architettura del Rinascimento

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architettura del Rinascimento
Architettura rinascimentale
L'architettura del Rinascimento è quella fase dell'architettura europea, ed italiana in particolare, che si
sviluppò agli inizi del Quattrocento a Firenze, principalmente grazie all'operato di alcuni artisti e intellettuali
come Filippo Brunelleschi e Leon Battista Alberti.
Fra i fattori politici e culturali che influenzarono questo nuovo indirizzo delle arti vi furono senz'altro
l'affermazione delle signorie e lo sviluppo dell'Umanesimo, con il conseguente gusto antiquario e filologico, che in
architettura si traduce nello studio delle belle forme degli edifici antichi, cioè romani.
Benché il movimento sia temporalmente ben definito, al suo interno è possibile individuare diversi momenti
stilistici, che la critica identifica nel "primo Rinascimento", appartenente al XV secolo, nel "Rinascimento classico" e
nel Manierismo, questi ultimi entrambi coincidenti col Cinquecento. Se il primo Rinascimento segna punto di svolta
rispetto all'architettura gotica, le seconde fasi si pongono in continuità con la precedente, pur arricchendosi di molteplici
motivi volumetrici e decorativi.
Contesto storico
Il Rinascimento fu un fenomeno strettamente italiano; occorre perciò concentrare la trattazione del contesto
storico sull'evoluzione dell'assetto politico, economico e culturale della Penisola.
All'inizio del XV secolo l'Italia era suddivisa in cinque stati maggiori (Regno di Napoli, Stato
Pontificio, Repubblica Toscana, Repubblica di Venezia, Ducato di Milano), contornati da numerosi ducati e repubbliche
minori (come il Ducato di Urbino, il Ducato di Mantova e la Repubblica di Siena). Firenze, nel Quattrocento, consolidò
il proprio potere economico mediante un dinamismo basato su una innovativa organizzazione produttiva di tipo
industriale, mercantile e bancaria. Ben presto la città, caratterizzata ancora da numerose case-torri, cambiò la propria
fisionomia; infatti, l'ascesa della borghesia portò alla definizione di nuovi gusti e tendenze, che si concretizzarono
nell'edificazione di imponenti palazzi signorili. Pertanto, Firenze fu la città della svolta tardo-gotica verso un nuovo
linguaggio dell'arte, definito da Filippo Brunelleschi in architettura, da Masaccio in pittura e da Donatello in scultura,
grazie anche al mecenatismo di famiglie come quella dei Medici. Dal punto di vista culturale, all'affermazione del
Rinascimento contribuirono gli studi classici avviati nel XIV secolo da Francesco Petrarca e continuati da altri letterati,
generalmente di formazione fiorentina. Gli umanisti, a differenza dei monaci medioevali che concentravano le loro
attenzioni sugli aspetti teologici delle opere, riscoprirono interamente i testi del passato e tentarono una loro
interpretazione ed analisi critica. Nel Cinquecento, invece, il Rinascimento trova terreno fertile nella Roma papalina, in
un contesto completamente diverso da quello fiorentino. La fine della Cattività avignonese (1377) ed il ritorno del papa
a Roma, coincise con un vasto programma di riorganizzazione e restauro della città, avviato da Martino V (1368-1431)
e continuato sotto i suoi successori, come Niccolò V (1397-1455) e Giulio II (1443-1513). Il sacco del 1527, che
precedette di alcuni anni le riforme del Concilio di Trento, segnò un primo momento di crisi; tuttavia,
nel 1534 Michelangelo Buonarroti si trasferì definitivamente a Roma, avviando la realizzazioni di importanti opere,
come la piazza del Campidoglio e gli affreschi del Giudizio Universale nella Cappella Sistina.
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Figura 1 - Piazza del Campidoglio (Roma)
Figura 2 - Costruzione geometrica piazza del Campidoglio
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Caratteristiche dell'architettura rinascimentale
Il termine Rinascimento fu utilizzato già dai trattatisti dell'epoca per evidenziare la riscoperta dell'architettura
romana, di cui nel Quattrocento sopravvivevano integre diverse vestigia. Principale indice di questa riscoperta fu la
ripresa degli ordini classici, l'uso di forme geometriche elementari per la definizione delle piante, la ricerca di
articolazioni ortogonali e simmetriche, nonché l'impiego della proporzione armonica nelle singole parti dell'edificio. Fu
privilegiato l'impiego di volte a vela su pianta quadrata (ad esempio nello Spedale degli Innocenti)
Figura 3 - Ospedale degli innocenti - volta del Pocetti
e di volte a botte (come nella copertura della basilica di Sant'Andrea a Mantova di Leon Battista Alberti), senza l'uso dei costoloni e
dei contrafforti gotici.
Figura 4 - Basilica di Sant'Andrea (Mantova - 1472)
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In ogni caso, la sensibilità degli artisti rinascimentali non si esaurì solo nella riscoperta dell'architettura romana:
infatti, i primi architetti toscani accolsero lo stile romano rifacendosi essenzialmente al protorinascimento romanico,
riscontrabile ad esempio nelle forme chiare del Battistero di San Giovanni e nella basilica di San Miniato al Monte, la
cui eredità classica aveva in qualche modo influenzato anche il gotico fiorentino.
Figura 5 - Battistero di S. Giovanni (Firenze)
Figura 6 - Basilica di S. Miniato al monte (Firenze)
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Del resto, lo storico dell'arte Bruno Zevi ha definito il Rinascimento come una riflessione matematica svolta
sulla metrica romanica e gotica, evidenziando la ricerca, da parte degli architetti dei secoli XV e XVI, di una metrica
spaziale basata su rapporti matematici elementari. In altre parole, la grande conquista del Rinascimento, rispetto al
passato, è stata quella di aver creato negli spazi interni quello che i greci antichi avevano realizzato per l'esterno dei
loro templi,
dando
vita
ad
ambienti
regolati
da
leggi
immediatamente
percepibili
e
facilmente misurabili dall'osservatore.
In questo ebbe certamente un peso determinante anche lo studio della prospettiva da parte di Filippo
Brunelleschi; il Brunelleschi introdusse una visione d'interno totalizzante, elevando la prospettiva a struttura spaziale
globale.
Il palazzo e la villa
I nuovi palazzi costruiti intorno alla metà del Quattrocento dovettero conciliare le esigenze di vita degli abitanti
al rinnovamento del volto urbano delle città, avvicinandosi, al contempo, ai prototipi dell'antichità. Tuttavia, a
differenza di alcuni templi, nel XV secolo nessun antico palazzo era sopravvissuto integro, tanto che alla conoscenza
delle planimetrie si contrapponeva la mancanza di modelli relativi all'articolazione delle facciate. Neanche Vitruvio e
gli altri autori del periodo romano avevano fornito indicazioni precise, concentrando le loro attenzioni soprattutto sulla
disposizione in pianta e non sull'alzato.
L'introduzione del cortile al centro dell'edificio, derivata dai modelli planimetrici del passato, divenne pertanto il
principale elemento caratterizzante la nuova disposizione all'antica. Questa tipologia prevedeva un complesso edilizio
chiuso attorno ad un cortile, con piccole aperture al piano terreno e finestre regolari, di dimensioni più ampie, nei
registri superiori.
Figura 7 - Palazzo Piccolomini (Piacenza - 1459)
Il rivestimento parietale, nel primo Rinascimento, è costituito dal bugnato e dai semipilastri; ad esempio, al
primo caso, legato alla tradizione di Palazzo Vecchio e del Bargello, è riconducibile il Palazzo Medici
Riccardi di Michelozzo, mentre al secondo è ascrivibile il prospetto del Palazzo Rucellai, ideato da Leon Battista
Alberti.
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Figura 8 - Palazzo Medici Ricciardi (Firenze - 1444)
Figura 9 -Palazzo Rucellai (Firenze)- 1446
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Un caso particolare è rappresentato dai palazzi veneziani, la cui costruzione fu condizionata innanzitutto dalla
scarsa superficie dei lotti a disposizione. Ciò determinò la formazione di edifici a blocco unico, privi di un cortile
centrale aperto. I palazzi subirono l'influenza del modello tardo - gotico di Palazzo Ducale e vennero dotati di eleganti
facciate traforate, a partire dalla Ca' d'Oro, all'inizio del Quattrocento, sino ad arrivare ai più tardi palazzi Corner
Spinelli e Vendramin Calergi.
Figura 9 Cà D'oro
Cà d'Oro
(Venezia) - 1421
Figura 8 - Palazzo Corner Spinelli
A Roma Bramante (Palazzo Caprini) e Raffaello proposero nuovi modelli in cui furono combinati bugnato al
piano terra e scansione della facciata con ordini in rilievo.
Figura 10 - Palazzo Caprini - Ora demolito (Roma)
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Palazzo Farnese a Roma, progettato da Antonio da Sangallo il Giovane e Michelangelo, costituì un'ulteriore
evoluzione, che darà vita a un modello molto duraturo, caratterizzato dal rifiuto sia del bugnato che degli ordini a favore
di una facciata liscia percorsa da membrature orizzontali (marcapiano, marcadavanzali), su cui si stagliano finestre ad
edicola, con timpani triangolari e curvilinei alternati, che al piano terra diventano inginocchiate.
Figura 11 - Palazzo Farnese (Roma)
Nel pieno Rinascimento, su influenza di Vitruvio, si ebbe una maggiore attenzione verso la simmetria, oltre che
delle facciate e della corte interna, anche della configurazione planimetrica, come nel caso di Palazzo Valmarana,
costruito da Andrea Palladio intorno al 1565.
Figura 13 - Pianta
Figura 12 - Palazzo Valmarana (Vicenza)
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Nelle residenze di campagna, la centralizzazione della casa divenne un principio fondamentale. Un primo
esempio è rappresentato dalla Villa medicea di Poggio a Caiano, innalzata su progetto di Giuliano da Sangallo verso la
fine del Quattrocento. Qui, la disposizione degli ambienti interni, distribuiti a croce attorno ad una sala centrale, ricalca
sostanzialmente quanto illustrato da Leon Battista Alberti nel trattato De re aedificatoria, nel tomo dedicato alle "case
signorili". Altra particolarità della villa è l'inserimento di un frontone classico in facciata, che anticipa le soluzioni
palladiane del secolo successivo.
Figura 14 - Villa medicea di Poggio a Caiano (Prato)
Infatti, la scena cinquecentesca è dominata dalle ville che il Palladio realizzò in Veneto; tra queste, un'intensa
fortuna ebbe il progetto della cosiddetta Rotonda (villa Almerico Capra), che fu imitato da diversi artisti appartenenti
alla corrente del palladianesimo internazionale.
Figura 15 - Villa Almerico Capra (Vicenza)
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Figura 16 - Villa Almerico Capra - Pianta
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Le Chiese
La predilezione per le forme geometriche elementari e per l'armonia tra le parti portò alla costruzione di numerose
chiese a pianta centrale. Tra il 1420 ed il1436, Filippo Brunelleschi innalzò la cupola della cattedrale fiorentina,
Figura 17 - Cattedrale do . Maria del Fiore (Firenze)
il più grande organismo a pianta centrale dall'epoca del Pantheon. Nell'architettura, la pianta centrale caratterizza
quegli edifici in cui tutte le parti sono organizzate intorno ad un centro (simmetria centrale). Gli elementi che
costituiscono la forma della pianta sono figure geometriche regolari, quali il quadrato, il cerchio, l'ottagono, la croce
greca, l'ellisse; la centralità dello spazio solitamente è sottolineata da una cupola. Nel caso di un edificio a pianta
circolare, si parla più specificamente di rotonda, mentre nel caso di un edificio religioso con bracci si parla di pianta
a croce greca.
Figura 18 - Pantheon (Roma)
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A Filippo Brunelleschi sono riconducibili diversi edifici centralizzati, come la Sagrestia Vecchia,
Figura 19 - Sagrestia vecchia - Basilica di S. Lorenzo - Firenze
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la Cappella dei Pazzi
Figura 20 - Cappella dei Pazzi (Basilica di S. Croce Firenze)
e la Rotonda di Santa Maria degli Angeli.
Figura 21 - Rotonda di S. maria degli Angeli o degli Scolari
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In questa scia si inseriscono, ad esempio, la basilica di Santa Maria delle Carceri a Prato, di Giuliano da Sangallo, ed
alcuni progetti teorici di Leonardo da Vinci.
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Il tempietto rotondo di Bramante nella chiesa di San Pietro in Montorio in Roma
esprime una nuova concezione nella tipologia di complessi a pianta centrale, mostrando una maggiore derivazione dai
modelli dell'antichità.
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A Bramante si deve anche il disegno originario per la basilica di San Pietro in Vaticano, un imponente complesso
a croce greca, dominato al centro da una colossale cupola semisferica.
La Basilica di S. Pietro
Il cantiere per la nuova cattedrale che sostituiva la basilica Costantiniana fu aperto da Giulio II che probabilmente
intendeva proseguire i lavori intrapresi da Niccolò V. Tuttavia nel 1505, forse dietro consiglio di Michelangelo, al
probabile fine di dare un grandioso contorno al mastodontico mausoleo che aveva concepito per la propria sepoltura, e
comunque all'interno di un clima culturale pienamente rinascimentale che aveva coinvolto la Chiesa, Giulio II decise la
costruzione di una nuova colossale basilica.
I lavori furono affidati a Donato Bramante, da qualche anno giunto a Roma da Milano, che superò il confronto con
l'architetto di fiducia del pontefice, Giuliano da Sangallo, affermandosi come il più importante architetto dell'epoca,
tanto che a lui fu commissionato anche il disegno del vicino Cortile del Belvedere.
Il dibattito, non privo di polemiche e rivalità, che si svolse nel corso del 1505, si imperniava sull'idea di costruire un
edificio a perfetta pianta centrale, condivisa dagli architetti e dagli intellettuali
della Curia, tra cui il neoplatonico Egidio da Viterbo.
Bramante non lasciò un unico progetto definitivo della basilica, ma è opinione
comune che le sue idee originarie prevedessero un rivoluzionario impianto a croce
greca (ideale richiamo ai primi martyria della cristianità), caratterizzato da una
grande cupola emisferica posta al centro del complesso. Tale configurazione si
può desumere, in parte, dall'immagine impressa su una medaglia
del Caradosso coniata per commemorare la posa della prima pietra del tempio, il
18 aprile 1506, e soprattutto da un disegno ritenuto autografo, detto "piano
pergamena" in cui la ricerca del perfetto equilibrio tra le parti portò lo stesso
architetto a omettere persino l'indicazione dell'altare maggiore, segno evidente
che gli ideali del Rinascimento erano maturati anche all'interno della Chiesa.
Figura 22 - progetto del Bramante
Il cantiere dal 1505 al 1514
La sola certezza sulle ultime intenzioni di Bramante e Giulio II è la realizzazione dei quattro possenti pilastri uniti da
quattro grandi arconi destinati a sorreggere la grande cupola, fin dall'inizio, dunque, elemento fondante della nuova
basilica.
Per poter eseguire tali lavori Bramante fece demolire quasi tutta la parte presbiterale dell'antica e veneranda basilica,
suscitando polemiche permanenti fuori e dentro la Chiesa, a cui presero parte anche Michelangelo che criticò la
distruzione delle colonne e persino Erasmo da Rotterdam. Bramante fu soprannominato "maestro ruinante" e fu
dileggiato nel dialogo satirico Simia ("Scimmia") di Andrea Guarna, pubblicato a Milano nel 1517, che racconta come
l'architetto, presentandosi da morto davanti a san Pietro, venga da questi rampognato per la demolizione, rispondendo
con la proposta di ricostruire l'intero Paradiso.
La forte polemica per il gigantismo del progetto, per la distruzione delle più antiche testimonianze della chiesa e per lo
scandalo delle indulgenze che fin dal 1507 Giulio II aveva accordato a coloro che avessero offerto elemosine per la
costruzione della basilica, continuò anche dopo la morte del papa ed ebbe un ruolo nella nascita della Riforma
protestante di Lutero, che vide i lavori in corso nel suo viaggio a Roma alla fine del 1510.
La morte di papa Giulio II (1513), alla quale fece seguito quella dell'architetto (1514), causò forti rallentamenti al
cantiere.
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Il cantiere dal 1514 al 1546
Dal 1514, come successore di Bramante fu chiamato Raffaello Sanzio con Giuliano da Sangallo e Fra' Giocondo. Dopo
la morte di Raffaello, dal 1520 subentrò come primo architetto Antonio da Sangallo il Giovane con Baldassarre Peruzzi.
Tutti gli architetti sopra riportati approntarono progetti per completare la basilica; si creò pertanto un largo dibattito che
di fatto rallentò il cantiere. La maggior parte delle soluzioni proposte per il completamento dell'edificio, compresa
quella di Raffaello prevedevano il ritorno a un impianto di tipo basilicale, con un corpo longitudinale a tre navate,
mentre solo il progetto di Peruzzi rimaneva sostanzialmente fedele alla soluzione a pianta centrale. Dopo una ripresa del
ritmo dei lavori nel 1525, che permise di terminare la tribuna e portare avanti decisivamente il braccio meridionale
(come appare nelle vedute di Maarten van Heemskerck), il Sacco di Roma (1527) fermò il concretizzarsi di questi
progetti.
Figura 23 - Progetto di Raffaello
Figura 24 - Progetto di Sangallo il giovane
Fu solo sotto papa Paolo III, intorno al 1538, che i lavori furono ripresi da Antonio da Sangallo il Giovane, il quale,
intuendo che non avrebbe potuto vedere la fine dei lavori per limiti di età, approntò un grandioso e costoso modello
ligneo (oggi conservato nelle cosiddette sale ottagonali che si aprono tra le volte e il sottotetto della basilica) sul quale
lavorò dal 1539 al 1546, avvalendosi dell'aiuto di Antonio Labacco, per illustrare nei minimi dettagli il suo disegno, che
si poneva come una sintesi dei precedenti. All'impianto centrale caldeggiato dal Peruzzi si innestava infatti un
avancorpo affiancato da due altissime torri campanarie; anche la cupola si allontanava dall'ideale classico del Bramante,
elevandosi con una volta a base circolare con sesto rialzato mitigata da un doppio tamburo classicheggiante.
Il progetto di Michelangelo
Dopo Sangallo, deceduto nel 1546, alla direzione dei lavori subentrò Michelangelo Buonarroti, all'epoca ormai
settantenne.
La storia del progetto michelangiolesco è documentata da una serie di documenti di cantiere, lettere, disegni dello stesso
Buonarroti e di altri artisti, affreschi e testimonianze dei contemporanei, come Giorgio Vasari. Malgrado ciò, le
informazioni ricavabili spesso sono in contraddizione tra loro. Il motivo principale risiede nel fatto che Michelangelo
non redasse mai un progetto definitivo per la basilica vaticana, preferendo procedere per parti. Tuttavia, dopo la morte
di Michelangelo, furono stampate diverse incisioni nel tentativo di restituire una visione complessiva del disegno
concepito dall'artista toscano, tra cui quelle di Stefano Dupérac, che subito si imposero come le più diffuse e accettate.
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Figura 26 - Sezione del progetto di Michelangelo incisione di Dupérac
Figura 25 Progetto di Michelangelo
Pertanto, Michelangelo tornò alla pianta centrale del progetto originario, così da sottolineare maggiormente l'impatto
della cupola, ma annullando la perfetta simmetria studiata da Bramante con la previsione di un pronao. Questa scelta
portò allo scarto dell'idea di Antonio da Sangallo e del suo costosissimo progetto che Michelangelo considerava troppo
poco luminoso e stilisticamente scadente. Non mancarono le critiche, avanzate con forza dai sostenitori del modello di
Sangallo, primo fra tutti Nanni di Baccio Bigio (a sua volta aspirante alla direzione dei lavori), secondo le quali
Michelangelo avrebbe speso più in demolizioni che in costruzioni. Al fine di prevenire il rischio che dopo la sua morte
qualcuno alterasse il suo disegno, Michelangelo avviò il cantiere in diversi punti della basilica (con l'esclusione della
facciata, dove sorgevano ancora i resti della basilica paleocristiana), così da obbligare i suoi successori a continuare la
costruzione secondo la sua concezione.
Quindi, all'equilibrio rinascimentale egli contrappose la forza e la drammaticità che derivavano dal suo genio:
innanzitutto, sul lato orientale disegnò una facciata porticata sormontata da un attico, dando quindi una direzione
principale all'intero edificio; poi, dopo aver demolito parti già realizzate dai suoi predecessori (come il deambulatorio
previsto dal Sangallo all'estremità delle absidi), rafforzò ancora le strutture portanti a sostegno della cupola,
allontanandole dalle delicate proporzioni bramantesche. Alla pianta di Bramante, con una croce maggiore affiancata da
quattro croci minori, Michelangelo sostituì una croce centrata su un ambulacro (passaggio coperto) quadrato,
semplificando quindi la concezione dello spazio interno. In questo modo il fulcro del nuovo progetto sarebbe stata la
cupola, ispirata nella concezione della doppia calotta a quella progettata da Filippo Brunelleschi per la cattedrale
fiorentina di Santa Maria del Fiore.
Nel 1564, alla morte dell'artista, la cupola non era stata ancora terminata e i lavori erano giunti all'altezza del tamburo:
fu Giacomo Della Porta (1533 -1602) a eseguirne il completamento (1588 - 1590),. Uno studio sul riuso di colonne
antiche all'interno della basilica, recuperate durante la direzione di Michelangelo, ha mostrato che con ogni probabilità
alcune tra le colonne di granito grigio presenti nel transetto e nell'abside di fondo provengono dal Tempio di Venere a
Roma.
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Il completamento della basilica
Dopo il 1602, papa Clemente VIII affidò la direzione della fabbrica a Carlo
Maderno, che fu incaricato di completare la basilica con l'aggiunta di un
corpo longitudinale costituito da tre campate e da un portico in facciata.
L'opera mutava radicalmente il progetto di Michelangelo e, seguendo le
rigide direttive della Controriforma, faceva assumere alla basilica una
pianta a croce latina, capace di ospitare un maggior numero di fedeli, ma
trasformando la chiesa in uno "strumento di culto di massa" e attenuando
anche l'impatto della cupola sulla piazza antistante. Le campate
trasformarono il corpo longitudinale della chiesa in un organismo a tre
navate, con profonde cappelle inserite lungo le mura perimetrali. Le navate
laterali furono coperte con cupole a pianta ovale, incassate nel corpo della
basilica e caratterizzate all'esterno solo da piccole lanterne, che avrebbero
dovuto essere celate, alla sommità del tetto, per mezzo di numerose cupole
ornamentali a pianta ottagonale, non realizzate.
La basilica fu consacrata da papa Urbano VIII nel 1626.
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Abbandono della pianta a croce greca
La pianta longitudinale non fu messa da parte. Nella prima metà del XV secolo, Brunelleschi ideò le chiese fiorentine
di San Lorenzo e Santo Spirito, ricorrendo, in entrambi i casi, ad uno schema a croce latina.
Figura 27 - Chiesa di S. Spirito
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Figura 28 - Chiesa S. Spirito (Firenze)
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Figura 29 - Chiesa di S. Lorenzo (Firenze)
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Figura 30 - Chiesa di S. Lorenzo
Brunelleschi è uno dei primi artisti ad utilizzare la prospettiva a punto unico di fuga nei suoi progetti architettonici con
l'intento di trasmettere il concetto visivo della dimensione. La Cupola della chiesa di Santa Maria del Fiore rappresenta
una delle maggiori opere d'ingegno architettonico di Filippo Brunelleschi.
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Sempre longitudinale è lo sviluppo della basilica di Sant'Andrea a Mantova, di Leon Battista Alberti, e delle chiese
veneziane del Redentore e di San Giorgio Maggiore, opera di Andrea Palladio. Invece, a Venezia l'architettura
ecclesiastica fu condizionata delle forme della basilica di San Marco: ad esempio, la pianta longitudinale di San
Salvador è composta da tre campate indipendenti coperte da quattro cupole minori, secondo uno schema riconducibile
proprio ai modelli bizantini.
Figura 31 - Basilica di S. Giorgio maggiore (Venezia)
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Le facciate riscoprono i motivi dell'antichità, come pronai, frontoni e archi trionfali. Tra i primi esempi sono da
ricordare le facciate di Santa Maria del Popolo a Roma
Figura 32 -S. Maria del Popolo (Roma)
e Santa Maria Novella, quest'ultima disegnata sempre dall'Alberti. Diversamente, il Palladio innalzò dei prospetti
fondendo insieme due facciate derivate dai templi classici, poste rispettivamente a chiusura della navata centrale e
dinnanzi a quelle laterali.
Figura 33 - Basilica di S. Maria Novella (Firenze)
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