Carcere e potere. Interrogativi pedagogici Aracne editore, Roma

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Carcere e potere. Interrogativi pedagogici Aracne editore, Roma
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VAleRiA PiRè
Carcere e potere. Interrogativi pedagogici
Prefazione di Angela Chionna e Giuseppe Elia
Postfazione di Giuseppe Mastropasqua
Aracne editore, Roma, 2014
A cura di VinCenzo lAMonACA*
le figure professionali operanti a vario titolo negli istituti
penitenziari sono numerose e altrettanto multiforme è il background esperienziale, formativo e culturale che le contraddistingue.
solitamente, la riflessione sull’essere ed il dover essere del
sistema penitenziario viene affrontata ponendosi dal proprio
punto di vista e la lettura delle criticità di sistema avviene inforcando le “lenti del giurista”, “del pedagogista”, “del sociologo”,
in modo sostanzialmente autoreferenziale, nel senso che ognuno
fornisce la propria chiave di lettura, pescando di fatto la soluzione
dal “mazzo” che ha disposizione, nella convinzione di essere l’unico depositario della Verità.
Molto più raramente l’analisi viene condotta in modo trasversale, ricorrendo ad un approccio multilivello, in grado di offrire
una rappresentazione non monodimensionale delle difficoltà,
ovvero ponendosi da un altro punto di vista, con un approccio
scientifico diverso da quello agito fino a quel momento.
orbene, questa è la premessa che ha animato Valeria Pirè,
dirigente penitenziario prestato alla ricerca, nella stesura di Car––––––––––––
* Commissario Capo di Polizia penitenziaria. Dottore di ricerca in diritti
umani, globalizzazione e libertà fondamentali nell’Università “Aldo Moro” di Bari.
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cere e potere, pubblicazione recentemente apparsa nel panorama
editoriale, per i tipi della Aracne editore.
l’opera si propone di leggere il rapporto tra carcere e potere,
offrendo un punto di vista diverso sull’educazione in carcere, con
lo sguardo scientificamente e strabicamente puntato sulle «distorsioni del potere che paralizzano o deviano lo sviluppo delle relazioni umane all’interno del carcere».
il volume si articola in quattro capitoli, preceduti da una prefazione e una introduzione, e seguiti dalle conclusioni dell’Autore
e dalla postfazione di un magistrato di sorveglianza.
la riflessione condotta dall’Autore ha diversi pregi.
in primo luogo, stimola i giuristi (componente di rilievo nei
quadri dell’Amministrazione penitenziaria) a ripensare il proprio
modo di agire nell’ambito della quotidiana attività lavorativa,
interrogandosi sulla coerenza della propria azione lato sensu,
rispetto all’alto mandato istituzionale ricevuto dall’Amministrazione cui appartengono.
in secondo luogo, il volume offre una originale ricostruzione
storica dell’istituzione carceraria dal punto di vista pedagogico,
esaminando le patologie di sistema fino all’attuale condizione
penitenziaria, fornendo, altresì, una preziosa chiave di lettura
comparata, grazie alle esperienze registrate oltre i confini nazionali, di cui si dà opportunamente conto.
il lettore è accompagnato dall’Autore nella complessa polisemanticità del termine “potere”, esaminandolo sotto diversi profili
scientifici e nella sua valenza relazionale, cioè come esplicazione
di una relazione tra soggetti, riportando e analizzando il noto
esperimento condotto nel 1971 da Philip zimbardo nell’Università
di stanford1, illustrato anche in alcune opere cinematografiche2.
Gli effetti della deindividualizzazione e della prigionizzazione di cui parla Valeria Pirè derivano anche dall’esercizio del
potere, bon grè - mal grè, negli istituti penitenziari da parte di chi
istituzionalmente (ma anche sostanzialmente) lo detiene; la disciplina, le regole, le dinamiche di ogni istituzione totale presuppongono una relazione di potere, i cui effetti possono disvelare prassi
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1
ziMBARDo P.G., L’effetto Lucifero. Cattivi si diventa?, Raffaello Cortina,
Milano, 2008.
2
V. La gabbia, di Carlo TUzi, 1977; The Experiment, di olivier HiRsCHBieGel,
2001, nonché l’omonimo remake di quest’ultima pellicola, di Paul sCHeURinG.
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positive o negative, a seconda dei protagonisti della relazione di
potere, gli stessi, peraltro, già descritti in una storica e fondamentale opera sul carcere in italia risalente al 19493, di cui Pirè dà
conto.
se, come diceva Martin luther King, «il potere è la capacità
di raggiungere degli scopi, (…) la capacità di effettuare dei cambiamenti», allora fondamentale è quella che Pirè definisce «rivalorizzazione del ruolo degli operatori», necessaria per giungere ad
un cambiamento sovente ostacolato all’interno della stessa istituzione e cristallizzato in un frasario tipico che riguarda la relazione
tra operatori («si è fatto sempre così», «esiste una circolare ostativa»…) e tra questi e l’utenza («faccia la domandina», «è contro il
regolamento»…).
Qualcuno, a tal riguardo, invoca un «riformismo interno e
pragmatico, composto da scelte operative e locali piuttosto che da
generali interventi strutturali e normativi»4, ma tale azione non
può che riguardare in primis le strutture portanti del sistema (il
Dipartimento, i Provveditorati ed i relativi organi…) e poi gli
attori periferici, essendo ciò indispensabile per evitare che l’azione
riformatrice e pragmatica, pur avviata in periferia si perda in
qualche “anfratto informatico”, magari celata in qualche email in
attesa di riscontro. Da questo punto di vista un’azione riformatrice
che involga il centro, prima che la periferia (o meglio un approccio non bottom-up, quale quello innanzi descritto), avrebbe in primis un altissimo valore pedagogico, oltre che l’indubbio pregio di
ridurre quello scollamento tra prassi e norma, che sovente induce
gli operatori più anziani ad affermare che «ogni carcere è un ministero».
le resistenze al cambiamento e le possibili diverse distribuzioni del potere conseguenti ad esso potrebbero determinare
anche nell’istituzione carceraria situazioni paradossali che nessun
codice etico potrà mai contribuire ad eliminare o ridurre, basti
pensare alla enorme influenza esercitata dalle organizzazioni sindacali e dai rispettivi organi sull’intero sistema, sovente in barba a
qualsivoglia conflitto di interesse…
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3
il Ponte, n. 3, marzo 1949, in http://www.museocriminologico.it/documenti/carcere/38.pdf.
4
BUffA P., I territori della pena. Alla ricerca dei meccanismi di cambiamento delle
prassi penitenziarie, eGA editore, Torino, 2006, 9.
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Due aspetti fondamentali del lavoro sono legati al rapporto
tra istituzione penitenziaria e contesto territoriale di riferimento
ed al contributo che può essere offerto dal volontariato in carcere.
si tratta di due facce della stessa medaglia, nel senso che tramite
quest’ultimo la comunità carceraria può sperare di essere parte
della più ampia comunità nella quale insiste la struttura, avendo i
volontari la possibilità di ergersi a ponte tra due realtà sociali
profondamente diverse quali sono il carcere ed il territorio di riferimento, nella speranza che quest’ultimo voglia tornare ad occuparsi del primo, dovendosi dissentire da chi ritiene che si debba
«restituire il carcere alla società»5.
nell’intima convinzione che il carcere sia, e resti, formazione
sociale sui generis6, luogo contraddistinto da relazionalità interna
ed esterna7, non si possono non condividere le riflessioni pungenti
e gli interrogativi dell’Autore, la cui opera costituisce utile strumento di decodifica di una realtà, quella penitenziaria, ben lungi
dall’essere abbandonata.
Pirè Valeria
isBn 978-88-548-7420-6
Data di uscita: luglio 2014
Pagine: 186
Prezzo: 11,00 €
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5
Tale è l’opinione di MiGlioRi s., Carcere, esclusione sociale, diritto alla formazione, Carocci, Roma, 89 ss.
6
sia consentito sul punto il rinvio a lAMonACA V., Il lavoro penitenziario:
diritto vs. obbligo, in Questa Rivista, 2009, 49 ss., spec. 78.
7
in merito, v. PizzolATo f., Formazioni e... deformazioni sociali, in Quaderni
Costituzionali, 2005, 137 ss.
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