modulo 12 - Simone per la scuola

Transcript

modulo 12 - Simone per la scuola
MODULO 12
L’individuo e il gruppo
Contenuti
• Unità 1
• Unità 2
• Unità 3
Il giudizio sociale
Le relazioni sociali
Il gruppo: relazioni interpersonali e dinamiche di
potere
Obiettivi
• Il modulo approfondisce le dinamiche delle relazioni sociali nel più ampio
contesto dei processi di comunicazione.
Unità 3
Il gruppo: relazioni interpersonali e dinamiche di potere
Contenuti
•1
•2
Gruppi naturali e gruppi I processi di decisione nel
artificiali
gruppo
❱❱ 1.Gruppi naturali e gruppi artificiali
Con il termine gruppo intendiamo riferirci ad un’ampia serie di formazioni sociali
di varia consistenza quanto a numero di membri e formalità di statuto. Avvertiamo,
comunque, che termine di riferimento delle inchieste quanto degli esperimenti psicosociali sono generalmente i quattro piccoli gruppi classici: la famiglia, il gruppo di
amici, il gruppo di lavoro, il gruppo di laboratorio.
Di essi i primi tre rientrano nella definizione di gruppi naturali, il quarto è invece
definito quale gruppo artificiale. Tra le due categorie sussiste naturalmente una
differenza notevole e tale che nessun ricercatore può ignorarne le conseguenze. Infatti, tra l’indagine sul campo e l’esperimento di laboratorio vi è completa divergenza di strutture, metodi e risultati. Per accennare ad un solo tema, basti pensare al
fatto che l’indagine di laboratorio priva tanto il soggetto analizzato quanto il ricercatore dell’ambiente naturale.
Quanto a quelli naturali, si tratta di gruppi che agiscono e operano concretamente
nella vita reale, che rappresentano momenti di vita collettiva più o meno stabile,
organizzata, differenziata ecc., che si formano, si sviluppano, si consolidano, cambiano e si sciolgono venendo a costituire le diverse configurazioni che assume (anche
in senso storico) il tessuto sociale. Aggiungiamo che i gruppi si costituiscono spesso
per realizzare finalità comuni.
Parallelamente, gruppi e associazioni mostrano di frequente una spiccata tendenza
inerziale: sebbene costituiti in vista di un fine specifico, tendono a perpetuarsi modificando le proprie funzioni. In certi casi, pertanto, è più il carattere formale e strutturale che non quello funzionale e finale a determinare la storia dei gruppi umani.
❱ 1/1 Formazione e funzionamento dei gruppi
Raggiungere obiettivi comuni, avere una possibilità di appoggio stabile nel tempo e
nello spazio, il desiderio di calore umano e di comunicazione sono alcuni tra i motivi che inducono gli individui a unirsi ad un gruppo o ad associarsi in gruppo. Centro
d’interesse delle ricerche psico-sociali è la conoscenza delle cause che promuovono,
all’interno di un gruppo già costituito, un clima di solidarietà e collaborazione o di
conflitto e antagonismo.
Il valore pratico di queste ricerche è evidente. Infatti, la questione delle dinamiche
interne ai gruppi ha spesso sollevato l’interesse dell’imprenditoria, che in molti casi
diviene committente diretto di studi e ricerche sul lavoro, la produzione ecc., sotto il
2
Unità 3
Il gruppo: relazioni interpersonali e dinamiche di potere
profilo psico-sociale. Per il momento restiamo, però, sul terreno della descrizione
astratta: lo studio di questa tematica ha condotto Leon Festinger (in uno studio del
1951) all’elaborazione del concetto di coesione sociale.
Nell’ottica di Festinger l’esistenza di un gruppo presuppone una sorta di forza di
attrazione molecolare che unifica e struttura gli elementi che ne fanno parte. Il valore di coesione di un gruppo definisce sia il grado di attrazione reciproca tra i membri,
sia quello di ciascuno dei membri con il gruppo come insieme.
I gruppi ben coesi, quelli cioè con dei forti legami interni, esercitano sui propri membri una notevole influenza, che si manifesta negli atteggiamenti, nei comportamenti,
nella maniera di prendere decisioni.
Già a partire dagli anni Trenta del Novecento, gli psicologi sociali hanno dimostrato
che chi lavora all’interno di gruppi dotati di un elevato grado di coesione rivela un
morale più alto, una maggiore dedizione al lavoro, un innalzamento di autostima. La
forte coesione spinge i membri del gruppo di lavoro a fornirsi reciproco sostegno.
La coesione comporta un’elevata integrazione psicologica: anche se implica confidenza e sicurezza, il lavoratore che opera all’interno di un gruppo fisso spesso cercherà l’approvazione o addirittura l’ammirazione dei colleghi.
L’insieme di questi fattori sembra condurre ad un miglioramento delle prestazioni sul
lavoro. Le ricerche svolte in questo campo hanno infatti dimostrato che i componenti di un gruppo fortemente coeso mostrano una minore tendenza all’assenteismo.
Non sembra che l’elevata coesione possa produrre alcun effetto sociale negativo,
almeno per quanto riguarda il gruppo di lavoro. Se però ci trasferiamo a considerare
il gruppo di amici e quello familiare, occorrerà notare una specifica patologia della
coesione.
Si verifica, in taluni casi, un autentico slittamento di senso: il gruppo, ente astratto e
secondario, assume attraverso istanze radicali un ruolo preponderante, fino a frantumare nei suoi ingranaggi l’individuo. Se pensiamo, ad esempio, a casi di violenze
collettive e gratuite (come quelle ad opera di giovani gangs), possiamo notare che
agiscono meccanismi quali:
—il bisogno di uniformarsi alla mentalità della maggioranza e di non sentirsi in
conflitto con gli altri del gruppo, il che impedisce possibili dissensi;
—il venir meno della responsabilità individuale, elemento che porta ad una diminuzione delle capacità morali del singolo;
—la tendenza a non prendere iniziative individuali. Si fa sentire qui una sorta di
esigenza di anonimato, determinata dalla necessità di mantenere la coesione del
gruppo.
Non sono da ignorare altri aspetti negativi più lievi come la tendenza a far prevalere
la mentalità di gruppo, ricercando l’approvazione degli altri componenti a scapito
della valutazione soggettiva e di quella critica.
Le conseguenze negative di questo tipo di atteggiamento sono particolarmente evidenti anche in un altro caso: Irving Janis, il teorico del «pensiero gruppale», afferma che
un alto grado di coesione all’interno del gruppo determina conseguenze assai negative
sul processo decisionale. Causa di ciò sono, secondo Janis, le seguenti circostanze:
—durante le discussioni viene preso in considerazione un numero esiguo di alternative, poiché i membri del gruppo cercano di non allontanarsi dalle proposte
originarie;
3
Modulo 12
L’individuo e il gruppo
—il gruppo evita di sottoporre a un esame critico le scelte della maggioranza;
—il gruppo si astiene generalmente dal giovarsi dei consigli di persone esperte. Se,
invece, vi ricorre è propenso a preferire le opinioni affini alle scelte del gruppo.
L’effetto disastroso prodotto da ciò che è stato definito «modello di pensiero del
gruppo» si può evitare introducendo strategie di dissenso all’interno della discussione che condurrà alla decisione definitiva.
❱ 1/2 Fattori che favoriscono e fattori che ostacolano la coesione del gruppo
Ai fini dell’applicazione pratica della Psicologia sociale è importante identificare i
fattori che possono spingere verso un innalzamento della coesione interna di un gruppo
e quelli che producono, al contrario, una diminuzione della stessa.
Il parere di Leon Festinger è che il legame all’interno del gruppo possa essere favorito da qualsiasi elemento capace di accrescere il valore del gruppo nell’opinione dei
suoi componenti. La coesione interna viene, infatti, senz’altro rafforzata quando il
gruppo persegue con successo i propri obiettivi.
In questa circostanza, i componenti giungono a credere che i vantaggi del singolo
dipendano dal contributo di tutti.
Il valore positivo del successo e della finalità è di grande aiuto anche nelle dinamiche
dei gruppi contrapposti: la distanza generata da differenze razziali tende ad essere
sostituita da rapporti amichevoli quando i gruppi costituiti su base razziale hanno
delle finalità in comune. La coesione è spesso rinforzata da una minaccia esterna. In
questa situazione i membri del gruppo prendono coscienza dei bisogni reciproci, il
che genera maggiore solidarietà e collaborazione.
Analogo è il caso della competizione con altri gruppi. La competizione proveniente
dall’esterno ha effetti simili a quelli generati da una minaccia esterna: anche questa
circostanza implica la possibilità che il gruppo o i suoi elementi possano essere danneggiati. Da qui l’aumento del sostegno e della disponibilità reciproca.
Allo scopo di identificare le cause che impediscono la coesione all’interno del gruppo sono state realizzate delle ricerche di laboratorio. Esse sembrano convergere nei
seguenti risultati:
—all’opposto della competizione proveniente dall’esterno (che come abbiamo visto
può rafforzare la coesione), la competizione all’interno del gruppo favorisce
antagonismi e conflitti;
—il differente grado di simpatia reciproca tra i membri di un gruppo può portare alla
formazione di sottogruppi all’interno del gruppo più ampio. L’azione di questi
ultimi non è necessariamente disgregante, ma può esserlo.
Analizzato il concetto di coesione, e con esso i fattori che influenzano le dinamiche
complessive del gruppo, ci chiederemo ora quale influsso abbia il gruppo sul singolo
individuo. Abbiamo affermato che il gruppo attrae gli individui poiché rappresenta
una fonte di sicurezza, accrescendo il potere del singolo e proteggendolo da eventuali minacce esterne.
Ma vi è un risvolto negativo altrettanto generalizzabile: i gruppi naturali impongono
sempre ai propri componenti un protocollo di norme, allo scopo di provvedere al
buon funzionamento interno, di realizzare le finalità associative, di stabilire una
qualche forma di autorità rivolta a limitare le prerogative dell’individuo, uniforman-
4
Unità 3
Il gruppo: relazioni interpersonali e dinamiche di potere
dolo agli altri membri. Tali regole possono far sentire l’appartenenza al gruppo come
una limitazione alla libertà del singolo.
❱ 1/3Il gruppo come limitazione della libertà individuale
Secondo Festinger, l’obbedienza a delle norme rigide è funzionale a mantenere un
consenso finalizzato a raggiungere le finalità del gruppo. In quest’ottica il conformismo indotto dalla logica di gruppo è da considerare un semplice omaggio formale,
segno di rispetto e riconoscimento del fine comune, piuttosto che fine in sé. Del resto
il raggiungimento di un obiettivo specifico (guadagnare denaro, vincere gare, difendere i diritti di una categoria sociale o di una minoranza razziale) è la ragione più
frequente per cui i gruppi si costituiscono.
Com’è ovvio, in questi casi l’accento non cade sui piccoli gruppi naturali, caratterizzati da un finalismo non specifico, e pertanto meno dipendenti dalla struttura normativa. Le regole sono, secondo Festinger, fondamentali per rispondere ai «bisogni del
sistema»; ciononostante, esse non possono non interferire con i bisogni personali
dell’individuo.
I gruppi possono infatti mostrarsi assai intolleranti nei confronti di chi non rispetta
le regole, il cosiddetto deviante: ostilità, esclusione dal gruppo, rifiuto sono reazioni
tipiche da parte dei soui membri «normali». Se il gruppo poi si identifica con un
modello di stampo militaresco, chi disobbedisce alle regole viene sottoposto a delle
automatiche punizioni, in quanto in tale contesto il consenso e la coesione interna
non possono essere messi in pericolo.
Quanto all’analisi scientifica del problema della devianza, tra le prospettive più interessanti ricordiamo la cosiddetta teoria dell’impatto sociale, secondo cui il successo
di un gruppo nel ridurre le tendenze devianti dipende da tre fattori:
—il numero dei componenti del gruppo: più il gruppo è numeroso, più alta è la
possibilità che l’atteggiamento del deviante sia influenzato fino a giungere ad un
perfetto riallineamento;
—il potere di attrazione del gruppo sull’individuo: dipende dalla quantità di incentivi che il gruppo può offrire al singolo (sostegno, protezione, aiuto, possibilità di
accedere ad un certo status o a qualche favore);
—vicinanza geografica e temporale dei suoi componenti: più gli agenti che dovrebbero esercitare un’influenza sul singolo hanno la caratteristica dell’immediatezza
o prossimità spazio-temporale rispetto al deviante, maggiore sarà il loro effetto.
❱ 1/4 Gli effetti del gruppo sul rendimento individuale
Nella logica del sistema-gruppo esiste un contesto normativo e repressivo che, in
certi casi, mortifica le potenzialità del singolo. Non è, però, da sottovalutare che altrettanto frequentemente il gruppo contribuisce a migliorare le prestazioni dell’individuo.
Il fenomeno dell’aumento del rendimento in presenza di un gruppo è stato oggetto di
molte ricerche. Intorno al 1920, Floyd Allport definì effetto di facilitazione sociale
l’aumento del rendimento individuale sollecitato dalla presenza del gruppo. Nel corso del tempo gli psicologi sociali hanno condotto studi ed esperimenti su questo e
altri fenomeni simili, interessandosi in particolare a due ordini di problemi: quale sia
l’origine dell’effetto di facilitazione sociale e quali siano le cause che possano osta5
Modulo 12
L’individuo e il gruppo
colarne il meccanismo. Sono state avanzate due ipotesi contrapposte; che esso sia di
origine biologica, oppure di origine sociale:
secondo gli esponenti del primo approccio, numerosi esperimenti su animali ed esseri umani attestano come i primi reagiscono alla presenza di altri esseri della loro
specie con un aumento di eccitazione e con segni di attività generalizzata;
i secondi, invece, mostrano, nello svolgimento di un’attività in presenza di propri
simili, un’intensificazione delle risposte emotive attraverso segni visibili come il
sudore delle mani e l’aumento della forza muscolare e della frequenza respiratoria.
Pertanto è possibile sostenere che in molti esseri viventi, compresi gli uomini, esista
una predisposizione genetica a reagire in presenza di altri membri della specie con
una «emotività fisiologica generalizzata». Questo impulso viene convogliato nella
prestazione e la rende più efficiente. La facilitazione sociale sarebbe quindi determinata da un fenomeno di attivazione emotiva.
Dalla parte di una spiegazione sociale si schierano altri studiosi, i quali ritengono che
l’elemento che determina il massimo rendimento dell’individuo nel gruppo sia non
la presenza degli altri di per sé, ma ciò che tale presenza rappresenta per il singolo.
L’uomo, infatti, nutre spesso preoccupazioni per il giudizio che gli altri possono
esprimere sulle sue prestazioni, percependo un sentimento di apprensione circa la
valutazione.
❱❱ 2.I processi di decisione nel gruppo
Come abbiamo già accennato, gli effetti negativi delle dinamiche di gruppo sono di
carattere sistematico. Secondo Iaving Janis il pensiero gruppale si caratterizza per
la presenza di illusioni, imprudenze, idee stereotipate il cui risultato è una minore
efficacia intellettuale, una visione meno realistica, un indebolimento dei giudizi morali.
La caratteristica precipua del pensiero gruppale sembrerebbe la mancanza di autonomia e di capacità critiche. In particolare, secondo Janis, esiste una chiara differenza tra le decisioni degli individui e le decisioni dei gruppi, le cui cause determinanti
sono state così identificate dallo studioso:
—la moralità individuale viene indebolita dall’esistenza di una fiducia cieca nella
moralità del gruppo. L’effetto di un tale atteggiamento è che i componenti del
gruppo finiscono per trascurare del tutto le conseguenze morali o etiche delle loro
decisioni (in particolare di carattere politico);
—i tentativi di autonomia individuale vengono scoraggiati e considerati come una
forma di slealtà nei confronti del gruppo: una vera e propria pressione viene esercitata su chiunque si ponga al di fuori degli stereotipi, delle illusioni, degli impegni del gruppo;
—ciascun componente del gruppo tende ad autocensurarsi e ad adattarsi alle opinioni della maggioranza;
—l’autocensura dei singoli porta all’affermazione delle opinioni condivise dalla
maggioranza; da qui l’illusione che esse siano giuste e unanimemente approvate.
I fattori sopra illustrati mostrano chiaramente che le capacità decisionali dei componenti del gruppo vengono affievolite dal bisogno di difendere il gruppo nel suo insieme dal pericolo di dissensi interni, che potrebbero danneggiarne l’unità. Janis sostiene in particolare che le decisioni individuali sono migliori di quelle collettive, dato
6
Unità 3
Il gruppo: relazioni interpersonali e dinamiche di potere
che, anche se tutti gli individui che prendono parte ad una decisione fossero persone
dotate di buone capacità razionali, l’effetto del «pensiero gruppale» comporterebbe
pur sempre una diminuzione della razionalità.
❱ 2/1Normalizzazione e polarizzazione
L’«irrazionalità» della decisione collettiva è anche il prodotto di reciproche concessioni all’interno del gruppo, in modo che si possa pensare di aver tenuto conto
dell’opinione di ciascuno e che così si sia giunti ad una decisione comune. Il punto
di vista adottato al termine della discussione risulta cioè essere non un’opinione selezionata dal novero delle altre sulla base di una sua migliore aderenza alla realtà o
ai fini, bensì una sintesi provvisoria e di compromesso tra le varie tendenze emerse.
Questa dinamica decisionale dà luogo ad un «effetto di normalizzazione», il cui
vantaggio principale è quello di impedire le divisioni. All’opposto, si parla di «effetto di polarizzazione» per quei casi in cui la decisione presa non corrisponde ai
giudizi della maggioranza, ma ad uno dei poli d’opinione presenti nel gruppo.
Quanto al rapporto tra maggioranza e minoranza, teorie classiche sostenevano che,
in qualsiasi situazione, i gruppi che si trovavano a dover prendere una decisione
tendessero all’uniformità ed esercitassero una forte pressione per escludere qualsiasi
giudizio o opinione discorde da quelli della maggioranza. Ricerche più recenti hanno
dimostrato che in alcune circostanze la decisione del gruppo tende ad avvicinarsi
all’opinione della minoranza.
In tutti i casi, gli effetti delle differenti modalità decisionali vanno oltre la deliberazione. L’effetto di normalizzazione sottintende una tendenza del gruppo alla conservazione della situazione esistente. Cercare di giungere ad un’opinione media che
accontenti tutti significa confermare le posizioni della maggioranza. Si evita di creare conflitti, scoraggiando i dissidenti con l’imposizione dell’autocensura e con
l’illusione che esista davvero unanimità all’interno del gruppo. L’interazione tra i
membri del gruppo è qui soltanto apparente.
L’effetto di polarizzazione invece non può che portare a dei mutamenti. Infatti i componenti del gruppo tendono a tollerare e integrare i punti di vista della minoranza,
cioè le posizioni più devianti rispetto alla volontà del gruppo. Le diverse opinioni,
anche le più estreme e dissidenti, vengono allora espresse liberamente. Ciò significa
accettare che possa esplodere un conflitto tra i membri del gruppo, ma pure consentire loro una forma d’interazione vera e profonda. In definitiva la differenza tra normalizzazione e polarizzazione riguarda, più che le procedure della decisione e del
dibattito, il modo di stare insieme e il regime sociale adottato nel gruppo.
Se il gruppo presenta un carattere formale e autoritario, e i suoi componenti non
attribuiscono molta importanza alla dialettica delle opinioni, la normalizzazione agirà allo scopo di ridurre al silenzio i dissenzienti. Nei gruppi dal carattere meno formale e più egualitario, e in cui gli individui credono nelle proprie opinioni, è naturale non solo che il singolo, anche se dissidente, possa sostenere la propria opinione,
difenderla e cercare di persuadere gli altri ad aderirvi.
Moscovici ha rivalutato la funzione del conflitto nel gruppo. Dai contrasti dipende
infatti la crescita, la capacità di assimilazione selettiva, la creazione di nuove forme
di pensiero e di azione, la ridefinizione delle relazioni e l’ampliamento della rete dei
rapporti.
7
Modulo 12
L’individuo e il gruppo
In particolare, secondo Serge Moscovici, il confronto-scontro all’interno di un gruppo ottimizza il rapporto tra maggioranza e minoranza. Per lo studioso francese tre
sono le forme d’influenza reciproca di questi sottogruppi:
—la normalizzazione, basata su processi di negoziazione allo scopo di evitare il
conflitto;
—la conformità, caratterizzata dal controllo come mezzo per non far sorgere contrasti;
—l’innovazione, centrata sull’accettazione dei conflitti.
8