da qui - Museo dei Beni Culturali Cappuccini di Genova
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Auditorium Museo dei Beni Culturali Cappuccini di Genova 29 aprile 2014 h 18.00 SULLA VIA DEI PELLEGRINI MEDIEVALI Francesco Macrì, Il pellegrinaggio a Santiago di Compostela. Spunti storici Ezio Balducci, Tutta la casa in uno zaino. Consigli pratici e un pizzico di esperienza personale INDICE Premessa Santiago tra storia e leggenda Il viaggio nel Medioevo Il “Camino”, meta religiosa o scelta politica Pellegrinaggio e pellegrini La chiesa e il pellegrinaggio Quando partire? Crisi e rinascita del “Camino” Ambiente e paesaggio Sincretismo culturale e artistico I pellegrini oggi Perché a Santiago Prima della partenza Il dado è tratto Trentacinque giorni di cammino Il menù del pellegrino Santiago Qualche pensiero IL PELLEGRINAGGIO A SANTIAGO DI COMPOSTELA. SPUNTI STORICI. Premessa. Un milione di passi, ottocento chilometri, dai Pirenei francesi alla costa atlantica della Galizia, primo itinerario culturale europeo, patrimonio dell'umanità: questo è il “Camino” di Santiago di Compostela. Un percorso che è anche una storia o, per meglio dire, migliaia di storie di tutti coloro che ci sono stati, quelli cioè che i passi li hanno consumati con i loro piedi. Il “Camino”, un rito che si ripete da centinaia di anni, lungo un itinerario che non ha mai smesso di accogliere una miriade di pellegrini e che ancora oggi si perpetua e si rinnova nelle sue forme e nei suoi simboli: la “credenziale” con i suoi timbri (sellos), le soste nei rifugi e negli hostales, diffusi lungo la via, il “menù” del pellegrino, la solitudine dei sentieri, gli episodi di solidarietà fra i viandanti. È questo il viaggio che, dai valichi dei Pirenei alla remota Galizia, attraversa caratteristiche regioni del nord della Spagna da est ad ovest, quasi seguendo il percorso tracciato dalla Via Lattea e conduce alla tomba dell'apostolo Giacomo il Maggiore (Santiago, in spagnolo) che in essa vi è custodita. Santiago tra storia e leggenda. Le vicende legate alla vita del Santo sono alquanto singolari: dopo aver predicato e diffuso il Vangelo di Cristo in Spagna è tornato in Palestina, dove nell'anno 42 (o 44) subisce il martirio e la decapitazione. Due suoi discepoli, Teodoro ed Anastasio, trafugato il corpo lo riportano in Galizia, con una barca di pietra guidata da un angelo, seppellendolo nella zona di Ira Flavia (l'odierna Santiago di Compostela). Passano circa otto secoli e di questi avvenimenti e della tomba del Santo non si ha alcuna notizia. Nell'813 il miracolo: una stella indica ad un pastore della zona, tale Pelayo, un luogo dove scavando viene alla luce un'arca di marmo contenente un corpo decapitato che si afferma essere quello dell'apostolo Giacomo. Il re Alfonso II il Casto, dopo aver informato il papa Leone III della importante scoperta, fa erigere una chiesa sul sepolcro, intorno alla quale si insedia un piccolo borgo, che da allora diviene meta di pellegrinaggio che da tutto il mondo cristiano porta alla tomba del Santo folle sempre più numerose, tanto da essere ben presto uno dei tre grandi itinerari di devozione religiosa medievale, ancora oggi più famoso degli altri due: Roma e La Palestina. Si ricorda, a proposito, che Dante distingueva tre tipi di pellegrini: i pellegrini che erano diretti a Santiago di Compostela, i palmieri o palmeri che andavano in Terrasanta (Gerusalemme) ed i romei che si recavano a Roma. Accanto a queste tre mete, considerate le più importanti, esistevano poi altri luoghi nelle diverse regioni europee, più facili da raggiungere per gli abitanti delle stesse, circondati da aureole di sacralità, di fatti miracolosi che, in relazione alla loro frequenza e qualità ed anche per la quantità di reliquie in essi venerate, accrescevano nei fedeli il desiderio ansioso di raggiungerli. D'altra parte, è appena il caso di notare che presso tutti i popoli dell'antichità ed in tutte le religioni, sono venerati luoghi oggetto di pellegrinaggio; un esempio valga per tutti, recarsi alla Mecca per i mussulmani. Il pellegrinaggio è viaggio di fede verso un luogo sacro, ma è anche e soprattutto un fenomeno culturale politico ed economico. I pellegrini portano la loro esperienza agricola, artigianale, mercantile e scientifica e acquisiscono competenze di culture e colture diverse. Per comprendere ciò occorre tenere presente che assieme ai pellegrini si muovono i mercanti ed anche (in particolare nei secoli XIV e XV) uomini di scienza. Basti pensare alla diffusione del Romanico in Europa. Il viaggio nel medioevo. Tuttavia per avere una visione a largo raggio del pellegrinaggio si deve tenere presente un particolare aspetto del Medioevo: il viaggio. La società medievale è continuamente in viaggio: le migrazioni, le invasioni, la fuga per la sopravvivenza, il pellegrinaggio, le crociate, le calate a Roma degli imperatori del sacro romano impero 2 per ottenere l'investitura pontificia, il viaggio-avventura dei cavalieri in cerca di ingaggi come mercenari o di draghi da uccidere e giovani dame da salvare e poi i mercanti, i diplomatici, i chierici vagantes, i missionari, gli studenti. È vero che le difficoltà comuni a tutti gli uomini si aggravavano nel corso del viaggio, però la coscienza di esse spingeva alla socialità ed alla comunanza per cui il viaggiare (anche se con mezzi e modalità diversi) costituiva un elemento di democratizzazione in una società gerarchicamente strutturata. La società medievale, rotti gli schemi circoscritti del sistema feudale, in sostanza si caratterizza per un sistema di vita statico in un contesto dinamico ed in ciò completamente diversa dalla società contemporanea che in un contesto statico postula un sistema di vita dinamico. Il “Camino”, meta religiosa o scelta politica? Perché il “Camino” di Santiago è il primo itinerario culturale europeo? Quali sono le motivazioni storiche di questa affermazione? In realtà sui suoi sentieri è nata la coscienza europea e si è formata l'idea di Europa, religiosa cristiana per un verso, culturale e politica per un altro aspetto. Gerusalemme era una meta soprattutto religiosa. Si raggiungeva con difficoltà di viaggio molto faticoso e costoso (trasporto per mare), però non trovava ostacoli da parte di popolazioni ostili, almeno fino a quando, all'inizio del nuovo millennio, diviene “occasio belli”, nello scontro tra occidente e oriente (culture diverse e da sempre in conflitto per la supremazia nel mare Mediterraneo), dovuto alla pressione demografica dei paesi europei, alle necessità di espansione economica e di conquista di mercati per la nascente borghesia imprenditoriale. È la storia delle “crociate” durante le quali si acuisce, si riduce, si normalizza il pellegrinaggio in Terrasanta. Roma è meta religiosa, ma anche economica; il pellegrinaggio ad essa ha lo scopo di incrementare le finanze della chiesa. Inizia infatti con il giubileo indetto da Bonifacio VIII nel 1300 e si rinnova periodicamente con il ripetersi degli anni santi. Per Santiago il discorso è diverso: il fenomeno è di notevole portata e assume i connotati di una reazione politica in funzione anti-mussulmana per impedire il dilagare degli Arabi nel Mediterraneo, agli inizi del 700, e la loro penetrazione in Europa attraverso la Spagna. La battaglia di Poitier del 732, tra Arabi e Franchi, ne arresta l'espansione che però si attesta nella penisola iberica, costituendo per la cristianità e per i traffici nel Mediterraneo, una costante e pericolosa “spada di Damocle”. Contro di essa si agisce con le armi: battaglia di Claveyo dell'844, per la quale si racconta che mentre le armate cristiane erano in rotta, appare a esse Santiago, su un cavallo bianco, con una spada fiammeggiante che fa strage di mori e conquista la vittoria. Da quest’avvenimento l'appellativo “matamoros” e l'iconografia che rappresenta Santiago a cavallo, con la spada insanguinata e le teste di mori uccisi fra le zampe del cavallo stesso. Si reagisce anche con il pellegrinaggio attraverso la Spagna del nord: è una penetrazione pacifica, all'apparenza innocua, continua, inconsapevole, strumentalizzata che alla lunga risulterà vincente. Il sepolcro dell'Apostolo diviene per tutta la cristianità un importante simbolo comune, un segno divino di riscatto; nel nome di Santiago, eletto santo patrono della Spagna e protettore della cristianità, è possibile iniziare quella “reconquista” che durerà secoli, ma sarà portata vittoriosamente a termine. Il pellegrinaggio a Compostela acquista maggiore importanza nel XI secolo quando i monaci cluniacensi si fanno promotori di esso per propagandare la guerra santa dei cristiani contro i mussulmani di Spagna. Il flusso di pellegrini in continuo aumento (si racconta di circa 200 mila/500 mila per anno) mette in moto una domanda crescente di beni e servizi: si costruiscono infrastrutture (strade, ponti, ospedali, chiese) con conseguenti investimenti produttivi e incremento delle attività economiche tradizionali (agricoltura e allevamento) e mercantili. Occorre inoltre approntare sistemi di sicurezza e difesa e quindi l'istituzione di monaci-guerrieri con il compito di assistere e tutelare i viandanti durante il viaggio. Si conquistano così sempre più spazi in un territorio occupato dai “moros”, ponendo basi religiose, assistenziali, mercantili e militari che eserciteranno una funzione notevole nella lotta contro questi ultimi. Pellegrinaggio e pellegrini. La prima guida “turistica” del “Camino” risale al 1160 ed è contenuta nella raccolta “Codex Calixtinus e Liber Sancti Jacobi” (conservata nella cattedrale di Compostela) ed è intitolata “Itinerarium ad Sanctum Jacobum in Galicia”. Essa riporta le indicazioni degli itinerari da seguire ed è un documento fondamentale per conoscere la cultura, la mentalità e la vita del pellegrino medievale. È molto ricca d’informazioni sulle tappe da effettuarsi, sulle risorse locali, sulle necessità del viaggio e fornisce note dettagliate sugli usi e tradizioni, sugli abitanti dei luoghi e sui rischi e difficoltà del percorso. In ogni luogo i pellegrini erano accolti e assistiti. La chiesa colpiva con la scomunica chiunque avesse arrecato loro offesa. Il trattamento però era diverso in base al ceto di appartenenza. Tutti avevano diritto ad alloggio per una notte e al cibo che l'ospizio poteva offrire loro oltre al rito del “lavaggio dei piedi” che, se da un lato ripeteva la cerimonia di devozione dell'“ultima cena”, rispondeva dall'altro ad una esigenza igienico-sanitaria. L'ospitalità era gratuita per i pellegrini poveri i quali offrivano i loro servizi alle necessità ordinarie del centro di accoglienza. I ricchi venivano ricevuti dal priore della comunità, erano ammessi alla sua mensa e dormivano in camere singole con letti confortevoli, contribuivano però con denaro, doni ed elargizioni di varia natura al monastero ospitante o alla chiesa locale. Perché si andava in pellegrinaggio e chi erano i pellegrini? Il termine pellegrinaggio si fa derivare da “pelegrinus”, chi vaga di luogo in luogo, forestiero, oppure da “peregrinus” (da péregre, per ager ) chi va per campi, in territorio straniero, e sta ad indicare in generale il viaggio che i seguaci di una fede religiosa fanno, per devozione e penitenza, verso un luogo ritenuto sacro e divenuto meta di particolare culto. C'era una differenza sostanziale tra il pellegrinare che era tollerato dalla società ed il girovagare 3 che era invece considerato pericoloso e quindi vietato. I pellegrini erano le persone che si proponevano di raggiungere quella meta per sciogliere il vincolo di un voto fatto per ottenere una grazia o per grazia ricevuta, oppure per penitenza e devozione (pellegrini religiosi o per fede). C'erano anche coloro che intraprendevano il viaggio per punizione o condanna oltre a quelli che cercavano in esso un motivo di fuga, di avventura o di esercizio di mercatura (pellegrini d'occasione). Infine c'era il pellegrino “professionale”, cioè una persona che si sobbarcava le fatiche del “Camino” per conto di altri. I primi erano i più numerosi e appartenevano a tutte le classi sociali. Fra essi molte le donne (quasi il 50 per cento) che impegnandosi con il voto, avevano occasione di sfuggire ai vincoli della vita familiare e sociali. In una società di tipo patriarcale, come quella medievale, non è facile comprendere i motivi per cui le donne, legate alla vita domestica e sottoposte all'autorità maritale, partecipassero in modo così rilevante al pellegrinaggio. Oltretutto le convenzioni sociali giocavano un ruolo negativo in questa scelta evidenziando i pericoli del viaggio: il rischio di essere violentate e/o rapite e vendute come schiave; la possibilità di intraprendere il viaggio in stato d’inconsapevole gestazione e di dover affrontare durante il cammino il travaglio del parto; le tentazioni cui andavano incontro per cui era facile finire nei bordelli, molto più diffusi, in allora, di quanto si possa immaginare. La letteratura dell'epoca non mancava di racconti boccacceschi riguardanti le donne o di descrizione di esse come creature del demonio che, lungo i sentieri boscosi del “Camino”, tentavano i pellegrini sviandoli dalla meta salvifica. Eppure erano tante le donne che si recavano in pellegrinaggio. Trovandosi spesso in una situazione senza via di uscita le donne, più degli uomini, facevano voto di intraprendere un viaggio verso un luogo sacro per invocare dalla divinità in esso venerata una grazia di solito per la guarigione di un figlio handicappato o del marito ammalato. Si riteneva altresì che le preghiere di una donna fossero più efficaci per ottenere il miracolo. Il voto era l'assunzione sacrale di un impegno che doveva essere portato a termine necessariamente ed al quale non ci si poteva sottrarre e nessuno avrebbe potuto impedirne l'assolvimento. La penitenza per espiazioni era una “condicio sine qua non” per evitare la dannazione eterna. La paura dell'inferno era vissuta drammaticamente in un contesto storico come quello medievale in cui la chiesa influenzava le coscienze in modo molto più incisivo di quanto oggi si riesca ad immaginare. I pellegrini per punizione erano i delinquenti che potevano scegliere tra la prigione e/o le pene corporali per i loro misfatti e il pellegrinaggio, con l'obbligo però di contribuire con il loro lavoro alle esigenze degli ospizi, dei monasteri e alle costruzioni o manutenzioni delle chiese. Spesso erano costretti a trasportare materiale edile dalle cave a dove serviva; da qui, ancora oggi, si ripete sul “Camino” il rito formale di portare nello zaino una pietra, per un certo tratto per poi depositarla, ai bordi dei sentieri o in luoghi prestabiliti, dove si formano cumuli particolari e non privi di significati devozionali. I mercanti, travestendosi da pellegrini, potevano trarre tutti i vantaggi di questa condizione ed usufruire di accoglienza gratuita, di assistenza e tutela. Il pellegrinaggio era alcune volte una occasione di fuga per sottrarsi a vessazioni di ogni genere o per evitare oneri finanziari e militari da parte dei vassalli nei confronti del loro signore. Il pellegrino “professionale” era, infine, una persona che si impegnava ad effettuare il viaggio, dietro compenso, in nome e per conto di un altro il quale, avendo assunto un voto, non poteva per diversi motivi osservarlo personalmente. Occorreva però che la sostituzione avvenisse in forma solenne nella cattedrale, all'atto della cerimonia d’investitura dei pellegrini. È proprio per attestare che il cammino era stato portato a termine che si raccoglievano sulle coste dell'Atlantico le conchiglie per portarle al mandante. La conchiglia era quindi la prova che si era stati alla tomba di Santiago. Si riteneva inoltre che essa accordasse una protezione supplementare per tenere lontano ogni sorta di pericolo. Diventa così segno distintivo del pellegrinaggio a Compostela. La chiesa e il pellegrinaggio. La chiesa non ha mai predicato il pellegrinaggio, però partecipava alla sua realizzazione con il cerimoniale della investitura alla partenza, con l'assistenza fisica e spirituale durante il viaggio e con la protezione diretta (i monaci guerrieri) ed indiretta (la scomunica). Era necessario consentire al pellegrino la sopravvivenza nella lotta contro i pericoli del viaggio: fame, sete, caldo, freddo, stanchezza, malattia e morte. Nel Vangelo di Luca (9 - 3) si legge: “non prendete nulla per viaggio, né bastone, né sacca, né pane, né danaro e non abbiate tunica di ricambio”, la missione degli apostoli di diffusione del Vangelo è la prima forma di pellegrinaggio cristiano. L'investitura avveniva in forma solenne nella cattedrale con l'invocazione della protezione divina e la benedizione da parte del vescovo (“O Signore... benedici il cammino del tuo servo affinché con la tua protezione e guida, cammini senza peccato per sentieri di giustizia”) e con la conseguente consegna del bordone (bastone che poteva servire per appoggio e per difesa contro pericoli reali e virtuali - le tentazioni del demonio -), della scarsella o bisaccia che doveva essere sempre aperta per ricevere e dare, della mantella o pellegrina e la fiasca per l'acqua. Tutti questi, assieme al cappello a larghe falde e alla conchiglia costituivano i segni distintivi del pellegrino. Si aggiungeva la “credenziale” che era il documento di viaggio (il passaporto) che dava diritto ad essere accolti e assistiti negli ospizi, di attraversare senza pedaggi terre sottoposte a balzelli e prestazioni ecclesiali e signorili di varia natura ed a muoversi liberamente in paesi stranieri godendo di immunità ed impunità in caso di violazione di norme sconosciute e diverse da quelle vigenti nei paesi di origine. I pellegrini ricchi si preoccupavano di fare testamento e di disporre nel modo ritenuto più opportuno del loro patrimonio. Tale formalità era quanto mai necessaria perché se si moriva intestati durante il cammino, una parte del patrimonio era destinata alla chiesa ed un'altra all'autorità del paese dove era avvenuto il decesso. 4 Quando partire? Si partiva con preferenza all'inizio della settimana santa e si finiva con il 22 settembre, epoca della vendemmia. Il viaggio d'estate era preferibile perché presentava una serie di vantaggi: si trovava più gente lungo i sentieri per cui il viaggio risultava più sicuro; c'era possibilità di cibarsi di frutta e di bacche più abbondanti rispetto alla stagione invernale; si poteva prestare la propria attività lavorativa d'aiuto per i raccolti guadagnando così una migliore ospitalità, oltre a concorrere ai lavori di costruzione di strade, ponti chiese e monasteri-ospizi. Non dimentichiamo poi che le fiere, tenute in occasione delle feste di santi patroni, si svolgevano d'estate e ciò era ben noto al pellegrino-mercante. Sul “Camino di Santiago”, per evitare il caldo, si viaggiava preferibilmente di notte, seguendo le indicazioni delle stelle (la Via Lattea va da est verso ovest e il “Camino” è anche noto come Via Lattea o cammino delle stelle). Di notte si era inoltre più sicuri e si evitavano le spese per l'alloggio. Si consigliava di non superare i 25/30 chilometri di percorso giornaliero e di pregare, recitare il rosario e intonare inni sacri per vincere la stanchezza, la monotonia e la noia. Non pochi erano i problemi della comunicazione dovendo attraversare paesi con parlate diverse. I dotti e gli ecclesiastici si esprimevano in latino e, dopo il XIII secolo anche in francese; gli altri, soprattutto i mercanti avevano conoscenza delle parole essenziali per trattare i loro affari; ma generalmente, viaggiando in gruppi, ci si aggregava a quelli che conoscevano le lingue locali. Crisi e rinascita del “Camino”. Il flusso di pellegrini aumenta anno per anno per tutto il Medioevo fino al 1492 quando, con la conquista di Granada, ultima roccaforte araba in terra di Spagna, da parte dei sovrani cattolici, Ferdinando d'Aragona e Isabella di Castiglia, comincia a defluire perdendo interesse. Ormai la “reconquista” era stata completata e, d'altra parte, ogni forma di pellegrinaggio, di mercificazione di indulgenze e di traffici di reliquie era stata sottoposta a feroce critica dalla “Riforma protestante”. Verso la fine del '500, quando la Galizia viene saccheggiata dai pirati inglesi, della tomba di Santiago e di Compostela come meta di culto non si hanno più notizie. Si riparla di esse circa tre secoli dopo ( nel 1878, durante i lavori di manutenzione della Cattedrale, vengono ritrovati i resti di un corpo decapitato, che dopo alcuni anni viene riconosciuto come quello dell'apostolo Giacomo ) e assumono di nuovo grande importanza nel 1982, anno in cui il papa Giovanni Paolo II a Compostela indicava negli antichi sentieri del “Camino”, su cui si era riversata una marea di pellegrini nel Medioevo, la formazione della coscienza europea. Pochi anni dopo, nel 1987, il “Camino” è dichiarato dal Consiglio Europeo “Primo Itinerario Culturale Europeo” e, cinque anni più tardi, L'Unesco consacrava il tratto spagnolo della grande via composteliana parte integrante del Patrimonio dell'Umanità. Il “Camino” era rinato ed i pellegrini, diversi dai camminatori medievali, ricompaiono fra tratturi, sentieri, mulattiere, strade sterrate, dando vita ad un flusso inarrestabile ed in continuo aumento. D'altra parte camminare è il più semplice, il più antico dei gesti che può dare al pellegrino una consapevolezza nuova, forse mai provata, della propria umanità. Ambiente e paesaggio. Compostela poteva e può essere raggiunta per mezzo di diverse vie: quella della costa o cantabrica, quella francese che attraversa i Pirenei da San Jean piè de Port a Roncisvalle, quella aragonese che passa da Somport e poi si congiunge a Puente la Reina con quella francese ed infine la via del sud, da Siviglia e/o Lisbona. La via ancora oggi più frequentata è quella francese che ripercorre per lunghi tratti i vecchi sentieri di epoca romana e medievale. Su questa via si attraversano cinque regioni della Spagna del nord: la Navarra, La Rioja, la Castiglia e Leon (Bierzo) e la Galizia. Il percorso non presenta difficoltà insormontabili: se si cammina con una media di circa 25 chilometri al giorno e si dispone di un equipaggiamento adeguato ed essenziale. I dislivelli non sono molto marcati: si raggiungono punte massime di 1.400 metri d'altezza partendo da una base che in media è tra i 400/500 metri. È difficile, ma non impossibile. Quello che conta è crederci. Il paesaggio ed il clima variano molto: si passa da zone umide e ricche di boschi, alle “mesetas”, zone secche di altipiano con notevole escursione termica. I sentieri sono indicati dalla nota “freccia gialla” oltre che con la tradizionale concha (conchiglia) e con cartelli stradali ben disposti e spesso con indicazioni particolari di distanze e di aree di riposo o descanso. Si attraversano circa 160 comuni ed in media, ogni cinque chilometri, si trovano posti di ristoro (tienda o bar) e centri di ospitalità (rifugi, alberghi del pellegrino, case rurali, hostales). Il “Camino” segue sempre la stessa direzione da est verso ovest. Il sole accompagna il pellegrino descrivendo lo stesso arco alla sua sinistra: al mattino è alle sue spalle e lentamente lo raggiunge e lo sorpassa poi aspettandolo, per tramontare, alla fine di ogni tappa. Così i giorni si assomigliano e l'andare assume un senso ieratico di regolarità, di armonia, di scopo. Tutto il “Camino” con i suoi diversi paesaggi e relative difficoltà è rappresentato idealmente come: -inferno (Navarra e Rioja) caratterizzato da boschi e vigneti, con sali-scendi frequenti e defaticanti; -purgatorio (Castiglia e Leon) l'altipiano delle “mesetas”, una sterminata pianura coltivata a grano; -paradiso (il Bierzo) con le sue colline ricche di orti e vigneti, (la Galizia) con boschi ed allevamenti. Ormai la fatica è vinta e la gioia di essere vicini alla meta stimola l'ansia di arrivare. Sincretismo culturale e artistico. Non mancano città ricche di storia, interesse artisticoculturale e tradizioni folkloriche; Pamplona, capitale della Navarra, con la feria di San Firmino e l'encierro; Logrono, con i vini della Rioja; Burgos con il Cid Campeador e la sua cattedrale, una delle più grandi della Spagna; Leon con le mura romane e la cattedrale dalle mille vetrate e il palazzo di Gaudì; 5 Astorga, con la sua cattedrale, il palazzo del governo e le antiche mura; Ponferrada con il castello dei templari; Compostela, la città di pietra. E poi le chiesette romaniche disseminate lungo il percorso, i paesi con storici palazzi nobiliari, con notevoli stemmi; gli antichi monasteri, gli altari con i “retablo” di legno dorato che spesso rappresentano Santiago e sono tipica manifestazione del barocco spagnolo ed i campi recintati da muri a secco, le case scavate nella terra, i muri di tufo ed i tetti di paglia, i campanili a vela con i nidi delle cicogne e i giardini con gli “horreos” in Galizia. La storia millenaria del “Camino” è raccontata da questo ambiente culturale in cui ben poco hanno inciso le trasformazioni della modernità. Tutto il percorso è un museo a cielo aperto, è l'unico esempio al mondo di arte sacra europea dal medioevo all'età moderna. Sui suoi sentieri si scoprono vestigia architettoniche e urbanistiche non contaminate, testimonianze di una storia dell'arte con tutte le sue manifestazioni più affascinanti: dallo stile essenziale del romanico alla ieratica verticalità del gotico, all'architettura variegata del plateresco con i suoi pinnacoli e le decorazioni filigranate, sino al trionfo del barocco, tutto fasto e ricchezza. È proprio la Cattedrale di Santiago l'esempio eclettico più spettacolare di questi stili, dalla bellissima scultura medievale del “Portico della gloria” alla esuberanza barocca della facciata. Tanti pregevoli capolavori sono dovuti all'opera di oscuri architetti, artisti, artigiani e semplici manovali che hanno portato sul “Camino”, in veste di pellegrini, l'esperienza artistica di tutta l'Europa. Tutto il “Camino”, infine, è un racconto vivo e attuale di miracoli, di santi, di miti e leggende, di storie fantastiche che arricchisce il viaggio ad ogni tappa. I pellegrini oggi. E infine i pellegrini, centinaia di migliaia di persone, provenienti da ogni parte del mondo, con i quali si socializza, si comunica pur parlando lingue diverse e con i quali si condivide, giorno dopo giorno, tappa dopo tappa, la stessa finalità, arrivare a Compostela e ci si saluta, incontrandosi, con “buen camino” o “ultreia” in un percorso che tutti accomuna in una atmosfera indescrivibile di emozioni che nascono dal vedere il mondo a quattro chilometri l'ora. Ma chi sono i pellegrini oggi? I più sono animati da fede religiosa, recitano spesso il rosario lungo i sentieri, si fermano a pregare nelle chiese, nelle quali ci si ritrova a sentir messa, a scambiarsi esperienze, a recitare tenendosi per mano testi sacri e ricevendo la benedizione per un felice esito del cammino. Ci sono poi i pellegrini per sport che si avventurano per i sentieri in bicicletta o a cavallo ed i turisti in cerca di una vacanza diversa in una dimensione naturale, genuina e socializzante. Non mancano poi coloro che soddisfano sul “Camino” il loro interesse culturale ed i giovani, tanti giovani di diverse nazionalità che spendono su questi antichi sentieri una parte del loro “anno sabbatico”. Si incontrano inoltre i pellegrini “ a tappe” cioè coloro che non potendo disporre del tempo necessario per compiere tutto il percorso, programmano di effettuare una parte di esso, anno dopo anno. Ed infine, i pellegrini che sono tali solo in apparenza e ci piace definirli “quelli della domenica”: sono coloro che percorrono a piedi alcuni brevi tratti del “Camino” ed hanno poi i bus turistici che li aspettano per accompagnarli in albergo. Hanno tutti caratteristiche simili, vestiti standard ordinati, scarpe tecniche nette di polvere e fango, zainetti leggeri e gli immancabili bastoni da trekking, utilizzati senza coordinazione. Tuttavia, oltre la fede in senso stretto ed al pellegrinaggio come vacanza diversa, a muovere la moltitudine di viandanti di tutte le età e varie provenienze, è “la dimensione del viaggio come esperienza concreta che unisce fatiche e piaceri, solitudine e socialità in una avventura, unica ed indescrivibile, fisica e spirituale insieme, di messa alla prova e ricerca di sé”. La scoperta quotidiana di nuovi spazi che si possono percorrere, di altri orizzonti da ammirare, di diverse emozioni da sentire, provando sensazioni che appaiono nuove ed imprevedibili, senza l'ossessione di ripetere comportamenti omologati e stilemi di vita subiti nella monotonia della quotidianità lontana dal pellegrinaggio. Questa è l'essenza del “Camino”! Quello che rileva non è la meta che costituisce solo un motivo per il cammino, un punto di arrivo per portare a termine il viaggio. Qui la meta è partire e ciò che veramente conta, anche se può sembrare un paradosso, è il cammino per il cammino. E concludiamo riportando una poesia, scritta sul muro di una industria, nelle vicinanze di Najera, che tenta di dare una risposta alla domanda: perché si intraprende il “Camino”? “Polvere, fango, sole pioggia, è il Cammino di Santiago. Migliaia di pellegrini per più di mille anni. “Pellegrino, chi ti chiama? Che forza occulta ti attrae? Non è il Campo delle stelle, né la grande Cattedrale Non il coraggio di Navarra, né il vino di Rioja, né i molluschi di Galizia, né i campi di Castiglia. “Pellegrino, chi ti chiama? Che forza occulta ti attrae? Non la gente del Cammino, né le tradizioni rurali: Non è la storia e la cultura, né il gallo della Calzada, né il palazzo di Gaudì, né il castello di Ponferrada: “Tutto ciò che io vedo passando è una gioia vederlo, ma la voce che mi chiama la sento molto più in profondo. La forza che mi sospinge, la forza che mi attrae , non so spiegarla neppure io. Soltanto Lui, dal cielo, lo sa.” 6 TUTTA LA CASA IN UNA ZAINO CONSIGLI PRATICI E UN PIZZICO DI ESPERIENZA PERSONALE Perché a Santiago? Abbiamo percorso il Cammino di Santiago nel corso dell’estate 2011, partendo dopo la metà di agosto per terminarlo alla fine di settembre. A differenza di quanto succede normalmente, dove nel corso del viaggio si litiga e ci si separa, noi siamo partiti in tre e arrivati in quattro; a Burgos si è unita a noi una signora di Padova, che per la prima volta metteva uno zaino sulle spalle e gli scarponi ai piedi, provvista di un sacco pesantissimo e di tanta incoscienza, ma anche spinta da una fiducia illimitata che la Provvidenza l’avrebbe aiutata. Difficile invece dire cosa abbia spinto noi tre a fare il Cammino di Santiago. Probabilmente all’inizio è stata solo una curiosità, o il desiderio di andare a vedere cosa fosse veramente. Ovviamente tutti coloro che lo percorrono sono stati spinti da qualche ragione, i più le tengono nascoste, molti ne scoprono altre, quelle che forse stavano proprio cercando, cammin facendo. Perché le motivazioni si trovano di giorno in giorno, parlando con gli altri pellegrini, facendo assieme qualche centinaio di metri o qualche chilometro o, ancora di più, camminando in solitudine. Una cosa subito appare chiara, fin dai primi passi del cammino e dalle prime parole scambiate: non si è lì per andare a Santiago o non solo per andare a Santiago, ma soprattutto per “andare”. Il Cammino diventa la tua vita e con il passare dei giorni non ti preoccupa più quanto manchi alla meta ma solo di percorrere una strada. Prima della partenza Il primo problema che si pone è quando andare. I periodi maggio/giugno e metà agosto/settembre sono i migliori e, per esperienza di vari pellegrini, il secondo è generalmente più asciutto, le giornate abbastanza lunghe, l’attraversamento dei Pirenei compiuto durante un periodo di tempo buono. Si incontrerà del caldo in Navarra, caldo sopportabile nelle Mesetas, la parte centrale del percorso, un po’ di freddo al mattino e la sera entrando in Galizia. Scelto il periodo, sopraggiungono la necessità di una preparazione fisica adeguata alle difficoltà che si incontreranno e il dilemma sulla scelta di cosa portare. Considerando che le tappe saranno mediamente di 20/25 chilometri bisognerebbe fare un allenamento mirato a poter superare tale distanza senza dover soffrire troppo. Non occorre affrontare forti dislivelli, che in Spagna non troveremo mai, ma piuttosto un terreno vario con limitati tratti di dolce salita. Contano più i chilometri in lunghezza che i metri in salita. Più impegnativa è invece la cernita di cosa dovremo mettere nello zaino. Bisogna farci stare quanto sarà necessario per quaranta giorni e non un grammo di più. Il peso complessivo non dovrà superare un decimo del proprio peso corporeo, quindi non più di 6/7 chili. Bisogna considerare che lo zaino già pesa un chilo/ un chilo e trecento e che durante il cammino saremo appesantiti da quanto necessiterà per uno spuntino, da almeno mezzo litro di acqua, da eventuali carte o depliant che saranno utili nell’attraversamento di ogni regione e che prontamente getteremo via, con molti rimpianti, quando non serviranno più. Dedotto il peso del sacco, quindi, bisogna riuscire a contenere il necessario in 4/5 chili, verificando il peso di ogni articolo, limitandosi all’essenziale e seguendo la regola del tre: un capo addosso, uno pulito nello zaino, il terzo ad asciugare sopra lo zaino mentre stiamo camminando. Occorre lasciare a casa il superfluo, gli indumenti troppo pesanti, preferendo l’abbigliamento a cipolla. Non vanno dimenticati la macchina fotografica e un libriccino dove ogni sera scriveremo i nostri appunti sulla giornata trascorsa. Tornando a casa quegli appunti ci forniranno la testimonianza e il ricordo di ciò che abbiamo vissuto. Ogni grammo portato in più, moltiplicato per ottocento chilometri, diventerà un macigno. Infine la scelta della calzatura; dovrà essere leggera ma impermeabile, soprattutto molto, molto collaudata. Una scarpa nuova vorrebbe dire, dopo una decina di tappe, un’alta percentuale di possibilità di dover rinunciare a proseguire nel cammino per sopraggiunti problemi ai piedi. Il dado è tratto Infine si parte. Tutti i dubbi, le perplessità, i timori che ci avranno accompagnato anche nel viaggio in treno, verranno lasciati alle spalle a Saint Jean Piè de Port, punto tradizionale di partenza del Cammino, ancora in territorio francese. Nell’ufficio di accoglienza del pellegrino, in una confusione terribile, ci verrà apposto il primo timbro sulla credenziale, forniti alcuni consigli sul cammino e si sceglierà la conchiglia da portare a Santiago. La credenziale è il documento essenziale del pellegrino, da conservare con la massima cura e tenere sempre a portata di mano. Ogni ostello, ogni albergo in cui giungeremo la sera ci accoglierà solo se presenteremo la nostra credenziale su cui ci verrà apposto il “sello”, il loro timbro. Poi diventerà quasi un’ossessione: raccoglieremo timbri negli ostelli, nei negozi, nei bar, nelle chiese e così via. Probabilmente saremo costretti, lungo il cammino, a ritirare altre credenziali avendo completato lo spazio a disposizione. Tutti i timbri raccolti giorno per giorno permetteranno, al nostro arrivo a Santiago, di poter dimostrare il percorso fatto e ricevere la “Compostela”, l’attestato che ufficializzerà il nostro status di pellegrino. Particolare curioso è che in certi paesi europei i ragazzi inseriscono tale dichiarazione in occasione della presentazione del proprio curriculum vitae. Per ottenere la “Compostela” è sufficiente percorrere almeno gli ultimi cento chilometri prima di Santiago. Certo che coloro che hanno iniziato il percorso a San Jean e che giungono alla meta con alle spalle e nei piedi ottocento chilometri sotto il sole, guarderanno con un’aria di sufficienza quei pellegrini con le camicie stirate e le gambe candide che hanno visto il sole soltanto da qualche giorno. La conchiglia invece è il simbolo che attaccheremo allo zaino, in un punto ben visibile e servirà a distinguerci da qualsiasi altro frequentatore di quei sentieri. L’usanza, nata nei secoli passati quando i pellegrini, dopo aver raggiunto Santiago, si spingevano fino all’oceano per raccogliere sulla spiaggia le conchiglie a testimonianza dell’avvenuto compimento del pellegrinaggio, si è mantenuta ora in 7 senso inverso. Oggi vanno portate fino a Finisterre, sulla scogliera che strapiomba sul mare, dove troveremo un cippo indicante il chilometro “zero” del Cammino. Il simbolo della conchiglia ci seguirà ovunque. Lo vedremo sui muri, sui marciapiedi, sui sassi a indicare la via, sugli zaini di chi sta davanti, nelle insegne dei negozi, le “tiende”, Usciti dall’ufficio del pellegrino, inizieremo il percorso. Un’occhiata alla prima freccia gialla, il segnale che seguiremo fino a Santiago e che permetterà di non fare un metro in più di quelli previsti e ci darà la sicurezza di essere sulla strada giusta. Questo segnavia è stato apposto negli anni ottanta, grazie all’iniziativa di un parroco, per permettere ai pellegrini di ripercorrere quei sentieri che erano stati dimenticati. Ora quel religioso è sepolto nella chiesa posta in cima all’ O’Cebreiro, una delle ultime asperità del Cammino, superata la quale ci si sente già arrivati, sebbene manchino ancora centocinquanta chilometri alla meta. Ed è subito il momento di affrontare i Pirenei, incubo delle notti che hanno preceduto la nostra partenza, di cui abbiamo sentito parlare da tanti e tanto abbiamo letto e del quale ci è stato detto che è il tratto più impegnativo di tutto il percorso. Vi si può trovare pioggia e nebbia, vento e freddo, in certi periodi anche neve, raramente bel tempo. A noi è capitata la nebbia, che ha nascosto il panorama ma permesso di sorprenderci con le apparizioni di animali, soprattutto cavalli allo stato semi-brado, sbucare dalla nebbia per poi scomparvi nuovamente. L’arrivo a Roncisvalle, al termine della tappa, procura al pellegrino la coscienza di una forza che prima non era sicuro di avere. È la consapevolezza che è possibile farcela fino a Santiago, ora che la parte più difficile del cammino è stata superata. Lì, assistendo alla cerimonia della Benedizione del pellegrino (capiterà di assistervi anche in altri luoghi, ma non sarà mai più con lo stesso spirito come a Roncisvalle), per la prima volta ci si sentirà parte di una comunità itinerante, in cerca di un’avventura che, dentro di noi, sappiamo immensa. Da questo momento attraverseremo l’ondulata Navarra, ricca di storia, di chiese medievali, di paesi che trasudano un passato glorioso da ogni palazzo, poi la piatta, assolata e solitaria Castiglia-Leon, con le sue Mesetas da percorrere per trecento chilometri, che rimarranno nel cuore dei pellegrini i quali identificheranno con questi luoghi il ricordo del cammino, fino a incontrare nuove e dolci asperità nell’umida e nebbiosa Galizia. Trentacinque giorni di cammino Ma come si svolge la giornata del pellegrino? Uguale per tutti, sia che si provenga dall’Italia o dal Brasile, dalla Corea o dall’Australia o dalla stessa Spagna, dove ognuno ha le proprie abitudini, i propri tempi che qui si fondono in un’unica umanità con orari e comportamenti analoghi, esprimendosi per mezzo di una lingua che non è nessuna in particolare ma un idioma che si crea e si disfa lungo il cammino permettendo a tutti di comunicare. La partenza è invariabilmente alle sette del mattino, o anche prima se si prevede di dover fare molti chilometri. In Settembre, a quell’ora, in Spagna è ancora buio ma così facendo si possono sfruttare le ore fresche della giornata. A volte si parte con le pile accese, ovunque si abbia alloggiato ci si ritrova come per un tacito accordo all’uscita del paese, alla ricerca della prima freccia gialla che si nasconde nell’oscurità. La prima sosta è in genere dopo un paio d‘ore, quando si saranno percorsi circa 7/8 chilometri, per la prima colazione, se non sia già stata fatta nell’ostello, o per una pausa che permetta di scaldarci al primo sole. La giornata proseguirà passo dopo passo. Ogni giorno la nostra unica preoccupazione sarà quella di camminare. In genere ogni cinque o sei chilometri si trova un paese che, nella sua essenzialità, offre comunque il più delle volte quel minimo indispensabile che serve: una tienda per comprare qualcosa da mangiare, che il più delle volte sarà un pane da dividere con i compagni di viaggio, un po’ di formaggio e un pacchetto di ciruelas (prugne) secche, un bar dove dissetarci con “cana” (birra alla spina), spesso un ostello per pellegrini, talvolta un alberghetto e la chiesa per una preghiera. La solidarietà locale ci permetterà a volte di approfittare di un cesto di mele o di prugne posto su un muretto, a disposizione di che ha fame, o di rubare qualche chicco d’uva facendo finta che nessuno se ne accorga. A volte queste comodità ci verranno negate. Esistono tratti piuttosto lunghi senza nessun tipo di appoggio. Il più lungo, nelle Mesetas, di circa 17 chilometri, piatti e senza un albero, incuterà timore e costringerà a una partenza anticipata. Una ambulanza che va avanti e indietro sul percorso sarà la nostra sicurezza che, nel caso il caldo avesse la meglio, comunque avremo l’assistenza necessaria, mentre dall’altro confermerà tutte le nostre preoccupazioni. Un rarissimo cespuglio ci permetterà di espletare i nostri bisogni corporali, ma dietro a quel cespuglio troveremo anni e anni di problemi corporali risolti dagli altri pellegrini. Inutile voler esagerare a fare più dei circa 25 chilometri previsti. Si rischierebbe di pagare lo sforzo con problemi ai piedi, le “ampollas” cioè le vesciche, o alle ginocchia con dolorose tendiniti e nel migliore dei casi non si sarà comunque goduto appieno, con i giusti tempi, il senso del Cammino. Durante il percorso si incontreranno molti pellegrini e tanti abitanti di quei luoghi. Anche questi ultimi salutano i pellegrini con un “buen camino”, il saluto universale e ti fanno sentire quanto il tuo andare sia importante. Però mai chiedere a un gruppo di spagnoli informazioni sulla strada da seguire. Ognuno avrà la sua idea, cominceranno a discutere animatamente, noi andremo via mentre loro staranno ancora discutendo, ognuno fermo sulla propria convinzione, incuranti del fatto che non li stiamo più ascoltando. Al termine della tappa, spesso nel primo pomeriggio, rimane la scelta dell’alloggio per la notte. Moltissimi sono gli ”albergue” (i nostri ostelli), dove si è ospitati in camerate, si può fare una doccia e sperare in una notte con poco baccano. Questa soluzione costa pochissimo, dai 5 ai 7 euro, spesso soltanto un “donativo”. Frequenti anche gli “hostales”, alberghetti semplici e puliti, dove una doppia con bagno costa dai 30 ai 50 euro. Scegliendo questa seconda soluzione si sta più comodi, ma si perde un po’ l’essenza della nostra avventura e il contatto con gli altri pellegrini. Forse un mix tra le due soluzioni permetterebbe di cogliere gli aspetti umani del Cammino e ogni tanto fare una comoda dormita. 8 Dopo di che urge approfittare dell’ultimo sole del pomeriggio per stendere il bucato, che obbligatoriamente faremo ogni giorno e per far asciugare i capelli dopo la doccia (dal momento che avremo lasciato a casa il nostro pesante phon, rimpiangendo questa scelta una volta che saremo giunti nell’umida e fresca Galizia). Poi due passi prima di cena per quattro chiacchere con gli altri pellegrini, parlando della tappa dell’indomani e per dedicarci ad un po’ di turismo. Non va dimenticato che il Cammino attraversa città famose per la loro bellezza come Pamplona, Burgos, Leon, Astorga e Ponferrada, oltre a centri più piccoli ma non meno interessanti come Najera, Puente la Reina o Santo Domingo de la Calzada, oltre a decine di piccoli, splendidi paesi. Il menù del pellegrino Se non si approfitta della cucina messa a disposizione negli albergue, la giornata si chiude al ristorante, dove si potrà fare conoscenza con il ”menù del pellegrino”. Se ne trovano da 8, 10 o anche 12 euro, ma non si discostano mai uno dall’altro. Si potrà avere un primo da scegliere tra i “macarrones”, un’insalata mista o una “sopa”, a volte capiterà di trovare anche la “paella”, che gli spagnoli invariabilmente eviteranno ritenendola di scarsa qualità ma che a noi sembrerà più che buona, mentre come secondo piatto avremo sempre da scegliere tra il “lomo a la plancha” (maiale) o la “Chuleta de ternera” (carne), o il “pescado a la plancha”, spesso merluzzo, qualche volta trota. Il menù comprenderà anche un dolce da scegliere tra la “Torta di Santiago”, a base di mandorle, o l’“Arroz con leche” (riso con latte). Il vino sarà invariabilmente a temperatura ambiente se bianco, freddo di frigo se “tinto”. A volte, invece, si potranno gustare delle vere e proprie prelibatezze. Pamplona è famosa, oltre che per la festa di San Firmino, in occasione della quale vengono liberati tori per le strade della città, anche per le “tapas”, specie di bruschette farcite in mille modi, appetitose e bellissime da guardare e ottime da gustare. Melide, in Galizia, è invece nota, come tutta la regione, per le “pulperie”, locali molto semplici dove, seduti attorno a dei tavolacci, si può mangiare il polpo bollito, tenerissimo e delizioso, o altri crostacei raccolti sulle rive dell’Atlantico, accompagnati da un ottimo vino locale. Tradizionalmente i pellegrini si ritrovano da “Ezequiel”, il locale più famoso di tutta le regione, invariabilmente citato dalle guide di tutto il mondo. Comunque sia, alla dieci al massimo tutti a letto. Negli albergues viene spenta la luce, per gli altri c’è comunque da pensare alla tappa del giorno dopo. Santiago! Infine Santiago. Sarà bene arrivarci al primo mattino, stabilendo per quella giornata una tappa breve, magari sostando a dormire la sera prima a Lavacolla, a dieci chilometri da Santiago, dove un tempo i pellegrini si lavavano per presentarsi decentemente davanti alla tomba dell’Apostolo. Arrivati nella Plaza de Obradoiro, di fronte alla Cattedrale, grande esempio di barocco spagnolo che può anche non piacere ma certo non lasciare indifferenti, ci sentiremo svuotati. Ormai è finita, ora c’è solo il rammarico che domani non partiremo per percorrere un nuovo tratto. Le foto che faremo mostreranno la nostra gioia, ma nasconderanno l’amarezza che ci sarà in noi. Poi una corsa all’ufficio dell’ “Accoglienza del pellegrino”, dove riceveremo l’agognata “Compostela” (con un po’ di ansia, avremo messo tutti i timbri necessari?), si complimenteranno con noi e noi ci complimenteremo con quanti abbiamo conosciuto lungo il cammino. Qualcuno a quel punto piange; di gioia, di soddisfazione, di felicità, perché è finita o solo per un crollo di tensione, ma piange. Qualche sconosciuto che consola c’è sempre. Se siamo arrivati presto, il nostro arrivo sarà comunicato ai fedeli nel corso della Messa Solenne che si svolge quotidianamente in Cattedrale, dove, con un po’ di fortuna, potremo anche assistere alla cerimonia del Botafumeiro, enorme turibolo mosso da nove uomini, che un tempo serviva a purificare l’aria all’interno della chiesa ammorbata dal puzzo dei pellegrini. Santiago è bella: superba la cattedrale, dove il Portico della Gloria e la tomba dell’Apostolo Giacomo affascineranno, la città vecchia è un intrigo di porticati dove sarà difficile orientarsi, splendido aggirarsi alla sera nelle piazze solitarie, ma non saranno queste le immagini che verranno in mente quando parleremo del Cammino. Saranno piuttosto quelle delle piatte Mesetas, o della nebbia dei Pirenei, o la benedizione con canti gregoriani ricevuta nella piccola e fredda chiesa di Rabanal del Camino, oppure le notti passate insonni mentre, di fuori, gli spagnoli festeggiano rumorosamente i loro innumerevoli patroni o forse il viso di tante persone sconosciute che per un mese e mezzo sono state la nostra famiglia e che sappiamo non rivedremo mai più. Il resto è turismo. Con un pullman si può andare in giornata a Finisterre, distante circa novanta chilometri, a vedere il faro e nascere l’oceano, infine scattare una foto al chilometro zero. Ci si può anche arrivare a piedi, aggiungendo altre quattro tappe a quelle già percorse. Ma non sarà più come prima. Sull’aereo che ci riporterà a casa in un paio d’ore, ci sarà solo una domanda: “Quando ritorneremo sul Cammino?” Qualche pensiero Per concludere, qualche pensiero sorto nel corso del cammino: Quando, per la stanchezza, lo zaino diventa un “macigno”, e pensi che devi continuare, lo sguardo di una persona amica è sufficiente per far sembrare più leggero il tuo fardello. E ti sembra che una mano (che sia quella di Santiago?) ti sollevi lo zaino e ti permetta di continuare. Quando ti senti inadatto per condizioni fisiche o per età a compiere una simile “impresa”, dai uno sguardo intorno e ti accorgi che molti sono più anziani e malandati di te. Quando vedi che c’è chi compie il Cammino perché la propria vita è giunta ad una svolta difficile o spera di trovare un significato e una ragione alla propria esistenza… ti accorgi che tu sei lì solo per una curiosità, un tuo desiderio di conoscere, di vedere, di provare nuove sensazioni… e capisci quanto sei fortunato! 9 Infine, per dare una mano a coloro che avessero intenzione di partire, ecco qualche consiglio su cosa mettere nello zaino: Vestiario 3 magliette manica corta di fibra traspirante: sono leggere e asciugano in breve tempo. 3 calzettoni traspiranti e anatomici e 1 paio di calze da “riposo”. 3 slip 3 canottiere ( se si è abituati a portarle) (Si soddisfa così la regola del 3: indumenti indosso; indumenti di riserva; indumenti da lavare e/o da asciugare). 1 calzone corto con tante tasche 1 calzone lungo da trekking (trasformabile in corto) 1 pail leggero 1 giacca a vento impermeabile, traspirante e leggera, o un k-way, meglio se foderato 1 mantella antipioggia con cappuccio 1 paio di scarponi da trekking 1 paio di sandali da trekking o scarpe leggere per camminare 1 paio di ciabatte da doccia 1 cappello a falde larghe traspirante, per coprirsi dal sole e dalla pioggia 1 cintura per calzoni. Accessori 1 sacco a pelo di tipo a mummia, più leggero e meno ingombrante possibile, 1 benda per occhi e tappi per gli orecchi (per dormire indisturbati) 1 asciugamani di misura media 1 dentifricio 1 spazzolino da denti 1 pettine 2 rasoi da barba usa e getta 1 pezzo di sapone di Marsiglia (va bene per tutto: doccia, bucato e shampoo) Forbicine da unghie Coltellino serramanico multiuso Due o tre aghi per cucire con filo adeguato (serve anche come cura delle vesciche) Tre o quattro metri di spago (serve per appendere il bucato e come sostituzione di lacci degli scarponi) Quattro o cinque spille da balia (servono per appendere allo zaino, durante il cammino, la roba da asciugare Cinque o sei mollette da bucato Cerotti per vesciche (tranquilli, si trovano abbondantemente anche lungo il Cammino) Carta igienica (un rotolo) 1 piccola spazzola per scarpe (serve a togliere il fango quando è secco) [email protected] che la invia posta, intestata al richiedente. gratuitamente, per Equipaggiamento Zaino da 50 litri con queste caratteristiche: impermeabile, con doppio fondo per contenere sandali, ciabatte e roba sporca da lavare, copertura antipioggia incorporata, spallacci regolabili, cinghie da legarlo intorno al petto, cinghie da legarlo intorno alla vita, intelaiatura curva in modo che rimanga spazio per la circolazione dell’aria tra lo zaino e la schiena (è molto importante per evitare sudate eccessive della schiena), peso medio non superiore a 1.500 grammi. 2 bastoni da trekking più leggeri possibili, ma molto resistenti. (Servono per quasi tutto il “camino” e, utilizzati in modo adeguato, consentono di faticare meno sia in salita che in discesa) 1 marsupio porta documenti da legare attorno alla vita 1 pila tascabile piccola (è utilissima di notte nei rifugi e alla partenza al mattino presto) Macchina fotografica tascabile Telefonino con carica batteria Occhiali da sole e crema solare Guida tascabile (buona quella di Curatolo – Giovanzana, edita da Terre di Mezzo, Milano) Blocco notes tascabile per appunti (diario di viaggio!) e penna Documenti: Carta di identità, tessera sanitaria, carta di credito e/o bancomat, Credenziale del pellegrino da richiedere a Perugia, Confraternita di San Jacopo di Compostella, Via Francolina, 7 tf. 075.57.36.381, email: 10