296 I Vangeli apocrifi nella pittura

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296 I Vangeli apocrifi nella pittura
n° 296 - settembre 2000
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I Vangeli apocrifi nella pittura
I Vangeli apocrifi, non
riconosciuti dalla Chiesa
come testi ispirati (letteralmente libri “segreti”, successivamente
a significare libri “falsi”),
sono databili per lo più
tra il II e il VI secolo
d.C.: essi colmano il
vuoto dei quattro Vangeli canonici sulla Natività ed Infanzia di Maria, sull’Infanzia di Gesù,
sulla Storia di Giuseppe
il falegname, sulla Storia di Pilato, sulla Discesa di Gesù agli Inferi, sulla Morte ed Assunzione della Vergine,
ecc.
Pur essendo fuori dalla
Chiesa ufficiale (la quale
tuttavia fu indulgente
verso diverse parti di
essi, tanto da accettarne
tacitamente numerose
notizie
e particolari) i Vangeli
apocrifi hanno lasciato
una traccia profondissima nella tradizione
cristiana, popolare ed
artistica insieme: la loro
storia è sotterranea, i fedeli non li hanno letti,
la Chiesa non li divulga
e anzi per secoli o li
ignora o li critica violentemente o addirittura li condanna, eppure Giotto, Dante, Petrarca, Carpaccio, Tiziano, Michelangelo,
Raffaello, Milton devono averli letti se hanno
raccontato o dipinto
scene che solo essi contengono. Fu soprattutto
Jacopo da Varagine nella
Legenda Aurea a riprendere molte delle notizie riportate in essi: il
libro ebbe una fortuna
enorme nel XIV e XV
secolo, ed ispirò sia i letterati sia soprattutto i
maestri del colore.
“Di contr’a Pietro vedi sedere Anna/tanto contenta
di mirar sua figlia,/che
non move occhio per cantare osanna;”
(Dante, Paradiso, Canto XXXII,
vv. 133-135)
Nessuno dei quattro
evangelisti parla della
famiglia di Maria: chi
sono dunque il Gioacchino e l’Anna che i cristiani chiamano San
Gioacchino e Sant’Anna
e di cui si celebrano le
feste come feste del padre e della madre di Maria? Le cui storie furono
affrescate da Giotto nella
Cappella degli Scrovegni a Padova e da Giovanni da Milano nella
Basilica di Santa Croce
a Firenze? Chi mai per
primo parlò di Anna,
madre di Maria Vergine,
che Dante pose nella
rosa celeste dell’Empireo, e che Leonardo raffigurò, insieme a Maria
e al Santo Bambino, nel
famosissimo dipinto
oggi al Louvre? E che
già Masaccio aveva raffigurato nel celeberrimo
dipinto degli Uffizi?
Nel Protovangelo di
Giacomo si narra di Gioacchino, uomo molto
ricco, che si ritirò in preghiera per quaranta
giorni e quaranta notti
nel deserto per invocare
che sua moglie Anna
avesse un figlio. Un Angelo del Signore apparve
sia ad Anna sia a Gioacchino ad annunciare
che la loro speranza sarebbe stata esaudita;
Anna attese il ritorno
di Gioacchino dal deserto e lo incontrò alla
Porta Aurea di Gerusalemme (incontro raffigurato anche in una
famosa incisione di Albrecht Durer). Dopo
nove mesi nacque Maria: anche questo episodio fu immortalato
dal pittore tedesco in
una incisione del 1502
(ma, tra gli altri, già
Pietro Lorenzetti e Paolo
Uccello avevano dipinto
una Natività di Maria).
Anche il Vangelo dello
pseudo-Matteo, il Vangelo dell’infanzia armeno e il Libro sulla
Natività di Maria narrano, con minore o maggiore dovizia di particolari, quanto raccontato dal Protovangelo
di Giacomo.
“... Non fu più il seno di
Anna,/
tra le mura discrete,/a consolare il pianto,/a calmarti
la sete;/dicono fosse un Angelo/
a raccontarti le ore,/a misurarti il tempo/tra cibo e
Signore...”.
(Fabrizio De André, L’infanzia
di Maria, da La buona novella,
1970)
I medesimi quattro Vangeli apocrifi sopra menzionati raccontano anche dell’infanzia di Maria. La bambina fu portata al Tempio al compimento dei tre anni,
quando fu ultimato il
tempo dell’allattamento,
e fu affidata ai Sacerdoti
affinché fosse educata
Masaccio: Crocefissione - Napoli, Museo di
Capodimonte
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insieme ad altre vergini.
Al Museo Civico di Lodi
una formella lignea intagliata e colorata di
Bongiovanni e Giovanni
Bassiano Lupi raffigura
la presentazione di Maria al Tempio.
“La neve! - Ecco una
stalla! - Avrà posto per
due?/- Che freddo! - Siamo
a sosta - Ma quanta neve,
quanta!/Un po’ ci scalderanno quell’asino e quel
bue.../Maria già trascolora, divinamente affranta...
Il campanile scocca/la Mezzanotte Santa.”
Tiziano: Presentazione di Maria al tempio - Venezia, Galleria dell’Accademia
e Quattrocento trae il
suo principio ispiratore
proprio da questa icona
della Natività.
(Guido Gozzano, La Notte Santa)
Il terzo Vangelo canonico di Luca parla unicamente di una mangiatoia.
Specificatamente della
grotta parlano invece
diversi apocrifi: il Protovangelo di Giacomo,
il Vangelo dello pseudoMatteo, il Vangelo dell’infanzia arabo siriaco
ed il Vangelo dell’infanzia armeno. Del bue
e dell’asinello parla invece unicamente il Vangelo dello pseudo-Matteo.
La grotta e la mangiatoia, il bue e l’asinello,
propri della tradizione
apocrifa,sono, sin dai
primi secoli, il contesto naturale ove si colloca la nascita di Gesù,
in un’atmosfera di sacra e divina umiltà.
Dalle origini fino ai
giorni nostri questi saranno, dunque, gli elementi costitutivi dell’immaginario cristiano,
sia popolare che colto,
fondamento di tutta
l’iconografia successiva.
In particolare, non si
dimentichi che tutta la
pittura italiana del Tre
“... figlio, pate e
marito!/Figlio, chi t’ha
ferito?/Figlio, chi t’ha spogliato?”.
(Jacopone da Todi,
Donna de Paradiso, vv. 89-91)
Sul dolore di Maria
lungo la via dolorosa i
Vangeli canonici sono
estremamente scarni:
lo si può indirettamente
immaginare da un passo
del terzo Vangelo di
Luca (23, 27). Solo Giovanni comunque parla
esplicitamente della presenza di Maria ai piedi
della croce ad assistere
all’agonia del Figlio (19,
26). Viceversa il Vangelo di Nicodemo riporta ampiamente il
cordoglio e le grida di
disperazione e di dolore
di Maria; eccone un
breve passo: «...In che
maniera ti piangerò,
dolcissimo figlio mio,
vedendoti morto ingiustamente? Come potrò
guardarti, carissimo
frutto del mio corpo?
Come potrò vivere senza
di te? Rendo grazie al
sole che si è oscurato per
te, figlio mio, e alla terra
che si è spalancata e ha
tremato, e alle rupi che
hanno cozzato fra di loro,
vedendo l’empietà degli immemori Giudei.
Come posso non fare
cordoglio per te, figlio
mio, e come non lacerarmi il volto con le unghie?....». E proprio
dalle pagine di questo
apocrifo derivarono non
solo le sacre rappresentazioni medioevali, ma
soprattutto le raffigurazioni pittoriche e/o
scultoree di crocifissioni,
pietà, compianti, deposizioni di secoli e secoli
di arte italiana prima
ed europea poi, in cui
sembra quasi di sentire
i lamenti uscire dalle
tele. Basti pensare a L’andata al Calvario di Bruegel (Kunsthistorisches
Museum, Vienna) ed
alla Crocifissione di Masaccio, conservata al Museo Nazionale Capodimonte a Napoli.
Intorno poi alle apparizioni di Gesù risorto,
nessuno dei quattro vangeli canonici attesta che
Egli apparve a Sua Madre. Eppure una tradizione apocrifa risalente
al Vangelo di Gamaliele, peraltro accettata
anche dalla Chiesa fin
dai tempi di S. Ambrogio, vuole che Gesù per
la prima volta sia apparso proprio a Sua Ma-
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dre, che avrebbe poi serbato sempre il silenzio su questo privilegio.
Ed anche la credenza di
un tale incontro è stata
non di rado pittoricamente rappresentata
(vedasi ad es. un dipinto
del Moretto, Gesù risorto
incontra Sua Madre, Pinacoteca Tosio Martinengo, Brescia).
“…Io era nuovo in questo
stato,/quando ci vidi venire un possente,/con segno
di vittoria coronato.
Trasseci l’ombra del primo
parente,/d’Abèl suo figlio
e quella di Noè,/di Moisè
legista e ubidiente;/Abraàm
patriarca e David re,/Israèl
con lo padre e co’ suoi nati/e
con Rachele, per cui tanto
fé,/e altri molti, e feceli
beati.”
toria del Bene sul Male.
E Dante, nel dipingere
i diavoli infernali, doveva avere in mente il
terribile diavolo Beliar
del Vangelo di Bartolomeo, avvolto da catene di fuoco, con le narici sprigionanti un
fumo di odore fetido,
con la bocca come la fenditura di un precipizio.
Non solo l’arte italiana
ha raffigurato questo
viaggio agli Inferi di
Gesù (si pensi, ad esempio, al particolare della
Chiesa Inferiore di San
Francesco ad Assisi, della
Scuola di Pietro Lorenzetti), ma anche la pittura bizantina: vedasi
il mosaico della chiesa
di Dafni (XI secolo) o
la icona della chiesa della
Resurrezione a Kolomna
(fine XIV secolo).
(Dante, Inferno, Canto IV, vv. 5261 )
“Vergine santa, d’ogni grazia piena,/che per vera et
Così Virgilio, nel IV altissima humiltate/saliCanto dell’Inferno, ri- sti al ciel...”
corda a Dante la discesa
(Petrarca, Canzoniere
di Gesù agli Inferi, avCCCLXVI, vv. 40-42)
venuta tra la Sua morte La morte di Maria, in
e la Sua risurrezione, a presenza di Pietro e di
liberarvi le anime di tutti gli apostoli, e la
Adamo (“il primo pa- sua Assunzione in Cielo
rente”) e di tutti i giu- sono state per secoli e
sti, per portarle alla luce secoli un tema pittorico
del Paradiso per l’eter- frequentissimo: basti
nità. Questa discesa di pensare alla Morte della
Gesù agli Inferi, solo Vergine di Caravaggio al
brevemente accennata Louvre, al Transito della
in vari passi neo testa- Vergine del Mantegna al
mentari, divenne, a par- Prado ed alla Madonna
tire dal IV secolo, am- dell’Assunta di Tiziano
pio argomento di di- nella Chiesa dei Frari a
versi apocrifi (Vangelo Venezia. Della morte e
di Nicodemo, La ven- dell’Assunzione di Madetta del Salvatore, Van- ria parlano numerosi
gelo di Bartolomeo, scritti apocrifi, di cui
ecc.). In essi Gesù scende i più noti sono la Dorcon la Sua luce ad il- mizione della Santa Maluminare l’Inferno, ad dre di Dio ed il Trananticipare la futura vit- sito della Beata Vergine
Raffaello: Sposalizio della Vergine - Milano, Pinacoteca di Brera
Maria. Intorno al letto
di Maria morente vengono riuniti tutti gli
Apostoli per opera dello
Spirito Santo, i viventi
trasportati su nubi luminose da ogni estremo
del mondo romano ove
si erano spinti a diffondere la Buona Novella,
quelli già morti risorti
dai sepolcri. La Vergine
morta viene assunta in
Cielo in anima e corpo,
accompagnata da Cristo, tra splendori abbaglianti di luci e cori di
Angeli.
francesco fiorista