Petrolio o rinnovabili Chi dà più energia al

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Petrolio o rinnovabili Chi dà più energia al
La tua guida alle decisioni di investimento Luglio/Agosto/Settembre 2013 — Vecchie e nuove fonti energetiche
Petrolio o rinnovabili
Chi dà più energia al portafoglio
Rivoluzione americana dello shale gas e innovazione
tecnologica. Dove andare a caccia di rendimenti.
M&G Investments
la nostra
il vostro risultato
Performance media annua Da inizio
dei Fondi al 30.04.13
anno
M&G Global Dividend
Fund Euro A
Performance del settore
1
anno
3
anni
5
anni
Deviazione
standard+
N/A
10,7%
+14,3%
+17,9% +12,8%
+10,8%
+16,5%
+7,9%
+3,2%
M&G Global Emerging
Markets Fund Euro A
Performance del settore
+3,0%
+10,0%
+4,4%
N/A
+1,1%
+5,7%
+2,5%
+2,0%
M&G Global
Growth Fund Euro A
Performance del settore
+9,7%
+16,2%
+7,0%
+4,9%
+9,6%
+14,1%
+7,3%
+3,2%
M&G Japan Fund Euro A
Performance del settore
+24,7%
+21,1%
+25,6% +8,0%
+20,6% +6,0%
+7,2%
+2,9%
17,9%
M&G Pan European
Dividend Fund Euro A
Performance del settore
+10,0%
+21,7%
N/A
12,7%
+7,6%
+19,6% +6,2%
+7,4%
13,6%
11,8%
+0,2%
Le performance passate non sono indicative di performance future. I prezzi
delle azioni* e il rendimento possono fluttuare ed è possibile che non si riesca
a recuperare l’importo originariamente investito. I tassi di cambio delle valute
possono incidere sul valore degli investimenti esteri di un fondo.
www.mandgfondiazionari.it
*Azione: un’unità di possesso di una società o di un fondo comune, che dà all’investitore una quota della società ed eventualmente degli utili futuri. †Deviazione standard (calcolata sulla base di tre
anni) : una misura statistica di dispersione attorno alla media che indica quanto è stata ampia, in un certo arco temporale, la variazione dei rendimenti di un fondo. Fonte di tutte le performance:
Morningstar, Inc., database paneuropeo al 30.04.13, price to price con rendimento netto reinvestito, basato sulla classe Euro A, senza considerare commissioni iniziali e tasse. I fondi sono senza
parametro oggettivo di riferimento (nessuna indicazione nel prospetto). I seguenti fondi sono pertanto confrontati con i settori elencati più avanti. Il fondo M&G Global Dividend Fund (settore
Morningstar Internazionali Azionari Large-Cap) è stato lanciato il 18.07.08. Il fondo M&G Global Emerging Markets Fund (settore Morningstar Azionari Paesi Emergenti) è stato lanciato il 06.02.09.
Il fondo M&G Global Growth Fund (settore Morningstar Azionari Internazionali Large Cap Blend) è stato lanciato il 19.12.67 Il fondo M&G Japan Fund (settore Morningstar AzionariGiappone
Large-Cap Value) è stato lanciato il 30.04.71. Il fondo M&G Pan European Dividend Fund (settore Morningstar Azionari Europa Large-Cap Value) è stato lanciato il 18.07.08. Il profilo di rischio
associato alle performance di questi fondi è alto. I fondi sono società di investimento di tipo aperto a sé stanti. Come da articolo 101 del T.U.F. (Legge 58/1998), questo testo pubblicitario
è stato trasmesso alla Consob contestualmente alla sua diffusione. Queste informazioni non costituiscono un’offerta o una sollecitazione di offerta per l’acquisto di azioni di investimento di
uno dei Comparti qui citati. Gli acquisti relativi a un Comparto devono basarsi sul prospetto informativo corrente. Copie gratuite degli statuti, del prospetto informativo corrente, del Documento
d’Informazioni Chiave per gli Investitori (KIID), della relazione annuale e della relazione semestrale sono disponibili presso l’ACD: M&G Securities Limited, Laurence Pountney Hill, London EC4R 0HH, GB.
Essi possono anche essere ottenuti consultando il Sito Internet www.mandgitalia.it Prima della sottoscrizione, leggere il prospetto informativo, che illustra i rischi di investimento associati a
questo comparto. Le informazioni qui contenute non intendono sostituire una consulenza indipendente. Questa attività di Promozione Finanziaria è pubblicata da M&G International Investments
Ltd. Sede legale: Laurence Pountney Hill, Londra EC4R 0HH, società autorizzata e disciplinata dalla Financial Conduct Authority nel Regno Unito. JUN 13 / 44125
Luglio/Agosto/Settembre
2013
Attualità
Scenari
Lunga vita agli arabi. E al
loro “oro”
Le riserve di petrolio scarseggiano. A
complicare le cose ci si mettono anche le
tensioni politiche in alcuni stati produttori.
Jan Stuart
In Primo Piano
14
23
Matteo Cassiani, CFA
18
L’Asia va a caccia
di energie
20
Una misura dello
sviluppo sostenibile
24
Un futuro a tutto gas
Valerio Baselli
L’energia bianca illumina
l’Italia
Azzurra Zaglio
26
Il rinnovabile si fa a norma
Azzurra Zaglio
Fabio Eboli
22
Quella pannocchia sembra
un barile
Marco Caprotti
Marco Caprotti
La crisi fa diventare alternativi
Investire direttamente nei progetti legati
alle fonti energetiche rinnovabili promette
buone remunerazioni e forti flussi di cassa.
Armin Sandhövel
La politica inquina
il greggio
In Primo Piano
L’Intervista
27
5 domande a Michael Bret
(Axa IM)
Valerio Baselli
3
Luglio/Agosto/Settembre 2013
Rubriche
6
Hanno scritto per noi
7
L’Editoriale
Sara Silano
8
Per cominciare
Valerio Baselli
Asset Allocation
28
La volatilità del
mercato dell’energia
Il rischio di trasmissione
della volatilità fra il settore
energetico e il mercato
finanziario è un elemento
essenziale nella modellistica
applicata al pricing dei
derivati e alla gestione
di portafoglio.
Marco Frittajon
Analisi Morningstar
30
La Borsa pesca nei
pozzi petroliferi
Mercato del greggio sotto
pressione. Il prezzo del gas,
invece, beneficia del calo della
produzione e delle riserve.
Francesco Lavecchia
35
Fondi azionari energia,
poche medaglie
Perché scegliere un fondo
settoriale. Quali criteri utilizzare
nella selezione. Cosa dice il
Morningstar Analyst Rating.
Dario Portioli
40
Etf a confronto: Global
clean energy
Partendo dalle ricerche
Morningstar, abbiamo messo
a confronto i diversi replicanti
di benchmark dedicati alle
energie pulite.
Valerio Baselli
4
Gli Strumenti Morningstar
42
Rinnovabili, una
categoria (troppo)
magra
Un’analisi Morningstar confronta
i fondi che investono in vecchie
e nuove energie e mette in
luce gli effetti dell’evoluzione
del settore.
Alice Bravi
IMMAGINA
UNA SOCIETÀ
DI GESTIONE
Immagina una società di gestione che coniuga il meglio della gestione tradizionale e alternativa.
Immagina una società di gestione in cerca di rendimenti e non di benchmark da battere.
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Immagina una società di gestione focalizzata sulla diversificazione dei rischi.
Immagina una società di gestione che ridefinisce il futuro della gestione degli investimenti.
Welcome to Lombard Odier Investment Managers.
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Il presente documento è emesso da Lombard Odier Asset Management (Europe) Limited. LOAM è una società per azioni costituita in Inghilterra e Galles, numero di registro 07099556, avente sede legale in Queensberry House, 3 Old Burlington
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un marchio commerciale. Per investitori professionali esclusivamente. Il valore degli investimenti e il reddito da essi generato possono diminuire o aumentare e l’investitore potrebbe non recuperare l’intero importo investito. Le performance
del passato non devono essere considerate rappresentative di quelle future.
Hanno scritto per noi
Matteo Cassiani
Matteo Cassiani, CFA, è coordinatore del team azionario globale
presso il Servizio Gestioni di Banca Monte dei Paschi di Siena dal
maggio 2008. Tra il 2000 ed il 2008 ha lavorato in Arca Sgr, dapprima
come analista ed assistente gestore e, successivamente, come
gestore responsabile del fondo Arca Azioni Paesi Emergenti. Nel
2004 ha conseguito la certificazione CFA® e dal 2011 è presidente
del Consiglio Direttivo di Italian CFA Society, l’associazione che
raggruppa i professionisti italiani che hanno ottenuto il diploma CFA.
Cassiani si è laureato con il massimo dei voti presso l’Università
degli Studi di Ancona con una tesi sulle crisi dei mercati emergenti.
Direttore editoriale: Davide Pelusi
Direttore responsabile: Sara Silano
Editor&Analyst team: Valerio Baselli, Alice Bravi, Marco Caprotti,
Francesco Lavecchia, Dario Portioli, Azzurra Zaglio
Senior contributor: Matteo Cassiani, CFA, Fabio Eboli, Marco
Frittajon, Jan Stuart, Armin Sandhovel
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Responsabile marketing e sales: Corrado Cassar Scalia
Fabio Eboli
Jan Stuart
Economista ambientale, dal 2007 Fabio Eboli fa parte della
Fondazione Eni Enrico Mattei (FEEM) e del Centro Euro-Mediterraneo
sui Cambiamenti Climatici. Si occupa di valutazione economica degli
impatti e delle politiche dei cambiamenti climatici e di misurazione
dello sviluppo sostenibile. Attualmente coordina il gruppo di ricerca
coinvolto nel progetto Indice di Sostenibilità FEEM. Insegna Economia
Politica all’Università Ca’ Foscari di Venezia.
Jan Stuart è il responsabile della sezione Global Energy Research di
Credit Suisse e si occupa principalmente di petrolio e gas naturale,
settori dove vanta un’esperienza di lunghissimo termine. Stuart
è entrato in Credit Suisse nel 2011, dopo un’esperienza di sei anni
come Global Oil Economist presso UBS e nell’area ricerche
equity sell-side di Macquarie. In precedenza, Stuart aveva lavorato
presso ABN AMRO e Société Générale come analista nel settore
dei future su petrolio e gas naturale.
Per informazioni pubblicitarie: [email protected]
Morningstar Investor N. 13/2013
Registrazione Tribunale di Milano n. 234 del 3 maggio 2011
Morningstar Italy
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20124 Milano
Tel. 02 30301295
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degli stessi. La diffusione delle informazioni contenute in questo documento e la
loro riproduzione anche parziale e in qualsiasi modalità senza l’autorizzazione preventiva di
Morningstar è vietata.
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declina ogni responsabilità relativa ai risultati d’investimento realizzati sulla base delle
informazioni e delle opinioni presentate all’interno di questa pubblicazione. Esse sono infatti
soggette a evoluzioni in ogni momento e senza preavviso, specialmente in funzione delle condizioni
del mercato.
Non si tratta in nessun caso di una proposta o di un consiglio di investimento. Il magazine non può
in nessun caso essere utilizzato per sottoscrivere o vendere i prodotti menzionati nello stesso. Gli
investitori sono invitati a verificare se le strategie presentate o discusse corrispondono ai loro
obiettivi d’investimento e a consultare i prospetti e tutti gli altri documenti regolamentati relativi ai
prodotti. I rendimenti passati non sono per forza dei buoni indicatori delle performance future.
Armin Sandhövel è Chief Investment Officer (CIO) Renewable
Energies & Infrastructure Equity di Allianz Global Investors, e dal
2007 ha ricoperto la posizione di CEO di Allianz Climate Solutions
GmbH. In precedenza è stato Head of Carbon Risk and Risk
Management for Renewables Energies di Dresdner Bank AG. E’
membro del Supervisory Board della German Energy Agency (DENA).
Armin Sandhövel
6
Morningstar Investor Luglio / Agosto / Settembre 2013
L’Editoriale
Il vento soffia sulle raffinerie
Sara Silano
è direttore di
Morningstar Investor
Jeremy Grantham, considerato uno dei
personaggi più influenti sul mercato e noto per
aver predetto diverse bolle speculative,
sostiene che l’uso sconsiderato delle risorse
naturali avrebbe potuto mettere in ginocchio
l’economia globale di “molte civiltà prima
della nostra”. Ma noi abbiamo due fattori che
ci possono salvare: il declino nei tassi di
fertilità e il progresso nel settore delle energie
alternative. In passato, l’innovazione ha
portato a un maggior benessere, ma con costi
sempre più elevati in termini di esaurimento di
risorse scarse. Oggi tecnologie come quelle
solari ed eoliche, insieme all’aumento
dell’efficienza delle reti elettriche e a una
migliore gestione delle scorte permettono di
consumare meno.
“Per la prima volta, innovazione, start up
aziendali e finanziatori lavorano per ridurre
l’uso di fonti esauribili come gli idrocarburi”,
dice Grantham, “e di conseguenza aumenta la
probabilità di non far cadere la civiltà nel
precipizio”. Si stima che entro il 2030,
l’energia solare ed eolica possa diventare
meno costosa di quella prodotta dai combustibili fossili, senza considerare gli ulteriori
vantaggi derivanti dal minor inquinamento
dell’ambiente.
Quando si parla di energia entrano in gioco
molti attori e contesti differenti: le industrie e
i processi produttivi, le famiglie-consumatrici,
gli investitori e gli strumenti finanziari, la
società e l’ambiente. Le decisioni prese in un
ambito si riflettono su tutti gli altri, per cui
anche l’allocazione delle risorse finanziarie
deve contemplare criteri che non sono
unicamente quelli del profitto. Nel settore dei
combustibili fossili, ad esempio, è necessario
considerare i maggiori costi legati al problema
dell’inquinamento, oltre a quelli di riduzione
della qualità delle riserve. Questo approccio è
di lungo periodo e si scontra spesso con
visioni di breve termine, in base alle quali il
costo delle rinnovabili è maggiore dal
momento che comprende anche la costruzione
di impianti, per i quali servono ingenti capitali,
che daranno i loro frutti non nell’immediato,
ma in futuro. Visto da un’altra prospettiva, il
ritorno sugli investimenti che viene richiesto
all’industria delle energie alternative è più
elevato, anche perché ci sono fattori di rischio
ulteriori, come i cambiamenti della normativa
e l’innovazione tecnologica.
In passato, molti investitori si sono fatti
attrarre dal settore grazie a politiche generose
da parte degli stati, il che ha prodotto alcune
bolle. Come spiega nelle pagine seguenti
Armin Sandhövel, responsabile degli
investimenti in energie rinnovabili di Allianz
Global Investors, per lo sviluppo sostenibile
futuro sono importanti un quadro stabile e la
certezza normativa, oltre alla partecipazione
dei private equity e degli investitori istituzionali.
In questo numero di Morningstar Investor
esploriamo l’industria energetica “vecchia” (il
petrolio) e “nuova” (le fonti alternative e il gas
di scisto), dalla prospettiva dell’investitore,
non limitandoci però al concetto di opportunità inteso come profitto, ma introducendo,
grazie a un contributo della Fondazione Eni
Enrico Mattei, l’aspetto dello sviluppo
sostenibile, che tiene conto di fattori sociali e
ambientali. Un investimento, dunque, che è
anche nella qualità della vita.
Sara Silano, Direttore di Morningstar Investor
[email protected]
Morningstar.it
7
Per Cominciare
Un po’ di energia in portafoglio
Di Valerio Baselli
Il comparto è importante dal punto di visto economico e politico. La
green economy apre nuove sfide. Ecco le opzioni per gli investitori.
L’approvvigionamento energetico è uno dei
punti chiave della politica di ogni paese.
Senza energia non c’è produzione e, senza
produzione, non c’è ricchezza. Per l’energia, i
governi sono disposti a fare investimenti
mastodontici. Per l’energia, si arriva perfino a
entrare in guerra. La sua produzione, insomma,
è il presupposto per ogni attività umana. Basti
pensare agli elettrodomestici, al riscaldamento, ai mezzi di trasporto, fino alle imprese
e agli ospedali. Oggi, almeno nel mondo
sviluppato, il problema non è più la produzione
di energia, ma bensì il modo in cui sfruttarla in
maniera efficiente.
Il settore energetico è legato a doppio filo a
quello tecnologico e quindi a quello scientifico.
Sono stati proprio i ricercatori e gli scienziati a
lanciare l’allarme: se si continua a inquinare
ai livelli attuali, le conseguenze saranno gravi.
E così, negli ultimi dieci anni, si è sviluppato
l’immenso mercato delle cosiddette energie
pulite o rinnovabili. L’idea è quella di superare
una volta per tutte la dipendenza dai
combustibili fossili, sempre più difficili da
recuperare, costosi e molto inquinanti.
Allo stesso tempo, gli incidenti verificatisi in
Giappone (lo tsunami che ha provocato il
disastro di Fukushima nel marzo 2011) e
ancora prima in Ucraina (Chernobyl nel 1986),
hanno spinto l’opinione pubblica ad allontanarsi anche dall’energia nucleare. A tal
punto che paesi come la Germania e la
Francia hanno recentemente dichiarato di
voler abbandonare gradualmente la produzione atomica.
8
Morningstar Investor Luglio / Agosto / Settembre 2013
I numeri (potenziali) della green economy
Ciò nonostante, attorno al tema delle nuove
energie continua a svilupparsi un intenso
dibattito. Per alcuni si tratta di un’utopia, per
altri semplicemente una scelta. Il principale
argomento degli scettici riguarda i costi: ad
oggi le fonti di energia alternativa sono care e
richiedono degli aumenti in bolletta.
Ma come sempre, occorre guardare al lungo
periodo. Ce lo ricorda la nuova edizione
dell’Irex Annual Report, pubblicato recentemente dalla società di consulenza Althesys.
Secondo questo studio, la diffusione delle
fonti pulite in Italia può portare entro il 2030
al sistema elettrico benefici netti compresi tra
i 19 e i 49 miliardi di euro, a seconda del
sostegno politico all’utilizzo di rinnovabili.
Il report spiega che le voci di costo sono
essenzialmente due: la spesa per gli incentivi
e quella per risolvere le carenze infrastrutturali della rete. A pesare maggiormente è la
prima, alla quale il Quinto Conto energia (il
programma italiano che regola gli incentivi per
le rinnovabili) ha però definitivamente posto
un tetto, fissato in 6,5 miliardi di costo
cumulato annuo (cifra che rimarrà stabile sino
al 2029). A ciò vanno aggiunti gli investimenti
legati alle carenze della trasmissione e della
distribuzione (perdite di rete e mancati ricavi
dalla vendita di elettricità), stimati tra 1,5 e
1,8 miliardi fino al 2020 (quando si suppone gli
interventi siano stati ultimati).
A fronte di queste spese, si legge nello studio,
ci sarebbe una serie consistente di benefici.
Primo fra tutti, le ricadute occupazionali. Gli
addetti incrementali (cioè i posti di lavoro che
non esisterebbero in assenza di rinnovabili)
toccherebbero i 130mila nel 2013 per poi
stabilizzarsi tra i 45mila e i 60mila al 2030.
Inoltre, c’è il vantaggio economico legato alla
riduzione del cosiddetto fuel risk, ovvero il
rischio di spendere per l’acquisto di fonti
fossili più del dovuto a causa dell’oscillazione
dei prezzi. Ma l’ultima e forse più interessante
delle voci che contribuiscono alle entrate
garantite dalle rinnovabili è la riduzione del
prezzo dell’elettricità sul mercato. L’Irex
Annual Report prende in considerazione solo il
saldo netto del fotovoltaico, stimandone il
valore tra i 41 e i 47 miliardi.
Energia in portafoglio
Contando tutte le classi, in Italia sono
disponibili 73 fondi comuni della categoria
Morningstar Azionari settore energia e 30
fondi della categoria Azionari settore energie
alternative. Oltre ai comparti attivi, sono
acquistabili dagli investitori nostrani 13
Exchange traded fund energetici. Sono quindi
116 i diversi prodotti che possono essere
inclusi nei portafogli degli investitori italiani (a
cui si possono aggiungere le azioni delle
singole società operanti nel settore energetico,
che in Borsa Italiana sono cinque: Eni, Erg,
Saipem, Saras e Total. K
Valerio Baselli è editor di Morningstar Italy
Scenari
Lunga vita agli arabi. E al loro “oro”
Di Jan Stuart
Le riserve di petrolio scarseggiano. A complicare le cose
ci si mettono anche le tensioni politiche in alcuni stati produttori.
La speranza è che Riyad riempia i barili.
O la produzione saudita di petrolio risorgerà
o il crollo delle riserve di oro nero è garantito. Quando pensiamo al Medio Oriente, lo
immaginiamo come un’isoletta che galleggia
in un mare nero, infinito e sfruttabile nel
futuro. La realtà è tuttavia un’altra: siamo
consapevoli del fatto che il petrolio non sia
una risorsa illimitata e per questo motivo da
anni tutti i paesi produttori sono corsi ai ripari
aumentando il loro livello di riserve, lavorando
come abili formichine.
Un difficile quadro geopolitico
Ma se queste riserve iniziassero a scarseggiare e non ci fossero più abbastanza risorse per
alimentarle? Questo è quello che ci aspettiamo dal futuro, una situazione non di certo
di crescita. I motivi che ci spingono a essere
pessimisti sono molteplici e, analizzati in un
quadro generale, riguardano per lo più problemi legati alla povertà dei paesi produttori,
ricordando che i maggiori appartengono al
Medio Oriente. Le questioni politiche, ad
esempio che infiammano questa regione sono
la causa dell’incertezza nei mercati e delle
previsioni degli osservatori. Un altro fattore da
analizzare è la crescita demografica di questa
area: la domanda interna di petrolio inizia a
essere una voce sempre più forte e che deve
quindi essere soddisfatta.
Mettendo sotto la lente di ingrandimento i
vari paesi che compongono il Medio Oriente, il
10 Morningstar Investor Luglio / Agosto / Settembre 2013
primo su cui cade l’occhio è l’Iran ,che soffre
una situazione di embargo ormai da anni a
causa delle sanzioni di Usa ed Europa. Queste
sanzioni non hanno colpito solo il settore
petrolifero, ma anche quello sanitario, dei
trasporti e il finanziario: la sommatoria di tutti
questi fattori ha causato un calo delle esportazioni petrolifere passando da 2,2 milioni di
barili al giorno a un mero 0,9 milioni (dato
registrato nel maggio di quest’anno).
Non solo l’esportazione ha manifestato un
trend negativo, ma la stessa produzione di
greggio ha subito un declino arrivando a toccare i 2,7 milioni di barili. I mercati petroliferi
di Europa e America hanno tagliato fuori l’Iran,
ma devono ancora contrastare l’esportazione
di contrabbando di petrolio iraniano, limitando
i traffici verso i suoi più fedeli clienti come
Cina, India, Giappone e Corea del Sud che
hanno tuttavia ridotto in parte la loro domanda.
Quello che ci aspettavamo, insieme agli
altri osservatori, era che le sanzioni – seppur
pesanti per risultare esemplari – non
arrestassero in modo così marcato lo sviluppo
iraniano, ma che gli concedessero un minimo
spiraglio di ripresa.
È naturale che i paesi dell’area asiatica siano
preoccupati a causa di questa situazione e si
auspichino di arrivare presto a una soluzione.
Ma nessuno si muove fuori dai ranghi e tutti
hanno adottato una politica in linea con quella
di Ue e Usa.
Un altro paese produttore di greggio che ha
registrato dei risultati deludenti rispetto alle
attese è l’Iraq. La sua produzione ha sofferto
un calo, passando da un livello circa di 3,3
milioni di barili al giorno nel settembre 2012 a
un 3,1 milioni registrato nel mese di maggio.
Confrontato con le nostre aspettative sono
300mila barili al giorno in meno. È risaputo che
l’Iraq gode di un forte potenziale inespresso e
la causa del suo mancato sviluppo è da ricercarsi in questioni di politica interna: spesso il
trasporto del petrolio dalla regione del Kirkuk
verso i territori curdi e il porto mediterraneo di
Ceyhan risulta difficile.
Il Medio Oriente non è il solo ad affrontare
una situazione di deperimento delle scorte:
infatti la crisi sta colpendo indistintamente
paesi aderenti all’Opec, come Nigeria e Libia
e altri come Regno unito, Norvegia, Brasile
e paesi del Mar Caspio. Per quanto riguarda
la produzione inglese, ci sembra che abbia
bisogno di un forte slancio per mantenersi in
una buona posizione e questo salto dovrebbe
avvenire nel terzo trimestre.
Arabia fuori dal coro
L’unico paese che sembra essere un faro
nella tempesta è l’Arabia saudita. Quando si
richiede l’intervento da parte dell’Opec per
rifornire i “magazzini” petroliferi, per lo più ci
si rivolge a quel paese. Tuttavia, nell’ottobre
2012 l’Arabia ha subito un pesante crollo nella
produzione di petrolio. Una caduta dalla quale
non si è ancora del tutto ripresa e di conseguenza le riserve globali non sono aumentate
per i primi quattro mesi del 2013.
Il risultato di tutto questo è che, pur essendo
le nostre aspettative sulla crescita dei giacimenti petroliferi globali chiaramente negative,
l’Arabia saudita ci confonde un po’ le idee.
Quello che salverebbe la situazione è un
aumento della produzione petrolifera da parte
del monarca saudita. I motivi che potrebbero
spingere Riyad ad accrescere i suoi rifornimenti sono innanzitutto legati a un’esigenza
interna, in quanto la domanda domestica di
greggio è aumentata nell’ultimo periodo. Le
altre due motivazioni sono per lo più dovute
a questioni economiche. Infatti, gli obiettivi
sauditi sono di mantenere un prezzo elevato
del petrolio e di soddisfare la domanda estera
di greggio.
L’incremento della produzione comporterà,
a sua volta, un aumento delle richieste di
intervento che, secondo le nostre previsioni,
saranno almeno di 1,2 milioni di barili al
giorno nel terzo trimestre.
Dal punto di vista delle esportazioni, per mantenere il livello stabile, le riserve petrolifere
dovrebbero rafforzarsi ancora, superando il
risultato ottenuto tra marzo/aprile e toccando
l’apice nel mese di agosto. Per questo motivo i
mercati si aspettano un’estate ancora in stallo,
ciò che è certo è il fatto che l’Arabia saudita
giocherà un ruolo decisivo per il raggiungimento e il mantenimento dell’equilibrio nel
mercato petrolifero globale. K
Fig. 1 Produzione di greggio in Iran ancora in calo
Crude production
Forecast effect of sanctions
2012/13 expectation
3900
3500
3100
500 kb/d
supply delta
2700
M - 12
S - 12
J - 13
M - 13
S - 13
La linea rossa raffigura l’impatto delle sanzioni sul livello della produzione di petrolio iraniano da gennaio 2012 e le
attese per l’anno 2013. L’ultimo dato risale a maggio 2013 espresso in kb/d
Fonte: Credit Suisse
Fig. 2 Produzione di greggio in Iraq in stallo
Iraq Actual
CS ‘fcst
2012/13 expectation
3900
~ 300 kb/d
short of expectations
3500
3100
2700
Jan Stuart è responsabile della sezione Global Energy
Research di Credit Suisse.
M - 12
S - 12
J - 13
M - 13
S - 13
La linea rossa raffigura l’andamento della produzione di petrolio (espressa in kb/d) a partire da settembre 2012 con le
relative attese fino alla fine del 2013.
Fonte: Credit Suisse
Morningstar.it 11
Scenari
La crisi fa diventare alternativi
Di Armin Sandhövel
Investire direttamente nei progetti legati alle fonti energetiche
rinnovabili promette buone remunerazioni e forti flussi di cassa.
Ma ci sono dei rischi da gestire.
Gli investimenti in asset infrastrutturali e
la produzione di energia da fonti rinnovabili
sono divenuti sempre più interessanti agli
occhi degli investitori istituzionali, per una
serie di trend e sviluppi rilevanti, non da
ultimo l’inversione di rotta decisa dalla
Germania (che ha dato l’addio al nucleare)
e la crisi finanziaria che attanaglia l’Europa.
Il progresso tecnologico, poi, riveste
un’importanza pari all’evoluzione del quadro
normativo che disciplina il settore.
L’elevato grado di incertezza che i mercati obbligazionari e azionari oggi presentano è alla
base della ricerca, da parte degli investitori
istituzionali, di alternative nei settori delle
infrastrutture, del real estate e delle energie
rinnovabili. Il fattore chiave alla base di
questo interesse è la ricerca di rendimenti:
fondi pensione e gruppi assicurativi non
hanno più la possibilità di conseguire i propri
obiettivi attraverso i titoli di stato tedeschi.
Di conseguenza è necessario diversificare il
portafoglio con nuove classi di attivo.
Investire in progetti
Sotto questo profilo l’investimento in fonti di
energia rinnovabili presenta particolari vantaggi. L’entrata in questo segmento tradizionalmente avveniva con obbligazioni e azioni,
ma si è progressivamente diffusa un’altra
formula: l’investimento diretto in progetti. Il
grado di interesse è legato ai flussi di cassa
12 Morningstar Investor Luglio / Agosto / Settembre 2013
previsti e alla remunerazione per l’energia
immessa nella rete. Le tariffe feed-in (cioè le
tariffe di riacquisto a cui la società compra
l’energia prodotta dal privato) garantite dallo
stato e gli accordi di acquisto dell’energia a
lungo termine producono un flusso di cassa
relativamente stabile e prevedibile. Inoltre,
la natura a lungo termine degli investimenti
(maggiore a 20 anni), che in genere presentano una bassa correlazione con altre asset
class, e la loro sostenibilità soddisfano i
requisiti degli investitori istituzionali, che
devono coprire passività a lungo termine e
diversificare grandi portafogli.
I volumi attesi degli investimenti in questa
categoria ne confermano la rilevanza
strategica: secondo le stime dell’International
Energy Agency, l’investimento globale in
fonti rinnovabili al 2030 sarà di 461 miliardi
di dollari, con un tasso atteso di crescita
del 30% dal 2015 al 2020 e ancora del 32%
nel periodo 2020 - 2030.
Gestire il rischio
Dal punto di vista della gestione del rischio,
bisogna considerare un mix di fattori: la
tecnologia adottata, la remunerazione
garantita, la fase del progetto e naturalmente
il prezzo di acquisto. È possibile operare
una diversificazione abbinando diverse fonti
di energia in molteplici regioni e collaborando
con partner diversi. Tra le fonti di energia
rinnovabili, le aree d’investimento più
importanti in questo momento sono il solare e
l’eolica: il 90% degli investimenti
complessivi nel 2011 è stato destinato a
questi due segmenti. Il fotovoltaico e l’energia
del vento dipendono molto dalle stagioni. Ci
sono tuttavia ottimi strumenti di previsione
per entrambe le fonti che stimano e calcolano
la produzione annuale.
Questi mezzi si sono rivelati particolarmente
affidabili nella formulazione delle stime
per il settore del fotovoltaico, ma anche per
l’energia eolica, pur con qualche incertezza
in più. Occorre utilizzare diverse stime di
rendimento indipendenti per garantire una
corretta valutazione della fattibilità
economica. Al contrario la bioenergia (o
biomassa) offre flussi facilmente prevedibili,
ma dipende dalla disponibilità, dalla sua
qualità e dai costi. Se si garantisce un
approvvigionamento costante, l’impianto
produce un flusso stabile di energia durante
l’anno, con un flusso di cassa costante.
Bolle normative
Dato che la maggior parte delle fonti di
energia rinnovabili dipende ancora dai sussidi,
i rischi e il rendimento sono strettamente
collegati alle decisioni politiche. Può
essere difficile prevedere le variazioni del
contesto economico e normativo, con
sviluppi inaspettati. Nel recente passato molti
investitori si sono lasciati attrarre dagli elevati
livelli degli incentivi messi a disposizione
da alcuni paesi e questo ha generato “bolle”
speculative (come si è osservato in Spagna).
Pari importanza rivestono lo scenario
fiscale, come conferma l’esperienza della
Repubblica Ceca, e le procedure autorizzative
e amministrative.
Per questa ragione, occorre diversificare gli
investimenti a livello regionale poiché ciò
consente agli investitori di sfruttare i vantaggi
specifici del paese, sia geografici che normativi. Per esempio, le diverse ore di radiazione
solare, la differente velocità media del vento e
i sistemi tariffari.
Fig. 1 Investimenti globali in fonti di energia rinnovabili
(in USD bn, variazione in %)
500
71%
400
4%
Il rischio dell’incompiuto
Dal punto di vista dello sviluppo del progetto, la portata dei rischi e il potenziale di
rendimento dipendono dalla fase in cui gli
investitori vengono coinvolti nel progetto. In
pratica, il capitale viene trasferito alla
società-progetto prima e durante la costruzione, in base all’avanzamento dei lavori.
350
72%
300
243
200
151
180
186
2008
2009
260
270
2011
2015 E
100
2007
Presto assisteremo a una nuova fase verso la
cosiddetta grid parity, in cui le fonti di energia
rinnovabili dipenderanno sempre più dalle
tariffe feed-in. La tendenza verso un regime
tariffario basato sul prezzo di mercato cambierà il settore, ma gli operatori si adatteranno.
Ciò renderà più interessanti gli investimenti in
nuovi paesi senza tariffe di riacquisto.
461
2010
2020 E
2030 E
Fonte: Allianz Global Investors
rischio dell’investimento diminuisce drasticamente poiché l’impianto inizia a generare un
cash flow positivo. Il rischio di completamento
derivante dall’insolvenza o da risorse
insufficienti si può compensare lavorando con
diversi produttori e partner nel progetto.
Infrastrutture per l’energia
La crescente integrazione delle fonti
rinnovabili alimenta anche la domanda
di infrastrutture dell’energia. Mentre
l’infrastruttura esistente è stata progettata
originariamente per la produzione di
elettricità centralizzata dalle grandi centrali,
oggi viene creata in modo decentralizzato
da molti produttori diversi.
Dato che in caso di blocco della costruzione
le attività liquide disponibili a essere
capitalizzate sono poche, mentre i ritardi
possono portare a una riduzione delle tariffe
feed-in e quindi a un rendimento assai
inferiore, il completamento è una fase
fondamentale. La cancellazione di un progetto
generalmente dipende da problematiche
inerenti all’approvazione, a tagli tariffari o alla
fornitura di servizi inadeguata o impropria.
Di conseguenza occorreranno nuovi investimenti nelle infrastrutture di rete, ma anche
nuovi requisiti in termini di gestione,
efficienza, tecnologie di immagazzinamento
avanzate e reti intelligenti. Gli investitori
orientati al futuro possono già rilevare queste
tendenze e approfittare dello sviluppo di
tecnologie pulite.
Dal momento in cui l’impianto inizia a immettere energia nella rete e comincia a ricevere
una remunerazione contrattuale o per legge, il
Il mix perfetto
In conclusione, possiamo affermare che
due importanti sviluppi attuali confermano
l’interesse per questo segmento. Innanzitutto
il fatto che, nel medio termine, si arriverà a
un livello di grid parity, e l’energia prodotta da
impianti fotovoltaici e eolici sarà immessa
in rete a prezzi competitivi, anche in assenza
di incentivi. In secondo luogo, si sta
sviluppando un ampio mercato secondario per
questi progetti, che amplifica le opportunità
di investimento.
La partecipazione di fondi di private
equity e istituti finanziatori rivestirà un
ruolo cruciale per sostenere la crescita del
settore, insieme a uno stabile quadro
regolamentare e di certezza normativa,
al fine di poter garantire interessanti ritorni
dell’investimento e ottenere un solido
impegno di investitori istituzionali. K
Armin Sandhövel è Chief Investment Officer (CIO)
Renewable Energies & Infrastructure Equity di Allianz
Global Investors.
Morningstar.it 13
In Primo Piano
La politica inquina il greggio
Di Matteo Cassiani, CFA
Il dopo Chavez e i postumi della “primavera araba” creano
tensioni sui prezzi. Intanto gli Usa provano a ridisegnare i rapporti
di forza e le rotte del mercato internazionale.
In questa prima parte dell’anno si sta
assistendo a una serie di eventi significativi
che potrebbero impattare, nel breve come nel
lungo periodo, sulla dinamica del prezzo del
petrolio. Dall’America Latina al Medio Oriente,
infatti, diversi appuntamenti elettorali e crisi
politiche stanno contrassegnando le principali
aree di produzione di greggio.
Un fragile equilibrio
Partendo dal Nuovo Continente, la vittoria di
Nicolas Maduro alle elezioni presidenziali
venezuelane, dopo la morte di Hugo Chavez,
14 Morningstar Investor Luglio / Agosto / Settembre 2013
porta alcune incertezze relativamente alla
tenuta delle principali creature del “chavismo”
e cioè le iniziative “PetroSur” e “PetroCaribe”,
accordi volti a permettere ai paesi latinoamericani e caraibici, politicamente vicini al
Venezuela, di beneficiare della ricchezza
petrolifera del paese.
La vittoria di misura del nuovo presidente
venezuelano, infatti, pone dei dubbi sulla sua
possibilità di controllare le fazioni all’interno
del partito di maggioranza e nel mantenere,
quindi, la stabilità del governo di fronte alle
spinte delle opposizioni che, venuta meno la
figura carismatica di Chavez, sono state
capaci di riportare al centro del dibattito una
diversa visione di gestione politica ed
economica del paese.
Il riconoscimento di Maduro da parte dei paesi
latinoamericani appartenenti all’Unasur
(Unione delle nazioni sud americane) ha
comunque ribadito la richiesta del rispetto
delle regole democratiche da parte di tutti i
soggetti in causa, al fine di prevenire un
aumento della tensione a Caracas, che
Fig 1 Principali paesi produttori
di petrolio
Fig. 3 Importazione di petrolio e gas delle principali aree mondiali
Migliala di barili al giorno
Gas Imports (%)
2012
Arabia Saudia
11530
Federazione Russa
10643
USA
8905
Cina
4155
Canada
3741
Iran
3680
Emirati Arabi Uniti
3380
Kuwait
3127
Messico
2911
Venezuela
2725
Nigeria
2417
Brasile
2149
Qatar
1966
Norvegia
1916
Angola
1784
Kazakhstan
1728
Algeria
1667
Libia
1509
Regno Unito
967
Fonte: BP Statistical Review of World Energy,
June 2013
Fig. 2 Produzione USA di petrolio
e gas
mboe/d
Conventional oil
Unconventional oil
Conventional gas
Unconventional gas
25
15
2035
2010
Japan
100
80
European Union
60
40
China
20
0
India
United States
40
60
80
100
Oil Imports (%)
-20
Fonte: World Energy Outlook 2012, International Energy Agency
potrebbe comportare potenziali ricadute
negative a livello regionale.
La situazione economica del paese rimane
tuttavia difficile e incerta perché, pur con una
crescita del Pil (Prodotto interno lordo) attorno
al 5%, l’inflazione al 20% e la scarsità anche
di alcuni generi di prima necessità acuiscono
la tensione a livello interno e favoriscono le
tesi dell’opposizione.
Il puzzle medio-orientale
Un’altra importante figura politica che sta
uscendo di scena è un alleato di Chavez, il
presidente iraniano Ahmadinejad. Le elezioni
politiche nel paese hanno concluso il secondo
mandato del discusso uomo politico in
un contesto economico difficile, caratterizzato
da una forte inflazione e dall’impatto
negativo delle sanzioni imposte al paese dalla
comunità internazionale.
Come tutti i candidati durante la
campagna elettorale, anche Rohani ha
ribadito l’importanza strategica per il
paese di continuare nello sviluppo della
ricerca nucleare.
Tuttavia la richiesta proveniente da ampi
segmenti dell’opinione pubblica iraniana,
testimoniata dallo stesso responso elettorale,
porterà probabilmente a riconsiderare la
politica di isolamento internazionale, sebbene
è da attendersi che le aperture da parte
del paese saranno timide, almeno nelle prime
fasi del nuovo governo.
Un progressivo riavvicinamento delle posizioni
al tavolo delle trattative potrebbe consentire
un alleggerimento delle tensioni dell’area,
allontanando i rischi di un, seppur remoto,
intervento israeliano o la potenziale minaccia
di chiusura dello stretto di Hormuz.
5
1980
1980
2000
2010
2020
2030
Fonte: World Energy Outlook 2012, International
Energy Agency
Il nuovo presidente, il moderato-riformista
Hassan Rohani ha vinto a sorpresa e al primo
turno la tornata elettorale, che ha visto
un’affluenza alle urne superiore al 70% degli
aventi diritto.
Il futuro sentiero politico iraniano avrà effetti
importanti su gran parte dello scenario
mediorientale, anche per i riflessi che potrebbe
avere sulla situazione in Siria, dove si va
aggravando la guerra civile, o in Iraq, dove
Morningstar.it 15
Fig. 4 Andamento storico del
prezzo del petrolio: impatto delle
crisi e della crescita mondiale
125
85
4
2
45
3
1
produzione proveniente da fonti non tradizionali, includendo anche il c.d. “tight oil” (cioè il
petrolio ricavato da scisti bituminosi), è
accompagnato da un significativo allungamento della vita residua dei giacimenti
convenzionali maturi ed è reso possibile dagli
investimenti ingenti nelle tecniche di
esplorazione e produzione, che si sono
susseguiti nel corso degli ultimi dieci anni,
accompagnati e favoriti da una vera e propria
rivoluzione tecnologica nella ricerca geologica
e nella produzione.
5
1975
1985
1995
1 Rivoluzione iraniana e guerra Iran-Iraq
2 Prima Guerra del Golfo
3 Crisi Asiatica
2005
Tensioni Geopolitiche
Gas e Petrolio non
convenzionali
4 Secondo Guerra del Golfo
5 Crisi Finanziaria
Fonte: Morningstar
permane precaria la situazione relativamente
alla sicurezza, che impedisce un ulteriore
incremento, nel medio termine, della
produzione di petrolio. L’attuale capacità
produttiva irachena è infatti stabile attorno a 3
milioni di barili al giorno, ma lontana dai 6
milioni di barili al giorno potenziali, stimati
dall’Agenzia Internazionale dell’Energia.
Dopo la “primavera araba” del 2011, è
comunque tutto il Nord Africa a presentare
una situazione di sostanziale incertezza
politica. In particolare in Libia la situazione
permane fluida: i positivi elementi rappresentati dalla prosecuzione del processo democratico del paese e dal ritorno della produzione
di petrolio alla piena capacità degli impianti
sono controbilanciati da una progressiva
acutizzazione dello scontro tra partiti, fazioni e
milizie non ancora disarmate.
La rivoluzione americana
Nel frattempo, oltreoceano, la “rivoluzione
energetica americana”, cioè lo sfruttamento
dello shale gas, si sta imponendo come un
nuovo fenomeno destinato a giocare anch’esso
un ruolo fondamentale sullo scacchiere
politico mondiale. L’incremento della
16 Morningstar Investor Luglio / Agosto / Settembre 2013
come Arabia Saudita, Russia e Venezuela, la
cui ricchezza è direttamente legata agli introiti
provenienti dal settore energetico domestico.
Ciononostante, un impatto significativo sulle
quotazioni del petrolio proviene in egual misura dal livello della domanda, a seguito della
forza dell’economia globale: un’accelerazione
della ripresa economica, infatti, contribuirebbe
a riportare vigore, nel breve periodo, sul mercato mondiale del petrolio. K
Matteo Cassiani, CFA è coordinatore del team azionario
L’introduzione del “horizontal drilling” e del
“hydrofracking”, infatti, non solo permette
l’accesso a uno sviluppo efficace ed economico
di giacimenti non convenzionali ma allunga
anche la vita residua di quelli convenzionali
maturi, permettendo un recupero ben
superiore all’attuale tasso del 35%.
Attualmente l’estrazione di gas non convenzionale rappresenta circa il 25% della produzione
totale energetica negli Stati Uniti e potrebbe
continuare a crescere fino a coprire, assieme al
tight oil, più del 50% del totale.
Nei prossimi venti anni, quindi, potremmo
assistere alla trasformazione della superpotenza occidentale in un netto esportatore, in
controtendenza rispetto al resto del mondo,
ridisegnando nel contempo i rapporti di forza
e di dipendenza, nonché le rotte, del mercato
energetico mondiale.
Forze contrapposte
Sul prezzo del petrolio, quindi, influiranno
forze contrapposte, nel breve e nel mediolungo termine.
Le tensioni geopolitiche, agendo sulla
riduzione dell’offerta, potrebbero comportare
repentini incrementi del prezzo della materia
prima mentre la progressiva sostituzione del
greggio con il gas, nonché l’incremento delle
riserve potenziali e della loro vita residua
grazie alle nuove tecnologie, potrebbe comprimere il prezzo dell’energia, con conseguenze
importanti per i principali paesi produttori,
globale presso il Servizio Gestioni di Banca Monte dei
Paschi di Siena.
In Primo Piano
L’Asia va a caccia di energia
Di Marco Caprotti
La fame di risorse alternative spinge i gruppi della regione a fare
acquisizioni all’estero. Con l’aiuto dei governi.
L’Asia ha sempre più fame di energia. E, per
soddisfare il suo appetito, è costretta a
rivolgersi all’estero, sia attraverso acquisti
diretti di materie prime che sfruttando
opportunità di acquisizione. A parte l’Australia,
che ha riserve di idrocarburi considerevoli,
la maggior parte dei paesi della regione
nell’ultimo decennio ha visto ridursi drasticamente l’autosufficienza energetica.
Il Giappone è quello messo peggio di tutti. La
terza economia mondiale è anche il maggior
importatore di gas naturale liquido (Lng, liquid
natural gas), il secondo acquirente di carbone
e il terzo importatore di petrolio.
La Cina e l’India hanno buone disponibilità
di risorse naturali, ma la richiesta interna ha
rapidamente superato la produzione locale. Un
problema che hanno anche stati più piccoli
come Malesia e Thailandia che, nonostante le
riserve di gas, hanno bisogno di comprare oro
nero dall’estero.
Caccia all’estero
“Il rapporto fra domanda e offerta probabilmente cambierà nel momento in cui la regione
deciderà di orientarsi a fonti più pulite come
il gas naturale”, spiega uno studio firmato da
Raja Mukherji e Taosha Wang, responsabili
della ricerca per l’Asia di Pimco. “In Cina il
governo sta promuovendo l’uso di questa
risorsa al posto del carbone nel tentativo di
18 Morningstar Investor Luglio / Agosto / Settembre 2013
abbattere l’inquinamento. L’obiettivo è di utilizzare il gas naturale per arrivare all’8% della
produzione energetica nel 2015 e al 12% nel
2020. Nel 2011 era al 4%. Ma anche se
la domanda cresce, le riserve dell’Asia continuano a scendere.
La Thailandia, per esempio, è stata la prima
nazione del sudest asiatico a importare Lng,
mentre la Malesia fra poco inaugurerà il primo
terminal dedicato”. Spinte dal calo delle
fonti energetiche, molte aziende della regione
si sono date la missione di cercare fuori
dai confini i sistemi per aumentare
la disponibilità. Spesso con l’aiuto dei
governi che le supportano nel portare a
termine delle acquisizioni.
Nel 2012 le tre principali società petrolifere
cinesi (Sinopec, Cnpc, Cnooc) hanno annunciato un totale di 11 acquisizioni estere per
un valore complessivo di oltre 30 miliardi di
dollari (dati Bloomberg).
cinesi hanno annunciato altrettante acquisizioni all’estero.
Nonostante la fame di prodotti energetici in
genere, alcuni asset sembrano più appetitosi
di altri. Ad esempio le risorse alternative nelle
regioni politicamente più stabili. Molte operazioni di M&A, infatti, avvengono in paesi Ocse.
Le acquisizioni portate avanti negli ultimi
cinque anni dalla Korean National Oil Corporation, ad esempio, sono state principalmente
in Usa, Gran Bretagna, Canada e Spagna.
Un altro segmento che interessa è quello
dell’esplorazione. A febbraio di quest’anno
Sinopec ha annunciato l’acquisto del 50%
di un progetto di ricerca in una zona del
Mississipi condotto da Chesapeake energy.
Alcune di queste operazioni, come quella da
16,1 miliardi con cui Sinopec si è portata a
casa la canadese Nexen, sono passate sotto il
severo scrutinio delle autorità regolamentari (e
sono state anche contestate dall’opinione pubblica dei paesi in cui veniva fatto shopping).
Cinesi iperattivi
Ma dove porterà questa ondata di acquisizioni? “Molti osservatori sono convinti che i cinesi vogliano controllare le risorse energetiche
mondiali”, dice lo studio di Pimco. “Secondo
noi, invece, sono alla ricerca, oltre che del
profitto, anche delle competenze tecniche”.
Secondo la US Energy Administration negli
Stati Uniti ci sono 862mia miliardi di piedi cubi
di riserve di gas di scisto (una fonte oggi molto
utilizzata in America).
Questo non è bastato a fermare l’ondata. Solo
nel primo trimestre di quest’anno, i tre colossi
In Cina, le disponibilità sono quasi il doppio,
ma non vengono sfruttate perché Pechino non
ha ancora le competenze tecniche per farlo.
Un problema che può essere agevolmente
risolto rivolgendosi ad aziende yankee che
sappiano come farlo. Qualcosa, in realtà si
sta già muovendo. A febbraio PetroChina e
ConocoPhillips hanno annunciato un accordo
per lo sfruttamento di un giacimento nel
bacino di Sichuan.
C’è poi da affrontare il problema del costo e
dell’invecchiamento delle riserve energetiche
esistenti. In Cina il giacimento petrolifero della
Sinopec più vecchio è in attività dal 1960 e
ha ormai costi superiori ai campi di produzione in Angola. Tutta questa iperattività ha
conseguenze importanti anche nelle economie
dei paesi di residenza di queste aziende.
In Asia cala l’autosufficienza energetica
Self-Sufficiency in 2000
Self-Sufficiency in 2009
300
200
100
AUS
JPN
KOR
THA
IND
CHN
MYS
ITA
GER
FRA
USA
UK
CAN RUS
Fonte: Energy balances of Oecd/Non Oecd Countries (Edizione 2011)
Le acquisizioni estere, ad esempio, danno
accesso a capacità tecniche critiche per poter
sfruttare nuovi giacimenti domestici. Comprare
fuori dai confini permette anche una maggiore
capacità di gestione delle risorse interne permettendo di rallentare la produzione di riserve
che, come nel caso della Cina, sono operative
dagli anni Sessanta.
Comprare all’estero consente anche alle società di non perdere quote di mercato domestico.
Sinopec e PetroChina, ad esempio, hanno
rispettivamente il 60% e il 40% della quota
del settore petrolifero della Cina e il duopolio
nella raffinazione. In India le due torte sono
divise in tre fra Indian Oil, Bharat Petroleum
e Hpcl.
Il ruolo dei governi
Alla luce di tutto questo si capisce bene perché i governi asiatici abbiano tutto l’interesse
a seguire le loro società nelle campagne acquisti. La Corea, ad esempio, ha formalizzato il
suo aiuto nel Knoc Act con il quale si impegna
a garantire i debiti contratti dalle aziende del
suo paese che vanno all’estero a comprare a
cui fornisce anche dei fondi.
In Malesia, la Petronas è avvantaggiata
rispetto ai concorrenti grazie a una legge del
1974 che le dà di fatto pieni poteri in campo
petrolifero. Tutto questo ha delle conseguenze
anche per chi opera in Borsa. “Gli investitori
devono essere consci dei rischi associati a
modelli di business che dipendono molto dal
supporto di uno stato”, dice lo studio di Pimco.
“Bisognerà analizzare in maniera molto approfondita la struttura delle loro emissioni
obbligazionarie per capire quale grado di
garanzia il loro governo è in grado di dare”,
dice lo studio di Pimco.
La maggior parte delle operazioni di acquisizioni di Sinopec, ad esempio, è stata
portata avanti attraverso la controllante China
Petrochemical Corporation che, a sua volta, è
posseduta al 100% dal governo cinese. Conseguenze importanti potrebbero vedersi anche
sui mercati obbligazionari.
“La ricerca dei possibili candidati che possono
portare avanti un’acquisizione deve essere
rigorosa e condotta con metodo bottom up
(studiando cioè in maniera approfondita i
dati di bilancio, Ndr). La preferenza dovrebbe
andare a quelle aziende che forti dal punto di
vista della ricerca ed esplorazione (nel gergo
energetico questo segmento di attività viene
chiamato upstream, Ndr) e che hanno pochi
lacciuoli regolamentari nella fase di raffinazione (il downstream, Ndr).
“Molte società energetiche asiatiche emetteranno bond per poter finanziare le loro
campagne di acquisizione e per rifinanziare i
debiti esistenti”, dice il report.
“Certo, alla luce dell’importanza dei queste
aziende per le economie nazionali, i governi
faranno di tutto per garantirne la solvibilità,
ma bisognerà fare attenzione alla loro capacità di reperire fondi anche in altro modo”
In generale riteniamo che il settore energetico
dell’Asia presenti delle opportunità grazie
ai trend che si stanno verificando sia a livello
regionale sia per le caratteristiche delle
singole società”. K
Marco Caprotti è editor&analyst di Morningstar Italy.
Come analizzzare le società
Dal punto di vista degli investitori la presenza
dello stato dietro le scelte delle aziende
energetiche è un fattore fondamentale.
Morningstar.it 19
In Primo Piano
Una misura dello sviluppo sostenibile
Di Fabio Eboli
La Fondazione Eni Enrico Mattei ha sviluppato un indice che
potrebbe sostituire il Pil. Oltre all’attività economica il benchmark
tiene conto di fattori sociali e ambientali.
Il filone di ricerca sullo sviluppo sostenibile
nasce negli anni ’70 con la presa di coscienza,
attraverso varie iniziative e documenti tra cui
il rapporto del Club di Roma Limits to Growth,
di una sempre più evidente contrapposizione
tra la crescita economica indefinita sintetizzata nel Prodotto interno lordo pro capite (Pil
p.c.), principio guida dell’economia classica
e neoclassica, e la limitata disponibilità di
risorse naturali.
Il concetto è principalmente legato al depauperamento delle risorse naturali (energia e materie prime) e a fenomeni sempre più diffusi di
inquinamento, locale e globale. Tutti elementi
che incidono sugli aspetti legati alla qualità
della vita (un concetto che gli economisti
definiscono “utilità”).
Nel tempo, la stretta dicotomia economiaambiente è stata complicata da preoccupazioni
di tipo sociale, conseguenze non volute della
crescita economica, che vanno dalla migliore
distribuzione delle risorse (finanziarie ed
energetiche, ma non solo) a una maggiore
partecipazione alle decisioni concrete che
implica anche una maggiore coesione sociale.
L’Onu, la Banca mondiale, l’Ocse e l’Unione europea hanno elaborato negli ultimi anni delle
strategie che mirano a rendere maggiormente
operativo il concetto di sviluppo sostenibile e
di “crescita verde”, che porterebbero anche
20 Morningstar Investor Luglio / Agosto / Settembre 2013
a sviluppi occupazionali e alla protezione e
valorizzazione del patrimonio ambientale.
Gli approcci e i limiti metodologici
Il dibattito sulla sostenibilità è ancora molto
distorto a favore di analisi puramente qualitative, dalle quali è relativamente facile arguire
cosa non funziona.
Più difficile risulta dare specifiche linee guida
su cosa fare per cambiare le cose. Al contempo, sta diventando sempre più diffuso l’utilizzo
di indicatori per la misurazione del progresso
in direzione dello sviluppo sostenibile.
Sebbene la definizione di sviluppo sostenibile
sia lungi dall’essere univoca, si sta cercando
una sempre maggiore convergenza sul set
degli indicatori da utilizzare per catturare al
meglio gli aspetti della sostenibilità dello
sviluppo.
Questi strumenti sono utili per il monitoraggio
dei vari elementi, ma non riescono a mostrare
le potenziali insidie e rischi che, nel tentativo
di voler migliorare una dimensione, possono
danneggiarne altre. Anche se inconsapevolmente. Un’alternativa è l’utilizzo di indici
compositi, che però si basano solo su trend
storici e dipendono fortemente dalla metodologia di normalizzazione e aggregazione degli
indicatori che li compongono.
L’indice di Sostenibilità FEEM
La Fondazione Eni Enrico Mattei propone da
qualche anno l’indice aggregato di sostenibilità FEEM SI, che vuole essere innovativo
sia per la metodologia di aggregazione dei
diversi indicatori che per l’approccio usato per
misurare l’evoluzione futura degli indicatori e
dell’indice aggregato.
Il FEEM SI è composto da 19 indicatori aggregati per aree tematiche fino a giungere alle
tre principali componenti della sostenibilità:
economia, società e ambiente (vedi fig. 1).
Gli indicatori sono generati all’interno di un
modello dinamico di equilibrio economico
generale che rappresenta l’economia mondiale.
Questo fornisce una cornice coerente per
valutare la sostenibilità, facendo emergere
i potenziali conflitti tra le sue componenti. Il
valore aggiunto dell’utilizzo di questo modello
è la possibilità di calcolare il valore degli
indicatori fino al 2020. I rilevatori così ottenuti
vengono poi ricondotti alla stessa unità di misura (normalizzati) e infine aggregati con una
metodologia non lineare che tiene conto delle
interazioni fra gli stessi e delle valutazioni di
soggetti esperti.
In primis, è interessante notare che in
generale c’è una correlazione positiva
dell’indice aggregato FEEM SI con la performance economica e sociale, ma negativa
con quella ambientale (vedi fig. 2). Nulla
di sorprendente: dimostra che il benessere
economico ha in generale (ma non sempre)
condotto a un miglioramento della componente sociale ma a spese di un crescente
degrado ambientale.
È poi interessante il confronto tra il valore
odierno del FEEM SI e del Pil p.c. Esemplare il
caso degli Usa, che nel 2011 sono tra i paesi
al mondo con il più alto Pil pro capite ma sono
solo all’11° posto della classifica FEEM SI.
Ancora, l’Italia ha un Pil p.c. molto simile alla
Nuova Zelanda ma vanta una sostenibilità
sostanzialmente inferiore.
Occorre una visione d’insieme
Passando alla sostenibilità futura, il primo
dato che emerge è che in uno scenario di
riferimento senza nuove politiche, a livello
globale, a fronte di un miglioramento costante
del prodotto mondiale lordo, la sostenibilità
diminuisce leggermente, evidenziando le forti
contrapposizioni dello sviluppo economico.
Sono stati allora considerati tre differenti scenari connotati dall’introduzione di specifiche
politiche orientate a migliorare la sostenibilità
futura: politiche sociali (raggiungimento di
obiettivi di sviluppo nell’istruzione e nella
sanità nei paesi emergenti), ambientali (riduzione emissioni inquinanti dei paesi sviluppati
e maggiore efficienza nella gestione delle
risorse idriche in tutto il mondo) e focalizzate
sullo sviluppo sostenibile.
La principale conclusione, questa decisamente
sorprendente, è che le prime due politiche non
sono sufficienti a migliorare la sostenibilità
globale rispetto allo scenario di riferimento.
Infatti, le risorse economiche necessarie
al raggiungimento degli obiettivi sociali e
ambientali producono dei trade-off in termini
di sottrazione di risorse ad altri settori/obiettivi,
che peggiorano la situazione iniziale.
Ad esempio, la politica climatica favorisce lo
sviluppo di energie rinnovabili e miglioramento
dell’efficienza energetica nei paesi sviluppati.
Analisi per dimensione della sostenibilità nel 2011.
FEEM Sustainability Index – 2011
FEEM Economic Index – 2011
0.00 - 0.35 Non sostenibile
0.35 - 0.50 Poco sostenibile
0.50 - 0.65 Sostenibile
0.65 - 1.00 Molto sostenibile
FEEM Social Index – 2011
0.00 - 0.35 Non sostenibile
0.35 - 0.50 Poco sostenibile
0.50 - 0.65 Sostenibile
0.65 - 1.00 Molto sostenibile
FEEM Environmental Index – 2011
0.00 - 0.35 Non sostenibile
0.35 - 0.50 Poco sostenibile
0.50 - 0.65 Sostenibile
0.65 - 1.00 Molto sostenibile
0.00 - 0.35 Non sostenibile
0.35 - 0.50 Poco sostenibile
0.50 - 0.65 Sostenibile
0.65 - 1.00 Molto sostenibile
Fonte: World Energy Outlook 2012, International Energy Agency
Tuttavia, i costi non sono indifferenti e, inoltre,
producono attraverso l’effetto carbon leakage:
un incremento delle emissioni nei paesi
che non attuano dei regolamenti ambientali
che vanifica parzialmente il beneficio della
politica climatica.
La terza strategia (sviluppo sostenibile), invece,
nonostante l’effetto negativo sul pilastro
economico prodotto dai costi, crea un’utile
sinergia che comporta il miglioramento
degli altri pilastri e del Pil p.c., creando
quelle prerogative necessarie a uno sviluppo
durevole e sostenibile.
È evidente che si può fare meglio: una politica
climatica che coinvolgesse tutto il mondo,
ad esempio, migliorerebbe ulteriormente la
situazione. Peraltro producendo uno sviluppo
tecnologico nei paesi emergenti che, in
assenza di tale stimolo, è più difficile da
raggiungere in tempi brevi. K
Fabio Eboli è un economista ambientale della FEEM. Per
approfondire, consulta il sito http://www.feemsi.org/.
Morningstar.it 21
In Primo Piano
Un futuro a tutto gas
Di Valerio Baselli
Le nuove tecniche di perforazione dello shale gas (molto sfruttato negli Usa e
meno inquinante di petrolio e carbone) offrono buone opportunità per il futuro, ma
non sono esenti dalle critiche.
Lo chiamano shale gas, tradotto anche in gas
di scisto. Se da un lato rappresenta la nuova
speranza per l’approvvigionamento energetico
del prossimo futuro, dall’altro preoccupa non
poco gli ambientalisti. Una cosa è certa: il gas
naturale è la fonte più pulita tra quelle fossili,
a minor impatto locale e globale. La sua
combustione produce circa la metà
dell’anidride carbonica e degli ossidi di azoto
prodotti da petrolio e carbone.
Che cos’è lo shale gas
Si tratta di gas metano non convenzionale
prodotto in un giacimento roccioso. Con il
termine “non convenzionale” si fa generalmente riferimento a gas che fino a poco tempo
fa era difficilmente sfruttabile, perché
tecnologicamente complicato o eccessivamente costoso estrarlo. Lo shale gas, tra le più
promettenti fonti non convenzionali, si
trova intrappolato in accumuli di rocce
argillose a profondità comprese tra duemila e
quattromila metri.
Negli Stati Uniti lo shale gas è prodotto da
oltre trent’anni, ma in realtà il fenomeno del
gas non convenzionale ha assunto grande
rilievo e popolarità soltanto in anni recenti.
Durante il decennio 2000-2010 la produzione di
shale gas negli Usa è passata da dieci a 140
miliardi di metri cubi (per confronto, in Italia si
consumano poco più di 80 miliardi di metri cubi
all’anno), soddisfacendo da sola circa il 23%
22 Morningstar Investor Luglio / Agosto / Settembre 2013
del fabbisogno di gas naturale annuale degli
Stati Uniti. Oltre che negli Usa, importanti
risorse di shale gas si trovano in Canada, Sud
Africa e Asia (soprattutto Cina, uno dei paesi
più affamati di energia), anche se le produzioni
in queste aree sono in fase embrionale.
Anche l’Europa può contare su giacimenti di
gas non convenzionale.
Nel Vecchio continente, tuttavia, lo shale gas
non ha ancora conosciuto lo sviluppo registrato
negli Usa per diversi fattori, tra cui l’alta
densità abitativa e forse un’attenzione
maggiore al principio di precauzione. Polonia e
Ucraina sono i paesi che ci stanno puntando di
più, ma ultimamente anche la Gran Bretagna e
la Francia stanno mettendo a punto dei piani di
sfruttamento. In Germania è in corso un
dibattito molto intenso. Lo sfruttamento dello
shale gas, infatti, non è esente da punti critici.
Una tecnica di produzione criticata
Al centro delle critiche c’è il modo in cui viene
estratto, ovvero quella tecnica di produzione
denominata in inglese fracking (fratturazione
idraulica), che prevede l’iniezione nel
giacimento di un fluido alta pressione.
Tale operazione permette di creare nuove micro
fratture nella roccia e di mettere in connessione quelle preesistenti, creando una via di
fuga per il gas verso il pozzo. La principale
preoccupazione riguarda il rischio di inquina-
mento delle falde acquifere. “In realtà i
giacimenti si trovano molto al di sotto delle
falde acquifere utilizzate dall’uomo e anche il
potenziale rischio di perdite nelle porzioni
più superficiali dei pozzi è improbabile poiché
i pozzi sono completamente rivestiti di
cemento”, si legge in uno studio di Eni.
Stati Uniti pronti a esportare
L’amministrazione Obama ha recentemente
autorizzato l’esportazione di gas naturale.
Scelta non scontata, visto il dibattito
sull’opportunità o meno di condividere con altri
paesi il vantaggio competitivo derivante dalla
disponibilità di gas a basso costo, estratto da
giacimenti non convenzionali.
“Ci sono ancora molti ostacoli da superare
prima che la produzione di shale gas diventi
globale”, afferma in una nota Hugo Scott-Gall,
resposabile della ricerca tematica di Goldman
Sachs. “Nel frattempo gli Usa avranno un
vantaggio enorme nel mercato globale, visto
che gli altri paesi saranno costretti a comprare
gas da loro negli anni a venire”. K
Valerio Baselli è editor di Morningstar Italy
In Primo Piano
Quella pannocchia sembra un barile
Di Marco Caprotti
Le scelte americane sui carburanti puliti estratti da alcune materie prime
alimentari mandano alle stelle i prezzi delle granaglie.
Negli ultimi 10 anni i prezzi del mais sono
cresciuti del 181%, quelli della soia del 195%
e quelli del frumento dell’88%. Nello stesso
periodo l’indice International Monetary Fund
Food Price è salito del 134%. La vulgata
dice che queste impennate sono dovute alla
crescente richiesta dei paesi emergenti come
la Cina. In realtà ci sono motivazioni anche
in Occidente. La più importante è chiamata
Renewable Fuel Standrd (Rfs), un programma
federale americano introdotto dal congresso
Usa nel 2005 che obbliga l’inserimento di una
parte di energie pulite (derivate dai prodotti
agricoli) all’interno dei carburanti.
Da allora l’Rfs è diventato uno dei fattori in
grado di condizionare la domanda (e dei prezzi)
di molte commodity alimentari. Tanto che
l’Onu ha chiesto a Washington un ammorbidimento del provvedimento per dare una
raffreddata ai prezzi del cibo.
Non a caso il Palazzo di vetro ha puntato il dito
proprio contro gli Stati Uniti. Gli Usa sono il
maggior produttore agricolo del mondo. Secondo il dipartimento americano dell’agricoltura,
ogni tre acri di terreno, uno era destinato a
piantagioni i cui frutti venivano poi venduti
all’estero. Ma dall’introduzione dell’Rfs le
cose sono cambiate. A fare la differenza è
stato l’etanolo, un carburante a base di alcol
estratto da piante che contengono zucchero
(canna da zucchero in Brasile, grano negli Usa).
Gli Usa fanno il prezzo
Il fatto che gli Usa restino anche il maggior
esportatore di prodotti agricoli significa che
le scelte fatte a Washington hanno impatto
all’estero: negli Usa il cibo rappresenta circa il
14% del paniere dei consumi mentre per molti
paesi emergenti rappresenta il 50%. “Di solito
si dice che la crescita della classe media in
Cina (a cui si associa il cambiamento di alcuni
consumi alimentari), sia un fattore importante
nella vendita di prodotti agricoli americani”,
spiega uno studio firmato da Peter Nielsen,
analista della società di consulenza Saturna
Capital Corporation. “Tuttavia il colosso emergente, per quanto riguarda i beni di consumo
di prima necessità è autosufficiente.
Per soddisfare i suoi bisogni è diventato il
maggior importatore mondiale di fertilizzanti
a base di potassio. Tanto che le società petrolifere cinesi, quando vanno all’estero a caccia
di acquisizioni, cercano anche questo tipo di
asset. Una strategia che funziona. Fra il 2000
e il 2007, quando i prezzi dei prodotti agricoli
sono cresciuti rapidamente, la Cina ha importato meno che negli otto anni precedenti”.
L’aumento dei prezzi del cibo legato ai
mercati emergenti, quindi, sembra solo
una parte della verità. A oggi gli Stati Uniti
forniscono il 60% dell’etanolo utilizzato a
livello globale. Uno sviluppo che pesa anche
sulle tasche delle famiglie yankee. Secondo
uno studio dell’Enviromental Working Group
(un’associazione non governativa di ricerca su
temi ambientali) fra il 2005 e il 2009 il governo
federale ha dato incentivi ai contadini per
riconvertire i campi a prodotti da cui estrarre
etanolo per un totale di 17 miliardi di dollari.
Una cifra che, fra due anni, potrebbe toccare
i 54 miliardi. “Ma, a parte le tasse, il costo
economico, in termini di qualità di vita, è stato
molto forte”, dice lo studio. “Prima del 1994 il
prezzo del cibo aveva una minima correlazione
con quello dell’energia. Il collegamento è
diventato più stretto con il crescere dei sussidi
statali. Le commodity agricole oggi hanno una
volatilità simile a quella del petrolio”.
Le scelte implicite nell’Rfs hanno effetto anche su altri prodotti della terra. Sono sempre
di più gli agricoltori che decidono di abbandonare la produzione di determinate colture
per dedicarsi al mais e ottenere così i sussidi.
Nel 2007 questa coltura è aumentata del 23%
a spese soprattutto della soia che, contemporaneamente, ha aumentato il suo valore
del 75%. Ci sono poi altri effetti a cascata,
come la crescita del prezzo dei fertilizzati, dei
prodotti chimici e del consumo di petrolio per
trasportare tutto questo. Una situazione del
genere era inevitabile che creasse critiche, sia
per il costo in tasse aggiuntive che produce,
sia per gli effetti sulle nazioni più povere. K
Marco Caprotti è editor&analyst di Morningstar Italy.
Morningstar.it 23
In Primo Piano
L’energia bianca illumina l’Italia
Di Azzurra Zaglio
L’efficienza nei consumi è la sfida per governi e aziende. Ora un indice la misura.
Il Belpaese è poco competitivo. Eppure risparmiare conviene.
La nuova frontiera energetica non è soltanto
green. Benefici economici e ambientali
nascono anche dalla white economy (ossia
l’efficienza energetica). Messa a lungo in
secondo piano, a vantaggio dell’energia
da fonti rinnovabili, oggi la white economy
può essere la leva per le imprese italiane
per recuperare il passo europeo in termini
di competitività.
I miglioramenti di efficienza energetica sono
valutati mediante l’indice Odex, sviluppato
nell’ambito del progetto europeo ODYSSEEMURE, che mette in relazione il consumo
energetico per produrre beni e/o servizi con la
quantità di beni e/o servizi prodotta. Nel 2010
l’indice di efficienza energetica Odex per
l’intera economia italiana è risultato pari a 87;
era 88,2 nel 2009 e quindi il miglioramento
dell’efficienza energetica rispetto all’anno
precedente è stato di 1,2 punti percentuali
(vedi grafico).
Chi vince in efficienza
I vari settori hanno contribuito in modo diverso
all’ottenimento di questo risultato: il residenziale è quello che ha avuto miglioramenti
regolari e costanti per tutto il periodo
1990-2010; l’industria ha avuto significativi
progressi solo negli ultimi sei anni; il settore
dei trasporti, che ha mostrato andamento
altalenante, ha registrato l’incremento di
efficienza più modesto. La partecipazione
24 Morningstar Investor Luglio / Agosto / Settembre 2013
dell’industria al meccanismo dei titoli di
efficienza energetica (ossia i certificati bianchi)
è andata incrementandosi nel tempo.
Ma, l’Italia sconta un grosso deficit competitivo sui mercati internazionali dovuto al prezzo
a cui acquista l’energia dai colleghi europei,
che è di oltre il 25% in più rispetto alla media.
Dipendente dall’estero per l’84%
dell’approvvigionamento energetico, l’Italia
continua a pagare l’elettricità a costi molto
elevati: oltre 12 centesimi di euro per ogni
kilowatt orario. Per non citare il gas, il cui
surplus è ancora più alto.
A dirlo sono i dati dell’ultimo Energy Efficiency
Report condotto dall’Energy & Strategy Group
che motiva questo ritardo con la varietà e
trasversalità delle tecnologie di efficienza
energetica (dagli inverter, agli impianti di
cogenerazione, ai motori dei carichi elettrici,
fino ai sistemi di combustione) e con
l’eterogeneità del sistema industriale italiano,
tipicamente caratterizzato da una forte
presenza di piccole e medie imprese.
Gli attori
Infine, bisogna considerare la molteplicità
degli attori coinvolti in questa filiera, (quali gli
energy manager, gli Ege cioè gli esperti in
gestione dell’energia, le società di servizi
energetici chiamate Esco, gli istituti di credito
e i fornitori di tecnologie), spesso ancora poco
noti e considerati un driver di miglioramento e
semplificazione dell’iter.
In primo piano nella Sen
L’efficienza energetica può comunque essere
la leva per affrontare e sostenere queste
criticità. Tanto che la recente bozza del
Governo sulla Sen (Strategia Energetica
Nazionale) pone questo settore come primo
obiettivo strategico per il paese, sottolineando
il nesso tra energia e competitività attraverso
quattro macro obiettivi: ridurre il differenziale
di costo dell’energia fra imprese e consumatore finale, rispettare l’ambiente e preservare
le risorse disponibili, assicurare
l’approvvigionamento delle fonti energetiche
così da ridurre la dipendenza estera e,
infine, favorire gli investimenti nel settore
energetico e l’indotto per il rilancio della
crescita economica italiana.
Per il raggiungimento di tali obiettivi il
Governo ha deciso di assegnare agli operatori
che si occupano di efficienza energetica 60 dei
180 miliardi di euro complessivi destinati alle
fonti rinnovabili e ai settori tradizionali
energetici. Un contributo per permettergli di
ridurre del 24% i consumi energetici primari.
Quota che supera il 20% contemplato nel
pacchetto clima-energia approvato dall’Unione
Europea nel 2008. Il taglio dei consumi si
tradurrebbe in circa 8 miliardi di euro di
risparmio sulle importazioni e in una riduzione
di circa 55 milioni di tonnellate di anidride
carbonica emessa.
Giù le emissioni
Guardando poi fino al 2030 e al 2050, l’Italia
ha condiviso l’intento europeo di compiere una
sostanziale decarbonizzazione dell’economia,
abbattendo fino all’80% le emissioni. L’agenda
europea richiederà sforzi simili a tutti i paesi
dell’Unione, determinando quindi un mercato
interessante in cui il nostro Paese può ambire
a una posizione di leadership.
A conti fatti, ci si guadagna
Calcolando il costo medio necessario per
risparmiare o produrre un singolo kilowatt
elettrico o termico da ciascuna di queste
nuove tecnologie di efficienza e comparandolo
con il risparmio per l’approvvigionamento da
fonti tradizionali, si è visto che in termini di
convenienza “assoluta”, quasi tutte risultano
essere economicamente sostenibili, anche in
assenza di sistemi di incentivazione.
Solo i motori elettrici ad alta efficienza e i
sistemi ORC (Organic Rankin Cycle – sistemi di
cogenerazione di energia elettrica e termica)
soffrono per sostenibilità, ma il loro trend di
riduzione dei costi è comunque evidente e
migliorabile nel futuro.
Il decreto del Governo ha rinnovato anche i
benefici fiscali per gli interventi di efficienza
energetica, portandoli dal 55% al 65% e in
fase di approvazione in legge del provvedimento, saranno riviste anche le scadenze.
Il rapporto dell’Enea (l’Agenzia nazionale per
le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo
economico sostenibile) evidenzia che il
risparmio energetico ottenuto grazie agli
interventi di riqualificazione edilizia che hanno
beneficiato della detrazione sinora attuata del
55% è stata superiore, in termini di energia
primaria, a 1,4 miliardi di kilowatt orari nel
2011, che ha comportato una riduzione di
emissioni di anidride carbonica pari a 305 mila
tonnellate. Nel complesso si quantifica un
Indici di efficienza energetica (1990=100)
Industria manifatturiera
Trasporti
Residenziale
Indice efficienza totale
100
90
80
70
1990
1995
2000
2005
2010
Fonte: elaborazione ENEA su dati MSE
risparmio di oltre 10 miliardi di kWh/anno e di
più di 2 milioni di tonnellate l’anno di
emissioni di anidride carbonica (considerando
gli interventi messi a punto dal 2007 fino a fine
2013).
Barriere economiche e culturali
L’indagine ha interpellato 150 imprese e
nonostante i benefici provati esiste una
barriera significativa all’ingresso: il tempo di
ritorno dell’investimento frena e preoccupa il
71% di loro.
Se comparato con le soglie massime di
accettabilità fissate tipicamente dalle imprese
per investimenti nel settore energia (due-tre
anni), dai tre ai sette anni è sicuramente una
media molto più elevata. La ragione è spiegata
dal 40% del campione con l’indisponibilità di
capitale proprio e dal 31% con la difficoltà di
accesso ai finanziamenti bancari.
culturale e sociale. Il grado di consapevolezza
del problema energetico è ancora scarso. Dal
report emerge che solo il 22% delle imprese
adotta un approccio strutturato nella gestione
dell’energia interna con piani pluriennali
orientati alla riduzione dei consumi, mentre il
69% parla di processi di misura e controllo dei
consumi energetici ancora rudimentali.
Non mancano gli assenteisti, cioè coloro che
non attivano alcuna forma di misurazione
(15%). Inoltre, il 90% delle imprese sono state
indotte a investimenti di efficienza energetica
a causa dell’invecchiamento delle macchine e
per interventi di miglioramento del processo
produttivo, comunque non guidati da una
ricerca specifica di risparmio nei consumi e
nei costi. K
Azzurra Zaglio è editor di Morningstar Italy.
A frenare la spinta verso gli investimenti
efficienti ci sono anche barriere di natura
Morningstar.it 25
In Primo Piano
Il rinnovabile si fa a norma
Di Azzurra Zaglio
La legge sull’energia è ampia e complessa. L’Italia si prefigge l’obiettivo
del 17% di produzione da fonti alternative entro il 2020. Il mercato rimane in
costante evoluzione.
In materia di energie rinnovabili la normativa
italiana è complessa. Il Pacchetto europeo
Clima-Energia del 2008 (recante misure volte a
combattere i cambiamenti climatici e a
promuovere l’uso delle energie rinnovabili che
entro il 2020 porteranno a una riduzione del
20% delle emissioni di gas a effetto serra, a un
risparmio del 20% di energia e a un aumento,
sempre del 20%, della quota di energia da fonti
rinnovabili sul consumo finale di energia) ha
fissato per gli Stati membri obiettivi vincolanti
di produzione energetica da fonti rinnovabili,
coerentemente a quello complessivo del 20%.
L’Italia ha ricevuto come target il 17%,
raggiungibile attraverso il Pan (Piano attuativo
nazionale), che mira a razionalizzare e
adeguare i sistemi di incentivazione della
produzione di energia da fonti rinnovabili e a
incrementare l’efficienza energetica.
Il labirinto degli incentivi
Il quadro degli incentivi alla produzione di
energia elettrica da fonti rinnovabili in Italia è
intricato. Finanziati dalla collettività tramite le
bollette, costituiscono una voce di spesa
rilevante. Nel nostro sistema coesistono
diversi e numerosi meccanismi di incentivazione, alcuni fondati su regimi di mercato, altri
su regimi amministrativi.
Il più noto è quello dei Certificati Verdi (CV)
introdotti dal Dlgs 79/99 (noto come “decreto
Bersani”), che fissava al 2% la quota minima
26 Morningstar Investor Luglio / Agosto / Settembre 2013
di energia prodotta da impianti alimentati da
fonti rinnovabili a ciascun produttore o
importatore di energia elettrica da fonti
tradizionali. La quota è stata poi progressivamente aumentata di 0,35% annui nel triennio
2004-2006 e di 0,75% nel periodo 2007-2012.
I CV sono titoli annuali comprovanti la
produzione energetica nella quota fissata,
previsto per gli impianti di potenza superiore a
1 MW, mentre per quelli inferiori vige la tariffa
onnicomprensiva. Sono emessi dal Gse
(Gestore servizi energetici), colui che
determina anche il valore di mercato di
riferimento dei certificati.
Con la finanziaria del 2008 sono state
introdotte alcune novità, quali l’allungamento
del periodo di incentivazione a 15 anni (prima
erano 12), la differenziazione del certificato a
seconda della fonte rinnovabile e il prezzo. I
CV hanno però mostrato parecchi limiti
soprattutto per l’eccesso di offerta sul
mercato rispetto alla domanda di dotazione.
Così, nel 2011 il legislatore è intervenuto
prevedendo un nuovo meccanismo a tariffa
fissa per i piccoli impianti (fino a cinque MW)
e ad asta al ribasso per gli impianti più ampi.
Giro di vite
Il DM del 6/7/12 ha ridisegnato gli scenari. Il
decreto per le rinnovabili elettriche non
fotovoltaiche stabilisce nuovi meccanismi e
procedure in sostituzione della tariffa
Definizione ufficiale di
fonte rinnovabile
La legge 10/91 all’art.1 comma 3, dice che sono
fonti rinnovabili di energia o assimilate:
“Il sole, il vento, l’energia idraulica, le risorse
geotermiche, le maree, il moto ondoso e la
trasformazione dei rifiuti organici ed inorganici
o di prodotti vegetali. Sono considerate altresì
fonti di energia assimilate alle fonti rinnovabili di
energia la cogenerazione, il calore recuperabile
nei fumi di scarico e da impianti termici, da
impianti elettrici e da processi industriali, nonché
le altre forme di energia recuperabile in processi,
in impianti e in prodotti ivi compresi i risparmi
di energia conseguibili nella climatizzazione e
nell’illuminazione degli edifici con interventi
sull’involucro edilizio e sugli impianti.”
Il Dlgs n.387 del 29/12/2003, ha poi definito:
“Fonti energetiche rinnovabili, le fonti energetiche
rinnovabili non fossili.”
onnicomprensiva, la cui scadenza era prevista
a fine 2012, e per i CV. Fissa come limite
massimo di spesa annuo la soglia di 5,8
miliardi di euro e i livelli di incentivazione
previsti sono in media inferiori a quelli
pre-2013 con riduzioni stimate tra il 15 e il
30%, anche se sono previsti premi aggiuntivi
rispetto alle tariffe incentivanti di base
compresi tra 10 e 40 euro/MWh. K
Azzurra Zaglio è editor di Morningstar Italy.
L’intervista
Cinque domande a Micheal Bret (Axa IM)
Di Valerio Baselli
Valerio Baselli: Axa Investment Managers ha
recentemente pubblicato uno studio dal titolo
Energy Report – Unlocking investment
opportunities, che analizza l’investimento nel
settore energetico. In breve, quali sono le
principali opportunità?
Micheal Bret: Nel caso dei combustibili
fossili, i fornitori di servizi sono in una
posizione decisamente migliore per beneficiare
della crescita dei prezzi, rispetto ai produttori.
Per quanto riguarda invece le (poche) forme di
energia più economiche, si deve riuscire a
scovare chi è in grado di ottenere il vantaggio
competitivo relativo e quindi di offrire un buon
investimento. Basta analizzare la produzione
di gas a basso costo negli Usa: a beneficiarne
maggiormente sono i produttori chimici e
di fertilizzanti.
Per lo spread WTI-Brent, invece, la risposta è
ancora più sorprendente: sono le raffinerie a
beneficiare del differenziale, ma non i
consumatori americani. Per quanto riguarda le
energie rinnovabili, crediamo ancora che le
società vincenti siano quelle che si basano su
innovative relazioni con i clienti e su una
tecnologia all’avanguardia. Raggiungere i
potenziali clienti è una leva fondamentale per
fare il salto in questo settore.
VB: Il comparto energetico presenta delle
barriere all’investimento più solide rispetto ad
altri settori. Perché?
Secondo: le catene di valore sono lunghe e
complesse, quindi individuare le opportunità
significa analizzare approfonditamente i
processi del settore industriale.
Terzo: il quadro normativo può essere
spaventoso, se non si hanno chiari quali sono i
rischi a lungo termine e i benefici reali che
esso può comportare. Gli investitori possono
superare queste barriere se ottengono una
visione chiara di ciò che lo scenario energetico
può essere in futuro, in modo da distinguere i
problemi superabili dalle vere inversioni
di tendenza.
VB: Cosa dovrebbe tenere a mente un
investitore prima di entrare in questo settore?
MB: È fondamentale valutare l’orizzonte
temporale e l’appetito al rischio. In questo
campo i cambiamenti sono rapidi e numerosi.
Questo implica una volatilità maggiore. Quindi,
gli investitori a breve termine si possono
concentrare sulle forti tendenze attuali (gas di
scisto, carbone), ma dovrebbero essere a
conoscenza dei limiti di questi trend.
produzione variabile per alcune tecnologie,
sensibilità alla regolamentazione, resistenza ai
cambiamenti climatici. Ma ciò include anche
nuove opportunità: la ricerca di prodotti
innovativi e di altri clienti. Gli investitori hanno
bisogno di concentrarsi su queste possibilità.
Anche in questo caso, il contrasto tra breve e
lungo termine è fondamentale.
VB: Quali saranno, secondo lei, i principali
cambiamenti che il comparto dell’energia vivrà
nel prossimo decennio?
MB: L’aspetto principale riguarderà lo sviluppo
di un nuovo vasto mercato, ovvero la gestione
della nuova domanda di energia. Questo
comporta lo sviluppo di beni e servizi di
efficienza e di tecnologie in grado di anticipare
i nuovi bisogni. K
Michael Bret è direttore della ricerca tematica di Axa
Investment Managers dal 2011. Ha il compito di
definire e approfondire vasti temi finanziari in un’ottica
di lungo periodo, nonché di coordinare le attività di
analisi del gruppo. Dal 2009 al 2011 ha lavorato come
economista per l’Ocse. In precedenza, è stato
ricercatore presso il Cemmap e consulente di BNP
Gli investitori a lungo termine, invece,
possono interessarsi alle aziende che
elaborano una visione chiara e integrano
nuove e vecchie energie in un modello di
business coerente e robusto.
MB: In questo settore, le barriere possono
essere più forti per tre motivi.
VB: L’avvento delle nuove energie a scapito
delle vecchie cambierà, secondo voi,
il modo in cui gli investitori operano nel
settore energetico?
Primo: il ritmo di innovazione è molto alto (sia
nelle vecchie che nelle nuove forme di energia).
MB: Le nuove sfide presentano molti aspetti
che dovranno essere valutati: volatilità,
Paribas a Hong Kong. Laureato presso la Scuola
Superiore di Economia, Statistica e Finanza di Parigi
(ENSAE ParisTech), con dottorati conseguiti presso la
Ecole Normale Superieure, la Scuola di Economia di
Parigi e l’Università Paris six.
Valerio Baselli è editor di Morningstar Italy
Morningstar.it 27
In Primo
Asset
Allocation
Piano
La volatilità del mercato dell’energia
Di Marco Frittajon
Il rischio di trasmissione della volatilità fra il settore energetico e il mercato
finanziario è un elemento essenziale nella modellistica applicata al pricing dei
derivati e alla gestione di portafoglio.
L’economia è in evoluzione e in evoluzione
sono anche i mercati finanziari, che hanno la
capacità di adattarsi e di captare la nuova
domanda nella forma di nuovi business, nuove
tecnologie, ecc. Così anche nel campo
dell’energia, capire come il settore si evolve
nel tempo per necessità di tipo strutturale
oppure per influenze o effetti di contagio finanziario, è fondamentale per una buona gestione
dei capitali di investimento.
Trasmissione della volatilità nel
mercato del petrolio
Il cambiamento del prezzo del petrolio ha
effetto sull’attività economica e sui mercati
finanziari attraverso diversi canali di trasmissione. Gogineni (2010) mette in luce gli effetti
sul lato dell’offerta e della domanda:
per esempio come questi incidano sulla
disponibilità, sui fattori di produzione di base e
sui costi di investimento, sui rapporti di
scambio fra produttori e consumatori, sulle
strutture produttive aziendali e quindi
sull’occupazione. L’impatto delle oscillazioni
del prezzo del greggio non è inoltre uguale in
tutti i settori dell’economia.
Esse possono influenzare diverse aziende in
alcuni settori dal lato dell’offerta, ma altri dal
lato della domanda. L’intensità dipende dalla
misura in cui esso serve come input oppure
come output, o dalla sua esposizione a effetti
indiretti del prezzo del petrolio. Dipende anche
28 Morningstar Investor Luglio / Agosto / Settembre 2013
dal livello di concorrenza o di concentrazione
e dalla capacità di assorbire e trasmettere il
rischio di prezzo ai consumatori finali.
La questione della trasmissione di volatilità
tra i prezzi del petrolio e il comparto azionario
è fondamentale per la diversificazione
del portafoglio, per la gestione del rischio
energetico e in particolare per le decisioni di
politica energetica di settore.
In Arouri, Lahiani e Nguyen (2012) lo studio
degli effetti di spillover della volatilità a livello
settoriale consentirebbe di comprendere
meglio le dinamiche dei diversi settori in
risposta ai movimenti di prezzo del petrolio,
nonché di evitare gli effetti di compensazione
a causa dell’uso di indici di mercato. L’utilizzo
di un modello bivariato VAR-GARCH permette
di analizzare la volatilità a livello incrociato
fra settori e ottenere pesi ottimali e rapporti di
copertura con cui costruire portafogli di titoli
diversificati e strategie di investimento.
Il modello, in breve, è il seguente. Sia la componente VAR (per modellare i rendimenti), sia
quella GARCH (per la volatilità) sono di ordine
uno, quindi semplici ma flessibili. La varianza
s
condizionale del comparto azionario (h t) può
dipendere dal proprio passato e dai residui,
ma anche da quelli del settore energetico.
Similmente la varianza condizionale del seto
tore del mercato del greggio (h t) può dipendere
solo dal proprio passato (o dipende dai casi). E’
attraverso l’architettura di queste componenti
che si coglie la trasmissione di volatilità da un
mercato all’altro. Il metodo di stima è di quasi
massima verosimiglianza, poiché robusto e
permette buoni risultati anche quando le
serie dei rendimenti non sono distribuite in
modo gaussiano.
Una volta che il modello VAR(1)-GARCH(1,1)
è stimato, si possono ottenere le serie delle
varianze e le covarianze condizionali per
estrarre i pesi ottimali e i rapporti di copertura
per avere un portafoglio hedgiato. In questo
modo l’investitore è in grado di misurare
quanta porzione di capitale può esporre ai
titoli del mercato del petrolio, minimizzando il
rischio e controllando il livello di rendimento
atteso. Kroner e Ng (1998) dimostrano che i
pesi ottimali sono una funzione delle varianze
e della correlazione (hsot) condizionali:
Wos, t
=
h st – h ost
h ot – 2h ost + h st
con il vincolo che sia fra zero e uno. Il rapporto
di copertura ottimale per un portafoglio
efficiente è determinato dall’indice beta
(Kroner e Suktan, 1993), misurato come rapporto fra correlazione e varianza del greggio,
ßos,t =(host ⁄ h ot ). La copertura, quindi, sarà la
medesima: 1 euro (posizione lunga) su
comparto azionario e ßos,t euro (posizione
Fig. 1 Correlazioni condizionali
che variano nel tempo, tratte
dal modello Garch nella
specificazione DCC fra il settore
delle energie alternative
(ECO), il petrolio (OIL) e quello
tecnologico (PSE).
Correlations between ECO and Oil
.8
.6
.4
.2
0
-.2
01
02
03
04
05
06
07
08
09
10
Correlations between ECO and PSE
1.0
0.9
0.8
0.7
0.6
0.5
01
02
03
04
05
06
07
08
09
10
Correlations between ECO and PSE
0.6
0.4
0.2
0
- 0.2
01
02
03
04
05
06
07
08
09
10
Fonte: Elaborazione Morningstar
corta) sul mercato del greggio, ad esempio
vendendo allo scoperto contratti futures.
Secondo Arouri, Lahiani e Nguyen, la trasmissione della volatilità fra settori azionari e
mercato del petrolio è bidirezionale.
In aggregato si noterebbe un effetto di
trasmissione dal mercato azionario verso
quello del greggio nella maggioranza dei casi.
Un ulteriore e più approfondito livello di anali-
si dovrebbe essere lo studio a livello di singola
azienda e quindi in aggregato della capacità
ed efficacia delle policy di risk management
attuate proprio in merito al rischio greggio.
Trasmissione della volatilità nelle
rinnovabili
Il mercato delle fonti energetiche rinnovabili
nell’ultimo decennio è diventato sempre
più interessante, con livelli tendenziali di
crescita notevoli, anche se non sono mancati
periodi di contrazione.
Ad ogni modo, sembra che il futuro veda
necessariamente un ridimensionamento delle
fonti energetiche fossili, ma anche del nucleare (si pensi al dibattito post Fukushima), per
un aumento nel mix di produzione energetica
delle fonti “alternative”. Inoltre big players
come Goldman Sachs hanno da tempo accelerato gli investimenti in questo settore.
Capire le relazioni fra mercato dei capitali e
questo segmento è quindi strategico per impostare una corretta gestione delle attività di
investimento che possa cogliere questo trend
di cambiamento strutturale nella produzione e
quindi nell’approvvigionamento energetico.
Non esistono molti studi in questo nuovo
settore, ma già Henriques e Sadorsky (2008)
trovano che gli shock sul settore tecnologico
hanno un considerevole impatto sulle azioni
delle società che producono energia alternativa. L’impatto sarebbe anche maggiore di
quello del greggio. Lo studio poggia su basi
solide, poiché il successo o il fallimento di
queste società spesso dipende proprio dal
successo o meno delle tecnologie che esse
pongono in essere.
mentali per la formazione di portafogli ottimali
e rapporti di copertura.
Nella fattispecie, il modello (simile a quello
visto per il mercato del petrolio) è un
VARMA-GARCH(1,1) che permette di modellare i rendimenti (attraverso la componente
VAR) e le varianze/covarianze nel tempo
(la componente GARCH). Un elemento che
emerge è la relazione fra settore delle
rinnovabili e quello tecnologico. In particolare
esisterebbe una elevata correlazione fra le due
classi di investimento.
L’investitore allora potrebbe argomentare che
in tale situazione ci potrebbe essere un effetto
di sostituzione fra le due asset class. Infatti,
essendo i titoli del settore energetico alternativo più rischiosi dei corrispettivi del comparto
tecnologico, ed essendo altamente correlati,
l’investitore razionale ottimizzerebbe al meglio
le proprie risorse finanziarie investendo solo
sui tecnologici. Tuttavia, investire in energia
significa favorire società specializzate nella
produzione di beni nuovi e di prodotti legati ad
un nuovo sfruttamento energetico.
Questi prodotti fungono da input in attività
economiche nuove e quindi partecipano ad
evolvere il processo produttivo, con orizzonte
di lungo periodo. Le società tecnologiche producono beni di consumo che generalmente alimentano una domanda già esistente (si pensi
al nuovo modello di smartphone, al televisore
3D, ecc). Quindi investire in società del settore
delle energie alternative significa colmare il
gap fra innovazione, adozione e diffusione di
nuove tecnologie energetiche. K
Marco Frittajon è research analyst indipendente
Per analizzare la trasmissione della volatilità
fra i vari mercati di riferimento, ovvero fra
quello delle energie alternative, quelle fossili
e il comparto tecnologico, un recente studio
di Sadorsky (2012) utilizza una modellistica
di tipo GARCH multivariato al fine di cogliere
come le volatilità e le correlazioni variano nel
tempo e quindi ottenere le informazioni fonda-
Morningstar.it 29
In Primo Piano
La Borsa pesca nei pozzi petroliferi
Di Francesco Lavecchia
Mercato del greggio sotto pressione. Il prezzo del gas naturale,
invece, beneficia del calo della produzione e delle riserve.
Le migliori idee di investimento secondo Morningstar.
Il mondo pensa green, ma le Borse non smettono di sorridere al petrolio. Nonostante il
mercato sembri aver adeguatamente valutato
le dinamiche future del settore (la media del
rapporto fra valore e prezzo obiettivo è di 0,9)
le occasioni di investimento non mancano e
il segmento che presenta i migliori margini
di apprezzamento è quello cosiddetto E&P
(esplorazione e produzione di greggio e gas).
CNOOC, l’investitore ringrazia il Governo
Il gruppo cinese è partecipato dal Governo
per il 64% del capitale sociale. E il controllo
30 Morningstar Investor Luglio / Agosto / Settembre 2013
da parte dello Stato, a nostro avviso, è il
principale punto di forza della società. Grazie
ad esso, infatti, CNOOC (Ceo) detiene il
diritto di esclusiva nell’avviare partnership
con operatori stranieri per la produzione di
petrolio e gas offshore (i cosiddetti Production
sharing program).
Questo, da una parte riduce i rischi e i costi
del progetto che vengono così condivisi con
l’azienda partner e, dall’altra, permette al
gruppo cinese di apprendere diversi meccanismi di gestione e nuove tecnologie che poi
sfrutta sul mercato interno. Il gruppo, inoltre,
beneficia anche dell’ostruzionismo da parte
del Governo di Pechino all’ingresso di nuovi
operatori esteri, anche se questo vantaggio
dovrebbe progressivamente annullarsi
per effetto dell’adesione della Cina alle
regole del mercato previste dal Wto (World
trade organization).
Pechino, poi, garantisce un accesso
agevolato al credito e sgravi fiscali alle
aziende partecipate dallo Stato che
decidono di espandersi all’estero. CNOCC ha
Tabella: Le migliori idee di Morningstar
Nome
Ticker
Domicilio
Sottosettore
Valuta
Market Cap
(Mid)
Fatturato
(Mil)
Halcon Resources Corp
HK
Usa
Oil & Gas - E&P
USD
2.13
247.00
Suncor Energy Inc
SU
Canda
Oil & Gas - Integrato
USD
46.82
38,782.77
Economic Moat
Prezzo/
Prezzo Obiettivo
P/EPS
atteso
0.48
13.28
Medio
0.6
10.19
Assente
HollyFrontier Corp
HFC
Usa
Oil & Gas - Raffineria
USD
8.99
20,090.00
Medio
0.75
6.78
CNOOC, Ltd.
CEO
Hong Kong
Oil & Gas - E&P
USD
78.08
39,745.60
Medio
0.77
10.12
Schlumberger NV
SLB
Usa
Oil & Gas - Services
USD
97.58
42.321
Ampio
0.84
12.87
Fonte dati: Morningstar Direct, dati al 19 giugno 2013.
recentemente acquisito la canadese Nexen.
Un’operazione di strategica importanza sia per
le sue attività in Regno Unito, Africa e Golfo
del Messico sia per la necessità del gruppo
cinese di aumentare la sua produzione e le
riserve di greggio.
Ci aspettiamo che Ceo prosegua su questa
strada, data la scarsa possibilità di trovare
nuovi giacimenti sul territorio nazionale e la
facilità di reperire capitali attraverso gli aiuti
di Stato. Secondo i nostri analisti il mercato
sta scontando oltremodo il negativo impatto
del rallentamento dell’economia del Dragone
sulla domanda di gas e petrolio e ne raccomanda l’acquisto.
Suncor, il buono dell’integrazione
La società canadese nata dalla fusione tra
Suncor e Petro-Canada, è quello che si chiama
un operatore integrato nel settore energetico.
E’ attiva sia nel segmento upstream, ovvero
nell’esplorazione e produzione di gas naturale
e petrolio, grazie ad attività offshore (su
piattaforme a largo dei mari) e onshore (sulla
terraferma) in Canada, Regno Unito, Siria e
Libia, che in quello downstream, cioè nelle
attività di lavorazione e raffinazione
del prodotto grezzo, deposito, stoccaggio e
commercializzazione.
Secondo i nostri analisti la natura delle
attività del gruppo canadese e il suo grado
di integrazione sarebbero gli elementi chiave
che gli permetterebbero di mantenere un
livello di profittabilità superiore alla media
del settore. Suncor, infatti, ha un consistente
portafoglio di giacimenti di bitume, sia in situ
(quelli ricavati dalla trivellazione del suolo)
che minerari, che si distinguono per la lunga
durata della loro vita produttiva e per il basso
rischio esplorativo.
L’integrazione dell’attività di raffineria a quella
di estrazione e produzione di greggio permette
a Suncor, diversamente da quanto succede
per i suoi competitor, di poter vendere circa
il 90% del suo prodotto raffinato ai prezzi
internazionali, generalmente più alti di quelli
interni, mantenendo costi di produzione a
livelli concorrenziali e realizzando quindi
margini di profitto superiori alla media. La
nostra valutazione del titolo, pari a 52 dollari
canadesi, dipende in maniera determinante
dalle aspettative sull’andamento futuro del
prezzo del gas e del greggio e spinge i nostri
analisti a raccomandare l’acquisto del titolo.
Halcon Resources, strategia “grow
and sell”
Halcon Resources è una società molto giovane.
E’ nata nel 2012 da un’operazione di ricapitalizzazione di RAM Energy che ha visto come
protagonista assoluto Floyd Wilson, il quale
ha reinvestito in Halcon i capitali ottenuti
dalla vendita della Petrohawk, società di cui è
stato il fondatore. Ora Wilson è l’Ad di Halcon
e tutto, comprese le sue dichiarazioni, fa intuire che voglia replicare la strategia adottata
in passato per Petrohawk: ovvero quello di far
crescere e valorizzare gli asset dell’azienda
per poi venderli al miglior offerente tra i big
del settore energetico. I risultati conseguiti in
passato da Wilson e la decisione di assumere
molti direttori provenienti dalle fila della Hawk
Field (il segmento midstream della Petrohawk)
fanno ben sperare sul successo di questa
operazione.
Ma il nostro ottimismo sul titolo dipende dal
fatto che Halcon ha un portafoglio di attività
sufficiente a determinare un valore minimo,
al di sotto del quale il mercato non dovrebbe
prezzare il titolo, oltre a numerosi altri giacimenti ancora in fase iniziale di esplorazione.
Inoltre, grazie ad una liquidità di circa 700
milioni di dollari, Suncor detiene risorse finanziarie sufficienti per continuare ad arricchire il
suo portafoglio con nuovi asset.
HollyFrontier mette lo zampino tra Wti
e Brent
HollyFrontier nasce dal matrimonio di due
aziende, Holly e Frontier, ed è ora una delle
principali raffinerie indipendenti degli Stati
Uniti. Il punto di forza del gruppo americano è
la sua posizione geografica. I cinque centri di
produzione di cui è proprietaria sono collocati
negli stati centrali degli Usa.
Questo le permette di beneficiare a pieno del
differenziale tra le quotazioni del petrolio sulla
Borsa di New York (Wti) e quelle sul listino
londinese (Brent). Storicamente il greggio
americano è scambiato a prezzi più elevati
Morningstar.it 31
In Primo Piano
rispetto a quello londinese perché considerato
più pregiato, ma dal 2010 si è registrata una
brusca inversione di tendenza. A causarla
sono stati il forte calo della domanda dell’oro
nero, seguita alla negativa congiuntura
economica in America, e lo sbilanciamento del
mercato statunitense sul lato dell’offerta.
Schlumberger è leader nel mercato russo,
dove riesce a sfruttare una rete di relazioni
con le società petrolifere del paese costruita
intelligentemente nel tempo, ed è ben posizionata per catturare la crescente domanda
proveniente dai mercati emergenti di America
latina, Africa, Medio Oriente e Asia.
L’allargamento di questo spread ha garantito
un enorme vantaggio di costo per HollyFrontier,
che ha potuto comprare la materia prima a
prezzi più bassi rispetto ai concorrenti.
Questo dovrebbe compensare le debolezze del
mercato interno, dove il prezzo del greggio è
frenato da un eccesso di offerta, permettendo
al gruppo americano di crescere ad un ritmo
del 7% per i prossimi cinque anni e di migliorare il margine operativo portandolo sopra il
20 nel 2017. K
Recentemente, il differenziale tra le due
quotazioni si è ridotto, anche se continua ad
essere abbondantemente sopra i suoi livelli
storici. Questo risparmio in termini di costo
si traduce in elevati margini di profitto e in
nuovi investimenti per l’espansione della sua
capacità produttiva.
La nostra valutazione si basa sulle aspettative circa la profittabilità futura della società
americana che, anche nei prossimi cinque
anni, riuscirà a mantenere un margine
operativo superiore al 10% e un valore medio
del rendimento del capitale (ROI) al di sopra
del 20%.
Schlumberger punta sull’R&D
Un titolo del segmento Oil & Gas Services che
gli analisti considerano molto interessante è
Schlumberger. Al momento le sue quotazioni
si aggirano attorno ai 70 dollari, ma la società
americana ha forti potenzialità di crescita
grazie alla sua posizione di vantaggio
all’interno del settore e alla sua esposizione
ai mercati emergenti.
Diversamente dai suoi competitor, Schlumberger riesce a guadagnare fette di mercato grazie alla sua offerta di servizi ad alto
contenuto tecnologico. Il suo investimento in
Ricerca e Sviluppo è tra i più alti del settore e
la sua strategia di fusioni e acquisizioni è
orientata verso il settore high-tech e
in particolare a quelle società di piccole
dimensioni i cui software possono essere
integrati facilmente nei loro prodotti.
32 Morningstar Investor Luglio / Agosto / Settembre 2013
Francesco Lavecchia è stock analyst di Morningstar
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Analisi Morningstar
Fondi azionari energia, poche medaglie
Di Dario Portioli
Perché scegliere un fondo settoriale. Quali criteri utilizzare per la selezione. Cosa
dice il Morningstar Analyst Rating.
Gli investitori che concentrano l’attenzione sul
settore dell’energia ritengono che questo
abbia delle potenzialità superiori alla media
oppure preferiscono scegliere più fondi
specializzati anziché uno generalista. Inseriti in
un unico portafoglio, questi ultimi possono
dare luogo a un risultato simile in termini di
diversificazione. Il vantaggio di questo
approccio è quello di poter puntare ai
migliori gestori di ogni singolo segmento;
l’aspetto negativo è legato ai maggiori costi
di transazione.
Adottando questo secondo approccio, dunque,
l’aspetto centrale è il criterio con cui si decide
quale fondo è migliore di altri. Nel caso di
Morningstar, la risposta a questa domanda
è un mix di elementi quantitativi e qualitativi
che trovano la sintesi nel Morningstar
Analyst Rating.
Niente gold
Per quanto riguarda il settore dell’energia,
concentriamo l’attenzione solo sui fondi
distribuiti in Italia e solo su quelli che hanno
ricevuto un Morningstar Analyst Rating (vedi
tabella). Il primo aspetto che notiamo è
l’assenza di prodotti “Gold”. Questo risultato
non ci sorprende, in quanto il nostro team di
analisti non mira ad avere una scala di rating
simmetrica, né ad avere almeno un fondo per
ogni possibile giudizio (Gold, Silver, Bronze,
Neutral, Negative). Nel caso esaminato,
Fondi con Morningstar Analyst Rating che investono nell’energia
Nome Fondo
Morningstar
Analyst Rating
Rendimento
a 3 anni (annualiz.)
Dev.Std.
3 anni
Categoria Azionari Settore Energia
BGF World Energy E2
Silver
2.02
19.01
CS SICAV (Lux) Equity Energy B
Bronze
2.32
18.32
ING (L) Invest Energy X EUR Acc
Neutral
4.44
17.68
Schroder ISF Global Energy A
Neutral
-3.87
22.30
Parvest Equity World Energy C C
Negative
6.01
16.64
Investec GSF Glbl Energy A Acc Grs EUR
Under Review
2.25
19.22
Categoria Azionari Settore Energie Alternative
RobecoSAM Smart Energy B EUR
Bronze
-1.82
11.53
BGF New Energy E2
Bronze
-2.53
10.96
Sarasin New Power Fund A
Neutral
-6.15
13.58
Investec GSF Glbl Energy A Acc Grs EUR
Under Review
2.25
19.22
MSCI World NR USD
-
11.29
9.56
dunque, le alternative migliori sono quelle che
hanno rating Silver e Bronze, entrambi giudizi
positivi anche se con diverse gradazioni.
Nella tabella riportiamo anche tre fondi
Neutral (per i quali non esprimiamo una
particolare convinzione né in positivo, né in
negativo) e un fondo Negative.
osservati, è che il fondo sottoperformi la
media di categoria. Infine, il fondo con rating
“under review” ha subito un cambio di team
di gestione.
Nelle pagine seguenti, mostriamo due esempi
di “fund analysis”. K
Dario Portioli è senior fund analyst di Morningstar
Nei confronti di quest’ultimo, la nostra
aspettativa, sulla base dei fondamentali
Morningstar.it 35
Pagina 1 di 4 | MorningstarResearch Report
Credit Suisse SICAV (Lux) Equity Energy B
Indice della categoria Morningstar
MSCI World/Energy NR USD
13.0
Morningstar Analyst Rating™
Crescita di 10.000 (EUR)
12.0
´
11.0
Fondo
10.0
Benchmark
9.0
Categoria
8.0
7.0
Maximilian Kreitlmeier
Morningstar Analyst
6.0
Sintesi
Persone: Gestito da Wellington. Undavia è
da diversi anni il responsabile.
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
2012
-
-
-
(
)
&
(
*
&
-
-
-
17.44
-49.98
48.68
16.35
-9.13
1.15
5.14 Rendimento tot
-
-
0.38
-15.13
26.38
-3.30
-12.64
0.84
-3.33 +/- Indice Cat
0.00 +/- Categoria
-
-
-
-1.64
-5.28
9.42
-2.52
1.01
4.27
-
-
-
58
81
24
65
42
20
Morningstar Opinion
Processo: Strategia comprovata e di
successo. Le azioni vengono scelte con un
approccio bottom-up.
12 dic 2012 | Credit Suisse Equity Energy è efficace per i
suoi investitori nonostante gli elevati costi di gestione.
Prezzo: I costi del fondo sono più alti rispetto
alla mediana di categoria.
Per chi è adatto: Ruolo di nicchia. Gli
investitori possono decidere di utilizzare
questo prodotto come satellite nel portafoglio.
I fondi di settore sono più volatili rispetto agli
altri a causa della concentrazione in poche
industrie.
Morningstar Style Box®: Ownership Zone
Giant
Large
Mid
Small
Questo fondo viene gestito in delega dalla società
statunitense Wellington e coordinato personalmente dal
manager Nilesh Undavia, uno specialista che opera da
numerosi anni nel settore energetico. Da luglio 2001 ad
agosto 2009, è stato responsabile di Clariden Leu (Gue)
Energy Equity, a sua volta fuso, nel frattempo, nella
versione lussemburghese di Credit Suisse. Combinando la
storia di entrambi i fondi, emerge che Undavia, alla fine
del novembre 2012, è in grado di battere la media della
categoria Morningstar Azionari Settore Energia, nonché il
benchmark.
Undavia investe contemporaneamente tanto nelle
multinazionali petrolifere quanto in tutti i processi che
compongono la catena del valore del settore energetico:
riserve petrolifere, produzione e raffinazione del greggio,
attrezzature o trasporti. Il sotto-settore integrato del
petrolio e del gas, che comprende società come Exxon
Categoria Morningstar
Benchmark del fondo
Data di Partenza
Dividendo a 12 mesi %
Micro
Deep Val Core Val Blend
( Cat Perf Quartile
-
Società: La gestione di fondi ha un ruolo
relativamente contenuto nelle operazioni
globali di Credit Suisse.
Performance: In un’ottica di lungo periodo,
si registrano buone performance frutto delle
scelte strategiche.
YTD Performance31/05/13
Core Grth High Grth
Centroide: media ponderata dei titoli del fondo
Area: 75% dei titoli del fondo
(Dati al 31/03/13)
36 Morningstar Investor Luglio / Agosto / Settembre 2013
Azionari Settore Energia
100% MSCI World/Energy NR USD
24/02/2006
0.00
58 % Percentile categoria
Mobil, che pesa per il 60% nel benchmark, viene
costantemente sotto pesato dal gestore.
Il gestore, invece, preferisce puntare su società più piccole
e su altri sotto-settori. Per questo motivi, la performance
può discostarsi in modo significativo dal benchmark, come
nel 2010, quando il fondo è rimasto indietro a seguito del
rally dei colossi del settore come Chevron o Royal Dutch
Shell. Anche il 2008 è un anno da dimenticare, a causa
del maggior peso assegnato alle aziende russe come
Gazprom , Lukoil e Transneft. Tuttavia, nel lungo periodo,
questo approccio distintivo ha pagato.
Undavia è molto esperto ed è coadiuvato da cinque
specialisti dedicati al settore dell’energia, nonchè dalla
più ampie risorse di ricerca di Wellington. La società
americana è nota infatti per il suo forte e consolidato
orientamento alla ricerca.
Per questo motivo, anche se i costi restano al di sopra
della mediana di settore, il nostro Morningstar Analyst
Rating è Bronze.
ISIN
Domicilio
Stato legale
Valuta di base
Attivo netto totale
LU0240067867
LUSSEMBURGO
SICAV
USD
USD 233.23 Mil
Pagina 3 di 4 | MorningstarResearch Report | All Portfolio data as of 31/03/13
Credit Suisse SICAV (Lux) Equity Energy B
Rel Cat
10.54
0.65
1.16
4.64
2.50
0.91
0.71
0.80
0.85
1.04
Indici di Crescita
Long-Term Earnings
Historical Earnings
Sales
Flussi di Cassa
Book Value
Fondo
8.31
-2.67
7.35
4.70
-9.28
Rel Cat
3.54
-0.18
1.58
0.94
-0.72
Capitalizzazione media
USD27513.61 Mil
Morningstar Holdings Based Style Map
Processo: Portafoglio
Negli ultimi mesi Undavia ha inserito nuove azioni nel
portafoglio: Alpha Natural Resources ad agosto, Consol
Energy e Whiting Petroleum a settembre, così come anche
Banpu Public Company e Diamondback Energy ad ottobre.
Da contro nel mese di settembre,il team ha venduto
Surgutneftegaz e Vantage Drilling. Le azioni del
portafoglio sono distribuite in maniera ampia sui diversi
settori del campo integrato del petrolio e delle società di
gas: dalla produzione e sviluppo, raffineria , attrezzature
ed accessori, approvvigionamento , fino allo stoccaggio e
alla trasmissione. La ponderazione sarà scelta dal
manager nel modo più opportuno per differire solo
parzialmente dal benchmark. Undavia ha sempre
sottopesato il settore integrato del petrolio e delle società
Allocazione dell'attivo
Azioni
99.52
0.00
99.52
0.00
0.00
0.00
Obbligazioni
Large
0
25
50
7.80
7.32
0.48
Altro
0.00
0.00
0.00
Fondo
Categoria
75 100
Sen
Mid
Liquidità
Sector Delta
ivo
net %
ens
long % short %
Dif
Giant
% dell'attivo
del gas rispetto al peso in benchmark del 60%. Fino a fine
novembre 2012, il sotto-settore integrato aveva un livello
di ponderazione del 43%, a seguire c’erano esplorazione
e produzione con un 29,86 % e la raffinazione con un
12,43%; per questo motivo il manager ha effettuato
acquisti tra 60 e 100 titoli con un livello di ponderazione
di ciascuno non superiore al 5 %. Va ricordato inoltre che
Undavia investe fino al 20% in titoli emergenti; inoltre, il
gestore può anche inserire in portafoglio investimenti nel
settore delle energie rinnovabili.
ile
Fondo
P/EPS
P/S
P/B
Price/Cash Flow
Rendimento del
dividendo%
MSCI World/Energy NR USD
sib
Indici di Valore
Indice della categoria Morningstar
Ciclico
Small
Micro
Titoli principali
Deep Val Core Val Blend
Core Grth High Grth
Centroide: media ponderata dei titoli del fondo
Area: 75% dei titoli del fondo
(Dati al 31/03/13)
Prime 5 Regioni
Stati Uniti
Canada
Europa Occidentale - Euro
Regno Unito
America Latina e Centrale
Paesi principali
STATI UNITI
CANADA
REGNO UNITO
FRANCIA
ITALIA
Grado di maturità del mercato
Paesi Sviluppati
Mercati Emergenti
Non Classificato
% Azioni
40.22
16.19
15.08
12.31
4.75
% Azioni
40.22
16.19
12.31
6.67
5.68
%
dell'attivo
31-03-13
Esposizione settoriale
% Azioni
Rel Cat
q Ciclico
3.31
0.49
r Materie Prime
3.31
0.58
t Beni di Consumo Ciclici
0
0
y Finanza
0
0
0
0
96.69
1.06
0
0
96.02
1.08
0.67
0.39
Total SA
6.64
Eni SpA ADR
4.99
BP PLC ADR
4.17
Suncor Energy Inc
4.14
u Immobiliare
BG Group PLC
3.55
w Sensibile
i Telecomunicazioni
Royal Dutch Shell PLC ADR Class B
3.30
Anadarko Petroleum Corp
3.21
Petroleo Brasileiro SA Petrobras ADR
3.02
Canadian Oil Sands Ltd
2.89
a Tecnologia
0
0
Apache Corporation
2.60
e Difensivo
0.00
0
Numero totale di titoli
71/0
s Beni Difensivi
0
0
d Salute
0
0
f Servizi di Pubblica Utilità
0
0
Concentrazione primi 10 titoli
38.51
o Energia
p Beni Industriali
% Azioni
88.32
11.68
0.00
Morningstar.it 37
Pagina 1 di 4 | MorningstarResearch Report
Parvest Equity World Energy ClassicCapitalisation
Indice della categoria Morningstar
MSCI World/Energy NR USD
35.0
Morningstar Analyst Rating™
Crescita di 10.000 (EUR)
30.0
Á
Fondo
25.0
Benchmark
20.0
Categoria
15.0
Jeffrey Schumacher, CFA
Morningstar Analyst
10.0
Sintesi
Persone: Dopo il susseguirsi di quattro
manager in 7 anni, da gennaio 2013 è il turno
di Greg Buckley.
Società: BNP PARIBAS potrebbe migliorare
riguardo la sua considerazione degli interessi
degli investitori.
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
2012
(
*
*
&
(
*
(
&
(
13.41
50.85
9.21
44.21
-47.69
34.86
17.72
-2.35
-1.70
7.94 Rendimento tot
-5.46
2.50
3.79
27.14
-12.85
12.57
-1.93
-5.86
-2.00
-0.53 +/- Indice Cat
-4.59
-0.31
1.41
25.13
-3.00
-4.40
-1.16
7.79
1.42
2.80 +/- Categoria
73
47
40
1
69
49
60
18
53
Morningstar Opinion
17 mag 2013 | Questo fondo non offre valore aggiunto.
Processo: Un modello quantitativo
rappresenta il cuore della strategia.
Performance: Rispetto alla categoria, la
performance è ragionevole, mentre il
benchmark è avanti.
Prezzo: I costi del fondo sono in linea con la
mediana della categoria.
Per chi è adatto: Ruolo di nicchia. Il focus su
uno specifico settore riduce la diversificazione
del rischio; dunque, il fondo è adatto come
complemento a un portafoglio ben
diversificato.
Morningstar Style Box®: Ownership Zone
Giant
Da gennaio 2013 Greg Buckley è gestore del Parvest Equity
World Energy Fund. E’ il quarto manager in 7 anni e il
continuo cambio della guardia ha un effetto negativo; dal
nostro punto di vista un team stabile è essenziale per il
successo in un orizzonte temporale medio lungo.
George Buckley ha le conoscenze necessarie in quanto
analista del settore energetico, ma le sua esperienza di
gestore è limitata. Buckley gestisce anche altri fondi
utilities e materie prime, senza però un contributo
significativo da parte di altri analisti. Per questo, secondo
noi, la mole di lavoro è eccessiva.
Un ruolo centrale è giocato dal modello quantitativo,
utilizzato anche da altri team di settore di BNP Paribas;
tuttavia, offre poche possibilità di analisi in quanto è uno
strumento settoriale che si basa su tre pilastri: qualità,
valutazioni e momentum.
Large
Mid
Small
Micro
Deep Val Core Val Blend
Core Grth High Grth
YTD Performance31/05/13
2004
Buckley procede con uno screening ogni settimana e
investiga sui nomi segnalati come interessanti dal
modello.
Categoria Morningstar
Benchmark del fondo
Data di Partenza
Dividendo a 12 mesi %
Centroide: media ponderata dei titoli del fondo
Area: 75% dei titoli del fondo
(Dati al 30/04/13)
38 Morningstar Investor Luglio / Agosto / Settembre 2013
Azionari Settore Energia
17/05/2013
0.00
* Cat Perf Quartile
34 % Percentile categoria
La capitalizzazione di mercato minima è di 2 miliardi di
euro, per cui il portafoglio è fondamentalmente composto
di azioni large value e growth. Il fondo punta a generare
rendimenti attraverso la selezione delle singole azioni,
mantenendo invece un peso neutrale rispetto al
benchmark per quanto riguarda l’esposizione geografica
e i sotto-settori. Ciò porta a un portafoglio che non si
discosta molto dall’indice, con un active share del 35%
nell’aprile 2013.
Buckley non ha abbastanza esperienza in ambito di
gestione per poter venire giudicato; comunque nel lungo
periodo questo fondo non ha riscontrato performance
rimarcabili.
Il focus sulle grandi capitalizzazioni ha portato a risultati
in linea con la categoria, ma se paragonato con il MSCI
World Energy 10/40 registra una sottoperformance ( -5,88
punti percentuali annualizzati su 5 anni).
In conclusione, visto il modesto grado di gestione attiva,
gli investitori sarebbero più sicuri con un ETF; abbiamo
dunque deciso di assegnare un rating Negative in
considerazione dei continui avvicendamenti alla gestione,
nonchè per le performance mediocri.
ISIN
Domicilio
Stato legale
Valuta di base
Attivo netto totale
LU0823414635
LUSSEMBURGO
SICAV
EUR
EUR 214.63 Mil
Pagina 3 di 4 | MorningstarResearch Report | All Portfolio data as of 30/04/13
Parvest Equity World Energy ClassicCapitalisation
Rel Cat
11.67
0.78
1.51
5.52
3.00
1.00
0.85
1.04
1.02
1.25
Indici di Crescita
Long-Term Earnings
Historical Earnings
Sales
Flussi di Cassa
Book Value
Fondo
6.36
3.78
3.87
8.93
7.48
Rel Cat
2.71
0.26
0.83
1.78
0.58
Capitalizzazione media
EUR47638.26 Mil
Morningstar Holdings Based Style Map
Processo: Portafoglio
Il portafoglio è composto principalmente da società
presenti nel benchmark, il cui peso però può essere minore
o superiore a seconda delle opinioni del gestore. L’active
share, una misura del grado di gestione attiva, nei
confronti dell’indice MSCI World Energy 10/40 è pari al
35 % nel mese di aprile; messo in relazione con gli altri
fondi della categoria, il portafoglio risulta essere
sovrappesato rispetto alle azioni large-cap, in
conseguenza del processo di investimento adottato. Il
portafoglio ricade nel quadrante del large-cap value, ma
contiene al suo interno sia azioni “value” che azioni
“growth”. Le tipiche azioni value includono per esempio
titoli come BP,Chevron ed Eni, mentre i titoli BG Group e
Schlumberger ricadono nel quadrante large-cap in
Allocazione dell'attivo
Azioni
98.97
0.00
98.97
0.00
0.00
0.00
Obbligazioni
Large
0
25
50
2.51
1.48
1.03
Altro
0.00
0.00
0.00
Fondo
Categoria
75 100
Sen
Mid
Liquidità
Sector Delta
ivo
net %
ens
long % short %
Dif
Giant
% dell'attivo
crescita. Questo fondo possiede un certo numero di
società inserite in portafoglio da molto tempo, come Shell
e Occidental Petroleum; il turnover complessivo del
portafoglio è limitato e le 10 società con maggior peso
consistono in un ristretto gruppo dei maggiori player
globali. Rispetto alla nostra ultima analisi, i nuovi entrati
nel portafoglio sono Valero Energy e EOG resources,
mentre Weatherford International e Southwestern Energy
sono stati venduti.
ile
Fondo
P/EPS
P/S
P/B
Price/Cash Flow
Rendimento del
dividendo%
MSCI World/Energy NR USD
sib
Indici di Valore
Indice della categoria Morningstar
Ciclico
Small
Micro
Titoli principali
Deep Val Core Val Blend
Core Grth High Grth
Centroide: media ponderata dei titoli del fondo
Area: 75% dei titoli del fondo
(Dati al 30/04/13)
Prime 5 Regioni
Stati Uniti
Regno Unito
Europa Occidentale - Euro
Canada
Europa Occidentale - Non
Euro
Paesi principali
STATI UNITI
REGNO UNITO
CANADA
FRANCIA
ITALIA
% Azioni
56.01
17.41
12.84
8.99
2.39
% Azioni
56.01
17.41
8.99
5.52
3.63
Grado di maturità del mercato
% Azioni
Paesi Sviluppati
Mercati Emergenti
100.00
0.00
%
dell'attivo
30-04-13
Chevron Corp
9.75
Exxon Mobil Corporation
8.03
Royal Dutch Shell PLC Class B
4.60
Total SA
BP PLC
Esposizione settoriale
% Azioni
Rel Cat
q Ciclico
0.69
0.10
r Materie Prime
0.69
0.12
t Beni di Consumo Ciclici
0.00
0
y Finanza
0
0
4.54
u Immobiliare
0
0
4.33
w Sensibile
99.31
1.09
0
0
Royal Dutch Shell PLC Class A
4.00
Eni SpA
3.60
Suncor Energy Inc
3.53
Schlumberger NV
i Telecomunicazioni
o Energia
99.31
1.12
p Beni Industriali
0
0
3.36
a Tecnologia
0
0
Halliburton Company
3.07
e Difensivo
0.00
0
Numero totale di titoli
44/0
s Beni Difensivi
0
0
d Salute
0
0
f Servizi di Pubblica Utilità
0
0
Concentrazione primi 10 titoli
48.81
Morningstar.it 39
Analisi Morningstar
Etf a confronto: Global clean energy
Di Valerio Baselli
Partendo dalle ricerche Morningstar, abbiamo messo a confronto
i diversi replicanti di benchmark dedicati alle energie pulite.
Causa riscaldamento globale e petrolio sempre più caro e difficile da trovare, governi e
investitori hanno accresciuto il loro interesse
verso fonti di energia alternativa, più pulita e
rinnovabile. Gli aiuti statali si sono dimostrati
efficaci nel favorire lo sviluppo del settore.
Secondo il report Bloomberg new energy
finance, l’anno record è stato il 2011, con
194 miliardi di dollari investiti nel settore a
livello globale. Nel 2012, tuttavia, il livello dei
finanziamenti è sceso dell’11%, probabilmente
a causa delle incertezze sulla nuova regolamentazione (in controtendenza solo la Cina,
che nello stesso anno ha aumentato del 20%
gli investimenti in energia pulita).
La crisi economica ha infatti pesato sui bilanci
pubblici e i governi sono stati obbligati a
tagliare gradualmente i sussidi alla produzione di energia alternativa, in alcuni casi
anche di molto (come in Germania, dove gli
incentivi al solare sono stati tagliati del 20%
nella primavera 2012). L’industria solare ha
particolarmente sofferto nel 2011, anno in
cui le azioni delle società operanti nel settore
hanno perso fino al 60% del proprio valore,
dato che l’offerta aveva ampiamente superato
la domanda, innescando così la caduta libera
dei prezzi.
Secondo gli analisti azionari di Morningstar,
specializzati nel settore, la fine di questa crisi
40 Morningstar Investor Luglio / Agosto / Settembre 2013
non sembra essere vicina. L’era delle vendite
di massa verso mercati europei fortemente
sovvenzionati pare terminata, dato che i
principali paesi del Vecchio continente stanno
tagliando gli aiuti (Italia compresa). Le aziende
specializzate nel solare, quindi, dovranno puntare ad essere competitive in termini di costi.
Al momento, gli analisti di Morningstar danno
buoni margini di crescita solo alle società
cinesi del settore, che sono state in grado di
ottenere dei finanziamenti favorevoli da parte
delle banche.
produzione di energia pulita, le tecnologie
necessarie e i fornitori di attrezzature. Il
benchmark è a capitalizzazione ponderata
modificata, che riduce la concentrazione
nelle singole azioni. Le aziende la cui
attività principale è connessa con l’energia
pulita sono ponderate in base alla loro
capitalizzazione di mercato.
Le aziende multi-settore con una significativa
esposizione all’energia rinnovabile, sono
invece ponderate solo per la metà della loro
capitalizzazione. L’indice viene ribilanciato con
cadenza semestrale e non ci sono aggiunte di
titoli nel corso dell’anno, mentre le eliminazioni
si verificano nel caso in cui un costituente non
sia più quotato.
Anche l’eolico necessita di ingenti investimenti fissi, che possono essere ripagati in base
alla quantità di energia prodotta e al prezzo
a cui la stessa può essere venduta. Tuttavia,
i produttori di energia eolica sono stati più
efficienti dei loro “cugini” solari nel tagliare i
costi fissi e nell’essere competitivi con le fonti
di energia tradizionale (gas e carbone). Detto
questo, occorre fare attenzione anche con
l’eolico, in quanto il prezzo del gas è sceso del
14% nell’ultimo anno, rendendo l’energia del
vento meno conveniente.
Ad ogni data di revisione, l’esposizione del
singolo emittente è limitata al 10%. A fine
marzo 2013, l’indice si presenta sbilanciato
verso il Giappone (22% del valore), seguito da
Hong Kong (20%) e Stati Uniti (15%). La più
grande esposizione di un singolo emittente è
China Longyuan (6%), seguita da First Solar
(5%) e Covanta (5%).
Struttura dell’indice
Lo S&P Global Clean Energy offre esposizione
a trenta aziende coinvolte nel business
dell’energia pulita in tutto il mondo. Al fine di
dare un’offerta ben diversificata, l’indice
distribuisce i costituenti in parti uguali tra la
iShares S&P Global Clean Energy ETF
Il fondo utilizza la replica fisica completa per
cercare di catturare la performance del benchmark. Possiede, per quanto possibile, tutte le
azioni dell’indice, con gli stessi pesi. In alcune
circostanze può inoltre utilizzare derivati per
Exchange traded fund della categoria Morningstar Settore energie alternative per rendimento
da inizio anno
Nome Etf
ISIN
T.e.r.
Rend. %
da inizio anno
Rend. %
a 1 anno
Rend. %
a 3 anni (annual.)
Rend. %
a 5 anni (annual.)
PowerShares Global Clean Energy Fund
IE00B23D9133
0,75
27,60
32,07
-9,49
-15,99
iShares S&P Global Clean Energy (IE)
IE00B1XNHC34
0,65
22,74
19,15
-16,50
-25,91
Lyxor ETF New Energy D-EUR A/I
FR0010524777
0,60
16,56
13,75
-7,09
-16,25
ETFX DAXglobal Alternative Energy Fund
IE00B3CNHC86
0,65
6,88
11,42
-9,87
n.d.
CS ETF (IE) on CS Glb Alternative Energy
IE00B3YKW880
0,65
-1,14
-6,62
n.d.
n.d.
Dati in euro al 13 giugno 2013 (valori calcolati sui prezzi)
Fonte: Morningstar Direct
raggiungere i suoi obiettivi. Il fondo è domiciliato in Irlanda e ha il dollaro come valuta di
base. La liquidità derivante dai dividendi delle
azioni sottostanti viene trattenuta nel fondo
fino al momento della distribuzione, che avviene su base trimestrale.
Questa pratica può potenzialmente creare una
differenza negativa tra i rendimenti, durante le
fasi di mercato rialzista, visto che i dividendi
non vengono reinvestiti nel fondo.
Vale però anche il contrario. Il fondo effettua
operazioni di prestito titoli. iShares sostiene
di tenere il 40% delle entrate derivanti
dal prestito titoli per sé, per pagare i costi
associati. Il resto, invece, viene girato al fondo.
Prima di ottobre 2010, la divisione era di
50/50. Le commissioni in carico agli aderenti,
espresse dall’indice Ter, sono pari allo 0,65%,
in linea con la media dei concorrenti.
Lyxor ETF New Energy
Ad oggi, sono quotati su Borsa Italiana altri
quattro Etf dedicati al settore delle energia
rinnovabili. Il principale, per asset gestiti, è
il Lyxor Etf New Energy. Questo Etf traccia
l’andamento dell’indice World Alternative
Energy Index. L’obiettivo della differenza di
rendimento con il benchmark (tracking error)
calcolato su un periodo di 52 settimane è inferiore al 1%. Il fondo usa la replica sintetica.
In pratica, Lyxor accende un contratto swap
Otc (Over the counter) con una controparte che
è quasi sempre Société Générale, capogruppo
di Lyxor. Nei casi in cui Lyxor si impegni con
una controparte terza, SocGen garantisce lo
swap, fornendo un ulteriore livello di protezione per gli investitori.
A fine marzo 2013, le aziende statunitensi
contavano per il 24% del patrimonio totale,
così come quelle brasiliane. Terzo posto per il
Giappone al 9%.
Le altre tre alternative sono rappresentate
dal Cs Etf (Ie) Cs Global Alternative Energy,
dal Etfx Daxglobal Alternative Energy
Fund e infine dal Powershares Global Clean
Energy Fund. K
Valerio Baselli è editor di Morningstar Italy
L’infrastruttura va nell’Etf
Il 10 giugno 2013, Source ha quotato a Londra il
Morningstar US Energy Infrastructure MLP UCITS
ETF, che si prefigge di replicare il Morningstar®
MLP Composite IndexSM, il quale fornisce
un’esposizione all’infrastruttura energetica statunitense mediante Mlp (Master Limited Partnership), una tipologia sociale simile all’accomandita
per azioni. L’Etf è stato registrato per la vendita
agli istituzionali anche in Italia.
Il benchmark è stato costruito dagli analisti
americani di Morningstar Investment Management ed è il primo in Europa a proporre
un’esposizione diversificata a questo segmento
del mercato energetico statunitense. Storicamente le Mlp hanno generato flussi di cassa
stabili, con una sensibilità relativamente bassa
ai prezzi delle materie prime e, in genere, hanno
riconosciuto agli investitori buoni ritorni. Il
paniere, lanciato nel 2010, fa riferimento al 97%
dell’universo Mlp, per capitalizzazione di mercato
e, attualmente, include 39 componenti. Come
spiega Sanjay Arya, senior vice presidente degli
Indici Morningstar. “Benché la classe di attivi
Mlp stia iniziando a maturare, nell’ultimo anno
gli investimenti di ETF e fondi comuni in questi
strumenti sono raddoppiati in seguito all’aumento
dell’interesse per ciò che genera reddito”.
Morningstar.it 41
Gli Strumenti Morningstar
Rinnovabili, una categoria (troppo) magra
Di Alice Bravi
Un’analisi Morningstar confronta i fondi che investono in vecchie e nuove
Energie e mette in luce gli effetti dell’evoluzione del settore.
Energia e ambiente rappresentano uno dei
temi più sentiti degli ultimi anni sia a livello
nazionale che internazionale. In ambito europeo la Commissione ha delineato degli obiettivi ben precisi per l’adozione di una politica
energetica finalizzata a perseguire lo sviluppo
della competizione, della sicurezza, della tecnologia e del risparmio energetico. Gli effetti
dell’applicazione di queste misure saranno
maggiormente tangibili nei prossimi anni, ma
nel frattempo l’aumento della sensibilità verso
il tema dell’esauirimento delle vecchie fonti
energetiche e l’apertura verso l’impiego di
nuove risorse nella produzione di energia ha
favorito lo sviluppo di un vero e proprio settore,
quello delle energie alternative, che si affianca
a quello energetico tradizionale.
Gli effetti di questa evoluzione energetica
non si esauriscono unicamente nella nascita
di nuove realtà imprenditoriali attive nella
produzione di energia e di materiali a supporto di quest’industria, ma si estendono
fino all’ambito degli investimenti finanziari
focalizzati in questo settore. Ne è un esempio
la nascita di fondi d’investimento interessati
alle realtà attive nella produzione di energia
alternativa quale quella solare ed eolica.
Morningstar ha dedicato loro una categoria
specifica, quella delle “Energie Alternative” e
li ha posti a confronto con altre categorie su
energie tradizionali e i settori in qualche modo
legati ad esse.
42 Morningstar Investor Luglio / Agosto / Settembre 2013
Fig. 1 Confronto tra categorie Morningstar per crescita a 5 anni
Energie alternative
Ecologia
Risorse naturali
Utilities
Agricoltura
Energia
Materiali per l’industria
Acqua
140
120
100
80
60
Crisi e innovazione
Se il timore di un sempre più imminente esaurimento delle fonti energetiche non rinnovabili
può aver favorito la nascita e lo sviluppo del
mercato delle energie alternative, la recente
diffusione su larga scala dell’impiego di nuove
tecniche di estrazione degli idrocarburi quali
il fracking ha portato ad un allungamento
dei tempi di esaurimento stimati, con
un conseguente rallentamento della corsa
all’energia puilita.
Al contempo, la necessità da parte dei governi
di concentrare l’attenzione su tematiche
più urgenti a seguito della recente crisi
economica, ha contribuito a distogliere parte
dell’attenzione e delle risorse pubbliche destinate a tematiche ambientali ed energetiche,
anche attraverso la riduzione degli incentivi
alla produzione di energie rinnovabili. Questo
scenario fa da cornice alla rilevazione di
una crescita più contenuta del settore delle
energie alternative rispetto a quello delle fonti
energetiche più tradizionali, particolarmente
frenata nel corso dell’ultimo triennio (Figura 1).
Il fenomeno diventa particolarmente evidente
attraverso l’osservazione del rendimento per
ciascun anno solare, dove il biennio 2010-2011
si è presentato particolarmente difficile per
le energie alternative, rispetto alle posizioni
ricoperte dalle energie di tipo tradizionale
(Fig.2). A distinguersi progressivamente per
livelli di crescita sempre maggiori sono stati
gli investimenti che hanno puntato sull’acqua
e su tutte le reti e le infrastrutture legate a
questo settore: una crescita continua che
non ha subito inversioni di tendenza,
a differenza di quanto avvenuto per gli
investimenti orientati alle risorse naturali in
maniera diversificata.
Attrazione per le risorse naturali
Proprio le risorse naturali continuano tuttavia
a rappresentare la tipologia d’investimento più
condivisa: in un confronto tra le dimensioni dei
fondi vendibili in Italia su ciascuna categoria,
emerge come questo settore superi di gran
lunga in termini di masse le altre tipologie di
investimenti, tanto che nel corso degli ultimi
5 anni continua a collocarsi al primo posto
nonostante il profondo ridimensionamento
registratosi a seguito della crisi finanziaria
scatenatasi a fine 2008 (Fig.3).
In alternativa all’investimento in risorse
naurali, ma con ampio distacco, figurano i
fondi che investono nelle vecchie energie, i
quali hanno attraversato nel corso dell’ultimo
quinquennio dinamiche di espansione e contrazione sia pre che post crisi simili ai
primi classificati. Il settore delle energie
alternative, complice l’andamento del mercato
internazionale e il rallentamento della corsa
alle energie pulite, si colloca in controtendenza: se prima della crisi economica riportava
dimensioni e dinamiche analoghe a quello
delle energie tradizionali, le proprie masse
hanno progressivamente conosciuto una
contrazione negli anni successivi. L’offerta
sul mercato italiano di fondi che investono in
settori energetici e affini si mostra in linea
con l’andamento delle masse, registrando
una maggiore numerosità per i fondi orientati
all’investimento in risorse naturali, seguito da
quelli in vecchie energie e nelle società attive
in ambito ecologico.
In portafoglio Usa ed Europa
Per quanto riguarda la ripartizione geografica
emerge un tratto comune alle diverse categorie: la preferenza per i titoli di società nordamericane ed europee, oltre ad una particolare
predilizione per le società del Regno Unito.
A fronte di questo comune denominatore
emergono tuttavia alcune differenze, prima fra
Fig. 2 I migliori e i peggiori: un confronto tra le Categorie Morningstar
per rendimento annuo dal 2008 al 2012
Rindimento
più elevato
Rindimento
più basso
2008
2009
2010
2011
2012
-33.56
67.61
32.92
-6.28
17.34
-35.57
55.70
30.55
-8.58
12.84
-41.50
50.93
27.65
-9.39
12.61
-42.59
39.87
19.78
-14.45
10.52
-45.24
34.69
18.40
-16.49
-0.03
-45.51
28.70
6.81
-18.02
-0.07
-46.58
26.91
6.39
-19.89
-2.86
-50.36
14.40
-1.74
-26.51
-3.22
Energie Alternative
Risorse Naturali
Agricoltura
Materiali per l’industria
Ecologia
Utilities
Energia
Acqua
Fig. 3 Andamento della dimensione (mld di Euro) dei fondi presenti sul
mercato italiano
Agricoltura
Ecologia
Materiali per l’industria
Utilities
Energie alternative
Energia
Risorse naturali
Acqua
20
16
12
8
4
2008
2009
2010
tutte la preferenza marcata per l’investimento
in titoli di società nordamericane per i fondi
che investono in utilities e vecchie energie.
Con particolare riferimento a queste ultime,
non sfugge la coincidenza della predilizione
per l’investimento nel mercato statunitense
con il luogo che ha visto nascere e diffondersi
le nuove tecniche di estrazione di gas e
petrolio recentemente applicate per aumentare la produttività. Di contro i settori orientati
2011
2012
2013
all’investimento in risorse naturali, idriche e
energie alternative, lasciano trasparire una
maggiore apertura alla diversificazione in altre
aree come Asia, Australia e America Latina.
Non solo energia
Un altro fattore da considerare è la concentrazione a livello di segmento indutriale
(Morningstar ne conta 148). Conoscere
questo aspetto permette di stabilire quanto
Morningstar.it 43
Gli Strumenti Morningstar
Fig. 4 Ripatizione geografica della componente azionaria di Categoria
Morningstar
Acqua
Utilities
Materiali per l’industria
Glossario
Energie alternative
I fondi appartenenti a questa categoria investono
prevalentemente in titoli azionari di società
operanti nel settore della produzione dell’energia
solare, idroelettrica, eolica e nucleare.
Ecologia
I fondi appartenenti a questa categoria investono
prevalentemente in titoli azionari di società i
cui prodotti e servizi mirano a promuovere un
ambiente più pulito: controllo dell’inquinamento,
pulizia delle acque ed efficientamento energetico.
Risorse naturali
Energia
Ecologia
Agricoltura
Energie alternative
%
10
20
30
Africa/Medio Oriente
Australasia
Asia Sviluppata
40
50
Asia Emergente
Europa Sviluppata
Europa Emergente
60
70
80
Giappone
America Latina
Nord America
90
100
Regno Unito
Fig. 5 Grado di concentrazione industriale per categoria Mornngstar
Acqua
Energia
I fondi appartenenti a questa categoria investono
prevalentemente in titoli azionari di società
operanti nel settore energetico e in particolare
nella produzione di petrolio o gas naturale,
nella raffinazione, nei servizi legati all’industria
petrolifera, e nella produzione di macchinari e di
condutture per il settore. Sono esclusi da questa
categoria i fondi che investono in derivati sulle
commodity.
Utilities
Materiali per l’industria
I fondi appartenenti a questa categoria investono
prevalentemente in titoli azionari di società
operanti nel settore della produzione di materiali
per l’industria legata alla chimica, materiali per
l’edilizia, macchinari e commodity. Sono esclusi
da questa categoria i fondi che investono in
derivati sulle commodity.
Materiali per l’industria
Risorse naturali
Energia
Ecologia
Agricoltura
Energie alternative
%
10
20
Africa/Medio Oriente
Australasia
Asia Sviluppata
30
40
50
Asia Emergente
Europa Sviluppata
Europa Emergente
60
70
Giappone
America Latina
Nord America
80
90
100
Regno Unito
Fonte: Morningstar Direct
l’andamento del fondo può essere legato a
fattori e dinamiche tipici di una particolare
industria e quanto al contrario può beneficiare
di una maggiore diversificazione in termini
di fattori di rischio. Tra i fondi che investono
in energia e categorie affini, coloro che massimizzano la diversificazione a livello industriale risultano essere proprio gli energetici
di tipo tradizionale, il cui portafoglio medio di
categoria arriva a contare ben 122 tipi diversi
di segmenti industriali (Fig. 4). Ciò nonostante
l’investimento rimane tuttavia focalizzato
sull’industria del petrolio e del gas, segmenti
che arrivano a sfiorare complessivamente il
60% del portafoglio.
44 Morningstar Investor Luglio / Agosto / Settembre 2013
Di contro la categoria delle energie alternative
presenta uno dei portafogli maggiormente
diversificati dal punto di vista industriale,
investendo nel settore energetico circa il 46%
del proprio portafoglio attraverso la partecipazione a ben 7 differenti industrie produttive,
mentre la restante parte viene investita in segmenti che spaziano dal settore automobilistico,
a quello chimico, da quello della gestione
rifiuti a quello dei materiali per l’edilizia. K
Alice Bravi è research analyst di Morningstar Italy.
Risorse naturali
I fondi appartenenti a questa categoria investono
prevalentemente e in maniera indistinta in
titoli azionari di società operanti nel settore
della produzione o vendita di risorse naturali, di
energia, di materiali di estrazione mineraria e di
acqua. I fondi legati specificatamente a ciascuno
dei precedenti ambiti non sono inclusi in questa
categoria ma sono collocati nella relativa categoria di riferimento.
Utility
I fondi appartenenti a questa categoria investono
prevalentemente in titoli azionari di società
operanti nel settore delle utility, il quale include
i servizi di fornitura di elettricità gas e acqua, ma
esclude la fornitura di servizi telefonici.
Acqua
I fondi appartenenti a questa categoria investono
prevalentemente in titoli azionari di società
operanti nel settore idrico tra cui società di
fornitura di servizi, di infrastrutture, di macchinari
e materiali necessari a questo settore.
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Morningstar Awards Italy
2013
Morningstar Italy, CorrierEconomia e Bimbingamba
ringraziano sentitamente l’industria del risparmio che, in
occasione dei Morningstar Awards 2013, ha saputo
coniugare l’eccellenza nelle performance sui mercati con il
concreto sostegno ai progetti in cui l’Associazione è
impegnata.
Sponsor
Un grazie particolare va alle seguenti società per la
sensibilità dimostrata nell’iniziativa e per il finanziamento
del programma specifico dell’Associazione, che
sfrutta tutte le conoscenze tecniche e umane acquisite dal
pilota Alex Zanardi durante la sua riabilitazione per
non lasciare soli bambini e famiglie che non
hanno la possibilità economica per risolvere il problema
della mancanza di un arto.
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