Petrolio o rinnovabili Chi dà più energia al
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Petrolio o rinnovabili Chi dà più energia al
La tua guida alle decisioni di investimento Luglio/Agosto/Settembre 2013 — Vecchie e nuove fonti energetiche Petrolio o rinnovabili Chi dà più energia al portafoglio Rivoluzione americana dello shale gas e innovazione tecnologica. Dove andare a caccia di rendimenti. M&G Investments la nostra il vostro risultato Performance media annua Da inizio dei Fondi al 30.04.13 anno M&G Global Dividend Fund Euro A Performance del settore 1 anno 3 anni 5 anni Deviazione standard+ N/A 10,7% +14,3% +17,9% +12,8% +10,8% +16,5% +7,9% +3,2% M&G Global Emerging Markets Fund Euro A Performance del settore +3,0% +10,0% +4,4% N/A +1,1% +5,7% +2,5% +2,0% M&G Global Growth Fund Euro A Performance del settore +9,7% +16,2% +7,0% +4,9% +9,6% +14,1% +7,3% +3,2% M&G Japan Fund Euro A Performance del settore +24,7% +21,1% +25,6% +8,0% +20,6% +6,0% +7,2% +2,9% 17,9% M&G Pan European Dividend Fund Euro A Performance del settore +10,0% +21,7% N/A 12,7% +7,6% +19,6% +6,2% +7,4% 13,6% 11,8% +0,2% Le performance passate non sono indicative di performance future. I prezzi delle azioni* e il rendimento possono fluttuare ed è possibile che non si riesca a recuperare l’importo originariamente investito. I tassi di cambio delle valute possono incidere sul valore degli investimenti esteri di un fondo. www.mandgfondiazionari.it *Azione: un’unità di possesso di una società o di un fondo comune, che dà all’investitore una quota della società ed eventualmente degli utili futuri. †Deviazione standard (calcolata sulla base di tre anni) : una misura statistica di dispersione attorno alla media che indica quanto è stata ampia, in un certo arco temporale, la variazione dei rendimenti di un fondo. Fonte di tutte le performance: Morningstar, Inc., database paneuropeo al 30.04.13, price to price con rendimento netto reinvestito, basato sulla classe Euro A, senza considerare commissioni iniziali e tasse. I fondi sono senza parametro oggettivo di riferimento (nessuna indicazione nel prospetto). I seguenti fondi sono pertanto confrontati con i settori elencati più avanti. Il fondo M&G Global Dividend Fund (settore Morningstar Internazionali Azionari Large-Cap) è stato lanciato il 18.07.08. Il fondo M&G Global Emerging Markets Fund (settore Morningstar Azionari Paesi Emergenti) è stato lanciato il 06.02.09. Il fondo M&G Global Growth Fund (settore Morningstar Azionari Internazionali Large Cap Blend) è stato lanciato il 19.12.67 Il fondo M&G Japan Fund (settore Morningstar AzionariGiappone Large-Cap Value) è stato lanciato il 30.04.71. Il fondo M&G Pan European Dividend Fund (settore Morningstar Azionari Europa Large-Cap Value) è stato lanciato il 18.07.08. Il profilo di rischio associato alle performance di questi fondi è alto. I fondi sono società di investimento di tipo aperto a sé stanti. Come da articolo 101 del T.U.F. (Legge 58/1998), questo testo pubblicitario è stato trasmesso alla Consob contestualmente alla sua diffusione. Queste informazioni non costituiscono un’offerta o una sollecitazione di offerta per l’acquisto di azioni di investimento di uno dei Comparti qui citati. Gli acquisti relativi a un Comparto devono basarsi sul prospetto informativo corrente. Copie gratuite degli statuti, del prospetto informativo corrente, del Documento d’Informazioni Chiave per gli Investitori (KIID), della relazione annuale e della relazione semestrale sono disponibili presso l’ACD: M&G Securities Limited, Laurence Pountney Hill, London EC4R 0HH, GB. Essi possono anche essere ottenuti consultando il Sito Internet www.mandgitalia.it Prima della sottoscrizione, leggere il prospetto informativo, che illustra i rischi di investimento associati a questo comparto. Le informazioni qui contenute non intendono sostituire una consulenza indipendente. Questa attività di Promozione Finanziaria è pubblicata da M&G International Investments Ltd. Sede legale: Laurence Pountney Hill, Londra EC4R 0HH, società autorizzata e disciplinata dalla Financial Conduct Authority nel Regno Unito. JUN 13 / 44125 Luglio/Agosto/Settembre 2013 Attualità Scenari Lunga vita agli arabi. E al loro “oro” Le riserve di petrolio scarseggiano. A complicare le cose ci si mettono anche le tensioni politiche in alcuni stati produttori. Jan Stuart In Primo Piano 14 23 Matteo Cassiani, CFA 18 L’Asia va a caccia di energie 20 Una misura dello sviluppo sostenibile 24 Un futuro a tutto gas Valerio Baselli L’energia bianca illumina l’Italia Azzurra Zaglio 26 Il rinnovabile si fa a norma Azzurra Zaglio Fabio Eboli 22 Quella pannocchia sembra un barile Marco Caprotti Marco Caprotti La crisi fa diventare alternativi Investire direttamente nei progetti legati alle fonti energetiche rinnovabili promette buone remunerazioni e forti flussi di cassa. Armin Sandhövel La politica inquina il greggio In Primo Piano L’Intervista 27 5 domande a Michael Bret (Axa IM) Valerio Baselli 3 Luglio/Agosto/Settembre 2013 Rubriche 6 Hanno scritto per noi 7 L’Editoriale Sara Silano 8 Per cominciare Valerio Baselli Asset Allocation 28 La volatilità del mercato dell’energia Il rischio di trasmissione della volatilità fra il settore energetico e il mercato finanziario è un elemento essenziale nella modellistica applicata al pricing dei derivati e alla gestione di portafoglio. Marco Frittajon Analisi Morningstar 30 La Borsa pesca nei pozzi petroliferi Mercato del greggio sotto pressione. Il prezzo del gas, invece, beneficia del calo della produzione e delle riserve. Francesco Lavecchia 35 Fondi azionari energia, poche medaglie Perché scegliere un fondo settoriale. Quali criteri utilizzare nella selezione. Cosa dice il Morningstar Analyst Rating. Dario Portioli 40 Etf a confronto: Global clean energy Partendo dalle ricerche Morningstar, abbiamo messo a confronto i diversi replicanti di benchmark dedicati alle energie pulite. Valerio Baselli 4 Gli Strumenti Morningstar 42 Rinnovabili, una categoria (troppo) magra Un’analisi Morningstar confronta i fondi che investono in vecchie e nuove energie e mette in luce gli effetti dell’evoluzione del settore. Alice Bravi IMMAGINA UNA SOCIETÀ DI GESTIONE Immagina una società di gestione che coniuga il meglio della gestione tradizionale e alternativa. Immagina una società di gestione in cerca di rendimenti e non di benchmark da battere. Immagina una società di gestione che dà al suo staff lo spazio necessario per fare bene il suo lavoro. Immagina una società di gestione focalizzata sulla diversificazione dei rischi. Immagina una società di gestione che ridefinisce il futuro della gestione degli investimenti. Welcome to Lombard Odier Investment Managers. © Lombard Odier Investment Managers, 2013 Lombard Odier Asset Management (Europe) Limited – Italian branch Via Monte di Pietà 21, 20121 Milano, Italia Telefono +39 02 86337 600 e-mail: [email protected] Il presente documento è emesso da Lombard Odier Asset Management (Europe) Limited. LOAM è una società per azioni costituita in Inghilterra e Galles, numero di registro 07099556, avente sede legale in Queensberry House, 3 Old Burlington Street, Londra, Regno Unito (UK), W1S 3AB. LOAM è autorizzata e sorvegliata dalla Autorità per i Servizi Finanziari (di seguito la “FSA”) ed è registrata nel registro della FSA al numero 515393. Lombard Odier Investment Managers (“LOIM”) è un marchio commerciale. Per investitori professionali esclusivamente. Il valore degli investimenti e il reddito da essi generato possono diminuire o aumentare e l’investitore potrebbe non recuperare l’intero importo investito. Le performance del passato non devono essere considerate rappresentative di quelle future. Hanno scritto per noi Matteo Cassiani Matteo Cassiani, CFA, è coordinatore del team azionario globale presso il Servizio Gestioni di Banca Monte dei Paschi di Siena dal maggio 2008. Tra il 2000 ed il 2008 ha lavorato in Arca Sgr, dapprima come analista ed assistente gestore e, successivamente, come gestore responsabile del fondo Arca Azioni Paesi Emergenti. Nel 2004 ha conseguito la certificazione CFA® e dal 2011 è presidente del Consiglio Direttivo di Italian CFA Society, l’associazione che raggruppa i professionisti italiani che hanno ottenuto il diploma CFA. Cassiani si è laureato con il massimo dei voti presso l’Università degli Studi di Ancona con una tesi sulle crisi dei mercati emergenti. Direttore editoriale: Davide Pelusi Direttore responsabile: Sara Silano Editor&Analyst team: Valerio Baselli, Alice Bravi, Marco Caprotti, Francesco Lavecchia, Dario Portioli, Azzurra Zaglio Senior contributor: Matteo Cassiani, CFA, Fabio Eboli, Marco Frittajon, Jan Stuart, Armin Sandhovel Progettazione editoriale: Sghermersino Romano e Sara Silano Progetto grafico: Renée Benz Grafica: Adnan Alicusic Production designer: Daniela Johns Illustrazioni: Michael Pettit Web developer: Fabio Gilardoni Responsabile pubblicità: Emanuela Bassi Responsabile marketing e sales: Corrado Cassar Scalia Fabio Eboli Jan Stuart Economista ambientale, dal 2007 Fabio Eboli fa parte della Fondazione Eni Enrico Mattei (FEEM) e del Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici. Si occupa di valutazione economica degli impatti e delle politiche dei cambiamenti climatici e di misurazione dello sviluppo sostenibile. Attualmente coordina il gruppo di ricerca coinvolto nel progetto Indice di Sostenibilità FEEM. Insegna Economia Politica all’Università Ca’ Foscari di Venezia. Jan Stuart è il responsabile della sezione Global Energy Research di Credit Suisse e si occupa principalmente di petrolio e gas naturale, settori dove vanta un’esperienza di lunghissimo termine. Stuart è entrato in Credit Suisse nel 2011, dopo un’esperienza di sei anni come Global Oil Economist presso UBS e nell’area ricerche equity sell-side di Macquarie. In precedenza, Stuart aveva lavorato presso ABN AMRO e Société Générale come analista nel settore dei future su petrolio e gas naturale. Per informazioni pubblicitarie: [email protected] Morningstar Investor N. 13/2013 Registrazione Tribunale di Milano n. 234 del 3 maggio 2011 Morningstar Italy Via Pergolesi, 25 20124 Milano Tel. 02 30301295 www.morningstar.it Morningstar Investor appartiene a Morningstar, che conserva l’intera proprietà intellettuale dei documenti contenuti così come l’esclusività dei diritti di riproduzione, traduzione e presentazione degli stessi. La diffusione delle informazioni contenute in questo documento e la loro riproduzione anche parziale e in qualsiasi modalità senza l’autorizzazione preventiva di Morningstar è vietata. Attenzione, le informazioni sono unicamente indicative. Esse non hanno nessun valore contrattuale e non possono essere considerate come esaustive o esenti da errori accidentali. Morningstar declina ogni responsabilità relativa ai risultati d’investimento realizzati sulla base delle informazioni e delle opinioni presentate all’interno di questa pubblicazione. Esse sono infatti soggette a evoluzioni in ogni momento e senza preavviso, specialmente in funzione delle condizioni del mercato. Non si tratta in nessun caso di una proposta o di un consiglio di investimento. Il magazine non può in nessun caso essere utilizzato per sottoscrivere o vendere i prodotti menzionati nello stesso. Gli investitori sono invitati a verificare se le strategie presentate o discusse corrispondono ai loro obiettivi d’investimento e a consultare i prospetti e tutti gli altri documenti regolamentati relativi ai prodotti. I rendimenti passati non sono per forza dei buoni indicatori delle performance future. Armin Sandhövel è Chief Investment Officer (CIO) Renewable Energies & Infrastructure Equity di Allianz Global Investors, e dal 2007 ha ricoperto la posizione di CEO di Allianz Climate Solutions GmbH. In precedenza è stato Head of Carbon Risk and Risk Management for Renewables Energies di Dresdner Bank AG. E’ membro del Supervisory Board della German Energy Agency (DENA). Armin Sandhövel 6 Morningstar Investor Luglio / Agosto / Settembre 2013 L’Editoriale Il vento soffia sulle raffinerie Sara Silano è direttore di Morningstar Investor Jeremy Grantham, considerato uno dei personaggi più influenti sul mercato e noto per aver predetto diverse bolle speculative, sostiene che l’uso sconsiderato delle risorse naturali avrebbe potuto mettere in ginocchio l’economia globale di “molte civiltà prima della nostra”. Ma noi abbiamo due fattori che ci possono salvare: il declino nei tassi di fertilità e il progresso nel settore delle energie alternative. In passato, l’innovazione ha portato a un maggior benessere, ma con costi sempre più elevati in termini di esaurimento di risorse scarse. Oggi tecnologie come quelle solari ed eoliche, insieme all’aumento dell’efficienza delle reti elettriche e a una migliore gestione delle scorte permettono di consumare meno. “Per la prima volta, innovazione, start up aziendali e finanziatori lavorano per ridurre l’uso di fonti esauribili come gli idrocarburi”, dice Grantham, “e di conseguenza aumenta la probabilità di non far cadere la civiltà nel precipizio”. Si stima che entro il 2030, l’energia solare ed eolica possa diventare meno costosa di quella prodotta dai combustibili fossili, senza considerare gli ulteriori vantaggi derivanti dal minor inquinamento dell’ambiente. Quando si parla di energia entrano in gioco molti attori e contesti differenti: le industrie e i processi produttivi, le famiglie-consumatrici, gli investitori e gli strumenti finanziari, la società e l’ambiente. Le decisioni prese in un ambito si riflettono su tutti gli altri, per cui anche l’allocazione delle risorse finanziarie deve contemplare criteri che non sono unicamente quelli del profitto. Nel settore dei combustibili fossili, ad esempio, è necessario considerare i maggiori costi legati al problema dell’inquinamento, oltre a quelli di riduzione della qualità delle riserve. Questo approccio è di lungo periodo e si scontra spesso con visioni di breve termine, in base alle quali il costo delle rinnovabili è maggiore dal momento che comprende anche la costruzione di impianti, per i quali servono ingenti capitali, che daranno i loro frutti non nell’immediato, ma in futuro. Visto da un’altra prospettiva, il ritorno sugli investimenti che viene richiesto all’industria delle energie alternative è più elevato, anche perché ci sono fattori di rischio ulteriori, come i cambiamenti della normativa e l’innovazione tecnologica. In passato, molti investitori si sono fatti attrarre dal settore grazie a politiche generose da parte degli stati, il che ha prodotto alcune bolle. Come spiega nelle pagine seguenti Armin Sandhövel, responsabile degli investimenti in energie rinnovabili di Allianz Global Investors, per lo sviluppo sostenibile futuro sono importanti un quadro stabile e la certezza normativa, oltre alla partecipazione dei private equity e degli investitori istituzionali. In questo numero di Morningstar Investor esploriamo l’industria energetica “vecchia” (il petrolio) e “nuova” (le fonti alternative e il gas di scisto), dalla prospettiva dell’investitore, non limitandoci però al concetto di opportunità inteso come profitto, ma introducendo, grazie a un contributo della Fondazione Eni Enrico Mattei, l’aspetto dello sviluppo sostenibile, che tiene conto di fattori sociali e ambientali. Un investimento, dunque, che è anche nella qualità della vita. Sara Silano, Direttore di Morningstar Investor [email protected] Morningstar.it 7 Per Cominciare Un po’ di energia in portafoglio Di Valerio Baselli Il comparto è importante dal punto di visto economico e politico. La green economy apre nuove sfide. Ecco le opzioni per gli investitori. L’approvvigionamento energetico è uno dei punti chiave della politica di ogni paese. Senza energia non c’è produzione e, senza produzione, non c’è ricchezza. Per l’energia, i governi sono disposti a fare investimenti mastodontici. Per l’energia, si arriva perfino a entrare in guerra. La sua produzione, insomma, è il presupposto per ogni attività umana. Basti pensare agli elettrodomestici, al riscaldamento, ai mezzi di trasporto, fino alle imprese e agli ospedali. Oggi, almeno nel mondo sviluppato, il problema non è più la produzione di energia, ma bensì il modo in cui sfruttarla in maniera efficiente. Il settore energetico è legato a doppio filo a quello tecnologico e quindi a quello scientifico. Sono stati proprio i ricercatori e gli scienziati a lanciare l’allarme: se si continua a inquinare ai livelli attuali, le conseguenze saranno gravi. E così, negli ultimi dieci anni, si è sviluppato l’immenso mercato delle cosiddette energie pulite o rinnovabili. L’idea è quella di superare una volta per tutte la dipendenza dai combustibili fossili, sempre più difficili da recuperare, costosi e molto inquinanti. Allo stesso tempo, gli incidenti verificatisi in Giappone (lo tsunami che ha provocato il disastro di Fukushima nel marzo 2011) e ancora prima in Ucraina (Chernobyl nel 1986), hanno spinto l’opinione pubblica ad allontanarsi anche dall’energia nucleare. A tal punto che paesi come la Germania e la Francia hanno recentemente dichiarato di voler abbandonare gradualmente la produzione atomica. 8 Morningstar Investor Luglio / Agosto / Settembre 2013 I numeri (potenziali) della green economy Ciò nonostante, attorno al tema delle nuove energie continua a svilupparsi un intenso dibattito. Per alcuni si tratta di un’utopia, per altri semplicemente una scelta. Il principale argomento degli scettici riguarda i costi: ad oggi le fonti di energia alternativa sono care e richiedono degli aumenti in bolletta. Ma come sempre, occorre guardare al lungo periodo. Ce lo ricorda la nuova edizione dell’Irex Annual Report, pubblicato recentemente dalla società di consulenza Althesys. Secondo questo studio, la diffusione delle fonti pulite in Italia può portare entro il 2030 al sistema elettrico benefici netti compresi tra i 19 e i 49 miliardi di euro, a seconda del sostegno politico all’utilizzo di rinnovabili. Il report spiega che le voci di costo sono essenzialmente due: la spesa per gli incentivi e quella per risolvere le carenze infrastrutturali della rete. A pesare maggiormente è la prima, alla quale il Quinto Conto energia (il programma italiano che regola gli incentivi per le rinnovabili) ha però definitivamente posto un tetto, fissato in 6,5 miliardi di costo cumulato annuo (cifra che rimarrà stabile sino al 2029). A ciò vanno aggiunti gli investimenti legati alle carenze della trasmissione e della distribuzione (perdite di rete e mancati ricavi dalla vendita di elettricità), stimati tra 1,5 e 1,8 miliardi fino al 2020 (quando si suppone gli interventi siano stati ultimati). A fronte di queste spese, si legge nello studio, ci sarebbe una serie consistente di benefici. Primo fra tutti, le ricadute occupazionali. Gli addetti incrementali (cioè i posti di lavoro che non esisterebbero in assenza di rinnovabili) toccherebbero i 130mila nel 2013 per poi stabilizzarsi tra i 45mila e i 60mila al 2030. Inoltre, c’è il vantaggio economico legato alla riduzione del cosiddetto fuel risk, ovvero il rischio di spendere per l’acquisto di fonti fossili più del dovuto a causa dell’oscillazione dei prezzi. Ma l’ultima e forse più interessante delle voci che contribuiscono alle entrate garantite dalle rinnovabili è la riduzione del prezzo dell’elettricità sul mercato. L’Irex Annual Report prende in considerazione solo il saldo netto del fotovoltaico, stimandone il valore tra i 41 e i 47 miliardi. Energia in portafoglio Contando tutte le classi, in Italia sono disponibili 73 fondi comuni della categoria Morningstar Azionari settore energia e 30 fondi della categoria Azionari settore energie alternative. Oltre ai comparti attivi, sono acquistabili dagli investitori nostrani 13 Exchange traded fund energetici. Sono quindi 116 i diversi prodotti che possono essere inclusi nei portafogli degli investitori italiani (a cui si possono aggiungere le azioni delle singole società operanti nel settore energetico, che in Borsa Italiana sono cinque: Eni, Erg, Saipem, Saras e Total. K Valerio Baselli è editor di Morningstar Italy Scenari Lunga vita agli arabi. E al loro “oro” Di Jan Stuart Le riserve di petrolio scarseggiano. A complicare le cose ci si mettono anche le tensioni politiche in alcuni stati produttori. La speranza è che Riyad riempia i barili. O la produzione saudita di petrolio risorgerà o il crollo delle riserve di oro nero è garantito. Quando pensiamo al Medio Oriente, lo immaginiamo come un’isoletta che galleggia in un mare nero, infinito e sfruttabile nel futuro. La realtà è tuttavia un’altra: siamo consapevoli del fatto che il petrolio non sia una risorsa illimitata e per questo motivo da anni tutti i paesi produttori sono corsi ai ripari aumentando il loro livello di riserve, lavorando come abili formichine. Un difficile quadro geopolitico Ma se queste riserve iniziassero a scarseggiare e non ci fossero più abbastanza risorse per alimentarle? Questo è quello che ci aspettiamo dal futuro, una situazione non di certo di crescita. I motivi che ci spingono a essere pessimisti sono molteplici e, analizzati in un quadro generale, riguardano per lo più problemi legati alla povertà dei paesi produttori, ricordando che i maggiori appartengono al Medio Oriente. Le questioni politiche, ad esempio che infiammano questa regione sono la causa dell’incertezza nei mercati e delle previsioni degli osservatori. Un altro fattore da analizzare è la crescita demografica di questa area: la domanda interna di petrolio inizia a essere una voce sempre più forte e che deve quindi essere soddisfatta. Mettendo sotto la lente di ingrandimento i vari paesi che compongono il Medio Oriente, il 10 Morningstar Investor Luglio / Agosto / Settembre 2013 primo su cui cade l’occhio è l’Iran ,che soffre una situazione di embargo ormai da anni a causa delle sanzioni di Usa ed Europa. Queste sanzioni non hanno colpito solo il settore petrolifero, ma anche quello sanitario, dei trasporti e il finanziario: la sommatoria di tutti questi fattori ha causato un calo delle esportazioni petrolifere passando da 2,2 milioni di barili al giorno a un mero 0,9 milioni (dato registrato nel maggio di quest’anno). Non solo l’esportazione ha manifestato un trend negativo, ma la stessa produzione di greggio ha subito un declino arrivando a toccare i 2,7 milioni di barili. I mercati petroliferi di Europa e America hanno tagliato fuori l’Iran, ma devono ancora contrastare l’esportazione di contrabbando di petrolio iraniano, limitando i traffici verso i suoi più fedeli clienti come Cina, India, Giappone e Corea del Sud che hanno tuttavia ridotto in parte la loro domanda. Quello che ci aspettavamo, insieme agli altri osservatori, era che le sanzioni – seppur pesanti per risultare esemplari – non arrestassero in modo così marcato lo sviluppo iraniano, ma che gli concedessero un minimo spiraglio di ripresa. È naturale che i paesi dell’area asiatica siano preoccupati a causa di questa situazione e si auspichino di arrivare presto a una soluzione. Ma nessuno si muove fuori dai ranghi e tutti hanno adottato una politica in linea con quella di Ue e Usa. Un altro paese produttore di greggio che ha registrato dei risultati deludenti rispetto alle attese è l’Iraq. La sua produzione ha sofferto un calo, passando da un livello circa di 3,3 milioni di barili al giorno nel settembre 2012 a un 3,1 milioni registrato nel mese di maggio. Confrontato con le nostre aspettative sono 300mila barili al giorno in meno. È risaputo che l’Iraq gode di un forte potenziale inespresso e la causa del suo mancato sviluppo è da ricercarsi in questioni di politica interna: spesso il trasporto del petrolio dalla regione del Kirkuk verso i territori curdi e il porto mediterraneo di Ceyhan risulta difficile. Il Medio Oriente non è il solo ad affrontare una situazione di deperimento delle scorte: infatti la crisi sta colpendo indistintamente paesi aderenti all’Opec, come Nigeria e Libia e altri come Regno unito, Norvegia, Brasile e paesi del Mar Caspio. Per quanto riguarda la produzione inglese, ci sembra che abbia bisogno di un forte slancio per mantenersi in una buona posizione e questo salto dovrebbe avvenire nel terzo trimestre. Arabia fuori dal coro L’unico paese che sembra essere un faro nella tempesta è l’Arabia saudita. Quando si richiede l’intervento da parte dell’Opec per rifornire i “magazzini” petroliferi, per lo più ci si rivolge a quel paese. Tuttavia, nell’ottobre 2012 l’Arabia ha subito un pesante crollo nella produzione di petrolio. Una caduta dalla quale non si è ancora del tutto ripresa e di conseguenza le riserve globali non sono aumentate per i primi quattro mesi del 2013. Il risultato di tutto questo è che, pur essendo le nostre aspettative sulla crescita dei giacimenti petroliferi globali chiaramente negative, l’Arabia saudita ci confonde un po’ le idee. Quello che salverebbe la situazione è un aumento della produzione petrolifera da parte del monarca saudita. I motivi che potrebbero spingere Riyad ad accrescere i suoi rifornimenti sono innanzitutto legati a un’esigenza interna, in quanto la domanda domestica di greggio è aumentata nell’ultimo periodo. Le altre due motivazioni sono per lo più dovute a questioni economiche. Infatti, gli obiettivi sauditi sono di mantenere un prezzo elevato del petrolio e di soddisfare la domanda estera di greggio. L’incremento della produzione comporterà, a sua volta, un aumento delle richieste di intervento che, secondo le nostre previsioni, saranno almeno di 1,2 milioni di barili al giorno nel terzo trimestre. Dal punto di vista delle esportazioni, per mantenere il livello stabile, le riserve petrolifere dovrebbero rafforzarsi ancora, superando il risultato ottenuto tra marzo/aprile e toccando l’apice nel mese di agosto. Per questo motivo i mercati si aspettano un’estate ancora in stallo, ciò che è certo è il fatto che l’Arabia saudita giocherà un ruolo decisivo per il raggiungimento e il mantenimento dell’equilibrio nel mercato petrolifero globale. K Fig. 1 Produzione di greggio in Iran ancora in calo Crude production Forecast effect of sanctions 2012/13 expectation 3900 3500 3100 500 kb/d supply delta 2700 M - 12 S - 12 J - 13 M - 13 S - 13 La linea rossa raffigura l’impatto delle sanzioni sul livello della produzione di petrolio iraniano da gennaio 2012 e le attese per l’anno 2013. L’ultimo dato risale a maggio 2013 espresso in kb/d Fonte: Credit Suisse Fig. 2 Produzione di greggio in Iraq in stallo Iraq Actual CS ‘fcst 2012/13 expectation 3900 ~ 300 kb/d short of expectations 3500 3100 2700 Jan Stuart è responsabile della sezione Global Energy Research di Credit Suisse. M - 12 S - 12 J - 13 M - 13 S - 13 La linea rossa raffigura l’andamento della produzione di petrolio (espressa in kb/d) a partire da settembre 2012 con le relative attese fino alla fine del 2013. Fonte: Credit Suisse Morningstar.it 11 Scenari La crisi fa diventare alternativi Di Armin Sandhövel Investire direttamente nei progetti legati alle fonti energetiche rinnovabili promette buone remunerazioni e forti flussi di cassa. Ma ci sono dei rischi da gestire. Gli investimenti in asset infrastrutturali e la produzione di energia da fonti rinnovabili sono divenuti sempre più interessanti agli occhi degli investitori istituzionali, per una serie di trend e sviluppi rilevanti, non da ultimo l’inversione di rotta decisa dalla Germania (che ha dato l’addio al nucleare) e la crisi finanziaria che attanaglia l’Europa. Il progresso tecnologico, poi, riveste un’importanza pari all’evoluzione del quadro normativo che disciplina il settore. L’elevato grado di incertezza che i mercati obbligazionari e azionari oggi presentano è alla base della ricerca, da parte degli investitori istituzionali, di alternative nei settori delle infrastrutture, del real estate e delle energie rinnovabili. Il fattore chiave alla base di questo interesse è la ricerca di rendimenti: fondi pensione e gruppi assicurativi non hanno più la possibilità di conseguire i propri obiettivi attraverso i titoli di stato tedeschi. Di conseguenza è necessario diversificare il portafoglio con nuove classi di attivo. Investire in progetti Sotto questo profilo l’investimento in fonti di energia rinnovabili presenta particolari vantaggi. L’entrata in questo segmento tradizionalmente avveniva con obbligazioni e azioni, ma si è progressivamente diffusa un’altra formula: l’investimento diretto in progetti. Il grado di interesse è legato ai flussi di cassa 12 Morningstar Investor Luglio / Agosto / Settembre 2013 previsti e alla remunerazione per l’energia immessa nella rete. Le tariffe feed-in (cioè le tariffe di riacquisto a cui la società compra l’energia prodotta dal privato) garantite dallo stato e gli accordi di acquisto dell’energia a lungo termine producono un flusso di cassa relativamente stabile e prevedibile. Inoltre, la natura a lungo termine degli investimenti (maggiore a 20 anni), che in genere presentano una bassa correlazione con altre asset class, e la loro sostenibilità soddisfano i requisiti degli investitori istituzionali, che devono coprire passività a lungo termine e diversificare grandi portafogli. I volumi attesi degli investimenti in questa categoria ne confermano la rilevanza strategica: secondo le stime dell’International Energy Agency, l’investimento globale in fonti rinnovabili al 2030 sarà di 461 miliardi di dollari, con un tasso atteso di crescita del 30% dal 2015 al 2020 e ancora del 32% nel periodo 2020 - 2030. Gestire il rischio Dal punto di vista della gestione del rischio, bisogna considerare un mix di fattori: la tecnologia adottata, la remunerazione garantita, la fase del progetto e naturalmente il prezzo di acquisto. È possibile operare una diversificazione abbinando diverse fonti di energia in molteplici regioni e collaborando con partner diversi. Tra le fonti di energia rinnovabili, le aree d’investimento più importanti in questo momento sono il solare e l’eolica: il 90% degli investimenti complessivi nel 2011 è stato destinato a questi due segmenti. Il fotovoltaico e l’energia del vento dipendono molto dalle stagioni. Ci sono tuttavia ottimi strumenti di previsione per entrambe le fonti che stimano e calcolano la produzione annuale. Questi mezzi si sono rivelati particolarmente affidabili nella formulazione delle stime per il settore del fotovoltaico, ma anche per l’energia eolica, pur con qualche incertezza in più. Occorre utilizzare diverse stime di rendimento indipendenti per garantire una corretta valutazione della fattibilità economica. Al contrario la bioenergia (o biomassa) offre flussi facilmente prevedibili, ma dipende dalla disponibilità, dalla sua qualità e dai costi. Se si garantisce un approvvigionamento costante, l’impianto produce un flusso stabile di energia durante l’anno, con un flusso di cassa costante. Bolle normative Dato che la maggior parte delle fonti di energia rinnovabili dipende ancora dai sussidi, i rischi e il rendimento sono strettamente collegati alle decisioni politiche. Può essere difficile prevedere le variazioni del contesto economico e normativo, con sviluppi inaspettati. Nel recente passato molti investitori si sono lasciati attrarre dagli elevati livelli degli incentivi messi a disposizione da alcuni paesi e questo ha generato “bolle” speculative (come si è osservato in Spagna). Pari importanza rivestono lo scenario fiscale, come conferma l’esperienza della Repubblica Ceca, e le procedure autorizzative e amministrative. Per questa ragione, occorre diversificare gli investimenti a livello regionale poiché ciò consente agli investitori di sfruttare i vantaggi specifici del paese, sia geografici che normativi. Per esempio, le diverse ore di radiazione solare, la differente velocità media del vento e i sistemi tariffari. Fig. 1 Investimenti globali in fonti di energia rinnovabili (in USD bn, variazione in %) 500 71% 400 4% Il rischio dell’incompiuto Dal punto di vista dello sviluppo del progetto, la portata dei rischi e il potenziale di rendimento dipendono dalla fase in cui gli investitori vengono coinvolti nel progetto. In pratica, il capitale viene trasferito alla società-progetto prima e durante la costruzione, in base all’avanzamento dei lavori. 350 72% 300 243 200 151 180 186 2008 2009 260 270 2011 2015 E 100 2007 Presto assisteremo a una nuova fase verso la cosiddetta grid parity, in cui le fonti di energia rinnovabili dipenderanno sempre più dalle tariffe feed-in. La tendenza verso un regime tariffario basato sul prezzo di mercato cambierà il settore, ma gli operatori si adatteranno. Ciò renderà più interessanti gli investimenti in nuovi paesi senza tariffe di riacquisto. 461 2010 2020 E 2030 E Fonte: Allianz Global Investors rischio dell’investimento diminuisce drasticamente poiché l’impianto inizia a generare un cash flow positivo. Il rischio di completamento derivante dall’insolvenza o da risorse insufficienti si può compensare lavorando con diversi produttori e partner nel progetto. Infrastrutture per l’energia La crescente integrazione delle fonti rinnovabili alimenta anche la domanda di infrastrutture dell’energia. Mentre l’infrastruttura esistente è stata progettata originariamente per la produzione di elettricità centralizzata dalle grandi centrali, oggi viene creata in modo decentralizzato da molti produttori diversi. Dato che in caso di blocco della costruzione le attività liquide disponibili a essere capitalizzate sono poche, mentre i ritardi possono portare a una riduzione delle tariffe feed-in e quindi a un rendimento assai inferiore, il completamento è una fase fondamentale. La cancellazione di un progetto generalmente dipende da problematiche inerenti all’approvazione, a tagli tariffari o alla fornitura di servizi inadeguata o impropria. Di conseguenza occorreranno nuovi investimenti nelle infrastrutture di rete, ma anche nuovi requisiti in termini di gestione, efficienza, tecnologie di immagazzinamento avanzate e reti intelligenti. Gli investitori orientati al futuro possono già rilevare queste tendenze e approfittare dello sviluppo di tecnologie pulite. Dal momento in cui l’impianto inizia a immettere energia nella rete e comincia a ricevere una remunerazione contrattuale o per legge, il Il mix perfetto In conclusione, possiamo affermare che due importanti sviluppi attuali confermano l’interesse per questo segmento. Innanzitutto il fatto che, nel medio termine, si arriverà a un livello di grid parity, e l’energia prodotta da impianti fotovoltaici e eolici sarà immessa in rete a prezzi competitivi, anche in assenza di incentivi. In secondo luogo, si sta sviluppando un ampio mercato secondario per questi progetti, che amplifica le opportunità di investimento. La partecipazione di fondi di private equity e istituti finanziatori rivestirà un ruolo cruciale per sostenere la crescita del settore, insieme a uno stabile quadro regolamentare e di certezza normativa, al fine di poter garantire interessanti ritorni dell’investimento e ottenere un solido impegno di investitori istituzionali. K Armin Sandhövel è Chief Investment Officer (CIO) Renewable Energies & Infrastructure Equity di Allianz Global Investors. Morningstar.it 13 In Primo Piano La politica inquina il greggio Di Matteo Cassiani, CFA Il dopo Chavez e i postumi della “primavera araba” creano tensioni sui prezzi. Intanto gli Usa provano a ridisegnare i rapporti di forza e le rotte del mercato internazionale. In questa prima parte dell’anno si sta assistendo a una serie di eventi significativi che potrebbero impattare, nel breve come nel lungo periodo, sulla dinamica del prezzo del petrolio. Dall’America Latina al Medio Oriente, infatti, diversi appuntamenti elettorali e crisi politiche stanno contrassegnando le principali aree di produzione di greggio. Un fragile equilibrio Partendo dal Nuovo Continente, la vittoria di Nicolas Maduro alle elezioni presidenziali venezuelane, dopo la morte di Hugo Chavez, 14 Morningstar Investor Luglio / Agosto / Settembre 2013 porta alcune incertezze relativamente alla tenuta delle principali creature del “chavismo” e cioè le iniziative “PetroSur” e “PetroCaribe”, accordi volti a permettere ai paesi latinoamericani e caraibici, politicamente vicini al Venezuela, di beneficiare della ricchezza petrolifera del paese. La vittoria di misura del nuovo presidente venezuelano, infatti, pone dei dubbi sulla sua possibilità di controllare le fazioni all’interno del partito di maggioranza e nel mantenere, quindi, la stabilità del governo di fronte alle spinte delle opposizioni che, venuta meno la figura carismatica di Chavez, sono state capaci di riportare al centro del dibattito una diversa visione di gestione politica ed economica del paese. Il riconoscimento di Maduro da parte dei paesi latinoamericani appartenenti all’Unasur (Unione delle nazioni sud americane) ha comunque ribadito la richiesta del rispetto delle regole democratiche da parte di tutti i soggetti in causa, al fine di prevenire un aumento della tensione a Caracas, che Fig 1 Principali paesi produttori di petrolio Fig. 3 Importazione di petrolio e gas delle principali aree mondiali Migliala di barili al giorno Gas Imports (%) 2012 Arabia Saudia 11530 Federazione Russa 10643 USA 8905 Cina 4155 Canada 3741 Iran 3680 Emirati Arabi Uniti 3380 Kuwait 3127 Messico 2911 Venezuela 2725 Nigeria 2417 Brasile 2149 Qatar 1966 Norvegia 1916 Angola 1784 Kazakhstan 1728 Algeria 1667 Libia 1509 Regno Unito 967 Fonte: BP Statistical Review of World Energy, June 2013 Fig. 2 Produzione USA di petrolio e gas mboe/d Conventional oil Unconventional oil Conventional gas Unconventional gas 25 15 2035 2010 Japan 100 80 European Union 60 40 China 20 0 India United States 40 60 80 100 Oil Imports (%) -20 Fonte: World Energy Outlook 2012, International Energy Agency potrebbe comportare potenziali ricadute negative a livello regionale. La situazione economica del paese rimane tuttavia difficile e incerta perché, pur con una crescita del Pil (Prodotto interno lordo) attorno al 5%, l’inflazione al 20% e la scarsità anche di alcuni generi di prima necessità acuiscono la tensione a livello interno e favoriscono le tesi dell’opposizione. Il puzzle medio-orientale Un’altra importante figura politica che sta uscendo di scena è un alleato di Chavez, il presidente iraniano Ahmadinejad. Le elezioni politiche nel paese hanno concluso il secondo mandato del discusso uomo politico in un contesto economico difficile, caratterizzato da una forte inflazione e dall’impatto negativo delle sanzioni imposte al paese dalla comunità internazionale. Come tutti i candidati durante la campagna elettorale, anche Rohani ha ribadito l’importanza strategica per il paese di continuare nello sviluppo della ricerca nucleare. Tuttavia la richiesta proveniente da ampi segmenti dell’opinione pubblica iraniana, testimoniata dallo stesso responso elettorale, porterà probabilmente a riconsiderare la politica di isolamento internazionale, sebbene è da attendersi che le aperture da parte del paese saranno timide, almeno nelle prime fasi del nuovo governo. Un progressivo riavvicinamento delle posizioni al tavolo delle trattative potrebbe consentire un alleggerimento delle tensioni dell’area, allontanando i rischi di un, seppur remoto, intervento israeliano o la potenziale minaccia di chiusura dello stretto di Hormuz. 5 1980 1980 2000 2010 2020 2030 Fonte: World Energy Outlook 2012, International Energy Agency Il nuovo presidente, il moderato-riformista Hassan Rohani ha vinto a sorpresa e al primo turno la tornata elettorale, che ha visto un’affluenza alle urne superiore al 70% degli aventi diritto. Il futuro sentiero politico iraniano avrà effetti importanti su gran parte dello scenario mediorientale, anche per i riflessi che potrebbe avere sulla situazione in Siria, dove si va aggravando la guerra civile, o in Iraq, dove Morningstar.it 15 Fig. 4 Andamento storico del prezzo del petrolio: impatto delle crisi e della crescita mondiale 125 85 4 2 45 3 1 produzione proveniente da fonti non tradizionali, includendo anche il c.d. “tight oil” (cioè il petrolio ricavato da scisti bituminosi), è accompagnato da un significativo allungamento della vita residua dei giacimenti convenzionali maturi ed è reso possibile dagli investimenti ingenti nelle tecniche di esplorazione e produzione, che si sono susseguiti nel corso degli ultimi dieci anni, accompagnati e favoriti da una vera e propria rivoluzione tecnologica nella ricerca geologica e nella produzione. 5 1975 1985 1995 1 Rivoluzione iraniana e guerra Iran-Iraq 2 Prima Guerra del Golfo 3 Crisi Asiatica 2005 Tensioni Geopolitiche Gas e Petrolio non convenzionali 4 Secondo Guerra del Golfo 5 Crisi Finanziaria Fonte: Morningstar permane precaria la situazione relativamente alla sicurezza, che impedisce un ulteriore incremento, nel medio termine, della produzione di petrolio. L’attuale capacità produttiva irachena è infatti stabile attorno a 3 milioni di barili al giorno, ma lontana dai 6 milioni di barili al giorno potenziali, stimati dall’Agenzia Internazionale dell’Energia. Dopo la “primavera araba” del 2011, è comunque tutto il Nord Africa a presentare una situazione di sostanziale incertezza politica. In particolare in Libia la situazione permane fluida: i positivi elementi rappresentati dalla prosecuzione del processo democratico del paese e dal ritorno della produzione di petrolio alla piena capacità degli impianti sono controbilanciati da una progressiva acutizzazione dello scontro tra partiti, fazioni e milizie non ancora disarmate. La rivoluzione americana Nel frattempo, oltreoceano, la “rivoluzione energetica americana”, cioè lo sfruttamento dello shale gas, si sta imponendo come un nuovo fenomeno destinato a giocare anch’esso un ruolo fondamentale sullo scacchiere politico mondiale. L’incremento della 16 Morningstar Investor Luglio / Agosto / Settembre 2013 come Arabia Saudita, Russia e Venezuela, la cui ricchezza è direttamente legata agli introiti provenienti dal settore energetico domestico. Ciononostante, un impatto significativo sulle quotazioni del petrolio proviene in egual misura dal livello della domanda, a seguito della forza dell’economia globale: un’accelerazione della ripresa economica, infatti, contribuirebbe a riportare vigore, nel breve periodo, sul mercato mondiale del petrolio. K Matteo Cassiani, CFA è coordinatore del team azionario L’introduzione del “horizontal drilling” e del “hydrofracking”, infatti, non solo permette l’accesso a uno sviluppo efficace ed economico di giacimenti non convenzionali ma allunga anche la vita residua di quelli convenzionali maturi, permettendo un recupero ben superiore all’attuale tasso del 35%. Attualmente l’estrazione di gas non convenzionale rappresenta circa il 25% della produzione totale energetica negli Stati Uniti e potrebbe continuare a crescere fino a coprire, assieme al tight oil, più del 50% del totale. Nei prossimi venti anni, quindi, potremmo assistere alla trasformazione della superpotenza occidentale in un netto esportatore, in controtendenza rispetto al resto del mondo, ridisegnando nel contempo i rapporti di forza e di dipendenza, nonché le rotte, del mercato energetico mondiale. Forze contrapposte Sul prezzo del petrolio, quindi, influiranno forze contrapposte, nel breve e nel mediolungo termine. Le tensioni geopolitiche, agendo sulla riduzione dell’offerta, potrebbero comportare repentini incrementi del prezzo della materia prima mentre la progressiva sostituzione del greggio con il gas, nonché l’incremento delle riserve potenziali e della loro vita residua grazie alle nuove tecnologie, potrebbe comprimere il prezzo dell’energia, con conseguenze importanti per i principali paesi produttori, globale presso il Servizio Gestioni di Banca Monte dei Paschi di Siena. In Primo Piano L’Asia va a caccia di energia Di Marco Caprotti La fame di risorse alternative spinge i gruppi della regione a fare acquisizioni all’estero. Con l’aiuto dei governi. L’Asia ha sempre più fame di energia. E, per soddisfare il suo appetito, è costretta a rivolgersi all’estero, sia attraverso acquisti diretti di materie prime che sfruttando opportunità di acquisizione. A parte l’Australia, che ha riserve di idrocarburi considerevoli, la maggior parte dei paesi della regione nell’ultimo decennio ha visto ridursi drasticamente l’autosufficienza energetica. Il Giappone è quello messo peggio di tutti. La terza economia mondiale è anche il maggior importatore di gas naturale liquido (Lng, liquid natural gas), il secondo acquirente di carbone e il terzo importatore di petrolio. La Cina e l’India hanno buone disponibilità di risorse naturali, ma la richiesta interna ha rapidamente superato la produzione locale. Un problema che hanno anche stati più piccoli come Malesia e Thailandia che, nonostante le riserve di gas, hanno bisogno di comprare oro nero dall’estero. Caccia all’estero “Il rapporto fra domanda e offerta probabilmente cambierà nel momento in cui la regione deciderà di orientarsi a fonti più pulite come il gas naturale”, spiega uno studio firmato da Raja Mukherji e Taosha Wang, responsabili della ricerca per l’Asia di Pimco. “In Cina il governo sta promuovendo l’uso di questa risorsa al posto del carbone nel tentativo di 18 Morningstar Investor Luglio / Agosto / Settembre 2013 abbattere l’inquinamento. L’obiettivo è di utilizzare il gas naturale per arrivare all’8% della produzione energetica nel 2015 e al 12% nel 2020. Nel 2011 era al 4%. Ma anche se la domanda cresce, le riserve dell’Asia continuano a scendere. La Thailandia, per esempio, è stata la prima nazione del sudest asiatico a importare Lng, mentre la Malesia fra poco inaugurerà il primo terminal dedicato”. Spinte dal calo delle fonti energetiche, molte aziende della regione si sono date la missione di cercare fuori dai confini i sistemi per aumentare la disponibilità. Spesso con l’aiuto dei governi che le supportano nel portare a termine delle acquisizioni. Nel 2012 le tre principali società petrolifere cinesi (Sinopec, Cnpc, Cnooc) hanno annunciato un totale di 11 acquisizioni estere per un valore complessivo di oltre 30 miliardi di dollari (dati Bloomberg). cinesi hanno annunciato altrettante acquisizioni all’estero. Nonostante la fame di prodotti energetici in genere, alcuni asset sembrano più appetitosi di altri. Ad esempio le risorse alternative nelle regioni politicamente più stabili. Molte operazioni di M&A, infatti, avvengono in paesi Ocse. Le acquisizioni portate avanti negli ultimi cinque anni dalla Korean National Oil Corporation, ad esempio, sono state principalmente in Usa, Gran Bretagna, Canada e Spagna. Un altro segmento che interessa è quello dell’esplorazione. A febbraio di quest’anno Sinopec ha annunciato l’acquisto del 50% di un progetto di ricerca in una zona del Mississipi condotto da Chesapeake energy. Alcune di queste operazioni, come quella da 16,1 miliardi con cui Sinopec si è portata a casa la canadese Nexen, sono passate sotto il severo scrutinio delle autorità regolamentari (e sono state anche contestate dall’opinione pubblica dei paesi in cui veniva fatto shopping). Cinesi iperattivi Ma dove porterà questa ondata di acquisizioni? “Molti osservatori sono convinti che i cinesi vogliano controllare le risorse energetiche mondiali”, dice lo studio di Pimco. “Secondo noi, invece, sono alla ricerca, oltre che del profitto, anche delle competenze tecniche”. Secondo la US Energy Administration negli Stati Uniti ci sono 862mia miliardi di piedi cubi di riserve di gas di scisto (una fonte oggi molto utilizzata in America). Questo non è bastato a fermare l’ondata. Solo nel primo trimestre di quest’anno, i tre colossi In Cina, le disponibilità sono quasi il doppio, ma non vengono sfruttate perché Pechino non ha ancora le competenze tecniche per farlo. Un problema che può essere agevolmente risolto rivolgendosi ad aziende yankee che sappiano come farlo. Qualcosa, in realtà si sta già muovendo. A febbraio PetroChina e ConocoPhillips hanno annunciato un accordo per lo sfruttamento di un giacimento nel bacino di Sichuan. C’è poi da affrontare il problema del costo e dell’invecchiamento delle riserve energetiche esistenti. In Cina il giacimento petrolifero della Sinopec più vecchio è in attività dal 1960 e ha ormai costi superiori ai campi di produzione in Angola. Tutta questa iperattività ha conseguenze importanti anche nelle economie dei paesi di residenza di queste aziende. In Asia cala l’autosufficienza energetica Self-Sufficiency in 2000 Self-Sufficiency in 2009 300 200 100 AUS JPN KOR THA IND CHN MYS ITA GER FRA USA UK CAN RUS Fonte: Energy balances of Oecd/Non Oecd Countries (Edizione 2011) Le acquisizioni estere, ad esempio, danno accesso a capacità tecniche critiche per poter sfruttare nuovi giacimenti domestici. Comprare fuori dai confini permette anche una maggiore capacità di gestione delle risorse interne permettendo di rallentare la produzione di riserve che, come nel caso della Cina, sono operative dagli anni Sessanta. Comprare all’estero consente anche alle società di non perdere quote di mercato domestico. Sinopec e PetroChina, ad esempio, hanno rispettivamente il 60% e il 40% della quota del settore petrolifero della Cina e il duopolio nella raffinazione. In India le due torte sono divise in tre fra Indian Oil, Bharat Petroleum e Hpcl. Il ruolo dei governi Alla luce di tutto questo si capisce bene perché i governi asiatici abbiano tutto l’interesse a seguire le loro società nelle campagne acquisti. La Corea, ad esempio, ha formalizzato il suo aiuto nel Knoc Act con il quale si impegna a garantire i debiti contratti dalle aziende del suo paese che vanno all’estero a comprare a cui fornisce anche dei fondi. In Malesia, la Petronas è avvantaggiata rispetto ai concorrenti grazie a una legge del 1974 che le dà di fatto pieni poteri in campo petrolifero. Tutto questo ha delle conseguenze anche per chi opera in Borsa. “Gli investitori devono essere consci dei rischi associati a modelli di business che dipendono molto dal supporto di uno stato”, dice lo studio di Pimco. “Bisognerà analizzare in maniera molto approfondita la struttura delle loro emissioni obbligazionarie per capire quale grado di garanzia il loro governo è in grado di dare”, dice lo studio di Pimco. La maggior parte delle operazioni di acquisizioni di Sinopec, ad esempio, è stata portata avanti attraverso la controllante China Petrochemical Corporation che, a sua volta, è posseduta al 100% dal governo cinese. Conseguenze importanti potrebbero vedersi anche sui mercati obbligazionari. “La ricerca dei possibili candidati che possono portare avanti un’acquisizione deve essere rigorosa e condotta con metodo bottom up (studiando cioè in maniera approfondita i dati di bilancio, Ndr). La preferenza dovrebbe andare a quelle aziende che forti dal punto di vista della ricerca ed esplorazione (nel gergo energetico questo segmento di attività viene chiamato upstream, Ndr) e che hanno pochi lacciuoli regolamentari nella fase di raffinazione (il downstream, Ndr). “Molte società energetiche asiatiche emetteranno bond per poter finanziare le loro campagne di acquisizione e per rifinanziare i debiti esistenti”, dice il report. “Certo, alla luce dell’importanza dei queste aziende per le economie nazionali, i governi faranno di tutto per garantirne la solvibilità, ma bisognerà fare attenzione alla loro capacità di reperire fondi anche in altro modo” In generale riteniamo che il settore energetico dell’Asia presenti delle opportunità grazie ai trend che si stanno verificando sia a livello regionale sia per le caratteristiche delle singole società”. K Marco Caprotti è editor&analyst di Morningstar Italy. Come analizzzare le società Dal punto di vista degli investitori la presenza dello stato dietro le scelte delle aziende energetiche è un fattore fondamentale. Morningstar.it 19 In Primo Piano Una misura dello sviluppo sostenibile Di Fabio Eboli La Fondazione Eni Enrico Mattei ha sviluppato un indice che potrebbe sostituire il Pil. Oltre all’attività economica il benchmark tiene conto di fattori sociali e ambientali. Il filone di ricerca sullo sviluppo sostenibile nasce negli anni ’70 con la presa di coscienza, attraverso varie iniziative e documenti tra cui il rapporto del Club di Roma Limits to Growth, di una sempre più evidente contrapposizione tra la crescita economica indefinita sintetizzata nel Prodotto interno lordo pro capite (Pil p.c.), principio guida dell’economia classica e neoclassica, e la limitata disponibilità di risorse naturali. Il concetto è principalmente legato al depauperamento delle risorse naturali (energia e materie prime) e a fenomeni sempre più diffusi di inquinamento, locale e globale. Tutti elementi che incidono sugli aspetti legati alla qualità della vita (un concetto che gli economisti definiscono “utilità”). Nel tempo, la stretta dicotomia economiaambiente è stata complicata da preoccupazioni di tipo sociale, conseguenze non volute della crescita economica, che vanno dalla migliore distribuzione delle risorse (finanziarie ed energetiche, ma non solo) a una maggiore partecipazione alle decisioni concrete che implica anche una maggiore coesione sociale. L’Onu, la Banca mondiale, l’Ocse e l’Unione europea hanno elaborato negli ultimi anni delle strategie che mirano a rendere maggiormente operativo il concetto di sviluppo sostenibile e di “crescita verde”, che porterebbero anche 20 Morningstar Investor Luglio / Agosto / Settembre 2013 a sviluppi occupazionali e alla protezione e valorizzazione del patrimonio ambientale. Gli approcci e i limiti metodologici Il dibattito sulla sostenibilità è ancora molto distorto a favore di analisi puramente qualitative, dalle quali è relativamente facile arguire cosa non funziona. Più difficile risulta dare specifiche linee guida su cosa fare per cambiare le cose. Al contempo, sta diventando sempre più diffuso l’utilizzo di indicatori per la misurazione del progresso in direzione dello sviluppo sostenibile. Sebbene la definizione di sviluppo sostenibile sia lungi dall’essere univoca, si sta cercando una sempre maggiore convergenza sul set degli indicatori da utilizzare per catturare al meglio gli aspetti della sostenibilità dello sviluppo. Questi strumenti sono utili per il monitoraggio dei vari elementi, ma non riescono a mostrare le potenziali insidie e rischi che, nel tentativo di voler migliorare una dimensione, possono danneggiarne altre. Anche se inconsapevolmente. Un’alternativa è l’utilizzo di indici compositi, che però si basano solo su trend storici e dipendono fortemente dalla metodologia di normalizzazione e aggregazione degli indicatori che li compongono. L’indice di Sostenibilità FEEM La Fondazione Eni Enrico Mattei propone da qualche anno l’indice aggregato di sostenibilità FEEM SI, che vuole essere innovativo sia per la metodologia di aggregazione dei diversi indicatori che per l’approccio usato per misurare l’evoluzione futura degli indicatori e dell’indice aggregato. Il FEEM SI è composto da 19 indicatori aggregati per aree tematiche fino a giungere alle tre principali componenti della sostenibilità: economia, società e ambiente (vedi fig. 1). Gli indicatori sono generati all’interno di un modello dinamico di equilibrio economico generale che rappresenta l’economia mondiale. Questo fornisce una cornice coerente per valutare la sostenibilità, facendo emergere i potenziali conflitti tra le sue componenti. Il valore aggiunto dell’utilizzo di questo modello è la possibilità di calcolare il valore degli indicatori fino al 2020. I rilevatori così ottenuti vengono poi ricondotti alla stessa unità di misura (normalizzati) e infine aggregati con una metodologia non lineare che tiene conto delle interazioni fra gli stessi e delle valutazioni di soggetti esperti. In primis, è interessante notare che in generale c’è una correlazione positiva dell’indice aggregato FEEM SI con la performance economica e sociale, ma negativa con quella ambientale (vedi fig. 2). Nulla di sorprendente: dimostra che il benessere economico ha in generale (ma non sempre) condotto a un miglioramento della componente sociale ma a spese di un crescente degrado ambientale. È poi interessante il confronto tra il valore odierno del FEEM SI e del Pil p.c. Esemplare il caso degli Usa, che nel 2011 sono tra i paesi al mondo con il più alto Pil pro capite ma sono solo all’11° posto della classifica FEEM SI. Ancora, l’Italia ha un Pil p.c. molto simile alla Nuova Zelanda ma vanta una sostenibilità sostanzialmente inferiore. Occorre una visione d’insieme Passando alla sostenibilità futura, il primo dato che emerge è che in uno scenario di riferimento senza nuove politiche, a livello globale, a fronte di un miglioramento costante del prodotto mondiale lordo, la sostenibilità diminuisce leggermente, evidenziando le forti contrapposizioni dello sviluppo economico. Sono stati allora considerati tre differenti scenari connotati dall’introduzione di specifiche politiche orientate a migliorare la sostenibilità futura: politiche sociali (raggiungimento di obiettivi di sviluppo nell’istruzione e nella sanità nei paesi emergenti), ambientali (riduzione emissioni inquinanti dei paesi sviluppati e maggiore efficienza nella gestione delle risorse idriche in tutto il mondo) e focalizzate sullo sviluppo sostenibile. La principale conclusione, questa decisamente sorprendente, è che le prime due politiche non sono sufficienti a migliorare la sostenibilità globale rispetto allo scenario di riferimento. Infatti, le risorse economiche necessarie al raggiungimento degli obiettivi sociali e ambientali producono dei trade-off in termini di sottrazione di risorse ad altri settori/obiettivi, che peggiorano la situazione iniziale. Ad esempio, la politica climatica favorisce lo sviluppo di energie rinnovabili e miglioramento dell’efficienza energetica nei paesi sviluppati. Analisi per dimensione della sostenibilità nel 2011. FEEM Sustainability Index – 2011 FEEM Economic Index – 2011 0.00 - 0.35 Non sostenibile 0.35 - 0.50 Poco sostenibile 0.50 - 0.65 Sostenibile 0.65 - 1.00 Molto sostenibile FEEM Social Index – 2011 0.00 - 0.35 Non sostenibile 0.35 - 0.50 Poco sostenibile 0.50 - 0.65 Sostenibile 0.65 - 1.00 Molto sostenibile FEEM Environmental Index – 2011 0.00 - 0.35 Non sostenibile 0.35 - 0.50 Poco sostenibile 0.50 - 0.65 Sostenibile 0.65 - 1.00 Molto sostenibile 0.00 - 0.35 Non sostenibile 0.35 - 0.50 Poco sostenibile 0.50 - 0.65 Sostenibile 0.65 - 1.00 Molto sostenibile Fonte: World Energy Outlook 2012, International Energy Agency Tuttavia, i costi non sono indifferenti e, inoltre, producono attraverso l’effetto carbon leakage: un incremento delle emissioni nei paesi che non attuano dei regolamenti ambientali che vanifica parzialmente il beneficio della politica climatica. La terza strategia (sviluppo sostenibile), invece, nonostante l’effetto negativo sul pilastro economico prodotto dai costi, crea un’utile sinergia che comporta il miglioramento degli altri pilastri e del Pil p.c., creando quelle prerogative necessarie a uno sviluppo durevole e sostenibile. È evidente che si può fare meglio: una politica climatica che coinvolgesse tutto il mondo, ad esempio, migliorerebbe ulteriormente la situazione. Peraltro producendo uno sviluppo tecnologico nei paesi emergenti che, in assenza di tale stimolo, è più difficile da raggiungere in tempi brevi. K Fabio Eboli è un economista ambientale della FEEM. Per approfondire, consulta il sito http://www.feemsi.org/. Morningstar.it 21 In Primo Piano Un futuro a tutto gas Di Valerio Baselli Le nuove tecniche di perforazione dello shale gas (molto sfruttato negli Usa e meno inquinante di petrolio e carbone) offrono buone opportunità per il futuro, ma non sono esenti dalle critiche. Lo chiamano shale gas, tradotto anche in gas di scisto. Se da un lato rappresenta la nuova speranza per l’approvvigionamento energetico del prossimo futuro, dall’altro preoccupa non poco gli ambientalisti. Una cosa è certa: il gas naturale è la fonte più pulita tra quelle fossili, a minor impatto locale e globale. La sua combustione produce circa la metà dell’anidride carbonica e degli ossidi di azoto prodotti da petrolio e carbone. Che cos’è lo shale gas Si tratta di gas metano non convenzionale prodotto in un giacimento roccioso. Con il termine “non convenzionale” si fa generalmente riferimento a gas che fino a poco tempo fa era difficilmente sfruttabile, perché tecnologicamente complicato o eccessivamente costoso estrarlo. Lo shale gas, tra le più promettenti fonti non convenzionali, si trova intrappolato in accumuli di rocce argillose a profondità comprese tra duemila e quattromila metri. Negli Stati Uniti lo shale gas è prodotto da oltre trent’anni, ma in realtà il fenomeno del gas non convenzionale ha assunto grande rilievo e popolarità soltanto in anni recenti. Durante il decennio 2000-2010 la produzione di shale gas negli Usa è passata da dieci a 140 miliardi di metri cubi (per confronto, in Italia si consumano poco più di 80 miliardi di metri cubi all’anno), soddisfacendo da sola circa il 23% 22 Morningstar Investor Luglio / Agosto / Settembre 2013 del fabbisogno di gas naturale annuale degli Stati Uniti. Oltre che negli Usa, importanti risorse di shale gas si trovano in Canada, Sud Africa e Asia (soprattutto Cina, uno dei paesi più affamati di energia), anche se le produzioni in queste aree sono in fase embrionale. Anche l’Europa può contare su giacimenti di gas non convenzionale. Nel Vecchio continente, tuttavia, lo shale gas non ha ancora conosciuto lo sviluppo registrato negli Usa per diversi fattori, tra cui l’alta densità abitativa e forse un’attenzione maggiore al principio di precauzione. Polonia e Ucraina sono i paesi che ci stanno puntando di più, ma ultimamente anche la Gran Bretagna e la Francia stanno mettendo a punto dei piani di sfruttamento. In Germania è in corso un dibattito molto intenso. Lo sfruttamento dello shale gas, infatti, non è esente da punti critici. Una tecnica di produzione criticata Al centro delle critiche c’è il modo in cui viene estratto, ovvero quella tecnica di produzione denominata in inglese fracking (fratturazione idraulica), che prevede l’iniezione nel giacimento di un fluido alta pressione. Tale operazione permette di creare nuove micro fratture nella roccia e di mettere in connessione quelle preesistenti, creando una via di fuga per il gas verso il pozzo. La principale preoccupazione riguarda il rischio di inquina- mento delle falde acquifere. “In realtà i giacimenti si trovano molto al di sotto delle falde acquifere utilizzate dall’uomo e anche il potenziale rischio di perdite nelle porzioni più superficiali dei pozzi è improbabile poiché i pozzi sono completamente rivestiti di cemento”, si legge in uno studio di Eni. Stati Uniti pronti a esportare L’amministrazione Obama ha recentemente autorizzato l’esportazione di gas naturale. Scelta non scontata, visto il dibattito sull’opportunità o meno di condividere con altri paesi il vantaggio competitivo derivante dalla disponibilità di gas a basso costo, estratto da giacimenti non convenzionali. “Ci sono ancora molti ostacoli da superare prima che la produzione di shale gas diventi globale”, afferma in una nota Hugo Scott-Gall, resposabile della ricerca tematica di Goldman Sachs. “Nel frattempo gli Usa avranno un vantaggio enorme nel mercato globale, visto che gli altri paesi saranno costretti a comprare gas da loro negli anni a venire”. K Valerio Baselli è editor di Morningstar Italy In Primo Piano Quella pannocchia sembra un barile Di Marco Caprotti Le scelte americane sui carburanti puliti estratti da alcune materie prime alimentari mandano alle stelle i prezzi delle granaglie. Negli ultimi 10 anni i prezzi del mais sono cresciuti del 181%, quelli della soia del 195% e quelli del frumento dell’88%. Nello stesso periodo l’indice International Monetary Fund Food Price è salito del 134%. La vulgata dice che queste impennate sono dovute alla crescente richiesta dei paesi emergenti come la Cina. In realtà ci sono motivazioni anche in Occidente. La più importante è chiamata Renewable Fuel Standrd (Rfs), un programma federale americano introdotto dal congresso Usa nel 2005 che obbliga l’inserimento di una parte di energie pulite (derivate dai prodotti agricoli) all’interno dei carburanti. Da allora l’Rfs è diventato uno dei fattori in grado di condizionare la domanda (e dei prezzi) di molte commodity alimentari. Tanto che l’Onu ha chiesto a Washington un ammorbidimento del provvedimento per dare una raffreddata ai prezzi del cibo. Non a caso il Palazzo di vetro ha puntato il dito proprio contro gli Stati Uniti. Gli Usa sono il maggior produttore agricolo del mondo. Secondo il dipartimento americano dell’agricoltura, ogni tre acri di terreno, uno era destinato a piantagioni i cui frutti venivano poi venduti all’estero. Ma dall’introduzione dell’Rfs le cose sono cambiate. A fare la differenza è stato l’etanolo, un carburante a base di alcol estratto da piante che contengono zucchero (canna da zucchero in Brasile, grano negli Usa). Gli Usa fanno il prezzo Il fatto che gli Usa restino anche il maggior esportatore di prodotti agricoli significa che le scelte fatte a Washington hanno impatto all’estero: negli Usa il cibo rappresenta circa il 14% del paniere dei consumi mentre per molti paesi emergenti rappresenta il 50%. “Di solito si dice che la crescita della classe media in Cina (a cui si associa il cambiamento di alcuni consumi alimentari), sia un fattore importante nella vendita di prodotti agricoli americani”, spiega uno studio firmato da Peter Nielsen, analista della società di consulenza Saturna Capital Corporation. “Tuttavia il colosso emergente, per quanto riguarda i beni di consumo di prima necessità è autosufficiente. Per soddisfare i suoi bisogni è diventato il maggior importatore mondiale di fertilizzanti a base di potassio. Tanto che le società petrolifere cinesi, quando vanno all’estero a caccia di acquisizioni, cercano anche questo tipo di asset. Una strategia che funziona. Fra il 2000 e il 2007, quando i prezzi dei prodotti agricoli sono cresciuti rapidamente, la Cina ha importato meno che negli otto anni precedenti”. L’aumento dei prezzi del cibo legato ai mercati emergenti, quindi, sembra solo una parte della verità. A oggi gli Stati Uniti forniscono il 60% dell’etanolo utilizzato a livello globale. Uno sviluppo che pesa anche sulle tasche delle famiglie yankee. Secondo uno studio dell’Enviromental Working Group (un’associazione non governativa di ricerca su temi ambientali) fra il 2005 e il 2009 il governo federale ha dato incentivi ai contadini per riconvertire i campi a prodotti da cui estrarre etanolo per un totale di 17 miliardi di dollari. Una cifra che, fra due anni, potrebbe toccare i 54 miliardi. “Ma, a parte le tasse, il costo economico, in termini di qualità di vita, è stato molto forte”, dice lo studio. “Prima del 1994 il prezzo del cibo aveva una minima correlazione con quello dell’energia. Il collegamento è diventato più stretto con il crescere dei sussidi statali. Le commodity agricole oggi hanno una volatilità simile a quella del petrolio”. Le scelte implicite nell’Rfs hanno effetto anche su altri prodotti della terra. Sono sempre di più gli agricoltori che decidono di abbandonare la produzione di determinate colture per dedicarsi al mais e ottenere così i sussidi. Nel 2007 questa coltura è aumentata del 23% a spese soprattutto della soia che, contemporaneamente, ha aumentato il suo valore del 75%. Ci sono poi altri effetti a cascata, come la crescita del prezzo dei fertilizzati, dei prodotti chimici e del consumo di petrolio per trasportare tutto questo. Una situazione del genere era inevitabile che creasse critiche, sia per il costo in tasse aggiuntive che produce, sia per gli effetti sulle nazioni più povere. K Marco Caprotti è editor&analyst di Morningstar Italy. Morningstar.it 23 In Primo Piano L’energia bianca illumina l’Italia Di Azzurra Zaglio L’efficienza nei consumi è la sfida per governi e aziende. Ora un indice la misura. Il Belpaese è poco competitivo. Eppure risparmiare conviene. La nuova frontiera energetica non è soltanto green. Benefici economici e ambientali nascono anche dalla white economy (ossia l’efficienza energetica). Messa a lungo in secondo piano, a vantaggio dell’energia da fonti rinnovabili, oggi la white economy può essere la leva per le imprese italiane per recuperare il passo europeo in termini di competitività. I miglioramenti di efficienza energetica sono valutati mediante l’indice Odex, sviluppato nell’ambito del progetto europeo ODYSSEEMURE, che mette in relazione il consumo energetico per produrre beni e/o servizi con la quantità di beni e/o servizi prodotta. Nel 2010 l’indice di efficienza energetica Odex per l’intera economia italiana è risultato pari a 87; era 88,2 nel 2009 e quindi il miglioramento dell’efficienza energetica rispetto all’anno precedente è stato di 1,2 punti percentuali (vedi grafico). Chi vince in efficienza I vari settori hanno contribuito in modo diverso all’ottenimento di questo risultato: il residenziale è quello che ha avuto miglioramenti regolari e costanti per tutto il periodo 1990-2010; l’industria ha avuto significativi progressi solo negli ultimi sei anni; il settore dei trasporti, che ha mostrato andamento altalenante, ha registrato l’incremento di efficienza più modesto. La partecipazione 24 Morningstar Investor Luglio / Agosto / Settembre 2013 dell’industria al meccanismo dei titoli di efficienza energetica (ossia i certificati bianchi) è andata incrementandosi nel tempo. Ma, l’Italia sconta un grosso deficit competitivo sui mercati internazionali dovuto al prezzo a cui acquista l’energia dai colleghi europei, che è di oltre il 25% in più rispetto alla media. Dipendente dall’estero per l’84% dell’approvvigionamento energetico, l’Italia continua a pagare l’elettricità a costi molto elevati: oltre 12 centesimi di euro per ogni kilowatt orario. Per non citare il gas, il cui surplus è ancora più alto. A dirlo sono i dati dell’ultimo Energy Efficiency Report condotto dall’Energy & Strategy Group che motiva questo ritardo con la varietà e trasversalità delle tecnologie di efficienza energetica (dagli inverter, agli impianti di cogenerazione, ai motori dei carichi elettrici, fino ai sistemi di combustione) e con l’eterogeneità del sistema industriale italiano, tipicamente caratterizzato da una forte presenza di piccole e medie imprese. Gli attori Infine, bisogna considerare la molteplicità degli attori coinvolti in questa filiera, (quali gli energy manager, gli Ege cioè gli esperti in gestione dell’energia, le società di servizi energetici chiamate Esco, gli istituti di credito e i fornitori di tecnologie), spesso ancora poco noti e considerati un driver di miglioramento e semplificazione dell’iter. In primo piano nella Sen L’efficienza energetica può comunque essere la leva per affrontare e sostenere queste criticità. Tanto che la recente bozza del Governo sulla Sen (Strategia Energetica Nazionale) pone questo settore come primo obiettivo strategico per il paese, sottolineando il nesso tra energia e competitività attraverso quattro macro obiettivi: ridurre il differenziale di costo dell’energia fra imprese e consumatore finale, rispettare l’ambiente e preservare le risorse disponibili, assicurare l’approvvigionamento delle fonti energetiche così da ridurre la dipendenza estera e, infine, favorire gli investimenti nel settore energetico e l’indotto per il rilancio della crescita economica italiana. Per il raggiungimento di tali obiettivi il Governo ha deciso di assegnare agli operatori che si occupano di efficienza energetica 60 dei 180 miliardi di euro complessivi destinati alle fonti rinnovabili e ai settori tradizionali energetici. Un contributo per permettergli di ridurre del 24% i consumi energetici primari. Quota che supera il 20% contemplato nel pacchetto clima-energia approvato dall’Unione Europea nel 2008. Il taglio dei consumi si tradurrebbe in circa 8 miliardi di euro di risparmio sulle importazioni e in una riduzione di circa 55 milioni di tonnellate di anidride carbonica emessa. Giù le emissioni Guardando poi fino al 2030 e al 2050, l’Italia ha condiviso l’intento europeo di compiere una sostanziale decarbonizzazione dell’economia, abbattendo fino all’80% le emissioni. L’agenda europea richiederà sforzi simili a tutti i paesi dell’Unione, determinando quindi un mercato interessante in cui il nostro Paese può ambire a una posizione di leadership. A conti fatti, ci si guadagna Calcolando il costo medio necessario per risparmiare o produrre un singolo kilowatt elettrico o termico da ciascuna di queste nuove tecnologie di efficienza e comparandolo con il risparmio per l’approvvigionamento da fonti tradizionali, si è visto che in termini di convenienza “assoluta”, quasi tutte risultano essere economicamente sostenibili, anche in assenza di sistemi di incentivazione. Solo i motori elettrici ad alta efficienza e i sistemi ORC (Organic Rankin Cycle – sistemi di cogenerazione di energia elettrica e termica) soffrono per sostenibilità, ma il loro trend di riduzione dei costi è comunque evidente e migliorabile nel futuro. Il decreto del Governo ha rinnovato anche i benefici fiscali per gli interventi di efficienza energetica, portandoli dal 55% al 65% e in fase di approvazione in legge del provvedimento, saranno riviste anche le scadenze. Il rapporto dell’Enea (l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) evidenzia che il risparmio energetico ottenuto grazie agli interventi di riqualificazione edilizia che hanno beneficiato della detrazione sinora attuata del 55% è stata superiore, in termini di energia primaria, a 1,4 miliardi di kilowatt orari nel 2011, che ha comportato una riduzione di emissioni di anidride carbonica pari a 305 mila tonnellate. Nel complesso si quantifica un Indici di efficienza energetica (1990=100) Industria manifatturiera Trasporti Residenziale Indice efficienza totale 100 90 80 70 1990 1995 2000 2005 2010 Fonte: elaborazione ENEA su dati MSE risparmio di oltre 10 miliardi di kWh/anno e di più di 2 milioni di tonnellate l’anno di emissioni di anidride carbonica (considerando gli interventi messi a punto dal 2007 fino a fine 2013). Barriere economiche e culturali L’indagine ha interpellato 150 imprese e nonostante i benefici provati esiste una barriera significativa all’ingresso: il tempo di ritorno dell’investimento frena e preoccupa il 71% di loro. Se comparato con le soglie massime di accettabilità fissate tipicamente dalle imprese per investimenti nel settore energia (due-tre anni), dai tre ai sette anni è sicuramente una media molto più elevata. La ragione è spiegata dal 40% del campione con l’indisponibilità di capitale proprio e dal 31% con la difficoltà di accesso ai finanziamenti bancari. culturale e sociale. Il grado di consapevolezza del problema energetico è ancora scarso. Dal report emerge che solo il 22% delle imprese adotta un approccio strutturato nella gestione dell’energia interna con piani pluriennali orientati alla riduzione dei consumi, mentre il 69% parla di processi di misura e controllo dei consumi energetici ancora rudimentali. Non mancano gli assenteisti, cioè coloro che non attivano alcuna forma di misurazione (15%). Inoltre, il 90% delle imprese sono state indotte a investimenti di efficienza energetica a causa dell’invecchiamento delle macchine e per interventi di miglioramento del processo produttivo, comunque non guidati da una ricerca specifica di risparmio nei consumi e nei costi. K Azzurra Zaglio è editor di Morningstar Italy. A frenare la spinta verso gli investimenti efficienti ci sono anche barriere di natura Morningstar.it 25 In Primo Piano Il rinnovabile si fa a norma Di Azzurra Zaglio La legge sull’energia è ampia e complessa. L’Italia si prefigge l’obiettivo del 17% di produzione da fonti alternative entro il 2020. Il mercato rimane in costante evoluzione. In materia di energie rinnovabili la normativa italiana è complessa. Il Pacchetto europeo Clima-Energia del 2008 (recante misure volte a combattere i cambiamenti climatici e a promuovere l’uso delle energie rinnovabili che entro il 2020 porteranno a una riduzione del 20% delle emissioni di gas a effetto serra, a un risparmio del 20% di energia e a un aumento, sempre del 20%, della quota di energia da fonti rinnovabili sul consumo finale di energia) ha fissato per gli Stati membri obiettivi vincolanti di produzione energetica da fonti rinnovabili, coerentemente a quello complessivo del 20%. L’Italia ha ricevuto come target il 17%, raggiungibile attraverso il Pan (Piano attuativo nazionale), che mira a razionalizzare e adeguare i sistemi di incentivazione della produzione di energia da fonti rinnovabili e a incrementare l’efficienza energetica. Il labirinto degli incentivi Il quadro degli incentivi alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili in Italia è intricato. Finanziati dalla collettività tramite le bollette, costituiscono una voce di spesa rilevante. Nel nostro sistema coesistono diversi e numerosi meccanismi di incentivazione, alcuni fondati su regimi di mercato, altri su regimi amministrativi. Il più noto è quello dei Certificati Verdi (CV) introdotti dal Dlgs 79/99 (noto come “decreto Bersani”), che fissava al 2% la quota minima 26 Morningstar Investor Luglio / Agosto / Settembre 2013 di energia prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili a ciascun produttore o importatore di energia elettrica da fonti tradizionali. La quota è stata poi progressivamente aumentata di 0,35% annui nel triennio 2004-2006 e di 0,75% nel periodo 2007-2012. I CV sono titoli annuali comprovanti la produzione energetica nella quota fissata, previsto per gli impianti di potenza superiore a 1 MW, mentre per quelli inferiori vige la tariffa onnicomprensiva. Sono emessi dal Gse (Gestore servizi energetici), colui che determina anche il valore di mercato di riferimento dei certificati. Con la finanziaria del 2008 sono state introdotte alcune novità, quali l’allungamento del periodo di incentivazione a 15 anni (prima erano 12), la differenziazione del certificato a seconda della fonte rinnovabile e il prezzo. I CV hanno però mostrato parecchi limiti soprattutto per l’eccesso di offerta sul mercato rispetto alla domanda di dotazione. Così, nel 2011 il legislatore è intervenuto prevedendo un nuovo meccanismo a tariffa fissa per i piccoli impianti (fino a cinque MW) e ad asta al ribasso per gli impianti più ampi. Giro di vite Il DM del 6/7/12 ha ridisegnato gli scenari. Il decreto per le rinnovabili elettriche non fotovoltaiche stabilisce nuovi meccanismi e procedure in sostituzione della tariffa Definizione ufficiale di fonte rinnovabile La legge 10/91 all’art.1 comma 3, dice che sono fonti rinnovabili di energia o assimilate: “Il sole, il vento, l’energia idraulica, le risorse geotermiche, le maree, il moto ondoso e la trasformazione dei rifiuti organici ed inorganici o di prodotti vegetali. Sono considerate altresì fonti di energia assimilate alle fonti rinnovabili di energia la cogenerazione, il calore recuperabile nei fumi di scarico e da impianti termici, da impianti elettrici e da processi industriali, nonché le altre forme di energia recuperabile in processi, in impianti e in prodotti ivi compresi i risparmi di energia conseguibili nella climatizzazione e nell’illuminazione degli edifici con interventi sull’involucro edilizio e sugli impianti.” Il Dlgs n.387 del 29/12/2003, ha poi definito: “Fonti energetiche rinnovabili, le fonti energetiche rinnovabili non fossili.” onnicomprensiva, la cui scadenza era prevista a fine 2012, e per i CV. Fissa come limite massimo di spesa annuo la soglia di 5,8 miliardi di euro e i livelli di incentivazione previsti sono in media inferiori a quelli pre-2013 con riduzioni stimate tra il 15 e il 30%, anche se sono previsti premi aggiuntivi rispetto alle tariffe incentivanti di base compresi tra 10 e 40 euro/MWh. K Azzurra Zaglio è editor di Morningstar Italy. L’intervista Cinque domande a Micheal Bret (Axa IM) Di Valerio Baselli Valerio Baselli: Axa Investment Managers ha recentemente pubblicato uno studio dal titolo Energy Report – Unlocking investment opportunities, che analizza l’investimento nel settore energetico. In breve, quali sono le principali opportunità? Micheal Bret: Nel caso dei combustibili fossili, i fornitori di servizi sono in una posizione decisamente migliore per beneficiare della crescita dei prezzi, rispetto ai produttori. Per quanto riguarda invece le (poche) forme di energia più economiche, si deve riuscire a scovare chi è in grado di ottenere il vantaggio competitivo relativo e quindi di offrire un buon investimento. Basta analizzare la produzione di gas a basso costo negli Usa: a beneficiarne maggiormente sono i produttori chimici e di fertilizzanti. Per lo spread WTI-Brent, invece, la risposta è ancora più sorprendente: sono le raffinerie a beneficiare del differenziale, ma non i consumatori americani. Per quanto riguarda le energie rinnovabili, crediamo ancora che le società vincenti siano quelle che si basano su innovative relazioni con i clienti e su una tecnologia all’avanguardia. Raggiungere i potenziali clienti è una leva fondamentale per fare il salto in questo settore. VB: Il comparto energetico presenta delle barriere all’investimento più solide rispetto ad altri settori. Perché? Secondo: le catene di valore sono lunghe e complesse, quindi individuare le opportunità significa analizzare approfonditamente i processi del settore industriale. Terzo: il quadro normativo può essere spaventoso, se non si hanno chiari quali sono i rischi a lungo termine e i benefici reali che esso può comportare. Gli investitori possono superare queste barriere se ottengono una visione chiara di ciò che lo scenario energetico può essere in futuro, in modo da distinguere i problemi superabili dalle vere inversioni di tendenza. VB: Cosa dovrebbe tenere a mente un investitore prima di entrare in questo settore? MB: È fondamentale valutare l’orizzonte temporale e l’appetito al rischio. In questo campo i cambiamenti sono rapidi e numerosi. Questo implica una volatilità maggiore. Quindi, gli investitori a breve termine si possono concentrare sulle forti tendenze attuali (gas di scisto, carbone), ma dovrebbero essere a conoscenza dei limiti di questi trend. produzione variabile per alcune tecnologie, sensibilità alla regolamentazione, resistenza ai cambiamenti climatici. Ma ciò include anche nuove opportunità: la ricerca di prodotti innovativi e di altri clienti. Gli investitori hanno bisogno di concentrarsi su queste possibilità. Anche in questo caso, il contrasto tra breve e lungo termine è fondamentale. VB: Quali saranno, secondo lei, i principali cambiamenti che il comparto dell’energia vivrà nel prossimo decennio? MB: L’aspetto principale riguarderà lo sviluppo di un nuovo vasto mercato, ovvero la gestione della nuova domanda di energia. Questo comporta lo sviluppo di beni e servizi di efficienza e di tecnologie in grado di anticipare i nuovi bisogni. K Michael Bret è direttore della ricerca tematica di Axa Investment Managers dal 2011. Ha il compito di definire e approfondire vasti temi finanziari in un’ottica di lungo periodo, nonché di coordinare le attività di analisi del gruppo. Dal 2009 al 2011 ha lavorato come economista per l’Ocse. In precedenza, è stato ricercatore presso il Cemmap e consulente di BNP Gli investitori a lungo termine, invece, possono interessarsi alle aziende che elaborano una visione chiara e integrano nuove e vecchie energie in un modello di business coerente e robusto. MB: In questo settore, le barriere possono essere più forti per tre motivi. VB: L’avvento delle nuove energie a scapito delle vecchie cambierà, secondo voi, il modo in cui gli investitori operano nel settore energetico? Primo: il ritmo di innovazione è molto alto (sia nelle vecchie che nelle nuove forme di energia). MB: Le nuove sfide presentano molti aspetti che dovranno essere valutati: volatilità, Paribas a Hong Kong. Laureato presso la Scuola Superiore di Economia, Statistica e Finanza di Parigi (ENSAE ParisTech), con dottorati conseguiti presso la Ecole Normale Superieure, la Scuola di Economia di Parigi e l’Università Paris six. Valerio Baselli è editor di Morningstar Italy Morningstar.it 27 In Primo Asset Allocation Piano La volatilità del mercato dell’energia Di Marco Frittajon Il rischio di trasmissione della volatilità fra il settore energetico e il mercato finanziario è un elemento essenziale nella modellistica applicata al pricing dei derivati e alla gestione di portafoglio. L’economia è in evoluzione e in evoluzione sono anche i mercati finanziari, che hanno la capacità di adattarsi e di captare la nuova domanda nella forma di nuovi business, nuove tecnologie, ecc. Così anche nel campo dell’energia, capire come il settore si evolve nel tempo per necessità di tipo strutturale oppure per influenze o effetti di contagio finanziario, è fondamentale per una buona gestione dei capitali di investimento. Trasmissione della volatilità nel mercato del petrolio Il cambiamento del prezzo del petrolio ha effetto sull’attività economica e sui mercati finanziari attraverso diversi canali di trasmissione. Gogineni (2010) mette in luce gli effetti sul lato dell’offerta e della domanda: per esempio come questi incidano sulla disponibilità, sui fattori di produzione di base e sui costi di investimento, sui rapporti di scambio fra produttori e consumatori, sulle strutture produttive aziendali e quindi sull’occupazione. L’impatto delle oscillazioni del prezzo del greggio non è inoltre uguale in tutti i settori dell’economia. Esse possono influenzare diverse aziende in alcuni settori dal lato dell’offerta, ma altri dal lato della domanda. L’intensità dipende dalla misura in cui esso serve come input oppure come output, o dalla sua esposizione a effetti indiretti del prezzo del petrolio. Dipende anche 28 Morningstar Investor Luglio / Agosto / Settembre 2013 dal livello di concorrenza o di concentrazione e dalla capacità di assorbire e trasmettere il rischio di prezzo ai consumatori finali. La questione della trasmissione di volatilità tra i prezzi del petrolio e il comparto azionario è fondamentale per la diversificazione del portafoglio, per la gestione del rischio energetico e in particolare per le decisioni di politica energetica di settore. In Arouri, Lahiani e Nguyen (2012) lo studio degli effetti di spillover della volatilità a livello settoriale consentirebbe di comprendere meglio le dinamiche dei diversi settori in risposta ai movimenti di prezzo del petrolio, nonché di evitare gli effetti di compensazione a causa dell’uso di indici di mercato. L’utilizzo di un modello bivariato VAR-GARCH permette di analizzare la volatilità a livello incrociato fra settori e ottenere pesi ottimali e rapporti di copertura con cui costruire portafogli di titoli diversificati e strategie di investimento. Il modello, in breve, è il seguente. Sia la componente VAR (per modellare i rendimenti), sia quella GARCH (per la volatilità) sono di ordine uno, quindi semplici ma flessibili. La varianza s condizionale del comparto azionario (h t) può dipendere dal proprio passato e dai residui, ma anche da quelli del settore energetico. Similmente la varianza condizionale del seto tore del mercato del greggio (h t) può dipendere solo dal proprio passato (o dipende dai casi). E’ attraverso l’architettura di queste componenti che si coglie la trasmissione di volatilità da un mercato all’altro. Il metodo di stima è di quasi massima verosimiglianza, poiché robusto e permette buoni risultati anche quando le serie dei rendimenti non sono distribuite in modo gaussiano. Una volta che il modello VAR(1)-GARCH(1,1) è stimato, si possono ottenere le serie delle varianze e le covarianze condizionali per estrarre i pesi ottimali e i rapporti di copertura per avere un portafoglio hedgiato. In questo modo l’investitore è in grado di misurare quanta porzione di capitale può esporre ai titoli del mercato del petrolio, minimizzando il rischio e controllando il livello di rendimento atteso. Kroner e Ng (1998) dimostrano che i pesi ottimali sono una funzione delle varianze e della correlazione (hsot) condizionali: Wos, t = h st – h ost h ot – 2h ost + h st con il vincolo che sia fra zero e uno. Il rapporto di copertura ottimale per un portafoglio efficiente è determinato dall’indice beta (Kroner e Suktan, 1993), misurato come rapporto fra correlazione e varianza del greggio, ßos,t =(host ⁄ h ot ). La copertura, quindi, sarà la medesima: 1 euro (posizione lunga) su comparto azionario e ßos,t euro (posizione Fig. 1 Correlazioni condizionali che variano nel tempo, tratte dal modello Garch nella specificazione DCC fra il settore delle energie alternative (ECO), il petrolio (OIL) e quello tecnologico (PSE). Correlations between ECO and Oil .8 .6 .4 .2 0 -.2 01 02 03 04 05 06 07 08 09 10 Correlations between ECO and PSE 1.0 0.9 0.8 0.7 0.6 0.5 01 02 03 04 05 06 07 08 09 10 Correlations between ECO and PSE 0.6 0.4 0.2 0 - 0.2 01 02 03 04 05 06 07 08 09 10 Fonte: Elaborazione Morningstar corta) sul mercato del greggio, ad esempio vendendo allo scoperto contratti futures. Secondo Arouri, Lahiani e Nguyen, la trasmissione della volatilità fra settori azionari e mercato del petrolio è bidirezionale. In aggregato si noterebbe un effetto di trasmissione dal mercato azionario verso quello del greggio nella maggioranza dei casi. Un ulteriore e più approfondito livello di anali- si dovrebbe essere lo studio a livello di singola azienda e quindi in aggregato della capacità ed efficacia delle policy di risk management attuate proprio in merito al rischio greggio. Trasmissione della volatilità nelle rinnovabili Il mercato delle fonti energetiche rinnovabili nell’ultimo decennio è diventato sempre più interessante, con livelli tendenziali di crescita notevoli, anche se non sono mancati periodi di contrazione. Ad ogni modo, sembra che il futuro veda necessariamente un ridimensionamento delle fonti energetiche fossili, ma anche del nucleare (si pensi al dibattito post Fukushima), per un aumento nel mix di produzione energetica delle fonti “alternative”. Inoltre big players come Goldman Sachs hanno da tempo accelerato gli investimenti in questo settore. Capire le relazioni fra mercato dei capitali e questo segmento è quindi strategico per impostare una corretta gestione delle attività di investimento che possa cogliere questo trend di cambiamento strutturale nella produzione e quindi nell’approvvigionamento energetico. Non esistono molti studi in questo nuovo settore, ma già Henriques e Sadorsky (2008) trovano che gli shock sul settore tecnologico hanno un considerevole impatto sulle azioni delle società che producono energia alternativa. L’impatto sarebbe anche maggiore di quello del greggio. Lo studio poggia su basi solide, poiché il successo o il fallimento di queste società spesso dipende proprio dal successo o meno delle tecnologie che esse pongono in essere. mentali per la formazione di portafogli ottimali e rapporti di copertura. Nella fattispecie, il modello (simile a quello visto per il mercato del petrolio) è un VARMA-GARCH(1,1) che permette di modellare i rendimenti (attraverso la componente VAR) e le varianze/covarianze nel tempo (la componente GARCH). Un elemento che emerge è la relazione fra settore delle rinnovabili e quello tecnologico. In particolare esisterebbe una elevata correlazione fra le due classi di investimento. L’investitore allora potrebbe argomentare che in tale situazione ci potrebbe essere un effetto di sostituzione fra le due asset class. Infatti, essendo i titoli del settore energetico alternativo più rischiosi dei corrispettivi del comparto tecnologico, ed essendo altamente correlati, l’investitore razionale ottimizzerebbe al meglio le proprie risorse finanziarie investendo solo sui tecnologici. Tuttavia, investire in energia significa favorire società specializzate nella produzione di beni nuovi e di prodotti legati ad un nuovo sfruttamento energetico. Questi prodotti fungono da input in attività economiche nuove e quindi partecipano ad evolvere il processo produttivo, con orizzonte di lungo periodo. Le società tecnologiche producono beni di consumo che generalmente alimentano una domanda già esistente (si pensi al nuovo modello di smartphone, al televisore 3D, ecc). Quindi investire in società del settore delle energie alternative significa colmare il gap fra innovazione, adozione e diffusione di nuove tecnologie energetiche. K Marco Frittajon è research analyst indipendente Per analizzare la trasmissione della volatilità fra i vari mercati di riferimento, ovvero fra quello delle energie alternative, quelle fossili e il comparto tecnologico, un recente studio di Sadorsky (2012) utilizza una modellistica di tipo GARCH multivariato al fine di cogliere come le volatilità e le correlazioni variano nel tempo e quindi ottenere le informazioni fonda- Morningstar.it 29 In Primo Piano La Borsa pesca nei pozzi petroliferi Di Francesco Lavecchia Mercato del greggio sotto pressione. Il prezzo del gas naturale, invece, beneficia del calo della produzione e delle riserve. Le migliori idee di investimento secondo Morningstar. Il mondo pensa green, ma le Borse non smettono di sorridere al petrolio. Nonostante il mercato sembri aver adeguatamente valutato le dinamiche future del settore (la media del rapporto fra valore e prezzo obiettivo è di 0,9) le occasioni di investimento non mancano e il segmento che presenta i migliori margini di apprezzamento è quello cosiddetto E&P (esplorazione e produzione di greggio e gas). CNOOC, l’investitore ringrazia il Governo Il gruppo cinese è partecipato dal Governo per il 64% del capitale sociale. E il controllo 30 Morningstar Investor Luglio / Agosto / Settembre 2013 da parte dello Stato, a nostro avviso, è il principale punto di forza della società. Grazie ad esso, infatti, CNOOC (Ceo) detiene il diritto di esclusiva nell’avviare partnership con operatori stranieri per la produzione di petrolio e gas offshore (i cosiddetti Production sharing program). Questo, da una parte riduce i rischi e i costi del progetto che vengono così condivisi con l’azienda partner e, dall’altra, permette al gruppo cinese di apprendere diversi meccanismi di gestione e nuove tecnologie che poi sfrutta sul mercato interno. Il gruppo, inoltre, beneficia anche dell’ostruzionismo da parte del Governo di Pechino all’ingresso di nuovi operatori esteri, anche se questo vantaggio dovrebbe progressivamente annullarsi per effetto dell’adesione della Cina alle regole del mercato previste dal Wto (World trade organization). Pechino, poi, garantisce un accesso agevolato al credito e sgravi fiscali alle aziende partecipate dallo Stato che decidono di espandersi all’estero. CNOCC ha Tabella: Le migliori idee di Morningstar Nome Ticker Domicilio Sottosettore Valuta Market Cap (Mid) Fatturato (Mil) Halcon Resources Corp HK Usa Oil & Gas - E&P USD 2.13 247.00 Suncor Energy Inc SU Canda Oil & Gas - Integrato USD 46.82 38,782.77 Economic Moat Prezzo/ Prezzo Obiettivo P/EPS atteso 0.48 13.28 Medio 0.6 10.19 Assente HollyFrontier Corp HFC Usa Oil & Gas - Raffineria USD 8.99 20,090.00 Medio 0.75 6.78 CNOOC, Ltd. CEO Hong Kong Oil & Gas - E&P USD 78.08 39,745.60 Medio 0.77 10.12 Schlumberger NV SLB Usa Oil & Gas - Services USD 97.58 42.321 Ampio 0.84 12.87 Fonte dati: Morningstar Direct, dati al 19 giugno 2013. recentemente acquisito la canadese Nexen. Un’operazione di strategica importanza sia per le sue attività in Regno Unito, Africa e Golfo del Messico sia per la necessità del gruppo cinese di aumentare la sua produzione e le riserve di greggio. Ci aspettiamo che Ceo prosegua su questa strada, data la scarsa possibilità di trovare nuovi giacimenti sul territorio nazionale e la facilità di reperire capitali attraverso gli aiuti di Stato. Secondo i nostri analisti il mercato sta scontando oltremodo il negativo impatto del rallentamento dell’economia del Dragone sulla domanda di gas e petrolio e ne raccomanda l’acquisto. Suncor, il buono dell’integrazione La società canadese nata dalla fusione tra Suncor e Petro-Canada, è quello che si chiama un operatore integrato nel settore energetico. E’ attiva sia nel segmento upstream, ovvero nell’esplorazione e produzione di gas naturale e petrolio, grazie ad attività offshore (su piattaforme a largo dei mari) e onshore (sulla terraferma) in Canada, Regno Unito, Siria e Libia, che in quello downstream, cioè nelle attività di lavorazione e raffinazione del prodotto grezzo, deposito, stoccaggio e commercializzazione. Secondo i nostri analisti la natura delle attività del gruppo canadese e il suo grado di integrazione sarebbero gli elementi chiave che gli permetterebbero di mantenere un livello di profittabilità superiore alla media del settore. Suncor, infatti, ha un consistente portafoglio di giacimenti di bitume, sia in situ (quelli ricavati dalla trivellazione del suolo) che minerari, che si distinguono per la lunga durata della loro vita produttiva e per il basso rischio esplorativo. L’integrazione dell’attività di raffineria a quella di estrazione e produzione di greggio permette a Suncor, diversamente da quanto succede per i suoi competitor, di poter vendere circa il 90% del suo prodotto raffinato ai prezzi internazionali, generalmente più alti di quelli interni, mantenendo costi di produzione a livelli concorrenziali e realizzando quindi margini di profitto superiori alla media. La nostra valutazione del titolo, pari a 52 dollari canadesi, dipende in maniera determinante dalle aspettative sull’andamento futuro del prezzo del gas e del greggio e spinge i nostri analisti a raccomandare l’acquisto del titolo. Halcon Resources, strategia “grow and sell” Halcon Resources è una società molto giovane. E’ nata nel 2012 da un’operazione di ricapitalizzazione di RAM Energy che ha visto come protagonista assoluto Floyd Wilson, il quale ha reinvestito in Halcon i capitali ottenuti dalla vendita della Petrohawk, società di cui è stato il fondatore. Ora Wilson è l’Ad di Halcon e tutto, comprese le sue dichiarazioni, fa intuire che voglia replicare la strategia adottata in passato per Petrohawk: ovvero quello di far crescere e valorizzare gli asset dell’azienda per poi venderli al miglior offerente tra i big del settore energetico. I risultati conseguiti in passato da Wilson e la decisione di assumere molti direttori provenienti dalle fila della Hawk Field (il segmento midstream della Petrohawk) fanno ben sperare sul successo di questa operazione. Ma il nostro ottimismo sul titolo dipende dal fatto che Halcon ha un portafoglio di attività sufficiente a determinare un valore minimo, al di sotto del quale il mercato non dovrebbe prezzare il titolo, oltre a numerosi altri giacimenti ancora in fase iniziale di esplorazione. Inoltre, grazie ad una liquidità di circa 700 milioni di dollari, Suncor detiene risorse finanziarie sufficienti per continuare ad arricchire il suo portafoglio con nuovi asset. HollyFrontier mette lo zampino tra Wti e Brent HollyFrontier nasce dal matrimonio di due aziende, Holly e Frontier, ed è ora una delle principali raffinerie indipendenti degli Stati Uniti. Il punto di forza del gruppo americano è la sua posizione geografica. I cinque centri di produzione di cui è proprietaria sono collocati negli stati centrali degli Usa. Questo le permette di beneficiare a pieno del differenziale tra le quotazioni del petrolio sulla Borsa di New York (Wti) e quelle sul listino londinese (Brent). Storicamente il greggio americano è scambiato a prezzi più elevati Morningstar.it 31 In Primo Piano rispetto a quello londinese perché considerato più pregiato, ma dal 2010 si è registrata una brusca inversione di tendenza. A causarla sono stati il forte calo della domanda dell’oro nero, seguita alla negativa congiuntura economica in America, e lo sbilanciamento del mercato statunitense sul lato dell’offerta. Schlumberger è leader nel mercato russo, dove riesce a sfruttare una rete di relazioni con le società petrolifere del paese costruita intelligentemente nel tempo, ed è ben posizionata per catturare la crescente domanda proveniente dai mercati emergenti di America latina, Africa, Medio Oriente e Asia. L’allargamento di questo spread ha garantito un enorme vantaggio di costo per HollyFrontier, che ha potuto comprare la materia prima a prezzi più bassi rispetto ai concorrenti. Questo dovrebbe compensare le debolezze del mercato interno, dove il prezzo del greggio è frenato da un eccesso di offerta, permettendo al gruppo americano di crescere ad un ritmo del 7% per i prossimi cinque anni e di migliorare il margine operativo portandolo sopra il 20 nel 2017. K Recentemente, il differenziale tra le due quotazioni si è ridotto, anche se continua ad essere abbondantemente sopra i suoi livelli storici. Questo risparmio in termini di costo si traduce in elevati margini di profitto e in nuovi investimenti per l’espansione della sua capacità produttiva. La nostra valutazione si basa sulle aspettative circa la profittabilità futura della società americana che, anche nei prossimi cinque anni, riuscirà a mantenere un margine operativo superiore al 10% e un valore medio del rendimento del capitale (ROI) al di sopra del 20%. Schlumberger punta sull’R&D Un titolo del segmento Oil & Gas Services che gli analisti considerano molto interessante è Schlumberger. Al momento le sue quotazioni si aggirano attorno ai 70 dollari, ma la società americana ha forti potenzialità di crescita grazie alla sua posizione di vantaggio all’interno del settore e alla sua esposizione ai mercati emergenti. Diversamente dai suoi competitor, Schlumberger riesce a guadagnare fette di mercato grazie alla sua offerta di servizi ad alto contenuto tecnologico. Il suo investimento in Ricerca e Sviluppo è tra i più alti del settore e la sua strategia di fusioni e acquisizioni è orientata verso il settore high-tech e in particolare a quelle società di piccole dimensioni i cui software possono essere integrati facilmente nei loro prodotti. 32 Morningstar Investor Luglio / Agosto / Settembre 2013 Francesco Lavecchia è stock analyst di Morningstar La guida alle decisioni di investimento Morningstar Investor è unico perché indipendente e innovativo nel design e nella tecnologia. È progettato per essere digitale, sfogliabile con il pc, smartphone o tablet. Sfoglia Morningstar Investor, troverai gli articoli di economisti ed esperti sui temi di mercato e di investimento, accanto a quelli del team di giornalisti e analisti di Morningstar. Per informazioni sulla pubblicità contattare [email protected] Edizione stampata limitata Sfoglia il magazine in versione digitale www.morningstar.it Morningstar.it 33 SEMPLICITA’ INDIPENDENZA RISPARMIO www.fundstore.it Con Fundstore investire è semplice! Sei un risparmiatore? Opera direttamente e in piena autonomia dal tuo conto corrente scegliendo tra oltre 4.500 fondi Sei un consulente? Fundstore è lo strumento ideale da abbinare al servizio di consulenza finanziaria Scopri come su www.fundstore.it Analisi Morningstar Fondi azionari energia, poche medaglie Di Dario Portioli Perché scegliere un fondo settoriale. Quali criteri utilizzare per la selezione. Cosa dice il Morningstar Analyst Rating. Gli investitori che concentrano l’attenzione sul settore dell’energia ritengono che questo abbia delle potenzialità superiori alla media oppure preferiscono scegliere più fondi specializzati anziché uno generalista. Inseriti in un unico portafoglio, questi ultimi possono dare luogo a un risultato simile in termini di diversificazione. Il vantaggio di questo approccio è quello di poter puntare ai migliori gestori di ogni singolo segmento; l’aspetto negativo è legato ai maggiori costi di transazione. Adottando questo secondo approccio, dunque, l’aspetto centrale è il criterio con cui si decide quale fondo è migliore di altri. Nel caso di Morningstar, la risposta a questa domanda è un mix di elementi quantitativi e qualitativi che trovano la sintesi nel Morningstar Analyst Rating. Niente gold Per quanto riguarda il settore dell’energia, concentriamo l’attenzione solo sui fondi distribuiti in Italia e solo su quelli che hanno ricevuto un Morningstar Analyst Rating (vedi tabella). Il primo aspetto che notiamo è l’assenza di prodotti “Gold”. Questo risultato non ci sorprende, in quanto il nostro team di analisti non mira ad avere una scala di rating simmetrica, né ad avere almeno un fondo per ogni possibile giudizio (Gold, Silver, Bronze, Neutral, Negative). Nel caso esaminato, Fondi con Morningstar Analyst Rating che investono nell’energia Nome Fondo Morningstar Analyst Rating Rendimento a 3 anni (annualiz.) Dev.Std. 3 anni Categoria Azionari Settore Energia BGF World Energy E2 Silver 2.02 19.01 CS SICAV (Lux) Equity Energy B Bronze 2.32 18.32 ING (L) Invest Energy X EUR Acc Neutral 4.44 17.68 Schroder ISF Global Energy A Neutral -3.87 22.30 Parvest Equity World Energy C C Negative 6.01 16.64 Investec GSF Glbl Energy A Acc Grs EUR Under Review 2.25 19.22 Categoria Azionari Settore Energie Alternative RobecoSAM Smart Energy B EUR Bronze -1.82 11.53 BGF New Energy E2 Bronze -2.53 10.96 Sarasin New Power Fund A Neutral -6.15 13.58 Investec GSF Glbl Energy A Acc Grs EUR Under Review 2.25 19.22 MSCI World NR USD - 11.29 9.56 dunque, le alternative migliori sono quelle che hanno rating Silver e Bronze, entrambi giudizi positivi anche se con diverse gradazioni. Nella tabella riportiamo anche tre fondi Neutral (per i quali non esprimiamo una particolare convinzione né in positivo, né in negativo) e un fondo Negative. osservati, è che il fondo sottoperformi la media di categoria. Infine, il fondo con rating “under review” ha subito un cambio di team di gestione. Nelle pagine seguenti, mostriamo due esempi di “fund analysis”. K Dario Portioli è senior fund analyst di Morningstar Nei confronti di quest’ultimo, la nostra aspettativa, sulla base dei fondamentali Morningstar.it 35 Pagina 1 di 4 | MorningstarResearch Report Credit Suisse SICAV (Lux) Equity Energy B Indice della categoria Morningstar MSCI World/Energy NR USD 13.0 Morningstar Analyst Rating™ Crescita di 10.000 (EUR) 12.0 ´ 11.0 Fondo 10.0 Benchmark 9.0 Categoria 8.0 7.0 Maximilian Kreitlmeier Morningstar Analyst 6.0 Sintesi Persone: Gestito da Wellington. Undavia è da diversi anni il responsabile. 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 - - - ( ) & ( * & - - - 17.44 -49.98 48.68 16.35 -9.13 1.15 5.14 Rendimento tot - - 0.38 -15.13 26.38 -3.30 -12.64 0.84 -3.33 +/- Indice Cat 0.00 +/- Categoria - - - -1.64 -5.28 9.42 -2.52 1.01 4.27 - - - 58 81 24 65 42 20 Morningstar Opinion Processo: Strategia comprovata e di successo. Le azioni vengono scelte con un approccio bottom-up. 12 dic 2012 | Credit Suisse Equity Energy è efficace per i suoi investitori nonostante gli elevati costi di gestione. Prezzo: I costi del fondo sono più alti rispetto alla mediana di categoria. Per chi è adatto: Ruolo di nicchia. Gli investitori possono decidere di utilizzare questo prodotto come satellite nel portafoglio. I fondi di settore sono più volatili rispetto agli altri a causa della concentrazione in poche industrie. Morningstar Style Box®: Ownership Zone Giant Large Mid Small Questo fondo viene gestito in delega dalla società statunitense Wellington e coordinato personalmente dal manager Nilesh Undavia, uno specialista che opera da numerosi anni nel settore energetico. Da luglio 2001 ad agosto 2009, è stato responsabile di Clariden Leu (Gue) Energy Equity, a sua volta fuso, nel frattempo, nella versione lussemburghese di Credit Suisse. Combinando la storia di entrambi i fondi, emerge che Undavia, alla fine del novembre 2012, è in grado di battere la media della categoria Morningstar Azionari Settore Energia, nonché il benchmark. Undavia investe contemporaneamente tanto nelle multinazionali petrolifere quanto in tutti i processi che compongono la catena del valore del settore energetico: riserve petrolifere, produzione e raffinazione del greggio, attrezzature o trasporti. Il sotto-settore integrato del petrolio e del gas, che comprende società come Exxon Categoria Morningstar Benchmark del fondo Data di Partenza Dividendo a 12 mesi % Micro Deep Val Core Val Blend ( Cat Perf Quartile - Società: La gestione di fondi ha un ruolo relativamente contenuto nelle operazioni globali di Credit Suisse. Performance: In un’ottica di lungo periodo, si registrano buone performance frutto delle scelte strategiche. YTD Performance31/05/13 Core Grth High Grth Centroide: media ponderata dei titoli del fondo Area: 75% dei titoli del fondo (Dati al 31/03/13) 36 Morningstar Investor Luglio / Agosto / Settembre 2013 Azionari Settore Energia 100% MSCI World/Energy NR USD 24/02/2006 0.00 58 % Percentile categoria Mobil, che pesa per il 60% nel benchmark, viene costantemente sotto pesato dal gestore. Il gestore, invece, preferisce puntare su società più piccole e su altri sotto-settori. Per questo motivi, la performance può discostarsi in modo significativo dal benchmark, come nel 2010, quando il fondo è rimasto indietro a seguito del rally dei colossi del settore come Chevron o Royal Dutch Shell. Anche il 2008 è un anno da dimenticare, a causa del maggior peso assegnato alle aziende russe come Gazprom , Lukoil e Transneft. Tuttavia, nel lungo periodo, questo approccio distintivo ha pagato. Undavia è molto esperto ed è coadiuvato da cinque specialisti dedicati al settore dell’energia, nonchè dalla più ampie risorse di ricerca di Wellington. La società americana è nota infatti per il suo forte e consolidato orientamento alla ricerca. Per questo motivo, anche se i costi restano al di sopra della mediana di settore, il nostro Morningstar Analyst Rating è Bronze. ISIN Domicilio Stato legale Valuta di base Attivo netto totale LU0240067867 LUSSEMBURGO SICAV USD USD 233.23 Mil Pagina 3 di 4 | MorningstarResearch Report | All Portfolio data as of 31/03/13 Credit Suisse SICAV (Lux) Equity Energy B Rel Cat 10.54 0.65 1.16 4.64 2.50 0.91 0.71 0.80 0.85 1.04 Indici di Crescita Long-Term Earnings Historical Earnings Sales Flussi di Cassa Book Value Fondo 8.31 -2.67 7.35 4.70 -9.28 Rel Cat 3.54 -0.18 1.58 0.94 -0.72 Capitalizzazione media USD27513.61 Mil Morningstar Holdings Based Style Map Processo: Portafoglio Negli ultimi mesi Undavia ha inserito nuove azioni nel portafoglio: Alpha Natural Resources ad agosto, Consol Energy e Whiting Petroleum a settembre, così come anche Banpu Public Company e Diamondback Energy ad ottobre. Da contro nel mese di settembre,il team ha venduto Surgutneftegaz e Vantage Drilling. Le azioni del portafoglio sono distribuite in maniera ampia sui diversi settori del campo integrato del petrolio e delle società di gas: dalla produzione e sviluppo, raffineria , attrezzature ed accessori, approvvigionamento , fino allo stoccaggio e alla trasmissione. La ponderazione sarà scelta dal manager nel modo più opportuno per differire solo parzialmente dal benchmark. Undavia ha sempre sottopesato il settore integrato del petrolio e delle società Allocazione dell'attivo Azioni 99.52 0.00 99.52 0.00 0.00 0.00 Obbligazioni Large 0 25 50 7.80 7.32 0.48 Altro 0.00 0.00 0.00 Fondo Categoria 75 100 Sen Mid Liquidità Sector Delta ivo net % ens long % short % Dif Giant % dell'attivo del gas rispetto al peso in benchmark del 60%. Fino a fine novembre 2012, il sotto-settore integrato aveva un livello di ponderazione del 43%, a seguire c’erano esplorazione e produzione con un 29,86 % e la raffinazione con un 12,43%; per questo motivo il manager ha effettuato acquisti tra 60 e 100 titoli con un livello di ponderazione di ciascuno non superiore al 5 %. Va ricordato inoltre che Undavia investe fino al 20% in titoli emergenti; inoltre, il gestore può anche inserire in portafoglio investimenti nel settore delle energie rinnovabili. ile Fondo P/EPS P/S P/B Price/Cash Flow Rendimento del dividendo% MSCI World/Energy NR USD sib Indici di Valore Indice della categoria Morningstar Ciclico Small Micro Titoli principali Deep Val Core Val Blend Core Grth High Grth Centroide: media ponderata dei titoli del fondo Area: 75% dei titoli del fondo (Dati al 31/03/13) Prime 5 Regioni Stati Uniti Canada Europa Occidentale - Euro Regno Unito America Latina e Centrale Paesi principali STATI UNITI CANADA REGNO UNITO FRANCIA ITALIA Grado di maturità del mercato Paesi Sviluppati Mercati Emergenti Non Classificato % Azioni 40.22 16.19 15.08 12.31 4.75 % Azioni 40.22 16.19 12.31 6.67 5.68 % dell'attivo 31-03-13 Esposizione settoriale % Azioni Rel Cat q Ciclico 3.31 0.49 r Materie Prime 3.31 0.58 t Beni di Consumo Ciclici 0 0 y Finanza 0 0 0 0 96.69 1.06 0 0 96.02 1.08 0.67 0.39 Total SA 6.64 Eni SpA ADR 4.99 BP PLC ADR 4.17 Suncor Energy Inc 4.14 u Immobiliare BG Group PLC 3.55 w Sensibile i Telecomunicazioni Royal Dutch Shell PLC ADR Class B 3.30 Anadarko Petroleum Corp 3.21 Petroleo Brasileiro SA Petrobras ADR 3.02 Canadian Oil Sands Ltd 2.89 a Tecnologia 0 0 Apache Corporation 2.60 e Difensivo 0.00 0 Numero totale di titoli 71/0 s Beni Difensivi 0 0 d Salute 0 0 f Servizi di Pubblica Utilità 0 0 Concentrazione primi 10 titoli 38.51 o Energia p Beni Industriali % Azioni 88.32 11.68 0.00 Morningstar.it 37 Pagina 1 di 4 | MorningstarResearch Report Parvest Equity World Energy ClassicCapitalisation Indice della categoria Morningstar MSCI World/Energy NR USD 35.0 Morningstar Analyst Rating™ Crescita di 10.000 (EUR) 30.0 Á Fondo 25.0 Benchmark 20.0 Categoria 15.0 Jeffrey Schumacher, CFA Morningstar Analyst 10.0 Sintesi Persone: Dopo il susseguirsi di quattro manager in 7 anni, da gennaio 2013 è il turno di Greg Buckley. Società: BNP PARIBAS potrebbe migliorare riguardo la sua considerazione degli interessi degli investitori. 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 ( * * & ( * ( & ( 13.41 50.85 9.21 44.21 -47.69 34.86 17.72 -2.35 -1.70 7.94 Rendimento tot -5.46 2.50 3.79 27.14 -12.85 12.57 -1.93 -5.86 -2.00 -0.53 +/- Indice Cat -4.59 -0.31 1.41 25.13 -3.00 -4.40 -1.16 7.79 1.42 2.80 +/- Categoria 73 47 40 1 69 49 60 18 53 Morningstar Opinion 17 mag 2013 | Questo fondo non offre valore aggiunto. Processo: Un modello quantitativo rappresenta il cuore della strategia. Performance: Rispetto alla categoria, la performance è ragionevole, mentre il benchmark è avanti. Prezzo: I costi del fondo sono in linea con la mediana della categoria. Per chi è adatto: Ruolo di nicchia. Il focus su uno specifico settore riduce la diversificazione del rischio; dunque, il fondo è adatto come complemento a un portafoglio ben diversificato. Morningstar Style Box®: Ownership Zone Giant Da gennaio 2013 Greg Buckley è gestore del Parvest Equity World Energy Fund. E’ il quarto manager in 7 anni e il continuo cambio della guardia ha un effetto negativo; dal nostro punto di vista un team stabile è essenziale per il successo in un orizzonte temporale medio lungo. George Buckley ha le conoscenze necessarie in quanto analista del settore energetico, ma le sua esperienza di gestore è limitata. Buckley gestisce anche altri fondi utilities e materie prime, senza però un contributo significativo da parte di altri analisti. Per questo, secondo noi, la mole di lavoro è eccessiva. Un ruolo centrale è giocato dal modello quantitativo, utilizzato anche da altri team di settore di BNP Paribas; tuttavia, offre poche possibilità di analisi in quanto è uno strumento settoriale che si basa su tre pilastri: qualità, valutazioni e momentum. Large Mid Small Micro Deep Val Core Val Blend Core Grth High Grth YTD Performance31/05/13 2004 Buckley procede con uno screening ogni settimana e investiga sui nomi segnalati come interessanti dal modello. Categoria Morningstar Benchmark del fondo Data di Partenza Dividendo a 12 mesi % Centroide: media ponderata dei titoli del fondo Area: 75% dei titoli del fondo (Dati al 30/04/13) 38 Morningstar Investor Luglio / Agosto / Settembre 2013 Azionari Settore Energia 17/05/2013 0.00 * Cat Perf Quartile 34 % Percentile categoria La capitalizzazione di mercato minima è di 2 miliardi di euro, per cui il portafoglio è fondamentalmente composto di azioni large value e growth. Il fondo punta a generare rendimenti attraverso la selezione delle singole azioni, mantenendo invece un peso neutrale rispetto al benchmark per quanto riguarda l’esposizione geografica e i sotto-settori. Ciò porta a un portafoglio che non si discosta molto dall’indice, con un active share del 35% nell’aprile 2013. Buckley non ha abbastanza esperienza in ambito di gestione per poter venire giudicato; comunque nel lungo periodo questo fondo non ha riscontrato performance rimarcabili. Il focus sulle grandi capitalizzazioni ha portato a risultati in linea con la categoria, ma se paragonato con il MSCI World Energy 10/40 registra una sottoperformance ( -5,88 punti percentuali annualizzati su 5 anni). In conclusione, visto il modesto grado di gestione attiva, gli investitori sarebbero più sicuri con un ETF; abbiamo dunque deciso di assegnare un rating Negative in considerazione dei continui avvicendamenti alla gestione, nonchè per le performance mediocri. ISIN Domicilio Stato legale Valuta di base Attivo netto totale LU0823414635 LUSSEMBURGO SICAV EUR EUR 214.63 Mil Pagina 3 di 4 | MorningstarResearch Report | All Portfolio data as of 30/04/13 Parvest Equity World Energy ClassicCapitalisation Rel Cat 11.67 0.78 1.51 5.52 3.00 1.00 0.85 1.04 1.02 1.25 Indici di Crescita Long-Term Earnings Historical Earnings Sales Flussi di Cassa Book Value Fondo 6.36 3.78 3.87 8.93 7.48 Rel Cat 2.71 0.26 0.83 1.78 0.58 Capitalizzazione media EUR47638.26 Mil Morningstar Holdings Based Style Map Processo: Portafoglio Il portafoglio è composto principalmente da società presenti nel benchmark, il cui peso però può essere minore o superiore a seconda delle opinioni del gestore. L’active share, una misura del grado di gestione attiva, nei confronti dell’indice MSCI World Energy 10/40 è pari al 35 % nel mese di aprile; messo in relazione con gli altri fondi della categoria, il portafoglio risulta essere sovrappesato rispetto alle azioni large-cap, in conseguenza del processo di investimento adottato. Il portafoglio ricade nel quadrante del large-cap value, ma contiene al suo interno sia azioni “value” che azioni “growth”. Le tipiche azioni value includono per esempio titoli come BP,Chevron ed Eni, mentre i titoli BG Group e Schlumberger ricadono nel quadrante large-cap in Allocazione dell'attivo Azioni 98.97 0.00 98.97 0.00 0.00 0.00 Obbligazioni Large 0 25 50 2.51 1.48 1.03 Altro 0.00 0.00 0.00 Fondo Categoria 75 100 Sen Mid Liquidità Sector Delta ivo net % ens long % short % Dif Giant % dell'attivo crescita. Questo fondo possiede un certo numero di società inserite in portafoglio da molto tempo, come Shell e Occidental Petroleum; il turnover complessivo del portafoglio è limitato e le 10 società con maggior peso consistono in un ristretto gruppo dei maggiori player globali. Rispetto alla nostra ultima analisi, i nuovi entrati nel portafoglio sono Valero Energy e EOG resources, mentre Weatherford International e Southwestern Energy sono stati venduti. ile Fondo P/EPS P/S P/B Price/Cash Flow Rendimento del dividendo% MSCI World/Energy NR USD sib Indici di Valore Indice della categoria Morningstar Ciclico Small Micro Titoli principali Deep Val Core Val Blend Core Grth High Grth Centroide: media ponderata dei titoli del fondo Area: 75% dei titoli del fondo (Dati al 30/04/13) Prime 5 Regioni Stati Uniti Regno Unito Europa Occidentale - Euro Canada Europa Occidentale - Non Euro Paesi principali STATI UNITI REGNO UNITO CANADA FRANCIA ITALIA % Azioni 56.01 17.41 12.84 8.99 2.39 % Azioni 56.01 17.41 8.99 5.52 3.63 Grado di maturità del mercato % Azioni Paesi Sviluppati Mercati Emergenti 100.00 0.00 % dell'attivo 30-04-13 Chevron Corp 9.75 Exxon Mobil Corporation 8.03 Royal Dutch Shell PLC Class B 4.60 Total SA BP PLC Esposizione settoriale % Azioni Rel Cat q Ciclico 0.69 0.10 r Materie Prime 0.69 0.12 t Beni di Consumo Ciclici 0.00 0 y Finanza 0 0 4.54 u Immobiliare 0 0 4.33 w Sensibile 99.31 1.09 0 0 Royal Dutch Shell PLC Class A 4.00 Eni SpA 3.60 Suncor Energy Inc 3.53 Schlumberger NV i Telecomunicazioni o Energia 99.31 1.12 p Beni Industriali 0 0 3.36 a Tecnologia 0 0 Halliburton Company 3.07 e Difensivo 0.00 0 Numero totale di titoli 44/0 s Beni Difensivi 0 0 d Salute 0 0 f Servizi di Pubblica Utilità 0 0 Concentrazione primi 10 titoli 48.81 Morningstar.it 39 Analisi Morningstar Etf a confronto: Global clean energy Di Valerio Baselli Partendo dalle ricerche Morningstar, abbiamo messo a confronto i diversi replicanti di benchmark dedicati alle energie pulite. Causa riscaldamento globale e petrolio sempre più caro e difficile da trovare, governi e investitori hanno accresciuto il loro interesse verso fonti di energia alternativa, più pulita e rinnovabile. Gli aiuti statali si sono dimostrati efficaci nel favorire lo sviluppo del settore. Secondo il report Bloomberg new energy finance, l’anno record è stato il 2011, con 194 miliardi di dollari investiti nel settore a livello globale. Nel 2012, tuttavia, il livello dei finanziamenti è sceso dell’11%, probabilmente a causa delle incertezze sulla nuova regolamentazione (in controtendenza solo la Cina, che nello stesso anno ha aumentato del 20% gli investimenti in energia pulita). La crisi economica ha infatti pesato sui bilanci pubblici e i governi sono stati obbligati a tagliare gradualmente i sussidi alla produzione di energia alternativa, in alcuni casi anche di molto (come in Germania, dove gli incentivi al solare sono stati tagliati del 20% nella primavera 2012). L’industria solare ha particolarmente sofferto nel 2011, anno in cui le azioni delle società operanti nel settore hanno perso fino al 60% del proprio valore, dato che l’offerta aveva ampiamente superato la domanda, innescando così la caduta libera dei prezzi. Secondo gli analisti azionari di Morningstar, specializzati nel settore, la fine di questa crisi 40 Morningstar Investor Luglio / Agosto / Settembre 2013 non sembra essere vicina. L’era delle vendite di massa verso mercati europei fortemente sovvenzionati pare terminata, dato che i principali paesi del Vecchio continente stanno tagliando gli aiuti (Italia compresa). Le aziende specializzate nel solare, quindi, dovranno puntare ad essere competitive in termini di costi. Al momento, gli analisti di Morningstar danno buoni margini di crescita solo alle società cinesi del settore, che sono state in grado di ottenere dei finanziamenti favorevoli da parte delle banche. produzione di energia pulita, le tecnologie necessarie e i fornitori di attrezzature. Il benchmark è a capitalizzazione ponderata modificata, che riduce la concentrazione nelle singole azioni. Le aziende la cui attività principale è connessa con l’energia pulita sono ponderate in base alla loro capitalizzazione di mercato. Le aziende multi-settore con una significativa esposizione all’energia rinnovabile, sono invece ponderate solo per la metà della loro capitalizzazione. L’indice viene ribilanciato con cadenza semestrale e non ci sono aggiunte di titoli nel corso dell’anno, mentre le eliminazioni si verificano nel caso in cui un costituente non sia più quotato. Anche l’eolico necessita di ingenti investimenti fissi, che possono essere ripagati in base alla quantità di energia prodotta e al prezzo a cui la stessa può essere venduta. Tuttavia, i produttori di energia eolica sono stati più efficienti dei loro “cugini” solari nel tagliare i costi fissi e nell’essere competitivi con le fonti di energia tradizionale (gas e carbone). Detto questo, occorre fare attenzione anche con l’eolico, in quanto il prezzo del gas è sceso del 14% nell’ultimo anno, rendendo l’energia del vento meno conveniente. Ad ogni data di revisione, l’esposizione del singolo emittente è limitata al 10%. A fine marzo 2013, l’indice si presenta sbilanciato verso il Giappone (22% del valore), seguito da Hong Kong (20%) e Stati Uniti (15%). La più grande esposizione di un singolo emittente è China Longyuan (6%), seguita da First Solar (5%) e Covanta (5%). Struttura dell’indice Lo S&P Global Clean Energy offre esposizione a trenta aziende coinvolte nel business dell’energia pulita in tutto il mondo. Al fine di dare un’offerta ben diversificata, l’indice distribuisce i costituenti in parti uguali tra la iShares S&P Global Clean Energy ETF Il fondo utilizza la replica fisica completa per cercare di catturare la performance del benchmark. Possiede, per quanto possibile, tutte le azioni dell’indice, con gli stessi pesi. In alcune circostanze può inoltre utilizzare derivati per Exchange traded fund della categoria Morningstar Settore energie alternative per rendimento da inizio anno Nome Etf ISIN T.e.r. Rend. % da inizio anno Rend. % a 1 anno Rend. % a 3 anni (annual.) Rend. % a 5 anni (annual.) PowerShares Global Clean Energy Fund IE00B23D9133 0,75 27,60 32,07 -9,49 -15,99 iShares S&P Global Clean Energy (IE) IE00B1XNHC34 0,65 22,74 19,15 -16,50 -25,91 Lyxor ETF New Energy D-EUR A/I FR0010524777 0,60 16,56 13,75 -7,09 -16,25 ETFX DAXglobal Alternative Energy Fund IE00B3CNHC86 0,65 6,88 11,42 -9,87 n.d. CS ETF (IE) on CS Glb Alternative Energy IE00B3YKW880 0,65 -1,14 -6,62 n.d. n.d. Dati in euro al 13 giugno 2013 (valori calcolati sui prezzi) Fonte: Morningstar Direct raggiungere i suoi obiettivi. Il fondo è domiciliato in Irlanda e ha il dollaro come valuta di base. La liquidità derivante dai dividendi delle azioni sottostanti viene trattenuta nel fondo fino al momento della distribuzione, che avviene su base trimestrale. Questa pratica può potenzialmente creare una differenza negativa tra i rendimenti, durante le fasi di mercato rialzista, visto che i dividendi non vengono reinvestiti nel fondo. Vale però anche il contrario. Il fondo effettua operazioni di prestito titoli. iShares sostiene di tenere il 40% delle entrate derivanti dal prestito titoli per sé, per pagare i costi associati. Il resto, invece, viene girato al fondo. Prima di ottobre 2010, la divisione era di 50/50. Le commissioni in carico agli aderenti, espresse dall’indice Ter, sono pari allo 0,65%, in linea con la media dei concorrenti. Lyxor ETF New Energy Ad oggi, sono quotati su Borsa Italiana altri quattro Etf dedicati al settore delle energia rinnovabili. Il principale, per asset gestiti, è il Lyxor Etf New Energy. Questo Etf traccia l’andamento dell’indice World Alternative Energy Index. L’obiettivo della differenza di rendimento con il benchmark (tracking error) calcolato su un periodo di 52 settimane è inferiore al 1%. Il fondo usa la replica sintetica. In pratica, Lyxor accende un contratto swap Otc (Over the counter) con una controparte che è quasi sempre Société Générale, capogruppo di Lyxor. Nei casi in cui Lyxor si impegni con una controparte terza, SocGen garantisce lo swap, fornendo un ulteriore livello di protezione per gli investitori. A fine marzo 2013, le aziende statunitensi contavano per il 24% del patrimonio totale, così come quelle brasiliane. Terzo posto per il Giappone al 9%. Le altre tre alternative sono rappresentate dal Cs Etf (Ie) Cs Global Alternative Energy, dal Etfx Daxglobal Alternative Energy Fund e infine dal Powershares Global Clean Energy Fund. K Valerio Baselli è editor di Morningstar Italy L’infrastruttura va nell’Etf Il 10 giugno 2013, Source ha quotato a Londra il Morningstar US Energy Infrastructure MLP UCITS ETF, che si prefigge di replicare il Morningstar® MLP Composite IndexSM, il quale fornisce un’esposizione all’infrastruttura energetica statunitense mediante Mlp (Master Limited Partnership), una tipologia sociale simile all’accomandita per azioni. L’Etf è stato registrato per la vendita agli istituzionali anche in Italia. Il benchmark è stato costruito dagli analisti americani di Morningstar Investment Management ed è il primo in Europa a proporre un’esposizione diversificata a questo segmento del mercato energetico statunitense. Storicamente le Mlp hanno generato flussi di cassa stabili, con una sensibilità relativamente bassa ai prezzi delle materie prime e, in genere, hanno riconosciuto agli investitori buoni ritorni. Il paniere, lanciato nel 2010, fa riferimento al 97% dell’universo Mlp, per capitalizzazione di mercato e, attualmente, include 39 componenti. Come spiega Sanjay Arya, senior vice presidente degli Indici Morningstar. “Benché la classe di attivi Mlp stia iniziando a maturare, nell’ultimo anno gli investimenti di ETF e fondi comuni in questi strumenti sono raddoppiati in seguito all’aumento dell’interesse per ciò che genera reddito”. Morningstar.it 41 Gli Strumenti Morningstar Rinnovabili, una categoria (troppo) magra Di Alice Bravi Un’analisi Morningstar confronta i fondi che investono in vecchie e nuove Energie e mette in luce gli effetti dell’evoluzione del settore. Energia e ambiente rappresentano uno dei temi più sentiti degli ultimi anni sia a livello nazionale che internazionale. In ambito europeo la Commissione ha delineato degli obiettivi ben precisi per l’adozione di una politica energetica finalizzata a perseguire lo sviluppo della competizione, della sicurezza, della tecnologia e del risparmio energetico. Gli effetti dell’applicazione di queste misure saranno maggiormente tangibili nei prossimi anni, ma nel frattempo l’aumento della sensibilità verso il tema dell’esauirimento delle vecchie fonti energetiche e l’apertura verso l’impiego di nuove risorse nella produzione di energia ha favorito lo sviluppo di un vero e proprio settore, quello delle energie alternative, che si affianca a quello energetico tradizionale. Gli effetti di questa evoluzione energetica non si esauriscono unicamente nella nascita di nuove realtà imprenditoriali attive nella produzione di energia e di materiali a supporto di quest’industria, ma si estendono fino all’ambito degli investimenti finanziari focalizzati in questo settore. Ne è un esempio la nascita di fondi d’investimento interessati alle realtà attive nella produzione di energia alternativa quale quella solare ed eolica. Morningstar ha dedicato loro una categoria specifica, quella delle “Energie Alternative” e li ha posti a confronto con altre categorie su energie tradizionali e i settori in qualche modo legati ad esse. 42 Morningstar Investor Luglio / Agosto / Settembre 2013 Fig. 1 Confronto tra categorie Morningstar per crescita a 5 anni Energie alternative Ecologia Risorse naturali Utilities Agricoltura Energia Materiali per l’industria Acqua 140 120 100 80 60 Crisi e innovazione Se il timore di un sempre più imminente esaurimento delle fonti energetiche non rinnovabili può aver favorito la nascita e lo sviluppo del mercato delle energie alternative, la recente diffusione su larga scala dell’impiego di nuove tecniche di estrazione degli idrocarburi quali il fracking ha portato ad un allungamento dei tempi di esaurimento stimati, con un conseguente rallentamento della corsa all’energia puilita. Al contempo, la necessità da parte dei governi di concentrare l’attenzione su tematiche più urgenti a seguito della recente crisi economica, ha contribuito a distogliere parte dell’attenzione e delle risorse pubbliche destinate a tematiche ambientali ed energetiche, anche attraverso la riduzione degli incentivi alla produzione di energie rinnovabili. Questo scenario fa da cornice alla rilevazione di una crescita più contenuta del settore delle energie alternative rispetto a quello delle fonti energetiche più tradizionali, particolarmente frenata nel corso dell’ultimo triennio (Figura 1). Il fenomeno diventa particolarmente evidente attraverso l’osservazione del rendimento per ciascun anno solare, dove il biennio 2010-2011 si è presentato particolarmente difficile per le energie alternative, rispetto alle posizioni ricoperte dalle energie di tipo tradizionale (Fig.2). A distinguersi progressivamente per livelli di crescita sempre maggiori sono stati gli investimenti che hanno puntato sull’acqua e su tutte le reti e le infrastrutture legate a questo settore: una crescita continua che non ha subito inversioni di tendenza, a differenza di quanto avvenuto per gli investimenti orientati alle risorse naturali in maniera diversificata. Attrazione per le risorse naturali Proprio le risorse naturali continuano tuttavia a rappresentare la tipologia d’investimento più condivisa: in un confronto tra le dimensioni dei fondi vendibili in Italia su ciascuna categoria, emerge come questo settore superi di gran lunga in termini di masse le altre tipologie di investimenti, tanto che nel corso degli ultimi 5 anni continua a collocarsi al primo posto nonostante il profondo ridimensionamento registratosi a seguito della crisi finanziaria scatenatasi a fine 2008 (Fig.3). In alternativa all’investimento in risorse naurali, ma con ampio distacco, figurano i fondi che investono nelle vecchie energie, i quali hanno attraversato nel corso dell’ultimo quinquennio dinamiche di espansione e contrazione sia pre che post crisi simili ai primi classificati. Il settore delle energie alternative, complice l’andamento del mercato internazionale e il rallentamento della corsa alle energie pulite, si colloca in controtendenza: se prima della crisi economica riportava dimensioni e dinamiche analoghe a quello delle energie tradizionali, le proprie masse hanno progressivamente conosciuto una contrazione negli anni successivi. L’offerta sul mercato italiano di fondi che investono in settori energetici e affini si mostra in linea con l’andamento delle masse, registrando una maggiore numerosità per i fondi orientati all’investimento in risorse naturali, seguito da quelli in vecchie energie e nelle società attive in ambito ecologico. In portafoglio Usa ed Europa Per quanto riguarda la ripartizione geografica emerge un tratto comune alle diverse categorie: la preferenza per i titoli di società nordamericane ed europee, oltre ad una particolare predilizione per le società del Regno Unito. A fronte di questo comune denominatore emergono tuttavia alcune differenze, prima fra Fig. 2 I migliori e i peggiori: un confronto tra le Categorie Morningstar per rendimento annuo dal 2008 al 2012 Rindimento più elevato Rindimento più basso 2008 2009 2010 2011 2012 -33.56 67.61 32.92 -6.28 17.34 -35.57 55.70 30.55 -8.58 12.84 -41.50 50.93 27.65 -9.39 12.61 -42.59 39.87 19.78 -14.45 10.52 -45.24 34.69 18.40 -16.49 -0.03 -45.51 28.70 6.81 -18.02 -0.07 -46.58 26.91 6.39 -19.89 -2.86 -50.36 14.40 -1.74 -26.51 -3.22 Energie Alternative Risorse Naturali Agricoltura Materiali per l’industria Ecologia Utilities Energia Acqua Fig. 3 Andamento della dimensione (mld di Euro) dei fondi presenti sul mercato italiano Agricoltura Ecologia Materiali per l’industria Utilities Energie alternative Energia Risorse naturali Acqua 20 16 12 8 4 2008 2009 2010 tutte la preferenza marcata per l’investimento in titoli di società nordamericane per i fondi che investono in utilities e vecchie energie. Con particolare riferimento a queste ultime, non sfugge la coincidenza della predilizione per l’investimento nel mercato statunitense con il luogo che ha visto nascere e diffondersi le nuove tecniche di estrazione di gas e petrolio recentemente applicate per aumentare la produttività. Di contro i settori orientati 2011 2012 2013 all’investimento in risorse naturali, idriche e energie alternative, lasciano trasparire una maggiore apertura alla diversificazione in altre aree come Asia, Australia e America Latina. Non solo energia Un altro fattore da considerare è la concentrazione a livello di segmento indutriale (Morningstar ne conta 148). Conoscere questo aspetto permette di stabilire quanto Morningstar.it 43 Gli Strumenti Morningstar Fig. 4 Ripatizione geografica della componente azionaria di Categoria Morningstar Acqua Utilities Materiali per l’industria Glossario Energie alternative I fondi appartenenti a questa categoria investono prevalentemente in titoli azionari di società operanti nel settore della produzione dell’energia solare, idroelettrica, eolica e nucleare. Ecologia I fondi appartenenti a questa categoria investono prevalentemente in titoli azionari di società i cui prodotti e servizi mirano a promuovere un ambiente più pulito: controllo dell’inquinamento, pulizia delle acque ed efficientamento energetico. Risorse naturali Energia Ecologia Agricoltura Energie alternative % 10 20 30 Africa/Medio Oriente Australasia Asia Sviluppata 40 50 Asia Emergente Europa Sviluppata Europa Emergente 60 70 80 Giappone America Latina Nord America 90 100 Regno Unito Fig. 5 Grado di concentrazione industriale per categoria Mornngstar Acqua Energia I fondi appartenenti a questa categoria investono prevalentemente in titoli azionari di società operanti nel settore energetico e in particolare nella produzione di petrolio o gas naturale, nella raffinazione, nei servizi legati all’industria petrolifera, e nella produzione di macchinari e di condutture per il settore. Sono esclusi da questa categoria i fondi che investono in derivati sulle commodity. Utilities Materiali per l’industria I fondi appartenenti a questa categoria investono prevalentemente in titoli azionari di società operanti nel settore della produzione di materiali per l’industria legata alla chimica, materiali per l’edilizia, macchinari e commodity. Sono esclusi da questa categoria i fondi che investono in derivati sulle commodity. Materiali per l’industria Risorse naturali Energia Ecologia Agricoltura Energie alternative % 10 20 Africa/Medio Oriente Australasia Asia Sviluppata 30 40 50 Asia Emergente Europa Sviluppata Europa Emergente 60 70 Giappone America Latina Nord America 80 90 100 Regno Unito Fonte: Morningstar Direct l’andamento del fondo può essere legato a fattori e dinamiche tipici di una particolare industria e quanto al contrario può beneficiare di una maggiore diversificazione in termini di fattori di rischio. Tra i fondi che investono in energia e categorie affini, coloro che massimizzano la diversificazione a livello industriale risultano essere proprio gli energetici di tipo tradizionale, il cui portafoglio medio di categoria arriva a contare ben 122 tipi diversi di segmenti industriali (Fig. 4). Ciò nonostante l’investimento rimane tuttavia focalizzato sull’industria del petrolio e del gas, segmenti che arrivano a sfiorare complessivamente il 60% del portafoglio. 44 Morningstar Investor Luglio / Agosto / Settembre 2013 Di contro la categoria delle energie alternative presenta uno dei portafogli maggiormente diversificati dal punto di vista industriale, investendo nel settore energetico circa il 46% del proprio portafoglio attraverso la partecipazione a ben 7 differenti industrie produttive, mentre la restante parte viene investita in segmenti che spaziano dal settore automobilistico, a quello chimico, da quello della gestione rifiuti a quello dei materiali per l’edilizia. K Alice Bravi è research analyst di Morningstar Italy. Risorse naturali I fondi appartenenti a questa categoria investono prevalentemente e in maniera indistinta in titoli azionari di società operanti nel settore della produzione o vendita di risorse naturali, di energia, di materiali di estrazione mineraria e di acqua. I fondi legati specificatamente a ciascuno dei precedenti ambiti non sono inclusi in questa categoria ma sono collocati nella relativa categoria di riferimento. Utility I fondi appartenenti a questa categoria investono prevalentemente in titoli azionari di società operanti nel settore delle utility, il quale include i servizi di fornitura di elettricità gas e acqua, ma esclude la fornitura di servizi telefonici. Acqua I fondi appartenenti a questa categoria investono prevalentemente in titoli azionari di società operanti nel settore idrico tra cui società di fornitura di servizi, di infrastrutture, di macchinari e materiali necessari a questo settore. ©2013 Morningstar, Inc. All rights reserved. The Morningstar name and logo are registered marks of Morningstar. Marks used in conjunction with Morningstar products or services are the property of Morningstar or its subsidiaries. Morningstar Awards Italy 2013 Morningstar Italy, CorrierEconomia e Bimbingamba ringraziano sentitamente l’industria del risparmio che, in occasione dei Morningstar Awards 2013, ha saputo coniugare l’eccellenza nelle performance sui mercati con il concreto sostegno ai progetti in cui l’Associazione è impegnata. Sponsor Un grazie particolare va alle seguenti società per la sensibilità dimostrata nell’iniziativa e per il finanziamento del programma specifico dell’Associazione, che sfrutta tutte le conoscenze tecniche e umane acquisite dal pilota Alex Zanardi durante la sua riabilitazione per non lasciare soli bambini e famiglie che non hanno la possibilità economica per risolvere il problema della mancanza di un arto. Partner