterne.
Una camera a ionizzazione identica alle altre ma dotata di un motore per
muoverla è stata istallata alle spalle di quelle fisse per permetterne un’ulteriore calibrazione e per esaminare il profilo dei muoni nelle posizioni dell’array
in cui non è presente una camera fissa (vedi figura (3.12 B, C)).
Il primo rivelatore (“Pit 1”) è situato subito dopo l’hadron stop, il secondo
(“Pit 2”) è separato dal primo da 67 m di roccia, che agiscono come “filtro” per
l’energia dei muoni visto che i muoni di energia più bassa vengono assorbiti
nel materiale. Grazie a questo sistema di rivelazione si può monitorare:
• l’intensità dei muoni
• la forma del profilo del fascio di muoni
• il profilo centrale del fascio di muoni.
3.1 CNGS
61
Figura 3.12: Muon Monitors. A: foto di una camera a ionizzazione utilizzata per i
rivelatori di muoni di CNGS. Il gas (N2 ) è sotto pressione a 100 mbar. Diametro = 8.9
cm, lunghezza = 60 cm, volume di gas = 1.5 L. B: gli array a forma di croce delle camere a
ionizzazione del detector di muoni. C: struttura meccanica di supporto dei muon monitors.
D: i profili muonici orizzontali e verticali nei due “Pit” [35].
62
CNGS/OPERA
3.2
Allineamento CNGS-OPERA, implicazioni
La distribuzione radiale attesa al Gran Sasso per i νµ è mostrata in figura
(3.13). Sostanzialmente il fascio è piatto in un raggio di circa 500 m, nel
piano radiale le sale che ospitano i rivelatori nei LNGS hanno un’estensione
maggiore di 100m, la direzione del fascio di neutrini deve quindi essere stabilita con un’accuratezza minore di 0.5 mrad. La distanza dei rivelatori dei
LNGS dal CERN è nota con una precisione di 50 m grazie alle misure di
geodesia effettuate con il GPS. L’allargamento del fascio è dovuto principalmente al momento trasverso dei neutrini prodotti nei decadimenti.
Figura 3.13: Distribuzione radiale del flusso dei νµ al Gran Sasso per un fascio
perfettamente allineato [41].
Per elaborare lo spettro del fascio di neutrini al Gran Sasso e i possibili effetti di un errato allineamento sono stati utilizzati tre diversi MC indipendenti
per simulare la beam line di CNGS, le diverse “fonti” di possibili errori nel
fascio prese in esame sono analizzate di seguito[41].
Spostamento laterale del fascio di protoni al bersaglio
L’accuratezza atte-
sa sulla misura della posizione del fascio al bersaglio è 0.1 mm. Solo spostamenti maggiori di 1 mm (parallelamente al’asse del fascio) influiscono sul
numero di eventi CC di ντ al Gran Sasso. Questo è dovuto principalmente
al fatto che una frazione considerevole del fascio di protoni non intercetta
il bersaglio. Tale effetto può essere controllato con i monitor di muoni di
CNGS che sono sensibili a questo spostamento.
Spostamento angolare del fascio di protoni nel punto focale
Il fascio di pro-
3.2 Allineamento CNGS-OPERA, implicazioni
63
toni dovrebbe essere focalizzato a 50 cm all’interno del bersaglio e la risoluzione
attesa sugli spostamenti angolari è di 0.1 mrad. Sono stati esaminati casi (irrealistici) con spostamenti fino ad 1 mrad e il numero di eventi ai LNGS è
risultato non sensibile a questo tipo di disallineamento.
Il secondo rivelatore di muoni è invece sensibile a questi spostamenti e il
profilo dei muoni si sposta in direzione opposta al diseallineamento.
Cambiamento della divergenza del fascio di protoni
Le dimensioni e la di-
vergenza del fascio di protoni possono essere alterate cambiando i parametri
di focalizzazione. E’ stato studiato il caso con divergenza σθx,y raddoppiata
e dimensioni σx,y dimezzate3 . Anche in questa occasione il numero di eventi
CC di ντ non è affetto da questo spostamento.
Spostamento laterale delle lenti magnetiche
La risoluzione attesa sulla po-
sizione dell’horn e del reflector è di 0.1 mm.
Nel caso dell’horn, il numero di eventi al Gran Sasso è sensibile solo a
spostamenti superiori a 6 mm, per i quali si ha una riduzione del 3%. Per
avere una riduzione significativa di eventi nel caso di spostamento del reflector
è necessario un disallineamento maggiore di 2 cm. Nel caso di spostamento
dei magneti il profilo del fascio subisce una distorsione drammatica.
Disallineamento geodetico dell’intera linea del fascio
L’allineamento geode-
tico dell’intera beam line si riferisce all’allineamento fra: fascio di protoni,
bersaglio, magneti, tubo di decadimento e monitor di muoni. L’accuratezza
attesa è di 0.05 mrad. Un disallineamento di 0.5 mrad rispetto alla direzione
del Gran Sasso corrisponde ad uno spostamento dall’asse di 360 m ai LNGS.
In questo caso si ha una diminuzione nel numero di eventi del 2.5%.
In conclusione, ad eccezione di disallineamenti “estremi” degli elementi
sulla linea del fascio non sono visibili cambiamenti nel rate di eventi CC di
ντ al Gran Sasso. Principalmente, questo è dovuto al grande diametro del
tunnel di decadimento, che rappresenta la principale “apertura” nel sistema
ottico del fascio.
3
I valori di riferimento sono σθx,y =0.053 mrad e σx,y =0.53 mm
64
CNGS/OPERA
3.3
OPERA
L’esperimento OPERA [10][42] utilizza emulsioni nucleari come strumenti
di tracciamento ad alta precisione per rivelare direttamente il decadimento
del leptone τ che viene prodotto nell’interazione del ντ con il bersaglio. Le
camere ad emulsione nucleare del rivelatore (ECC4 ) sono strutture a “sandwich” (brick). Il brick costituisce l’“unità base” del rivelatore, è un’unità
compatta e modulare contenente una serie di strati di emulsioni e fogli al
piombo impilati come materiale passivo. Assemblando una grande quantità
di brick è possibile realizzare un rivelatore di quasi 2000 tonnellate ottimizzato per studiare l’apparizione del ντ guardando i vertici delle interazioni.
Il bersaglio è completato da una serie di tracciatori elettronici per determinare in tempo reale il brick in cui ha interagito il neutrino e da spettrometri
di ferro magnetizzato per l’identificazione dei muoni, della loro carica e del
loro momento.
3.3.1
Il bersaglio e l’apparato di rivelazione
Il “Brick”
La scelta di utilizzare ECC è data dal fatto che queste combinano la
capacità di tracciamento ad alta precisione delle emulsioni nucleari con la
grande massa necessaria per il bersaglio data dai piani di piombo.
Per ricostruire la topologia del decadimento del τ (approfondita nel paragrafo (3.3.2)) è essenziale avere una risoluzione di tracciamento dell’ordine
del micrometro: sia per vedere il decadimento tipico in una particella carica
e uno o più neutrini, sia per vedere il vertice del decadimento in tre particelle
cariche e un neutrino. Il τ prodotto dalle interazioni dei neutrini di CNGS ha
un’energia tale da percorrere circa 0.6 mm prima di decadere e si ha un cambiamento di direzione nelle tracce di almeno 20 mrad, questo angolo viene
chiamato “kink”. In figura (3.14) è mostrato uno schema del decadimento e
delle traccie lasciate nel brick.
4
Emulsion Cloud Chamber
3.3 OPERA
65
Ogni brick è ottenuto dall’assemblaggio di 56 fogli di piombo con spessore
1 mm e 56 strati di emulsioni (ognuno dei quali è formato da due strati di
emulsioni nucleari con spessore di 40 µm depositati sulle due facce di un
foglio di plastica di 200 µm).
Le dimensioni del brick sono determinate da esigenze diverse: da un lato
è necessario che la massa del brick sia una piccola frazione della massa totale
del rivelatore, in modo che possa essere facilmete rimosso dal bersaglio quando contiene un evento da analizzare, d’altro canto, le dimensioni trasverse
del brick, in unità di lunghezze di radiazione X0 , devono essere abbastanza
grandi da permettere l’identificazione degli elettroni attraverso i loro sciami
elettromagnetici e la misura del loro momento ottenuta seguendo le tracce
di scattering multiplo in celle consecutive. Con uno spessore di 10 X0 queste
misure possono essere effettuate analizzando lo stesso brick in cui avviene
l’interazione per metà degli eventi, senza bisogno di seguire le tracce nei
bricks adiacenti.
Figura 3.14: A sinistra: rappresentazione di un’interazione a CC di un ντ che dà luogo
ad un τ nella ECC. Il leptone dopo circa 1 mm decade, nella traccia lasciata si distingue il
tipico “kink” del decadimento. A destra: foto di un brick, con peso e dimensioni specificate.
Il rivelatore interno al bersaglio e gli spettrometri
La struttura che supporta i brick deve essere sufficientemente leggera in
modo da limitare il numero di interazioni che il neutrino può avere nel materiale del bersaglio non utilizzato per rivelazione.
66
CNGS/OPERA
Figura
3.15:
Il detector di OPERA. A: rappresentazione del profilo del
bersaglio/rivelatore di OPERA. B: schema sotterraneo dei laboratori nazionali del Gran
Sasso, il rivelatore è situato in sala C in direzione del fascio CNGS. C: foto del rivelatore visto dal basso con indicazioni del layout dei due supermoduli. Un rivelatore di
anti-coincidenza posizionato davati al SM1 agisce come veto per le interazioni che avvengono nel materiale e nella roccia davanti al bersaglio. D: rappresentazione schematica del
rivelatore.
La probabilità che un neutrino dia luogo ad un’interazione a corrente
carica nella materia è molto bassa, inoltre il flusso è ridotto dalla grande distanza, per questo è importante avere un bersaglio di grande massa: OPERA
contiene 206336 bricks, posizionati in due supermoduli (SM1 e SM2), ogni
supermodulo è formato da 31 “muri” (ogni muro è formato da 64 piani di 52
bricks e da un piano con uno scintillatore) e da uno spettrometro, per una
massa totale di 1776 tonnellate.
Gli scintillatori permettono di localizzare il brick specifico in cui è avvenuta l’interazione del neutrino e di eseguire un primo tracciamento dei muoni
attraverso il bersaglio.
Per studiare il decadimento del τ nel canale muonico è necessario identificare i muoni, la loro carica e il loro momento, ogni supermodulo include
quindi uno spettrometro per i muoni [12] dopo la sezione del bersaglio (vedi
3.3 OPERA
67
figura (3.15)). Grazie alle misure effettuate con gli spettrometri, inoltre, si
sopprime il background dato dai decadimenti delle particelle charmate che
presentano la stessa topologia del decadimento del τ .
Figura 3.16: Visione laterale (a sinistra) e dall’alto (a destra) dello spettrometro di
OPERA.
Ogni spettrometro comprende un magnete dipolare composto da due piani di ferro intervallati da coppie di tubi a drift verticali (8064 tubi in totale)
come mostrato in figura (3.16). Questi ultimi sono tracciatori di precisione
(PTs, Precision Trackers) per misurare la curvatura negli spettrometri [13].
I PT sono tubi protetti da alluminio di 38 mm di diametro esterno e 8 m
di lunghezza e possono arrivare ad una risoluzione spaziale migliore di 300
µm. Delle RPC (Resistive Plate Chambers) lavorano in combinazione con i
tracciatori di precisione per permettere una ricostruzione della traccia nello
spazio senza ambiguità. Possono identificare i muoni penetranti e misuarne
carica e momento in maniera indipendente rispetto ai PT. Le RPC sono
inserite entro i due piani di ferro (1525 m2 per ogni magnete), si utilizzano per
un primo tracciamento grossolano e per misurare l’energia degli adroni che
escono dal bersaglio e il range dei muoni che si fermano nello spettrometro.
Per risolvere le ambiguità che possono nascere nella ricostruzione spaziale
delle tracce ognuno dei due piani con i tubi a drift dei PT davanti al magnete
dipolare è completato con un piano di RPC con due strisce incrociate e
inclinate a 42.6◦ chiamate XPC (vedi figura (3.16)). Le RPC e le XPC
danno un segnale temporale preciso ai PT.
Il processo di identificazione del brick con l’evento nel bersaglio e dei
68
CNGS/OPERA
muoni nello spettrometro è presentato in figura (3.17). I brick selezionati
possono essere estratti giornalmente dal bersaglio con il BMS (Brick Manipulating System, sistema di due robot utilizzato anche per inserire i brick nel
bersaglio) per lo sviluppo delle emulsioni e per le analisi: microscopi automatici possono eseguire velocemente uno scan di grandi aree nelle emulsioni,
ricostruire le tracce, ricercare gli eventi con la toplogia del decadimento del τ
e misurare la cinematica delle interazioni [14]. I momenti sono ricavati dalle
tracce di scattering multiplo nel brick, le energie degli elettroni e dei fotoni
vengono invece calcolate dallo sviluppo degli sciami elettromagnetici.
Figura 3.17: Evento nel rivelatore “ibrido” di OPERA. Simulazione di un evento da
neutrino che genera anche un muone: grazie agli scintillatori si identifica il brick specifico
in cui è presente l’evento. In seguito il brick viene estratto per le successive analisi. Dopo
la sezione del bersaglio, nello spettrometro, si ricostruiscono carica e momento del muone
con i tracciatori di precisione [16].
3.3.2
La rivelazione del τ
L’oscillazione νµ → ντ viene riconosciuta attraverso l’interazione a corrente carica del ντ nel bersaglio del rivelatore:
ντ N → τ − X.
Questo evento viene identificato dalla rivelazione del leptone τ nello stato
3.3 OPERA
69
finale e dai suoi modi di decadimento, indicati di seguito con i relativi
branching ratio5 (B.R.):
canale elettronico:
τ − → e− ντ ν¯e
B.R.∼ 17,8%,
canale muonico:
τ − → µ− ντ ν¯µ
B.R.∼ 17,7%,
canale adronico:
h)
τ − → h− ντ n(π 0 )
3h) τ − → π + π − π − ντ n(π 0 )
B.R.∼ 49,5%,
B.R.∼ 14%.
Assumendo come intensità del fascio CNGS 4.5·1019 p.o.t. all’anno e 5 anni
di run, OPERA registrerà circa 31.000 eventi di neutrino (interazioni CC
e NC) nel bersaglio. Di questi, sono attese 95 (214) interazioni CC di ντ
per i valori dei parametri di oscillazione: ∆m223 = 2 · 10−3 eV2 (3·10−3 eV2 )
e sin2 2θ23 = 1. Considerando l’efficienza complessiva di rivelazione del τ ,
l’esperimento dovrebbe registrarne 10(15) con un background minore di un
evento [11].
Se il τ prodotto dal neutrino in un foglio di piombo decade nel medesimo foglio si parla di decadimento “corto” (short decay), quando invece il
decadimento avviene in un foglio differente si parla di decadimento “lungo”
(long decay). Per i long decays il τ viene rivelato misurando l’angolo compreso fra la direzione del leptone e quella delle particelle cariche “figlie” del
decadimento (θkink ) ed imponendo 20 mrad< θkink <500 mrad. Per i short
dcays invece la ricostruzione diretta di θkink è impossibile, una frazione di
questi eventi è rivelabile misurando il parametro d’impatto (IP) delle particelle prodotte dal decadimento: si confronta la loro traccia con quelle delle
particelle prodotte nel vertice primario dell’interazione del neutrino. Le due
topologie sono mostrate in figura (3.18). Se il τ decade nel canale:
• elettronico: la struttura densa dei brick data dallo schema a celle compatte facilita il riconoscimento dell’elettrone attraverso lo sciame che
produce in celle successive,
• muonico: la presenza della traccia penetrante (e spesso isolata) del
muone permette di trovare il vertice d’interazione più facilmente (il
5
Percentuale con la quale avviene il dato canale di decadimento.
70
CNGS/OPERA
Figura 3.18: Decadimenti “Long” e “Short” del τ . A sinistra: identificazione di θkink
per il decadimento lungo. A destra: ricostruzione di IP per il decadimento corto.
fondo dato dai muoni prodotti a grandi angoli dalle interazioni CC dei
νµ è ridotto applicando dei tagli ai valori di θkink e al momento trasverso
del µ nel vertice di decadimento).
• adronico: le reinterazioni degli adroni producono un fondo che complica
lo studio di questo canale di decadimento, nonostante la sua maggiore
probabilità, uno degli adroni primari può infatti interagire nei primi
piani al piombo e, se gli altri prodotti dell’interazione non vengono
rivelati nelle emulsioni, simulare il ramo singolo carico del decadimento
del τ . Per ridurre questo disturbo vengono applicati dei forti tagli alla
ricostruzione cinematica degli eventi.
In tabella (3.1) sono mostrati il numero di eventi (dopo 5 anni di run con
angolo di mixing massimo) attesi per ogni canale di decadimento e l’efficenza
di rivelazione del τ (studiata tramite simulazioni MC e tenendo conto dei
B.R.), con i rispettivi rumori di fondo. Nei short decays il vertice d’interazione si può trovare solo in caso di interazioni profondamente inelastiche del
neutrino (DIS, deep inelastic scattering), mentre nel caso dei long decays la
direzione della traccia del τ e il θkink possono essere misurati direttamente
anche per le interazioni quasi elastiche del neutrino (QE). Per tutti i valori
si considerano 4.5 · 1019 pot/y.
L’efficienza di rivelazione del τ viene stimata valutando le efficienze relative
ai diversi passaggi della ricostruzione degli eventi:
• localizzazione del brick,
• localizzazione del vertice d’interazione,
3.3 OPERA
71
τ detection ·B.R.
Canale
N eventi attesi
Fondo
∆m2 (eV2 )
%
Short
Long
Totale
2.4 · 10−3
3 · 10−3
Fondo
DIS DIS
QE
τ →e
2.7
1.3
2.3
3.4
0.210
4.3
6.7
0.23
τ →µ
2.4
0.7
2.5
2.8
0.219
3.6
5.6
0.23
τ →h
2.8
-
2.9
0.278
3.8
5.9
0.32
1.1
1.7
0.22
3.5
τ → 3h
Totale
8.0
1.3
8.3
9.1
0.707 12.8 (19.2)19.9 (29.9)1.0 (1.5)
Tabella 3.1: Efficenza di rivelazione del τ (τ detection ·B.R.) nel caso di decadimento
corto e lungo, numero di eventi attesi per diversi valori del parametro di massa e rumore
di fondo per i diversi canali del decadimento del leptone. Per τ detection si considerano:
∆m2 = 2 · 10−3 eV 2 e massa bersaglio = 1.8 kton. I valori tra parentesi si riferiscono ad un
possibile incremento di un fattore 1.5 nel fascio CNGS. Per τ detection ·B.R. il caso τ → 3h
è in esame [43].
• rivelazione del decadimento,
• analisi cinematiche.
Le principali sorgenti per il rumore di fondo sono:
• decadimenti di particelle charmate: i mesoni charmati hanno masse e
tempi di vita simili a quelli del τ ,
• eventi di scattering di elettroni primari prodotti da interazioni CC di
νe e processi che coinvolgono π 0 nelle interazioni NC di νµ ,
• scattering di muoni a grandi angoli che assomigliano al decadimento
del τ ,
• reinterazioni degli adroni.
Capitolo 4
Commissioning del fascio CNGS
Durante il periodo di test del fascio di CNGS (commissioning) è stato
effettuato un controllo dettagliato dei diversi componenti di CNGS lungo la
linea del fascio. I risultati ottenuti sono stati confrontati con le previsioni
date dalle simulazioni di FLUKA, l’accordo e le discrepanze osservate permettono di studiare e capire meglio il comportamento del fascio di neutrini
e di migliorare i metodi MC.
4.1
Fascio ideale
FLUKA [44] è un programma che permette di eseguire diversi calcoli per
ciò che riguarda il trasporto di particelle e le loro interazioni con la materia,
in molte applicazioni (le particelle degli acceleratori, i raggi cosmici, la radioterapia e così via). Si è scelto di usare le simulazioni di FLUKA per CNGS
per via dell’ottimo accordo con i dati ottenuto in esperienze precedenti, in
particolare, come già spiegato, nell’esperienza al WANF di CHORUS e NOMAD che utilizzavano fasci di neutrini prodotti in modo simile a CNGS.
I metodi MC si avvalgono di una descrizione dettagliata della beam line e
sono stati impiegati per calcolare l’energia depositata al passaggio delle particelle nei vari componenti di CNGS (per le analisi meccaniche e termiche), i
tassi delle dosi radioattive (per la radioprotezione), la risposta dei monitors
73
74
Commissioning del fascio CNGS
del fascio (per il commissioning e la diagnostica), l’energia e la composizione
del fascio di neutrini al Gran Sasso. I parametri del fascio primario di protoni
sono l’energia, di 400 GeV, e le dimensioni del fascio: σx = σy = 0.53 mm e
σθ = 0.53 mrad. L’intensità è di 3.5·1013 protoni per spill.
Riguardo al monitoraggio del fascio, FLUKA ha studiato in particolare
il caso del TBID [45], delle camere a ionizzazione e dei rivelatori di muoni.
Per questi ultimi la descrizione delle camere a ionizzazione è completa, la
simulazione del segnale è basata sull’energia depositata nel gas “attivo” e
sull’energia media spesa nella ionizzazione di N2 . Sono stati presi in considerazione scenari diversi: con l’horn acceso o spento, con il reflector acceso
o spento e con o senza bersaglio.
TBID
Le simulazioni MC di FLUKA per il trasporto di particelle sono
state effettuate per stimare la radioattività indotta (segnale di fondo) nell’area del TBID. Questo ha permesso di stabilire il rapporto segnale/fondo e
quindi di determinare la posizione ottimale delle camere a ionizzazione (alla
sinistra ed alla destra del TBID).
Nei parametri di input delle simulazioni, oltre all’energia dei protoni sul
bersaglio e alle dimensioni del fascio, la geometria dei fogli ad emissione secondaria in titanio è stata riprodotta come un cilindro compatto di 7.25 cm
di raggio e 144 µm di spessore (corrispondente a 12 fogli). Questo cilindro è
stato suddiviso in diverse regioni: due mezzi dischi sono stati usati per controllare l’asimmetria orizzontale delle particelle secondarie, per la posizione
nominale del fascio (∆x=0 mm) e per diversi spostamenti orizzontali (∆x=1,
2, 3, 5, 7 e 10 mm). Il flusso delle particelle nel mezzo disco di sinistra e
in quello di destra sono state confrontate muovendo il punto di iniezione del
fascio verso il lato positivo.
I valori relativi al flusso delle particelle cariche sono mostrati in tabella (4.3),
si può notare un’asimmetria solo in caso di spostamenti maggiori di 2 mm
dalla posizione di riferimento. In questo caso metà del fascio di protoni
colpisce i cilindri del bersaglio con raggio di 2 mm (11 cilindri), mentre tutto
il fascio colpisce gli ultimi due cilindri di raggio di 2.5 mm (figura (4.1 a)).
4.1 Fascio ideale
75
Figura 4.1: a) In alto: schema di FLUKA per il trasporto delle particelle dalla regione
del bersaglio al TBID. In basso: sezione trasversale del bersaglio che include i supporti in
grafite dei cilindri come descritto nel codice di FLUKA ed esempio di uno spostamento
orizzontale del fascio che colpisce il bersaglio rispetto alla posizione nominale. b) Schema
del disco del TBID utilizzato per stimare l’alone del fascio secondario.
∆x
TBID
positivo
TBID
negativo
0 mm
1 mm
2 mm
3 mm
5 mm
7 mm
10 mm
9.3·10−2
8.8·10−2
5.8·10−2
2.4·10−2
1.7·10−2
6.1·10−2
12.5·10−2
9.3·10−2
8.7·10−2
5.3·10−2
1.4·10−2
5.0·10−3
4.9·10−2
11.0·10−2
Figura 4.3: Flusso delle particelle cariche
Figura 4.2: Flusso (part/cm2 /p.o.t.) delle nei fogli di destra e di sinistra del TBID
particelle cariche nella metà sinistra del disco normalizzato ad un protone per diversi
spostamenti del fascio calcolato con FLUKA.
del TBID calcolato con FLUKA.
In figura (4.2) è mostrato il flusso di particelle simulato da FLUKA, si nota
che quando il fascio manca il bersaglio (∆x>3 mm) viene colpito direttamente il monitor provocando un picco a 400 GeV. Si può osservare un picco
in energia, anche se più debole, quando il fascio sfiora il bersaglio (∆x=2
mm) oppure la superfice inferiore del collimatore.
La molteplicità è stata stimata contando il numero delle particelle secondarie per protone del fascio primario che attraversano la superfice della
76
Commissioning del fascio CNGS
finestra in titanio prima del TBID (poichè questo è il primo oggetto che il
fascio secondario prodotto incontra dopo il bersaglio). I risultati ottenuti per
diversi spostamenti orizzontali e per diverse categorie di particelle sono riassunti in tabella (4.1): il numero atteso di particelle cariche è 20.6 per protone
quando il fascio è allineato, con un’energia media di 1 MeV, corrispondente al
27% delle particelle totali. Questa percentuale cresce quando il fascio viene
spostato orizzontalmente per via dei protoni del fascio primario che non hanno interagito. Quando si ha uno spostamento di 3 o 4 mm il bersaglio è
totalmente fuori dalla traiettoria, ma si possono comunque rivelare delle particelle cariche, ciò è dovuto alla presenza dei supporti in grafite per i cilindri
del bersaglio che generano quindi un fascio secondario. L’energia media degli
adroni carichi è maggiore di 1 GeV.
Spostamento laterale
0 mm 1 mm 2 mm 3 mm 4 mm
Tutte le particelle
75.8
42.5
26.2
7.6
4.1
Particelle cariche
20.6
19.6
12.3
4.0
2.5
Elettroni
12.6
11.8
7.0
1.6
0.5
Adroni carichi
7.9
7.7
5.3
2.4
1.9
Tabella 4.1: Molteplicità (Numero di particelle/protone primario che colpiscono il
TBID), in varie condizioni di iniezione, stimata da FLUKA.
Il TBID contiene un disco con un foro centrale per misurare l’alone del
fascio secondario, sono state utilizzate le simulazioni per ottimizzare il diametro (2R) del foro. È stato calcolato il numero di particelle cariche che
attraversano l’anello di raggio 7.25-R cm e rapportato al numero di particelle cariche nel disco di raggio 7.25 cm (vedi figura (4.1)). Nel caso di giusto
allineamento questo rapporto corrisponde al 90% quando il foro ha un raggio
di 0.9 cm, la soluzione migliore è risultata R=1 cm. Si è visto inoltre che per
R=3.4 cm vengono rivelate il 50% delle particelle e che muovendo il fascio
lateralmente di ∆x il rapporto crolla per R=∆x.
4.1 Fascio ideale
Rivelatori di muoni
77
Lo studio dei rivelatori per muoni di FLUKA in-
clude anche la descrizione geometrica della regione dell’hadron stop, in figura
(4.4) è rappresentato lo schema usato,il tubo di decadimento è separato da
un metro e mezzo d’aria dai blocchi di grafite e ferro. Subito dopo il muro
di cemento che chiude la camera dell’hadron stop, ad una distanza di 5 m, si
trova il primo monitor di muoni.
Nelle simulazioni le energie di taglio considerate sono di 1 MeV per i muoni,
di 2 GeV per gli adroni carichi e l’energia termica per i neutroni. I neutroni
che sono prodotti dalle interazioni adroniche e dai decadimenti che avvengono
nei primi metri dell’hadron stop vengono attenuati dall’assorbitore stesso. I
neutroni vengono anche prodotti lungo tutto l’assorbitore dalle interazioni
fotonucleari dei muoni [46].
Il flusso di neutroni calcolato alla fine dell’hadron stop risulta soppresso, fino
ad un fattore 60 nella regione centrale (|x, y| < 150 cm), rispetto al flusso dei
muoni, come si vede in figura (4.4 b) nel caso standard “air ”. Si può notare
anche che cresce con la distanza dal centro, per via dello spazio libero attorno
all’assorbitore di ferro, e diventa dominante nella parte laterale e verticale a
distanza maggiore di 250 cm. Tuttavia, si vede che questi neutroni a bassa
energia sono fortemente assorbiti nell’ultimo muro (30 cm di cemento), che
separa l’hadron stop dal Pit1.
Nella posizione del rivelatore a muoni il flusso dei neutroni appare minore
di un fattore 100 rispetto a quello dei muoni (vedi figura (4.4) c). In figura
(4.4 d) si nota che il flusso dei muoni nella parte centrale del pit è 2000 volte
maggiore di quello dei neutroni.
Al primo rivelatore l’energia media dei muoni calcolata è di 14.9 GeV (25
MeV per i neutroni).
Da questo studi è risultato che il flusso di neutroni è trascurabile rispetto a
quello dei muoni entro una distanza laterale e verticale dal centro dl fascio
di circa 200 cm e che il muro in cemento che chiude l’area dell’hadron stop è
fondamentale per sopprimere questo fondo.
In figura (4.5 a) è mostrato il modello di FLUKA per le camere utilizzate
78
Commissioning del fascio CNGS
Figura 4.4: a) Schema della regione dell’hadron stop utilizzata in FLUKA: vista laterale
z-y. Dopo il tubo di decadimento, il blocco di materiale dell’hadron stop è posizionato
sopra una piattaforma di cemento. Il materiale è costituito da ferro con il 5% di carbonio,
per una densità di 7.2 g/cm3 . la lunghezza totale è di 17.4 m, nei primi 3.2 m è incluso un
blocco di grafite di dimensioni 2.4 × 2.8 m e di densità 1.75 g/cm3 . Alla fine della camera
c’è un muro di cemento di spessore 30 cm e di densità 2.1 g/cm3 . b) Flusso dei muoni
e dei neutroni alla fine dlla camera dell’assorbitore, nel piano orizzontale (x) e verticale
(y), calcolato per la configurazione standard ad aria (air) e per il caso in cui lo spazio fra
il ferro e la camera sia riempito di cemento. Il flusso di neutroni è moltiplicato per 10.
c) Spettro delle particelle nel pit1, il caso standard (linea continua) è comparato al caso
“cemento” (concrete, linea tratteggiata). d) Flusso dei muoni e dei neutroni all’entrata del
primo rivelatore come in b), ma il flusso dei neutroni è moltiplicato per 100 [46].
4.1 Fascio ideale
79
nei due Pit e le loro posizioni nel supporto a forma di croce, che ha lunghezza
laterale e verticale dal centro di 150 cm.
È stato simulato il flusso di muoni nel Pit1 e nel Pit2 in varie condizioni:
nei casi senza il target, con uno o entrambi i magneti spenti e nei casi di
disallineamento laterale, verticale o angolare del fascio. Valutare la risposta
dei rivelatori in queste situazioni serve per capire la loro sensibilità alle possibili variazioni rispetto al fascio nominale. In seguito ai test effettuati su
questi casi in presenza del fascio, è stato possibile fare un confronto fra dati
e simulazioni. Alcuni esempi dei grafici ottenuti da FLUKA sono riportati
in figura (4.5).
80
Commissioning del fascio CNGS
Figura 4.5: a) schematizzazione di FLUKA dei rivelatori di muoni e delle camere BLM
utilizzate. b) profilo orizzontale ottenuto dalle simulazioni per il pit1 e per il pit2 nei casi
senza bersaglio, con il bersaglio ma senza campo magnetico nel sistema di focheggiamento
e per il primo rivelatore anche per il caso con diseallineamento di 1 mm, confrontato con
il profilo simulato nel caso di fascio standard. Più in dettaglio, profili orizzontali simulati
per il flusso di muoni (linee continue) e per la risposta del rivelatore (stelle) in diversi casi,
normalizzati a 1 nel rivelatore centrale per fascio nominale: c) caso di disallineamento
angolare del fascio di 0.5 o 1 mrad confrontato con il profilo per il fascio allineato. d)
caso di variazione del sistema di focheggiamento. Pit1: confronto fra profilo standard e
profili in assenza del reflector e con plarità invertita. Pit2: confronto fra profilo standard
e profili in assenza di campo magnetico, in assenza di horn, con polarità invertita e con
disallineamento dell’horn. e) caso senza bersaglio, profili in assenza di bersaglio ed anche
con disallineamento angolare. f) caso di spostamento laterale del fascio, profilo standard
confrontato con i casi di disallineamento di 1, 2, 3 e 5 mm [37][47][41][44].
4.2 Fascio reale
81
Il flusso di muoni nei due rivelatori è stato simulato anche per i profili verticali.
Nei MC è stato considerato un flusso di muoni uniforme attraverso la superficie del rivelatore e parallelo all’asse del rivelatore. Le cariche raccolte
(coppie elettrone-ione) sono state calcolate assumendo come energia media
per generare una coppia e− -ione 36.6 eV e sono funzione dell’energia e della
posizione del muone. È stata calcolata l’energia depositata per flusso unitario
di muoni da dE/dx e dai raggi δ nel volume attivo: il gas esterno al diametro
dell’elettrodo è assunto inattivo.
4.2
Fascio reale
Nel corso di tre settimane in
luglio ed agosto 2006 (settimane “28, 30 e 33”) la linea del fascio primario (dall’estrazione all’SPS fino al
bersaglio) e quella del fascio
secondario (dal bersaglio ai
rivelatori di muoni) sono state
“inaugurate” testando tutto
l’equipaggiamento per il controllo del fascio. In seguito,
il 18 agosto CNGS ha cominciato a produrre di continuo il
fascio di neutrini per l’esperimento al Gran Sasso (Physics
Operation 1 e 2). In tabella
(4.2) sono riassunti i periodi
di commissioning e di fascio
per il Gran Sasso, le intensità
Figura 4.6:
Intensità di estrazione per il
commissioning di CNGS e per OPERA [48].
di estrazione sono mostrate in
figura (4.6).
L’intensità massima raggiunta nel 2006 per i protoni è stata di 3.5·1013 /ciclo
82
Commissioning del fascio CNGS
Data (2006) Estrazioni
Protoni
Commissioning W28
10-14/07
300
1.3·1014
Commissioning W30
31/07-4/08
500
2.4·1014
Commissioning W33
14-18/08
1300
6.5·1015
Physics Operation I
18-30/08
53000
7.8·1017
Test a bassa intensità
12-13/10
2500
9.5·1015
Physics Operation II
26-27/10
8300
5.8·1016
Tabella 4.2: Date, numero di estrazioni e numero di protoni relativi alle tre settimane
di commissioning di CNGS e di fascio al Gran Sasso [48].
Figura 4.7: a) profili del primo fascio che ha colpito il bersaglio di CNGS misurati
con gli schermi ottici di radiazione di transizione. b) Traiettoria orizzontale (in alto) e
verticale (in basso) lungo la beam line del fascio primario. Ogni barra corrisponde ad una
misura di un monitor BPM [48].
a 400 GeV. Il primo fascio di protoni per CNGS si è avuto l’11 luglio. Durante il commissioning della linea del fascio primario il profilo del fascio è
4.2 Fascio reale
83
stato studiato con degli schermi ottici a transizione di radiazione. Otto monitors lungo gli 800 metri del fascio primario fornivano un’immagine diretta
del fascio di protoni che attraversava gli schermi, dei BPMs (Beam Position
Monitors) hanno permesso di misurare la posizione del fascio molto accuratamente (vedi figura (4.7)). Le dimensioni del fascio misurate lungo la beam
line sono risultate molto vicine ai valori attesi dalle simulazioni, al bersaglio
le dimensioni erano di 0.5mm, come atteso. La stabilità della posizione del
fascio sul bersaglio è stata mediata nel corso di molti giorni trovando come
risultato circa 50µm, valore nettamente migliore di quanto atteso.
4.2.1
Commissioning
Nelle due prime settimane di commissioning sono stati estratti sul bersaglio
di CNGS 3.7·1014 protoni, l’intensità è stata mantenuta bassa per non irragiare il materiale e perchè non c’era necessità di avere neutrini ai LNGS.
La prima settimana la maggioranza dei sistemi di CNGS è stata testata con
successo in quanto il fascio è stato disponibile quasi sempre, nella seconda
settimana invece il fascio è stato disponibile solo per due giorni. La terza settimana di commissioning si è conclusa con il primo fascio di neutrini inviato
al Gran Sasso. I test che sono stati effettuati sono elencati di seguito:
• Disallineamento del fascio rispetto al collimatore, al bersaglio e all’horn.
Sono stati effettuati degli scan orizzontali e verticali con e senza il bersaglio e
sucessivamente spostandolo, considerando i valori della camera a ionizzazione
al collimatore e del TBID rispetto alle posizioni misurate con il BPM2 (vedi
figura (4.8)). Nel piano orizzontale si è visto che il collimatore è inclinato di
2 mm, inoltre, il collimatore, il bersaglio e l’horn sono spostati di 1.7 mm
rispetto alla posizione nominale del fascio. Nel piano verticale il collimatore
e il bersaglio sono allineati rispetto alla direzione del fascio, mentre l’horn è
spostato di 2 mm. Si è quindi deciso di allineare il fascio nel piano orizzontale
spostandolo di 1.7 mm, nel piano verticale vengono invece spostati verso l’alto
il bersaglio ed il fascio di 2 mm, in modo da allinearli con l’horn, mentre il
collimatore non viene mosso.
84
Commissioning del fascio CNGS
Figura 4.8: a) schema della regione del bersaglio con il BPM2, le camere a ionizzazione
e il TBID. b) grafici ottenuti nei piani orizzontale e verticale per i segnali della camera a
ionizzazione in corrispondenza del collimatore e del TBID rispetto alle posizioni misurate
con il BPM2. c) profilo orizzontale e verticale ottenuto nel Pit1 per uno spostamento
orizzontale di 1.7 mm e vertcale di 2mm.
La risposta del primo rivelatore di muoni a questi spostamenti è mostrata
rispettivamente nel profilo orizzontale ed in quello verticale di figura (4.8 c),
si nota che rispetto ai profili relativi alle posizioni originali le curve risultano
4.2 Fascio reale
85
più simmetriche.
• Il timing degli impulsi di corrente per i magneti.
In figura (4.9) è mostrato il grafico ottenuto dalle misure della camera centrale
del rivelatore di muoni rispetto al tempo nei vari casi con i magneti accesi e
spenti.
Per ottenere il valore massimo nei rivelatori dei muoni gli impulsi di corrente
sono stati ritardati di 1 ms.
Di seguito sono riportati i dati dei rivelatori di muoni in vari casi. L’accordo con le simulazioni è buono, i vaFigura 4.9: Confronto fra i valori del
monitor centrale dei rivelatori a muoni
ed il tempo degli impulsi di corrente dei
magneti
lori attesi risultano sistematicamente
minori.
• Bersaglio assente, il fascio di protoni viene mandato direttamente contro l’hadron stop
I valori ottenuti nel primo rivelatore di muoni sono stati confrontati con
i valori delle simulazioni per questa situazione. È stata testata inoltre la
risposta del Pit1 eseguendo in aggiunta spostamenti angolari orizzontali e
verticali. I grafici ottenuti sono mostrati in figura (4.10). I muoni osservati
derivano sostanzialmente dalle reazioni indotte dai protoni nell’hadron stop.
Si nota che il segnale del rivelatore di muoni è estremamente sensibile ai vari
spostamenti angolari. Riguardo alle misure ottenute occorre tener conto che
in questo caso l’intensità era relativamente bassa, per il Pit2 non c’è stata
sufficiente statistica.
• Bersaglio presente, magneti accesi
In questo caso l’intensità è stata circa di 1012 protoni, i grafici ottenuti per i
profili orizzontali e verticali dei due rivelatori sono riportati in figura (4.11),
il Pit1 mostra un accordo con i valori attesi migliore rispetto al Pit2.
• Sensibilità dei rivelatori di muoni a diversi allineamenti tra il fascio, il
bersaglio e l’horn
Il comportamento atteso da FLUKA per i due Pit è mostrato in figura (4.12),
il Pit1 è più sensibile all’allineamento fra il bersaglio e l’horn, mentre il Pit2
86
Commissioning del fascio CNGS
Figura 4.10: a) Confronto fra dati e simulazioni per il caso con i magneti spenti e senza
il bersaglio. In viola i valori della simulazione normalizzata alla misura del rivelatore
centrale del Pit1. b) Profili orizzontali e verticali del Pit1 in vari casi di disallineamento
angolare.
Figura 4.11: Confronto dei profili ottenuti nei due Pit fra dati e simulazioni con magneti
accesi e bersaglio presente.
4.2 Fascio reale
87
risulta più sensibile all’allineamento fra il fascio ed il bersaglio. I dati ottenuti durante il commissioning hanno confermato le simulazioni. In tabella
(4.3) sono riassunte le corrispondenze fra il disallineamento prodotto e lo
spostamento misurato nella posizione dei due rivelatori. In seguito a queste
misure è stato scelto l’allineamento definitivo (vedi figura (4.13)): lo spostamento verso sinistra è di 1.9 mm, quello verso l’alto è di 1.4 mm rispetto al
sistema di riferimento del fascio, equivalente a 2 mm rispetto al sistema di
riferimento del bersaglio.
Disallineamento fra bersaglio e horn −→ Spostamento al Pit1
3 mm → 10.1 cm
6 mm → 19.1 cm
9 mm → 24.3 cm
Disallineamento fra fascio e bersaglio −→ Spostamento al Pit2
0.5 mm → 7.3 cm
1.0 mm → 14.8 cm
Tabella 4.3: Spostamenti prodotti nei profili ai rivelatori di muoni dai diseallineamenti
fra il fascio, il bersaglio e l’horn.
Figura 4.12: In alto a sinistra: simulazioni di FLUKA per i due Pit in caso di disallineamento tra bersaglio e horn. In basso a sinistra: relativi profili ottenuti in commissioning
per il Pit1. A destra: come a sinistra ma per il caso di disallineamento tra fascio e bersaglio
[41].
88
Commissioning del fascio CNGS
Figura 4.13: Allineamento finale (orizzontale e verticale) scelto per i componenti di
CNGS.
• Polarità negativa nei magneti.
Invertendo la polarità nei magneti vengono selezionati in energia e direzione
i secondari negativi, sono stati quindi confrontati i profili ottenuti nei due
rivelatori di muoni nei casi “µ+ ” e “µ− ”, che equivale ad un confronto tra
il fascio di neutrini e quello di antineutrini. Le simulazioni predicono valori
minori per il caso degli antineutrini ma profili comunque simmetrici rispetto
ai rivelatori centrali dei due Pit, mentre le misure hanno evidenziato uno
spostamento verso destra (di circa 20 cm) e verso il basso solo per il fascio
di antineutrini nel primo rivelatore, come si vede in figura (4.14).
Figura 4.14: Confronto dei profili per il caso con polarità nominale e negativa dei
magneti nei due Pit. Si stanno indagando le possibili cause dello spostamento del profilo
a polarità negativa.
4.2 Fascio reale
4.2.2
89
Physics Operations
Il fascio di neutrini è stato inviato ai LNGS dal 18 al 30 agosto e per due
giorni dal 26 al 27 ottobre. Nel corso del primo run l’intensità è stata di
7.8·1017 p.o.t. e si è avuto 1 ciclo CNGS ogni 16.8 s. Il secondo run in realtà
avrebbe dovuto durare dal 26 ottobre fino al 7 novembre, con 3 cicli CNGS in
33 s, tuttavia le operazioni sono state sospese a causa di una perdita d’acqua
nel sistema di raffreddamento del reflector che si è manifestata mentre si
stavano impostando per tutti e tre i cicli estrazioni ad alta intensità (due cicli
avvenivano a bassa intensità ed uno ad alta intensità). Nei due giorni di run si
sono raggiunti 5.8·1016 p.o.t. In seguito alle tre settimane di commissioning
ed ai due periodi di fascio per OPERA si è visto che il fascio è sempre
stato ben centrato entro la beam line ed anche rispetto all’allineamento fra
il bersaglio e l’horn, e che i rivelatori a muoni sono estremamente sensibili
ad ogni variazione nel fascio, così da poter essere utilizzati per un’analisi “on
line” della qualità del fascio di neutrini. Un esempio è mostrato in figura
(4.15): un display mostra in tempo reale i profili dei due Pit, per via dei 67
m di roccia che separano i due rivelatori solo i muoni con energia superiore a
20 GeV (50 GeV) raggiungono il primo (secondo) rivelatore. Come si nota, le
due estrazioni, in colori diversi, non mostarno praticamente differenze, indice
della stabilità del fascio di protoni sul bersaglio e dei componenti della linea
del fascio secondario.
Run 1
In seguito al run di agosto sono state effettuate diverse analisi sul comportamento dei componenti di CNGS, che hanno permesso di individuare
alcuni problemi. Gli studi condotti sono elencati di seguito.
• Saturazione delle camere a ionizzazione del primo rivelatore di muoni.
Il segnale letto dalle camere dei due Pit è stato normalizzato al valore dei
protoni sul bersaglio, in questo modo, studiandone l’andamento in funzione
dell’intensità, dovrebbe apparire costante. In realtà confrontando i grafici
dell’intensità totale e del rivelatore centrale del Pit1 in funzione del tempo
90
Commissioning del fascio CNGS
Figura 4.15: Display on line dei profili orizzontali e verticali dei due rivelatori di muoni.
(relativo a tutto il periodo di run) si nota chiaramente un effetto di anticorrelazione. Il segnale dei muoni cala nel tempo invece di rimanere costante,
mentre l’intensità cresce, come si può vedere in figura (4.16 a). Il modo giusto per studiare questo effetto è quello di valutare l’andamento del segnale
dei muoni direttamente in funzione dell’intensità, così facendo si nota che
decresce circa del 10% passando da circa 0.4·1013 p.o.t. a 1.7·1013 p.o.t. (vedi figura (4.16 b)). Sembra quindi che la camera a muoni venga saturata.
Per il secondo rivelatore questo effetto di saturazione invece non è presente.
Oltre che per la camera al centro del rivelatore lo stesso effetto è stato visto
anche per le altre camere, sia quelle orizzontali che verticali, tranne che per
le due camere più esterne, poichè a queste arriva un numero di muoni molto
minore.
Come si nota dal grafico in figura (4.17) le camere del Pit1 cominciano
a mostrare effetti di saturazione quando il numero delle cariche accumulate
è dell’ordine di 1012 . Poichè ci si propone di arrivare ad intensità anche
maggiori di 2.4·1013 p.o.t. nei run futuri, verrà cambiato il voltaggio delle
camere per investigare su questo effetto di saturazione, è inoltre necessaria
una calibrazione assoluta delle camere.
4.2 Fascio reale
91
Figura 4.16: a) intensità totale e misure della camera centrale del Pit1 in funzione del
tempo. b) effetto di saturazione del Pit1, il segnale (cariche normalizzate ai protoni sul
bersaglio) invece di rimanere costante cala del 10% al crescere dell’intensità totale.
92
Commissioning del fascio CNGS
Figura 4.17: In alto: andamento del segnale dei due Pit in funzione dell’intensità per
estrazione, solo il primo rivelatore mostra l’effetto di saturazione. In basso: il segnale di
diverse camere dei due rivelatori normalizzato al rivelatore centrale.
• Variazioni nelle correnti dei magneti, cambiamento di polarità
Per tutto il periodo del run la corrente dei magneti è rimasta molto stabile,
con variazioni al di sotto del 1% sia per l’horn che per il reflector (vedi figura
(4.18 a)). In figura (4.18 b) sono mostrati i profili orizzontali ottenuti nel
Pit1 per diverse configurazioni dei magneti e per il caso con polarità negativa. FLUKA ha eseguito diverse simulazioni per investigare il problema dello
spostamento del fascio di antineutrini rispetto al rivelatore centrale, in modo da stimare quali spostamenti dell’horn e del reflector sarebbero necessari
4.2 Fascio reale
93
per produrre lo spostamento di 10-20 cm registrato nel Pit1. Le simulazioni
mostrano che bisognerebbe spostare l’horn di circa 4 mm ed il reflector di
circa 1 cm (parallelamente) per avere un effetto di circa 10 cm a livello del
primo rivelatore, i profili dei muoni cambierebbero sia per polarità nominale
che per polarità negativa, mentre i dati mostrano una differenza fra questi
due casi. I grafici di FLUKA sono mostrati in figura (4.18 c), verranno effettuate altre simulazioni per cercare di spiegare le misure ottenute, poichè la
geometria cilindrica dei magneti dovrebbe rendere entrambi i profili muonici
(cioè per le due polarità) simmetrici rispetto al rivelatore centrale del Pit,
invece le misure sembrano indicare un campo magnetico non toroidale.
94
Commissioning del fascio CNGS
Figura 4.18: a) Variazioni delle correnti dell’horn e del reflector nel tempo (tempo
unix). b) Risposta del Pit1 a diverse condizioni dei magneti, si nota che il profilo del
caso a polarità negativa non è simmetrico rispetto allo zero. c) simulazioni FLUKA per
studiare gli spostamenti dei profili nei due Pit corrispondenti a spostamenti dei magneti
sia per polarità positiva che negativa.
• Decrescita della molteplicità misurata dal TBID
Come si nota dal grafico in
figura (4.19) la molteplicità
misurata dal TBID è calata di un fattore 2 nel primo giorno di run. Si è visto che in presenza del fascio
le camere a ionizzazione nei
pressi del TBID hanno invece continuato a rimanere
praticamente costanti, mentre il vuoto cresceva (diventando cioè “peggiore”), come
Figura 4.19:
Andamento della molteplicità si vede in figura (4.20).
misurata dal TBID durante il primo run.
4.2 Fascio reale
95
Il problema della molteplicità è legato sia all’andamento del vuoto all’interno
del TBID, sia al gas dei fogli di titanio. È stata quindi effettuata un’analisi
dettagliata del vuoto e della strumentazione del fascio, ed una calibrazione
assoluta del TBID in assenza del bersaglio.
Figura 4.20: Confronto fra l’andamento dei valori misurati per le camere a ionizzazione
vicino al TBID, per il vuoto e per la molteplicità del TBID nel corso del primo run.
• Variazioni della posizione d’impatto del fascio sul bersaglio.
Controllando la posizione del fascio di protoni subito prima del bersaglio e
all’impatto con il bersaglio si è visto che nel corso di circa 3 giorni lo spostamento verticale ed orizzontale è di 0.1 mm, per entrambe le estrazioni. La
posizione orizzontale registrata dal BPM subito prima del bersaglio è circa
0.5 mm mentre quella verticale intorno a 0 mm. La correlazione tra la posizione orizzontale e verticale, per gli ultimi due monitor prima del bersaglio è
mostrata in figura (4.21), i problemi di spostamento vengono continuamente
corretti da operatori non essendo possibile farlo automaticamente.
• Confronto tra l’intensità di estrazione e l’intensità al bersaglio
La proporzionalità fra l’intensità di estrazione e l’intensità misurata subito
prima del bersaglio (in p.o.t.) durante il periodo di fascio verso i LNGS
è mostrata in figura (4.22). I dati che non si trovano sulla bisettrice sono
dovuti al fatto che all’inizio del run la calibrazione delle soglie dei rivelatori
non era ancora stata impostata correttamente.
96
Commissioning del fascio CNGS
Figura 4.21: Posizioni orizzontali e verticali misurate dagli ultimi due BPM prima del
bersaglio per entrambe le estrazioni.
Figura 4.22: A sinistra: intensità al bersaglio in funzione dell’intensità di estrazione
per la prima estrazione. A destra: come a sinistra, per la seconda estrazione.
4.2 Fascio reale
97
• Baricentro dei profili dei muoni.
Poichè controllare il profilo dei muoni è il modo migliore per controllare
il fascio di neutrini, è stato calcolato il baricentro dei profili orizzontali e
verticali dei due rivelatori di muoni per la prima estrazione: il valore che si
ottiene, in cm, permette di avere velocemente un’idea qualitativa del fascio,
la posizione del baricentro dà indicazione della centratura del fascio.
La formula utilizzata è:
X
qi x i
X
,
qi
dove qi (cariche/p.o.t.) è il valore misurato ad ogni estrazione i dalla camera
in posizione xi (cm) del rivelatore di muoni. Non è stato possibile utilizzare la
camera in posizione -67.5 cm sull’orizzontale del secondo rivelatore di muoni,
per calcolare il baricentro è stata allora esclusa la camera simmetrica sulla
destra. In tabella (4.4) sono riportate le medie ottenute, in figura (4.23) gli
andamenti nel tempo dei baricentri.
PIT1
PIT2
Baricentro orizzontale (cm)
0.09137
0.1091
Baricentro verticale (cm)
0.51650
1.253
Tabella 4.4: Valori medi del baricentro orizzontale e verticale del fascio di muoni per i
due Pit.
La posizione del baricentro dei muoni, così come i profili che che si ottengono
dai due Pit, è una delle “variabili” di CNGS da considerare per valutare la
qualità del fascio, per questo, in seguito al primo run, è stata introdotta
nel database ed utilizzata nell’algoritmo che calcola la status word del fascio,
come verrà illustrato nel prossimo capitolo.
• Perdita del 1% dei dati nel database di LHC.
Per il primo run sono stati estratti in totale 52276 spills dal database che
contiene le variabili di CNGS (come quelle di LHC). Di questi sono stati
considerati quelli con intensità di estrazione non nulla ed in corrispondenza
98
Commissioning del fascio CNGS
Figura 4.23: Andamento del baricentro orizzontale e verticale del fascio di muoni per
i due Pit durante il primo run.
sono stati trovati degli spills senza segnale nei due rivelatori di muoni. Sono
stati trovati cioè 206 spills con entrambi i Pit nulli, dunque completamente
correlati, su 26728 spills con intensità diversa da zero. In sintesi, nel 1% dei
casi in cui i protoni hanno colpito il bersaglio non ci sono valori corrispondenti
ai rivelatori di muoni. Le ipotesi fatte sulle possibili cause sono:
- horn spento,
l’ipotesi non sembra plausibile poichè controllando il TBID (posto subito
prima dell’horn), si nota una forte correlazione con i Pit, in 184 spills sui 206
senza muoni anche il TBID è nullo, cioè nel 90% dei casi senza muoni sia il
BSI1 che il BSI2 risultano nulli.
- Il fascio non ha colpito il bersaglio,
anche in questo caso non sembra la spiegazione giusta: per 143 eventi, sui
184 eventi con TBID nullo, l’intensità di estrazione e quella al bersaglio non
4.2 Fascio reale
99
sono risultate nulle, nella maggioranza dei casi sembra quindi che il fascio
abbia colpito il bersaglio.
- Il database ha “perso” i dati relativi alle camere dei muoni ed al TBID.
Questo problema è stato poi riscontrato in generale nelle macchine del CERN
collegate al database di LHC, il gruppo del CERN addetto al database ha
cominciato a studiare il problema da agosto per poterlo risolvere entro il secondo periodo di fascio per OPERA.
Gli eventi di neutrino registrati da OPERA devono trovare corrispondenza
con le estrazioni al CERN per poter affermare che il neutrino rivelato appartiene al fascio CNGS, per questo è di fondamentale importanza che non
vengano persi dati nel database. Guardando la direzione di provenienza dei
muoni ricostruiti da OPERA sono stati selezionati quelli provenienti dal fascio (vedi in seguito pg 110), confrontandoli con gli spills del CERN si sono
trovati in totale circa 10% dati mancanti.
• Correlazioni.
Sono stati confrontati i grafici ottenuti in queste analisi per cercare delle
possibili correlazioni, fra i vari elementi di CNGS e le diverse variabili, che
aiutino a capire ed a risolvere i problemi emersi.
In figura (4.24) sono messe a confronto le posizioni del baricentro verticale
dei due rivelatori di muoni con la posizione verticale del fascio al bersaglio
ed anche con le variazioni (sebbene inferiori all’1%) della corrente nei magneti. Come già detto, il Pit2 risulta più sensibile all’allineamento tra il fascio
ed il bersaglio, questa correlazione è infatti perfettamente visibile nei grafici
del baricentro del Pit2 e delle posizioni al bersaglio, le due variabili hanno
lo stesso andamento nel tempo. Le medie dei baricentri durante il primo
run sono già state riportate, la posizione verticale del fascio al bersaglio ha
media di 0.02917 mm. Anche il baricentro del Pit1 sembra seguire l’andamento della posizione del fascio al bersaglio, sebbene la correlazione appaia
meno evidente. In aggiunta pare essere in anticorrelazione con l’andamento
della corrente del reflector (gli andamenti delle correnti sono simili per i due
magneti).
Commissioning del fascio CNGS
100
Figura 4.24: Grafici delle variabili studiate a confronto: posizione verticale del baricentro dei due Pit (cm), posizione verticale del
fascio al bersaglio (mm) e corrente dei magneti (A) in funzione del tempo (tempo unix) durante il primo run
del fascio al bersaglio (mm) e corrente dei magneti (A) in funzione del tempo (tempo unix) durante il primo run
Figura 4.25: Grafici delle variabili studiate a confronto: posizione orizzontale del baricentro dei due Pit (cm), posizione orizzontale
4.2 Fascio reale
101
102
Commissioning del fascio CNGS
In figura (4.25) sono invece messe a confronto le stesse variabili ma nel caso
orizzontale. La media della posizione orizzontale al bersaglio è di 0.4266
mm. In questo caso le correlazioni appaiono meno evidenti e resta da capire
quando in effetti si possa parlare di correlazione e quando di anticorrelazione.
Run 2
La struttura a tre cicli ogni 33 secondi del fascio di CNGS al CERN è
mostrata in figura (4.26). Le intensità di estrazione del 26 e 27 ottobre sono
mostrate in figura (4.6).
Sono state riesaminate le stesse variabili del primo run con i dati presi nelle
due giornate di ottobre, sebbene i protoni totali avuti nel secondo run siano
inferiori è comunque possibile guardare
se le variabili in esame mostrano gli
stessi andamenti o se alcuni problemi
siano stati risolti. I grafici ottenuti sono
Figura 4.26: Schermo che riproduce
in tempo reale la struttura a 3 cicli
(ognuno con 2 estrazioni) di CNGS.
elencati brevemente di seguito.
• Saturazione delle camere del primo rivelatore di muoni.
In figura (4.27 a) sono mostrati i valori misurati dalla camera centrale del
Pit1 in funzione del tempo e dell’intensità totale di estrazione. Di nuovo,
come per il primo run, il rivelatore centrale del Pit2 misura solo due valori
costanti nel tempo (0,011 e 0,012), indipendentemente dall’intensità (vedi
figura (4.27 b)), come effetto della quantizzazione delle cariche dell’ADC: un
bit corrisponde alla differenza fra i due valori di cariche/p.o.t. misurati.
Passando da circa 3·1012 p.o.t. a 1.1·1013 p.o.t. l’effetto che si nota nel primo
Pit è del 4,6%.
• Variazioni delle correnti dei magneti.
In figura (4.28) sono mostrati gli andamenti delle correnti dell’horn e del
reflector durante i due giorni di fascio per OPERA. Nel caso dell’horn le
4.2 Fascio reale
103
Figura 4.27: a) Andamento in funzione del tempo (in alto) e dell’intensità totale (in
basso) delle cariche/p.o.t. misurate dal rivelatore centrale del Pit1. b) Valori misurati dal
rivelatore centrale del Pit2, a sinistra, per il secondo run in funzione del tempo, a destra,
istogramma relativo al primo run.
variazioni sono inferiori allo 0,2% per ogni ciclo, nel caso del reflector sono
inferiori allo 0,3%.
• Molteplicità misurata dal TBID.
L’andamento della molteplicità misurata dal BSI1 e dal BSI2 del TBID per
104
Commissioning del fascio CNGS
Figura 4.28: In alto: variazioni di corrente dell’horn nei tre cicli delle due estrazioni
durante i giorni del secondo run. In basso: come in alto ma per il reflector.
le due estrazioni durante il run di ottobre è confrontata con l’andamento
dell’intensità totale di estrazione, sempre per entrambe le estrazioni, in figura
(4.29). Si nota che la molteplicità cala di circa 0,5 nel momento in cui
iniziano le estrazioni a intensità maggiore. La molteplicità dovrebbe rimanere
4.2 Fascio reale
105
costante al variare dell’intensità, sempre in figura (4.29) è mostrato il grafico
con l’andamento della molteplicità direttamente in funzione dell’intensità di
estrazione.
Figura 4.29: In alto: confronto fra l’andamento della molteplicità misurata dal BSI1
e dal BSI2 del TBID nelle due estrazioni del run di ottobre e l’andamento dell’intensità
totale delle estrazioni, in funzione del tempo. In basso: andamento delle molteplicità del
TBID in funzione dell’intensità.
• Posizione del fascio al bersaglio.
Le misure ottenute con l’ultimo rivelatore prima del bersaglio per la posizione
del fascio sono mostrate in figura (4.30). Le medie delle posizioni orizzontale
e verticale per le due estrazioni sono riportate in tabella (4.5).
106
Commissioning del fascio CNGS
Orizzontale Orizzontale
I estrazione II estrazione
Media (mm)
0,43
0,37
Verticale
I estrazione
Verticale
II estrazione
-0,25
-0,24
Tabella 4.5: Medie ottenute per le posizioni orizzontali e verticali del fascio al bersaglio
nelle due estrazioni.
Figura 4.30: Posizione orizzontale e verticale (mm) del fascio al bersaglio misurata per
entrambe le estrazioni.
• Confronto tra l’intensità di estrazione e l’intensità al bersaglio.
L’intensità totale misurata prima del bersaglio è proporzionale all’intensità
totale di estrazione (in p.o.t.), come si vede in figura (4.31), in cui sono anche
indicate le relative linee di tendenza per entrambe le estrazioni.
• Baricentro dei profili dei muoni.
Orizzontale
Verticale
Medie (cm)
Pit1
Pit2
pit1
Pit2
I estrazione
-1,44
-0,28
10,41
-2,34
II estrazione
-0,96
-2,991
12,13
-2,64
Tabella 4.6: Medie ottenute per i baricentri dei due Pit per entrambe le estrazioni nel
run di ottobre.
4.2 Fascio reale
107
Figura 4.31: Confronto fra l’intensità del fascio misurata al bersaglio (in ascissa) e
quella di estrazione (in ordinata) per le due estrazioni, con relative linee di tendenza.
In tabella (4.6) sono riportati i valori medi ottenuti per i baricentri dei profili
orizzontali e verticale dei due rivelatori di muoni per entrambe le estrazioni. I
grafici relativi sono mostrati in figura (4.32). Nel secondo run è stato possibile
Figura 4.32: In alto: baricentro del profilo orizzontale dei due Pit per entrambe le
estrazioni nel secondo run. In basso: baricentro del profilo verticale dei due Pit per
entrambe le estrazioni nel secondo run.
108
Commissioning del fascio CNGS
utilizzare tutte le camere orizzontali del Pit 2. L’andamento relativo al primo
rivelatore verticale è dovuto al diseallineamento fra il bersaglio e l’horn, a
cui è sensibile il Pit1.
• Perdita di dati nel database, cicli mancanti.
Anche per il run di ottobre sono stati esaminati tutti i dati estratti per controllare il problema della perdita dei dati nel database.Per via dei cicli di
CNGS i dati che si ottengono per ogni singola estrazione devono avere una
sequenza regolare: ad ogni variabile che viene estratta dal database è associata la data e l’ora esatta di estrazione, quindi, presa una variabile, i suoi valori
si susseguono nel tempo ad intervalli di 6 secondi, 6 secondi e 22,8 secondi,
e così via. Sono stati individuati diversi casi in cui questa sequenza non è
rispettata, in cui cioè mancano dei cicli. In figura (4.33) si vede un esempio
della struttura a sequenza regolare con cui si presentano le variabili estratte dal database: sulla sinistra sono stati indicati gli intervalli temporali fra
un’estrazione e quella successiva, poi sono indicati la data, l’ora di estrazione
ed in seguito i valori relativi ad alcune variabili estratte. Sono indicati in
rosso anche i “cicli mancanti” individuati: si può notare che l’intervallo temporale è diverso.
Inoltre, in seguito, sono stati nuovamente individuati casi di inconsistenza
fra i protoni estratti ed i valori misurati dai rivelatori di muoni. Per la prima
estrazione sono stati selezionati i casi in cui sia l’intensità di estrazione che
quella misurata al bersaglio sono maggiori di 1012 p.o.t. ed in contemporanea
la camera centrale del primo rivelatore di muoni è nulla. Gli eventi che hanno
soddisfatto questi valori sono stati 88, in tutti questi casi si è visto che anche
il secondo rivelatore di muoni era sempre nullo. In contemporanea in 16 casi
anche il BSI1 ed il BSI2 del TBID erano nulli. Per la seconda estrazione,
imponendo gli stessi valori, si sono trovati 115 eventi, ed anche questa volta
il Pit2 è risultato sempre nullo, mentre il TBID in 17 casi.
Analizzando più nel dettaglio questi casi si è visto che le informazioni mancanti corrispondevano a cicli consecutivi, come mostrato nell’esempio di figura (4.34), in cui si notano in giallo i valori nulli per i muoni e per il TBID
4.2 Fascio reale
109
Figura 4.33: Esempio di alcuni cicli non regolari trovati nei dati estratti dal database
con le variabili di CNGS. Sulla sinistra è riportata la sequenza temporale delle estrazioni,
quella corretta dev’essere: 6 s, 6 s e 22,8 s. Sulla destra ci sono per ogni riga la data e
l’ora di estrazione e poi il valore relativo alla variabile selezionata per la data estrazione.
corrispondenti ad estrazioni successive, per le quali però sono presenti i valori
relativi alle intensità di estrazione.
Figura 4.34: Esempio di estrazioni consecutive in cui il database non ha i valori relativi
al TBID ed ai due Pit mentre in corrispondnza protoni estratti sono maggiori di 1012 .
110
Commissioning del fascio CNGS
Cercando gli eventi dovuti ad interazioni di neutrino in OPERA sono stati selezionati quelli corrispondenti a neutrini del fascio CNGS, sono muoni provenienti dalla direzione del fascio a piccoli angoli, i muoni provenienti dalle
interazioni di raggi cosmici con queste caratteristiche (i.e. per i valori angolari considerati) sono estremamente improbabili per via della grande quantità
di roccia presente. Tra gli eventi selezionati nelle poche ore di run ne è stato
trovato uno corrispondente a cicli mancanti nel database (l’ora degli eventi
mancanti del database può essere estrapolata dagli eventi registrati in vicinanza e confrontata con l’ora relativa all’evento registrato da OPERA).
Il problema dei dati persi dal database del CERN è stato quindi risolto in
dicembre dopo molti test condotti per molte ore da parte del gruppo addetto
al CERN in condizioni standard di CNGS, cioè con tre cicli CNGS ad alta
intensità, in modo tale da evitare nei run futuri di non poter ricondurre gli
eventi selezionati da OPERA come candidati di interazioni dovute ai neutrini
del fascio CNGS ai tempi della corrispondente estrazione al CERN.
• Correlazioni.
I grafici delle posizioni del fascio al bersaglio e dei baricentri dei profili muonici sono messi a confronto in figura (4.35), per valutare eventuali correlazioni
nei loro andamenti nel tempo, come per il run di agosto.
4.2 Fascio reale
111
Figura 4.35: In alto: andamento nel tempo della posizione orizzontale del baricentro
del fascio di muoni e della posizione orizzontale del fascio di protoni al bersaglio. In basso:
come in alto ma per il caso verticale.
Capitolo 5
Status Word
La status word è un’informazione di base per capire lo stato del fascio CNGS. Il sistema di acquisizione dati di OPERA (DAQ, data acquisition system) ha bisogno di conoscere qualitativamente il fascio prodotto
dal CERN a livello di ogni singola estrazione quando gli eventi sono correlati
temporalmente al fascio.
In pratica questo si traduce implementando nel database una nuova variabile che presenta diversi valori a seconda dello stato del fascio. Alle diverse
situazioni che si possono presentare viene assegnato un numero diverso. I
valori assegnati sono:
• 0, quando il fascio di neutrini che arriva ai LNGS corrisponde alle
specifiche.
• 1, quando si presenta un problema di gravità minore, che non influenza
in modo significativo la qualità del fascio.
• 2, quando si presenta un problema di gravità maggiore, tale cioè, da
cambiare lo spettro del fascio e/o da produrre un fascio di neutrini
non corrispondente a quello atteso in base ai protoni avuti per la data
estrazione.
• 3, quando non ci si attende il fascio di neutrini al Gran Sasso per la
data estrazione.
• 4, quando vengono effettuati dei tests sul fascio da parte degli operatori
113
114
Status Word
Inoltre deve essere considerata la possibilità che il database perda i dati
corrispondenti ad un’estrazione, in tale circostanza si aggiunge 10 al valore
della status word.
Per determinare la qualità del fascio, e quindi per implementare un algoritmo che produca estrazione per estrazione il valore della status word, le
variabili principali che devono essere considerate sono:
• l’intensità totale del fascio CNGS,
• le correnti dei magneti,
• i profili dei muoni.
Su queste variabili devono quindi essere applicati dei valori di soglia per determinare quale dei casi sopra elencati si verifichi ad ogni estrazione, vengono
cioè definiti, per ogni valore numerico della status word, dei range per questi
parametri.
In seguito ai risultati ottenuti dopo il periodo di commissioning e di run
in agosto sono stati proposti i seguenti range per le variabili considerate
nell’implementazione della status word :
• Caso 0: condizioni nominali per ogni variabile.
• Caso 1: il rivelatore centrale del Pit1 mostra un valore al di fuori
del range “nominale” in un intervallo tra il 10% ed il 20% oppure il
rivelatore centrale del Pit2 in un intervallo di differenza tra il 5% ed il
10%.
Oppure: le correnti dei magneti hanno una differenza rispetto ai valori
nominali che è compresa fra l’1% ed il 5%.
Oppure: il baricentro del Pit1 si trova in posizione compresa fra 1 e
5 cm, oppure il baricentro del Pit2 si trova in una posizione compresa
fra 4 e 10 cm. Questi range sono applicati sul valore del baricentro
orizzontale o su quello verticale e sono intesi sia verso destra che verso
sinistra e verso l’alto come verso il basso.
• Caso 2: il rivelatore centrale del Pit1 misura un valore che differisce
più del 20% da quello nominale oppure il rivelatore centrale del Pit2
misura un valore che differisce più del 10% da quello nominale.
Oppure: le correnti dei magneti hanno una differenza maggiore del 5%
115
rispetto ai valori nominali.
Oppure: il baricentro orizzontale o verticale del Pit1 si trova in una
posizione maggiore di 5 cm (a destra o a sinistra, in alto o in basso),
oppure il baricentro orizzontale o verticale del Pit2 si trova ad una
distanza rispetto al centro maggiore di 10 cm.
• Caso 3: l’intesità del fascio è 25 volte minore al valore nominale. Cioè
vengono misurati meno di 1012 p.o.t., oppure il rivelatore centrale del
Pit1 o del Pit2 misura un venticinquesimo del valore nominale.
I valori scelti per la camera centrale del primo rivelatore di muoni sono più
grandi rispetto a quelli della camera centrale del secondo rivelatore perchè è
stato tenuto in considerazione l’effetto di saturazione (corrispondente circa
al 10%) osservato nel Pit1.
In seguito a questo algoritmo è stata introdotta la variabile di qualità del
fascio nel database al CERN, accessibile a livello della singola estrazione, in
sincronia, cioè, con ogni ciclo, in modo da poter avere già nel secondo periodo
di run informazioni molto utili per implementare per i periodi di run futuri
un algoritmo più sofisticato. Questa variabile è accessibile esternamente al
CERN, mentre per gli operatori del CERN è visibile su un display nella
control room.
Durante il run di ottore sono stati modificati gli intervalli delle condizioni
di errore 1 e 2 come segue:
1. rispetto ai valori nominali:
- la corrente dell’horn o del reflector differisce tra il 2% ed il 5%, oppure
- il rivelatore centrale del Pit1 o del Pit2 misura con differenza tra il 10%
ed il 20%, oppure
- i baricentri orizzontali o verticali del Pit1 o del Pit2 hanno posizione
tra 4 e 10 cm (in una delle quattro direzioni).
2. rispetto ai valori nominali:
- la corrente dell’horn o del reflector ha una differenza maggiore del 5%,
oppure
116
Status Word
- il rivelatore centrale del Pit1 o del Pit2 misura con differenza maggiore
del 20%, oppure
- i baricentri orizzontali o verticali del Pit1 o del Pit2 hanno posizione a
più di 10 cm (in una delle quattro direzioni).
Capitolo 6
Selezione degli eventi in OPERA
in coincidenza temporale con il
fascio CNGS
Per sincronizzare gli eventi di neutrino sia il CERN che i LNGS dispongono di un sistema di timing UTC, le prestazioni sono simili (al di sotto di
100 ns) e le singole unità sono basate in entrambi i casi su un sistema GPS
in concomitanza con un orologio al Rubidio [49]. I ritardi relativi fra i due
sistemi e la loro stabilità sono stati controllati portando il GPS del CERN
al Gran Sasso per intercalibrarlo con il sistema dei LNGS, sono stati anche
misurati i ritardi accumulati nella “catena” di distribuzione dell’ora ai LNGS.
In figura (6.1) è mostrato il sistema di distribuzione del segnale temporale dei
laboratori del Gran Sasso. Ci sono due unità indipendenti chiamate master
clock installate all’esterno dei laboratori, da queste parte un segnale luminoso contente l’informazione con l’orario e la data che arriva nei laboratori
sotteranei agli slave clocks.
Per ricondurre gli eventi di neutrino registrati da OPERA alle estrazioni
del fascio al CERN è necessario calcolare il tempo di volo (TOF) delle parti117
Selezione degli eventi in OPERA in coincidenza temporale con il
118
fascio CNGS
Figura 6.1: Sistema di distribuzione del segnale temporale dei LNGS: due unità master
clock indipendenti sono installate nei laboratori esterni, la scala di tempo UTC è nota con
una precisione migliore di 100 ns. Ogni ms un impulso sincronizzato ed una stringa con
l’ora e la data è spedita attraverso una fibra ottica di 8 km agli slave clocks nei laboratori
sotterranei, il segnale luminoso è convertito in impulsi elettrici seriali [49].
celle dal CERN al Gran Sasso. Il TOF è stato valutato in base alla geodesia
di CNGS: la distanza fra il punto di estrazione del fascio di protoni per CNGS
e il bersaglio è di 992.4 m, mentre in figura (6.2) sono mostrati cinque punti
di riferimento ai LNGS e nella tabella annessa sono riportate le loro distanze
dal bersaglio di CNGS.
Punto
Distanza (m)
A
730465.4
B
730575.2
C
730575.6
D
730575.2
E
730574.9
Figura 6.2: Punti di riferimento (5) ai LNGS e
direzione del fascio di neutrini proveniente dal CERN
[49].
Dei cinque punti mostrati sono stati ritrovati i punti B e C dai quali si è
ricavato il punto E. Esprimendo i punti A-E nel sistema di riferimento del
CERN si trova che il fascio CNGS è centrato a metà della distanza fra i punti
A e B e la differenza fra la direzione A-B e la direzione CERN-LNGS è di 0.2
gon. L’angolo che forma il fascio rispetto all’asse della sala B dei laboratori
sotterranei è di 3.14 mrad.
119
In figura (6.3) è mostrato lo schema di funzionamento del sistema di distribuzione del segnale di clock di OPERA. L’elettronica lavora in unità di 10
ns. La DAQ lavora in cicli da 1 s con un contatore fine di 10 ns. I ritardi
sono misurati e sottratti a livello dei “nodi” ed i contatori della DAQ lavorano con riferimento incrociato alla data UTC memorizzata dalla master card.
Gli eventi vengono ricostruiti guardando i time-stamp dei dati provenienti
dai diversi sensori che lavorano in modo asincrono.
Figura 6.3: Sistema di distribuzione del segnale di clock di OPERA [49].
In figura (6.4) è mostrato lo schema della DAQ: si utilizza una rete Ethernet
per trasferire i dati dai sotto-rivelatori elettronici. Gli elementi base dell’acquisizione sono i controller board (CB), dotati di un Ethernet controller. Per
sincronizzare tutti CB è necessaria la distribuzione del segnale di clock globale. Il processo di acquisizione parte dai CB di ogni sotto-rivelatore (quelli
dei TT, degli Inner Tracker e degli HPT), questi sono collegati a due diverse
reti: una rete Ethernet standard le cui uscite sono collegate tramite degli
switch alle workstation per ricostruire l’evento, e la rete di distribuzione del
segnale di clock, che parte da un’unità di controllo GPS. Il segnale dell’unità
di controllo arriva alle clock master card (ce n’è una per ogni piano TT, una
Selezione degli eventi in OPERA in coincidenza temporale con il
120
fascio CNGS
per i 22 RPC di ogni supermodulo, una per le 6 stazioni di HPT di ogni
supermodulo). La rete Ethernet raccoglie tutti i dati provenienti dai vari
sotto-rivelatori e li invia alla workstation per la ricostruzione dell’evento.
Figura 6.4: Il sistema di acquisizione dati di OPERA [50].
Gli eventi vengono ricostruiti come segue: ogni nodo registra il numero di
hit nel ciclo di acquisizione di circa 1 s e li immagazzina in memoria. Gli
hit sono temporalmente ordinati per costruzione e vengono processati nel
seguente ordine:
1. Le liste degli hit dei CB vengono raccolte e selezionate temporalmente
dalla workstation.
2. Il sistema DAQ cerca le coincidenze temporali fra gli hit in un piano
di TT ed in un piano di RPC, conserva 62 liste di hit per il TT e 44
121
per lo spettrometro e scarta i dati restanti. Il software implementa
l’intervallo temporale di correlazione di circa 220 ns.
3. La DAQ cerca le correlazioni temporali fra eventi in due liste diverse
(due piani TT o RPC diversi).
4. Successivamente vengono applicati i tagli su posizione, energia o molteplicità necessari.
Per preparare la DAQ e per prevenire operazioni che possono interferire con
la registrazione degli eventi, è utile conoscere in anticipo il tempo di arrivo
dei neutrini. Il tempo di uno spill di neutrini può essere predetto con un
anticipo di diversi secondi e l’informazione può essere trasmessa attraverso il
network.
Per questo è stata implementata e testata la trasmissione dal CERN ai LNGS
del segnale EW (early warning signal ), è spedito in paccheti UDP ogni 1.2
s (tutti i possibili cicli SPS sono multipli di 1.2 s, che è il ciclo PS), il tempo di trasmissione è di circa 10 ms. I pacchetti contengono l’informazione
relativa alla successiva estrazione. La DAQ controlla il tempo di arrivo di
un pacchetto, lo confronta con il tempo di estrazione di CNGS scritto nel
pacchetto e decide se c’è tempo sufficiente per eseguire le calibrazioni (vedi
figura (6.5)). La precisione dell’EW è a livello di alcuni giri del SPS (1 ciclo
SPS dura circa 23 µs).
Figura 6.5: Schema dei cicli CNGS e dei pacchetti con le informazioni temporali e con
l’early warning signal spedito ai LNGS [49].
La selezione degli eventi on-time è eseguita confrontando il tempo GPS del
Selezione degli eventi in OPERA in coincidenza temporale con il
122
fascio CNGS
Figura 6.6: Selezione degli eventi usando le informazioni temporali del GPS: numero di
eventi in funzione del tempo. A sinistra si osservano i due picchi corrispondenti alle due
estrazioni CNGS (separati di 50 ms) ed il fondo dato dai cosmici, a destra il picco relativo
agli eventi da neutrino è contenuto in una finestra temporale di 10.5 µs [49].
Figura 6.7: Il sistema di distribuzione del segnale temporale, la DAQ e l’analisi degli
eventi di OPERA [49].
6.1 Predizione dei µ nella roccia
123
CERN degli impulsi del kicker di estrazione con il tempo GPS degli eventi
nella DAQ. Per poter essere confrontati, i due valori temporali devono essere
corretti per diversi fattori:
1. elettronica del kicker e ritardi dei cavi: sono automaticamente compensati nelle date scritte nel database del CERN.
2. TOF delle particelle dal kicker ad OPERA: 2.440.079 ns.
3. intercalibrazione fra gli orologi del CERN e dei LNGS: 353 ns.
4. ritardo delle fibre di distribuzione sotterranee: 40993.4 ns.
5. ritardi dell’elettronica della DAQ: 4245.2 ns.
Le date GPS del CERN e di OPERA sono confrontabili con una correzione
globale di 2.394.488 ns. La selezione degli eventi può essere fatta in una
finestra temporale di 10.5 µs iniziando dal tempo di estrazione.
Durante il run di agosto la ricerca degli eventi è stata effettuata entro una
finestra relativamente lunga (2 ms) e sono stati trovati eventi in una sottofinestra di circa 10 µs senza praticamente rumore di fondo in vicinanza (per
vedere il fondo sono stati effettuati dei test entro una finestra temporale di
100 ms, in cui si vedono due picchi vicini corrispondenti alle due estrazioni
dei neutrini ed un fondo piatto dato dai raggi cosmici, come mostrato in
figura (6.6)).
Il sistema globale di trasmissione dei segnali temporali, di acquisizione
dei dati e di analisi degli eventi di OPERA è mostrato in figura (6.7).
6.1
Predizione dei µ nella roccia
In seguito ai due periodi di run FLUKA ha potuto modificare i MC usati per predire i neutrini al Gran Sasso migliorando lo spettro dei νe e dei
ν¯e (vedi figura (6.8)) e la contaminazione dei νe , che passa dallo 0.65% allo
0.63%.
In tabella (6.1) sono riportati i valori ottenuti dalle simulazioni per il flusso,
l’energia media e le contaminazioni dei neutrini ai LNGS, il tasso di eventi
attesi è di 2800 ν CC/kt/y a basso νi /νµ .
Gli spettri relativi ai flussi previsti al Gran Sasso sono mostrati in figura
Selezione degli eventi in OPERA in coincidenza temporale con il
124
fascio CNGS
Figura 6.8: Spettri dei νe e dei ν̄e al Gran Sasso ottenuti da FLUKA [51].
Flusso
hEν i
2
19
(ν/cm /10 pot) [GeV]
νi /νµ
(%)
νi /νµ -CC
(%)
νµ
7.4·106
17.9
ν¯µ
2.9·105
21.8
3.9
2.40
νe
4.7·104
24.5
0.63
0.89
ν¯e
6.1·103
24.2
0.08
0.06
Tabella 6.1:
Valori più recenti ottenuti da FLUKA sul flusso, l’energia e la
contaminazione dei neutrini al Gran Sasso [51].
(2.19) e le percentuali più recenti ottenute per i parenti dei neutrini sono riportate in tabella (6.2), tra parentesi sono indicati i valori di energia relativi
ad ogni particella.
Con l’ultimo MC sono stati predetti i muoni generati nella roccia del Gran
Sasso dal flusso dei νµ ed ν¯µ nell’intervallo di energia 0-400 GeV, il modello
considera:
- un fascio di neutrini uniforme, parallelo, con un angolo verso l’alto di 3.265◦ ,
- interazioni in un materiale roccioso con A=21, Z=10 fino ad una distanza
di 300 m dal muro di uscita,
- trasporto di tutte le particelle prodotte dall’interazione di un neutrino attraverso una composizione rocciosa realistica di densità ρ=2.765 g/cm3 ,
- tasso di eventi per i νµ =614 CC/kton/1019 pot, per i ν̄µ =14.5 CC/kton/1019 pot.
6.1 Predizione dei µ nella roccia
125
µ−
µ+
π−
π+
K−
νµ
-
-
-
96.8
(47.9)
-
ν¯µ
-
7.6
(30.1)
85.0
(73.1)
-
6.3
(52.2)
νe
-
48.2
(31.8)
-
1.1
(69.3)
-
ν¯e
7.4
(39.6)
-
0.1
(138.1)
-
23.8
(60.4)
K+
K0
3.1
0.1
(58.6) (61.6)
-
1.1
(62.3)
41.0
9.7
(72.5) (61.5)
-
68.8
(62.6)
Tabella 6.2: Percentuali con cui vengono prodotti i neutrini e gli antineutrini da varie
particelle, tra parentesi le corrispondenti energie delle particelle parenti (GeV)[51].
I plot ottenuti per i µ− all’uscita della roccia sono mostrati in figura (6.9), i
risultati sono: 43.8 µ− /m2 /1019 pot ed 1.8 µ+ /m2 /1019 pot.
Il totale è 45.6 µ/m2 /1019 pot con un’errore statistico atteso del 2% e sistematico del 20%.
Figura 6.9: A sinistra: spettro dei µ− all’uscita della roccia al Gran Sasso. A destra:
spettro dei neutrini: in nero tutti quelli che interagiscono, in rosso solo quelli che producono
almeno un muone che raggiunge la sala dei laboratori sotterranei [51].
Il MC utilizzato da FLUKA viene confrontato con quello utilizzato dal programma di simulazione di OPERA [52]. Nelle simulazioni sui muoni prodot-
Selezione degli eventi in OPERA in coincidenza temporale con il
126
fascio CNGS
ti nella roccia dei LNGS il software di OPERA ha considerato le particelle
all’entrata della sala C dei laboratori sotterranei misurate da un rivelatore
virtuale di dimensioni 10 m × 10 m × 1 cm. Le informazioni relative alle particelle uscenti dalla roccia sono registrate in modo standard in base all’identificazione della particella, alla sua massa, al tempo, al momento e all’energia
depositata, alla posizione x-y-z, al numero assegnato all’evento, alla traccia
ed ai primari. Come già detto FLUKA ha previsto un flusso di muoni nella
roccia del Gran Sasso Φµ F LU KA = 0.456·10−17 pot−1 m−2 , mentre il programma di simulazione di OPERA ha ottenuto Φµ OP ERA = (0.386 ± 0.019)·10−17
pot−1 m−2 , che risulta in accordo migliore con il flusso ricavato dai dati in seguito ai due periodi di run: Φµ DAT I = (0.373 ± 0.019) · 10−17 pot−1 m−2 .
I tagli in energia che vengono utilizzati sono di 50 MeV per fotoni ed elettroni,
di 500 MeV per gli adroni e di 100 MeV per i muoni.
6.2
Predizione dei µ nel rivelatore
Il software di OPERA genera, con il pacchetto OpNegn, gli eventi nel
piombo e nel ferro (oltre che nella roccia). Un evento viene registrato se
produce almeno un hit nel rivelatore, per avere un’interazione nelle emulsioni vengono applicati dei tagli sull’energia: 1 MeV nel brick con il vertice
primario, 10 MeV nei bricks adiacenti (si considera una “matrice” di bricks
3×3×3) e non si devono avere hit al di fuori di questi.
In figura (6.10) è mostrati due esempi di evento come appaiono nel display del
software di OPERA: un muone generato in un’interazione CC nel materiale
che circonda il rivelatore di OPERA ed un muone generato in un’interazione
CC negli scintillatori del rivelatore.
6.3
Eventi reali
Gli eventi registrati nel 2006 si posso suddivere fra interni, cioè quando un
νµ interagisce nei magneti o negli scintillatori del rivelatore, ed esterni, cioè
quando un νµ interagisce nel materiale che circonda il rivelatore o nell’esperimento Borexino situato di fronte ad OPERA. Gli eventi interni hanno una
statistica minore rispetto a quelli esterni, ma hanno anche effetti sistematici
6.3 Eventi reali
127
Figura 6.10: Display del software di OPERA. In alto: vista x-z del rivelatore (vista
dall’alto), primo supermodulo contenente i bricks ed i TT, tubi a deriva, primo magnete
formato dalle due parti in ferro e dagli RPC, secondo supermodulo e secondo magnete.
In basso: vista y-z del rivelatore (vista laterale), come la vista x-z ma in questo caso non
sono schematizzati i tubi a deriva. a) traccia lasciata nel rivelatore da un muone generato
in un’interazione CC di un neutrino nella roccia attorno al rivlatore o in Borexino. b)
evento dovuto ad un’interazione CC di un neutrino negli scintillatori di OPERA [52].
minori. Per entrambe le topologie si può misurare il rate di interazioni CC.
La selezione degli eventi, procedura che viene utilizzata anche per le simulazioni, avviene tramite alcuni passaggi:
-
Trigger: i piani di RPC che producono un segnale devono essere più di
2, ci devono essere almeno 2 piani con più di 4 foto-elettroni nei TT, ed in
totale il numero di hit considerando i TT e gli RPC devono essere più di 20.
-
Il software di OPERA ricostruisce l’evento (con il pacchetto OpRec).
-
La localizzazione del vertice avviene considerando il primo hit (cioè quel-
lo a Z minore) nella traccia in 3D più lunga ricostruita. L’efficienza nella
ricostruzione delle tracce degli eventi triggerati è del 97%.
-
Vengono selezionati i vertici nel ferro eliminando gli eventi con il vertice
entro 5 cm dal lato del magnete ed entro 10 cm dal basso (vedi figura (6.11)).
-
L’identificazione del muone richiede una traccia che attraversa più di 10
strati di ferro.
Run1
Gli eventi selezionati in corrispondenza temporale con il fascio
sono stati 319. Il numero di eventi persi è stato dovuto al problema già spie-
Selezione degli eventi in OPERA in coincidenza temporale con il
128
fascio CNGS
Figura 6.11: Esempi di eventi accettati o eliminati dal veto, nel piano orizzontale e
verticale [52].
gato della perdita di dati nel database del CERN (circa il 10%), al fatto che
è stata utilizzata una soglia di 20 hits (ci sono circa 10% di eventi short in
più) ed ad un primo periodo in cui il GPS non era utilizzabile e il database
della DAQ ha perso alcuni dati (per un numero di eventi maggiore di 8).
La DAQ e i rivelatori hanno lavorato correttamente per più del 95% del
tempo ed in media si sono avuti (42±2)·10−17 eventi/pot. In figura (6.12)
è mostrato il plot degli eventi misurati in funzione dell’angolo θ rispetto all’orizzontale, si nota che i dati hanno un picco dove invece hanno un minimo
gli eventi simulati per il fondo dato dai raggi cosmici: sono stati quindi selezionati gli eventi con 0<θ<0.15 rad, cioè quelli attorno alla direzione del
fascio. Tra questi sono stati selezionati quelli in corrispondenza temporale
con il fascio. Per il run di agosto si è ottenuto hθi = (3.4 ± 0.3)◦ .
Run2
Per via di un errore nel calcolo della correzione temporale per il
kicker sono stati recuperati 100 ns, il ritardo temporale è stato quindi ridotto
a 500 ns. Sono stati selezionati gli eventi in corrispondenza temporale con il
fascio (eventi triggerati e con più di 20 hit) trovandone 28, per una media di
(46 ± 9)·10−17 eventi/pot. Di questi, un evento è stato trovato in comune con
Borexino (vedi figura (6.13)), un muone in direzione orizzontale è atteso 4074
6.3 Eventi reali
129
ns dopo l’inizio della seconda estrazione, considerando il TOF di 2440079 ns,
l’evento al Gran Sasso dovrebbe verificarsi dopo 2447.07 µs, Borexino ha registrato l’evento dopo 2407 µs, quindi manca ancora una correzione di 40 µs.
Figura 6.12: Schema dell’angolo rispetto all’orizzontale θ (“angolo verticale”) e plot dei
dati di agosto in funzione di θ a confronto con la simulazione MC dei raggi cosmici. I dati
mostrano un picco in direzione del fascio: 0<θ<0.15 rad [52].
Figura 6.13: Display dell’evento di ottobre trovato da OPERA in comune con Borexino.
I SM sono indicati in blu, gli spettrometri in marrone, gli hits nei TT e RPC in rosso [52].
Capitolo 7
Conclusioni
L’esperimento OPERA/CNGS si propone di misurare l’apparizione dei ντ
nel fascio sostanzialmente puro di neutrini νµ prodotto al CERN. CNGS è un
sistema complesso, coinvolge l’utilizzo di diversi elementi lungo la linea del
fascio: un bersaglio in grafite, il rivelatore TBID, un sistema di focheggiamento composto da due elementi (l’horn ed il reflector), un tubo di decadimento,
l’Hadron Stop, ed infine due monitor di muoni.
L’energia e l’intensità sono alte poichè ai fini dell’esperimento è fondamentale avere un elevato flusso di neutrini con energie al di sopra della soglia
di produzione del τ ai LNGS dove è situato il rivelatore OPERA.
Questa tesi ha contribuito allo studio ed alla comprensione del fascio nei
primi periodi di test, iniziati nell’estate 2006. Questi test ed i primi risultati
ottenuti da OPERA hanno permesso di acquisire delle conoscenze dirette sul
funzionamento di CNGS e di evidenziare una serie di problemi.
I controlli effettuati sono: effetto del disallineamento del fascio rispetto
al collimatore, al bersaglio ed all’horn; controllo degli impulsi di corrente per
il sistema di focheggiamento; valutazione dei dati ottenuti con i rivelatori
di muoni in varie circostanze (magneti accesi o spenti, diversi allineamenti degli elementi lungo la linea del fascio etc.). In seguito all’analisi dei
dati ottenuti con questi test sono emersi alcuni problemi nella risposta delle
131
132
Conclusioni
camere per i muoni, nell’allineamento del fascio in caso di polarità invertita
nei magneti, nella risposta del TBID e si è riscontrata una perdita di dati
nel database al CERN. E’ stato inoltre calcolato il baricentro delle misure
ottenute con le camere a muoni che fornisce una misura della centratura
del fascio ed è una delle variabili utilizzate per descrivere la qualità del fascio. Sono state analizzate possibili correlazioni fra i comportamenti dei vari
elementi di CNGS per facilitare la comprensione e quindi la soluzione dei
problemi evidenziati. I risultati ottenuti durante i test sono stati confrontati
con le relative simulazoni permettendo di migliorare i MC utilizzati.
E’ stato quindi possibile implementare una nuova variabile inserita nel
database che costituisce un’informazione di base sulla qualità del fascio: la
status word. Il valore di questa variabile dipende infatti dall’intensità del
fascio CNGS, dalle correnti del sistema di focheggiamento, dalle misure delle
camere per muoni e quindi dal baricentro calcolato. L’informazione contenuta
nella status word è necessaria quando si studia la correlazione fra gli eventi
rivelati da OPERA e il fascio che li ha prodotti.
Si è giunti dunque alla messa a punto di un sistema di verifiche quantitative sul corretto funzionamento del fascio che risulterà utile per lo studio
futuro delle prestazioni del fascio nei periodi di presa dati in modo da portarla
ai valori nominali per un funzionamento stabile nel tempo.
Elenco delle figure
1.1
Spettro β . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2
1.2
Gerarchia di massa diretta e inversa dei neutrini . . . . . . . .
8
1.3
Interazioni dei neutrini nella materia . . . . . . . . . . . . . . 10
1.4
Andamento dell’angolo di mixing e della differenza di massa
in funzione della densità per le oscillazioni nella materia . . . . 11
1.5
Ciclo pp del Sole e spettro di energia dei neutrini solari . . . . 12
1.6
Effetto Cherenkov in Superkamiokande . . . . . . . . . . . . . 14
1.7
La rivelazione della reazione CN in SNO tramite l’aggiunta di
sale in D2 O . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
1.8
Schema di SNO e dati ottenuti . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16
1.9
Regioni permesse per i parametri d’oscillazione dei neutrini
solari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17
1.10 Eventi di luce Cherenkov in SK . . . . . . . . . . . . . . . . . 20
1.11 Distanza dei neutrini atmosferici dal rivelatore SK e categorie
di eventi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21
1.12 Distribuzioni degli eventi di SK in funzione dell’angolo zenitale 23
1.13 regioni permesse per i parametri di oscillazione ottenute da SK 23
1.14 MACRO: schema del rivelatore e diverse tipologie di eventi,
plot ottenuti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
1.15 Plots di esclusione dei parametri di oscillazione ottenuti da
CHOOZ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28
2.1
Schema di K2K . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30
133
134
ELENCO DELLE FIGURE
2.2
Schema di MINOS. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32
2.3
Fasci di neutrini di diversa energia ottenibili per MINOS . . . 33
2.4
Risultati ottenuti da MINOS . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34
2.5
Fascio off-axis di T2K . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35
2.6
Probabilità di sopravvivenza dei νµ in funzione della loro energia in T2K. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36
2.7
Eν in funzione dell’angolo off-axis . . . . . . . . . . . . . . . . 37
2.8
Linea del fascio per NOMAD e CHORUS al WANF . . . . . . 39
2.9
Schema dei rivelatori di NOMAD e CHORUS . . . . . . . . . 40
2.10 Risultati di NOMAD e CHORUS . . . . . . . . . . . . . . . . 41
2.11 Raffigurazione del fascio CNGS diretto ai LNGS . . . . . . . . 42
2.12 Andamento del rapporto fra le sezioni d’urto del ντ e del νµ
per le reazioni CC in funzione dell’energia Eν . . . . . . . . . . 43
2.13 Flusso di νµ al Gran Sasso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43
2.14 Piano (∆m231 , sin2 2θ13 ) atteso per MINOS a 3σ . . . . . . . . 44
2.15 Spettri dei diversi tipi di neutrini prodotti al WANF
2.16 Eventi νi -CC misurati al WANF e confronto con i MC
. . . . . 47
. . . . 48
2.17 Abbondanza relativa delle particelle parenti dei diversi tipi
di neutrini alla fine del cilindro di grafite in cui interagisce il
protone . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 48
2.18 Flusso di νµ e ν¯µ al Gran Sasso nei casi con i magneti di CNGS
accesi e spenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49
2.19 Flusso dei diversi tipi di neutrini al Gran Sasso e contributo
delle diverse particelle parenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . 50
3.1
Gli acceleratori del CERN utilizzati per il CNGS. . . . . . . . 52
3.2
Struttura sotterranea del CNGS al CERN. . . . . . . . . . . . 52
3.3
Pricipali componenti di CNGS lungo il fascio. . . . . . . . . . 52
3.4
Il bersaglio di grafite di CNGS . . . . . . . . . . . . . . . . . . 54
3.5
Rappresentazione schematica di un ciclo SPS . . . . . . . . . . 54
3.6
Il TBID . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55
3.7
Sistema magnetico di focheggiamento . . . . . . . . . . . . . . 56
ELENCO DELLE FIGURE
135
3.8
L’horn e il reflector installati al WANF . . . . . . . . . . . . . 57
3.9
Principio di focheggiamento del campo magnetico dell’horn. . 57
3.10 Ottica del focheggiamento di CNGS . . . . . . . . . . . . . . . 58
3.11 Impulsi di corrente dell’horn in sincrono con le estrazioni di
CNGS e profilo orizzontale nella prima camera a muoni con
horn e reflector “on” e “off” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 58
3.12 Muon Monitors . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61
3.13 Distribuzione radiale del flusso dei νµ al Gran Sasso . . . . . . 62
3.14 Il Brick . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 65
3.15 Il detector di OPERA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 66
3.16 Spettrometro di OPERA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67
3.17 Evento nel rivelatore “ibrido” di OPERA. . . . . . . . . . . . . 68
3.18 Decadimenti “Long” e “Short” del τ . . . . . . . . . . . . . . . 70
4.1
Rappresentazione schematica di FLUKA del bersaglio e del
disco del TBID per misurare l’alone del fascio secondario . . . 75
4.2
Flusso delle particelle cariche nella metà sinistra del disco del
TBID calcolato con FLUKA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 75
4.3
Flusso delle particelle cariche nei fogli di destra e di sinistra
del TBID normalizzato ad un protone per diversi spostamenti
del fascio calcolato con FLUKA . . . . . . . . . . . . . . . . . 75
4.4
Grafici di FLUKA per il flusso dei muoni e dei netroni nella
regione dell’hadron stop e al primo rivelatore di muoni . . . . 78
4.5
Schematizzazione di FLUKA dei rivelatori di muoni e grafici
ottenuti per il flusso di muoni nel pit1 e nel pit2 in vari casi di
fascio non nominale confrontato con il flusso nel caso di fascio
standard . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 80
4.6
Intensità di estrazione per il commissioning di CNGS e per i
periodi di fascio per OPERA. . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81
4.7
Esempio di profili ottenuti nel commissioning del fascio primario 82
4.8
Schema della regione del bersaglio e scan orizzontali e verticali
effettuati sul fascio nelle prime due settimane di commissioning. 84
136
4.9
ELENCO DELLE FIGURE
Confronto fra i valori del monitor centrale dei rivelatori a
muoni ed il tempo degli impulsi di corrente dei magneti . . . . 85
4.10 confronto fra dati e simulazioni per il caso con i magneti spenti
e senza il bersaglio e profili orizzontali e verticali del Pit1 in
diversi casi di disallineamento angolare . . . . . . . . . . . . . 86
4.11 Confronto dei profili ottenuti nei due Pit fra dati e simulazioni
con magneti accesi e bersaglio presente . . . . . . . . . . . . . 86
4.12 Sensibilità del Pit1 al disallineamento fra bersaglio e horn e
del PIt2 al disallineamento fra fascio e bersaglio . . . . . . . . 87
4.13 Allineamento finale scelto per i componenti di CNGS . . . . . 88
4.14 Confronto dei profili per il caso con polarità nominale e negativa dei magneti nei due Pit . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 88
4.15 Display on line dei profili orizzontali e verticali dei due rivelatori di muoni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 90
4.16 Effetto di saturazione del Pit1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . 91
4.17 L’effetto di saturazione del primo rivelatore si manifesta in
tutte le camere quando il numero di cariche accumulate è
dell’ordine di 1012 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 92
4.18 Variazioni delle correnti dei magneti durante il primo run, profili ottenuti nei pit con diverse configurazioni dei magneti e
simulazioni FLUKA dei profili muonici relativi a spostamenti
dei magneti in polarità positiva e negativa . . . . . . . . . . . 94
4.19 Andamento della molteplicità misurata dal TBID durante il
primo run . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 94
4.20 Confronto fra l’andamento dei valori misurati per le camere a
ionizzazione vicino al TBID, per il vuoto e per la molteplicità
del TBID nel corso del primo run . . . . . . . . . . . . . . . . 95
4.21 Posizioni orizzontali e verticali misurate dagli ultimi due BPM
prima del bersaglio per entrambe le estrazioni . . . . . . . . . 96
4.22 Intensità al bersaglio in funzione dell’intensità di estrazione . . 96
ELENCO DELLE FIGURE
137
4.23 Baricentro orizzontale e verticale del fascio di muoni per i due
Pit durante il primo run . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 98
4.24 Grafici delle variabili studiate a confronto: posizioni verticali
e correnti dei magneti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 100
4.25 Grafici delle variabili studiate a confronto: posizioni orizzontali e correnti dei magneti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 101
4.26 Schermo online dei cicli CNGS . . . . . . . . . . . . . . . . . 102
4.27 Valori misurati dal rivelatore centrale dei due Pit nel secondo
run . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 103
4.28 Variazioni di corrente dell’horn e del reflector per il secondo run 104
4.29 Andamento della molteplicità dei BSI del TBID durante il run
di ottobre . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 105
4.30 Posizione orizzontale e verticale del fascio al bersaglio nel run
di ottobre . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 106
4.31 Intensità di estrazione ed intensità misurata al bersaglio per
entrambe le estrazioni durante il secondo run
. . . . . . . . . 107
4.32 Baricentro dei profili orizzontale e verticale dei due Pit per
entrambe le estrazioni durante il secondo run
. . . . . . . . . 107
4.33 Esempio di cicli mancanti nel database nel secondo run . . . . 109
4.34 Perdita di dati relativi ai due Pit ed al TBID nel database nel
run di ottobre . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 109
4.35 Confronto fra le posizioni del baricentro del fascio muonico e
le posizioni del fascio di protoni al bersaglio, nel run di ottobre 111
6.1
Sistema di distribuzione del segnale temporale dei LNGS . . . 118
6.2
Punti di riferimento ai LNGS . . . . . . . . . . . . . . . . . . 118
6.3
Sistema di distribuzione del segnale di clock di OPERA . . . . 119
6.4
Il sistema DAQ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 120
6.5
Schema dei cicli CNGS e del segnale EW . . . . . . . . . . . . 121
6.6
Selezione degli eventi usando le informazioni temporali del GPS.122
6.7
Il sistema di distribuzione del segnale temporale, la DAQ e
l’analisi degli eventi di OPERA . . . . . . . . . . . . . . . . . 122
138
ELENCO DELLE FIGURE
6.8
Spettri dei νe e dei ν̄e al Gran Sasso ottenuti da FLUKA . . . 124
6.9
Spettro dei µ− e dei neutrini al Gran Sasso calcolato da FLUKA125
6.10 display di un evento interno ed uno esterno di OPERA . . . . 127
6.11 Eventi accetati o eliminati dal veto . . . . . . . . . . . . . . . 128
6.12 Plot dei dati di agosto in funzione dell’angolo rispetto all’orizzontale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 129
6.13 Evento di ottobre in comune con Borexino . . . . . . . . . . . 129
Elenco delle tabelle
1.1
Risultati di Gallex/GNO e SAGE . . . . . . . . . . . . . . . . 14
1.2
Valori di best-fit ottenuti sui parametri di oscillazione dei
neutrini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28
2.1
Specifiche del fascio K2K . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31
2.2
Specifiche del fascio NuMI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32
2.3
Confronto fra i parametri del fascio di T2K e K2K . . . . . . . 35
2.4
Angolo off-axis, picco dello spettro di Eν e corrispondente ∆m2 37
2.5
Caratteristiche del fascio di neutrini al WANF . . . . . . . . . 39
2.6
Specifiche del fascio CNGS . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42
2.7
Percentuale ed energia media dei neutrini di diversi flavour nel
fascio del WANF . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 46
2.8
Sensibilità di OPERA alla rivelazione νµ → νe . . . . . . . . . 50
3.1
Efficenza di rivelazione del τ , numero di eventi attesi e rumore
di fondo per i diversi canali del decadimento del leptone . . . . 71
4.1
Molteplicità stimata da FLUKA per il TBID in varie condizioni di iniezione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 76
4.2
Date, numero di estrazioni e numero di protoni relativi alle tre
settimane di commissioning di CNGS e di fascio al Gran Sasso 82
4.3
Spostamenti prodotti nei profili ai rivelatori di muoni dai diseallineamenti fra il fascio, il bersaglio e l’horn . . . . . . . . . 87
139
140
4.4
ELENCO DELLE TABELLE
Valori medi del baricentro orizzontale e verticale del fascio di
muoni per i due Pit . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 97
4.5
Medie delle posizioni orizzontali e verticali del fascio al bersaglio
durante il secondo run . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 106
4.6
Medie dei baricentri dei due Pit del secondo run . . . . . . . . 106
6.1
Valori più recenti ottenuti da FLUKA sul flusso, l’energia e la
contaminazione dei neutrini al Gran Sasso . . . . . . . . . . . 124
6.2
Percentuali ed energie delle particelle parenti dei neutrini ed
antineutrini elettronici e muonici . . . . . . . . . . . . . . . . 125
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Ringraziamenti
Desidero ringraziare il Prof. Giorgio Giacomelli che mi ha dato l’oppurtunità di svolgere questa tesi all’interno della collaborazione dell’esperimento
OPERA e per avermi aiutato a svolgere un periodo di questo lavoro all’estero; per la sua grande disponibilità, le sue attente correzioni ed i suoi consigli.
Ringrazio di cuore Dario Autiero che mi ha seguito in questo percorso
ed incoraggiato con pazienza e disponibilità. Grazie per come ha saputo
trasmettermi la sua conoscenza della fisica e la sua attenzione nel lavoro e
per l’aiuto di fronte ai problemi. Ha reso questo lavoro di tesi una reale
occasione per imparare, capire ed arricchire le mie conoscenze.
Ringrazio inoltre Max, sempre di riferimento e di grande aiuto, efficiente
ed ottimista!
Grazie ad Edda ed al “comitato di accoglienza” di CNGS, che hanno reso
il lavoro e la permanenza al CERN interessanti e divertenti.
Un grande grazie va ai fantastici compagni di “viaggio” di tutti questi
mesi, grazie per la simpatia, l’amicizia e il buon umore davvero fondamentali
e di sostegno. Grazie a Matteo, per l’allegria italiana in terra straniera, grazie alla Nico, ad Edu, a Simone, a Staky-Carlo, e a Staky-Miky per l’allegria
italiana in patria, non avrei potuto avere compagni di ufficio migliori!
Infine ringrazio tutti gli amici e le persone che mi sono state vicino in
questi anni di studi, un grazie speciale alla mia famiglia per l’affetto e il
sostegno, poche righe non sono sufficienti per esprimere la mia gratitudine!
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