Presentazione film "Welcome"

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Presentazione film "Welcome"
PRESENTAZIONE FILM: “WELCOME”
A cura di Reza Rashidy
CRITICA
Ma perché noi non riusciamo a fare film così?
Titolo originale: Welcome – Francia 2009
Regia: Philippe Lioret, Durata: 110’
Cast: Vincent Lindon, Firat Ayverdi, Audrey Dana,
Derya Ayverdi, Thierry Godard, Selim Akgul,
Firat Celik, Murat Subasi, Olivier Rabourdin
Data di uscita: 11 Dicembre 2009
Bilal è un minorenne curdo iracheno determinato a raggiungere la sua ragazza emigrata
a Londra con la famiglia. Dopo aver attraversato tutta l’Europa e raggiunto Calais nella
Francia settentrionale, compie svariati tentativi, sempre falliti, di raggiungere la Gran
Bretagna nascosto in uno dei tanti Tir destinati ad imbarcarsi sui traghetti che
attraversavano la Manica.
A questo punto si convince, come “ultima ratio”, a compiere la traversata a nuoto.
Inizia così a frequentare la piscina comunale per prendere lezioni di nuoto. Qui incontra
l’istruttore Simon, personaggio complesso e a volte contraddittorio, che cerca in tutti i
modi di dissuaderlo da questa impresa impossibile.
Determinazione, ostinazione e coraggio contraddistinguono Bilal deciso a perseguire il
suo grande sogno di riscatto sfidando ogni genere di rischi e ostacoli.
Questa è la storia di Bilal, ma è anche il paradigma di migliaia di altri giovani adolescenti
e non che caratterizzano l’odierna migrazione.
L’insoddisfazione delle proprie condizioni e di ciò che offre il mondo in cui si trovano,
la perdita di fiducia e di ogni speranza di poter migliorare in loco la propria condizione
esistenziale da una parte e la globalizzazione della comunicazione dall’altra alimentano
l’illusione e la percezione di poter cambiare la propria vita. L’atto di emigrare
nonostante insidie e rischi diventa imperiosamente l’unica scelta da compiere. Il non
compierla appare più devastante: è negazione di se stessi, ammissione di viltà.
Un altro spaccato del film è dato dalla rappresentazione dell’opulenta Europa,
dall’ostilità, dalla diffidenza e dalla disumanità con cui si pone di fronte ad una realtà del
nostro mondo che tale è anche se si continua ad ignorarla o tutt’al più a considerarla
solo sporadica emergenza.
Da trent’anni si danno continui giri di vite a leggi e normative per impedire o arginare
l’immigrazione, ma il risultato è sotto gli occhi di tutti. Nel giro degli ultimi 25 anni
l’immigrazione è cresciuta in Italia di 30 volte. Gli avvenimenti di casa nostra di queste
ultime settimane, vedi Lampedusa…, potrebbero essere l’ennesima occasione persa per
riflettere.
Nella Francia di Sarkozy, aiutare persone irregolari ora è reato, e il cinema francese
risponde con prontezza e connette tutti gli elementi di denuncia che, cuciti in un film
come Welcome, non possono che far vacillare anche i più convinti.
Philippe Lioret costruisce una storia che affonda le radici nel reale: con la macchina da
presa descrive cosa sono disposti a fare i giovani immigrati irregolari di Calais per
oltrepassare la Manica; quanto sono disposti a pagare per rischiare di morire soffocati
da un sacchetto che loro stessi si sono calati sulla testa. Ma accanto alla realtà del
contesto, accanto alla fotografia dell’infernale “giungla” di Calais, il cinquantaquattrenne
regista di Mademoiselle e L’Equipier fa quello che deve fare il cinema: racconta una storia,
e la racconta con sentimento e autenticità, rendendo il suo messaggio di denuncia
assolutamente efficace. […]
Un progetto che nasce dalla frequentazione sul campo, dall’incontro a Calais con i
volontari, dalle testimonianze dei clandestini (tutti molto giovani), disposti a tutto pur di
raggiungere l’Inghilterra. In una Calais umida e morsa dal gelo d’inverno, dove di notte i
tir brulicano lungo un intricato sistema vascolare, Lioret racconta la discriminazione e le
conseguenze dell’applicazione dell’articolo 1 della legge 622 sull’immigrazione, voluta da
Sarkozy, in cui riecheggiano antiche eco: la denuncia per chi aiuta i perseguitati. “...Quel
che accade oggi, mi ricorda quel che è accaduto durante l’occupazione tedesca: aiutare
un clandestino oggi è come aver nascosto un ebreo nel ’43...”; ed è subito indignazione
e polemica, e per il Ministro dell’Immigrazione è un paragone inaccettabile.
Nel film di Lioret non sono necessari proclami o denunce dirette né serve tirare in
causa chi ha voluto questa legge (Sarkozy compare per qualche secondo in uno zapping)
perché ben più forte é il racconto delle sue conseguenze. La macchina da presa di
Laurent Dailland (Il gusto degli altri, L’enfer ) stringe, con raffinata ma mai ricercata
maestria, sul racconto d’amore e d’amicizia di Bilal e Simon e allarga sui varchi del porto
dove la polizia controlla con i cani e apparecchi rivelatori la presenza dei clandestini nei
rimorchi, mentre la musica di Nicola Piovani fa da punteggiatura. Una storia che fonde
visivamente realtà e poesia, che commuove profondamente e che scalfisce anche lo
spettatore più resistente. Da non perdere.
di Fabrizia Centola
Pubblicato domenica 15 novembre 2009 - NSC anno VI n. 4