Sarà il mio tipo

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Sarà il mio tipo
CINECIRCOLO “ROBERT BRESSON”
Brugherio
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Mercoledì 2, giovedì 3 e venerdì 4 dicembre 2015
Inizio proiezioni ore 21. Giovedì anche alle ore 15
“Perché ci s’innamora? Nulla di più complesso. Perché è inverno, perché è estate, per eccesso
di lavoro o per troppo tempo libero, per forza, per bisogno di sicurezza, per amore del pericolo,
per disperazione, per speranza. Perché qualcuno non ti ama. Perché qualcuno ti ama”.
Simone de Beauvoir
Sarà il mio tipo?
di Lucas Belvaux con Émilie Dequenne, Loïc Corbery, Sandra Nkake, Charlotte Talpaert, Anne Coesens
Francia 2014, 111’
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Lui è un professore di filosofia spedito da Parigi ad
Arras, cittadina della provincia francese dove ha poco
da fare e molto da leggere. Lei è una parrucchiera
spumeggiante, madre separata, sempre piena di
impegni e di entusiasmo. Si conoscono, si piacciono,
ma sono troppo diversi per stare bene insieme: 'Il film
- sintetizza il regista Lucas Belvaux racconta la storia
di un uomo che trova la donna della sua vita, ma è
incapace di amarla'.
Con la grazia pensosa della commedia alla francese,
partendo da un libro di successo ('Non il suo tipo' di
Philippe Vilain), contando su attori perfetti, Loic
Corbery e soprattutto la magnifica Emilie Dequenne,
Belvaux mette in scena un dilemma contemporaneo
pieno di possibili soluzioni: 'La frattura culturale si è
aggiunta a quella sociale. C'è stato un momento in cui, grazie alla cultura di sinistra, gente di diverse provenienze
sociali poteva trovare un terreno comune di confronto. Poi tutto è cambiato. Nella fase più dura della crisi, la cultura è
diventata nuovamente un discrimine'. E, in fondo, la differenza culturale è molto più insormontabile di quella sociale.
Alla seconda ci si può ribellare, alla prima no, perché i gusti sono gusti e non c'è niente da fare.
Alessandra Levantesi Kezich - La Stampa
Ci sono ancora film che non sono quello che sembrano. E lasciateci aggiungere: per fortuna. Sono più complicati, o più semplici, ma
soprattutto più ambigui di come appaiono. Non si limitano a raccontare una storia, ma 'si interessano (ci interessano) a ciò che
quella storia racconta', per citare la formula con cui il protagonista di "Sarà il mio tipo?" cerca di spiegare la bellezza dei romanzi di
Zola alla sua fidanzata. A prima vista infatti quello di Belvaux sembra il classico film che sta in poche righe: giovane professore di
filosofia parigino, colto, scettico, disilluso, incontra una parrucchiera di provincia ingenua ma piena di vita. Lui cita Kant, legge
Dostoevskij, scrive romanzi, rifiuta i legami. Lei ha già un bambino, preferisce i bestseller, adora Jennifer Aniston, la sera va al
karaoke con le amiche. Come finirà? Fosse tutto qui, saremmo davanti a una delle tante commedie più o meno brillanti di questi
anni, o viceversa a un melodramma carico di sentimento. Ma le cose, appunto, sono molto più complicate.
E lo spettatore si trova presto nella stessa posizione, disagevole e insieme seducente, in cui Belvaux mette i suoi personaggi. Una
parrucchiera infatti non è mai solo una parrucchiera. Così come un filosofo non è solo un filosofo, anche se ognuno dei due è
abbastanza prigioniero dei propri schemi mentali e culturali da non capire mai fino in fondo l'altro. E nemmeno se stesso, ma qui
parliamo in particolare di lui: la cultura non sempre aiuta a essere tutti d'un pezzo, al contrario. Anche se Belvaux si guarda bene dal
giudicare i suoi personaggi o dal dire l'ultima parola. Si limita ad accompagnarli fino in fondo ai loro slanci e alle loro illusioni,
registrando gli inevitabili passi falsi con una lucidità sempre carica di simpatia, malgrado tutto, che ci fa vivere e soffrire con Clément
e con Jennifer per tutto il film, capendo perfettamente le ragioni dell'uno e dell'altro. Anche se sappiamo subito, di qui una certa
'suspense', che su quei due personaggi incombe un destino non facile.
Che importa in fondo la distanza? Parigino trasferito d'ufficio ad Arras, nel profondo Nord, Clement si innamora di Jennifer proprio
perché lei fa tutt'uno con quella città così incomprensibile per lui, e viceversa. Dietro la passione dei due amanti c'è anche, per
entrambi, la scoperta di un mondo del tutto nuovo. E il tentativo, altrettanto reciproco, di introdurre l'amato alle gioie e ai misteri di
quel mondo. Ma anche questa a ben vedere è una falsa pista. Non è sul terreno della cultura di appartenenza che si gioca davvero
l'amore: eppure Jennifer e Clément, soprattutto Clément, non smettono di cadere in questa trappola. Come mostrano in ogni
momento del film due attori stupefacenti per finezza, immediatezza e adesione fisica ai loro personaggi, Loïc Corbery della Comédie
Française e la radiosa, travolgente Émilie Dequenne scoperta in "Rosetta" dei fratelli Dardenne(…). Philippe Vilain, autore del
romanzo da cui è tratto il film può essere felice, Belvaux ha dato alle sue parole e alle sue idee un'evidenza fisica che inchioda, dalla
prima all'ultima scena.
Fabio Ferzetti – Il Messaggero
Quando sento citare i 'Frammenti di un discorso amoroso' di Barthes, non so vincere un vago senso di ostilità. E
l'intreccio non prometteva niente di buono con l'incontro (breve?) fra un brillante professore parigino e Jennifer, una
ingenua parrucchiera di Arras. Insomma ho visto il film con estrema riluttanza. E invece pian piano l'intreccio, pur
prevedibile, mi ha preso. Il regista ha un tratto leggero e non sbaglia un dialogo. L'elegante Corbery, nei panni del
professorino di successo che sa scrivere e sedurre, è cinico e svagato al punto giusto. Di fronte a lui la finta bionda
Dequenne (…) è perfetta, indifesa shampista troppo sensibile. Sospiri, fatali inganni, insuperabili differenze culturalsociali: i canoni della commedia 'alla francese' ci sono tutti. Ma il gioco funziona: e quando Jennifer intona 'I Will
Survive' di Gloria Gaynor, quasi mi dispiace di non essere una fiera ragazza in guerra.
Claudio Carabba - Sette
Potrebbe diventare nel tempo un cult, un classico, un'ossessione
cinefila. A noi, per esempio, è successo d'essere subito catturati
da una strana magia e di restarlo sino all'ultima scena, quando
"Sarà il mio tipo?" arriva a comunicare una di quelle sensazioni
struggenti grazie a cui solo pochissimi film riescono a
sopravvivere nella memoria. Il punto di partenza è un romanzo
francese, 'Pas son genre' ('Non il suo tipo', titolo più congruo di
quello italiano), che apparentementes'inscrive nel genere della
commedia sentimentale, ma via via si trasforma in un trattatello
degno del celebre saggio di fine anni Settanta 'Frammenti di un
discorso amoroso' di Roland Barthes.
Il racconto è abilmente tenuto semplice, limpido e stretto
stretto(…). Lucas Belvaux descrive con tocchi di penetrante
finezza - nonché sfruttando l'alchimia attivata tra il fascinoso
Corbery e la travolgente Dequenne - la passione che in breve prorompe tra i due a dispetto dei contrasti di gusti, caratteri, istruzione,
concezioni e aspettative di vita. Se pensiamo di avere assistito a una delle più intense storie d'amore trasposte di recente al cinema
non è, però, solo per la sottile suspense prodotta dal gap culturale (lui pubblica, legge e cita libri importanti, lei segue i divi del
cinema e si mette in paillettes per cantare al karaoke con le colleghe sciampiste), ma anche per l'ipoteca dei divergenti percorsi
sociali che incombe sul loro futuro.
Belvaux, in linea con un cinema che non si sognerebbe mai di squadrare con l'accetta i propri personaggi come fa il nostrano, riesce
ad accordare il coinvolgimento dello spettatore agli slanci e al pathos dei personaggi, ai loro errori e alle loro malizie, alla loro
passione carnale e alla loro precarietà psicologica, accettando e mescolando le rispettive ragioni tanto da fare scoprire nella finta
sciacquetta e sensuale amante Jennifer un'indimenticabile attrice e una formidabile personalità, decisa come sanno esserlo a volte
le donne sia nel prendersi tutta la felicità del momento sia nel guardare in faccia la labilità delle illusioni e rendere il più garantito,
cinico e snob Clément, uno che è stato capace di pronunciare all'inizio una battuta come 'Je suis parisien, tu comprends? Parisien!',
la vera vittima di un epilogo che fa l'effetto di una spada nel cuore.
Valerio Caprara - Il Mattino
Una bellissima commedia impastata di sentimenti e contraddizioni, di odio e amore e di un romanticismo venato
di intelligente malinconia (…) Da non perdere.
Maurizio Porro – Corriere della sera
Deliziosa, intelligente, garbata commedia sentimentale francese, un piccolo capolavoro dolceamaro di
psicologia e umorismo (…) Dialoghi scintillanti, una coppia di magnifici attori e un finale sorprendente.
Massimo Bertarelli – il Giornale
Sarà il mio tipo? ha il merito di trattare il tema del divario
sociale e culturale nella coppia in modo molto leggero,
attraverso la felice intuizione di Belvaux di celare istanze
anche piuttosto complesse sotto le mentite spoglie di una
semplice commedia romantica. Ma sono la cura
complessiva delle immagini e i tempi lunghi di chi non si
preoccupa affatto di avere il ritmo e le battute giuste al
posto giusto a rivelare, fin da subito, che qui non siamo né
dalle parti della classica romantic comedy hollywoodiana né
tanto meno della sua variante.
Lo si capisce inoltre dai dialoghi, abilissimi nel perseguire
un tentativo di mimesi tra finzione e vita reale.
Non c'è, infatti, alcuna ostentazione di scrittura negli scambi
di battute tra i due protagonisti e lo stesso iter che li porta dal primo timido approccio alla definizione di un rapporto amoroso viene
gestito in maniera stranamente realistica.
Stranamente perché il materiale di partenza (l'incontro-scontro tra due realtà opposte e i vari tentativi per fare in modo che
combacino) sarebbe stato oro colato per qualsiasi sceneggiatore alla ricerca della commedia romantica perfetta.
Belvaux invece punta più in alto e, dopo un doveroso quanto funzionale accenno alla dicotomia "metropoli VS. provincia", riduce il
suo intervento autoriale e si concentra sui volti, sui sorrisi, sugli ammiccamenti e su tutto ciò che prelude all'amore.(…)
Nella sua prima parte Sarà il mio tipo? è tutto costruito sull'accumulo di particolari solo apparentemente minimi che lentamente (a
tratti anche troppo) portano lo spettatore, quasi senza accorgersene, ad allontanarsi sempre di più dalla prospettiva intellettuale e un
po' snob di Clément - di fatto il primo personaggio che vede sullo schermo - per spostare l'asse della propria attenzione su Jennifer.
Ed è proprio in quel momento che il film opera un importante scarto narrativo attraverso il quale il personaggio di lui smette quasi di
esistere e lo schermo viene riempito esclusivamente dalla meraviglia del sorriso e degli occhi di Émilie Dequenne (già protagonista
di Rosetta per i Dardenne) che prende il film sulle sue fragili spalle e lo traghetta fino ai titoli di coda.
Sarà il mio tipo? smette quindi di essere ciò che è stato fino ad allora, ingrana la marcia del cinema più puro e diventa la storia di
una giovane donna e della sua apertura totale all'amore(…).
Belvaux esplora così il sottile confine tra l'amare e il farsi male affidandosi totalmente all'incantevole interpretazione della sua
protagonista. E' evidente nella quantità di primissimi piani che le regala e, in particolare, in quello che la mostra mentre canta I Will
Survive al karaoke passando, nell'arco di una manciata di minuti, dal riso al pianto senza far minimamente avvertire il passaggio tra i
due stati d'animo. Ecco, forse il senso del film (come anche dell'amore) sta già tutto in quell'unico primissimo piano. Alla fine si ride
e si piange. Nel mentre, tutto quello che puoi fare è cercare di sopravvivere.
Fabio Giusti - FilmUP