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Celiachia Gli anticorpi anti-actina nella malattia celiaca: un nuovo studio La malattia celiaca e le patologie neuropsichiatriche Rischio di autoimmunità correlata alla celiachia ed epoca di introduzione del glutine nella dieta di lattanti ad elevato rischio di malattia Risk of celiac disease autoimmunity and timing of gluten introduction in the diet of infants at increased risk of disease 16 ws New Antonio Carroccio, Giuseppe Pirrone, Giuseppe Iacono, Lidia Di Prima e Ignazio Brusca Divisione di Medicina Interna, Università di Palermo, Divisione di Pedatria, Ospedale “Di Cristina” di Palermo, Laboratorio Centralizzato, Osp “Buccheri La Ferla” di Palermo Gli anticorpi anti-actina nella malattia celiaca: un nuovo studio L a Malattia Celiaca (MC) ha un'alta prevalenza nella popolazione generale (frequenza riportata negli USA e in Europa intorno a 1:100 e 1:250) 1 - 4, motivo per il quale è raccomandato un largo uso delle metodiche sierologiche per la sua diagnosi 5, 6 . Infatti, sia il dosaggio degli anticorpi anti-endomisio (EmA) che degli anticorpi anti-transglutaminasi (anti-tTG) hanno un elevato valore predittivo nella diagnosi di celiachia 7-9 e la positività di questi test indica la necessità di eseguire una biopsia intestinale per valutare lo stato della mucosa duodenale, accertare la possibile atrofia dei villi e conseguentemente confermare la diagnosi di MC. Nonostante la loro accuratezza diagnostica, è stato più volte evidenziato come né gli EMA nè gli anti-tTG siano correlati con il grado di severità del danno dei villi intestinali 10-13. In altre parole, non sembra che nei pazienti con danno intestinale lieve (per es. una atrofia dei villi parziale) vi siano valori di anti-tTG più bassi che nei pazienti con danno intestinale più severo (atrofia totale dei villi). Dunque né gli antitTG, né gli EmA possono essere indicativi della gravità delle lesioni intestinali del celiaco. Recentemente, tuttavia, la presenza nei sieri dei pazienti celiaci di un altro autoanticorpo, l'anti-Actina (AAA), è stato indicato come marker diretto di atrofia severa dei villi intestinali 14. Gli studi effettuati a riguardo sembrano indicare che, nella MC, questi anticorpi (dosati con una tecnica di immunofluorescenza, IF), contribuiscano al danno citoscheletrico dei villi ed alla patogenesi delle lesioni intestinali 15. Il nostro gruppo ha pubblicato uno studio, volto a valutare la relazione tra la presenza nel siero degli AAA e la severità del Celiachia news 16 3 Pazienti e metodi Sono stati arruolati nello studio un totale di 150 soggetti, di cui 58 celiaci, la cui diagnosi era stata posta per la presenza di uno o più dei seguenti quadri clinici: diarrea cronica (28), anemia (25), ritardo della crescita o calo ponderale (18), dolore addominale (8), osteoporosi (6), familiarità di primo grado per MC (5). In tutti i pazienti, la diagnosi di MC era basata sulla positività del siero per gli EMA e gli anti-tTG, associata ad una evidenza di danno intestinale (rapporto fra altezza dei villi e profondità delle cripte < 3); in ogni caso, dopo l'avvio della dieta priva di glutine, si assisteva alla scomparsa dei sintomi ed alla negativizzazione degli EMA e degli anti-tTG. Lo studio prevedeva l'inclusione di un gruppo di controllo formato da soggetti esenti da patologie gastroenterologiche: sono stati così arruolati 64 pazienti, di cui 34 adulti (15 M e 19 F, età media 35 anni, range 18 - 56 anni) in occasione del prelievo ematico per sospetta ipercolesterolemia e 30 bambini (14 M e 16 F, età media 3 anni, range 1 - 12 anni) con episodi ricorrenti di faringo - tonsillite. Nessuno di questi soggetti di controllo presentava sintomi o segni di laboratorio suggestivi di MC e tutti erano negativi per EMA e anti-tTG. Sono stati inoltre arruolati 28 soggetti adulti, affetti da patologie su base autoimmune o di tipo gastro intestinale diverse dalla MC; questi hanno rappresentato i “controlli malati” per il dosaggio degli AAA. Le principali patologie da cui erano affetti questi pazienti erano: 4 epatite autoimmune (10), lupus eritematoso sistemico (4), malattia di Sjogren (3), cirrosi biliare primitiva (2), malattia di Crohn (4), intolleranza alimentare (3), enteropatia autoimmune (1), sprue refrattaria (1). Risultati Gli anticorpi IgA anti-actina (IgA AAA) valutati con la tecnica di IF sono risultati positivi in 54 dei 58 pazienti con MC in fase florida (93%); soltanto tre bambini ed un adulto sono risultati negativi. Il titolo (cioè il livello degli anticorpi nel sangue) per la positività degli IgA AAA è stato classificato tra 1:20 e 1:640, con una mediana di 1:80. Gli IgA AAA valutati con la metodica ELISA sono risultati positivi in 51 dei 58 pazienti celiaci (86%); gli stessi quattro pazienti negativi alla determinazione mediante tecnica di IF sono risultati negativi anche con tecnica ELISA ed altri tre bambini MC sono risultati negativi. Dunque, benché la metodica di IF abbia dimostrato una più frequente positività, anche quella ELISA ha dato risultati positivi nella maggior parte dei pazienti; non differenze statisticamente significative sono state osservate per quanto riguarda la differenza nella frequenza di positività tra IF ed ELISA. La correlazione tra i risultati degli AAA ottenuti con IF ed ELISA era elevata; in altre parole, in ogni paziente con MC il dosaggio degli AAA con il metodo IF dava un risultato di grandezza simile a quello che si otteneva con la IgA AAA (DO) danno della mucosa intestinale nei pazienti celiaci; tale studio si proponeva inoltre di comparare la metodica in immunofluorescenza (IF) con una nuova metodica ELISA per la determinazione degli AAA. Quest'ultima metodica, infatti, offrirebbe, rispetto all'immunofluorescenza, una maggiore riproducibilità ed una minore dipendenza dall'operatore. Nell'esposizione che segue riportiamo i risultati ottenuti nel suddetto studio. 4 3,6 3,2 2,8 2,4 2 1,6 1,2 0,8 0,4 0 0 160 320 480 640 IgA AAA (titolo) Figura 1. Correlazione tra i valori individuali di IgA AAA mediante IF (asse delle ascisse) ed ELISA (asse delle ordinate). Celiachia news 16 tecnica ELISA (fig 1). Quest'ultima, inoltre, ha mostrato 4,2 4 3,8 3,6 3,4 3,2 3 2,8 2,6 2,4 2,2 2 1,8 1,6 1,4 1,2 1 0,8 0,6 0,4 0,2 0 0 10 Celiaci 20 30 Controlli sani 40 50 60 Pazienti non celiaci Figura 2. Valori individuali degli IgA AAA saggiati tramite ELISA in 58 celiaci non trattati, in 64 controlli sani ed in 28 pazienti con malattie autoimmuni o gastrointestinali diverse dalla MC (“controlli malati”). La linea orizzontale indica il limite normale. di proteine che solitamente sono nascoste e/o considerate da non “aggredire”. Tra queste proteine vi è l'actina, la quale ha un ruolo importante nella struttura dei microvilli intestinali. Una volta che l'actina è esposta al sistema immunitario, si formano gli AAA, venendosi cosi ad innescare un processo che contribuisce al danno della mucosa intestinale. Comunque, l'importanza clinica e la possibile utilità degli AAA nell'iter diagnostico della MC non sono ancora chiare. È stato ipotizzato che il dosaggio degli AAA potrebbe dare un'indicazione sulla severità del danno di mucosa 14, ma tale aspetto non è ancora confortato da sufficienti indagini. Nel nostro studio abbiamo analizzato la correlazione tra il comportamento degli AAA e la severità delle lesioni della mucosa intestinale; inoltre, abbiamo voluto valutare l'accuratezza della nuova tecnica ELISA per la determinazione degli AAA e, successivamente, confrontare tali risultati 4 3,6 IgA AAA (OD) 3,2 2,8 2,4 2 1,6 1,2 0,8 0,4 0 0 1 2 3 Rapporto villo/cripta Figura 3. Correlazione tra i valori di AAA ottenuti in ELISA ed il rapporto villo/cripta in 58 celiaci non trattati. con la tecnica tradizionale di IF precedentemente descritta 14. I risultati ottenuti hanno mostrato che, nei celiaci, gli AAA correlano con la gravità del danno dei villi intestinali; infatti, gli AAA determinati con tecnica ELISA sono risultati positivi in 51 dei 58 pazienti con MC esaminati (86%) e tutti i pazienti con un danno severo della mucosa intestinale sono altresì risultati positivi per gli AAA. Soltanto 7 celiaci, peraltro tutti con Celiachia news 16 5 quadro istologico di lieve atrofia dei villi, sono risultati negativi per gli AAA. Un'altra 6 1. Catassi C, Rätsch IM, Fabiani E, Rossini M, Bordicchia F, Candela F, et al. Coeliac disease in the year 2000: exploring the iceberg. Lancet 1994; 343: 200-3. 2. Not T, Horvath K, Hill ID, et al. Celiac disease risk in the USA: high prevalence of antiendomysium antibodies in healthy blood donors. Scand J Gastroenterol 1998; 33: 494 8. 3. Fasano A, Berti I, Gerarduzzi T, Not T, Colletti RB, Drago S, et al. 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Dipartimento di Biomedicina dell'Età Evolutiva e *Clinica Neurologica I - Università degli studi di Bari La malattia celiaca e le patologie neuropsichiatriche L a malattia celiaca (MC), inizialmente descritta come una enteropatia glutine-dipendente, è attualmente riconosciuta come una malattia autoimmune sistemica multiorgano con prevalenti manifestazioni extraintestinali 1. Diverse condizioni neuropsichiatriche quali l'atassia cerebellare, l'epilessia e la neuropatia periferica, venivano storicamente descritte come complicanza di una MC già diagnosticata. Tuttavia studi più recenti hanno evidenziato che un ampio spettro di manifestazioni cliniche e di segni neurologici coinvolge sia il sistema nervoso centrale (SNC) che periferico con una temporalità spesso indipendente dalla durata di malattia e dal suo grado di coinvolgimento del tratto gastroenterico, tanto da poter costituire manifestazioni di esordio extraintestinali della reazione avversa al glutine 2, 3. L'esatta prevalenza delle manifestazioni neurologiche associate alla MC è difficile da stimare; i dati relativi a tale associazione emergono per lo più da osservazioni aneddotiche, mentre pochi sono gli studi condotti su casistiche numericamente importanti. Da analisi di prevalenza in gruppi selezionati di soggetti afferenti a centri terziari di riferimento emerge che, in media, il 10% dei pazienti celiaci sviluppa una complicanza neurologica 4, 5. La natura di questa associazione non è completamente definita; inizialmente descritte come secondarie al malassorbimento di alcune vitamine ed oligoelementi, nella genesi delle manifestazioni neurologiche ampio spazio è attualmente riconosciuto ad un meccanismo autoimmune 5, 6. In questo articolo illustriamo i principali quadri neuro-psichiatrici associati alla MC, riportando i risultati di una esperienza personale nel caso della cefalea. Celiachia news 16 9 Sindromi cerebellari ed atassiche L'atassia cerebellare rappresenta storicamente uno dei primi esempi di manifestazioni neurologiche riportate in pazienti con MC. Nel 1966, Cooke e Smith descrivevano un gruppo di 16 pazienti celiaci con una varietà di reperti neurologici tra i quali il più frequente era rappresentato da una atassia sensoriale, espressione di un danno alle colonne dorsali del midollo spinale, associata in alcuni casi a segni di disfunzione cerebellare 7. Più recentemente il quadro ha assunto una identità precipua al punto da parlare di "atassia da glutine" 8. Nei casi riportati viene descritta una atassia dell'andatura e degli arti, la cui gravità sembra essere correlata alla durata di malattia, in assenza di tremore e di altri segni extrapiramidali; il quadro è prevalentemente associato a segni di coinvolgimento neuropatico documentabile elettrofisiologicamente e ad atrofia cerebellare. Il danno sembra essere l'espressione di un'infiltrazione linfocitica del cervelletto, dei cordoni posteriori del midollo e dei nervi periferici, reperti per i quali è stato ipotizzato un meccanismo immunomediato. L'associazione tra la MC e l'atassia cerebellare idiopatica presenta una tale caratterizzazione epidemiologica e fisiopatogenetica da giustificare attualmente lo screening per la celiachia in questi soggetti. Rimane invece controversa l'ipotesi che l'ipersensibilità al glutine, condizione caratterizzata dalla presenza di alti livelli sierici di anticorpi anti-gliadina (AGA) in assenza di un danno intestinale, possa considerarsi la causa di una degenerazione cerebellare o semplicemente un suo epifenomeno 5, 6, 9, 10. È stato infatti dimostrato che gli AGA (di classe IgG) si legano ad epitopi presenti sulle cellule di Purkinje, potendo pertanto intervenire nella patogenesi del danno cellulare, ipotesi suffragata dal riscontro di alti livelli di AGA in soggetti con altri disordini neurodegenerativi quali l'atassia spinocerebellare ereditaria e la corea di Huntington. Controversi restano gli 12 effetti della dieta priva di glutine (Gluten Free Diet, GFD) sulla evoluzione dell'atassia. Epilessia Studi epidemiologici riportano, rispetto ai controlli sani, una maggiore prevalenza di epilessia (3.5 - 5.5%) in pazienti con MC e di celiachia in soggetti epilettici (0.8-2.5%) 11 - 13 . L'epilessia ed altre manifestazioni neurologiche convulsive in soggetti celiaci storicamente vengono inquadrate come una entità sindromica se associate alla presenza di calcificazioni occipitali radiologicamente identiche a quelle riscontrate nella sindrome di Sturge-Weber, per quanto tale reperto non sia sempre documentabile. Nei casi descritti, si tratta di crisi a semeiologia focale con manifestazioni cliniche localizzate a livello occipitale, farmacoresistenti 14. Data la maggiore prevalenza in alcune etnie quali l'italo-spanica, nella patogenesi della sindrome si ritiene che intervengano fattori genetici ed ambientali e, tra questi ultimi, l'assunzione di glutine in soggetti geneticamente predisposti. La formazione delle calcificazioni potrebbe essere secondaria ad un processo immunologico mediato da citochine secrete dai linfociti T attivati, mentre altre ipotesi richiamano a bassi livelli di folati, dovuti ad un malassorbimento e ad una tossicità da silicio. Resta non definita la causa della localizzazione preferenziale delle lesioni a livello occipitale. Alcuni studi avrebbero documentato che una GFD contribuisce alla completa remissione delle crisi anche dopo sospensione della terapia antiepilettica, con una probabilità di risposta inversamente proporzionale alla durata dell'epilessia prima della diagnosi e all'età all'inizio della restrizione dietetica 14, 15. Neuropatia periferica Ampiamente descritta in pazienti con MC, è più frequentemente distale, simmetrica e di tipo sensoriale per quanto siano state riportate associazioni con neuropatie Celiachia news 16 esclusivamente motorie, autonomiche, motoneuriti multiple e quadri simili alla sindrome di Guillan-Barrè 7, 16. Tradizionalmente veniva descritta come una complicanza naturale della celiachia in quanto malattia da malassorbimento e quindi espressione di una sofferenza del nervo periferico di tipo carenziale (vitamina B12, folati, vitamina E); in realtà, tale meccanismo patogenetico è stato recentemente ridimensionato ipotizzando invece una genesi immunologica dato il riscontro di anticorpi antigangliosidi diretti contro le cellule di Schwann, i nodi di Ranvier e gli assoni dei nervi periferici 16. Risultati contrastanti sono disponibili relativamente alla sua evoluzione in corso di GFD. Cefalea Per quanto siano scarsi i dati epidemiologici relativi a questa associazione, in un recente studio condotto su di una popolazione pediatrica la cefalea costituisce il disturbo neurologico più frequentemente associato alla MC (29.7% dei celiaci vs 8.1% dei controlli sani) 3. Un dato simile emerge da una esperienza recentemente condotta presso il nostro Centro. Nello studio sono stati arruolati 275 pazienti pediatrici [88 maschi (32.5%); età media 8.4 anni (range: 3.2 - 18 anni)] con diagnosi di MC formulata da almeno 12 mesi, seguiti per il follow-up presso l'ambulatorio di Gastroenterologia ed Epatologia pediatrica del nostro Dipartimento nel periodo tra gennaio 2004 e gennaio 2005. Ai pazienti e ai loro genitori è stato somministrato un questionario validato per la definizione del tipo, caratteristiche e severità della cefalea; la sintomatologia è stata indagata prima della diagnosi di MC e in corso di GFD. Della popolazione in studio, 106 pazienti riferivano una storia di cefalea, dato significativamente superiore rispetto ad un gruppo controllo omogeneo per età e sesso (39.1% vs 10.8%; p < 0.001). Il quadro più frequentemente riscontrato era quello di una emicrania (52.8%), seguito dalla cefalgia (32.1%) e da forme miste (15.1%). La durata media del singolo episodio era inferiore a 30 minuti in 26 pazienti (24.5%), compreso tra 30 minuti e 4 ore in 50 (47.2%), tra 4 e 24 ore in 16 (15.1 %) e superiore a 24 ore in 9 (8.5%). La cefalea era intermittente in 41 pazienti (38.7 %) e continua in 58 (54.7%). Le crisi erano di intensità prevalentemente moderata (45 pazienti, 42.4%) e, meno frequentemente, lieve (30 pazienti, 28.3%) o severa (25 pazienti, 23.6%). Un fattore scatenante era identificabile in 65 casi (61.3%) e, tra i più frequenti, venivano riportati stress psicofisico, assenza di riposo e ciclo mestruale; un'aura veniva riferita da 38 pazienti (35.8%). Una familiarità per cefalea era presente nel 30% dei casi. La GFD, correttamente seguita da almeno 12 mesi, comportava una completa remissione della sintomatologia nel 25% dei casi, mentre un miglioramento riguardo alla frequenza degli episodi e/o alla loro intensità era presente nel 50%. Nella esperienza riportata in letteratura la cefalea sembrerebbe prevalere nelle forme clinicamente silenti o con esordio tardivo della MC. Sulla base di questo dato, pertanto, nella genesi del disturbo un ruolo non andrebbe riconosciuto al malassorbimento quanto a meccanismi autoimmunitari ed infiammatori. È stata infatti recentemente descritta la possibilità che gli attacchi cefalgici siano secondari ad un processo autoimmune diretto contro strutture vascolari e mediato da anticorpi di classe IgA presenti nel siero di soggetti celiaci 17. La GFD, sopprimendo il processo autoimmune e pertanto regolarizzando il flusso sanguigno, potrebbe indurre un miglioramento sintomatologico, come mostrato con l'uso della SPECT, in particolare in pazienti celiaci con emicrania preceduta da aura 18. Altre associazioni neuro-psichiatriche Risale agli anni '50 la descrizione di una potenziale associazione tra MC e depressione, confermata da osservazioni successive che riportano nel soggetto celiaco un di- Celiachia news 16 13 stinto "stato psico-vegetativo" di esaurimento con l'aspetto di un quadro depressivo. Sintomi comunemente descritti nei celiaci comprendono apatia, ansia eccessiva ed irritabilità 19, 20, disturbi questi che potrebbero essere la causa di una riduzione sia della qualità della vita che della compliance al trattamento dietetico. Tra i meccanismi patogenetici verosimilmente coinvolti ricordiamo l'associazione con altre malattie autoimmuni (tireopatie), il malassorbimento con deficit di nutrienti (vitamina B6 e triptofano) e la riduzione dei livelli sierici di triptofano e di altri precursori di monoammine, oltre che dei livelli liquorali di neurotrasmettitori riscontrate in soggetti geneticamente predisposti alla MC in corso di assunzione di glutine. Questi dati sembrerebbero confermati dalla maggiore severità del quadro in soggetti con MC misconosciuta o in pazienti scarsamente complianti alla GFD. Restano comunque controversi i dati relativi agli effetti della restrizione dietetica sul quadro neuro-psichiatrico; non è infatti da trascurare la possibilità che la depressione ed i disturbi di ansia si instaurino secondariamente, potendo essere scatenati dalla reazione emotiva ai sintomi della malattia e alle limitazioni imposte dalla GFD che spesso influenzano negativamente la qualità della vita di questi pazienti. Complessa rimane l'associazione proposta tra MC ed autismo. Al pari della schizofrenia, l'ipotesi di un coinvolgimento della celiachia in queste condizioni era prevalentemente basato sul ruolo potenziale di alcuni peptidi (gliadina, ßlactoglobulina, caseina), derivati da una abnorme permeabilità intestinale e/o dal deficit di una peptidasi 21. Tali peptidi agirebbero sul SNC sia direttamente, come esorfine, che indirettamente, inducendo una reazione immunologica con conseguente inibizione della maturazione delle strutture encefaliche. Le ipotesi sono comunque supportate da scarse evidenze, così come controverso rimane l'effetto della dieta sull'evoluzione clinica. Disturbi dell'apprendimento e sindrome da deficit di attenzione iperattività (ADHD) sono stati recentemente descritti in associazione alla MC 3. Sembrerebbero interessare in egual misura soggetti con MC ad esordio precoce e tardivo, indipendentemente dal sesso ed associarsi prevalentemente ad altri disturbi neurologici. Resta tuttora da chiarire se gli effetti cumulativi di fattori nutrizionali, immunologici o infiammatori possano svolgere un ruolo nel compromettere le facoltà cognitive o tale compromissione sia invece dovuta ad effetti non specifici di una malattia cronica. Considerazioni conclusive Un ampio spettro di manifestazioni neuro-psichiatriche è stato descritto come potenzialmente associato alla MC per quanto, allo stato attuale delle conoscenze, non possano essere formulati dati conclusivi a causa dell'eterogeneità delle popolazioni studiate, dell'inconsistenza dei reperti patologici e dell'assenza di adeguati dati controllo. Pazienti con disfunzioni neurologiche altrimenti inspiegabili costituiscono comunque una popolazione che potenzialmente potrebbe beneficiare dello screening sierologico mentre, nei casi di celiachia neodiagnosticata, una attenta ricerca delle alterazioni neurologiche dovrebbe costituire un aspetto importante della valutazione clinica sistematica iniziale. Ulteriori studi saranno necessari per valutare gli effetti della GFD su questi disordini e per investigare i complessi meccanismi patogenetici alla base del coinvolgimento neurologico associato alla celiachia. Bibliografia 1. Catassi C, Ratsch IM, Fabiani E, et al. 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Si è trattato di una indagine prospettica condotta a Denver (Colorado, USA) nel periodo 1994 - 2004 e che ha riguardato 1560 bambini a rischio elevato di celiachia o di diabete di tipo 1 (1307 seguiti fin dalla nascita perché con storia familiare di diabete tipo 1 individuata ai controlli e mediante screening HLA e 253 seguiti dal 2° al 3° anno di vita). La definizione di soggetto a rischio dipendeva dall'essere portatore degli aplotipi HLA DR3 o DR4 oppure familiare di primo grado di un soggetto con diabete di tipo 1. Una parte di questi bambini sono stati individuati attraverso uno screening genetico nell'ambito dello studio cosiddetto DAISY (Studio della Autoimmunità correlata al Diabete nell'Età Giovanile). L'interesse primario dello studio è stato quello di valutare, dal momento della introduzione degli alimenti contenenti glutine nella dieta, il tempo di sviluppo della autoimmunità correlata alla MC, definita come positività per gli anticorpi anti-transglutaminasi (anti-tTG) a due visite successive oppure positività isolata per gli anti-tTG e quadro istologico compatibile con una MC. Quale obiettivo secondario gli Autori hanno selezionato i casi di autoimmunità celiaca includendo solamente quei bambini con biopsia positiva per celiachia (quadro pari o superiore a 2, secondo la classificazione di Marsh). I risultati emersi dallo studio hanno evidenziato lo sviluppo di una autoimmunità correlata a MC in 51 bambini; in particolare, nei soggetti geneticamente predisposti, Celiachia news 16 15 l'esposizione al glutine durante i primi 3 mesi di vita determinava un rischio di sviluppare una autoimmunità correlata alla MC di cinque volte superiore rispetto a coloro che avevano introdotto il glutine tra il 4° ed il 6° mese di vita. Tale rischio era invece aumentato soltanto marginalmente nei bambini non esposti al glutine fino all'età di 7 mesi od oltre, se confrontati con quei coetanei in cui l'introduzione era avvenuta da 4 a 6 mesi. Considerando soltanto i 25 soggetti con celiachia comprovata da biopsia ed autoimmunità ad essa correlata, è stato osservato che l'introduzione di glutine nel primo trimestre oppure al 7° mese o oltre si associava ad un aumento significativo del rischio di autoimmunità di celiachia rispetto ad una esposizione avvenuta a 4 - 6 mesi. Sulla base di quanto sopra, dunque, gli Autori concludono che l'epoca di introduzione del glutine nell'alimentazione del lattante può influenzare la comparsa di autoimmunità di MC nei soggetti a rischio elevato per tale affezione e, in particolare, che esiste un periodo finestra di esposizione al glutine prima e dopo il quale sembra esserci, negli individui geneticamente predisposti, un aumentato rischio della suddetta autoimmunità celiaca. Commento Gli Autori di questo studio pongono alla ribalta una tematica divenuta negli ultimi tempi particolarmente cara sia agli esperti del settore che, soprattutto, alle famiglie dei celiaci, ovvero se esista e quale sia l'epoca migliore e più “sicura” per introdurre gli alimenti contenenti glutine nella alimentazione del lattante, specie in quelli a rischio (in quanto familiari di celiaci). Alcuni studi, soprattutto quelli condotti in Svezia, hanno evidenziato un effetto “protettivo” dell'allattamento materno sullo sviluppo della MC, ovvero una maggiore incidenza di celiachia nei bambini non alimentati al seno o per un breve periodo rispetto ai coetanei non celiaci. Lo stesso gruppo di 16 ricercatori ha altresì osservato che l'introduzione del glutine quando l'allattamento materno è già stato sospeso si associa ad una aumentata incidenza di celiachia. Sebbene tali evidenze suggeriscano un possibile ruolo importante della alimentazione infantile nella eziologia della MC, tuttavia alcuni limiti nel disegno di queste indagini e la presenza di bias di selezione non hanno consentito fino ad ora di giungere a conclusioni definitive e generalizzabili. Il riscontro di una correlazione positiva tra una precoce introduzione di glutine (primi 3 mesi di vita) e lo sviluppo di celiachia nei soggetti predisposti si può facilmente spiegare per l'esistenza, in tale epoca della vita, di una certa immaturità della funzione barriera della mucosa intestinale, con conseguente passaggio di gliadina anche in piccole quantità. Meno chiaro è invece il motivo per cui l'esposizione al glutine tardiva (al 7° mese o anche oltre) si associ anch'essa allo sviluppo di celiachia. È verosimile pensare che, nei bambini più grandi, il glutine venga introdotto in quantità e frequenza superiori, con conseguente maggiore disponibilità di gliadina in grado di attraversare la mucosa intestinale e quindi di attivare la cascata di eventi responsabili poi delle alterazioni istologiche. È tuttavia necessario precisare che, quanto osservato dagli Autori americani, non è estensibile ad altri Paesi dove i tempi e le modalità per il divezzamento possono essere differenti. Il ruolo della alimentazione durante il primo anno di vita quale fattore ambientale potenzialmente in grado di influenzare lo sviluppo della celiachia è divenuto ormai argomento sul quale si sta focalizzando l'interesse scientifico. A questo proposito, è attualmente in corso in Italia (in collaborazione con i vari centri specialistici, la Associazione Italiana Celiachia che sta in parte finanziando lo studio e la Società Italiana di Gastroenterologia e Nutrizione Pediatrica) una indagine multicentrica, prospettica e controllata volta a verificare, in un grup- Celiachia news 16 po di lattanti a rischio (familiari di primo grado di soggetti celiaci), se l'epoca di introduzione degli alimenti contenenti glutine nella dieta del lattante influenzi il rischio di sviluppare la celiachia. Il disegno dello studio prevede, dopo il 4° mese e previa randomizzazione, la suddivisione dei lattanti arruolati in due gruppi in relazione al tipo di divezzamento: 1) gruppo A con glutine; 2) gruppo B con alimenti privi di glutine fino all'età di 12 mesi compiuti. A partire dal primo anno di vita, entrambi i gruppi seguono uno schema dietetico simile, comprendente anche i cereali contenenti glutine. All'età di 15 mesi, tutti i soggetti arruolati eseguono un prelievo ematico per la ricerca dei geni di predisposizione per la celiachia (HLA-DQ2 e DQ8), il dosaggio dei marcatori sierologici di celiachia (anticorpi antigliadina AGA-IgG ed IgA ed anticorpi antitransglutaminasi anti-tTG di classe A) e delle immunoglobuline sieriche. I soggetti con anti-tTG positività (o IgG-AGA positività e deficit delle immunoglobuline sieriche di classe A) sono invitati a sottoporsi alla biopsia intestinale per confermare la diagnosi di celiachia. Dato il notevole interesse che tale argomento ha suscitato sia nel mondo scientifico che “laico”, lo studio consentirà sicuramente di ottenere informazioni sufficientemente esaustive sul possibile ruolo della alimentazione nei familiari di primo grado dei celiaci presenti nel nostro Paese. Celiachia news 16 17 Questo inserto può essere utile al tuo medico A cura del prof. Carlo Catassi Consulente Scientifico di Celiachia Notizie I.R. Associazione Italiana Celiachia