Numero 2

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Numero 2
IL NUOVO
Periodico del liceo Quasimodo fondato nell’a.s. 1991/92 — anno XVII numero 2
www.maxo.splinder.com
Eluana: l’odisQuadri orari per i licei
sea continua
“gelminizzati”: povera
pag 3 scuola, povera scuola
pubblica...
pag 5
Filosofia e scien- Che aspettiamo tutti riuniti qui nell’agorà?
Devono arrivare i barbari oggi.
- Perché tanta impazienza nel Senato?
Quando si decidono i Senatori a legiferare?
Perché arrivano i barbari oggi.
Che vuoi che facciano i Senatori?
Verranno i barbari a legiferare.
- Perché l’imperatore si è alzato tanto presto,
e sta in trono, solenne, con la corona in testa,
alla porta maggiore della città?
Perché arrivano i barbari oggi.
E l’imperatore si appresta a ricevere
il loro capo. Anzi ha preparato
una pergamena da offrirgli
con titoli e molti nomi.
- Perché i nostri due consoli e i pretori sono usci
ti
oggi con la toga rossa ricamata?
Perché portano bracciali pieni di ametiste
e anelli con splendidi smeraldi luccicanti?
Perché mai prendere oggi preziosi scettri
finemente cesellati d’oro e d’argento?
Perché arrivano i barbari oggi;
e queste cose sui barbari fanno effetto.
- Perché i nostri bravi oratori non sono qui,
come sempre a tenere discorsi e a dir la loro?
Perché arrivano i barbari oggi;
loro si stufano di tanta eloquenza e parole.
- Perché all’improvviso sono tutti così nervosi
e inquieti. (I volti come si sono fatti seri).
Perché tanto in fretta si svuotano le strade e le
piazze
e tornano tutti a casa pensierosi?
Perché si è fatta notte e i barbari non
sono più venuti.
E qualcuno è arrivato dai confini,
e ha detto che di barbari non ce ne so
no più.
E ora che fine faremo senza barbari.
Dopotutto, quei barbari erano una soluzione.
C. Kavafis, Aspettando i barbari, 1904,
traduzione di Paola Maria Minacci.
za si incontrano
a Corbetta
pag 3
L’(horr)oroscopo!!!
pag 17
Magenta non è degna della presenza
della ministra?!
pag 6
Dalla California con furore:
esperienze di Erasmus
pag 7
Sul grande schermo: Twilight, Wall-e,
Requiem for a dream, Il divo
pagg 1414-15
Anche quest’anno il comune di Corbetta, in collaborazione con vari sponsor del territorio, ha offerto ad un pubblico ormai affezionato le consuete serate di divulgazione o di
approfondimento di tematiche che scivolano indefinitamente tra lo scientifico ed il filosofico. Queste conferenze, interessanti sia per originalità dei temi, sia per studiata misura
tra ampia fruibilità e argomentazioni tecniche o specialistiche, hanno voluto, quest’anno,
fornire spunti sul difficile studio del rapporto che lega la mente umana con la naturaintorno e, quindi, di come interagisca col mondo e con se stessa, studiando la questione da vari punti di
vista (alcuni più prettamente filosofici, altri più rigorosamente scientifici). Queste conferenze sono anche
occasione di incontro con eminenti figure della ricerca e dell’insegnamento universitario, che partecipano ogni anno, riconducendo il tema scelto alle proprie competenze di indagine e dando così una visione
sfaccettata ma sempre solida e fondata dell’argomento. In particolare quast’anno hanno partecipato: Umberto Galimberti, Piergiorgio Odifreddi, Marcello Massimini, Telmo Pievani.
Matteo Zennaro III A class
“Ora Eluana può morire”.Cosi
recita il titolo de “La Repubblica” del 14 Novembre, il giorno
dopo la sentenza riguardante
il caso Eluana Englaro.Ma chi è
Eluana??Perché nelle prime
pagine dei giornali campeggia
il suo volto??Tutto ha inizio il
18 Gennaio 1992, quando Eluana, 19 anni, di Lecco, entra
in coma in seguito ad un incidente stradale. Da allora, ovvero da 16 anni, vive in stato vegetativo permanente. L’SVP è
una condizione molto differente dal coma: a differenza di
quest’ultimo, infatti, ci sono
pochissime -quasi nulle- possibilità di risveglio. Questa condizione è caratterizzata da:
completo mantenimento delle
funzioni vitali; perdita delle
funzioni cognitive e della capacità di interazione con l’ambiente esterno; presenza dello
stato di sonno-veglia(in pratica, si addormenta e si risveglia); emissione di suoni ma
non di parole; reazione a stimoli dolorosi; presenza di masticazione e di deglutizione;
incontinenza; presenza di movimenti spontanei ma non fiPagina 3
nalizzati. Dopo anni di combattimenti giuridici, il padre di
lei, Beppino Englaro, riesce finalmente, con un’autorizzazione della Corte di Appello nel 9
Luglio 2008, a far sospendere
l’alimentazione e l’idratazione
di Eluana, uniche cure, se così
si vuole definirle, che mantengono ancora in vita la ragazza.
Dopo un ricorso della Procura
Generale, la Cassazione il 14
novembre boccia il ricorso
stesso, rendendo definitivo il
decreto della Corte di Appello
e quindi la morte di Eluana. E
l’Italia intanto si spacca in due.
Da una parte, chi è contro la
sentenza e grida all’eutanasia,
dall’altra chi è a favore. Mentre
i politici e il clero italiano discutono su questioni etiche, bioetiche e religiose, Eluana si appresta a compiere il suo ultimo
viaggio terreno; tra poco, infatti, sarà trasferita dalla clinica
“Beato Luigi Talamoni” di Lecco, dove da 16 anni è assistita
dalle cure delle Madri Misericordine, all’ospedale “Santa
Maria della Misericordia” di Udine, dove è stato allestito un
hospice –così li chiamano- per
la “cura” dei malati terminali.
Quasi un ritorno alle origini, il
suo. Un pellegrinaggio, ma per
lei senza più coscienza, a quelle radici della terra di suo padre. Mi sorge però una domanda: ma perché Eluana non
può tornare a casa sua e morire tra quelle mura dove ha
sempre vissuto??...Perché in
effetti nulla ormai lo vieta e
nessuno sarebbe perseguibile
penalmente. A tutto questo va
aggiunto il fatto che, purtroppo o fortunatamente, non è
stata scritta ancora la parola
“fine” a questa vicenda. Infatti
è stato fatto ricorso da tre organizzazioni, Vive Onlus, Federazione nazionale associazioni
trauma cranico e Rete, alla
Corte dei diritti dell’uomo di
Strasburgo contro la sentenza
della Cassazione, procedura
che porterà ancora più avanti
nel tempo la vicenda. E intanto Eluana aspetta. Aspetta la
sua morte, la fine della sua vita. Vita strappata nel fiore degli anni. Vita che da 16 anni
non le appartiene più.
Nicolas, 3A spp
Non se ne sente quasi più parlare. Come “di chi”? Della ministra, ma sì, della Gelmini e delle sue trovate. Poche laconiche notiziole, quattro righe sui giornali a commento di uno sciopero, qualche
graffito impertinente che la invita ad andarsene. Nient’altro. Come se
gli scioperi, i cortei, i dibattiti, l’indignazione e le proteste si fossero
sopiti sotto ad una patina di rassegnata accettazione. Una strana pace
mediatica sembra calata da alcune settimane sulla questione scolastica. Non se ne parla più. Forse Qualcuno vuol farci credere che tutto
sia tornato alla normalità, che in fondo adesso tutti sono d’accordo,
favorevoli, sorridenti e placidi.
La verità è che, ora come ora, regna la confusione più totale riguardo
al destino della scuola nel futuro più immediato. Approvato il decreto,
ci si chiede ora come ci si dovrà comportare per applicarlo. Certo,
tutto è stati rinviato al 2009/2010. Ma non è il caso di darsi all’ottimismo: l’appuntamento è tra un anno, ci ritroverà ancora nella stessa
situazione. Il tempo non è un rimedio universale, anzi.
A questo punto occorre attendere i regolamenti attuativi, che potrebbero prevedere una più ampia flessibilità rispetto al testo della legge.
Tradotto in concreto, non ci sono per ora risposte certe a tutte le domande del caso. Caso strano e tristo, sì, ma anche abilmente reso poco
chiaro, a partire dalle cose più semplici.
E le scuole superiori? E i licei? Come verranno riorganizzati i quadri
orari, adesso che le ore massime previste sono 30 alla settimana? Ecco
la possibile soluzione ipotizzata; sembra quasi che per ricavarla ci si
sia rivolti a giocatori esperti di Sudoku…
LICEO CLASSICO
MATERIE/ANNO
1° 2°
Lingua e letteratura
5
5
italiana
Lingua e cultura latina
4
4
Lingua e cultura greca
4
4
Lingua inglese
3
3
Storia
3
3
Geografia
2
2
Filosofia
0
0
Matematica***
3
3
Fisica
0
0
Scienze naturali**
2
2
Storia dell’arte
1
1
Scienze motorie e spor2
2
tive
Religione cattolica o
1
1
attività alternative
Totale ore
30 30
3°
4
4°
4
5°
4
4
3
2
3
0
3
3
2
2
1
2
4
3
2
3
0
3
3
2
2
1
2
4
3
2
3
0
3
3
2
2
1
2
1
1
1
30
30
30
*Sono
comprese
33 ore annuali con
docente
madrelingua
**Biologia,
Chimica,
Scienze
della Terra
***Con
elementi di
informatica
Che dire? Per il liceo classico non ci sono grossi problemi.
Certo, un’ora in meno di lingua inglese; in compenso però lo
studio della storia dell’arte si estende a tutti e cinque gli anni.
Per quanto riguarda il liceo linguistico e quello delle scienze
umane, be’, date un’occhiata a cosa significa tagliare di netto
l’orario.
Le menomazioni non finiscono qui. Per quanto riguarda il
liceo scientifico, verrà data la possibilità alla scuola di optare
in via sperimentale per un modello che preveda, come ora, il
latino oppure una seconda lingua straniera per tutti e 5 gli
anni (la cosa potrebbe valere anche per i licei linguistico e
delle scienze umane).
LICEO DELLE SCIENZE UMANE
MATERIE/ANNO
1° 2° 3° 4°
Lingua e letteratura
4
4
4
4
italiana
Lingua e cultura latina
3
3
2
2
Lingua inglese
2
2
2
2
Storia
3
3
3
3
Geografia
2
2
0
0
Filosofia
0
0
3
3
Pedagogia
4
4
0
0
Scienze umane
0
0
4
4
Matematica***
3
3
3
3
Fisica
0
0
2
2
Scienze naturali**
2
2
2
2
Storia dell’arte
2
2
2
2
Musica
2
2
0
0
Scienze motorie e
2
2
2
2
sportive
Religione cattolica o
1
1
1
1
attività alternative
Totale ore
30 30 30 30
LICEO LINGUISTICO
MATERIE/ANNO
1° 2° 3°
Lingua e letteratura
4
4
4
italiana
Lingua inglese*
4
4
4
Lingua straniera 2*
5
5
4
Lingua straniera 3*
5
5
4
Storia
3
3
3
Filosofia
0
0
2
Geografia
2
2
0
Matematica***
3
3
3
Scienze naturali**
0
0
2
Storia dell’arte
1
1
1
Scienze motorie e
2
2
2
sportive
Religione cattolica o
1
1
1
attività alternative
Totale ore
30 30 30
5°
4
2
2
3
0
3
0
4
3
2
2
2
0
2
1
30
4°
4
5°
4
4
4
4
3
2
0
3
2
1
2
4
4
4
3
2
0
3
2
1
2
1
1
30
30
E poi la ministra viene a parlarci di dialogo ed “apertura a
idee, progetti, proposte e anche critiche”, aprendo un canale su
Youtube. Già, 28 secondi di video che vorrebbero giustificare
o rabbonire, chissà. Un “dibattito” che si avvale, ovviamente,
della censura dei commenti (ohimè, anch’io ne ho subito gli
effetti). Che farsa patetica, che attricetta da quattro soldi. Non
c’è nemmeno la soddisfazione di poterle tirare uova e pomodori marci… per lo stesso motivo a causa del quale, con uno
schermo, non si può parlare. (Per chi ama dozzinali buffonerie
di mimi ed acrobati in maglioncino-color-ciclamìn, ecco il
link: http://it.youtube.com/user/mariastellagelmini)
Rita Sozzi, IIIA cl
Pagina 4
Vari avvenimenti lacerano in questo momento l’orizzonte mondiale degli eventi, avvenimenti, certo, più gravi, impellenti e preoccupanti di una prima della Scala o di una Chiesa (una
delle tante) in crisi. Eppure, ci è parso interessante l’editoriale pubblicato da ‘Il Sole 24 Ore’
firmato da Chiaberge, un bellissimo spunto di riflessione e di discussione. Sperando che
qualcuno lo colga, lo riportiamo qui di seguito, con buona pace del Sole 24, che, confidiamo,
non vorrà farci causa per questa piccola scorrettezza editoriale...
"Non si è vista l’ombra di un paparazzo, la
sera di giovedì 4 dicembre alla Scala, all’anteprima riservata ai minori di 26 anni. Peccato, perché tra quel pubblico in jeans che si agitava un po’ spaesato tra i velluti rossi e andava in visibilio per gli assoli di Furlanetto
c’era ben di meglio delle Marini, dei La Russa o degli altri onnipresenti che stasera si pigeranno nel foyer.
È stato, a suo modo, un piccolo Big Bang milanese, un miracolo laico del sovrintendente
Stéphane Lissner: per la prima volta, il rito
mummificato della serata di Sant’Ambrogio
veniva profanato da una torma di ragazze e
ragazzi che, nella stragrande maggioranza,
non aveva mai messo piede in un teatro lirico.
Come spesso accade, i giornali non hanno dato peso all’evento, troppo impegnati com’erano a discutere della vittoria di Luxuria all'Isola dei famosi o delle beghe per la commissione di Vigilanza.
E allora vale la pena di dirlo, chiaro e forte:
dobbiamo riportare i giovani nei luoghi sacri
– sacri alla cultura, all’arte o, perché no, alla
religione. Un popolo che diserta le sale da
concerto, i musei, i templi, non è un popolo
moderno o laico, è solo un popolo senz’anima, che si sta imbarbarendo. Se ad applaudire
il Don Carlo sono per lo più mani avvizzite,
se nei banchi delle chiese si piegano solo ginocchia artrosiche, nessuno dovrebbe rallegrarsi. Neppure gli atei bigotti o i dissacratori
di professione. Perché come la musica e l’arte, anche la religione (quando non degenera in
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fanatismo) è un fattore insostituibile di aggregazione e di crescita civile. O vogliamo accontentarci degli stadi e delle discoteche?
A proposito di giovani, leggete cosa dice il
cardinale Carlo Maria Martini a Georg Sporschill nelle sue Conversazioni notturne a Gerusalemme (Mondadori): «Ai giovani non
possiamo insegnare nulla, possiamo solo aiutarli ad ascoltare il loro maestro interiore.
Suonano strane, ma sono parole di Sant’Agostino... Il metodo giusto non è predicare alla
gioventù come deve vivere per poi giudicarla
con l’intenzione di cercare di conquistare coloro che rispettano le nostre regole e le nostre
idee. La comunicazione deve cominciare in
assoluta libertà, in caso contrario non è comunicazione. E, soprattutto, in questo modo non
si conquista nessuno, caso mai lo si opprime...».
Ma una Chiesa che nega i funerali religiosi a
Welby e la comunione ai divorziati, e dove lo
stesso cardinale che ha riabilitato Galileo celebra le nozze di Briatore con la Gregoraci,
una Chiesa che protesta per i tagli alla scuola
confessionale e tace su quelli all’istruzione
pubblica: come stupirsi che da una Chiesa così, i giovani si tengano alla larga? Date un
Lissner al Vaticano."
Chiaberge
Il freddo, la cosa che più mi è
rimasta addosso è stata il freddo. Non che il resto non sia stato significativo, che non me ne
sia importato nulla ma ci sono
cose che ti colpiscono più di
altre. Di freddo stamattina ce
ne era parecchio e anche di
buoni intenti. Già, perchè in
questa curiosa mattina, in questi curiosi giorni, una voce aveva iniziato insistente a girare
insieme a sguardi enigmatici ai
cambi d'ora, a domande confuse, la voce che lei, la ministra,
la Gelmini, sarebbe venuta a
Magenta.
Il perchè forse l'hanno capito in
pochi, anche a me la versione
dei fatti è arrivata a pezzi e tutt'altro che chiara. Stando a
questo curioso passaparola,
poi confermato da versioni più
ufficiali, il Macello, scuola professionale di Magenta, avrebbe
avuto dei finanziamenti dalla
Toyota, il patto tanto semplice
quanto bizzarro è questo: noi vi
diamo i soldi, voi insegnate agli
alunni l’utilizzo dei nostri macchinari in modo che vengano
dopo la scuola a lavorare da
noi. Va da sé che la Toyota abbia a questo punto dei poteri
decisionali, seppure relativamente ridotti, sul Macello…strano concetto di scuola
Pubblica.
Ma tornando a questa fredda
mattina, proprio a suggellare
questo accordo, secondo le dicerie, sarebbe dovuta venire la
Gelmini, ideatrice e sostenitrice
di questo tipo di intrecci tra
scuola e privati, sarebbe dovuta venire e noi saremmo stati lì,
a ricordare che la scuola non è
solo una serie di numeri in una
finanziaria, la scuola respira,
grida e protesta. Non eravamo
in tanti se paragonati a Milano,
a Roma, ma c’eravamo, il simbolico picchetto ha portato in
piazza un centinaio di studenti
della nostra scuola a cui si sono aggiunti ragazzi dalle altre
scuole.
Con la voce come striscioni, le
mani come musica ci siamo
lentamente incamminati verso il
Professionale, primini affianco
a futuri maturandi, ragazze con
gli zaini pieni di scritte dell’amica, del fidanzato, ragazzi con
gli zaini piene di spille inneggianti al Heavy Metal e all’amore universale, qualcuno batte le
mani a tempo degli slogan,
qualcuno parla fitto fitto con la
persona vicina, magari si fa gli
affari suoi, però è lì presente,
presente per il proprio futuro,
presente in questa impavida
armata Brancaleone. Arrivati
alla nostra meta la Gelmini non
si vede ancora e si decide quindi di tornare al Quasimodo, per
giunta “incoraggiati” dalla polizia locale, dove ci si stabilisce
in cortile a fare il punto della
situazione. Dopo un paio di tentativi di assemblea all’aperto,
miseramente falliti, si riparte,
riposati dalla sosta, prima per il
Bramante e poi di nuovo verso
il Macello, qui arriva però la notizia che la ministra sarebbe
rimasta a Cornaredo e che la
conferenza prevista si sarebbe
svolta nel lussuoso hotel dove
la Gelmini risiedeva. Il corteo si
scioglie come neve al sole sotto un cielo finalmente, dopo la
fredda e grigia mattinata, ridi-
ventato blu, quasi come se fosse sollevato di non dover vedere la piccola Magenta, per un
paio d’ore divenuta grandissima, ospite di un indesiderato
visitatore. Come in uno scadente B-movie la frase da dire viene spontanea: “avremo vinto
una battaglia ma c’è ancora
una guerra da combattere”. La
riforma non è stata cancellata, i
tagli continuano, l’istruzione
ancora vacilla e noi non siamo
che una piccola goccia nel mare… ma il mare non è fatto di
gocce? La sensazione di non
potere nulla, di non avere voce
rimane. Rimangono la stanchezza dei lenti passi, le gole
roche per le grida, rimane addosso il freddo, ma
a Magenta il cielo è sempre più
blu.
Post scriptum: approfitto del
giornalino per porgere le scuse
a tutti coloro che si siano sentiti
offesi dai manifestanti, la democrazia che tanto ricerchiamo
è la tolleranza e l’ascolto delle
opinioni degli altri e la difesa
del loro diritto di esporle (ad
esempio restando in classe)
anche se ritenute scomode,
senza dialogo e rispetto si cade
solamente nel fascismo di chi si
crede nel giusto. Sinceramente
chiedo scusa, a nome di tutti,
ma me la sento anche di fare
un piccolo appello: creiamo
questo dialogo!
Tommaso conte 3A spp
Pagina 6
Cronache dell’altro mondo:
esperienze di un Erasmus in
California
No, cari lettori, non sto parlando di fantascienza, ma semplicemente degli Stati Uniti
d'America.
50 stati, piu' di 300 milioni di abitanti, patria delle liberta' e dei sogni realizzabili, dalle
montagne all'oceano, bla bla bla…. ma com'e’ davvero quest'America?
Quest’oggi vi portero’ con me in una tipica giornata di un teenager Americano a Redondo
beah, California.
Venerdi’ mattina. Suona la sveglia, una, due, tre volte…e’ lo stesso dovunque, ma il pensiero che lo accompagna un po’ diverso. Si’, perche’ andare a scuola non rappresenta una
tortura, e presto capirete il perche’.
Con piu’ di 2000 studenti, Redondo Union High School e’ un esempio di di come in America la diversita’ sia davvero una ricchezza. Mentre mi dirigo al mio armadietto, un
classico tutto Americano, incontro cheerleaders, atleti, pirati, ed ogni tanto, lo ammetto,
mi guardo intorno chiedendomi quale sia il titolo di questo film.
Ma non perdiamoci in chiacchere, amici miei, sono gia’ le otto e le lezioni stanno per
cominciare.
Prima ora: government. Tranquilli, vuol semplicemente dire storia contemporanea. Letteralmente. Studiamo Mr obama e McCain, Sarah Palin e Joe Biden, il meccanismo elettorale e quant’altro. Il tutto insegnato attraverso cartoni animati, quiz interattivi e you
tube. Suona la campanella, gli studenti affollano il campus, mi concedo un minuto per ammirare l’oceano. Solo uno, pero’, e’ ora di andare a educazione fisica.
Educazione fisica e’ il fulcro di ogni high school, le squadre, da pallavolo al golf passando
per il surf ed ovviamente il football americano, sono l’anima della scuola. Gli studenti seguono le quadre della scuola con la stessa passione e lo stesso amore con cui noi italiani
seguiamo il calcio.
L’ora di educazione fisica e’ finita e dopo un breve snack (solo20 minuti) arriva biologia.
L’insegnate, nonche’ coach del team di water polo, tenta di tramettere quacosa ad un
gruppo di addolescenti che non ho mai visto, non solo per maniere ma anche per ignoranza , il poveretto prova a far capire che il cibo spazzatura si chiama spazzatura per
una ragione. I ragazzi? Sbuffano e tornano ai loro pop corn: caramello e formaggio,
moooolto piu’ interessante.
Finalmente lunch, quaranta minuti di pausa assoluta, si pranza all’aperto poiche’,
nonostante sia fine ottobre, c’e’ un bel sole e non piove,
Mai.
L’ultima ora e’ precalculus (matematica). L’isegnante ha qualche problema a pronunciare il nome del pirata jack, pirata di nome e di fatto… stivali, vestiti sgualcinati, camminata sbilenca ...rimango perplessa: al mondo c’e’ davvero posto per tutti, pirati compresi.
La mia giornata scolastica e’ terminata, ora di andare a casa a preparsi, e’ venerdi’:
questa sera c’e’ la partita e domani niente scuola. No, non avete capito male: al sabato
non si va a scuola, mai. Sorry guys, that’s America!
Alla prossima puntata!
Cecilia Ascoli
Class of 2009, Redondo Union High
Pagina 7
La lunghezza di una parola è direttamente proporzionale alla sua carica comica.
Questo
teorema di inattaccabile rigore scientifico è dimostrato da numerosi esempi, tra cui si annoverano lemmi del calibro di ‘idroclimatotalassoterapia’ e altre amenità medico-curative. Detto questo,
possiamo affermare che, purtroppo, la pace nel mondo è solo utopia e che gli autobus sono generalmente in orario, secondo l’orologio da taschino del mio bisnonno, il quale è fermo esattamente da quarant’anni (l’orologio, non il bisnonno né il taschino). E con ciò ho detto tutto. Perché tanto, a pensarci, non c’è poi molto da dire, non c’è poi molto valore da affidare alle cose dette, né c’è attesa o attenzione per quello che si dirà. E questo teorema di inattaccabile rigore
scientifico è dimostrato dall’attitudine apparentemente inconcepibile, eppure ben radicata, a
passare sopra alle promesse, a chiudere un occhio sulle offese e a parlare sempre e comunque a
vanvera. Infatti quel gran principio guida della nostra esistenza che si chiama ‘quieto vivere’ ma
anche, non si capisce bene perché, ‘vivere civile’, ci impone di accantonare con grande clemenza
e idiozia tutto ciò che ci hanno tirato dietro con grazia e gentilezza e continuare a occupare il nostro seggiolino numerato (fila x posto y!) in silenzio religioso e con desta attenzione. Ma anche
senza. Eppure, l’uomo del monte ha detto no. Io, invece, dico sì a valsoia e la riempio di insulti.
E allora, viva viva, parliamo, dai, e chissenefrega di chi è presente e chi è assente, chissenefrega
di ‘sensibilità’, ‘emozioni’ o altro. Dai, su, rimangiamoci la parola data (sono gli altri che hanno
capito male…?), che aspettiamo a insultare a caso, tanto qualcuno che recepisca c’è sempre?
Perché aspettiamo le lucerne? Insulta insulta e vivi felice. Forza, ce la puoi fare anche tu!
Campagna pubblicitaria promossa dal ministero delle politiche politicose, delle vene varicose
e del ‘quanto a finess, il resto è noto a tutti’.
Ma se ti siedi un momento su una sedia giallo ‘cacca di quando stai male, ma male davvero’, se
ti siedi un attimo su uno di quei sedili sbiaditi dei pullman,
(blu e arancione è un accostamento
timbrico: dovrebbero pensare alle conseguenze delle scelte dei colori, quando progettano quei
carrozzoni, conseguenze pesanti a livello emotivo)
se provi per un momento a pensare – pensare con calma, in silenzio – se provi per un momento a pensare in silenzio in mezzo al rumore – se riesci anche solo per un momento a trovare il silenzio in mezzo al rumore – allora
allora – scoprirai quanto poco importa quel cumulo di parole rigurgitate – quanto sono inutili quelle parole rigurgitate – sono solo
rigurgiti quelle parole rigurgitate – conati di parola e di comunicazione – tentativi e conati – ci si
prova a parlare, a riempire il silenzio – si copre il silenzio, ma lui resta lì sotto – lì sotto ed aspetta
– il silenzio – il silenzio è coperto ma resta lì sotto
cosa fa lì sotto? – ti chiedi che cosa sta
a fare, lì sotto, il silenzio – aspetta – aspetta in silenzio il silenzio – aspetta che qualcuno si fermi
su un sedile sbiadito – aspetta di essere ascoltato – non biasimateli! – coprono il silenzio – ma è
colpa sua – del silenzio – lui fa paura – allora non biasimateli se coprono il silenzio – è, addirittura, giusto – estremamente giusto – e naturale, sì – naturale – naturale che coprano il silenzio.
Solo, ogni tanto, bisogna, bisogna provare a scoprire il silenzio, togliere il velo, ignorare le parole rigurgitate, ignorare gli insulti che vagano, le false promesse, i discorsi vuoti. Ignorare questi rumori che coprono e basta, scoprire il silenzio e ascoltarlo. Il silenzio in mezzo al
rumore. Il silenzio sotto al rumore. Silenzio.
Silenzio, intorno: solo, alle ventate,
odi lontano, da giardini ed orti,
di foglie un cader fragile. È l'estate,
fredda, dei morti.
Matteo Zennaro, IIIA cl
Vorreste condividere il vostro fuoco con me?
E cosa ha acceso il vostro braciere?
Certamente scintille, pietre focaie a me sconosciute. Io posseggo un piccolo falò;
comprendete, è minuscolo, malmostoso, ha una codarda tendenza a estinguersi appena il venticello più
innocente glielo comanda. Le mie mani sono tutte spellate e sanguinanti, devo sforzarle spesso - in tutta la
loro goffaggine- per nutrire le fiammelle con espedienti del momento. [continua a pag seguente]
Pagina 8
[continua da pag precedente] Avvicinatevi. Percepite, accanto al calore blando, il crepitio di carta ingiallita che si
accartoccia, indispettita dalla propria fine, ormai impossibilitata a comunicare, autoreferenziale, archivi di
emozioni ed ossessioni troppo distanti. Ne conservo i negativi.
E tu che fai, visitatore?
Ti attardi al mio fuocherello e lo osservi con compatimento. Eppure vive grazie a te.
Tu avevi una pietra focaia, e polvere da sparo, e mani esperte...
Seguii morbosamente le tue lezioni, quei ricordi che riempiono ancora carte ingiallite. Distratto, non appresi la tua
arte incendiaria.
Mi scottai; vedi il mio corpo ustionato?
Mi scotto.
Tu rimani impassibile; le tue ferite vengono da fuochi più grandi, io posso solo intuirle, tu non riveli.
Credo che ti venni a noia.... mi fingevo piromane, e piansi, piansi implorando fiamme ossidriche.
Ti sputai addosso le lacrime più capricciose.
Te ne andasti.
Sparisti, scivolasti attraverso il mio setaccio paranoico.
Il mio cuore è freddo; la mia anima è libera.
Ero straniero nella tua terra; uomo senza meta, ti chiamai sabbia.
vagamente ispirato alla canzone Sand di Nancy Sinatra e Lee Hazlewood
Giorgio Chiappa 5B ling
A volte ti ritrovi a riflettere. to di avere già un’idea ben precisa di ciò che per te è giusto o
Quando cominci non sai quanto sbagliato, di sapere benissimo che persona vorresti essere, di
lontano arriveranno
i conoscere perfettamente i valori importanti, ma nella vita
reale non tutto questo è applicabile, ci sono migliaia
di ostacoli che ti impediscono di realizzare nella sua
compiutezza il tuo vero io. Il tuo essere ideale giace
entro i confini della tua anima, ma le circostanze della
tuoi pensie- ri, quali arcane visioni ti passeranno per la testa, quali realtà mai vissute e mai toccate realtà in cui tutti i giorni ti trovi a vivere ti impediscono di
vivrai e toccherai dentro di te; ma non ti interessa. Quando farlo affiorare. Allora, ti poni dei buoni propositi, prometti a
entri in questa dimensione, così surreale, così profonda, per te stesso che sarai una persona migliore, che da domani sarai
un po’ rimani estraneo al mondo intero. È proprio in questi ciò che vuoi essere, che rincomincerai una nuova vita, senza
momenti che entri in contatto con la tua anima. Inizi a chie- più contraddizioni. Ma poi, ancora una volta, l’ingiustizia del
derti chi sei, se quello che fai è giusto, se la tua vita così co- mondo ti piomba addosso, perché comprendi che esisteranno
m’è ti basta, se è davvero così che vuoi essere . Di solito in sempre persone e situazioni che ti faranno crollare, e che ti
questi momenti sei sdraiato sul letto, la musica alta, i poster allontaneranno dal piccolo universo perfetto che avevi creato
che tappezzano la camera, apatici, ti fissano a vuoto dai muri intorno alla tua persona. Spesso, quando rifletti, sogni ad
della loro indifferenza. Sei in compagnia solo di te stesso, del occhi aperti, immagini orizzonti che probabilmente non amtuo vero io, quello mai esplorato completamente. Non sai mirerai mai, e allora cerchi di renderli il più reali possibili,
esattamente con quale pretesto inizia il tuo viaggio, ma la dotandoli di particolari verosimili per quel che riguarda la
mente incomincia a vagare, a toccare lidi della tua anima che tua vita, nella vana speranza che almeno così possano più
ti fanno meditare su tutto, su ogni aspetto della vita. E spes- facilmente assumere sostanza, diventare reali. Poi questo
so ti rendi conto che è così piena di contraddizioni, di ingan- sogno svanisce, interrotto dal suono del telefono, dalla necesni, di ingiustizie. Il ritmo rallentato del tuo respiro scandisce sità dei compiti per il giorno dopo, dall’arrivo di qualcuno, o
parole che volano sussurrate nell’aria, parole che avresti vo- dalle grida di quei bambini deficienti che si divertono a fare
luto dire in una certa occasione, o che vorresti dire nel mo- abbaiare il tuo cane. E allora ti alzi e rincominci a mettere
mento opportuno a tu sai chi. Solo ora escono dalla bocca, piede nella realtà della vita, nel mondo di tutti i giorni, un po’
quelle dannate parole, non quando era o sarà davvero il mo- cambiata, un po’ sempre la stessa, non importa. Non cambiemento. Ricordi di attimi già passati si uniscono a momenti rà forse la nostra intera esistenza, ma credo non possa farci
mai vissuti, quello che hai fatto a quello che la tua mente, ora, che bene se tutti, almeno qualche volta, ci fermassimo un po’
sa che sarebbe stato giusto fare, o semplicemente, a quello di più a pensare.
che ti avrebbe fatto stare meglio. Ti interroghi sul significaValeria Meneghello, IIA cl
to che dai alla vita, sul perché delle tue azioni. e ti rendi con-
Pagina 9
“Ludwig van Beethoven scrisse otto sinfonie e poi più
niente per dieci anni –dieci anni in cui tutto cambiò-;
dopo il 1814 non sentì più nessuna delle note che scrisse… potreste immaginare una solitudine peggiore?”
(A. Baricco)
E ti ritrovi lì, davanti alla porta di casa, da solo, senza
sapere più cosa fare. Dovrei entrare? Ciò che blocca è il
timore di non ricordare più cosa si trovi nella penombra
delle stanze. Stai lì, sull’uscio, impalato a fissare la maniglia della porta. E se, aprendo, scoprissi che, nel tempo trascorso fuori, tutto è cambiato? Se questa non fosse
più casa mia? Chi ti assicura che mentre eri via non sia
successo qualcosa –qualcosa di fondamentale, qualcosa
di irreparabile- che abbia sconvolto tutto?
C’è un che di ridicolo, ma profondo, in quell’indugiare
ad un passo dalla soglia di casa, ad un passo dalla propria piccola esistenza; ci si sente quasi comici, lì, mentre
ci si rende conto di essere rimasti lontani da se stessi per
tantissimo tempo, per anni, o secondi, come nei sogni.
Non è spaventoso il destino che ci costringe a partire, un
giorno, con la nebbia del primo mattino? Ma ancor più
doloroso è rendersi conto di esser tornati sempre sui
propri passi, e aver viaggiato in cerchio, pestando di
continuo la stessa terra e facendo finta di vedere del nuovo in ciò che è vecchio e consueto. Una partenza che è
già di per sé ritorno, una partenza che non è più tale visto che non piange il cuore al pensiero di lasciare la propria casa, lasciare se stessi, poiché si sa già, ed è inevitabile, che si ritornerà esattamente al punto d’inizio. Forse
se esistesse il moto perpetuo noi in eterno cammineremmo sulle nostre stesse orme; ci convinciamo così profondamente dell’immutabilità delle cose finchè poi, una
sera, non ci si ritrova davanti all’uscio senza il coraggio
di entrare. Quella sera, fredda come un’anestesia, fa
sembrare perfino ragionevole il mondo, e inspiegabilmente mette addosso una voglia pazzesca di tornare a
casa; crollano le menzogne, l’ipocrisia, la falsa fretta e
perfino la presunzione di sapere davvero chi diavolo
siamo; così si resta, inermi, di fronte al proprio bisogno
di tornare a se stessi, di rientrare in casa, la tua, dove
magari nemmeno più riesci ad orientarti, come fosse
quella di un altro. Non importa se nessuno dentro ti aspetta, non è quello il punto; è riabbracciare la propria
intimità, il sentirsi finalmente comodi, in pantofole, nella
propria esistenza. Che coraggio si cela nel rapido abbassare la maniglia e muovere il primo passo verso quella
semioscurità fatta di ricordi! E’ un’icona, sacra per
quanto laica, il gesto dell’uomo che trova la forza di
abbandonare il mondo di fuori, per una sera, abbandonare le pretese ed i ruoli di facciata, per tornare alla pace, a
se stesso, alla casa, uno spettacolo meraviglioso, conoscere a memoria la forma degli oggetti e le geometrie
dello spazio, non doversi più difendere dal rumore dell’esistenza… E’ commovente ritrovare tutto come lo si era
lasciato… la dolcezza triste di scoprire che, per quanto
tentiamo di cambiare, per quanto la vita ci scavi, per
quanto le disillusioni rimodellino la forma del nostro
sentire, per quanto disperati e stanchi possiamo essere,
alla fine la più intima essenza non cambia, al più si ricopre di un leggero strato di polvere. Sono rimasti ad aspettarmi i soprammobili, ed anche i desideri che mi han
fatto crescere, perfino le disillusioni, tutto è rimasto,
anche volendo non ci si può scordare di se stessi, non ci
si può ignorare. Arriverà, prima o poi, una sera in cui
saremo chiamati a sentirci inutili e vuoti, in cui saremo
costretti ad indugiare sul pianerottolo chiedendoci perché, perché la vita ci si rovescia addosso come un acquazzone estivo.
Se ci si pensa, alle case vuote, alle fotografie rimaste a
sorridere sulle mensole, alle esistenze lontane da sè, ai
ricordi dimenticati… ce ne sono centinaia, dietro la faccia delle persone, alle spalle dei loro viaggi, stanze su
stanze perfettamente in ordine, ma vuote, abbandonate.
Che senso hanno questi luoghi orfani, dove ci sono colori che nessuno vede, finestre che illuminano un’aria che
nessuno respira, dove tutto accade per nessuno? Le case,
la propria intima natura, sarebbero gli unici luoghi veri
capaci di consolarci dall’insensatezza del mondo, e noi?
Noi che facciamo? Li abbandoniamo con malinconica
rabbia, dobbiamo andare via, partire uscire e vivere in
modo indipendente, che significa in solitudine. E’ una
fuga, in realtà, quella che ci porta ad allontanarci da noi
stessi, tutto un cosmo lasciato alle spalle, sotto la polvere, sotto la superficie della coscienza. Che miseria andarsene da dove forse potremmo salvarci.. e perderci, senza
pensare a cosa davvero si sta facendo, a dove ci sta portando la vita, per le vie degli anni e le ragnatele delle
occasioni; viver meccanici, fare senza ascoltarsi… quale
solitudine più spaventosa di questa? Di restare privi di se
stessi, e di quello che saremmo voluti diventare “da
grandi”. Che ne è dei sogni sul futuro che facevi a quattordici anni?
Non sono più abbastanza giovane per conoscere tutte le
cose. La curiosa urbanistica del destino porta ad abbandonare le case, si cresce e si parte, non restano che ambienti vuoti, tarlature dell’ego, mentre ci si è persi, senza
più un luogo vero, senza più personalità autentica, dove
sono finito? “Cosa sono diventato, mentre ero qui a difendermi?” Qualcuno sa che mi sono persa, qualcuno
potrebbe venirmi a prendere e riportarmi a casa, da
me?
“Nel novembre del 1831, fu ritrovato, sulle rive di un
lago a cento kilometri da Vienna, il corpo assiderato di
un Maestro di musica che si chiamava Anton Peters.
L’uomo era sdraiato sulla neve, accanto a una valigia, e
stringeva tra le dita un violino. Lo faceva con tale forza
che fu impossibile, poi, seppellirlo senza il suo strumento” (A. Baricco)
Rita Sozzi, IIIA cl
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E’ una notte scura e tempestosa, Siamo in America, gli
anni ‘40, un periodo così duro e sanguinario che gli avvoltoi hanno dovuto comprarsi il congelatore, un giovane
ragazzo ha appena lasciato la sua ragazza sotto il portone, in legno massiccio, troppo pesante per poterlo sollevare da solo. Entra in un pub, il Porco Assassino, il silenzio
è la prima cosa a colpirlo, la seconda un grosso irlandese
ubriaco, con un boccale vuoto, in mezzo agli occhi. Quando rinviene, dà un’occhiata al bancone, proprio sullo spigolo, un male… alza gli occhi, ma li riabbassa, non stavano bene sulla fronte, viene assalito da un sospetto, un
tizio sospetto, con tanto di coltello, perde di nuovo i sensi, è distratto il ragazzo…rinviene di nuovo, sta attento al
bancone questa volta e gli viene un dubbio: in quel bar
manca qualcosa, c’è la birra, tanta, c’è Natascia, per gli
amici Mario, c’è Annette, il ragazzo sorride, se la ricorda
Annette, avevano bevuto riso e scherzato, in un ora erano
già a letto, ognuno nel proprio, c’è Mary, si ricorda anche
lei, tra di loro c’era Feeling, John M. Feeling, un nero di
due metri, fidanzato con Mary. C’era tutto questo e anche
molto altro al Porco Assassino, ma mancava una cosa,
qualcosa che allietasse i clienti, inebriasse i sensi, rasserenasse la serata e che non fosse l’oppio. Mancava la Musica! Prende il coraggio a due mani, poi si accorge che
non era il coraggio, e che forse non servivano neppure
due mani, si fa Forza, Jack “Forza” McCanzie, l’irlandese
di prima, per la terza volta nella serata il ragazzo sviene…si risveglia e…ahia…si è dimenticato il bancone. Al
ragazzo piace il gioco pesante, da piccolo giocava con il
Lego di piombo. Prende la sua chitarra, sale su un tavolo,
ancora apparecchiato per giunta, ma scivola nell’insalata
…sale sull’insalata, a volerlo si potrebbe farci su un gioco
di parole. Ci riprova ma atterra sui saltimbocca …salta sui
saltimbocca, anche qui si potrebbero sprecare le battute.
Fa un ultimo tentativo, incespica, schiva di tutto, cade
ma riesce ad alzarsi in piedi, si erge sul tavolo, incurante
di avere un piede infilato in un pollo, l’altro in un boccale
di birra e una bottiglia di vino che è meglio non dire dov’è…in questa tanto triste quanto eroica posizione, sfiora
le corde della chitarra, si schiarisce la gola e inizia a suonare.
Se è vero che davanti a Dio siamo tutti uguali, quando si
volta sono affari nostri...insomma Dio doveva essersi voltato in quel momento perché quel timido ragazzo non era
uguale a nessun altro. Suona lentamente, quasi ad accarezzare le corde, canta dei suoi amori, nelle sue canzoni
senti le risate di Annette,la voce da tenore di Natascia,
quella suadente di Mary e anche la mazza di Feeling, in
quella musica ci sono le storie di tutti i minatori del
Bronx, tutti i poveracci di Chicago e tutti gli ammaestratori di scimmie di New York, la storia di quello sporco
mondo si riversa nel locale calda e morbida. Quando
smette di suonare tutti restano estasiati, in silenzio per
un lungo istante, poi scoppia l’euforia, si prepara lo
champagne, partono i tappi, quelli alti invece restano a
festeggiare, festeggiare perché quella sera, da quel ragazzo, in quel curioso locale di New Orleans, è nato il
Blues.
Moving Pictures (1981) è l’ultimo disco del periodo più smaccatamente “hard prog” dei Rush- trio canadese formato dal bassista, tastierista e
cantante Geddy Lee, dal chitarrista Alex Lifeson e dall’estroso batterista e
paroliere Neil Peart. L’album insiste su un suono più amichevole all’ascoltocome già Permanent waves (1980)- ma ne sviluppa e ne matura le coordinate
dando vita all’ultimo grande disco del gruppo, in ogni caso coronamento di
una personale cifra stilistica basata sulla fusione di elementi progressive
(nella musica come nei testi) ed hard rock.
Esempi tipici di hard rock à la Rush sono l’iniziale Tom Sawyer e Limelight.
La prima, posta in apertura, è immersa nel suono solfureo del Mini Moog, a
creare un’atmosfera rarefatta dove i riff granitici e l’assolo di Lifeson, assieme all’inconfondibile stile potente eppure preciso al millimetro di Peart,
garantiscono un elemento rock. La seconda è un hard rock più tradizionale,
interrotto nel ponte da una parte più distesa (stratagemma spesso usato dalla
band) e recante nel testo quell’immagine di vita come palco scenico\ opera
d’arte che la collega alla suite del disco, The Camera Eye. A dire il vero,
quest’ultima si rivela poco riuscita se confrontata con i risultati che i Rush
avevano precedentemente ottenuto. Le idee buone ci sono, ma avrebbero
dovuto essere sviluppate: malgrado un’introduzione al fulmicotone, la canzone indugia troppo, nei suoi 10 minuti e 58 secondi, sullo schema melodico
della strofa, senza che si susseguano notevoli eventi sonori; si deve aspettare
fino agli ultimissimi minuti per ottenere almeno un assolo.
Red Barchetta riesce a fare molto di meglio nei suoi sei minuti: basata su
un’altra disto- pia di Peart, la composizione vanta un arrangiamento che è eccellente nella sua fusione delle singole parti- la chitarra di
Lifeson danza tra arpeggi ed armonici contrapposti a cariche più animate, il
basso di Lee ci offre un tipico esempio di eccellente cesellatura armonica ed
anche Peart alla batteria è in gran spolvero. A metà canzone inoltre Lifeson
offre un assolo davvero elegante, “hackettiano”, forse il migliore dell’album.
YYZ è uno strumentale quasi virtuosistico in alcune sue parti- ognuno sembra ritagliarsi il suo spazio per sfoggiare le proprie capacità, riunendo però
il tutto in un contesto apprezzabile e non fine a sé stesso. Una piccola curiosità: il titolo è il codice IATA dell’aeroporto Pearson di Toronto (città d’origine dei tre) ed è suonato in codice morse da Peart all’inizio della canzone.
Witch Hunt crea con pochi accordi di synth e chitarra, sostenuti da un
drumming molto percussivo, un’atmosfera notturna e crepuscolare, foriera di
una sorta di malinconica tensione; è un’accusa all’ignoranza delle masse
tramite la rievocazione della caccia alle streghe durante l’Inqusizione.
La conclusiva Vital Signs è l’episodio new wave del lotto, con dichiarate
influenze dal raggae rock dei Police (gruppo ammirato dai tre canadesi): lo si
evince particolarmente dal ritmo in levare degli aspri accordi di chitarra e
dalla reinterpretazione peartiana dello stile di Stewart Copeland, il tutto
unito ad un basso persistente che sembra simulare un elettrocardiogramma,
come da titolo della canzone.
Pagina 11
Tommaso Conte 3A spp
Giorgio Chiappa 5B ling
Band: Rammstein Album. Rosenrot Line Up:Till Lindermann- Voce; Christoph Schneider- Batteria; Oliver Riedel- Basso; Richard Kruspe- Chitarra; Paul Landers- Chitarra; Christian Lorenz- Tastiera; Nazione: Germania
Anno: 2005 Casa Discografica: Universal
Con buona pace delle loro fan i Tokio Hotel NON sono stati il primo
gruppo musicale tedesco a ottenere fama e gloria al di fuori dei patri
confini usando solo ed esclusivamente la loro lingua madre (spiace
dare certe delusioni, ma a volte bisogna fermare certe credenze,
prima che queste prendano troppo piede nel mondo). Infatti prima di
loro vennero sei armadi berlinesi che chiamarono il loro gruppo con il
nome di una zona tedesca in cui vi furono prima un incidente aereo e
poi una base dell’aviazione americana: Rammstein.
L’incipit del disco, Benzin, lascia stupiti, perché, a parte la violenza
musicale, esso è basato su sonorità tipicamente elettroniche. È proprio questa la chiave del successo della band, sapere miscelare partiture elettroniche ed heavy metal (cosa che negli anni ‘80 sarebbe
stata considerata una vera e propria eresia). La canzone è un inno
alla benzina e a tutto ciò che può creare un incendio con i fiocchi, e di
riflesso è quindi anche un inno ai loro live, pirotecnici fino all’inimmaginabile. Un buon giro di basso unito alla tellurica batteria ed all’aspra
e secca voce di Lindermann creano la giusta atmosfera per la seconda, e tra le mie preferite dei teutonici, traccia del disco: Mann Gegen
Mann, canzone basata sull’alternanza di rallentamenti ed accelerazioni, imposte dalle sfuriate della batteria, dove i sei berlinesi si lanciano
contro coloro che non riescono ad accettare il “diverso”, in questo
caso l’omosessuale. Veniamo ora all’epica title track, Rosenrot, pezzo
molto bello e cadenzato in cui l fanno da padrone l’imponente
(vocalmente e fisicamente) Till Lindermann, capace di una profondità
vocale inaspettata, il batterista Christoph Schneider e il tecnico bassista Olli Riedel che, attingendo alla letteratura tradizionale teutonica
per bambini creano una canzone molto intensa. Secca la performance vocale di Lindermann, intensa quella degli altri componenti del
gruppo nell’esecuzione della marziale Spring, un pochettino troppo
lunga a dire il vero, ma comunque ben riuscita. Fermi tutti, cosa ci
fanno dei melodicissimi flauti in una canzone dei Rammstein, ed in
apertura per giunta? Non preoccupatevi, i sei berlinesi non hanno
deciso di darsi al folk, ma si mantengono sui lidi Industrial da loro
imposti, con l’epica e cantilenante Wo Bist Du, un mid tempo dalla
consistenza un po’ troppo eterea. Non la migliore canzone del lotto,
se vogliamo dirla tutta. Ci pensa una produzione chirurgica ed un Till
di molto migliorato dietro al microfono a rendere la song sufficiente.
La sesta traccia, dal titolo Stirb nicht vor Mir (Don’t die before I do), è
una piccola sorpresa: una canzone delicata, struggente, dove la migliore prestazione melodica
di Till si sposa con una special
guest inaspettata alla voce: Sharleen Spiteri, dei Texas. Potenza
delle case discografiche, direte voi, ed avete ragione, ma la canzone
è un vero gioiello. Le due voci si rincorrono, come i due amanti tristi
narrati
nel
testo
della
stessa.
Da brividi. La settima traccia non poteva avere titolo più azzeccato:
zerstorern (che in italiano si traduce in “distruttore“). è questo infatti lo
scopo della band: distruggere. Imponente la sezione ritmica (i panzer
hitleriani facevano molto, ma molto meno rumore del batterista della
band quando hanno invaso la Polonia). Voce secca, che urla tutta la
sua fame di distruzione. Toni più rabbiosi si alternano alle clean vocals più epiche. Un gran pezzo, sicuramente dominato dalla batteria e
dal basso. La seguente traccia, Hilf Mir è dai toni ancora più epici e
magniloquenti, dal punto di vista vocale. È una canzone potente, resa
ancora più grande dalla voce di Lindermann, che qui non canta, ma
quasi declama il testo, soprattutto sul ritornello, mostrando grandi
capacità vocali. Finale quasi da ninnananna con le morbide tastiere
che imitano il suono di un carillon. E chi l’ha detto che i metallari, ed i
tedeschi in questo caso, non siano anche una razza festaiola? La
prova è Te quiero Puta – Sorpresa n°2. L’amore di Till per il mondo
latino (messicano, nella fattispecie) è noto da sempre, stavolta il nerboruto singer decide di mettere in piedi un pezzo dal testo interamente in spagnolo, e garantisco, sentire un teutone comelui cantare in
spagnolo è tutto un programma. Volete di più? Trombe ed arrangiamenti mariachi su un pezzo pesante ed in pieno stile Rammstein, con
tanto di coro delle putas! Idea geniale, risultato… fate voi. Penultima,
e seconda traccia che adoro da questo cd: feuer und wasser. Un
basso lento e ritmato, la secca e potente voce di Till declama una
traccia che sembra una storia d’amore: loro si cercano, si inseguono,
ma non potranno mai aversi, perché l’uno uccide l’altro. Molto emozionale ed intensa dove il lato più rabbioso è lasciato da parte per
un’interpretazione più “soft”, se questo aggettivo può essere inserito
nel vocabolario dei Rammstein. Ein Lied rappresenta il commiato
della band. L’album si chiude sottovoce, con un atto d’amore dei nostri verso il loro pubblico, in cui i tedeschi affermano: “Noi siamo nati
per la musica/Noi siamo i servitori delle vostre orecchie/Noi suoniamo
sempre/Quando voi siete tristi”. Song di commiato, leggera, malinconica, perfetta per un addio.
Francesco Dodi 4D ling
Giuseppe (Fortunino Francesco) Verdi fu uno dei più importanti compositori italiani dell’Ottocento.
Nacque il 10 ottobre 1813 alle Roncole (che oggi portano il suo nome:Roncole Verdi) piccola frazione di Busseto
(Parma); da Carlo (alberghiere) e Luigia (filatrice). Si avvicinò per la prima volta alla musica quando il padre gli regalò una spinetta e prese le prime lezioni di musica da don Pietro Baistrocchi,organista della chiesa del paese; Antonio Barezzi fu il suo mecenate e nel 1836 ne sposò la figlia Margherita. Frequentò il ginnasio a Busseto mentre studiava musica da Ferdinando Provesi maestro di cappella a Busseto. Non fu ammesso al conservatorio di Milano perché aveva superato l’età, era straniero (non di Milano) e l’istituto era pieno. Prese lezioni private dal clavicembalista
del Teatro alla Scala e professore di solfeggio presso il conservatorio,Vincenzo Lavigna. Tra il 1839 e il 1840 morirono la moglie e i due figli di Verdi. Per oltre 10 anni (dal 1840 al 1850) scrisse in media un’opera all’anno, durante
quelli che lui stesso definì i suoi anni di galera, nei quali fu costretto a comporre freneticamente per poter vivere. Al
termine di questo periodo compose la cosiddetta ‘’trilogia popolare‘’ un trittico di opere amatissime dal pubblico: Rigoletto, il Trovatore, la Traviata. Nel 1859 sposò la cantante Giuseppina Strepponi. Verdi fu considerato un simbolo dell’unità d’Italia tanto che sui muri scrivevano l’acrostico: Viva Vittorio Emanuele II Re Di Italia. E nel 1861
venne eletto deputato al Parlamento del Regno d’Italia. Nel 1867 Giuseppe e Giuseppina adottano Maria Verdi che
era la figlia di un cugino. Nel 1874 fu nominato senatore del regno d’Italia. Nel 1871 dopo aver composto l’Aida si
ritirò a vita privata nella sua villa a sant’Agata (vicino a Busseto). Il poeta Arrigo Boito lo convinse a scrivere altre
tre opere: Otello, Simon Boccanegra e Falstaff. Nel 1899 istituì l’Opera Pia Casa di Riposo per Musicisti. Oltre a
molte opere liriche scrisse altri brani meno conosciuti come l’Inno delle Nazioni e alcuni brani di musica sacra: messa da Requiem (per la morte di Manzoni), Libera me Domine, Quattro Pezzi Sacri, Ave Maria, Pater Noster, Laudi
alla Vergine, Te Deum. L’unica composizione da camera è il quartetto in mi minore per archi. In seguito ad una lunga agonia causata da un ictus morì il 27 gennaio 1901. Durante il periodo d’agonia le strade adiacenti alla casa furono coperte di paglia per non disturbarlo con il rumore delle carrozze sul selciato.
Silvia Cattaneo, 2 A linguistico
Pagina 12
Tratto dai libri
best seller di Step h a n i e Meyer( Twilight, New
Moon, Eclipse e Brea- king Dawn), Twilight ha
visto il suo esordio nelle sale il 21 novembre 2008.
Un incastro perfetto tra storia d'amore (per certi versi
molto simile a quella di “Romeo e Giulietta) con personaggi apparentemente surreali sta facendo impazzire adolescenti e pre-adolescenti di tutto il mondo.
Protagonisti di questa storia d'amore sono: Isabella
Swan (Kristen Stewart, che ha già recitato in “Panic
room” come figlioletta di Jodie Foster) ed Edward
Cullen (l'attore Robert Pattinson, che presto interpreterà Salvator Dalì). Bella, 17enne buffa e maldestra, si
trasferisce dalla calda città della California, Phoenix,
nell'uggiosa Forxs dal padre Charlie, capo della polizia della cittadina, per lasciare che la madre possa
seguire il suo nuovo compagno per lavoro ed essere
così felice. Per lei tutto era terribile a Forxs: la continua pioggia, la mancanza di una biblioteca e il fatto
di dover essere guardata e osservata solo per il fatto
di essere la new entry della scuola, ma a farle cambiare idea è il giovane Edward Cullen (bellissimo, affascinante ed ambito dalla maggior parte delle ragazze
della città), suo compagno di banco della lezione di
biologia. E' proprio qui che avviene il colpo di fulmine tra i due, ma i continui sbalzi d'umore e i strani
comportamenti di lui portano Bella a fare ricerche sul
suo conto arrivando così a scoprire la cruda verità: è
un vampiro. Edward è così costretto a svelare la sua
identità a Bella. E' vero lui è un vampiro, ma è buono,
non si ciba di sangue umano ma solamente di quello
di animali, lui stesso afferma “Non voglio essere un
mostro”. Nessuno sa della sua vera identità. In realtà
non è affatto un adolescente, ma ha ben 108 anni; in
seguito a una grave malattia (la spagnola) stava per
morire quando Carlisle, uno dei suoi fratelli adottivi,
decise di salvarlo trasformandolo in vampiro per fargli vivere la vita che avrebbe dovuto vivere. Anche
gli altri Cullen (Alice e Jasper) avevano vissuto la
stessa esperienza. Fatti strani però avvengono a
Forxs: molte persone scompaiono e vengono ritrovate
sbranate.
La polizia segue la “pista lupi”, ma Bella e i Cullen
sanno che la verità è un'altra: licantropi in piena stagione di caccia. Un giorno, proprio mentre Bella si
trovava con Edward e la sua famiglia a giocare a baseball in una raduna, all'improvviso giungono tre
vampiri “selvaggi”, fautori degli eventi che proprio
in quei giorni stanno sconvolgendo la città, iniziano a
inseguire Bella che diventa così la preda ambita.
Ma i Cullen non la lasciano sola, anzi, si danno da
fare per proteggerla perchè è ormai una della famiglia. Ha così inizio una fuga che lascia gli spettatori
col fiato sospeso fino all'ultima scena.
Di più non voglio svelarvi. Se la storia vi intriga correte al cinema a vederlo!!!
Mariacarla 3°A spp
L’ultimo lavoro di casa Pixar, Wall-e (regia di Andrew
Stanton) è un efficacissimo film che lascia spazio alla
fantascienza, al romanticismo hollywoodiano, all’azione, alle gag comiche ma anche ad un messaggio ecologista e oserei dire, anticonsumista.
In un futuro non molto lontano, la Terra è diventata
invivibile a causa dell’inquinamento e della grande
quantità di rifiuti accumulati. La società ormai onnipresente sul territorio e che ha acquisito il monopolio sulla
vita di tutta l’umanità, la BNL (Buy ‘n’ large) ha deciso
di evacuare la terra e spedisce l’umanità intera nello spazio: gli uomini vivranno in un’immensa astronave finchè
sulla Terra non sarà tornata la vita. Per risolvere il problema dell’inquinamento vengono costruiti i Wall-e, dei
robottini incaricati di pressare ad accumulare montagne
di rifiuti. La loro missione fallisce e i robot sono tutti
disattivati, tranne uno, che continua a compiere il suo
lavoro. Settecento anni più tardi sulla Terra arriva Eve,
un moderno robot-sonda, e Wall-e se ne innamora;
quando lei viene riportata a bordo dell’astronave, lui la
segue, e ritrova un mondo popolato da umani obesi, non
più in grado di camminare, e immensamente stupidi,
che vivono perennemente serviti e comandati dai robot,
e con gli occhi sempre incollati agli schermi.
La trama è ricca di colpi di scena e il ritmo è molto piacevole: la prima parte è ambientata sulla Terra, il ritmo è
lento e le scene sono descrittive, panoramiche, e ci aiuta-
no a conoscere il
personag gio, e
la situazione che c’è sulla Terra. La seconda parte si
svolge in gran parte sull’astronave, ed è ricca di colpi di
scena, gag, sequenze d’azione.
Il film è tecnicamente un capolavoro: la Pixar, come al
solito, riesce a stupirci con nuove trovate tecniche: l’animazione è stupenda e i personaggi sono molto espressivi, specialmente Wall-e e Eve. Nonostante le scarse caratteristiche fisiche dei robot, gli animatori sono riusciti
a conferire loro un’ampia espressività, aiutati in questi
anche dagli effetti sonori e dai beep da loro emessi. Tra i
robot non ci sono dialoghi, ma comunicano usando la
mimica e pochissime parole. A commentare l’azione c’è
la musica, che in alcune scene è la protagonista assoluta.
Il film è ricco di citazioni, specialmente da 2001: Odissea
nello spazio e il suo messaggio è inequivocabile: l’opera
infatti è una critica alla società dei consumi (come dimostra la scherzosa ironia sul presidente degli Stati Uniti (o
della BNL?), tema quanto mai attuale vista la recentissima crisi economica, e lancia un allarme per il problema
dell’inquinamento e dei rifiuti.
Concludendo, questo non è un semplice film per bambini, e la sua visione è consigliatissima a tutti!
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Federico Picetti, IC cl
Un film allucinato.
Allucinante, allucinato, un capolavoro. Il tema tratta dell’ossessione della dipendenza, in senso Regia: Darren Aronofsky
lato: chi nei confronti della droga, chi invece della televisione, Sceneggiatura: Hubert Selby Jr, Darren Aranofsky
chi dei sogni troppo fragili per resistere all’impatto della real- Fotografia: Matthew Libatique
tà. Viene sublimato l’orrore della solitudine, su cui si incrosta- Interpreti: Ellen Burstyn, Jared Leto, Jennifer Conno –sangue rappreso- altri drammi, altre malattie causate dal nelly, Marlon Wayans, Keith David, Christopher
McDonald,
silenzio, altro dolore muto.
Già dal prologo lo spettatore viene avvertito: assisterà ad una Nazionalità: USA, 2000
vicenda che non contempla la speranza, è una sconfitta prean- Durata: 1h. 42'
nunciata, una sconfitta ovvia, ovvia perché vera e sottoposta a Tratto dal romanzo omonimo diHubert Selby Jr., 1978
quei meccanismi infernali che azionano la quotidianità. Nessun eroe, nessun lieto fine. Ce lo dicono le immagini di una donna che si nasconde terrorizzata dal suo stesso figlio, ce lo
dice la musica, quel triste requiem che fa cadere la neve nel cuore, ce lo dice il titolo, che come una ghigliottina arriva a
sgozzare ogni seppur minimo ottimismo. Non è vero che alla fine tutto si aggiusterà. Non è vero. Non è vero mai. Il film
si struttura in tre atti: l'estate, la stagione della speranza; l'autunno, la stagione in cui il sogno comincia a scricchiolare;
l'inverno, la stagione dell'incubo. Non esiste primavera per questi esseri umani frantumati nell'oblio, che inciampano in
loro stessi, non esiste sollievo, rassicurazione, rinascita. Non è vero che alla fine tutto si aggiusterà. Difficile descrivere
la visceralità poetica delle immagini, che rendono l'orrore nauseante dei personaggi, delle loro esistenze mangiate dai
vermi, dei loro mostri invisibili da cui sono perennemente in fuga.
La tensione che accompagna l'intera durata del film, in un climax agghiacciante, esplode nel finale; la parabola discendente dei protagonisti, il dolore che li ha trascinati nella follia fino all’inferno non basta ad ucciderli del tutto. Vivono
ognuno la propria morte, la morte dei sogni, dell’identità. E’ difficile sopportare la violenza con la quale i loro corpi vengono martoriati, al pari del loro spirito. Nessuno spiraglio di luce nell'elettroshock, per chi aveva sperato con tale forza
da impazzire; nessun abbraccio per chi vede amputarsi un braccio ormai putrido a causa dell’eroina; nessun bacio materno a sollevare da una massacrante giornata di lavoro in carcere; nessun amore negli stupri. Il sogno è finito, le vite distrutte, lo spettatore sconvolto. I personaggi si rannicchiano, alla fine, in posizione fetale, persi in un buio che non conforta, soli, annientati, attoniti assassini dei loro stessi sogni. Non è vero che alla fine tutto si aggiusta. Requiescat in pace,
in saecula saeculorum. Amen.
Rita Sozzi, IIIA cl
Roma, fine anni 80’.Mentre in Italia si susseguono stragi terroristiche, corruzione, battaglie elettorali, un uomo inarrestabile avanza verso il settimo
mandato come presidente del consiglio. Questo uomo è Giulio Andreotti.
Pacato, cinico, freddo, “atrocemente ironico”, indecifrabile persino per i suoi
REGIA/SCENEGGITURA: Paolo Sor- cari, imperturbabile di fronte a tutto. Poi qualcosa cambia, qualcosa non va
rentino
secondo le sue aspettative, e il Divo Giulio si ritrova a dover combattere
SCENOGRAFIA: Lino Fiorito
contro le accuse che lo vedono imputato di collusione con la mafia.
ATTORI: Toni Servillio, Anna Bonaiu- Dopo L’amico di famiglia Sorrentino torna presentandoci un film che ci fa
to, Flavio Bucci, Giulio Bazzetti
riflettere sulla corruzione e la violenza che ha sconvolto(e sconvolge) il noANNO: 2008
stro paese e per fare questo sceglie un obbiettivo non facile: Andreotti, defiNAZIONE: Italia
nito di volta in volta la Sfinge, il Gobbo, Belzebù, il Papa nero,
GENERE: biografia, drammatico
e ,naturalmente, il Divo. Il film si apre con un ritmo scatenato, incalzante
DURATA: 110MIN
da gangster movie, con una carrellata veloce delle stragi che hanno sconvolto l’Italia tra gli anni ’70 e ’80, dal rapimento di Aldo Moro, alle uccisioni di Pecorelli, Falcone, dalla Chiesa, ( non a caso sia i titoli di testa che quelli di coda sono rossi come il sangue versato
in questo terribile periodo) per poi presentarci il protagonista in preda alle sue emicranie, che con la sua luciferina ironia ci dice “Alla visita di leva il medico mi disse che avevo sei mesi di vita. Anni dopo l'ho cercato per dirgli che ero ancora vivo.
Era morto lui.” Il film scandaglia in profondità questo personaggio ambiguo,consacrato al potere, in grado di vincere
anche quando perde, interpretato da un Toni Servillio in stato di grazia, confermandosi uno dei migliori attori del cinema e del teatro italiano(straordinario e surreale il monologo di Andreotti/Servillio che con teatralità,dopo aver sopportato per più di due ore insinuazioni, accuse, trappole confessa con violenza all’obbiettivo la sua Verità). Vincitore del
premio della giuria dell’ultima mostra di Cannes, il Divo è un film complesso e che ci fa riflettere su una parte di storia
d’Italia che troppo spesso viene dimenticata,nonostante si trattino di eventi della nostra storia recente.
E’ un film che merita di essere visto e discusso, in modo particolare sulla legittimità o meno di pratiche discutibili esercitate da chi ha in mano il potere, spesso legate al Male, per preservare e difendere il Bene come fa un vero e proprio
Principe Machiavelliano. Ottime le musiche di Teho Teardo, e le recitazioni di tutti gli attori( tra cui Anna Bonaiuto
che interpreta la moglie di Andreotti)
Flavia Camboni, IIIA cl
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Bentornati carissimi quasimodi!!Nonostante il freddo di questo inverno gelido
e la sete insaziabile di compiti in classe dei nostri amati professori, non poteva mancare al nostro MaPerò la mitica rubrica dei giochi!!!Quest’anno sono
rimasta sola soletta ma cercherò lo stesso di far spremere i vostri cari cervellini!!Buon divertimento!!
1
PRIMO GIOCHINO: Cerca nel
mucchio qui sotto le parole corrispondenti alle varie definizioni
e scrivile, ciascuna al suo posto,
nello schema. Nella diagonale di
caselle evidenziate troverai un
motto da tenere bene a mente !
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API . AZZURRO . CAROTE .
CARTELLO . CAVALLO . CHITARRA . CICOGNA . COCCINELLE . DADI . DROMEDARIO . GENZIANA . GROTTE .
INVERNO . LEGACCI . LUSTRO . MEGLIO . MONTAGNA
. NAPOLI . NEVE . NORVEGIA
. OSTRICA . ROCCIA . SARDEGNA . SERENATA . TAVOLO . TRAMONTO . TROMBA .
UGUAGLIANZA
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1. Confina con Svezia, Finlandia e Russia. – 2. L’acqua scorre e, goccia a goccia, può far sciogliere
la... – 3. Hanno sette punti neri e si dice che portino fortuna. – 4. È formata da innumerevoli fiocchi, uno diverso dall’altro. – 5. L’anticamera della notte. – 6. È formato da sessanta mesi. – 7. Il
contrario di peggio. – 8. Fiorellino blu, compagno della stella alpina. – 9. Trotta, galoppa e salta gli
ostacoli. – 10. La culla della perla. – 11. Produttori di cera e miele. – 12. Compagna della libertà e
della fraternità nella Rivoluzione Francese. – 13. Fanno bene alla vista. – 14. La regione di Cagliari
e Nuoro. – 15. Il contrario di mare. – 16. La città di Pulcinella. – 17. Giocano insieme, ma non fanno mai tredici. – 18. Mezzo di trasporto nel deserto... ad una sola gobba. – 19. Il colore della maglia
della Nazionale Italiana. – 20. Servono a far sì che le scarpe non scappino dai piedi. – 21. Suona la
carica ! – 22. C’è quello indicatore e c’è quello pubblicitario. – 23. Strumento musicale a sei o dodici corde. – 24. Ci sono quelle di Castellana e quelle di Postumia. – 25. È circondato dalle sedie. –
26. Canzone d’amore... sotto la finestra della propria bella. – 27. La stagione dalle lunghe notti. –
28. Porta i bambini che non nascono sotto i cavoli.
SECONDO GIOCHINO (Per menti esperte… e avanzate!!!):Sovrapponi mentalmente i tre schemi.
Molte lettere scompariranno, nascoste dalle caselle nere. Leggendo quelle che restano potrai scoprire il nome di un gruppo musicale che naviga sempre negli ultimi posti delle classifiche mondiali.
P
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F
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C
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Miriam Bovio, I A class
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C’è sempre qualcosa che mi disturba un po’ nei calendari con le donnine. I vestiti. Vi dico questo perché come non c’è meccanico senza calendario di signorine ignude, non c’è MaPerò senza…
L’Horroroscopo!
E mentre state ringraziando ancora il cielo per questa impensabile fortuna iniziamo!
Acquario: una vita solitaria non sa-
Leone: se usi il pugno di ferro ma non
rebbe così dura se solo non dovessi
trascorrerla con te stesso
hai una donna…attento alle abrasioni
Pesci: “Sta succedendo qualcosa di
strano” come disse il muto
Ariete: se un giorno vi sveglierete e
non vi riconoscerete più, niente paura vi sarete solo guardati nello specchio di un altro.
Toro: ricordatevi, niente è per sempre…succede sempre così.
Gemelli: bisogna prendere la vita
così, i problemi iniziano se la vita
prende te e non ti dico dove.
Cancro: incontrerete una ragazza
Panda: guerre, malattie, criminalità,
ecc…e poi quello in via di estinzione
dovresti essere tu?
Bilancia: se dopo un incidente non vi
sentite più le gambe non preoccupatevi, non avete problemi all’udito.
Scorpione: ricorda non conta essere
bianchi, neri, rossi o gialli, siamo tutti
sulla stessa barca. Ora quelli un po’
più scuri ai remi che si parte.
Sagittario: la fortuna è cieca ma tu
c’hai scritto in fronte “sono sfigato” in
braille.
col viso di angelo, il fatto è che Angelo è vostro fratello.
Capricorno: nella vita per farsi una
Soddisfatti o delusi che siate ricordatevi che non dovete credere a tutto, fate come me: io ho smesso di
credere al sovrannaturale quando ho scoperto che
Pamela Anderson ha il seno rifatto.
posizione non bisogna per forza usare
il Kamasutra
Come tutti i mesi arrivo tremendamente in ritardo alla consegna degli articoli e sono a mala pena a metà di
questo. Cosa dico adesso? Con che boiate riempio metà pagina? Perché mi riduco sempre così? Domande di
cui ignoro le risposte. Riccardo III. La Val Brembana. 14 kilometri. Risposte di cui ignoro le domande Il fatto è
che per scrivere nella fantastica testata che avete in mano siamo rimasti in pochi e ci dobbiamo dividere tutto
il lavoro. E dire che questa era decantata come l’era della comunicazione e non si riesce mai a comunicare, del
tipo: -scusa c’hai d’accendere? -Non fumo. –ma chi t’ha chiesto se fumi? Oppure mia madre –Torna pure alle
tre di notte che poi facciamo i conti. Che non si capisce se abbia una passione per la matematica notturna o mi
voglia aspettare con un matterello in mano… che se volessimo fare caso che io di cognome faccio Conte quindi l’espressione facciamo i conti potrebbe significare che mi spezza in due ottenendo così i Conti, ma sto divagando…be’ nell’era della comunicazione io tutto questo comunicare non lo vedo, nascono solo tanti malintesi
del tipo: -sai che suono da due anni al conservatorio –e non ti hanno ancora aperto? Oppure: -Di’ due parole
in croce –Dimaco e Tito. Tutto questo perché ve lo dico? Per fare bieco umorismo? Sia mai. Per occupare righe
a caso? Solo in parte. Lo dico per lanciarvi un disperato appello(che poi ci credo che è disperato, lanciato di
qua, lanciato di là, anche io mi dispererei) : Scrivete, scrivete per il giornalino, scrivete sui fogli, carta igienica,
bordi dei libri, muri(non a scuola che se no la Paolina si arrabbia), scrivete quello che volete, rosso, nero o
fucsia che sia, ma scrivete.
Io questa offerta ve l’ho fatta… se poi non venite alle riunioni e vi succede qualche “incidente” noi ve l’abbiamo detto…non potete rifiutare.
Tommaso “Don Vito” Conte
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Tuo zio ha 66 anni, l’ernia al disco, una leggera propensione alla pinguedine e l’alluce valgo, cosa gli regali?
a ) Quindici lezioni di monta western al Ranch Appaloosa di Borgo Saladino - RC.
b ) Un puzzle da 5000 pezzi. In vendita a fascicoli.
c ) Il libro “L’arte di essiccare i funghi applicata alla prevenzione dei duroni nell’anziano”.
d ) Niente, tanto tra poco muore...
Tua nonna è una via di mezzo tra Belzebù e la Fata Turchina che ha sbagliato candeggio: quale regalo pensi sia più
appropriato?
a ) Una guida sul daltonismo.
b ) Un abbonamento alla rivista “Farsi i ca**i propri è possibile?”
c ) Un girocollo in pelle da bagnare abbondantemente prima di stendersi al sole.
d ) Niente, tanto tra poco muore...
Il tuo cuginetto di 8 anni è una simpatica peste con l’argento vivo addosso e una vocetta che trapassa i timpani. Cosa
regali a questa piccola polveriera umana?
a ) Il piccolo chimico, ovvero “come realizzare la bomba H nella propria cameretta senza creare disordine”
b ) Un trinciapollo.
c ) Una settimana di corso di sopravvivenza tenuto da Hannibal Lecter in una giungla del Borneo.
d ) La cassa che i maghi usano per segare in due le vallette, ma senza libretto di istruzioni.
L’altro tuo zio è il classico perdente frignone, sfigato, stempiato e col riporto, perennemente snobbato dalle donne.
Quale dono credi riuscirebbe a renderlo felice?
a ) La biografia di Gastone Paperone.
b ) Il libro “Come farsi saltare in aria usando il forno senza causare danni a terzi, riuscendo, nel contempo, a cuocere una
torta”.
c ) Una bambola gonfiabile. Bucata.
d ) Nessuno, anche perché tanto tra poco muore...
La tua prozia ha dimenticato cosa significhi il contatto con la terra, la natura e la differenza tra essere e apparire. In
parole povere è una donna arida. Cosa le regali per risvegliare il suo lato umano?
a ) Un cucchiaio di legno.
b ) Una confezione di carta igienica - Sudoku, sperando che capisca il messaggio subliminale.
c ) Il libro di ricette “Single? Prenditi per la gola da sola perché nessun altro lo farà per te”.
d ) Il tuo nipotino di 8 anni con trinciapollo annesso.
La tua prof ti ha preso di mira. Ti accusa di sottolineare ogni sua parola con fastidiosi rumori prodotti non si sa da
quale orifizio, ma non ne ha le prove. La tua media è calata vertiginosamente… Il dono più idoneo per rabbonirla?
a ) Una crostata farcita di marmellata di arance, la sua preferita. Di ceramica, però...
b ) Un cartonato in misure reali di sua madre con il fumetto che recita “Ricordati che Dio ti vede” da tenere in aula-prof
come portafortuna.
c ) Un posacenere a forma di water con lo slogan “ecco dove finiscono le tue idee di me**a” allegato ad una lettera contenente le tue ultime volontà.
d ) Niente, tanto tra poco muore. Gli ho disabilitato i freni dell’auto.
Maggioranza di risposte A: è proprio vero, il Natale rende tutti più buoni e tu ti prodighi affinché il Natale delle persone
che ami possa passare in un’atmosfera di letizia e sentimenti gioiosi. Bada, però, che non tutti riescono ad apprezzare la tua
sagace ironia e il tuo sottile sarcasmo, quindi ricordati di allegare ad ogni pacchetto regalo un bigliettino in cui spieghi perché, per esempio, a tuo cugino ex atleta e ormai su sedia a rotelle da due anni, hai regalato un paio di Rollerblade.
Maggioranza di risposte B: il tuo gusto per il moderno e per il tecnologico ti fa optare per regali all’avanguardia e non
badi a spese nell’acquistare il regalo più costoso nel negozio più in della città. Hai le mani bucate e un cuore generoso e non
disdegni di comprare anche per te, per esempio, quel diamante che desideravi da tempo o una crociera intorno al mondo.
Fai solo in modo che tuo padre non scopra che la carta American Express Platino gliel’hai “presa in prestito” tu.
Maggioranza di risposte C: tenero, delicato, soave. Questo è quello che traspare dal tuo profilo. Peccato che poi, guardandoti in faccia, ci si trovi davanti ad un incrocio tra un’arpia e la strega Bacheca. A te il Natale fa male, dovresti rinchiuderti
in un eremo e poi buttar via la chiave. Ecco il regalo più bello da fare a chi ami, sempre che tu abbia qualcuno che ami.
Maggioranza di risposte D: se i tuoi migliori amici sono gli abitanti di casa Adams è presto spiegato il motivo di tanto
pessimismo. Fatti dare una mano... ehm... e vedrai che se la vita ti sorride non significa che debba per forza avere una paresi. Enjoy!
Rita Sozzi, IIIA cl
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