Progetto giovane e al femminile per la casa di Confartigianato
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Progetto giovane e al femminile per la casa di Confartigianato
6 - Il Corriere Artigiano del Lodigiano Giugno 2012 La Nuova Sede Intervista alle due progettiste dell’opera Progetto giovane e al femminile per la casa di Confartigianato ANDREA BAGATTA U n progetto giovane e soprattutto al femminile per la casa degli artigiani di via della Marescalca: la nuova sede di Lodi di Confartigianato è stata progettata da due giovani professioniste, Sarah Marinaro e Michela Schirinzi, entrambe 32enni, di Lodi la prima, di Magenta la seconda, con studio a metà strada, a Milano, in via Mecenate. «È stata una sfida appassionante che per noi ha comportato un lavoro quasi totalizzante da giugno dell’anno scorso fino almeno a febbraio di quest’anno, quando ormai il cantiere era avviato – dicono i due architetti -. È stata un’esperienza fantastica, sia per la progettazione sia per i contatti diretti che abbiamo tenuto con i tanti artigiani coinvolti nel lavoro. Ci ha arricchito molto dal punto di vista professionale e umano». Sarah Marinaro è nata nel gennaio del 1980, lodigiana, ha studiato a Lodi al liceo scientifico. Finite le superiori si rivolge al Politecnico di Milano, alla facoltà di Architettura, che segue secondo il vecchio ordinamento. Michela Schirinzi ha un percorso simile. Di Magenta, nata nel dicembre 1980, studia nella sua città al liceo scientifico e poi segue il vecchio ordinamento della facoltà di Architettura al Politecnico di Milano. Le due giovani non sono nello stesso gruppo di studio, ma al secondo anno durante un laboratorio di progettazione finiscono a lavorare insieme. E scatta la scintilla dell’amicizia. Da allora le due ragazze svolgono una parte degli studi insieme, compreso un anno di Erasmus all’estero, alla prestigiosa Accademia di architettura di Stoccarda. Nell’anno accademico 2005-2006 arriva la laurea, una tesi sul recupero del Lungoadda che si meritò la pubblicazione tra i migliori lavori di laurea del Politecnico per quell’anno accademico. Da lì le strade professionali delle amiche si dividono, alla ricerca di soddisfazioni lavorative e di stabilità, dell’iscrizione all’albo, conseguita da entrambe nel giro di poco tempo, di una maturazione professionale che, come spesso accade ai giovani, fatica ad arrivare. «Sono stati anni di formazione importanti, con tutte le differenze che si sono incontrate, con tutte le esperienze fatte, dall’importante scuola di un architetto di lunga esperienza ai lavori meno considerati – spiegano Sarah e Michela -. Soprattutto, c’è stata spesso la sensazione di dover produrre, produrre progetti, stare nei tempi, sviluppare idee senza mai poter spaziare e creare, che è invece ciò per cui abbiamo studiato. Sono stati momenti importanti per confrontarsi con il mondo del lavoro, ma che indubbiamente hanno limitato la vena progettuale e artistica, perché no, che da architetto sentivamo di avere». E allora il passaggio non è stato dissimile a quello che tanti artigiani hanno provato sulla loro pelle tante volte: perché faticare, sacrificarsi e lavorare tanto solo per vedere il proprio lavoro riconosciuto in parte? «Quando ci siamo rincontrate, nel 2010, era il momento giusto per fare una cosa nostra – continuano Sarah e Michela –. Avevamo alcuni lavori da portare avanti in via autonoma, avevamo acquisito una serie di conoscenze tecnico-pratiche che oggettivamente l’università non ci aveva dato, avevamo la voglia di fare impresa e di co- Grande ricorso alla luce naturale e alla trasparenza del vetro, utilizzato al posto delle classiche pareti opache minciare a lavorare per noi stesse. Così nell’autunno 2010 abbiamo fondato microSTUDIO (www.micro-studio.org). Non da associate semplici, ciascuna con i propri lavori, ma insieme: su ogni lavoro ci mettiamo due teste pensanti, ci confrontiamo, parliamo e decidiamo insieme. Questo è il nostro punto di forza, ogni cosa la valutiamo in due arricchendo i punti di vista, gli spunti di ragionamento, il confronto. E rigorosamente al femminile, cercando di portare la sensibilità e l’attenzione femminile nella logica progettuale». In meno di due anni i lavori non sono mancati: due ristrutturazioni abitative, a Lodi e Magenta, frutto di contatti personali, la progettazione di una residenza in collina, vista mare, in Slovenia, la progetta- Alcune immagini, realizzate dal noto fotografo Fabrizio Marchesi, degli spazi interni della nuova sede Confartigianato: uffici aperti, grande utilizzo del vetro e dei materiali “poveri” Giugno 2012 Il Corriere Artigiano del Lodigiano - 7 La Nuova Sede Spazi aperti, vetro e impianti come elementi d’arredo Materiali del lavoro quotidiano per una struttura “in movimento’’ zione di una piccola galleria d’arte a Milano, un gioiellino che verrà realizzato nel prossimo autunno e la progettazione di arredi su misura. Vincono inoltre un concorso per progettisti under 32 indetto dal Comune di Sesto San Giovanni per la progettazione di microgiardini urbani, realizzato nel corso degli ultimi mesi. «Progettare per noi significa creare un rapporto tra pieno e vuoto,indipendentemente dal fatto che si tratti di un edificio, uno spazio pubblico, un’abitazione o un oggetto – spiegano Sarah e Michela - diventa per noi un’esplorazione appassionata nei diversi ambiti di progettazione. Studiamo dalla struttura fino al dettaglio poiché a nostro avviso la percezione globale è data dallo studio dei dettagli... è tutto una questione di dettagli». Un po’ quello che è successo per la casa degli artigiani di via della Marescalca a Lodi, in cui le due giovani hanno pensato alla valorizzazione della struttura, ma hanno detto la loro, seguendo i lavori quotidianamente, anche sui dettagli, sui particolari. «È stata una sfida importante perché con un budget contenuto abbiamo cercato di realizzare quello che i committenti chiedevano, una struttura trasparente e accogliente per tutti gli artigiani – raccontano Sarah e Michela -. Ci è stata consegnata una scatola vuota, anzi da svuotare come ha ben detto il presidente Massimo Forlani: quell’edificio era stato precedentemente un supermercato, ed era importante dargli subito una personalità differente. Il nostro primo pensiero è stato quello di lavorare con la luce, puntare a creare tanti spazi tagliati dalla luce. Non volevamo il classico spazio degli uffici, con ambienti chiusi, un corridoio distributivo per gli uffici. Abbiamo cercato di realizzare al contrario uno spazio aperto per chi vi entrasse, in modo che l’artigiano che varca l’ingresso può vedere e avere sotto controllo tutto, proprio come accade a casa sua. Quando entri, puoi intuire lo spazio nel suo complesso e muovendoti poi all’interno del progetto scorci e giochi di trasparenze ti invitano alla scoperta dei diversi ambienti». Un effetto trovato grazie al grande ricorso alla luce naturale e alla trasparenza del vetro, che all’interno è utilizzato al posto delle classiche pareti di opache. Grandi vetrate permettono la penetrazione di tanta luce che non si ferma su pareti di corridoi e uffici, ma penetra in profondità grazie all’uso di divisori in vetro, trasparenti per dare sempre la possibilità al visitatore di abbracciare idealmente tutta la sede con lo sguardo. «Dal progetto preliminare a quello definitivo molti dettagli sono cambiati, ma le linee guida erano quelle e sono state mantenute – proseguono Sarah e Michela -. In virtù del budget contenuto, ma anche per scelta progettuale condivisa dal committente, non volevamo uffici imponenti e importanti, con materiali lussuosi. I materiali sono quelli degli artigiani, per precisa scelta: il vetro, il legno, i tubi degli impianti, usati come fossero parte dell’arredo andando a costituire la base su cui si intreccia un’edera, parete verde di separazione di alcuni ambienti. Anche le piante poste davanti l’ingresso non sono solo un elemento d’arredo estetico, ma Le soluzioni originali adottate nella nuova struttura si devono alle due progettiste Sarah Marinaro e Michela Schirinzi (sopra). Sotto, due esempi di progettazione firmati dalle giovani professioniste sono funzionali perché crescendo offriranno un po’ d’ombra a uno spazio che altrimenti, con le grandi vetrate, rischierebbe di scaldarsi troppo. E poi tutta la struttura è modulare e in movimento». Le pareti interne si possono spostare per andare a creare nuovi ambienti e per rideterminare gli spazi in maniera diversa dall’impostazione attuale, ma tutto il progetto è pensato in movimento e in divenire, sia perché alcune soluzioni sono state rimandate per questioni di budget sia perché si è scelto di dare un’impostazione non fissa e definitiva. A questa stessa logica risponde per esempio la creazione di una parete verde con l’edera che deve crescere ancora. L’utilizzo del verde, così come l’attenzione alla coibentazione e a soluzioni di contenimento energetico rispondono alle scelte progettuali del committente e alla filosofia delle professioniste. «Crediamo molto in un’architettura responsabile, che non deve essere il monumento ai progettisti ma deve essere funzionale, rispondente alle richieste dei committenti e rispettosa dell’ambiente e anche del paesaggio che ha attorno, anche urbano – raccontano le profes- sioniste -. In questo progetto abbiamo imparato ad apprezzare il lavoro degli artigiani e a loro abbiamo voluto dedicare la scelta dei materiali e tutta l’impostazione, che risponde proprio alla richiesta iniziale di Confartigianato di realizzare la casa degli artigiani». Un rapporto tra artigiani e i due architetti che ha soddisfatto in pieno i vertici di Confartigianato. «Abbiamo voluto puntare su due professioniste giovani perché crediamo nei giovani e vogliamo valorizzarli – ha concluso il presidente di Confartigianato Massimo Forlani -. Il risultato ci ha soddisfatto in pieno, e questo dimostra che puntare sul mondo artigiano e puntare sui giovani può regalare tante soddisfazioni». [email protected]