gli 80 euro? mi boicottano ma le coperture ci sono

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gli 80 euro? mi boicottano ma le coperture ci sono
In Italia, i dieci più ricchi guadagnano quanto 500 mila famiglie operaie
In due numeri, la fotografia di un’ingiustizia sociale sempre più intollerabile
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€ 1,30 – Arretrati: € 2,00
Domenica 4 maggio 2014 – Anno 6 – n° 121
Redazione: via Valadier n° 42 – 00193 Roma
tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230
Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46)
Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009
Odo Gelli (e Merli) far festa
PAZZESCO
di Marco Travaglio
i stiamo perdendo. Tra i signorini grandi
firme dei giornaloni c’è grossa crisi. SopratL
tutto di identità. Il mondo cambia rapidamente
Sparatoria prima di Fiorentina-Napoli, un ferito
grave, guerriglia. Poi allo stadio Olimpico di Roma,
davanti al premier, si pensa di interrompere la gara
Nella bolgia, decide un capotifoso azzurro: “Si gioca”
Fischi all’Inno di Mameli. Ecco la Coppa Italia
Amurri, Cattano, Fierro e Schiesari » pag. 2 - 3 - 4
POTERE ULTRÀ
E alla fine Genny
‘a carogna garantì
l’ordine pubblico
Ansa
Liuzzi » pag. 3
“GLI 80 EURO? MI BOICOTTANO
MA LE COPERTURE CI SONO”
DECRETO E PRECARI
DOPO I TAGLI
Cgil e Cisl in trincea:
“Il governo
se ne frega
dei lavoratori”
Cairo blinda
Mentana
e Santoro: “La7
non è in vendita”
Palombi » pag. 6
I 90 ANNI DEL POLITOLOGO
» pag. 10
IL REPORTAGE
“Io, la zuppa galeotta
e il soporifero Kant”:
così parlò Sartori
Lager e faide:
gli orrori della guerra
tra narcos
in Messico
di Silvia Truzzi
di Diego Enrique Osorno
utta la vita è politica”: la frase
ben si adatta a Giovanni SarT
tori, che ha portato la Scienza po-
er dieci giorni, tra il 26 gennaio e il 5 febbraio 2014,
P
quasi un centinaio di funziona-
litica in Italia. Alla vigilia dei novant’anni ci racconta la sua vita:
da Kant all’America, passando
per l’amore.
» pag. 12 - 13
ri pubblici di Coahuila, in Messico, hanno lasciato le proprie
scrivanie per realizzare una
missione inusuale. » pag. 14
Renzi al “Fatto” risponde ai “no”
dei tecnici del Senato: “Una
vendetta contro di me perché voglio
abolire Palazzo Madama e tagliare i
loro stipendi”. “Incredibile che certi
funzionari legittimino la protesta
delle banche che non vogliono
pagare la propria quota per
Feltri » pag. 7
il rilancio del Paese”
L'ATTORE SI RACCONTA
Placido: “Passacarte
e ragionieri
stanno uccidendo
il nostro cinema”
U di Furio Colombo
SBARCHI,
LA STUPIDITÀ
E LA PAURA
» pag. 22
LA CATTIVERIA
Cuffaro è in galera,
ma prende il vitalizio.
La mafia è gente seria
Pagani e Corallo » pag. 16 - 17
» www.forum.spinoza.it
intorno a loro e non riescono più a intercettarlo.
Così, smarriti e atterriti, menano fendenti alla
cieca, ‘ndo cojo cojo, con effetti ora esilaranti ora
preoccupanti. Quelli esilaranti colpiscono Piero
Ostellino che, da quando ha scoperto l’esistenza
della posta (devono avergli piazzato una buca
delle lettere sotto casa), non si dà pace per alcuni
lettori comprensibilmente disgustati dalle cose
che scrive. E lancia strazianti gridi di dolore contro la “tirannia della maggioranza” (non si sa
quale, essendo lui sempre dalla parte di chi comanda, da Craxi a Berlusconi). “Una certa minoranza di lettori socialmente attiva e politicamente aggressiva – scrive sul Corriere, noto foglio
della resistenza clandestina – non nasconde di
detestarmi. Temo sia la stessa situazione in cui si
erano venuti a trovare, alla vigilia del fascismo,
Giovanni Amendola, Piero Gobetti, Giacomo
Matteotti”. Par di vederlo, il Solgenitsin de noantri, barricato nel suo nascondiglio sotterraneo
dietro robusti chiavistelli, inferriate, lucchettoni
e catenacci, scrutare l’orizzonte da uno spioncino o da una feritoia, pronto a offrire il petto
alle pallottole delle squadracce (renziane? grilline? tsiprine?) che assediano casa sua per silenziare il nuovo Amendola, anzi Gobetti, anzi
Matteotti, l’ultima voce scomoda d’Italia. Effetti
più preoccupanti si riscontrano in Francesco
Merlo, un tempo fustigatore di potenti, ora ridotto da un bel pezzo a bastonatore di oppositori. Ieri il prefetto di disciplina di Repubblica
ha messo in riga il cantante Piero Pelù, che si è
permesso uno sberleffo contro Renzi (“boy
scout di Licio Gelli”) al concerto del 1° Maggio.
Non bastava l’insurrezione dei guardaspalle del
premier, i Carbone, Anzaldi, Boschi e Picierno,
che stanno a Matteo come Gasparri, Schifani,
Biancofiore e Santanchè stavano a B. quando al
concertone sparlavano di lui Daniele Silvestri e
Andrea Rivera; e riesumano gli argomenti dei
bulgari di Arcore per tappare la bocca a Pelù:
chissà quanto l’han pagato, i cantanti devono
cantare, sono milionari quindi tacciano (invece
i politici sono alla fame), intervenga la Vigilanza, anzi la pula con le cariche e gli idranti.
Ci voleva Merlo, che si scaglia contro il “Mefistofele di parrocchia”, lo “strapaesano di 52 anni ‘tinto’ come Berlusconi e non da cummenda
ma – peggio – da teenager”, animato da “rancore
politico”, “si crede un Norberto Bobbio che canta”, “la parodia della ribellione”, fa “abuso pirotecnico del nome di Gelli” ed è, naturalmente,
in “crisi creativa” (lo dicevano anche di Luttazzi
e della Guzzanti per giustificare la chiusura-censura dei loro programmi) e “straparla di politica
per riacchiappare il successo”. E poi è “la pop
star ufficiale di Grillo”, “il cantante organico dei
5Stelle”, come Grillo “ha l’affanno, l’aria di chi
ha sempre bisogno d’acqua, i pensieri arruffati,
il dito medio esibito, un rapporto difficile con i
capelli”. Cioè: anche l’ingiusta calvizie di Merlo
è colpa di Pelù. Che, se invece avesse fatto una
cantatina alla Leopolda o scritto l’inno di Eataly,
non gli sarebbe accaduto nulla. Sul merito dell’accostamento Renzi-Gelli – ovviamente esagerato, paradossale, provocatorio – neppure
una sillaba. Eppure qualcosina ci sarebbe da dire
sulle riforme costituzionali scritte a quattro mani con un piduista patentato e con Verdini, definite “svolta autoritaria” non da un rocker arruffato, ma da Rodotà e Zagrebelsky, firme di
Repubblica, in un appello di Libertà e Giustizia,
fondata da Carlo De Benedetti. Ma se i Merlo
capissero i pericoli della svolta autoritaria, non
occorrerebbero appelli dei professori né provocazioni alla Pelù. Quindi tutto torna. Anzi è facile immaginare che Merlo, dopo aver difeso impavido il capo del governo dalla battuta di un
cantante, si sia subito sentito molto scomodo e
abbia raggiunto Ostellino nelle catacombe, attendendo a pie’ fermo e petto in fuori i rastrellamenti e l’olio di ricino delle Brigate Litfiba.
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PAZZESCO
DOMENICA 4 MAGGIO 2014
Brasile, occupazioni
davanti a struttura
che ospita i Mondiali
MIGLIAIA DI MEMBRI del “Movimiento de Trabajadores Sin Techo” (Movimento dei lavoratori
senza tetto) hanno occupato un
terreno a circa 4 chilometri dallo
stadio Arena Corinthians, di San
Paolo, che tra 40 giorni ospiterà la
partita inaugurale dei Mondiali di
calcio di Brasile 2014. Circa mille
famiglie, riferisce il movimento sulla sua pagina web, occupano dall’alba di oggi il terreno “abbandonato da più di 20 anni”. Intanto a
Recife, un uomo è morto colpito da
un water lanciato durante scontri
tra tifosi nello stadio Arruda, dopo
il Fatto Quotidiano
una partita fra le squadre Santa
Cruz e Parana.
La polizia locale riferisce che nei disordini della notte tre water sono
stati divelti dai bagni dello stadio e
poi lanciati dagli spalti contro i tifosi
della squadra avversaria. Uno di essi ha colpito alla testa la vittima,
identificata dalle autorità come
Paulo Ricardo Gomes da Silva. L’uomo è morto sul colpo.
Le nuove violenze si verificano a 6
settimane dall’inizio dei Mondiali
ospitati dal Brasile, durante i quali 4
partite saranno disputate proprio a
Recife.
DENTRO E FUORI
LO STADIO Gli scontri tra
tifosi e polizia, poi fuochi e petardi all’Olimpico Ansa / LaPresse
di Enrico
Fierro
alla fine si gioca.
La partita inizia
alle 21:45. Tre
quarti d'ora di
attesa e inutile tensione.
Roma città perennemente
sull'orlo di una crisi di nervi. Ieri una manifestazione,
oggi una partita di calcio:
l'intero sistema della sicurezza della Capitale sembra
andato in tilt. È Napoli Fiorentina che si gioca, e siamo
di fronte a tifoserie violente, ma la giornata di ieri è
stata da incubo. Tutto inizia alle 19:10, le voci si rincorrono: un tifoso del Napoli è stato ferito a colpi di
pistola. È un ragazzo di
trent'anni colpito al torace.
È grave. No, è morto già.
E
SU IPHONE, iPad, cellulari,
i tifosi che si incamminano
verso lo stadio raccolgono
notizie confuse e contraddittorie. Quando manca un
minuto alle sette e mezza
della sera, i feriti sono tre,
sempre vittime dello sparatore, due sarebbero in codice rosso. Chi ha sparato?
Non un tifoso della Fiorentina, ma un ultrà della Roma o della Lazio. Tutto è
avvenuto a Viale di Tor di
Quinto, dove intorno alle
17:30 un gruppo di tifosi
del Napoli si scontra con alcuni ultrà della Roma. Le
notizie sono confuse, le voci parlano di un romanista
che avrebbe tirato fuori un
PROIETTILI E PALLONE
LA COPPA ITALIA DIVENTA
UN CAMPO DI BATTAGLIA
DENTRO E FUORI L’OLIMPICO SCONTRI TRA TIFOSI E POLIZIA: DIECI
I FERITI, TRE DA SPARATORIA. LA QUESTURA: “LITE OCCASIONALE”
MA TRA I RESPONSABILI POTREBBERO ESSERCI ULTRÀ DELLA ROMA
revolver e sparato per difendersi. Bastava anche di
meno per far scoppiare l'inferno. E così, alle otto le
scintille infiammano le
strade. A pochi passi dallo
stadio Olimpico ci sono i
primi tafferugli con la polizia. I tifosi del Napoli, la
parte più organizzata e dura, gli ultrà, che si raccol-
VIA IN RITARDO
La scintilla iniziale
è alle 17:30, poi la
partita tra Fiorentina
e Napoli inizia 45 minuti
dopo e con la curva
partenopea in silenzio
gono dietro sigle che hanno
un seguito fortissimo nelle
periferie della città, cominciano a lanciare petardi e
"bomboni" contro la polizia. Bastano poche cariche
di alleggerimento per disperderli. Il clima si fa ancora più teso, e la Polizia si
affretta a smentire le voci su
agenti feriti e ricoverati in
ospedale. “Non ci sono poliziotti feriti”, ripetono gli
uffici stampa per evitare
che altre notizie si diffondano sui social network e
siti, contribuendo ad accendere gli animi.
INTANTO le tv rimandano
le immagini dello stadio. I
calciatori che aspettano segnali. I presidenti come imbambolati. Si vedono i volti
della politica. Matteo Renzi
è accanto al presidente del
Coni Malagò. Il presidente
del Senato, Piero Grasso,
lancia anatemi contro le tifoserie violente. L'onorevole Rosy Bindi, toscana e
presidente della commissione parlamentare Antimafia, non si rende conto di
quanto sta accadendo e sorride a favor di telecamere.
Renzi ha l’espressione stupita come chi non riesce a
capire cosa stia davvero
succedendo. Quando sono
le nove di sera, e lo stadio è
pieno di tifosi delle due
squadre che aspettano una
risposta, nessuno sa se il
pallone verrà calciato o meno. Si avviano trattative.
Rappresentanti della Lega
calcio parlano con i presidenti delle due squadre. Il
questore di Roma cerca di
mediare e spinge perché si
giochi. Aurelio De Laurentiis, il presidente del Napoli, convince il suo giocatore
migliore, Marek Hamsik a
mediare con la tifoseria nella curva Nord. E qui lo spettacolo che milioni di italiani vedono è davvero deprimente. A parlare con l'idolo
della tifoseria è un capo ultrà dalla stazza notevole
con addosso una t-shirt nera e la scritta “libertà per gli
ultrà”.
DALLA CURVA partono fu-
mogeni e bombe carta, un
vigile del fuoco viene ferito.
Quando sono passati venti
minuti dalle nove, ancora
non c'è una decisione. Per i
tifosi del Napoli non si deve
giocare. Dalla Questura
fanno sapere che il clima
non consente una decisione
del genere. “Se sospendono
la partita – ci dicono alcuni
strani tipi seduti davanti ai
baracchini che all’esterno
dello stadio vendono panini con la porchetta – qui
succede l’inferno”. Alle
21:45 la decisione: si gioca.
Gli altoparlanti suonano
l’Inno di Mameli e dalle
curve piovono fischi. Gli
ultrà del Napoli inveiscono
contro i tifosi della Fiorentina. “Vesuvio, Vesuvio, lavali col fuoco”, rispondono
gli eredi di Dante. Nelle tribune vip politica e potere si
scambiano sorrisi e ammiccamenti. Sul prato ventidue
uomini rincorrono un pallone. Sulle curve, l’Italia
sfoga i suoi istinti peggiori.
Fuori blindati e autoambulanze. È Roma.
La corsa agli ospedali tra codice rosso e paura
DUE SONO GRAVI, UNO È COLPITO AL TORACE. GLI AMICI PRESENTI IN CORSIA RESTANO ZITTI PER IL TIMORE DI COINVOLGIMENTI
di Valerio Cattano
ai colpi di pistola che hanno colpito tre tifosi
del Napoli vicino al Ciak Village in viale di
D
Tor di Quinto, agli scontri e le bombe carta che
frattura a una gamba, altri tre sono arrivati all’ospedale Sant’Andrea con contusioni varie, ma sono stati valutati in codice verde, ovvero non gravi,
e infine nella conta di un pomeriggio di botte e
spranghe sono da conteggiare un numero imprecisato di malconci che però hanno rifiutato le cure
in ospedale. Si era sparsa la voce che pure un poliziotto era stato ricoverato per le ferite riportate
nei tafferugli, ma la questura ha
smentito
hanno causato altri sette ricoveri. Dieci feriti nella
serata di violenza nella Capitale con il timore che
uno di loro non superi le prossime ore: i più gravi
sono i tre coinvolti nella sparatoria e portati all’ospedale Villa
San Pietro; Ciro Esposito, 30 anGLI ALTRI AGGUATI
ni di Secondigliano, ferito al torace (codice rosso); Alfredo
Pestaggi a Ponte
Esposito, 43 anni, colpito alla
mano destra, e Gennaro FioretMilvio e al Ponte
ti, 32 anni, trasportato all’ospedella Musica: cinte,
dale Santo Spirito con ferite da
colpi d’arma da fuoco a un bracspranghe e coltelli
cio e a una mano. Oltre a loro,
una persona è stata ricoverata
In molti hanno
con un trauma cranico, un’altra
rifiutato il ricovero
al policlinico Gemelli per una
ATMOSFERA tesa a Villa San
Pietro, ieri sera, dove sono stati
ricoverati i feriti più gravi: col
fiato sospeso per lo stato di salute del trentenne con un proiettile nel torace, nessuno dei tifosi
ha voluto parlare con i cronisti,
mentre l’altra vittima raggiunta
dal piombo a una mano è stato
ascoltato a lungo dalla polizia
per cercare di capire la dinamica
di quanto avvenuto nei pressi del vivaio. Tuttavia,
agli agenti, i feriti che erano in grado di parlare
hanno detto poco o nulla: non si sarebbero neppure accorti da dove arrivavano i colpi, salvo poi
accorgersi che uno di loro era a terra, incapace di
muoversi, e gli altri cercavano di tamponare il sangue che usciva dalle ferite alle mani e alle braccia.
Una versione dei fatti che non ha convinto gli investigatori, che se in un primo momento hanno
preferito parlare di “lite occasionale”, con il passare delle ore hanno delineato un diverso scenario,
ovvero uno scontro violentissimo fra quel gruppo
di ultras azzurri e alcuni tifosi della Roma individuati e isolati dai napoletani nei pressi del Ciak
Village di viale di Tor di Quinto. Vedendo soccombere un amico, uno dei tifosi romani avrebbe
estratto una pistola e fatto fuoco. Altri scontri fra
ultras del Napoli e della Fiorentina sono avvenuti a
Ponte Milvio, nei pressi della pista ciclabile, sotto
ponte Duca d’Aosta, sono spuntati i coltelli, ma
nulla di grave se paragonato alla sparatoria che ha
portato un ragazzo in fin di vita in ospedale.
I soccorsi a uno dei tifosi feriti Ansa
PAZZESCO
il Fatto Quotidiano
Ivan il “terribile”
e gli scontri prima
di Italia- Serbia
12 OTTOBRE DEL 2010 a Genova si gioca il
match tra Italia e Serbia per le qualificazioni a
Euro 2012. Scontri, botte, sospensione della
gara. Alla fine, le persone fermate sono 17, altre
35 sono denunciate. Tra questi, Ivan Bogdanov,
protagonista con cappuccio nero, le cui immagini hanno fatto il giro del mondo, e scovato
dagli agenti nel vano motore di uno dei pullman
DOMENICA 4 MAGGIO 2014
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dei tifosi nel quale aveva tentato di nascondersi. Identificato grazie a un tatuaggio: sul
braccio dell'ultrà trentenne era impressa infatti
la data 1389, che ricorda la battaglia della Piana
dei Merli contro i Turchi, mito fondante dello
spirito ultranazionalista serbo. Per lui, le sua
gesta allo stadio erano solo per difendere la
nazione.
I DUE POTERI
L’ultrà del Napoli con la maglia in onore del condannato per la morte dell’ispettore Raciti e Matteo Renzi. Ansa/LaPrese
Ministro degli Interni
è “Genny ‘a carogna”
LE TRATTATIVE SE GIOCARE O NO IN MANO AL CAPO ULTRÀ CHE PARLA SOLO CON
IL CAPITANO HAMSIK IN UNA PIOGGIA DI BOMBE CARTA. RENZI INTERDETTO IN TRIBUNA
di Emiliano
Liuzzi
n una ubriacatura collettiva, dove il ministro
dell'Interno viene sostituito da un nerboruto capo ultrà Gennaro De
Tommaso, detto “Genny ‘a
carogna”, dei Mastiffs, i mastini napoletani, e il ruolo del
prefetto affidato a Marek
Hamsik, capitano del Napoli,
viene deciso che la partita, “sì,
si gioca”. Nessuna prova d’appello. Lo fanno capire le bombe carta che lasciano ferito anche un vigile del fuoco a bordo
campo. La seconda sparatoria,
dopo quella avvenuta fuori.
Una pioggia di fumogeni e ordigni, quasi a dire “parliamo
con Hamsik, e nessun altro.
Decidiamo noi”.
I
PASCALE Saluta Silvio
e diventa supporter
ellulare in mano per scattare
foto alla curva azzurra, sciarC
petta del Napoli sulla bocca al
momento dei fumogeni contro
gli steward e i vigili del fuoco,
giacca bianca iper-chic sulle spalle. È Francesca Pascale, fidanzata
ufficiale di Silvio Berlusconi, anche lei presente allo stadio Olimpico in occasione della finale di
Coppa Italia tra i partenopei e la
Fiorentina. Tifosissima della formazione di Aurelio De Laurentiis, è una delle
tanti, dei tanti, “vip” presenti sugli spalti, come
l’attore Silvio Orlando, il regista Paolo Sorrentino e l’ex allenatore giallorosso, Zdenek Zeman.
È LA LEGGE delle curve, ancora una volta, a prevalere. Lì
dove la violenza e la massa si
sostituiscono alla legalità. La
decisione, alla fine, è prudente.
Il metodo rasenta la pazzia
collettiva. Il presidente del
Consiglio, quello vero, Matteo
Renzi, è in tribuna Monte Mario, ignaro di quello che gli accade attorno. Quello che è successo e che accadrà, glielo spiega Giovanni Malagò, presidente del Coni, incravattato,
enorme Rolex al polso. Algebrico e perplesso il presidente
del Senato, Pietro Grasso, che
volta lo sguardo verso le curve
e guarda l'orologio, prima di
partorire, a tarda sera, un comunicato tutto suo: “La violenza resti fuori dal mondo
dello sport”. Tifosa da campagna elettorale anche Rosy Bindi, che poi sarebbe presidente
della commissione Antimafia,
mai vista con sciarpa viola al
collo. Tutti appesi alla parola
di un ultrà che deciderà se lo
spettacolo può andare in scena
o se devono tornarsene tutti a
casa. Questo è quello che la
Rai, attraverso le telecamere,
ha trasmesso. Attraverso parole inutili e incomprensibili
dei poveri telecronisti, impreparatissimi nel raccontare una
cosa che non appartiene al lo-
Capannello dei vertici del calcio
e De Laurentiis LaPresse
POTERE AL MASTINO
Il leader del tifo
organizzato partenopeo
finisce con il garantire
l’ordine pubblico,
mentre le autorità
lanciano appelli surreali
ATMOSFERA IRREALE
Tra voci e sospetti, la curva ruggisce
di Alessio Schiesari
erto che siamo partiti con fumogeni e petardi: si stavano avviciC
nando i fotografi, volevano fotografarci”. Per gli ultras del Napoli in curva
Nord la pioggia di bengala prima della
partita è stata una reazione naturale:
questo è il nostro territorio. Tra loro la
tensione è alta dal pomeriggio: “Nel
corteo c’ero anch’io, stavo in mezzo.
Gli spari li ho sentiti”, racconta un tifoso che non vuole far sapere il suo
nome. Non ha dubbi su quello che è
successo il pomeriggio: “Nessuno
scontro tra tifosi, è stato un negoziante”. Qui tutto si sa in anticipo, o almeno così si crede: dove si è sparato,
perché, se si gioca o no. La differenza
con il resto dello stadio è abissale.
“Che è successo? È vero che qualcuno
ha sparato?”, chiede Dario, un tifoso
partenopeo seduto in tribuna Tevere.
Sono le otto e venti di sera, tutti i telegiornali hanno dato la notizia della
sparatoria in cui sono rimasti coinvolti tre tifosi, #NapoliFiorentina è l’hashtag più usato su twitter. Ma allo Stadio Olimpico regna l’incredulità. Curva Nord a parte, ovviamente. “Ho letto
della sparatoria dallo smartphone, stavo cercando le formazioni su Napoli.net“. La sua giornata da tifoso era cominciata alle cinque, “quando abbiamo parcheggiato a Ponte Milvio”.
GIÀ DAL POMERIGGIO si era capito
che qualcosa nell’organizzazione non
stava andando per il verso giusto:
“Non c’era una buona divisione delle
tifoserie. Abbiamo trovato tanti tifosi
della Fiorentina dopo Ponte della Musica, la zona dello stadio riservata ai noi
del Napoli. Alcuni indossavano per-
fino delle sciarpe viola. Io mi avvicinavo e gli dicevo di toglierle, che in
giro qualche cretino si trova sempre.
Però mi ha stupito: alla finale con la
Juve non era successo”. Per Dario e i
tifosi delle tribune però il pomeriggio
però scorre tranquillo: “Ressa ai cancelli, qualche petardo, le solite cose. Ma
in generale l’atmosfera era piacevole”.
L’allarme scatta solo alle otto e quaranta: “Ho capito che la situazione era
grave quando la curva Nord, quella degli ultras del Napoli, ha tolto tutte le
bandiere. Hanno detto agli altri settori
di napoletani di non tifare. Non esplicitamente, intendiamoci, ma lanciavano segnali che chi frequenta lo stadio
sa cogliere. E io sono vent’anni che
vengo alle partite”. Il pensiero di Dario
corre a una partita di dieci anni fa, del
21 marzo 2004: “Sembra Roma - Lazio.
La situazione è surreale. Si sente che
siamo in procinto di accadere qualcosa. Se la interrompono qua non si esce
più, e intorno è pieno di bambini”.
SE IN CURVA nord il sentimento prevalente è la rabbia e nelle tribune la
paura, in curva sud c’è spazio solo per
la gioia della partita. Giacomo ha 27
anni. Per la finale di Coppa Italia è partito di casa a mezzogiorno: “Sono partito insieme agli altri del Ciclone Viola.
Saremo stati in duecento: non tifosi,
pullman intendo. Abbiamo sentito dei
tifosi feriti solo una volta dentro lo stadio. C’è stupore, un po’ di imbarazzo.
Ma non siamo stati noi”. Si deve giocare? “Certo, questa è solo una partita
di calcio. Una partita speciale, perché
ci giochiamo la Coppa Italia. C’è delirio, tanta attesa. Visto quello che è
successo però stasera niente cori contro. Solo per Firenze”.
ro mestiere di commentatori.
Si concentrano su quello che
penseranno le decine di bambini allo stadio che non si spiegheranno il ritardo. Parlano,
quasi fosse un respiro di sollievo, di un episodio, quello
accaduto fuori dallo stadio, legato alla criminalità comune.Quando cadono a pioggia
le bombe carta per allontanare
polizia, steward, forze dell’ordine, tacciono. Non sanno che,
oltre ai colpi di pistola, fuori
dall’Olimpico ci sono stati degli scontri, più o meno gravi
documentati dalle fotografie
che a metà pomeriggio hanno
trasmesso agenzie di stampa e
siti internet. I telecronisti parlano di criminalità comune, di
un regolamento di conti messo in scena tra la gente che
avrebbe raggiunto lo stadio
per sviare le indagini. Forse
nelle prossime ore sarà tutto
più chiaro, ma anche se così
fosse nessuno può permettersi
che gli ultrà decidano o meno
se una partita si gioca. Il precedente, sempre all’Olimpico,
in quel caso un derby tra Lazio
e Roma, non dovrebbe fare
giurisprudenza. Invece, ieri sera, pare sia stato così.
impreparati
tutti. I fratelli Della Valle, Andrea, nelle vesti di presidente
della Fiorentina, e Diego, il
proprietario; il padre padrone
del Napoli Aurelio De Laurentiis, triade senza voce in capitolo.
Sfilano tra le poltroncine personaggi minori, come Dario
Nardella, Luigi Abete, l’ex Mario Pescante. E alla fine anche
l’attore Silvio Orlando.
Nessuno sa, fino a quando non
arriva la comunicazione attraverso il passaparola: si giocherà. Non si tratta tanto di uno
spettacolo che deve andare
avanti per forza, quanto della
decisione di un manipolo di
violenti. Di un improbabile
ministro degli Interni con la
maglietta nera con la scritta
gialla: libertà per gli ultras.
Benvenuti allo stadio.
IMPREPARATI,
4
PAZZESCO
DOMENICA 4 MAGGIO 2014
E i tifosi viola
intonano: “Vesuvio
lavali col fuoco”
di Sandra Amurri
na violenza cieca e
sorda senza fine
che si ripete, almeno, dagli anni Sessanta. Per questo quello che è
successo ieri a Roma per la finale di Coppa Italia può stupire solo i retoricissimi telecronisti e commentatori della
Rai, oltre a quanti hanno una
memoria eccessivamente selettiva. L’elenco delle vittime
delle guerre da stadio è lungo,
lunghissimo.
U
Come iniziò:
una vecchia storia
Il primo a morire il 28 aprile
1963 a causa degli scontri con
la polizia allo Stadio Vestuti
dove si disputa la partita Salernitana-Potenza (ci si gioca la
promozione in Serie B) è Giuseppe Palitano, 48 anni, che cade a terra colpito da un proiettile sparato in aria da un poliziotto.
Dieci anni dopo, è il 28 ottobre
1979, il tifoso laziale Vincenzo
Paparelli, quando manca un’ora al fischio di inizio del derby
Roma-Lazio, muore per un
razzo sparato dalla curva romanista.
Cinque anni dopo, è l’8 febbraio 1984, si gioca Triestina-Udinese, gara di Coppa Italia. Scoppiano gli incidenti, intervengono le forze dell’ordine
e il tifoso triestino Stefano Furlan muore in seguito a gravi lesioni cerebrali, forse causate
dalle manganellate degli agenti
in servizio di ordine pubblico.
Il 30 settembre 1984, al termine della partita Milan-Cremonese, Marco Fonghessi, un giovane tifoso rossonero, resta
vittima di un vero e proprio agguato mentre sta tornando a
casa a bordo della sua auto che
viene affiancata, e costretto a
fermarsi da tifosi meneghini,
muore accoltellato.
O VESUVIO lavali col fuoco”. Poteva
mancare il coro più inflazionato dalle
curve italiane negli ultimi mesi nella
triste notte dell’Olimpico? No, non
poteva. I tifosi della Fiorentina, fino a
quel momento soltanto spettatori di
uno “spettacolo” con altri protagonisti, hanno intonato il motivetto che
tante squalifiche per “discriminazione territoriale” ha causato nel corso
di questo campionato intorno al venticinquesimo del primo tempo, con la
squadra viola frastornata per la doppietta di Insigne che aveva portato il
Napoli aventi di due reti dopo un
quarto d’ora. “O Vesuvio lavali col
il Fatto Quotidiano
fuoco”, urlato da parte dei fiorentini
assiepati in curva Sud, quella solitamente occupata dai tifosi della Roma.
Il coro, che nessun ispettore federale
potrà dire di non aver sentito, è stato
schernito da un applauso diffuso. Subito dopo il gol di Vargas ha riaperto
la partita.
LA MADRE DEI CRETINI
Una scia di morti e scontri
lunga oltre cinquant’anni
LA PRIMA VITTIMA È DEL 1963: UCCISO DAL COLPO SPARATO IN ARIA DA UN AGENTE
dello stadio.
Siamo al 30 gennaio 1994, invece, quando Salvatore Moschella, 22 anni, al termine della partita Messina-Ragusa,
muore gettandosi dal treno per
sfuggire all’aggressione dei tifosi del Messina, tutti minorenni si scoprirà poi.
Il 29 gennaio 1995 la partita
Genoa-Milan non era ancora
iniziata ma Vincenzo Spagnolo, 18 anni era già a terra senza
vita, accoltellato da un coetaneo di fede rossonera, Simone
Barbaglia.
Il 18 giugno 1989 si gioca invece Fiorentina-Bologna, penultima giornata di campionato. Si consuma l’ennesima tra-
2 FEBBRAIO 2007
Negli scontri tra ultras del Catania e la polizia perde la vita l’ispettore di polizia, Maurizio Raciti Ansa
gedia. Il treno dei tifosi emiliani viene assalito dagli ultras
gigliati. Parte la sassaiola, segue il lancio di una bottiglia
molotov che esplode direttamente dentro un vagone: Ivan
Dall’Oglio, 14 anni, viene sfigurato al viso.
Muore invece il primo febbraio del 1998 - al termine di
una partita tra Treviso e Cagliari - il tifoso veneto Fabio Di
Maio, 32 anni: stroncato da un
infarto mentre la polizia cercava di riportare l’ordine tra le
due tifoserie in guerra.
Il 24 maggio del 1999 si consuma una strage. Il treno speciale che riportava a casa i tremila tifosi salernitani all’indo-
24 MAGGIO 1999
Di ritorno dalla trasferta di Piacenza, il treno
dei tifosi della Salernitana prese fuoco. Quattro morti Ansa
I treni prendono
fuoco: anni 80 e 90
Il 13 aprile del 1986 la storia si
ripete: muore il diciassettenne
Paolo Siroli, tifoso della Roma,
mentre viaggiava su un treno
di ultrà che prende fuoco.
Solo pochi mesi dopo, il 7 dicembre, ci lascia la pelle il ventunenne tifoso della Sambenedettese Giuseppe Tomasetti,
accoltellato da un tifoso dell’Ascoli al termine di una partita
tra le due squadre. Coppa Italia
anche quella volta.
Il 9 ottobre dell’88 allo stadio
Del Duca di Ascoli Piceno, al
termine della partita con l’Inter, la stessa sorte tocca al tifoso
marchigiano Nazareno Filippini, accoltellato al termine di
una rissa con tifosi nerazzurri.
Passa un solo anno e la violenza torna a farla da padrona. La
vittima: Antonio De Falchi, 18
anni. Era il 4 giugno 1989
quando il tifoso della Roma
muore per un arresto cardiaco
nel corso di un’aggressione da
parte di un gruppo di tifosi milanisti.
Il 10 gennaio 1993, Atalanta-Roma, al termine della partita, coinvolto dalle cariche
della polizia, muore per infarto
il 42enne Celestino Colombi:
si trovava per caso nei pressi
21 MARZO 2004
Il derby tra Roma e Lazio viene interrotto in
seguito alla notizia della morte di un bambino fuori dallo stadio Ansa
28 OTTOBRE 1979
Il tifoso della Lazio, Vincenzo Paparelli,
venne ucciso all’Olimpico da un razzo sparato dalla Curva Sud Ansa
TWITTER DIXIT
“In questo momento mi verGOOOOOL!!!!”
Gli incidenti prima della finale
dell’Olimpico hanno invaso twitter. Per ore gli hashtag più usati
in Italia sono tutti riferiti alla
partita: #NapoliFiorentina,
#TimCup2014, #ilcapoultrahadeciso, perfino #Speziale. Dentro
ci si trova di tutta: c’è chi fa battute bieche e chi cerca colpevoli,
chi si indigna e chi prova a minimizzare. Ma, col passare dei
minuti, la tendenza è evidente: lo
sdegno va scemando e si fa largo
l’ironia, anche la peggiore.
SPARI, feriti, bombe carta,
gente che ride, negoziare con
gli ultras. #fiorentinanapoli
peggio delle arene dei barbari
#italia2014 #FiorentinaNapoli
@micheledisalvo
ADESSO chiedo agli ultrá se
stasera posso uscire. #FiorentinaNapoli
@Barby_Cloe
COMUNQUE è stato davvero
uno schifo non si doveva giocare. E' in momenti come
questi che mi verGOOOOOOOL! #fiorentinanapoli
@MisterDonnie13
DOV’È il calcio di cui mi sono
innamorato da bambino? Io
cresco, ma lo sport non matura con me... #FiorentinaNapoli
@MircoBonandi
“UN COLPO udi arma da fuoco" non è incidente, ma uno
sparo #FiorentinaNapoli #vergognatevi
@Pandsurf
MI DISPIACE per il tifoso, ma
sono contenta che stiamo vincendo #FiorentinaNapoli
@Thewingsofangel
IO VE LO dico: se stasera il
Napoli non vince, lì a Roma
succede la guerra. V'avviso.
#FiorentinaNapoli
@Emmegui
LA COSA MIGLIORE sarebbe
stata non guardare #FiorentinaNapoli e soprattutto chiudere gli stadi questo non e'
piu calcio #vergogna
@Lauraepupi
LE FORZE DELL’ORDINE dialogano con la curva... è la prima volta che vedo un circo
gestito direttamente dagli
scimpanzè. #FiorentinaNapoli
@Ivanasoru
DOPO GLI APPLAUSI agli assassini di #Aldrovandi dob-
biamo subire anche la polizia
piegata a Gennaro la Carogna.
#FiorentinaNapoli
@Stefy_74
STATE a vedere che domani il
#capoultra' vola in India e ci
riporta a casa i #Maro' !!
#FiorentinaNapoli #FinaleCoppaItalia
@CollinoLuca
PARE CHE il capo ultrà napoletano inquadrato si chiami
Genny a Carogna. Sarebbe
anche Dottore, ma è un tipo
umile. #fiorentinanapoli
@MisterDonnie13
#ILCAPOULTRAHADECISO
perché altrimenti non lo
avrebbe fatto nessun altro.
#calcio #Italia #timcup #fiorentinanapoli
@Franco80g
mani della partita di Serie A tra
Piacenza e Salerno (ci si giocava la salvezza) prende fuoco:
l’incendio è stato appiccato dagli stessi tifosi, sotto la galleria
in prossimità della città campana. Muoiono bruciati quattro giovanissimi tifosi granata.
I derby del Sud:
il nuovo millennio
È il 17 giugno 2001 quando a
Messina si disputa l’accesissimo derby con il Catania, decisivo per la promozione in Serie B. Tra le due tifoserie prima
della partita si verifica un reciproco lancio di oggetti. Dal
settore degli ospiti viene lanciata una bomba-carta che
esplode in mezzo ai tifosi della
Curva Nord e ferisce Antonino
Currò, 24 anni, il quale finisce
in coma. Morirà dopo pochi
giorni. Alla fine, verrà arrestato un tifoso del Catania, un minorenne.
Il 20 settembre 2003 tocca invece al derby Avellino-Napoli
nutrire le cronache dei giornali: muore Sergio Ercolano, ventenne tifoso azzurro, che vola
dalla ringhiera del primo anello della curva e muore sul colpo.
Il 22 marzo 2004 è invece il
giorno dello scandalo del derby Roma-Lazio, quando allo
Stadio Olimpico accade qualcosa che rasenta la follia. Nelle
curve comincia a circolare la
voce che un bambino è morto
in alcuni scontri verificatisi
prima della gara: si saprà poi
che era solo svenuto intossicato dai lacrimogeni. A nulla servì la smentita della polizia per
placare gli animi e la partita - a
causa dei diktat degli ultrà giallorossi - viene rinviata.
Il 2007 resta l’anno più nero
del calcio. Il debutto, per così
dire, avviene il 27 gennaio:
muore Ermanno Licursi, dirigente della Sanmartinese,
squadra di terza categoria,
morto a Luzzi (Cosenza) mentre tentava di sedare una rissa
in campo durante una partita
con la Cancellese.
Guerra a Messina:
muore il poliziotto
È appena il 2 febbraio, Licursi è
morto da soli cinque giorni,
quando in occasione del derby
di serie A tra Catania e Palermo scoppiano scontri violentissimi tra polizia e tifosi catanesi perde la vita l’ispettore capo Filippo Raciti: viene travolto mentre tentava di impedire
che gli ultrà di casa entrassero
in contatto con gli ospiti palermitani. Per l’episodio è stato
condannato Antonino Speziale e Daniele Micale.
L’11 novembre, invece, nell’area di servizio Badia al Pino,
vicino Arezzo, sull’autostrada
A1, si scontrano alcuni tifosi
della Lazio e della Juventus: in
quell’occasione muore Gabriele Sandri, 26 anni, tifoso laziale, colpito da un proiettile
partito dalla pistola dell’agente
Spaccarotella, che verrà condannato per omicidio.
Il 2 febbraio muore Matteo Bagnaresi, schiacciato dalle ruote
di un pulman di tifosi juventini, partito a tutta velocità per
evitare la rissa.
UN GIORNO IN ITALIA
il Fatto Quotidiano
Napoli,
scarcerato il nipote
di Cesare Previti
di Tommaso
Rodano
acqua che seppellisce le macchine, circonda
e sommerge i
primi piani delle case, minaccia e poi scavalca i ponti,
affoga i campi coltivati.
L’acqua è ovunque, a Senigallia e nelle campagne marchigiane lungo la costa, in
provincia di Ancona. L’alluvione ha già fatto due morti e
decine di sfollati, anche se
l’entità e i costi umani e materiali della calamità sono
ancora difficili da valutare.
La Protezione civile parla di
una “situazione drammatica” e non esclude che ci possano essere altre vittime e altri dispersi. Intanto gli occhi
sono sul fiume Misa, i cui argini segnano il confine del
centro storico di Senigallia.
L’
SCARCERATO perché “mancano
gravi indizi di responsabilità”. Umberto Previti Flesca, nipote dell’ex
ministro, ai domiciliari da fine marzo con l’accusa di riciclaggio, è stato rilasciato ieri su disposizione del
gip di Roma. Previti Flesca, commercialista, è accusato assieme ad
altre sei persone di aver reinvestito il denaro sottratto al fallimento di una società romana in una
serie di attività, tra cui l’acquisto
della clinica napoletana Villa Ruesch, una delle più note della città.
A disporre i sei arresti il gip di Napoli, su richiesta del pm antimafia
DOMENICA 4 MAGGIO 2014
Giovanni Conzo. Il 14 aprile, il tribunale del Riesame di Napoli aveva trasmesso gli atti alla Procura di
Roma, ritenendola competente
per territorio. Il pm romano aveva
riproposto la richiesta di custodia
cautelare. Ma il gip l’ha respinta.
“Ha ritenuto che non vi fossero
gravi indizi di responsabilità” scrivono i legali di Previti Flesca, secondo i quali l’arresto del commercialista “è stato ingiustificato e
frettoloso, disposto da un’autorità
giudiziaria in violazione di legge,
perché incompetente per territorio”.
MARCHE, L’ALLUVIONE
UCCIDE: SENIGALLIA
SEPOLTA DALL’ACQUA
tregua. L’emergenza meteo
era stata emessa dalla Protezione civile sabato pomeriggio: livello d’allerta tre su
quattro. Da allora la pioggia
non ha smesso di cadere quasi mai. E le previsioni meteo
mettono ancora angoscia:
dovrebbe andare avanti senza sosta anche oggi e l’emergenza è prolungata fino a
mezzanotte. Il presidente
della regione Gian Mario
Spacca ha già annunciato la
scontata richiesta dello stato
d’emergenza al Consiglio dei
ministri. In serata, l’ha raggiunto la telefonata di Matteo
Renzi, che ha garantito “il
tempestivo intervento” dell’esecutivo e un contatto costante con il capo della Protezione civile, Franco Gabrielli.
DUE MORTI, DECINE DI SFOLLATI E DANNI ENORMI. GENITORI
E BIMBI BLOCCATI PER ORE IN UNA SCUOLA DELLA CITTÀ DI MARE,
LA PIÙ COLPITA. E LE PREVISIONI METEO FANNO ANCORA PAURA
LE MORTI ACCERTATE per il
momento sono due. La prima persona che ha perso la
vita ieri è un uomo di 86 anni
di Roncitelli, una frazione di
Senigallia. Nicola Rossi, ha
IERI SI È GONFIATO fino a
superare le barriere e invadere le strade. La Rotonda a
Mare che è il simbolo e il
I LUOGHI
La situazione più critica
tra le province di Ancona
e Macerata: strade
e case sommerse
a Osimo, Ostra,
Corinaldo e Jesi
punto di riferimento delle
notti estive di Senigallia,
quando la città e i suoi locali
si riempiono di turisti, ieri
aveva un aspetto assurdo e
spettrale, quello di un enorme canale deserto.
Ma non c’è solo il centro della località marina a spaventare e a lamentare danni devastanti, ancora tutti da stimare: diverse zone delle
Marche, nell’anconetano e
nel maceratese sono state
colpite dall’alluvione. Le
strade e le case allagate sono
anche a Osimo, Ostra, Corinaldo, Chiaravalle, Jesi, dove i mezzi di soccorso anfibi
5
LE VITTIME
Per Nicola Rossi,
86 anni, l’elicottero
del soccorso è arrivato
troppo tardi. Aldo
Cicetti è stato travolto
nella sua cantina
SCENE DA UN DISASTRO
Varie zone di Senigallia (Ancona) sommerse dalla piena del fiume Misa Ansa
sono impegnati nel recupero
di persone rimaste bloccate.
Come un ragazzo, tratto in
salvo mentre era aggrappato
disperatamente alla pensilina
di un supermercato, lottando
per non essere trascinato via
dalla corrente. Idrovore,
gommoni e uomini di supporto sono arrivati anche
dall’Emilia Romagna e dall’Abruzzo. Gli elicotteri del
Soccorso Alpino hanno setacciato le aree colpite, per
poi raccogliere le famiglie riparate sui tetti delle proprie
case. Una scuola di Senigallia, l’Istituto Corinaldesi, è
stata ostaggio dell’alluvione
per quasi tutta la giornata.
Circa un centinaio, tra bambini e genitori, hanno atteso
per ore i soccorsi stipati negli
ultimi piani dell’edificio. Alla
fine sono stati caricati in piccoli gruppi sui camion dei vigili del fuoco, che per raggiungerli hanno dovuto guadare le strade invase dall’acqua. Ora ai marchigiani non
resta che guardare verso il
cielo e sperare in un po’ di
accusato un malore in casa ed
è morto prima di essere caricato sull’elicottero che lo
avrebbe portato in ospedale.
Non c’era modo di mandare
un’ambulanza che gli salvasse la vita: le strade del borgo
erano diventate fiumi di fango.
L’altra vittima è un uomo di
80 anni, Aldo Cicetti. Anche
lui in una piccola frazione di
Senigallia, Borgo Bicchia. È
stato trascinato via dalla corrente nella sua abitazione: era
in cantina, tentava di mettersi in salvo insieme alla moglie. Lei ce l’ha fatta, lui è stato travolto.
6
NERVI TESI
DOMENICA 4 MAGGIO 2014
Fisco, è scontro
tra Attilio Befera
e l’esecutivo
POLEMICA VIVACE tra il direttore
dell’Agenzia delle Entrate, Attilio Befera, e il sottosegretario all’Economia, Enrico Zanetti (che ha la delega
al Fisco). O meglio: il secondo, ex
commercialista e deputato di Scelta
civica, ha duramente strapazzato il
primo, che teoricamente lavora per
lui. I fatti. Il 17 aprile, Befera scrive
una lettera, resa nota ieri dall’AdnKronos, ai direttori provinciali della
sua agenzia: accanto a una generica
denuncia della “ostilità” che in Italia
incontra chi voglia far pagare davvero le tasse, c’è anche uno strano
attacco ai suoi stessi dipendenti. “Se
il Fatto Quotidiano
un accertamento - si legge - non ha
solido fondamento non va fatto e se
da una verifica non emergono elementi concreti da contestare, non è
corretto cercare a ogni costo pseudo
infrazioni formali da sanzionare solo
per evitare che la verifica sembri essersi chiusa negativamente”. Replica
del sottosegretario Zanetti: “Così
sembra che questi comportamenti,
non rari a riscontrarsi, siano solo il
frutto dell’autonomo e sadico comportamento dei dipendenti dell’Agenzia che lavorano sul territorio.
Decisamente un pessimo segnale,
non c’è che dire”.
LAVORO SI SVEGLIA IL SINDACATO
CAMUSSO (CGIL): “IN SENATO HANNO PEGGIORATO UN TESTO NATO GIÀ MALE”. BONANNI (CISL):
“IL GOVERNO SE NE FREGA DEI LAVORATORI”. SOLO LA UIL SI SCHIERA COL GOVERNO: “BENE COSÌ”
di Marco Palombi
a capacità di reazione
non è quella dei tempi migliori. Il sindacato italiano – in ordine sparso – ci mette 24 ore
giuste a rendersi conto che il decreto Lavoro è stato abbastanza
peggiorato, se si guarda agli interessi che loro dovrebbero tutelare, dagli interventi concordati in Senato tra il ministro
Giuliano Poletti e la maggioranza. Ha iniziato la Cgil: “Abbiamo visto delle indiscrezioni,
non abbiamo testi finali e ci riserviamo di vederli – sostiene il
segretario Susanna Camusso –.
Se però gli annunci corrispondono alla realtà, mi pare che si
sia ulteriormente peggiorato un
decreto che già non andava bene e soprattutto si continuano a
costruire modalità per cui l’unica strada è la precarizzazione”.
L
LA COSA che più ha attratto la
fantasia del sindacato di Corso
d’Italia c’è l’emendamento per
cui le aziende che sforano il tetto
del 20 per cento di contratti a
termine non saranno più obbligate ad assumere a tempo indeterminato: se la caveranno con
una multa. “Se si toglie l’obbligo
di assunzione – spiega Camusso
– ci sarà un uso illimitato e anche illegittimo di forme di lavoro a termine: è il via libera all’illegittimità dei rapporti di lavoro”. Sulla stessa linea ci sono l’Ugl e, soprattutto, la Cisl: “Non ci
sono dubbi. Le modifiche introdotte ai contratti a termine sono
una cosa incomprensibile – dice
il segretario Raffaele Bonanni –
oltre a essere più a favore delle
aziende che dei lavoratori. È
Il cantante
FRAINTENDIMENTI
Per “Il Giornale” di ieri,
sul lavoro avevano vinto
i sindacati (e perso Alfano)
SINISTRA PD?
Fassina: “Se c’è la multa
invece dell’obbligo
di assunzione per chi usa
troppi precari si dovrà
ridiscutere tutto”
Damiano, però, lo zittisce
proprio palese il menefreghismo che c’è nei confronti del
mondo del lavoro e in particolare dei lavoratori”. Poi, su Twitter, la versione breve: “Chi non
rispetta le regole del tempo determinato deve assumere a tempo indeterminato. Altro è ingiusto”.
Di diverso parere, invece, il leader della Uil Luigi Angeletti, che
si schiera decisamente col governo: “Sono perché approvino
subito il decreto. La multa al posto dell’assunzione se si sfora il
tetto del 20 per cento non è un
problema, perché tanto le aziende non sono disposte a pagare.
Hanno già cominciato a dire che
la multa è troppo elevata. La
multa elevata è un sufficiente
deterrente”. Esattamente la po-
sizione dell’esecutivo: “Quella
della Camusso è una valutazione personale, che non trova
giustificazione negli atti del governo che vanno in una direzione del tutto contraria”, dice il
sottosegretario al Lavoro, Luigi
Bobba. L’obiettivo del governo,
sostiene il politico Pd, già membro del gruppo dei Teodem, è
stabilizzare la posizione dei lavoratori e “non viene assolutamente sminuito. L’entità della
sanzione pecuniaria (dal 20 fino
al 50% dello stipendio annuale
per ogni lavoratore eccedente,
ndr) è tale da scoraggiare chiunque a superare un vincolo che,
tra l’altro, non era previsto nella
normativa precedente”.
IL TESTO, a questo punto, pare
chiuso e non ci sarà spazio per
ulteriori modifiche, magari nel
terzo passaggio alla Camera: gli
emendamenti, infatti, sono stati
chiesti a gran voce dal Nuovo
Centrodestra, che ne ha fatto
una sua bandierina elettorale
contro Forza Italia (la quale,
contro ogni evidenza, continua
a sostenere che gli emendamenti sono stati dettati al governo
dalla Cgil). Non a caso ieri Angelino Alfano si vantava con
zoppicante ricostruzione storico-culturale: “Abbiamo dovuto
vincere alcune resistenze della
sinistra post comunista, e devo
dire che la collaborazione con la
sinistra che non è comunista
guidata da Matteo Renzi sta
dando davvero ottimi frutti”.
A poco serve la resipiscenza tardiva di pezzi della sinistra del
Pd: “Rimettere in discussione
l’equilibrio del testo sancito con
il voto di fiducia alla Camera implica riaprire di nuovo la discus-
La Cgil: “Se non viene
a Rimini è un insulto”
UNA MANCANZA di rispetto. Così Susanna Camusso ha commentato le voci sull’assenza del presidente del Consiglio, Matteo Renzi, dalla tre giorni organizzata dalla Cgil a Rimini dal 6
all’8 maggio. “Non abbiamo ricevuto comunicazioni, ma sarebbe un’assenza di rispetto per una grande organizzazione. In ogni
caso non è la presenza del premier a legittimare il congresso”,
ha tagliato corto il segretario Cgil. Secondo quanto trapelato
negli ultimi giorni, Renzi non ha nemmeno mai preso in considerazione la possibilità di presentarsi al congresso di Rimini.
Quindi questa scelta non dipenderebbe dall’ultimo screzio tra il
sindacato e il premier – il duro attacco di Piero Pelù dal palco di
piazza San Giovanni, dal quale Camusso e gli altri segretari confederali non si sono dissociati –, ma avrebbe origini più profonde. Che il rapporto tra Renzi e le organizzazioni dei lavoratori
sia partito con il piede sbagliato non è un mistero: Cgil, Cisl e Uil
hanno spesso criticato la mancanza di concertazione su tutti i
provvedimenti che hanno ad oggetto il lavoro, dal jobs act alla
bozza di riforma del pubblico impiego.
sione a Montecitorio prima del
varo definitivo del decreto”, ha
sostenuto ad esempio Stefano
Fassina. L’uomo che - anche per
conto dell’ex viceministro - ha
gestito la trattativa sul decreto,
vale a dire il presidente della
commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano, la pensa
però assai diversamente: “Le
correzioni fondamentali al decreto Lavoro votate da Montecitorio restano tutte confermate. Per noi e per il nostro lavoro è
un motivo di grande soddisfazione. I cambiamenti introdotti
dal Senato, anche se presentano
alcune criticità, non stravolgono i miglioramenti voluti dal Pd
e in alcune parti migliorano il testo, come nel caso della formazione per gli apprendisti”. Al di
Susanna Camusso,
leader Cgil Ansa
PROBLEMI
Il premier Matteo Renzi tra i due
fuochi del decreto Irpef e quello
sul lavoro. Accanto, Pier Carlo
Padoan LaPresse/Ansa
là delle scaramucce - ormai destinate a spegnersi - su un decreto che non serve quasi a niente (di sicuro non a creare nuova
occupazione, forse a precarizzare ulteriormente quella che sarebbe esistita lo stesso), resta lo
stato comatoso se non peggio
dei rapporti tra il presidente del
Consiglio e le organizzazioni
sindacali.
La cosa, peraltro, non mancherà
di avere ripercussioni su provvedimenti più seri di questo,
dalla legge delega sul lavoro (il
cosiddetto Jobs Act col suo contratto unico a tutele crescenti) e,
soprattutto, sulla riforma della
Pubblica amministrazione, di
gran lunga il dossier più scottante su cui dovra lavorare a breve il governo.
Piero Pelù
“Peggio che con B, il non eletto è incriticabile”
di Alessandro Ferrucci
n vent’anni di palco al concerto del Primo
I
maggio Piero Pelù ha urlato “contro il Vaticano, infilato un preservativo al microfono, declinato la carriera di Berlusconi in tutte le sue forme, mai amichevoli, bastonato il socio dell’ex Cavaliere, Marcello dell’Utri”, però “mai, e dico mai,
ho ricevuto un trattamento come in questo caso. E
solo per aver toccato Matteo Renzi”, racconta stupito il leader dei Litfiba.
condo Berlusconi doveva detoscanizzare l’Italia.
viare il mio discorso.
Pelù, lei insiste.
L’accusa è questa: Pelù è avvelenato per i soldi
dell’Estate fiorentina.
Senta, dal palco ho articolato un discorso spezzato
in tre parti, ho parlato degli F-35, di spese militari,
ho chiesto un minuto di silenzio dedicato ai morti
sul lavoro, a chi non ha lavoro, agli schiavi sul
lavoro, eppure tutti si sono concentrati solo sul
passaggio dedicato al non eletto dal popolo.
Assurdo! Me ne sono andato nel 2007 quando
Renzi era a spendere il bene pubblico della Provincia.
Lei, il premier lo ha conosciuto da vicino.
Strategia, quindi.
Inizialmente l’ho anche sostenuto visto lo sfacelo
dell’amministrazione precedente.
Esatto, la propaganda renziana ha puntato a fuor-
Fino a quando...
Mi sono accorto che erano solo
belle parole, e le persone incantate capaci solo di annuire.
Prime pagine, telegiornali, discussioni sul web.
Incredibile, non mi aspettavo
tutto questo putiferio. E Renzi
non mi ha denunciato. Evidentemente...
Ha le prove che è un piduista?
No, la mia era una provocazione
frutto di alcune riflessioni, di alcune evidenze.
Quali, in particolare?
Il padre del premier è un noto
massone, inserito bene nel tessuto toscano, ha in mano molta
informazione. Eppoi c’è Denis
Verdini, lui è il collante, il personaggio centrale, colui che se-
CONTRO IL
LEADER PD
Le prove sulla P2?
Non le ho, ma il padre
dell’ex sindaco è
un noto massone e ha
in mano l’informazione
in regione. E poi
c’è Denis Verdini...
Pelù accusato di grillismo.
Esatto, “accusato”. Io sono un
anarcoide, e dopo il 2007 ho giurato di non espormi più per nessuno. Detto questo, ci sono alcuni rappresentanti del Cinque
Stelle molto capaci, ma non vuol
dire che sono un grillino. Abbiamo alcuni punti in comune e basta.
Altra bordata dal Pd: lei è un milionario.
Li ringrazio per aver scritto il
mio 740, lo prendo come buon
auspicio. Però, vede, in 35 anni
di lavoro, qualche soldo l’ho messo da parte. E
non ho mai chiesto né ricevuto alcun finanziamento pubblico, mentre chi mi accusa doveva ridurre la spesa e rinunciare ai rimborsi dei partiti.
Lo hanno fatto?
Berlusconi e Dell’Utri non la interessano più.
Ma se anche l’altro giorno ne ho parlato! Solo che
si sono concentrati su Renzi.
Insisto: lei non ha prove del premier iscritto alla
P2?
No, se le avessi lo avrei detto. Subito. Ma aggiungo: il Piano di Rinascita della loggia è stato ampiamente messo in pratica da Berlusconi e da questi nuovi.
Lei vent’anni fa ha incontrato Gelli.
E allora? Sono andato a intervistarlo. Quindi chi
ha incontrato Bokassa è un cannibale?
Ultima: Pelù non disdegna la tv borghese.
Questa è bella e le dico anche da chi arriva: da
Merlo su Repubblica, incornicerò quel pezzo per la
quantità di castronerie.
Quanti solidali e quanti contro?
In poche ore ho ricevuto 12 mila “mi piace” su
Facebook, le basta?
Lo rifarebbe?
Tolto lo stupore per la reazione? Sì. Sono un rocker e devo rompere le palle.
Twitter: @A_Ferrucci
NERVI TESI
il Fatto Quotidiano
Al via tour di Matteo
per le Europee: pure
i “rottamati” con lui
INIZIA IL TOUR elettorale di Matteo
Renzi a sostegno dei candidati del Pd
alle elezioni europee e amministrative
in programma domenica 25 maggio.
La partenza è fissata per la prossima
settimana, le tappe sono quasi tutte
già programmate compatibilmente
con gli impegni di governo del premier.
Per ora il calendario di eventi riguarda
soprattutto il centro-nord, ma Renzi
cercherà di scendere anche nei collegi
insulari. Soprattutto in Sicilia, dove il
Pd è dilaniato da correnti interne e subisce la concorrenza del Movimento 5
Stelle. Prima di mettersi in viaggio, però, il premier ha convocato domani a
DOMENICA 4 MAGGIO 2014
Roma la Direzione del Pd, allargata ad
amministratori locali e parlamentari: è
una sorta di chiamata alle armi in vista
delle ultime settimane di campagna
elettorale. L’obiettivo ormai dichiarato
è quello di frenare la crescita “grillina”.
I sondaggi che circolano al Nazareno
danno infatti il Movimento 5 Stelle in
7
forte ascesa, anche se Palazzo Chigi
ostenta sicurezza: siamo appena all’inizio dello sforzo, è il refrain. D’altronde Renzi non va per il sottile e ha chiesto la presenza in campo anche dei
“rottamati”: Massimo D’Alema, Walter Veltroni e Pier Luigi Bersani si uniranno al lui in alcune tappe del tour.
fatto
a mano
LO SFOGO
Renzi: “I tecnici del Senato
contro di me per vendetta”
IL PREMIER LEGGE LE CRITICHE ALLE COPERTURE DEL BONUS DA 80 EURO COME
UN ATTACCO AL PROGETTO DI ABOLIRE LA SECONDA CAMERA: “I SOLDI CI SONO”
di Stefano Feltri
arei curioso di sapere
quanti di quelli che
contestano le coperture degli 80 euro hanno
stipendi sopra il tetto dei 240
mila euro, e ovviamente è un caso che quelle critiche vengano
dal Senato che voglio abolire”. Il
premier Matteo Renzi ha letto il
dossier del servizio Bilancio di
Palazzo Madama in cui le coperture del bonus fiscale promesso per fine mese sembrano
assai fragili. Ha letto, non ha
gradito, ma non si è stupito: lui
vuole abolire il Senato per trasformarlo in una camera di rappresentanza degli enti locali,
normale che l’apparato, la burocrazia, si ribelli. Renzi capisce, ma nessuna pietà: “Ci sarà il
blocco del turnover e i funzionari avranno un ruolo unico tra
Camera e Senato”, ha spiegato il
premier ai suoi interlocutori in
queste ore. Tradotto: quelli che
oggi criticano le coperture del
decreto Irpef si godano il momento di celebrità, perché dopo
la riforma (Renzi continua a essere sicuro che si farà), perderanno il loro status e dovranno
mescolarsi con i colleghi di
Montecitorio.
S
RENZI VUOLE AFFERMARE il
primato della politica sui tecnici
che – non sempre a torto – in
questi anni hanno imbrigliato
anche i governi più determinati,
come quello di Mario Monti nei
primi mesi del 2012. Ma il premier ci tiene anche a contestare
le valutazioni del Servizio Bilancio del Senato nel merito. Dico-
no i tecnici che 600 milioni di
gettito Iva dal pagamento dei
debiti della pubblica amministrazione sono troppi, chissà
quanto arriverà davvero. “Ma se
noi paghiamo 13 miliardi, dovrebbero entrare circa 2,6 miliardi di Iva, come fanno a dire
che 600 milioni è una stima eccessiva? Purtroppo mi hanno
impedito di fare la ritenuta alla
fonte, che avrebbe evitato ogni
forma di evasione e garantito le
entrate”, è il calcolo del premier.
Che è piuttosto seccato soprattutto dal fatto che il Senato contesti l’aumento della tassa sulla
rivalutazione delle quote di
Bankitalia detenute dalle banche azioniste. Nel dossier del
servizio Bilancio si rileva che alzare il prelievo al 26 per cento
potrebbe “non garantire quell’esigenza di anticipata conoscenza da parte del contribuente del
carico fiscale posto sulle proprie
attività economiche”, e quindi
sarebbe incostituzionale. Peccato che, nota il premier, l’intervento fiscale non può essere
considerato retroattivo visto
che riguarda l’anno in corso,
semplicemente “le banche si
erano convinte, sulla base di una
circolare dell’Agenzia delle Entrate, che l’aliquota sarebbe stata
al 12 per cento, io ho sempre
pensato che dovesse essere almeno il 20, visto che è un aumento di capitale, e l’ho portata
al 26. Il nostro intervento è tecnicamente inappuntabile, anche se può non piacere all’Abi di
Antonio Patuelli”. La lobby del-
L’Italia della crisi: i dieci più ricchi
guadagnano come 500 mila operai
uesto tipo di statistiche lascia sempre il tempo che prova, ma è utile a
Q
chiarire in modo simbolico quale livello
cento della popolazione italiana possiede una ricchezza pari a quella del 4,5 per
cento della popolazione totale.
per un maggiore benessere”. D’altronde
anche la dinamica dei redditi familiari
conferma il rischio di sfarinamento deldi disuguaglianze si stiamo accumulanla coesione sociale indicato dall’istituto
do nella società da trent’anni a questa ANCOR PIÙ interessanti, probabilmen- di ricerca: rispetto a dodici anni fa, riparte. Altro che la “regola Olivetti” ci- te, i numeri che riguardano l’incidenza leva il Censis, i redditi familiari annui
tata da Matteo Renzi (un manager non della crisi economica nelle varie fasce degli operai sono diminuiti, in termini
può guadagnare oltre dieci volte di più della popolazione: tra il 2006 e il 2012, reali, del 17,9 per cento, un’enormità;
dei suoi dipendenti), il panorama sulla per dire, i consumi familiari annui degli male è andata pure agli impiegati, i cui
distribuzione della ricchezza tratteggia- operai si sono ridotti, in termini reali, redditi familiari sono scesi del 12 per
to ieri dal Censis fa pensare più alla del 10,5 per cento, quelli dei dirigenti cento; contenuto, invece, il calo per gli
“regola Ramsete II”: il Faraone possiede solo del 2,4; a metà si situa la contra- imprenditori (-3,7 per cento). Sono adpure i corpi dei propri sudditi. Questi i zione degli acquisti per impiegati dirittura aumentati, infine, i guadagni
numeri. I 10 uomini più ricchi d’Italia (-4,5%) e imprenditori che (-5,9%). “In dei dirigenti (+1,5 per cento).
dispongono di un patrimonio di circa questa situazione - mette a verbale il L’un per cento di chi guadagna di più
75 miliardi di euro, pari a quello di qua- Censis - è alto il rischio di un ritorno al (top earner), vale a dire circa 414mila
si 500mila famiglie operaie messe in- conflitto sociale piuttosto che alla cul- contribuenti, si è diviso nel 2012 un redsieme. Poco meno di duemila italiani tura dello sviluppo come presupposto dito netto annuo di oltre 42 miliardi di
ricchissimi, membri del
euro - scrive ancora il Cenclub mondiale degli ultrasis - con guadagni netti inricchi, dispongono di un
dividuali che volano mediapatrimonio complessivo LOTTA DI CLASSE
mente sopra i 102mila euro,
superiore a 169 miliardi di Il Censis racconta come le varie fasce di popolazione hanno subito
mentre il valore medio dei
euro (senza contare – noredditi netti dichiarati dai
tare bene - il valore degli la recessione: i redditi dei lavoratori sono scesi del 17,9%, quelli degli contribuenti italiani non
immobili): cioè lo 0,003 per imprenditori del 3,7%. I manager prendono persino di più (+1,5%)
raggiunge i 15mila euro.
le banche però è forte e, dopo
aver ottenuto dal governo Letta
l’enorme regalo della rivalutazione delle quote di Bankitalia
(un balsamo per i bilanci e la
promessa di un considerevole
aumento di dividendi), non si
arrenderà. Il pericolo per Renzi
è che le banche facciano ricorso
contro l’aumento del prelievo al
26 per cento, ma anche in quel
caso non sarebbe a rischio l’intero gettito da 1,8 miliardi, ma
soltanto l’aumento, circa 900
milioni (o forse solo 400).
RENZI SA CHE SI GIOCA molto
con gli 80 euro, domani arriveranno le previsioni economiche
della Commissione europea che
dovrebbero confermare i numeri del Documento di economia e finanza del governo. A Palazzo Chigi e al ministero dell’Economia contano su una certa
indulgenza europea, visto che la
Commissione sta per essere rinnovata, e non accettano che i
tecnici del Senato siano più severi di quelli di Bruxelles. “Come fanno a dire che mancano
coperture? Dei 700 milioni di risparmi sulla spesa dello Stato,
ben 400 li assicura la Difesa, dalla lotta all’evasione stiamo recuperando 100 milioni al mese e
possiamo arrivare a 500, 900 milioni arrivano dai risparmi sui
costi della politica, soltanto la
cancellazione delle Province vale 120 milioni di euro su otto
mesi del 2014”. La battaglia è appena cominciata, i tecnici del
Senato sono avvertiti, il premier
farà di tutto per difendere i suoi
numeri.
Twitter @stefanofeltri
8
VOTI E POLTRONE
DOMENICA 4 MAGGIO 2014
Salvini: “Chi vota
Berlusconi
sta con la Merkel”
di Wanda Marra
er i livelli di guida
delle istituzioni europee dovremo mandare in Europa le
persone più forti che abbiamo: e
qui parlo da premier”. Era il 18
marzo scorso quando Matteo
Renzi pronunciava forti e chiare queste parole presentando il
libro di Massimo D'Alema
(“Non solo euro”) al Tempio di
Adriano di Roma. Al Lìder Maximo, seduto accanto a lui, era
sembrato un impegno, un’assicurazione non proprio esplicita, ma sufficientemente evidente del fatto che il suo “nemico
amatissimo” era pronto a spendersi per candidarlo nella nuova Commissione europea, al
posto destinato a un italiano. In
sostituzione di Tajani che si è
candidato con FI e con ogni
probabilità entrerà al Parlamento europeo. È passato un
mese e mezzo e i contendenti
per un posto al sole in Europa
sono aumentati. A sfidare
D’Alema c’è Enrico Letta,
ma anche Piero Fassino.
P
MATTEO SALVINI “Chi vota Berlusconi vota
Merkel: sono insieme nel partito popolare europeo; chi vota il Pd vota Schulz”. Lo ha detto il segretario federale della Lega Nord, Matteo Salvini,
durante un’iniziativa elettorale a Genova. “Vi chiedo di portare voti alla Lega, non per avere un eurodeputato in più, ma per avere un’Europa diversa
e per garantire un futuro ai nostri figli. L’obiettivo è
crescere: l'aria è buona e frizzante non solo al
Nord”. Gli amici di Forza Italia, con la quale la Lega
è al governo in varie giunte in giro per l’Italia, a
partire dalla Lombardia, reagisce con eguale veemenza. È l’onorevole Elvia Savino. Calligrafica:
“Chi vota per la Lega Nord alle europee vota per i
fascisti. Non lo dico io, ma loro. La Lega infatti si è
alleata con il Fronte Nazionale di Le Pen”.
Ue, un commissario
per tre: in corsa Letta
D’Alema e Fassino
RENZI DOVRÀ INDICARE IL SUCCESSORE DI TAJANI. IL LÌDER
MAXIMO STA FACENDO CARTE FALSE, MA ENRICO È TEMIBILE
CHI LA SPUNTERÀ alla fine?
Molte le variabili in campo.
Bisognerà vedere come vanno le elezioni, con i risultati
di Ppe e Pse. Il Pd potrebbe
essere addirittura il primo
gruppo dei Socialisti europei.
E questo significherebbe avere
molta voce in capitolo e puntare a prendere nella Commissione un posto importante, come quello di Mr Pesc (quello che avrebbe voluto D’Alema già nel 2009, ma
che andò poi a Catherine
Ashton). Ci sono le variabili
interne. E il metodo Renzi:
quello di decidere tutto all’ultimo momento, anche a
dispetto di accordi presi. Ne
sa qualcosa il sindaco di Bari,
Michele Emiliano, che fino alla
notte prima della chiusura delle
liste era capolista al Sud e si è poi
visto preferire Pina Picierno.
In questo momento, a tre settimane dal voto, sembra un testa a
testa tra Letta e D’Alema. Non
fosse altro perché entrambi sono ex premier. Con l’ago della
bilancia che pende a favore del
D’Alema, Letta e Fassino LaPresse
primo, tant’è vero che il nervosismo di D’Alema, che sa riconoscere un avversario temibile,
è palpabile. Dopo la defenestrazione da Palazzo Chigi, Enrico e
Matteo si sono incontrati una
decina di giorni fa. Poco è trapelato di quell’incontro, ma la
questione è sul piatto. Letta, dicono i suoi, non avrebbe chiesto
nulla (tant’è vero che nulla ha
trattato uscendo da Palazzo
Chigi). Quel posto per lui è sottodimensionato, sostengono.
Ma l’ex premier non fa mistero
di voler andar via dall’Italia.
Hha iniziato con un ciclo di seminari sull’Europa alla Sciences-Po di Parigi. Il curriculum è
quello giusto: è molto stimato a
il Fatto Quotidiano
livello internazionale. È giovane. Sul piano interno a Renzi potrebbe convenire ricucire ,risarcendolo, anche a livello d’immagine.
E D’Alema? Ex ministro degli
Esteri, ex premier anche lui, può
vantare ottimi rapporti nel Pse.
Ma quelli a Renzi li ha già portati
in dote: durante il congresso a
SEGRETISSIMO
Andreotti, l’archivio
lungo una vita
A
ll’Istituto Sturzo di via delle Coppelle sono
conservate dal 2007 le carte di Giulio Andreotti. La figlia del senatore, Serena – 60 anni e
una carriera alla Treccani – racconta all’Ansa
come passi le mattine a scartabellare tra quei
3500 faldoni lasciati dal padre e chiusi in armadi
mobili nel seminterrato di palazzo Baldassini.
Ricorda come il padre ritagliasse munito di forbici articoli e foto di giornale tanto che quando
gli regalarono una fotocopiatrice “lui era felicissimo e noi potevamo leggere in pace!”. Solo il
20% dell’archivio è consultabile, essendo stato
inventariato e in parte digitalizzato. “Per il resto
ci vorranno anni”, spiega Giuseppe Sangiorgi,
segretario generale dell’Istituto. Ma la figlia dello statista non si preoccupa. “Per ora sto risistemando il fascicolo sul divorzio”. Per il capitolo Sicilia c’è tempo.
Roma, non a caso, l’unico
che Matteo era andato a
salutare arrivando era
stato lui, che faceva la
sponda tra la prima fila
e il palco. Ma sono passati 15 anni da quando
era presidente del
Consiglio. Se nei
giorni del Tempio di
Adriano Renzi poteva sperare che D’Alema compattasse la
minoranza Pd e dunque gli facilitasse il
compito, si è chiarito
che non è così. Perché
la minoranza dem è
una sorta di Armata
Brancaleone allo sbaraglio che nessuno è
in grado di indirizzare. Max però in Europa ci vuole
assolutamente andare. E infatti
fa campagna elettorale girando
col suo libro per tutta la Penisola, è andato mercoledì da Napolitano a perorare la sua causa.
E sente Matteo spesso e volentieri, pronto a far pesare la (mezza) parola data e soprattutto il
rapporto di ferro con il ministro
dell’Economia, Pier Carlo Padoan.
TRA I DUE LITIGANT , il terzo
gode, si dice. E alcuni - tra i renziani di peso - sono pronti a
scommettere su Piero Fassino.
Ex ministro del Commercio
estero, ex responsabile Esteri del
Pds, l’ultimo segretario dei Ds
pare ne abbia abbastanza di fare
il Sindaco di Torino (sogno per
il quale rinunciò a correre come
candidato alle europee del
2009), anche perché ha una
maggioranza molto difficile da
gestire. Ma, raccontano i suoi,
non ha spinto per nessun posto
da Commissario. Se glielo chiedessero, però...Unico vero renziano in corsa, Fassino potrebbe
essere raccontato come una sorta di “Sindaco d’Europa”. E dall’Anci, di cui è presidente, sono
arrivati al governo figure di primo piano come Graziano Delrio e il sottosegretario alla Pa,
Rughetti. Con Renzi, però, non
si sa mai. Magari alla fine potrebbe estrarre dal mazzo una
carta inedita. Per esempio, una
donna.
Citofonare Grazioli, i carabinieri su B.
UNA VOLTA ALLA SETTIMANA LE FORZE DELL’ORDINE CONTROLLERANNO SE BERLUSCONI È EFFETTIVAMENTE IN CASA
Silvio Berlusconi Ansa
di Sara Nicoli
ura la vita del condannato. Già “lo fanno andare a
dormire con le galline, lui che
ha sempre tirato tardi – è parola di un forzista di alto lignaggio – poi vengono pure a
controllare... e poi vogliono
che lui non parli male dei magistrati? Ma come si fa...”. Davvero, è dura per il Cavaliere. Il
D
30 aprile, dopo le 23, le forze
dell’ordine gli hanno suonato a
palazzo Grazioli solo per sapere se era lì, come previsto dal
magistrato di sorveglianza, e
quella visita, che ha indispettito non poco la compagna
Francesca (Dudù, pare, abbia
abbaiato a lungo), altro non è
che la prima di una lunga serie.
LE INDICAZIONI arrivate a Roma dal Tribunale di Sorveglianza di Milano parlano, infatti, di una marcatura piuttosto stretta per Berlusconi; avrà
una visita a settimana, almeno
per i primi tempi, per farlo
“abituare” al nuovo regime.
Poi, passate soprattutto le elezioni e “se avrà tenuto un comportamento complessivamente
corretto”, allora la sorveglianza
si farà meno stringente. All’inizio, però, nessuna deroga. Berlusconi si sente in trappola. Ha
dovuto ospitare le telecamere
di Virus, l’altra sera su Raidue,
visto che il magistrato gli aveva
detto no alla registrazione in
corso Sempione a Milano.
OGGI TOCCA a Lucia Annun-
punto percentuale (dal 4,46%
del 25 aprile al 3,48% del 2 maggio) proprio a causa della soporifera presenza del Cavaliere.
Anche a Piazza Pulita, si ricorderà, le cose non erano andate
granchè, dopo la lunga intervista di Corrado Formigli, che ha
fatto scendere il programma al
4,3% contro la “media” del 5%,
ziata, accolta nel giardino di
Arcore, ma pare che questa offensiva mediatica, da lui fortemente voluta per tentare di risalire un minimo nei sondaggi,
si stia rivelando un boomerang.
Non solo per i dati, che continuano a dare Forza Italia ampiamente sotto il 20% (gli istituti, in media, la collocano tra il
17,5% e il 18,6%), ma anche per
le trasmissioni tv. Berlusconi,
oggi, fa perdere ascolto. Virus di
Raidue, per dire, ha perso un
CAMPAGNA AMARA
L’intervista a “Virus”
costa un punto
percentuale
alla trasmissione
di Porro. Oggi tocca
alla Annunziata
per non parlare di Domenica
Live di Canale 5, sceso addirittura sotto Raiuno e Mara Venier. Silvio non fa più ascolto? I
sondaggi confermano. Ma non
è detta l’ultima parola. Perché
già mercoledì prossimo tenterà
un nuovo colpo di teatro. L’appuntamento è per mercoledì 7
maggio a piazza San Lorenzo in
Lucina, praticamente alla vigilia del suo primo “battesimo”
tra i malati di Alzheimer di Cesano Boscone, ingresso previsto per venerdì 9.
Il Cavaliere benedirà “Azzurra
Libertà”, la nuova creatura dei
circoli giovanili di Forza Italia,
con 200 giovani e tutti i big del
partito che diranno la loro,
Santanchè compresa. Una kermesse per rilanciare l’immagine di Forza Italia e tentare di
raggranellare quel che ancora si
può. Berlusconi, di suo, ce la
mette tutta. E ieri, intervenendo via telefono nel collegio elettorale di Scilipoti, ha attaccato
tutti senza remora alcuna. Renzi: “Per dare 80 euro ha aumentato le tasse sulla casa e sui risparmi: non vedo perché se si
vuole dare una mancia elettorale la si debba far pagare ai
pensionati e alle famiglie”.
Grillo: "È un aspirante dittatore, un urlatore, uno sfasciacarrozze”. Ma, nonostante tutto,
l’accordo con Renzi “reggerà
sicuramente, noi le riforme le
abbiamo sempre volute e le abbiamo anche fatte”. Perché, ha
chiuso il Cavaliere, “ricordo
sempre la frase di Erasmo da
Rotterdam che diceva: le decisioni più sagge vengono da una
lungimirante follia”. E che follia…
PAGA PANTALONE
il Fatto Quotidiano
Faraone a Crocetta:
“No ai bandi
per le auto blu”
NO A NUOVE AUTO BLU in Sicilia.
Davide Faraone, deputato e membro
della segreteria del Pd siciliano, si
schiera contro i due bandi della Regione per il noleggio di macchine di
servizio. Costo complessivo, circa 2
milioni di euro. Per il deputato renziano, “mentre il governo nazionale fa
aste per vendere il suo parco auto, la
Sicilia non può fare aste pubbliche per
noleggiarne di nuove. Le due macchine a disposizione del presidente della
Regione Crocetta e del presidente
dell’Ars Ardizzone sono più che sufficienti: per il resto ci sono i mezzi privati, i mezzi pubblici, gli scooter e per
i più intraprendenti le bici”. La polemica è legata a un bando pubblico regionale per il noleggio di 5 auto blindate, al costo di 6.000 euro al mese
l’una, per 48 mesi. Due dei nuovi mezzi, poi, sarebbero noleggiati appositamente per rimanere parcheggiati uno
a Roma e l’altro a Bruxelles, pronti per
IL SENSO DELLA SICILIA PER CUFFARO
VITALIZIO AL CONDANNATO PER MAFIA
6MILA EURO AL MESE ALL’EX GOVERNATORE: TUTTO SECONDO LE NORME REGIONALI
di Giuseppe
Lo Bianco
Palermo
ra Totò Cuffaro e
la Sicilia il rapporto è indissolubile,
anche dopo le dimissioni da governatore e la
condanna definitiva a sette
anni per favoreggiamento
alla mafia. Dall’aprile di tre
anni fa, ogni mese, anche
adesso che è rinchiuso in
una cella di Rebibbia, l’ex
governatore riceve un bonifico di seimila euro lordi a
ricordargli la munificenza
della sua terra. Unico limite,
l’impossibilitàdi ottenerli direttamente: la condanna in
giudicato gli impone la presenza di un procuratore, in-
T
dicato da lui stesso, che incassa le somme, frutto del vitalizio che la regione siciliana gli riconosce per la sua
militanza ultradecennale all’Assemblea regionale.
PER IL DECRETO Monti del
2012, la condanna per reati
di mafia di un deputato non
è un ostacolo per ottenere il
trattamento di quiescenza: lo
è invece per chi è condannato in via definitiva per “delitti contro la pubblica amministrazione che comportino interdizione dai pubblici
uffici”, come recita uno degli
articoli del decreto recepito
in Sicilia appena un mese fa
sull’onda della spending review: anche nell’isola di Ben-
godi un ex deputato condannato dalla Cassazione per
avere rubato denaro pubblico non può continuare a percepire il vitalizio come un
normale pensionato.
Ma l’assemblea regionale gli
lascia comunque una via di
fuga per riottenere la pensione: “fatti salvi – recita il nuovo testo del regolamento – gli
effetti della riabilitazione”
giudiziaria, che monda i delitti, sbianca la fedina penale
e garantisce il ritorno del vitalizio. E visto che il decreto
Monti ha dimenticato i condannati per reati di mafia
può dormire, in prospettiva,
sonni tranquilli Raffaele
Lombardo, successore di
Cuffaro non solo a palazzo
VASA VASA
Cuffaro è stato condannato
a 6 anni per favoreggiamento
alla mafia Ansa
DOMENICA 4 MAGGIO 2014
d’Orleans ma anche nel destino giudiziario, con una
condanna, per ora in primo
grado, a sei anni di carcere
per concorso in associazione
mafiosa.
E possono stare tranquilli
anche tutti gli ex deputati
(una decina circa) già condannati per mafia nel corso
degli ultimi venti anni; a loro, con il vecchio sistema
previdenziale, basta aver fatto tre legislature per andare
in pensione a 50 anni: se ne
hanno fatte solo due dovranno aspettare i 55 anni. Fino al
2012, infatti, l’Assemblea Regionale Siciliana permetteva
agli ex deputati di andare in
pensione anche a 50 anni se
avessero avuto tre legislature
9
essere utilizzati durante le trasferte
del presidente Rosario Crocetta. “Sono sicuro che il mio appello sarà
ascoltato – ha concluso Faraone – perché Crocetta, tra mille resistenze di
chi gli stava intorno, ha fatto una bandiera dei tagli ai costi inutili della politica".
LECC
LECCAA
Alessandro a Daniela:
sei tanto cioccolatosa
L’AMORE CONTA, cantava un Ligabue d’annata. E allora il buon Alessandro Sallusti va compreso. Va capito, il titolo riservato ieri dal suo
Giornale alla sua compagna Daniela Santanchè: “Il ritorno a casa (al cioccolato) della Santanchè”. Nel breve, ma sentito prezzo (con allegata foto
della berlusconiana in giacca e top), tanta ma tanta dolcezza. Incipit: “Non è solo un importante momento politico ma anche un gioioso ritorno a casa, ogni qual volta
che l’onorevole Daniela Santanchè – responsabile nazionale per la raccolta fondi di Forza Italia – torna a Cuneo, la
sua terra d’origine”. Pare quasi di sentire l’eco dell’euforia
dei cittadini, al riapparire tra le strade natie della pitonessa. Ma c’è altro, ci informa il quotidiano diretto da Sallusti: “L’altra sera, alla presentazione dei candidati regionali ed europei, la deputata ha svelato il suo lato più nascosto, facendo tappa nella sua pasticceria preferita per
far scorta di cioccolatini”. Perché non di sola politica si
vive. Ci sono pure i dolciumi, a rendere più lievi le fatiche
della Santanchè. Persino autoironica, quando torna a Cuneo: “Studiavo Giurisprudenza, o per meglio dire lui (Carlo Savio, candidato sindaco a Saluzzo, ndr) cercava di
spiegarmi quello che mi ero perso durante le lezioni in
aula”. Sa essere simpatica la Santanchè, quasi cioccolatosa. Perché l’amore conta. La politica pure.
MONTI DISTRATTO
Il suo decreto non ha
escluso l’appannaggio
per chi ha commesso
reati di malavita
organizzata. E decine
di deputati “respirano”
de che il primo assegno pensionistico scatti al compimento dei 65 anni di età «a
condizione di aver svolto un
periodo effettivo di mandato
per almeno 5 anni'”.
E se il baby pensionato Totò
Cuffaro a soli 56 anni continuerà a percepire da detenuto la pensione, il caso imbarazza la politica siciliana,
stretta in un assordante mutismo.
alle spalle. Proprio come
Cuffaro, che dopo le dimissioni da presidente della Regione nell’aprile 2008, venne
eletto al Senato, rimanendo a
Palazzo Madama fino al febbraio del 2011, mese in cui è
decaduto per la condanna
definitiva, a cui è seguita
l’immediata richiesta di vitalizio.Che oggi non potrebbe
più ottenere, visto che le regole sono cambiate e l’attuale
regolamento dell’Ars preve-
NON PARLA il presidente
della commisione regionale
antimafia Nello Musumeci,
ieri irraggiungibile al cellulare, a cui tocca decidere se
porre alla sua commissione
una domanda semplice ma
attuale: è giusto che gli ex deputati regionali condannati
in giudicato per reati collegati alla mafia continuino a
percepire vitalizi? Non sarà
facile rispondere, per una
commissione il cui segreta-
rio, l’onorevole Salvino Caputo (ex Pdl, ora Fratelli d’Italia), e' candidato ad un mega vitalizio (all’attivo ha ben
quattro legislature) nonostante sia anch’egli condannato con sentenza passata in
giudicato: un anno e cinque
mesi per tentato abuso di ufficio.
Da sindaco di Monreale (Palermo) tentò di cancellare
una serie di multe che i vigili
urbani avevano sollevato all’arcivescovo Salvatore Cassisa e ad alcuni suoi ex assessori.
Ora rischia la decadenza dall’assemblea regionale, che
dovrà essere pronunciata
dopo un parere della commissione verifica poteri sull’interpretazione della legge
che prevede l'incandidabilità
dei deputati con sentenza in
giudicato. Commissione della quale Salvino Caputo è vice-presidente.
Grillo, guerra ai “rossi” e sbarco da Vespa
IL LEADER DI 5 STELLE TRATTA LA PRESENZA A “PORTA A PORTA”. IL SUO BLOG CONTRO LANDINI: “LA FIOM PRENDEVA I SOLDI DAI RIVA”
di Luca De Carolis
lla lista dei nemici “rossi” ha aggiunto Landini. All’elenco delle tappe della campagna
A
di maggio, affollata di comizi, potrebbe aggiungere Porta a Porta. Nel giorno in cui il suo blog
attacca il sindacalista, rinfacciandogli “i 400 mila
euro che i Riva destinavano ogni anno alla Fiom”,
Beppe Grillo fa rumore anche per la trattativa con
Bruno Vespa. Come anticipato dal Secolo XIX, il
fondatore di M5S potrebbe andare come ospite in
trasmissione, per un fragoroso ritorno sulla Rai. Il
condizionale è d’obbligo, perché ci sono ancora
vari nodi da sciogliere. Tra questi, la necessità di
garantire nel giro di poche ore lo stesso spazio a
Renzi e Berlusconi. Va poi chiarito se Grillo andrà
nello studio Rai per la diretta o se parlerà in collegamento. Unica certezza: se andrà in studio, sarà comunque da solo. “È una condizione irrinunciabile” confermano dal M5S. Sull’appuntamento
pesano anche altri interrogativi. “La nostra base
sarebbe d’accordo sulla sua presenza a Porta a Porta?” si chiedeva ieri un parlamentare di peso del
Movimento. Nell’attesa, alle 19:15 di stasera Gril-
lo sarà su Sky Tg 24, per un’intervista in diretta.
Dopo il colloquio con Mentana su La7 di un mese
fa e l’intervista ad Agorà di pochi giorni fa, il fondatore di M5S ha ormai messo da parte l’ostracismo per il piccolo schermo. Parteciperà ad altri
programmi da qui al 25 maggio.
CONVALESCENZA permettendo, in tv potrebbe
apparire anche Gianroberto Casaleggio. Deciso ad
accompagnare Grillo sul palco di San Giovanni il
23 maggio, per il comizio di chiusura a Roma. L’epilogo di una campagna che per l’artista genovese
sarà una prova di resistenza. L’elenco delle date
filtrato ieri racconta di 18-19 comizi in 19 giorni
per Grillo. Si parte domani, con l’appuntamento
di Cagliari. Poi sarà la volta di Palermo, Bari e Napoli. Tre le date nelle regioni rosse: Reggio Emilia il
9, Bologna il 10, fino all’appuntamento nella città
di Renzi, Firenze, fissato per il 21, a urne imminenti. Appuntamenti cruciali, per Grillo che ha
impostato buona parte della sua offensiva sull’attacco alla sinistra e ai suoi luoghi e simboli. Dalle
bordate contro la “peste rossa” (tradotto, i sindacati) lanciate a Piombino davanti all’acciaieria
conduttore, Michele Santoro. In trasmissione c’era anche Landini, pure lui severo con Grillo. Il blog
del leader di 5 Stelle gli ha dedicato un post, “Piccola biografia”. A corredo, una foto in cui Renzi e il
segretario Fiom si salutano affettuosamente. Nel
testo, fuoco a volontà: “Nessuno ha ricordato a
Landini i 400.000 euro all’anno che i Riva (patron
dell’Ilva, ndr) destinavano (motu proprio fino al
2013 come documentato da Report) a Fim e Fiom.
Da almeno 23 anni fa il sindacalista a tempo pieno,
quindi sono almeno 23 anni che
non fa una saldatura. Quale differenza c’è tra Landini e chi da
VELENO VIA WEB
oltre vent’anni vive di politica?”.
Firmato Giovanni D., Avellino.
“Fa il sindacalista da 23
Fendenti contro un leader sinanni, che differenza c’è tra dacale che, a differenza della Camusso, non ha pessimi rapporti
lui e chi vive di politica
con Renzi. Vicino alla lista Tsipras. Un altro avversario a sinida oltre vent’anni?”
stra per Grillo. Che il 25 maggio
vuole arrivare davanti a tutti. A
L’ennesimo attacco
ogni costo.
Lucchini, fino al blitz nell’assemblea del Monte
Paschi di Siena, l’assalto è continuo. Ieri, rimanendo nella categoria grillina peste e affini, nella lista è
entrato anche Landini. L’ennesimo ricasco della
puntata di giovedì scorso di Servizio Pubblico, in cui
un delegato Fiom della Lucchini (ed esponente
Pd) aveva attaccato Grillo (“Deve venire a Piombino in punta di piedi, rispettare la dignità dei siderurgici e del lavoro”). Il blog dell’artista aveva
risposto bollando come “giornalista del giorno” il
Maurizio Landini LaPresse
di M5S alla sinistra
Twitter @lucadecarolis
10
AUSTERITÀ
DOMENICA 4 MAGGIO 2014
De Benedetti:
”Il potere di Google
mi fa paura”
L’editore
HA PAURA DI GOOGLE, l’ingegnere ed editore di Repubblica Carlo De
Benedetti. Il perché lo ha spiegato
dalle colonne del suo blog sull’Huffington Post: gli operatori digitali
globali immagazzinano dati personali senza alcun controllo, lasciando
gli utenti “in balia di chi ne fa il-
legittimo uso come le agenzie di sicurezza americane”. La diffidenza di
De Benedetti verso i colossi di Internet è cosa nota: l’editore si era
schierato a favore dell’ipotesi della
cosiddetta “web tax”, la norma che
prevedeva che qualunque azienda
anche solo online dovesse provve-
il Fatto Quotidiano
dere all'apertura di partita Iva, attraverso cui far transitare le proprie
operazioni finanziarie. La norma era
stata poi cancellata da Matteo Renzi
e, in una recente intervista, De Benedetti ha definito il premer “infuenzato dall’ambasciata americana”.
Urbano Cairo
“Non venderò La7, la cura
funziona e servirebbe a Rcs”
di Stefano Feltri
na poltrona nel cda
della Rcs? Non ne
ho parlato con nessuno, sono più un
operativo che uno da consiglio,
ma se mi faranno una proposta
ci penserò”. Oggi si riunisce il
consiglio di amministrazione
della Rcs, Urbano Cairo è appena salito al 3,68 per cento del
capitale e potrebbe entrare in
cda a sancire il suo ruolo di
protagonista in via Solferino.
Assieme a Diego Della Valle
l’editore e proprietario di La7
rappresenta ormai il contropotere alla Fiat di John Elkann
nell’ultimo salotto buono rimasto.
U
Dottor Cairo, qualche settimana fa sembrava certa la fine
della direzione di Ferruccio de
Bortoli al Corriere. Lei è per
confermarlo o per congedarlo?
Ho una tendenza ai rapporti
duraturi, Sandro Mayer l'ho
preso nel 2003 ed è ancora con
me. Se guardiamo le copie vendute e il rapporto con gli inserzionisti pubblicitari, mi sembra che De Bortoli abbia fatto
un buon lavoro.
Linkiesta.it ha scritto che lei sogna Enrico Mentana in via Solferino.
Mentana non lo muovo da La7,
sta facendo molto bene come
direttore del tg e conduttore di
programmi di approfondimento. Di recente ho rafforzato il rapporto con lui, con l'impegno a una stabilità almeno
triennale.
Chi comanda sul Corriere, John
Elkann o lei e Della Valle?
Io sicuramente no, c'è un cda
che ha dei poteri, anche se è stato nominato da un patto di sindacato che oggi non c'è più, e
che ha cooptato come amministratore delegato Pietro Scott
Jovane che mi sembra di ispi-
razione Fiat.
Perché continua a spendere per
un'azienda in difficoltà come
Rcs?
Come nel caso di La7, quando
un'azienda ha delle attività che
hanno un appeal presso il pubblico, se si interviene in maniera veloce e decisa, con tagli mirati, si possono ottenere buoni
risultati. Ha funzionato con
La7, a maggior ragione ci sono
spazi di miglioramento alla
Rizzoli che ha un fatturato dieci volte più elevato.
La7 ha appena perso il direttore
CHI
COMANDA
Licenziare De Bortoli?
A me sembra
che abbia fatto bene,
sia sulle vendite
sia nel rapporto
con gli inserzionisti,
ma decide Elkann
ra molto da dire, quest'anno ha
ottenuto un ottimo risultato
medio intorno al 9,5 per cento,
al livello del programma di
Maurizio Crozza. Santoro è
uno dei più bravi giornalisti
della tv italiana. Sono onorato
di averlo a La7.
A inizio stagione lei
aveva puntato su
tre nomi: Salvo
Sottile, Rita
dalla Chiesa e
Gianluigi Paragone. Bilancio?
RISANATORE
Urbano Cairo
ha aumentato
la sua quota in
Rcs al 3,68%
LaPresse
Per Paragone positivo. La sua
Gabbia di mercoledì era sopra il
4 per cento, alla domenica è
partito più in basso e poi è salito, ora è tornato al mercoledì
in un momento difficile, ma mi
aspetto che possa recuperare
quel livello. Sottile è un conduttore di qualità, ma Linea
Gialla poteva essere scritto meglio e non ha avuto i risultati
che mi aspettavo. Per la
Dalla Chiesta c'è stato l'epilogo senza l'inizio.
Quali sono i programmi
che fanno guadagnare la
rete?
Conta il risultato globale. Corrado Formigli ha fatto una
buona stagione, le Invasioni barbariche sono andate discretamente, abbiamo un diritto di
opzione per Daria Bignardi che
eserciteremo. E Lilli Gruber
con Otto e mezzo sta facendo ottimi risultati, anche di sabato,
con la sua qualità impeccabile.
Bersaglio Mobile di Mentana ha
fatto scoop come il ritorno in
video di Beppe Grillo. E la fascia della mattina va benissimo, soprattutto L’Aria che tira.
Faccio un in bocca al lupo a
Ruffini. Noi non lo sostituiremo, abbiamo risorse all'interno che possono prendere in
mano le cose che faceva Ruffini
e farle bene.
Lei ha rilevato La7 da Telecom
con una “dote” di 88 milioni
circa e ha tagliato drasticamente i costi. Il suo obiettivo è ri-
Credo che Santoro abbia anco-
STRATEGIE
IN TV
Puntare su news
e politica funziona,
ho blindato Mentana
e scommetto ancora
su Santoro, ha fatto
anche quest’anno ottimi
ascolti, a livello di Crozza
l'intera giornata sopra il 4. La
scelta di puntare sulle news
continua a pagare e c'è ancora un grande potenziale. Con l’ascolto medio al 4,5 per cento abbiamo una quota di
mercato pubblicitario
al 4,8-4,9. Mentre Mediaset e Sky hanno un
rapporto tra pubblicità
raccolta e ascolto di 2 a
1.
Il conteggio dell'Agcom era distorto dall'aver messo in carico
al tg la diretta di una conferenza stampa del presidente del
Consiglio. I nostri conduttori
hanno grande libertà, non ci
sono ordini di scuderia.
Michele Santoro scompare dal
video, lasciando il programma a
Giulia Innocenzi, nel pieno della
campagna elettorale mentre gli
ascolti di Servizio Pubblico sono in calo. Teme sia la fine di un
ciclo?
Non posso vendere fino al 30
aprile 2015, ma comunque la
mia intenzione è tenere La7 per
essere, non dico un protagonista perché sarei presuntuoso,
ma un operatore del settore televisivo. Qualcuno dice che sto
disinvestendo da La7, niente di
più falso: non ho tagliato posti
di lavoro, come invece hanno
fatto i principali editori italiani, e ho confermato i migliori
giornalisti e attori della squadra di La7.
Ha ancora senso caratterizzare
La7 con le news ora che la politica sembra avere un po' stancato?
Tra La7 e La7D abbiamo un prime time quasi al 5 per cento e
L'Agcom dice che il Tg di La7
è troppo renziano, la Gabbia
parla agli elettori grillini, di lei
tutti ricordano che è amico di
Berlusconi. La7 ha una linea politica?
della rete, Paolo Ruffini, passato a Tv2000 dei vescovi. E ora?
vendere una tv risanata con una
ricca plusvalenza o rilanciarla?
La7 ha raggiunto il pareggio?
Da maggio a dicembre 2013 il
margine operativo di La7 è passato, per lo stesso periodo, da
-45 milioni a +3,7. E nei primi
quattro mesi di quest’anno il
trend sul contenimento dei costi è rispettato.
Perché vuole comprare per 30
milioni frequenze tv sul digitale
che nessun altro vuole?
Ho presentato una manifestazione di interesse. Dopo il via
libera dal ministero, avrò 30
giorni per l'offerta. Non c'è ancora nulla di deciso.
Quel che resta della Lega torna a Pontida
SALVINI RESUSCITA ANCHE SPADONI E CORNA IN VISTA DELLE EUROPEE. MA IL PARTITO È ORMAI ORFANO DEI COFONDATORI VENETI
di Davide Vecchi
inviato a Pontida (Bergamo)
un prato lungo la provinciale per Bergamo
l'ultima carta che Matteo Salvini si gioca per
È
tentare di superare le Europee e tenere in vita un
paleserà qualcuno dei secessionisti arrestati a
inizio Aprile. “Ci speriamo ma è impossibile”,
confida uno dei colonnelli vicini a Salvini: hanno
tentato in ogni modo di mettere il cappello sugli
“eroi del tanko ma finora non ci siamo riusciti”.
Così, anche quest'anno, Pontida sarà teatro di
qualche polemica interna, megafono dei tanti
malcontenti che serpeggiano in via Bellerio.
Nel 2011, dopo i soldi in Tanzania di Francesco
Belsito, qui sfilarono le truppe di Roberto Ma-
partito ormai abbandonato anche dai cofondatori Veneti. Quel che resta della Lega Nord torna
a Pontida, sullo storico “sacro prato del giuramento” e “dell'orgoglio Padano” che negli ultimi
quattro anni si è ridotto a teatro
fangoso degli scontri interni del
partito di Umberto Bossi. VenSECESSIONISTI
ticinque anni di storia e litigi
oggi saliranno sul palco, il vecRocchetta della Liga:
chio Capo e gli ormai pochissimi amministratori leghisti ri“Per il nostro sogno
masti in carica. Maroni, Zaia,
di indipendenza
Tosi. Punto. Il sindaco di Adro,
Oscar Lancini, cerca la conferil Carroccio in venti
ma alla guida del Comune che
tolse la mensa ai bambini e
anni ha fatto
riempì panchine e strade del
peggio che niente”
simbolo del Carroccio, e forse si
Un militante nel 2011 Ansa
roni a contestare l'allora leader Bossi. Poi l'ex ministro spodestò il Capo e cancellò Pontida tentando di mettere in soffitta le origini del movimento: via il folklore delle spade celtiche e degli
elmi con le corna, basta con la secessione e con i
cori contro Roma ladrona. Tentativo drammaticamente fallito. Nel 2013 Maroni fu costretto a
riesumare Pontida e si ritrovò contestato, dopo
appena un anno da segretario, da leghisti con
maschere che lo ritraggono col naso di Pinocchio: ha appena vinto la poltrona di presidente
della Regione Lombardia grazie all'alleanza con
Silvio Berlusconi che era invece indicato come il
nemico. Fuori dalla Lombardia il Carroccio di
Maroni registra un fallimento totale alle politiche: minimi a Camera (4,08%) e Senato (4,33%);
in Veneto non raggiunge l'11%, meno della metà
delle politiche del 2008 e due terzi meno delle
regionali 2010. Insomma: un disastro. L’arrivo di
Salvini, candidato unico a ricevere il testimone
da Maroni, genera nuove spaccature interne:
l'eurodeputato tenta di salvare il salvabile. Oggi,
a 25 anni dal primo raduno, sul prato si chiuderà
la quattro giorni di festa cominciata il primo
maggio con un concerto alternativo, ovviamente
tutto Padano, con Davide Van de Sfros. Ma questa Pontida è l’imbuto attraverso cui devono passare i tanti, troppi slogan degli ultimi mesi: dalla
lotta all'immigrazione alla condivisione della linea politica di Marine Le Pen fino alla lotta all'Euro che da il titolo alla quattro giorni: “Un’altra Europa è possibile, basta Euro”. Salvini si dice
“molto emozionato” e annuncia “sorprese”: “Il
referendum per reintrodurre il reato di immigrazione clandestina - dice - ma sarà la Pontida
del lavoro, contro il decreto del governo e contro
la legge Fornero”. Per non dimenticarsi nulla.
Salvini negli ultimi mesi ha ridato visibilità al
Carroccio e recuperato qualche punto percentuale. Ma il partito è sfilacciato, i delusi sono
moltissimi. E basta guardare al Veneto per capire
che metà partito è perso per strada. Non basta
rispolverare corna e vecchi slogan. Come ha detto Franco Rocchetta – co fondatore della Liga, ex
deputato, arrestato tra i secessionisti – commentando il successo del referendum indipendentista Veneto: “È rinato il sogno per cui la Lega
Nord in vent’anni ha fatto peggio che niente”.
UN GIORNO IN ITALIA
il Fatto Quotidiano
Laura Boldrini:
”Via il segreto sulle
sanzioni ai militari”
“VIA IL SEGRETO sui provvedimenti disciplinari interni della Polizia”. Lo ha chiesto il presidente
della Camera, Laura Boldrini, tornando sul caso Aldrovandi e sugli
applausi tributati dal sindacato di
Polizia Sap agli agenti condannati
per la morte del giovane ferrarese.
Su quegli applausi è tornata anche
Patrizia Moretti, madre di Federico: “Non li perdonerò mai – ha dichiarato – non ci può essere perdono senza pentimento”. Sul tema
ieri è tornato anche il segretario
del Sap, Gianni Tonelli, in una lettera al presidente della Repubbli-
DOMENICA 4 MAGGIO 2014
11
ca: “Ai colleghi coinvolti nella vicenda Aldrovandi è andata una
parte degli applausi, non perché
sono eroi, ma perché sono poliziotti che hanno patito e patiscono
infinite tribolazioni dopo una sentenza sulla quale nutriamo alcune
riserve”.
CARNEVALE A VENEZIA
Sei un transgender?
La Polizia ti può
togliere la divisa
UN AGENTE FU CACCIATO DALLA POSTALE PERCHÉ
VESTIVA DA DONNA. ORA IL TAR GLI DÀ RAGIONE
di Emiliano
Liuzzi
i può uccidere e rimanere in servizio, nonostante la
S
condanna definitiva. Ma guai a vestirsi da donna se si
è un uomo (e, presumibilmente, il contrario): addio al
I funerali di Roberto Mancini a Roma LaPresse
“Pansa riconoscilo: Roberto
è una vittima del dovere”
L’ULTIMO SALUTO A MANCINI CHE HA INDAGATO PER PRIMO SULLA TERRA DEI FUOCHI
L’APPELLO DEI COLLEGHI AL CAPO DELLA POLIZIA E IL LUNGO APPLAUSO DELLE MAMME CAMPANE
di Enrico
Fierro
onore di un poliziotto e il disonore dello Stato. Il
coraggio di una
famiglia che ha visto l’unico
suo pilastro distrutto da un
tumore e la pavidità di un Paese avaro con i suoi uomini migliori. C’era tutto questo ai funerali di Roberto Mancini, il
vicecommissario di polizia
che per primo ha indagato
sulla Terra dei Fuochi. Per
questo suo lavoro, Roberto è
morto, ucciso da un linfoma.
La Repubblica italiana, rappresentata dal viceministro
Filippo Bubbico, non ha voluto riconoscere i funerali di
Stato, si è limitata al picchetto
d’onore delle esequie solenni,
ma la gente della Campania
avvelenata è venuta insieme a
don Maurizio Patriciello, il
suo parroco, per rendere
omaggio a un eroe.
L’
SONO nella basilica di San Lorenzo fuori le mura, a Roma,
insieme ai colleghi di Roberto,
poliziotti dai capelli ingrigiti,
in divisa o in jeans e giubbotti
alla Serpico. È quella leva arrivata in polizia alla fine degli
anni Settanta dalle università e
dalla società civile, i poliziotti
“democratici”, li chiamavano.
Roberto è “Robé”, nelle parole
dell’omelia di don Patriciello.
“Tu sei stato il primo a capire –
dice il prete – e hai scritto dossier e informative che sono rimaste dormienti. Perché? Cosa si vuole coprire? Robé qui ci
sono le mamme della Terra
dei Fuochi, hanno i figli uccisi
dal tumore, passati direttamente dal seno materno all’inferno della chemioterapia. Robé tu sei stato isolato, come
Michele Liguori, il vigile di
Acerra. Anche lui aveva capito
tutto sul business dei rifiuti e
anche lui è stato ucciso dal tumore”.
Momento tesissimo quando
parla un poliziotto amico di
Mancini. La basilica ammutolisce, il capo della Polizia,
Alessandro Pansa, è in prima
fila insieme al viceministro.
“Roberto Mancini era un vero
uomo libero. Lavorava all’Ucigos e dei benpensanti lo trasferirono a Spoleto perché fu
scoperto a leggere un giornale
eversivo, il manifesto. Vinse il
concorso da ispettore e tornò a
Roma, ha lavorato come un
pazzo in quella commissione
d’inchiesta sui rifiuti perché
voleva stare dalla parte dei de-
boli”. Poi la parte più dura del
discorso, rivolta direttamente
a Pansa: “Signor capo della
Polizia, se vuole davvero essere accettato in tutto come
nostro capo, si attivi per riconoscere a Roberto lo status di
vittima del dovere e chiarisca
chi gli ha impedito di entrare
in qualsiasi struttura investigativa facendolo finire in un
commissariato di frontiera”.
PARLA MONIKA, la moglie
del vicecommissario e si rivolge alle mamme venute dalla
Campania: “Continuate a
combattere per la Terra dei
fuochi”. E la figlia, 13 anni e
una dignità sconfinata: “Papà
era un eroe, aveva tanti nemi-
ci? Vuol dire che ha combattuto per qualcosa nella sua vita”. Suona il silenzio di ordinanza, le sciabole dei poliziotti
si alzano al cielo. Roberto, dicono i colleghi, la mattina faceva la chemio e il pomeriggio
era per strada, al lavoro. “Doveva mantenere la famiglia”.
La vergogna dello Stato è scritta su un documento della Camera del 13 luglio 2013, dove
si nega “una qualsiasi responsabilità risarcitoria”. Perché
“la collaborazione del sig.
Mancini con la Commissione
parlamentare sul ciclo dei rifiuti, non può in alcun modo
inquadrarsi in un rapporto di
lavoro con l’organo competente”.
posto di lavoro. Succede nella polizia italiana, quella travolta dalla caserma Diaz a Genova all’omicidio di Federico
Aldrovandi celebrato dagli applausi dei sindacalisti del
Sap. Pronti a solidarizzare per quello che deve essere considerato un incidente di percorso, ma tacere sui gusti sessuali ritenuti contrari ai principi di decoro che la divisa
comporta. Protagonista della vicenda è un veneziano,
Giorgio Asti, 53 anni, cacciato dalla polizia postale dieci
anni fa con l’accusa di “mancato decoro ai danni del Corpo” perché nel tempo libero, mai in
ufficio, Asti si vestiva da donna. Si
chiamano transgender, ce ne sono
molti, rientra nella sfera dei gusti sessuali che dovrebbe essere un diritto.
Non se fai il poliziotto. Asti, quando
venne cacciato, se ne andava in giro
per Mestre e Venezia vestito da donna.
Ma non solo: una sentenza del Consiglio di Stato dette ragione nel 2007 al
ministero dell’Interno che aveva messo la firma sul licenziamento. Sono seGiorgio Asti
guite battaglie, soprattutto nelle aule
giudiziarie, e nei giorni scorsi l’ex poliziotto ha avuto una
sentenza a favore (e comunque molto parzialmente) da
parte del Tar, sempre giudici amministrativi che sette anni
fa gli diedero torto. Sentenza molto parziale che non riconosce al poliziotto la libertà di vestirsi da donna, ma
definisce il comportamento come la conseguenza di una
patologia. Nel frattempo l’uomo ha compiuto 53 anni e
non ha avuto modo di trovare un altro impiego: vive in
casa con i genitori, anziani e malati, e grazie alla miseria
della loro pensione. Nei giorni scorsi – ha scritto in anteprima La Nuova Venezia nell’edizione di ieri – Il Tar del
Veneto ha accolto l’ultimo ricorso presentato dai suoi
nuovi legali, gli avvocati Alfredo Auciello e Giacomo Nordio, che hanno impugnato il diniego opposto dalla Polizia
alla richiesta di riapertura del procedimento disciplinare,
presentata da Asti nel 2013.
I giudici hanno ora dichiarato illegittimo quel “no”, accogliendo la tesi difensiva, che sia stato un parere viziato
da “eccesso di potere, illogicità della motivazione, travisamento ed erronea valutazione dei fatti”: fatti che – si
legge – raccontano come Giorgio Asti fosse soggetto a una
patologia e di questa si dovesse tenere conto prima di
cacciarlo dal corpo.
Le carte false del pullman della strage
LA REVISIONE DEL BUS PRECIPITATO SULLA A16 ERA FASULLA. INDAGATI 2 FUNZIONARI DELLA MOTORIZZAZIONE DI NAPOLI
di Antonio Massari
l certificato di revisione era completamente falso. E l’inchiesta si allarga
I
alla motorizzazione di Napoli. Il pullman che 10 mesi fa precipitò dal viadotto Acqualonga, sull’autostrada
A16, causando la morte di 40 passeggeri, la revisione non l’aveva mai superata. O meglio: non l’aveva mai fatta.
Eppure contava ben 800
mila chilometri sul tachimetro. Duemila li aveva
percorsi nelle ultime settimane, con un viaggio a
Medjugorje, prima che il
28 luglio scorso, in autostrada, si staccasse il sistema di trasmissione, provocando la rottura dell’impianto frenante. Il pullman precipitò nel vuoto.
Sfondando le barriere. Nei
mesi scorsi, il pm di Avel-
lino, Adriano Del Bene, ha disposto
una perizia grafologica sui documenti
del pullman. E così è arrivata la scoperta – rivelata ieri da Il Mattino – sul
certificato di revisione che, secondo gli
inquirenti, è un falso a tutti gli effetti.
PER L’ACCUSA – coordinata dal procuratore capo Rosario Cantelmo – s’è verificata una vera e propria violazione
Il pullman precipitato LaPresse
del sistema informatico della Motorizzazione civile di Napoli. E non è detto
che sia l’unica. Anzi. Il sospetto è che
esista un vero e proprio mercato di certificazioni contraffatte. Il documento
presentato dalla società proprietaria
del pullman datava la revisione nel 26
marzo 2013. Invece, secondo l’accusa,
l’atto “veniva compilato successivamente, in quanto privo sia del primo
foglio, contenente la domanda di prenotazione, sia l’attestazione del pagamento della tassa governativa, di euro
45, nonché riportante, quale data di
prenotazione, il 19 marzo 2012, anziché quella risultante dal protocollo delle operazioni (19 luglio 2012) dell’ufficio della motorizzazione di Napoli”. A
firmare il documento, Vittorio Saulino,
funzionario tecnico della motorizzazione civile di Napoli, indagato con
l’assistente amministrativo Antonietta
Ceriola. L’accusa ha ricostruito che è
stato Saulino ad apporre “la propria fir-
ma, nonché la data del 26 marzo 2013,
sul documento attestante l’avvenuta revisione con esito regolare”. Ed entrambi “attestavano falsamente in un atto
pubblico fatti dei quali l’atto è destinato
a provare la verità”.
LA SCOPERTA più interessante, per la
procura, è il sistema adottato dai due
indagati: “La Ceriola, utilizzando le
proprie credenziali di accesso al sistema informatico del Ced del ministero
delle Infrastrutture e dei Trasporti, inseriva i dati relativi all’autobus, inerenti
all’esito regolare della revisione”. E così
il pullman di Gennaro Lametta passò
una revisione senza che nessuno analizzasse il mezzo. Il Codacons – per voce del suo presidente Carlo Rienzi – ha
definito la vicenda “sconcertante”:
“Chiediamo al ministro dei Trasporti,
Maurizio Lupi, di avviare una revisione
straordinaria di tutti i pullman turistici
operanti nel nostro Paese”.
12
UNA VITA TRA ITALIA E USA
Ha portato in Italia la Scienza politica,
poi per due decenni è andato a insegnare negli Usa:
oggi si racconta, alla vigilia dei novant’anni
L’intervista
di Silvia
Il professore
Truzzi
N
el suo diario Cesare
Pavese annota: “La politica è l'arte del possibile. Tutta la vita è
politica”. Una frase vien da pensare sulla
porta di casa di Giovanni Sartori - che si
adatta benissimo al professore in procinto
di compiere novant'anni. Apre la porta
Isabella Gherardi, artista e (innamoratissima) moglie di Sartori: difficile dire se in
queste stanze inondate dalla luce del pomeriggio ci siamo più libri (del prof) o
quadri (di Isabella). Ed è lei che suggerisce
il primo aneddoto di una lunga serie: il
giovane Vanni faceva l’allenatore di salto
sugli sci all'Abetone. “Io non andavo mai
alle adunate. Pertanto fui convocato dalla
commissione disciplinare del Pnf da un
signore piemontese di nobili casati. Mi
chiese perché non mi presentavo mai alle
riunioni. Raggiungemmo quest'accordo:
io non andavo alle adunate perché allenavo la squadra di sci. Ero uno slalomista,
ma tra le specialità c'era anche il salto sugli
sci: così portavo dei contadinotti sopra il
trampolino e quasi dovevo dar loro un
calcio per convincerli a buttarsi. Quasi
tutti, ahimè, finivano all'ospedale”.
E prosegue così: “All'inizio del '43 avrei
dovuto essere reclutato, ma la mia chiamata alle armi avvenne solo nell'ottobre,
ganizzato dalla Ceca, la comunità europea del
carbone e dell'acciaio: alla fine andai a dirgli
che grazie al traduttore francese avevo finalmente capito un suo discorso! Sarà stato anche un santo, ma certo un santo furbo... Vedi
la sceneggiata dei suoi mantelli: quando era
sindaco e d'inverno vedeva un povero, si toglieva il suo tabarro e glielo dava. Pochi sanno però che era il Comune che li ordinava e li
pagava. Una volta penetrai nella sua cella,
bella tra l'altro, al Convento di San Marco: mi
serviva un libro della biblioteca che risultava
in prestito a lui da anni. Non comprava libri,
né li restituiva mai. Forse era un sant'uomo
ma anche un po' imbroglione. Entrò nella
prima tornata di concorsi universitari dopo
la guerra, quando era facile, ma di Diritto
romano, la sua materia, ne sapeva poco. Anch'io ero a volte in commissione di esami con
lui: come dicevo, di professori ce n'eran pochi. Ricordo che l'interrogazione si svolgeva
così: La Pira faceva una domanda, il candidato rispondeva spesso sbagliando (e lui
pure). Allora Cugia, l'altro ordinario di Diritto romano, gli diceva : “No La Pira, le cose
non stanno così”. Fece anche fallire la clinica
Palumbo: a forza di fare il francescano, senza
calze e con i sandali, s'ammalò. E si fece ricoverare nella clinica del professor Palumbo
dove si fece sistemare all'ultimo piano, che
occupò completamente attorniato da suore e
suoricelle. Non se andò mai, la clinica fallì.
Torniamo al giovane Sartori.
Ero considerato un enfant prodige e diventai
Giovanni Sartori:
“Il salto con gli sci,
Kant per sonnifero
e la zuppa in scatola”
Sono stato preside di facoltà negli
anni della contestazione. Gli studenti chiamavano in Cina , staccai i telefoni.
E pure i riscaldamenti: tutti i rivoluzionari
sparirono in un secondo. Il ‘68 ha distrutto
l’università, i sessantottini si dividono
tra imbecilli che sono rimasti tali
e furbacchioni che hanno fatto carriera
quando era già stata proclamata la Repubblica di Salò, alla quale certo io non mi
volevo unire. Prima mi sono chiuso in una
villa nella campagna attorno a Firenze, poi
i tedeschi cominciarono a rastrellare anche da quelle parti. Una notte scappai per
i prati: feci una lunga camminata fino alla
città e mi chiusi in una stanza della casa dei
miei nonni. La pena per i disertori era la
fucilazione, ma anche chi nascondeva un
disertore rischiava la vita. Per parecchi
mesi restai rintanato lì, senza nemmeno
affacciarmi alla finestra, finché Firenze
non venne liberata dall'occupazione tedesca nell'agosto '44. Che potevo fare tutto il
giorno? Leggere. Mi misi a leggere Hegel,
Kant, Croce e Gentile. Siccome erano quasi tutti autori difficili e noiosi, di notte
dormivo alla grande. Dopo, scrissi che da
Kant a Hegel si passa dalla fotografia alla
cinematografia del pensiero. Il bello di
Hegel è che era quasi indecifrabile: quando finalmente pubblicarono le sue annotazioni capimmo che le interpretazioni del
suo pensiero erano quasi tutte sbagliate”.
Poi la guerra finì.
Mi laureai in gran fretta in Scienze politiche e sociali, nel 1946, con una tesi sulla
scuola storica del diritto. In quella seconda
metà degli anni Quaranta, l'università era
quasi un deserto: moltissimi professori
erano sotto inchiesta per collaborazione
con il fascismo. Erano la maggioranza, visto che avevano rifiutato di giurare solo in
dodici. L'università fu portata avanti dai
più giovani, come Giorgio La Pira.
Eravate amici con La Pira?
Era un tipo spassoso, ridevo molto con lui.
Parlava velocissimo e lo capivo a stento.
Una volta intervenne a un convegno or-
subito assistente di Pompeo Biondi, che insegnava Teoria generale dello Stato: un uomo
intelligente, davvero brillante. Però non c'era
quasi mai e i corsi li tenevo io al suo posto. Si
nascondeva anche in campagna a un certo
punto perché scappò con la moglie del suo
migliore amico, il quale disse che lo avrebbe
ammazzato: e lui si guardò bene dal farsi
vedere all'Università. Ad un consiglio di Facoltà del 1950 il preside, Giuseppe Maranini,
propose un giovane promettente: Giovanni
Spadolini, che all'epoca aveva 25 anni. E promettente lo era davvero: sarebbe diventato
direttore del Corriere della Sera, presidente del
Consiglio, presidente del Senato, mancando
di un soffio la presidenza della Repubblica.
Maranini lo definì "un genio" e siccome Pompeo Biondi non poteva essere da meno, decise di lanciare me come suo "contro-genio".
Il compromesso fu “tutti e due” - sia Spadolini sia Sartori - e così venni nominato di
punto in bianco "professore incaricato". Solo
il giorno successivo venni a sapere che avrei
dovuto insegnare Storia della filosofia, cosa
che poi feci per sei anni, fino al '56. Da allora,
ho sempre creduto che la fortuna e il caso
contino moltissimo nella vita, non meno della virtù.
E la Scienza politica quando arriva?
Mi ostinai a volere una cattedra di Scienza
politica che non esisteva negli statuti delle
Università. Ebbi vita dura. Bisognava rivolgersi al Consiglio superiore dell'istruzione e
allora l'incaricato del ministero era Carlo Antoni: crociano, uomo di grande cultura ma
timidissimo. Purtroppo gli erano note le mie
opinioni critiche su Croce e dunque andai da
Antoni tremebondo, sapendo che dovevo
strappare da un crociano l'assenso per una
materia che secondo Croce non esisteva. Me
la cavai così: “Lei professore insegna filosofia
della Storia, materia che secondo Croce non
esiste. Potrebbe consentire anche a me d'insegnare un'altra materia che non esiste, la
Scienza politica?”. L'argomento lo convinse e
così in Italia fu istituita la cattedra di Scienza
politica.
E’ stato preside negli anni della contestazione
studentesca.
Sì, me lo chiesero i colleghi, sapendo che ero
un combattente. Misi un paio di condizioni:
cioè che gli altri insegnanti mi avrebbero dovuto sostenere senza defezioni e che io sarei
stato l'unico a intervenire alle assemblee degli
studenti. Era un mestiere ingrato, nessuno lo
voleva fare. Qualche volta dormii anche in
facoltà. Quando scoprii che gli studenti facevano telefonate addirittura in Cina tolsi il
telefono, d'inverno staccai anche il riscaldamento: tutti i rivoluzionari sparirono in un
secondo. Non feci mai entrare la polizia, ma
la tenevo sempre fuori dalla porta.
Gli studenti non l’avranno amata molto...
La peggiore ingiuria contro di me fu "Giovanni Sartori come Monaldo Leopardi". Non
me l'ero cavata male... Li fregai perché dissi
loro: "Io sono il primo insegnate di Scienza
politica in Italia, se perdo distruggo la mia
materia". Tutti i professori facevano lezione
regolarmente e misi regole alle assemblee.
Alla fine indissi un referendum tra gli studenti, il quesito era: "Volete fare regolarmente lezione?". Vinse trionfalmente il sì e la contestazione da me finì. Fu così che non ancora
quarantenne vinsi una medaglia d'oro per i
benemeriti della scuola e della cultura, un’onorificenza da professore ottuagenario...
Quegli anni, "formidabili", sono stati mitizzati. Eppure il 68 ha fatto danni incalcolabili all'Università: è d'accordo?
L'ha distrutta. I sessantottini si dividono tra
gli imbecilli che sono rimasti tali e i furbac-
il Fatto Quotidiano
GIOVANNI SARTORI è nato a Firenze il 13
maggio 1924. Nel 1946 si è laureato in Scienze
politiche e sociali all’Università di Firenze, dove
ha poi insegnato Storia della Filosofia, Sociologia applicata e Scienza politica. Tra i suoi
allievi e assistenti Stefano Passigli, Gianfranco
Pasquino, Domenico Fisichella e Giuliano Urbani. Dopo tre anni a Standford, è diventato
Albert Schweitzer Professor in the Humanities alla Columbia University di New York (dove ha
insegnato dal 1979 al 1994). Nel 1971 ha fondato la Rivista italiana di scienza politica. Dalla
una casa stupenda, a Palo Alto, con una piscina quasi olimpionica. Al mattino mi svegliavo e mi facevo subito un bagno. In tre
anni ho sentito solo una volta piovere, di
notte. Poi la Columbia mi fece un'offerta che,
come avrebbe detto il Padrino, non si poteva
rifiutare. Era la più importante cattedra di
New York, mi triplicavano lo stipendio e avevo anche una segretaria personale. Così divenni Albert Schweitzer professor in the Humanities alla Columbia University, dove dal 1994
sono professore emerito. Era, naturalmente,
un posto molto ambito.
Quando si dice trovare l'America...Chi incontrò in quegli anni?
DOMENICA 4 MAGGIO 2014
fine degli anni Sessanta, con la direzione di
Giovanni Spadolini, è editorialista de Il Corriere
della Sera (con un intervallo nel periodo americano). Ha ricevuto nove lauree honoris causa,
da università di tutto il mondo; nel 1971 il Presidente della Repubblica gli ha conferito la me-
Il politologo non è tenero sulla
situazione italiana: “Il premier
ha messo su un governo
con gente assolutamente
incompetente: di certe materie
me ne intendo”. Ha incontrato
Napolitano poco tempo fa:
“Fa una vita faticosissima
ed è molto invecchiato. Ormai
ha la rigidità delle persone
anziane. E lo dico da coetaneo”
13
daglia d’oro ai benemeriti della scuola, della
cultura e dell’arte. Nel 2005 ha ricevuto il prestigioso premio Principe delle Asturie per le
scienze sociali dalla Fundación Príncipe de
Asturias.
Ha scritto quasi quaranta libri.
ma Berlusconi al quale premeva soltanto una
garanzia di immunità giudiziaria.
Parlando con Gad Lerner, di Renzi lei ha detto: "E' un peso piuma malato di velocismo.
Vende velocità che non può rispettare. Sono
cose che incantano il pubblico: un mese faccio
questo, un mese faccio quello. Fa ridere, io ho
molti dubbi. L'uomo è molto contento di se
stesso e questo gli dà forza, ma temo che si
sgonfierà rapidamente nel fare".
Guardi, il giovanilismo nella Storia non ha
mai pagato. E' sempre servita una giusta di
miscela di esperienza e innovazione, di vecchi e giovani. Renzi ha messo su un governo
con gente assolutamente incompetente. Lo
dico perché di certe materie me ne intendo.
Siete entrambi fiorentini: lo conosce?
Un giorno andai a ritirare un premio a Firenze, in una trattoria storica che ogni anno
regala un prosciutto. Appena entrato mi si
fece incontro un signore che non conoscevo,
insieme a un sacco di fotografi: mi baciò per
le telecamere e senza presentarsi se ne andò.
Era il candidato sindaco Matteo Renzi: non
l'ho mai più rivisto.
Un giorno andai a ritirare un premio a Firenze. Appena entrato mi si
fece incontro un signore che non conoscevo, insieme a un sacco di fotografi: mi baciò
Invece conosce bene il presidente Napolitano.
E' stato il più riformista del Pci, il loro capo
migliorista. L'ho conosciuto quando venne in
America; allora fu bravissimo. Sono stato al
Quirinale a pranzo da lui poco tempo fa. Il
punto è che fa una vita faticosissima ed è
molto invecchiato. Ormai ha la rigidità delle
persone anziane e lo dico da coetaneo. Sono
dispiaciuto perché lui ha bocciato il sistema
in favore di telecamere e senza presentarsi
se ne andò. Era il candidato sindaco
Matteo Renzi, non l’ho mai più rivisto
Ronald Reagan l'ho conosciuto bene dopo i
suoi due mandati da governatore della California, quando già si sapeva che aveva intenzione di correre per la Casa Bianca. Era,
come me, fellow dell'Hoover Institution di
Stanford. L'ho visto spesso in accese discussioni con gli studenti, che ovunque, anche in
America, sono di sinistra. E lo attaccavano
duramente durante le conferenze. Ma lui era
bravissimo, affrontava il fuoco e li scornava
dati alla mano. Ci trovavamo spesso a pranzo: un piacevole conversatore. Quando mi
chiedevano di lui dicevo: "E' molto simpatico,
peccato che sia già arteriosclerotico". Sapeva
tutto della California, ma se andava in Nevada era già perduto. Neanche a farlo apposta
diventò presidente: sono andato spesso a trovarlo a Washington. Vorrei dire in sua difesa
che aveva un formidabile istinto politico. A
Stanford c'era anche Edward Teller, uno degli
inventori della bomba atomica, padre dello
scudo spaziale, l'uomo che riuscì a convincere Reagan - e pure i sovietici - che l'America
avrebbe potuto difendersi da attacchi di mis-
COMPLEANNO
In occasione dei novant’anni del professore, la rivista “Paradoxa” ha preparato un numero speciale “La
Repubblica di Sartori” (curato da Gianfranco
Pasquino). La pubblicazione verrà presentata venerdì all’Accademia dei Lincei e il 13
maggio all’Istituto dell’Enciclopedia italiana
con Gianfranco Pasquino, Giuliano Amato,
Franco Bassanini e Massimo D’Alema Dlm
Sono stato molto amico di Oriana
Fallaci. Quando si ammalò la accompagnai al Kettering di New York: le
chiesero di compilare il modulo , ma lei
si rifiutò. ‘Io sono Oriana Fallaci’disse
al medico, che la mandò via. Ci tornò
due anni dopo, ma ormai era troppo tardi
anche al medico, che naturalmente la mandò
via. Al Kettering ci è tornata due anni dopo,
ma era troppo tardi.
Lei è rientrato in Italia nel '94, un periodo di
grandi cambiamenti politici.
Compivo settant'anni e il mio mandato di
insegnamento terminava. Ma ho continuato
a lungo a fare la spola con New York. Tornato
qui, per un certo periodo ho avuto rapporti
stretti con D'Alema. Un uomo intelligentissimo, anche se politicamente non ne ha vinta
una: è un dato di fatto. Ha il difetto di essere
un complottista. Ero riuscito a convincerlo
che il sistema migliore era quello francese.
Lui mi disse: "Va bene professore, la autorizzo a sondare i partiti a mio nome". E io lo
feci: erano tutti d'accordo.
Andò anche da Berlusconi? E' riuscito a dare
del comunista perfino a lei.
chioni che hanno fatto carriera dimenticando il loro passato.
Com'è arrivato in America?
Erano gli anni Settanta. Mi arrivarono due
offerte in contemporanea: una da Oxford e
una da Stanford. Sarei andato volentieri in
Inghilterra, ma la proposta economica degli
americani era molto più alta. Ero già stato
negli Stati Uniti negli anni Cinquanta, perché
avevo vinto una borsa di studio. C'ero andato
in Transatlantico da Genova, sul Saturnia.
Incappammo in una tempesta terribile, tanto
che la nave arrivò con un giorno di ritardo. E
non era un pattino, pesava ventinovemila
tonnellate! Tutti vomitavamo, a parte me e
un altro signore che incontravo quando uscivo sul ponte a prendere un po' d'aria, nonostante l'uragano. Quel signore era Salvador
Dalì.
Poi ci è tornato, in aereo.
Certo. A Stanford sono stato tre anni. Avevo
sili balistici con testate nucleari. In sostanza
la guerra fredda finì grazie a una balla di
Teller e alla credulità di Reagan.
Altri amici americani?
Oriana Fallaci, una donna terribilmente nevrotica ma di grande talento. La conoscevo
da quando aveva 16 anni, siamo stati amici
tutta la vita: credo che solo con me non abbia
mai litigato. A New York andavo spesso a
cena da lei, che era una bravissima cuoca.
Una volta nel suo salotto m'avvicinai alla
macchina da scrivere e lei mi aggredì urlando: "Mi rubi le idee". Sull'uscio del suo
ufficio, sulla 57esima strada, c'era un cartello
con scritto "Go away". Quando si ammalò la
convinsi ad andare allo Sloan Kettering, il
centro più importante del mondo per la cura
del cancro. La portai io: all'ingresso, la segretaria le diede un modulo ma lei si rifiutò di
compilarlo. Mi disse: "Io sono Oriana Fallaci,
non riempio questionari". Cosa che ribadì
Sì andai, obtorto collo, anche da lui. M'invitò
a cena, con una ventina di persone, incluso il
mio allievo Giuliano Urbani, e mi regalò anche una bottiglia di liquore. Berlusconi è come un incantatore di serpenti: e se il serpente
obbedisce, bene. Altrimenti lui lo cancella.
Comunque alla fine mi disse: "Può riferire a
D'Alema che sono d'accordo". Il giorno dopo
mi precipitai da D'Alema e gli consigliai di
cogliere al volo l'occasione, perché Berlusconi poteva cambiare idea da un momento all'altro. Però era successo qualcosa: D'Alema
era stato poco prima in Israele e gli piaceva il
modello di premierato forte di quel Paese. Mi
disse : "Si occupi dei suoi studi, alla politica ci
penso io". Per parecchi anni non ci siamo
rivisti. Poi ho ricevuto la laurea ad honorem
a Urbino. Lui era tra i relatori e fu molto
bravo e simpatico. Sulla Bicamerale voglio
dire una cosa, perché ora se ne danno versioni sbagliate. Non la fece saltare D'Alema,
francese: è un vecchio parlamentarista.
E' uno dei più longevi editorialisti del Corriere
della Sera.
Iniziai a collaborare con Spadolini, alla fine
degli Anni Sessanta. Nel ventennio americano però di fatto non ho mai scritto: ho
ricominciato quando sono rientrato. Tutte le
volte che cambiava il direttore, mandavo una
lettera di dimissioni: un editorialista deve
avere la fiducia del direttore. Mi è sempre
stata respinta, anche da Piero Ottone, il direttore che venne dopo Spadolini. Allora eravamo molto lontani. Oggi, leggendolo, vedo
con piacere che ci siamo molto avvicinati.
L'ultima è una domanda personale: si è sposato da pochi mesi. Ci racconta come ha fatto
a conquistare sua moglie Isabella? Vi siete
sposati da poco e lei è molto più giovane.
Ah no, io a questo non rispondo. Ma al suo
posto la fa Isabella: Ci siamo conosciuti negli
anni Novanta a una festa: io rimasi colpitissima da lui, ma non fu reciproco. Poi tre
anni fa andai a un convegno perché dovevo
fare delle foto a Philippe Daverio per Il Corriere fiorentino. C'era anche Giovanni e finalmente ci presentarono. Cominciammo a parlare. All'uscita pioveva, io avevo un ombrello
grandissimo, sotto ci poteva stare un'intera
famiglia islamica. Lui mi disse: "Perbacco che
bell'ombrello". Gli lasciai il numero di telefono sperando che mi richiamasse, ma non
lo fece. Scoprii dopo che gli avevano rubato
l'agenda... Per fortuna mi feci viva io. E pochi
mesi dopo, con una scusa, lo andai a trovare
a New York. Anche lì pioveva a dirotto. Per
l'agitazione di ricevermi gli venne la febbre a
38, per cena mi offrì una zuppa di pomodoro
in scatola, marca “Progreso” . Ma fu una delle
più belle cene della mia vita. n
twitter@silviatruzzi1
14
ALTRI MONDI
DOMENICA 4 MAGGIO 2014
Pianeta terra
il Fatto Quotidiano
PANAMA VOTO PER IL POST-MARTINELLI
Poco meno di 2,5 milioni di panamensi sono
chiamati oggi al voto per il nuovo presidente, 71
deputati dell’Assemblea nazionale e 77 sindaci.
Il candidato presidenziale favorito a succedere
a Ricardo Martinelli è José Domingo Arias
(49 anni) esponente dello stesso partito. Ansa
IRAN ZUCKERBERG È EBREO: WHATSAPP AL BANDO
Teheran dichiara guerra a WhatsApp. Le autorità della Repubblica islamica hanno deciso di mettere al bando la popolare applicazione di messaggistica perché il fondatore di Facebook, Mark
Zuckerberg, che l’ha acquistata due mesi fa è “ebreo”. LaPresse
IL REPORTAGE
di Diego Enrique Osorno
er dieci giorni, tra il
26 gennaio e il 5 febbraio 2014, quasi un
centinaio di funzionari pubblici di Coahuila, in
Messico, hanno lasciato le proprie scrivanie per realizzare una
missione inusuale: indagare su
cosa è accaduto a decine di persone sparite in questa regione
del nord-est del Messico. Dell’operazione è stato incaricato
un reparto del governo di Coahuila creato nel 2012, il “Reparto della Procura per la ricerca di persone non localizzate,
assistenza alle vittime, alle persone colpite e ai testimoni” di
Coahuila. Uno dei luoghi nei
quali si è focalizzato il reparto
operativo è Allende, un piccolo
municipio ubicato nella regione de ‘Le 5 sorgenti’, per via delle enormi fonti d’acqua nel
mezzo della pianura.
Nel marzo del 2011, questo paese
di 20 mila abitanti soffrì un massacro su cui solo ora le autorità
stanno indagando. I commando
degli Zetas, quella primavera,
saccheggiarono e distrussero una
cinquantina di edifici e sequestrarono 300 persone, secondo i
calcoli della task force. Durante il
lavoro, il reparto della Procura ha
trovato 4 fusti industriali e varie
tracce di vestiti sul ciglio della Ribereña – una strada angusta che
costeggia la riva del fiume Bravo
sul versante messicano –all’altezza di Guerrero.
P
I lager della cocaina,
fabbriche di morte
dei narcos messicani
I MASSACRI DEI BOSS DEGLI ZETAS PER LO SMERCIO
DI QUINTALI DI DROGA VERSO GLI STATI UNITI
Il 34enne reporter messicano è oggi a Perugia al
Festival di Giornalismo.
A lato, il cadavere di un
regolamento di conti
Ansa/LaPresse
stimonianze rilasciate alla task
force, gli uomini armati avevano
una lista di indirizzi di case, negozi e ranch che dovevano saccheggiare e distruggere. Avvisarono anche il sindaco di allora,
Sergio Lozano Rodriguez, ma la
sua amministrazione non ha
fatto nulla mentre si consumava
il massacro. I commandos arrivavano agli indirizzi e prendevano in ostaggio chiunque fosse
presente. E portavano via gli oggetti di maggior valore, come
soldi e gioielli. Poi lasciavano
che gli altri abitanti del paese rubassero quello che restava. Una
volta terminato il saccheggio, gli
Zetas demolivano le case. E la
polizia municipale partecipò
tanto all’attacco quanto al saccheggio.
LA GRANDE FAIDA DEI CLAN
DI PIEDRAS NIEGRAS
BARILI COME FORNI CREMATORI PER FAR SPARIRE I CORPI
Questi barili erano serviti come
forni crematori improvvisati
dalla mafia della regione per far
sparire i corpi delle vittime.
Dopo aver percorso 144 chilometri di Ribereña, da Colombia
(Nuevo León) arriviamo a Piedras Negras (Coahuila). A Piedras Negras parliamo con alcune persone che sono servite da
testimoni al servizio speciale.
Alcuni di loro lo considerano
uno show, altri uno sforzo notevole, ma tardivo. Coahuila è
devastata e la fogna si sta aprendo solo ora. Ovunque si siano
recati, Juan José Yanez Arreola,
specialista della task force, e la
sua équipe hanno svolto il proprio lavoro: mentre la Marina
perquisisce il paese, l’Esercito
vigila su entrate e uscite e la Polizia federale e statale cerca funzionari ed ex funzionari per raccogliere le dichiarazioni.
Mauricio Fernández Garza,
quando ancora era sindaco di
San Pedro (Nuevo León), è stato
uno dei primi personaggi della
politica a parlare di ciò che stava
succedendo. Nell’interrogatorio fatto a fine 2011 raccontò:
“Io vengo a conoscenza di avvenimenti attraverso sindaci, miei
amici contadini, gente che dice:
‘Sono arrivati e sono entrati in
elicottero e hanno ammazzato
tutti’. E questo non esce mai su
nessun mezzo di comunicazione. Inoltre all’interno dello stesso crimine organizzato c’è una
grande quantità di vittime, per
le loro stesse dispute interne: li
mettono nell’acido e li fanno
scomparire, o li sotterrano, o
spariscono, o cose del genere”.
Ma questi massacri non sono
usciti sui media non perché i
A PERUGIA
giornalisti locali ignorassero ciò
che succedeva, ma aprire un’inchiesta giornalistica o pubblicarla significa l'esilio o la sepoltura per le persone coinvolte.
Il paese della sorgente Allende
(Coahuila) ora lo chiamano
‘Springfield’ perché l’amminiAPPLE FUORILEGGE
strazione municipale ha dipinto
di giallo il palazzo della presidenza e i principali edifici pubblici. ‘Springfield’ significa ‘campo delle sorgenti’.
Reynaldo Tapia, il sindaco, dice
che hanno dipinto di giallo il
paese perché ‘il giallo è il colore
della forza’. Giallo è anche il colore abituale delle escavatrici,
quelle utilizzate dagli Zetas per
abbattere le case del centro.
Il 18 marzo 2011, all’incirca 50
pick-up guidati da soldati del
narcotraffico hanno fatto irruzione ad Allende. Secondo le te-
Il perché di tanto accanimento?
Tutta colpa di due persone, Luis
García e Héctor Moreno, che
rubarono il denaro degli Zetas. I
due, oggi, se ne stanno tranquilli
negli Usa come testimoni protetti. Luis García Gaytán fa parte
della famiglia Garza che arrivò
da Lampazos (Nuevo León) e
mise radici ad Allende. I Garza
non erano una famiglia ricca,
ma vivevano bene grazie alla
buona quantità di terra che pos-
“Cartello contro i lavoratori
Steve Jobs genio criminale”
teve Jobs ha sfidato le convenzioni, e
S
forse anche la legge. Mr Apple è stato
un genio-farabutto, secondo il New York
Times. Forse era un appello anche ad andare oltre le regole lo slogan “siate affamati e folli”, divenuto il marchio di fabbrica dell’azienda più trendy del mondo,
quella della mela corrotta da un morso.
“Se Steve Jobs fosse ancora vivo sarebbe
in galera?”: si chiede provocatoriamente
il New York Times, che riporta la tesi di chi
sostiene che il fondatore della Apple sia
stato l’ideatore, il principale promotore
del cartello tra i big della Silicon Valley
per tenere bassi i salari dei dipendenti.
Una vicenda per la quale Apple, Google,
Adobe e Intel hanno già deciso di patteggiare per evitare le conseguenze di una
class action lanciata da ben
64.000 lavoratori.
Jobs - ha scritto il Nyt “sembra non aver mai letto
o aver scelto di ignorare il
primo paragrafo dello
Sherman Atitrust Act”, nel
quale si legge che “ogni cospirazione mirata a restringere la concorrenza e il
commercio” è illegale. E
chiunque violi questa nor-
ma - prevede la legge - deve essere considerato “colpevole di un reato, condannato e sanzionato con una multa o con la
prigione non oltre 3 anni”. Oppure con
entrambe le sanzioni.
“Steve Jobs era una violazione antitrust
ambulante”, ironizza Herbert Hovenkamp, massimo esperto di norme antitrust e professore alla University of Iowa
College of Law, “stupefatto dai rischi che
egli sembra abbia voluto prendere”. Il riferimento è anche al presunto cartello organizzato nel settore degli e-book.
CONTRO IL ‘GENIO VISIONARIO’ della
Silicon Valley anche il suo biografo, Walter Isaacson: “Steve - ricorda - ha sempre
pensato che le regole che si applicano alla
AFFAMATI
E FOLLI
Steve Jobs
morto nel 2011,
a 56 anni.
Il 1° aprile ‘76
fonda Apple con
Steve Wozniak
LaPresse
gente comune non dovevano applicarsi a
lui. Questa era la sua genialità ma anche la
sua originalità. Riteneva di poter sfidare le
regole della fisica e distorcere la realtà. Ciò
che gli ha consentito di fare cose fantastiche, ma anche di spingersi oltre il lecito”.
Ieri per la Apple è stata anche la giornata
di una vittoria di misura che non convince, tanto da sembrare una sconfitta. La società di Cupertino, California, vede riconoscere dalla giuria 120 milioni di dollari
di danni da Samsung, ritenuta colpevole
di violazione di due brevetti, fra i quali il
popolare ‘slide to unlock’. Molto meno ai
2,2 miliardi di dollari reclamati all’avvio
del processo e inferiore anche ai 930 milioni di dollari di danni riconosciuti ad
Apple nel 2012, quando sempre una giuria aveva rinvenuto Samsung colpevole.
Allo stesso tempo, però, Apple è ritenuta
colpevole di aver violato un brevetto Samsung e dovrà pagare alla società sud coreana 158.400 dollari. Il verdetto della
giuria, che riconosce ambedue le società
colpevoli, apre la strada alla richiesta, sia
da parte di Apple sia da parte di Samsung,
di bloccare e bandire le vendite della concorrente per i prodotti in cui sono applicati i brevetti infranti.
sedevano e lavoravano. Héctor
Moreno Villanueva, invece, appartiene a una famiglia che fece
soldi con una piccola linea di
trasporti regionale. Dal 2008,
García Gaytán e Moreno Villanueva iniziano a lavorare con gli
Zetas. Nel 2011 entrambi raggiungono livelli importanti nel
traffico di coca verso gli Usa attraverso Eagle Pass, città nordamericana confinante con Piedras Niegras.
Ma all’inizio del 2011 entrambi
rompono con la banda. E il 18
dello stesso mese, per vendicarsi,
i loro vecchi soci assediarono il
paese del quale entrambi erano
originari per distruggere tutte le
proprietà e uccidere familiari,
amici e finanche i loro dipendenti. Decine di persone il cui cognome era Garza, Gaytán, Moreno e
Villanueva vennero portate al
ranch di proprietà di García Gaytán: chiunque portasse quei cognomi era a rischio. Solo nell’aprile 2013 è stato reso noto cosa
fosse successo, dopo che Hector
Moreno Villanueva e José Luisa
Garza Gaytan – due degli uomini
di punta entrati nel “programma
SANGUE A COAHUILA
Le proprietà terriere
dei ‘traditori’
che organizzavano
il traffico nell’area
di confine rase al suolo e
lo sterminio degli alleati
testimoni” – confessarono. Entrambi aiutavano Cuellar (uno
dei principali operatori della
banda della zona) a trafficare tra i
500 e gli 800 chili di cocaina al
mese destinata agli Usa, il paese
più cocainomane del mondo, attraverso Eagle Pass (Texas). Il
prezzo di un chilo di cocaina qui
si aggira intorno ai 20 mila dollari, il che significa un guadagno
stimato di 16 milioni di dollari.
Nel marzo 2011 Cuellar, Moreno
e Garza lasciano gli Zetas senza
entrate e probabilmente anche
nei mesi successivi. Da tutto questo nasce l’attacco indiscriminato
contro familiari, amici e dipendenti di Garza Gaytan e Moreno
Villanueva, principalmente ad
Allende. Dagli Usa Moreno Villanueva si scontra – attraverso un
profilo Facebook –con i suoi vecchi soci, quelli che rasero al suolo
le sue proprietà e buona parte
della sua famiglia a Coahuila. È
solito scrivere cose come: ‘Lunga
vita ai miei nemici perché possano vedere la mia gloria’.
Secondo le testimonianze raccolte, l’uomo che diresse il massacro della primavera in questo
paese si chiamava Gabriel Zaragoza soprannominato “Comandante Flacaman”. Nel 2012 il
Comandante Flacaman è stato
assassinato a San Luis Potosì dai
suoi stessi compagni, durante
un’altra faida interna. Degli altri
esecutori non se ne sa niente.
Tantomeno dei funzionari che
permisero questo massacro.
Il reportage completo
verrà pubblicato da oggi a puntate
sul blog di Osorno
su ilfattoquotidiano.it
il Fatto Quotidiano
ALTRI MONDI
SLOVENIA CRISI GOVERNO: VOTO A GIUGNO
La premier Alenka Bratusek si dimette e chiede
elezioni anticipate a giugno. La decisione della
premier, che sarà formalizzata domani, segue la
sua sconfitta al congresso del partito Slovenia
Positiva, in cui è uscito vincitore Zoran Jankovic,
sindaco di Lubiana. LaPresse
USA BAMBINO-EROE UCCISO A 8 ANNI
Un bambino di 8 anni, Martin Cobb, è stato
ucciso mentre giocava nel giardino di casa con
la sorella di 12, mentre cercava di difenderla da
un intruso che voleva violentarla. È accaduto in
un sobborgo di Richmond, in Virginia, abitato
da una numerosa comunità afroamericana. Ansa
DOMENICA 4 MAGGIO 2014
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IL ROGO DI ODESSA
Il palazzo dei sindacati del porto sul Mar Nero, base della
Marina ucraina, dopo l’incendio nel quale sono morti una quarantina di filo-russi LaPresse
UCRAINA, GUERRA PER PROCURA
ACCUSE INCROCIATE TRA WASHINGTON E MOSCA DI APPOGGIARE LE MILIZIE CHE SI COMBATTONO NELL’EST
di Giampiero Gramaglia
Ucraina s’impantana in una sorta di
moviola di guerra
civile, capace però
di fare decine di vittime in un
sol giorno, venerdì. E, intanto,
la diplomazia non sa far di meglio che esercitare la proprietà
transitiva dello scaricabarile
delle responsabilità.
Gli Usa chiedono a Kiev e a Mosca di dare prova di moderazione e di “ristabilire l’ordine”; Lavrov chiede a Kerry di indurre
Kiev a ragionare e a bloccare il
blitz contro i filo-russi; Washington replica, chiedendo a
Mosca di smetterla di sostenere
i separatisti; e l’Ue chiude un’indagine sugli incidenti e l’incendio che a Odessa hanno fatto oltre 40 morti. È stata la pagina
più cruenta di questa crisi, dopo
il 21 febbraio nelle piazze della
capitale. Sul terreno, la situazione resta sostanzialmente bloccata, mentre s’intrecciano voci,
senza prove a sostegno, di reciproche connivenze: c’è chi giu-
L’
ra che le milizie ribelli sono non
solo armate dalla Russia con
strumenti di guerra moderni,
come i missili capaci di abbattere gli elicotteri, ma sono innervate da veri e propri militari
russi, accanto ai volontari
ucraini; e c’è chi dice che occidentali, magari mercenari,
combattono con gli ucraini, come già s’era sostenuto, senza
conferma, nei giorni dell’insurrezione a Kiev. Una guerra, insomma, combattuta anche per
procura, nell’intreccio tra patriottismi e interessi.
IL TUTTO SULLA SOGLIA di
una settimana che minaccia di
spingere la tensione al parossismo. Il 9 maggio, Putin vuole celebrare la festa della vittoria dell’Urss sul nazismo nella Seconda guerra mondiale in Crimea,
rafforzando il senso di appartenenza alla Russia della penisola
già annessa. L’11 maggio, è in
programma il referendum indetto dagli indipendentisti filo-russi nell’Est dell’Ucraina.
Aleatorio, oggi, prevederne
URUGUAY 10 grammi di
marijuana a settimana
onto alla rovescia per l'arrivo della “marijuana di
Stato” in Uruguay, che sta già beneficiando del
C
‘turismo della cannabis’, con l’aumento degli stranieri in visita. Domani il presidente José Mujica (che ha
detto di non voler far del paese la “mecca della cannabis”) firmerà il decreto di applicazione della legge
che sancisce una svolta rivoluzionaria, con l’obiettivo
di dar inizio alla distribuzione legale della marijuana
entro fine anno. La regolamentazione è stata annunciata dal segretario della presidenza, Diego Canepa,
che ha confermato i contenuti generali della legge: i
consumatori potranno comperare marijuana nelle
farmacie (10 grammi a settimana) o coltivare cannabis a casa (massimo 6 piante) o associarsi a un club
di coltivatori (massimo 99 piante) dal quale potranno
ricevere non oltre 480 grammi di ‘erba’ l’anno.
La cannabis così distribuita (circa 22 tonnellate l’anno, secondo Canepa) sarà coltivata su 10 ettari di terreni militari: entro maggio il governo convocherà una
gara d’appalto per scegliere un massimo di 6 aziende
private che si occuperanno della produzione, contando su semi importati.
l’impatto, in termini di affluenza alle urne, e la credibilità dei
risultati. Ma se il referendum
potrà esser una farsa – in Crimea, a marzo, non lo fu – neppure le elezioni del 25 s’annunciano molto più credibili.
Tant’è che Mosca mette le mani
avanti e denuncia l’assurdità
della consultazione. La novità
del giorno è, comunque, positiva: gli osservatori dell’Osce,
trattenuti a Slavyansk, una delle
roccaforti dell’insurrezione filo-russa, per otto giorni, vengono liberati all’alba, apparentemente senza contropartite.
SETTIMANA CLOU
Venerdì Putin potrebbe
sbarcare in Crimea per la
parata delle Forze armate
e domenica prossima
è previsto il referendum
sulla secessione
Chiave di volta dello sblocco
della situazione, l’intervento
d’un emissario di Putin, Vladimir Lukin. Unanime la soddisfazione per l’esito incruento,
che Onu, Usa, Nato e Ue vedono
come un primo passo per ulteriori progressi verso un raffreddamento della tensione.
Dall’Italia, echi contraddittori:
Berlusconi, l’amico di Putin, denuncia “l’ignavia dell’Europa” e
teme una crisi dei rapporti con
la Russia; il ministro degli Esteri
Mogherini spera in una
‘de-escalation’ e nel ritorno alle
intese di Ginevra. Kramatorsk,
un avamposto filo-russo a 17
chilometri da Slaviansk, è stato
l’epicentro degli scontri sabato,
con una decina di caduti dalla
due parti, mentre a Lougarsk è
stato proclamato il coprifuoco.
L’operazione ‘anti-terrorismo’
delle forze ucraine, lanciata venerdì mattina, mira a stringere
d’assedio i capisaldi dei ribelli.
Ma i regolari esitano a ingaggiare battaglia con le milizie, che
hanno il sostegno della popolazione locale.
La frana dei 2700 scomparsi
VOCI DALL’EST
“Siamo patrioti
che difendono
i confini”
di Roberta Zunini
l Cremlino fa sapere di non essere più in grado di controllare
i filorussi nell’est e nel sud dell’Ucraina, ammettendo così di
I
averlo fatto, almeno finora. L’ammissione, guarda caso, avviene il giorno dopo la strage di Odessa - probabilmente perpetrata
da russi e uomini provenienti dalla vicina Transnistria - e nuovi
combattimenti nell’area di Sloviansk, dove sarebbero morti 10
filorussi e due elicotteristi di Kiev. Ma i numeri non sono attendibili, come tutto il resto, perché forniti dai dipartimenti di comunicazione,
leggasi di propaganda, di
Kiev e di Mosca. Mentre gli
osservatori dell’Osce sequestrati la settimana scorsa venivano rilasciati, “perché la situazione sul territorio è diventata troppo pericolosa”, ha affermato senza
ironia
l’autoproclamato
“L’ITALIANO”
sindaco di Sloviansk , che li
aveva fatti rapire, altri paUn militare di Kiev,
lazzi pubblici di Donetsk
sono stati occupati dai sepain Italia da 12 anni
ratisti.
A DIFENDERE questi palaz-
AFGHANISTAN SENZA MEZZI, FERMA RICERCHE
A 48 ore dalla frana che ha seppellito un intero villaggio,
il governo afghano ha annunciato di aver fermato i lavori
per mancanza di mezzi: 2700 i dispersi Ansa
e tornato in patria
all’inizio della crisi,
respinge le accuse
di “fascismo”
zi e l’integrità del territorio
ucraino ci sono anche soldati che parlano perfettamente italiano. Come il militare che è stato ripreso in
un video mentre spiega “che
tanti dicono che siamo fascisti, ma noi siamo solo dei patrioti e
difendiamo i nostri confini”. La lingua italiana parlata fluentemente e quasi senza accento dal giovane soldato, ha sollevato
interrogativi sulla presenza di mercenari italiani pagati da Kiev.
Ma il soldato è un ucraino che vive e lavora da 12 anni in Italia,
tornato in patria a causa dell’aggravarsi della situazione. Del
resto, subito dopo il Canada, l’italia è la seconda meta della diaspora ucraina. Per questioni economiche, ma a breve si dovrà
affrontare anche il problema dei profughi, se dovesse scoppiare
una vera e propria guerra civile. Intanto i disordini che stanno
montando anche nel sud del Paese, fanno doppiamente comodo
al regime di Putin, dato che, se venisse proclamato lo stato di
emergenza, salterebbero le elezioni previste per il 25 maggio. A
quel punto il governo a interim di Kiev, considerato golpista da
Mosca, rimarrebbe in carica, dando la possibilità a Mosca di
continuare a dire che, per l’appunto, è illegale.
16
DOMENICA 4 MAGGIO 2014
SECONDO
TEMPO
S P E T TAC O L I . S P O RT. I DE E
L’attore/regista
Michele Placido
“Passacarte
e ragionieri
Il cinema italiano
è in mano loro”
IL PROSSIMO FILM IN PREPARAZIONE
“La scelta”, ispirato da Prandello
Si intitola ‘La scelta’ è tratto da ‘L’innesto’ di
Pirandello e racconta la storia di una maternità
difficile: “Lo produco con mia moglie Federica
perché, esclusi il Mibac e la Lucky Red, nessuno
aveva voglia di darmi una mano” Ansa
di Malcom Pagani e Fabrizio Corallo
P
rima del come e del perché vennero i soldi: “Pagavano bene e
con centomila lire a posa io e i
miei amici mangiavamo al ristorante per settimane. Ci dicevamo allegri: ‘Andiamo a fare una marchetta per il cinema’ e recitavamo
senza farci troppi scrupoli in film di tutti i generi.
Io pensavo al teatro. Avevo esordito con Ronconi nel ’69 ne L’Orlando furioso e il set mi sembrava un diversivo. Un passaggio di tempo tra
una tournée e l’altra. Prima di accettare chiedevo
sempre chi fosse l’attrice. Baciare Ornella Muti o
la Antonelli era molto più importante della trama”.
A quindici giorni dai sessantotto anni, Michele
Placido ha smesso di dipanare la propria: “È una
bellissima stagione che mi godo senza affanni,
con la consapevolezza di andare verso la catastrofe finale”. Prepara un nuovo film da regista
nella Puglia d’origine: “Si intitola La scelta è tratto da L’innesto di Pirandello e racconta la storia di
una maternità difficile. Lo produco con mia moglie Federica perché esclusi il Mibac e la Lucky
Red nessuno aveva voglia di darmi una mano” e
si diverte ancora all’idea della lotta come all’epoca in cui, bambino, scelse le asprezze del collegio cattolico: “Mi facevo il letto da solo e se non
rimboccavo bene le lenzuola arrivavano anche le
botte”. Placido era pronto al sacerdozio: “Lo vedevo come una forma di oltremare. Un’avventura che si alimentava attraverso i racconti di
uno zio missionario. Una fuga dalla famiglia e
dal paese, Ascoli Satriano, nel foggiano, perché
sognavo di più e con sette fratelli, chiedere attenzione in casa era illusorio”. Delle rigidità cattoliche: “Di una formazione con regole e liturgie
molto più severe di qualsiasi servizio militare”
Placido ricorda i silenzi. “In ritiro spirituale capitava di stare zitti per giorni. Allora leggevo.
Studiavo le vite dei santi anche se a quelli con
l’aureola, angelicati, non ho creduto mai. Mi appassionavo alle biografie umili, ai beati che mi
sembravano alla mia altezza, ai San Gerardo
Maiella che dormiva con i cani, ogni tanto cadeva in estasi davanti al forno ed era descritto
più o meno come lo scemo del villaggio”.
Poi lasciò il collegio cattolico e arrivò a Roma.
Nella camerata di Pubblica Sicurezza di Castro
Pretorio. Da poliziotto. Nel 1965. La divisa era il
mio travestimento. Lo schermo da opporre alle
domande di mio padre, geometra che per me
avrebbe desiderato un futuro razionale. Non volevo dargli il dolore di andare allo sbaraglio. Così
mi dividevo tra la caserma e il sogno di entrare
all’Accademia d’Arte drammatica. Mi presentai
al saggio finale portando Le mani sporche di Sartre. Ero vestito in modo improbabile. Metà
agente di polizia, metà attore con velleità alternative. Gli feci tenerezza. Mi promossero.
Esordio al cinema con Carlo Di Palma in “Teresa
la ladra”...
Un uomo delizioso. Il direttore della fotografia
di Germi, Woody Allen, Antonioni e Monicelli.
Di Mario sono stato molto amico. Mi considero
monicelliano. Era il più lucido. Il più cinico. Il
più spiritoso. Da qualche anno, da quando si era
trasferito nel suo piccolo appartamento monacale affacciato sul Rione Monti, il droghiere lo
scambiava regolarmente per Comencini. Lui lasciava correre. Ogni mattina, la stessa scena:
‘Buongiorno dottor Comencini, come va? Hanno dato il suo Incompreso l’altra notte. Bello, bel-
lissimo, ci siamo commossi. Invece, le dico la
verità, quel Monicelli una noia, due palle senza
nome’.
Lei per Monicelli ha recitato in tre film.
La prima volta, in Romanzo popolare celebrammo
il matrimonio per simpatia. Mario aveva saputo
che ero stato in Polizia e mi spalancò le porte:
‘Prendete ‘sto ragazzo che ha fatto la gavetta più
disgraziata di tutte’. Ancor più del suo cinema,
amavo in lui il coraggio della provocazione. La
grandezza di scorgere il lutto nella gioia. Non a
caso, nei suoi film, non manca mai la morte.
Il suo suicidio l’ha
colpita?
Ho rispettato la
scelta anche se sul
tema, il mio punto di riferimento è
sempre mia madre. Ha 92 anni. E
nella sua stupefacente semplicità
di donna del Sud,
nella sua visione
cristiana in cui
anche la sofferenza fisica è un dono
di Dio, un simile
finale non l’avrebbe mai neanche potuto immaginare.
Mario
aveva visto suo
padre compiere
lo stesso gesto.
Siamo quello che
diventiamo, ma
anche il prodotto
di ciò che abbiamo osservato.
E il bilancio di Monicelli che sapore aveva?
Il sapore del rimpianto: ‘Abbiamo avuto un
grande potere’ spiegava quella sera a tavola con
Scola ‘e politicamente, a differenza di quanto è
accaduto in Francia, non abbiamo saputo cosa
farne’. Oggi il cinema italiano è in mano a persone che non hanno la necessaria cultura per
fare cultura. Non sono né manager né poeti. Non
sono un cazzo.
E cosa sono esattamente, Placido?
Passacarte. Ragionieri. Che lavorino per la Rai o
per Mediaset cambia poco. Un tempo c’erano i
Dino De Laurentiis, i Lombardo e i Cristaldi. Oggi al
posto del produttore balla
un’altra figura professionale. L’amministratore di
condominio che alza gli occhi e apre la cassa solo se
sente parlare di commedia.
Quando arriva un maestro
come Bellocchio si dedica
ai conti della serva: ‘Ma se il
suo film incassa un solo milione di euro che lo finanzio
a fare?’.
I produttori oggi
sono amministratori
di condominio che alzano gli
occhi e aprono la cassa solo se
sentono parlare di commedia
Quando arriva un maestro
come Bellocchio fanno i conti
della serva: ‘Ma se il suo film
incassa solo un milione
di euro, che lo finanzio a fare?’
Hanno torto?
Completamente. Tra l’altro mi pare che dopo la recente sbornia euforica la
commedia sia in picchiata.
Sono più quelle che vanno
male di quelle che vanno
bene.
Placido il polemico.
La verità in questo Paese è
Monicelli era del
1915. Aveva fatto
in tempo a vedere
entrambe le guerre mondiali del
Novecento.
Era un grande
narratore e aveva
tanti mondi e tanti registri dentro
di sé. Avrà attraversato il suo tormento con raziocinio non solo intellettuale. Tra i
suoi lussi covava
quello di non avere paura della verità. Sapeva ammettere gli sbagli,
Mario. Una volta
a cena fece un bilancio
dell’età
dell’oro. Dei decenni in cui, quasi
mitologicamente, con spensieratezza, il cinema
italiano era un modello di virtù. In via della Croce, ai tavoli di Otello o di Cesaretto potevi incontrare a qualsiasi ora Age, Scarpelli, Benvenuti, De Bernardi, Suso Cecchi D’Amico, Flaiano, Arbasino e Tonino Guerra. Oggi gli autori
sono chiusi nel loro cortile. Non c’è più scambio,
nessuna condivisione.
I TORNEI
DI TOGNAZZI
In alto, Michele Placido
con Nicola Pietrangeli e
Franco Interlenghi durante il torneo di tennis
“Scolapasta d’oro” organizzato da Ugo Tognazzi.
A fianco, Michele bambino insieme alla famiglia
molto meno conveniente della menzogna. Meglio baloccarsi con le bugie. Le dicono un po’
tutti. Essere troppo schietti è controproducente
e alla fine di qualsiasi ragionamento prevale il
rumore di fondo. La stanchezza della gente. La
noia. La diffidenza più radicata e forte di qualunque riflessione: “Quello è un gran rompicoglioni, lascialo perdere”.
Ha lasciato perdere anche lei?
Non mi appassiono più al duello dialettico perché mi rendo conto che la Storia è stata scritta in
una certa direzione e anche se le ideologie sono
saltate in aria e la geografia politica nella quale
sono cresciuto, quella con fascisti, democristiani
e comunisti è ormai preistoria, è inutile sperare
che qualcuno metta in discussione le proprie
convinzioni. Prevale l’appartenenza. La parrocchietta. La casella di riferimento. Quando ho
partecipato a Il sangue dei vinti di Soavi, tratto
dalla rilettura della Liberazione tentata da
Giampaolo Pansa, mi hanno quasi linciato. Peccato, sarebbe stata l’occasione giusta per farsi
qualche domanda.
Lei se le è poste?
Sono lieto che la Costituzione sia radicalmente
antifascista, ma questo non mi impedisce di
ascoltare le ragioni dei tanti Giorgio Albertazzi
che scelsero di partire per Salò a 16 anni. Prima
di giudicare bisognerebbe ragionare. Spesso il
destino non dipende neanche da noi. Servono gli
incontri e serve la fortuna. Del mondo militare e
delle sue implicazioni repressive capii più con
Bellocchio lavorando nel suo Marcia trionfale che
nei tre anni in Polizia. Marco non aveva neanche
quarant’anni e rispetto ai suoi coetanei sembrava un alieno. Possedeva intelletto e magnetismo
il Fatto Quotidiano
FOGNINI IN FINALE AL
TORNEO DI MONACO
IL PALERMO
TORNA IN SERIE A
BARCELLONA,
ADDIO LIGA
Fabio Fognini in finale al
torneo Atp 250 di Monaco
di Baviera. Il ligure, prima
testa di serie del tabellone,
ha superato il tedesco JanLennard Struff. Oggi la
finale contro contro lo
slovacco Martin Klizan
Il Palermo vince anche
a Novara (1 a 0, rete
di Vazquez, ventitreesima
vittoria stagionale)
e ritrova la Serie A
dopo un solo anno
di cadetteria con ben
cinque turni di anticipo
Il Barcellona dice addio
ai sogni di conquistare
la Liga: i blaugrana
pareggiano 2-2 al
Camp Nou con il Getafe
e salutano virtualmente
le ultime speranze
di raggiungere il titolo
DALLA PUGLIA A ROMA
Michele Placido è
nato ad Ascoli Satriano, in provincia di
Foggia, il 19 maggio
1946. In basso, la moglie Federica Vincenti,
31 anni, attrice e produttrice LaPresse
che nonostante i trascorsi nei salesiani metteva
al servizio di una laicità impressionante. Era parco, concentrato, serio. Non si chiedeva mai dove
sarebbe andato a cena la sera.
In “Marcia trionfale”, in forma latente, c’è già il
tema dell’omosessualità che in “Ernesto” di Salvatore Samperi lega il protagonista a un facchino
da lei interpretato.
Umberto Saba mi affascinava e così accettai l’ingaggio. Al Festival di Berlino, Ernesto andò benissimo. Fassbinder mi premiò come miglior attore e tornammo a Roma felici e speranzosi. In
sala, alla prima, si spensero le luci e io assistetti al
primo esodo della mia vita. Ogni cinque minuti
si alzava qualcuno alla disperata ricerca dell’uscita. Il cinema rimase vuoto. Il film,
purtroppo, non fece una lira. Avevano proposto la parte a Giuliano
Gemma e a Franco Nero, ma
quel ruolo non voleva farlo nessuno. Quella sera capii perché.
Qualche anno dopo arrivò il commissario Cattani.
Anche La Piovra fu un puro caso. In Rai
mi avevano bocciato: ‘Non ha il fisico, ha
la voce stridula, non funziona, nessuno
crederà che sia un vero poliziotto’. Il regista, Damiano Damiani, mi venne a cercare e mi convinse mentre recitavo con
Strehler ne La tempesta. Il successo fu immediato. Non potevo andare neanche più a
fare benzina. In teatro, i miei colleghi che
snobbavano la televisione erano sconvolti.
Eravamo in scena con Metti una sera a cena di
Patroni Griffi. Un cast della Madonna: Florinda Bolkan, Bentivoglio, Remo Girone che
poi, a partire da La Piovra 2, ebbe un ruolo importante nella serie. Ogni sera, all’applauso finale, quando facevo capolino in teatro si scatenava l’ovazione.
Qualcuno lamentò il danno all’immagine dell’Italia.
Gli imbecilli sono ovunque, ma La Piovra riuscì a
far breccia in un immaginario vastissimo, molto
distante dalla letteratura pure meravigliosa di
Sciascia o dal giornalismo a schiena dritta di De
Mauro. De Concini, Rulli e Petraglia spiegarono
a qualche milione di persone i meccanismi della
mafia. A me poi La Piovra ha salvato letteralmente
la pelle.
Perché?
Stavamo girando Afghan Breakdown in Tagikistan. Una notte Dushanbe, la capitale, si ritrovò
in piena guerra civile. I musulmani si erano ribellati al comunismo e in città si era scatenato
l’inferno. Venimmo svegliati all’improvviso ed
evacuati in tutta fretta verso l’aeroporto con i
carri armati. C’erano spari, vittime e scontri a
fuoco. A un certo punto per la tensione e per
il caldo mi sentii svenire e chiesi urlando di
affacciarmi dal blindato. Eravamo in una
piazza piena di gente, appena mi videro
apparire dall’alto, i manifestanti si fermarono e iniziarono i cori: ‘Cattania!
Cattania!’. Un delirio nel delirio.
Avevano riconosciuto il commissario che lei aveva interpretato?
Nei lunghi mesi di preparazione in Tagikistan avevo fraternizzato con i ‘cattivi’, diviso
pranzo e cena con i rivoltosi, frequentato le tantissime comparse musulmane del film
che poi in gran numero, seppi in seguito, si arruolarono con i talebani.
Furono loro a darci il
nullaosta per fuggire. Provai un fottuto terrore
quella notte, lo giuro sui miei figli.
Lei ne ha cinque.
Le donne che ho avuto mi presentavano il conto.
Non pianificavo. Non pensavo mai: ‘Adesso facciamo un figlio’. Forse solo Violante è stata veramente cercata. Voluta.
DOMENICA 4 MAGGIO 2014
17
male e non di rado mi incazzo. Però non ho mai
fatto una telefonata né scritto una lettera per lamentarmi in oltre 40 anni di carriera.
Al Festival di Venezia però si arrabbiò con i giornalisti.
Pur non essendo mai intervenuto nelle loro scelte ho sempre tentato di scoraggiarli.
Venezia è una fossa dei leoni. Una gogna in cui
per anni, indistintamente, si è data la caccia ai
prodotti Rai e Mediaset. In platea vedevano il
nome degli attori e iniziavano a fischiare ancor
prima di aver visto il film.
Sua moglie, Federica Vincenti, è molto più giovane di lei.
Accadde con “Ovunque sei” e poi con “Il grande
sogno”.
Senza nulla togliere alle altre, è la persona più
matura con cui sia stato in vita mia. Ha la saggezza che io non ho. È pragmatica e determinata,
sia quando recita che nella vita. Produciamo teatro e cinema, ci divertiamo molto. Ogni tanto
litighiamo, penso sia normale.
Lì mi arrabbiai. E lo dissi chiaramente: ‘Faccio
film con la Rai e mi criticate, li faccio con Medusa e mi aggredite. Mi spiegate con chi cazzo
devo farli io i film?’.
Tornando a “La Piovra”, nel 2014 si celebrano anche i trent’anni del format.
Presto andrò a Mosca dove mi hanno invitato
per l’evento. All’epoca credevo che mi sarei fermato alla prima serie e lo promisi anche a Damiani. Un giorno mi telefonò allarmato: ‘Per fare la seconda serie ti offriranno più soldi, lo so,
ma ti consiglio di rinunciare’.
Me lo rimproverarono in tanti. Quasi fosse un
manifesto di conclamata ingratitudine. In quell’occasione discussi animatamente anche con il
produttore del film, Pietro Valsecchi. Anche se
non lavoriamo più insieme siamo amici da sempre. Pietro ha un intuito formidabile ed è molto
colto. Ma al di là del pessimo carattere ha un
difetto.
E lei cosa rispose?
Quale?
Essendo per principio fedele alle amicizie lo rassicurai: ‘Non lo faccio Damiano, stai tranquillo’.
Poi però del progetto si occupò Florestano Vancini. Aveva una sua storia di autore impegnato
sul fronte civile. Damiani me lo perdonò a fatica.
Ci volle tempo. Poi tornammo a lavorare insieme in Pizza Connection.
Non si spende a sufficienza per una poetica alla
quale pure, ha contribuito attivamente. Che inventi e crei un fenomeno come Checco Zalone
va benissimo, ma Valsecchi 20 anni fa è stato
anche il costruttore coraggioso del mio film su
Giorgio Ambrosoli. Se solo volesse, potrebbe
farlo ancora. Immaginare e realizzare altri lavori
come Un eroe borghese. Creare un’altra stagione
di cinema civile. Lui è più in gamba di quel che fa.
Anche se Nanni Moretti, quando ci vedeva arrivare in motorino insieme, con una certa puzza
sotto il naso, magari sorridendo, amava darci dei
cialtroni.
Qualcuno ha seguito il suo percorso.
Lei vinse un Nastro d’argento, ma con il film la
critica non fu tenera.
Sono un istintivo, se leggo una critica rimango
A me ‘La Piovra’
ha salvato la vita. Eravamo in Tagikistan per le riprese
di ‘Afghan Breakdown’
e finimmo in mezzo a una
guerra civile. Il nostro blindato
fu bloccato dalla folla. Quando
misi fuori la testa tutti urlarono
festanti: ‘Cattania! Cattania!’
Un delirio nel delirio
Disse anche che non aveva mai votato per Berlusconi.
Lei con Satta Flores, Bucci ed Enzo Gallo ha coprodotto uno storico film di Moretti.
Ecce Bombo. A dire la verità, anche se lui non l’ha
mai raccontato, Nanni venne a propormi di fare
il protagonista di Io sono un autarchico. Mio zio
Beniamino, critico e attore nei suoi cortometraggi, me lo aveva sentitamente raccomandato.
Ma io lo snobbai. Per fortuna. Altrimenti non
avremmo avuto il Moretti attore.
Le piace?
Molto. Ultimamente più come attore e produttore che come regista. Mi pare che artisticamente sia in un momento di stasi creativa. Capita a
tutti, me compreso. Poi però Nanni ha rigore.
Apprezzo il suo desiderio di mettersi comunque
in gioco e di fare da sempre quel che più gli piace.
Come Tognazzi. Un uomo libero. Generoso.
L’attore a cui ho voluto più bene in assoluto.
Ricordi?
A volte, ed è strano, drammatici. Ugo era afflitto
dall’ipotesi di invecchiare. Una volta partimmo
in macchina da Roma alla volta di Milano. Si
tolse le scarpe a metà viaggio e provò a rimettersele all’arrivo. Gli si erano gonfiati i piedi e
non entravano più. Iniziò a disperarsi. Piangeva
quasi: ‘Che cosa terribile l’età, guarda, non mi si
allacciano, sto andando in pezzi’. In realtà insieme ci siamo anche divertiti tanto. Poco prima
del Festival di Venezia, ogni anno, Tognazzi riuniva gli amici a Torvaianica. Si era inventato un
premio, ‘Lo scolapasta d’oro’, un pretesto per
gozzovigliare tra tennis e cucina per tre giorni e
tre notti.
Erano giorni lieti?
Emozionanti. Facevamo l’alba con Gassman,
Ferreri, Villaggio accanto all’ultimo degli sfigati.
Con gente simpatica e con gente così antipatica
da rivelarsi di straordinaria simpatia. Da lì passavano tutti. Tognazzi apriva la casa a chiunque,
sapeva godersela. Non credo che Nanni Moretti,
tanto per dire un nome, avrebbe nutrito la stessa
passione antropologica e festosa per la compagnia.
Tognazzi adorava cucinare.
Veniva dal varietà. Dalle difficoltà economiche
del dopoguerra. Dalle pensioni in cui si metteva
un sugo sul fornelletto ai piedi del letto e magari,
per convincere all’amore notturno una soubrette, le si cucinava prima un risottino. Ogni tanto
Ugo esagerava con gli ingredienti e questi famosi
pranzi di cui favoleggiava vantandosi senza ritegno si rivelavano veleno puro.
Con le sue memorie, se volesse, potrebbe scrivere un’autobiografia non banale.
Per aggiungere al disboscamento del pianeta anche la mia colpa? Me lo dicono spesso: ‘Perché
non scrivi un libro? Che ti ci vuole?’. Ho una sola
certezza. Non succederà mai. n
SECONDO TEMPO
il Fatto Quotidiano
DOMENICA 4 MAGGIO 2014
19
Aiuto, la commedia
italiana è (di nuovo) in crisi
AL FESTIVAL DEL CINEMA DI LECCE, IL CONFRONTO TRA REGISTI E CRITICI SI TRASFORMA
IN UNA SEDUTA DI AUTOANALISI. LA REGOLA È DARE SEMPRE LA COLPA A QUALCUN ALTRO
di Anna
Maria Pasetti
Lecce
ommedia sì, commedia no. Snobismo dei critici, sovrabbondanza di
prodotto, pedanteria nelle
storie, la sfida televisiva, le
sale che chiudono. Ci risiamo, la solita melina del cinema italiano, ché se fai ridere non sei degno dei grandi festival. Cioè non sei Cinema, anche se incassi 50 milioni e rotti di euro, Checco
Zalone docet. Gli inesorabili
luoghi comuni, micidiali. Il
problema semmai è l’indistinzione dell’offerta, giusto
per dirne uno. Sembra che –
eccezioni a parte – vista una
commedia le hai viste tutte:
cast reiterati, storielle fotocopia.
C
D’ALTRA PARTE, squadra
che vince non si cambia, altrimenti cambi lavoro. Registi, sceneggiatori, critici,
pubblico: tutti contro tutti,
ovvero quanto è accaduto ieri agli “Stati Generali della
Commedia Italiana contemporanea”, un incontro/scontro moderato dall’esperto
stracult Marco Giusti e presenziato da molti dei volti
ben noti al grande pubblico,
dai baroni Carlo Verdone,
Neri Parenti, Enrico Vanzina
ai neofiti Sydney Sibilia (suo
l’esplosivo Smetto quando voglio), Matteo Oleotto (autore
del pluripremiato Zoran, il
mio nipote scemo), Edoardo
Leo, le Iene Pio e Amedeo,
passando per Paolo Genovese, Francesco Bruni, Massimo Gaudioso. Mancava il
Checco nazionale, seppur
pugliese: altri impegni,
oppure solo
morettianamente assente. La cornice è il XV Festival del Cinema Europeo di Lecce,
conclusosi
ieri. Pure essendo il cine-genere
che (da sempre) meglio
incassa nel
Belpaese e
“tiene”
la
concorrenza
Usa, anche la
commedia è in allarme. Ad
annunciarlo è un Verdone in
veste di analista di dati: “Lo
dice anche Variety, i giovani
dai 18 ai 24 anni non vanno
più al cinema, persino Hollywood teme la chiusura, figuriamoci l’Italia.
Al centro, Marco
Giusti e Carlo
Verdone; a fianco,
la locandina di
“Smetto quando
voglio”; in basso,
scena da “Zoran, il
mio nipote scemo”
Ansa/LaPresse
MA OLTRE ai numeri scon-
fortanti siamo un Paese
sbandato... prostituito alla
politica. Indecente che abbiano chiuso la maggioranza
delle monosale cittadine: ma
GRANDI SCHERMI
Carlo Verdone:
“Assurdo chiudere
le piccole sale cittadine:
il pubblico di mezza età
non frequenta i multiplex
di periferia”
dove lo troviamo il pubblico
di mezz’età, quelli non vanno nei multiplex di periferia!
E se poi i giovani non ci vanno più al cinema... chi ci rimane?” chiosa il mattatore
romano che poco più che
ventenne riuscì a interpretare la sua generazione con Un
sacco bello.
GIÀ, OGGI è impensabile
trovare 20/30enni che possano vagamente proporre un
“loro” Un sacco bello. Ovvio,
la società odierna presenta
uno slittamento generazionale: esordire (bene) al cinema è diventato un evento per
pochi eletti, ci metti anni e
ipoteche sulla casa (dei genitori), nonostante le facilitazioni tecnologiche che teoricamente permettono di
scodellare un film dall’iPhone e sbatterlo su YouTube.
Ma non è la stessa cosa.
Lo sanno anche i più “giovani” che comunque già
stanno sui 40. Insomma, anche la commedia accende
l’allarme rosso. Cause e colpe
sono disseminate nel caos, e
la regola è scrollarsi di dosso
ogni responsabilità. Buttarla
sulla schizofrenia dei critici
cinematografici è comodo:
“Ridono in sala e poi ti stroncano dicendoti, un conto è
l’uomo, l’altro è il critico” è
l’accusa principale di Paolo
Genovese secondo il quale
far ridere è marchio d’infamia e ti allontana dai festival.
La reazione è immediata.
COME QUELLA di Piera Detassis, che dalla platea non ci
sta: “È una puttanata: quando un critico si diverte e trova che in una commedia i
meccanismi
funzionano,
non la stronca affatto. Il tema
è l’omologazione: le commedie oggi si assomigliano tutte, stesse facce, simili battute,
storie ricalcate. Ma quando
c’è un valore, quando un film
si distingue, subito ce ne accorgiamo! Ed è un luogo comune che i festival snobbino
le commedie in quanto tali”.
“Il punto è – sottolinea Valerio Caprara – che voi autori
non dovete perdere il coraggio di una miscela esplosiva,
IENE DA TASTIERA
Paolo Genovese dà
la colpa ai giornalisti:
“In sala ridono
a crepapelle,
poi tornano a casa
e ti stroncano”
di una contaminazione di
generi, di combattere insomma... bisogna migliorare il
tessuto connettivo del cinema italiano, perché sappiamo tutti che non basta l’eccezionalità di vincere un
Oscar”. Colpevoli e assenti e
quindi impossibilitati a difendersi sono anche i broadcaster – che sappiamo ormai
indifferenti ai piccoli film – e
i distributori dei quali Neri
Parenti accusa di ritardo nell’adeguamento al presente
rispetto al lancio del prodotto: “La promozione è pressoché identica a quella di
quando io avevo 30 anni…
qualcosa deve cambiare,
no?”. Problemi tanti, proposte poche, idee ancora meno,
ma una cosa è certa, finché si
ride c’è speranza e al consesso salentino le risate sono
state assicurate.
20
DOMENICA 4 MAGGIO 2014
SECONDO TEMPO
il Fatto Quotidiano
a cura di
Stefano
Disegni
BIOCRAZIA
di edelman
ANTONIO RAZZI (GIULIANO
TEATINO, 1948)
Razzi entra in Parlamento nelle file dell'Italia dei Valori. Dov'eri allora, Gabanelli?
n Nel 2010 denuncia un tentativo di
compravendita da parte di Berlusconi. Costringendolo ad aumentare
l'offerta.
n Razzi ha ammesso di sostenere
Berlusconi per tornaconto personale. Quando si dice "condividere un
ideale".
n Gli italiani non hanno perdonato
all'Idv la candidatura di Razzi. Così
lo hanno rieletto con il Pdl.
n Razzi: "Guadagno 12 mila euro al
mese e non mi rimane niente". Però
guardate che biblioteca.
n Razzi ha un diploma di scuola superiore. Qualcuno deve averlo perso.
n È stato ospite del dittatore nordcoreano Kim Jong un. Che voleva
mostrare al popolo i limiti della democrazia.
n Razzi ha definito Kim Jong un e i
suoi generali "bravissime persone".
Dopo aver conosciuto Verdini.
n
La guerra con Piero
SECONDO TEMPO
il Fatto Quotidiano
DOMENICA 4 MAGGIO 2014
21
DAVID LETTERMAN
Conduttore
del celebre “Late Night Show” LaPresse
TG1
PRESA DAGLI USA
Altro che Bonaiuti & C.
Il Tg1 è sempre fedele
di Paolo Ojetti
iceva Carlo Marx che il proD
letariato avrebbe trionfato
ovunque, tranne che in un posto:
nella redazione di un giornale, dove
il direttore avrebbe continuato ad
avere poteri assoluti. Marx è stato
smentito questa settimana dalla redazione del Tg1 che ha preso un
“buco” colossale, ma dove nessuno
è stato spedito da Mario Orfeo – come si diceva una volta – alle onde
corte: le motivazioni con cui i giudici di Bari hanno condannato l’avvocato Castellaneta per sfruttamento della prostituzione (ma
escluso che ricattasse Berlusconi
per l’andirivieni di escort ad Arcore), sono state eliminate dalle edizioni del 28 aprile. Che non ci sia
stata reazione alcuna, alimenta il
sospetto che il “buco” sia stato premeditato, concordato, fortemente
voluto. Come mai, visto che la sentenza dava piena ragione alla tesi
Ghedini (“il premier Berlusconi è
stato solo l’utilizzatore finale del beneficio”) questa reticenza? Può darsi che il “contorno” della motivazione fosse troppo indigesto, quello
“sconcertante quadro della vita privata” dell’ex-Cav, fatto non di feste
galanti, ma di ammucchiatone orgiastiche del genere fescennini bacchico-priapeschi: come far digerire
l’insieme al telespettatore già fra-
stornato dalla maniacale insistenza
di Berlusconi sui tedeschi, i lager e
Martin Schulz? E come cancellare
ogni riferimento all’imminente 30
giugno, data dell’inizio del processo
di appello del caso Ruby, un appuntamento che vale una condanna a
sette anni e che – nel frattempo – è
stato cancellato da tutti i media?
ALTRA SINGOLARITÀ settimanale,
l’assenza di reale curiosità sui compiti di Berlusconi fra i malati di Alzheimer. È vero, andrà, assisterà,
baderà per 4 ore a settimana, ma come? Ipotesi 1: verrà adibito a lavori
umilianti, del genere cambio di pannoloni, eccetera. Ipotesi 2: travestito
da Patch Adams allieterà i picchiatelli (senza offesa, è una citazione da
Qualcuno volò nel nido del cuculo).
Ipotesi 3: lo lasceranno in una stanza a leggere i giornali e a guardare la
tv. E allora, la numero 1 è impraticabile, magari B. si sente male. La 2
è da scartare perché il repertorio
umoristico di B. è più vecchio dei
pazienti. Resta la 3, quella vera e anche più manipolabile. Già vediamo i
Tg ossequiosi in ginocchio da Toti
che racconterà: “Oggi il presidente
ha divertito una vecchietta, poi l’ha
baciata. Un altro lo ha portato in
giardino e senza nemmeno la scorta. Il Presidente è determinato, sereno, ha parlato con Napolitano e
tutti gli vogliono bene”.
Letterman ha vinto
l’ultimo derby con Leno
di Emiliano
Liuzzi
avid Letterman ha battuto Jay LeD
no. Definitivamente. Per numero
di by pass, ospiti, influenza, senso dell’umorismo. E per la durata del loro
show: Leno è già andato in pensione
un mese fa, Letterman ha annunciato
che lo farà nel 2015. Salvo ripensamenti, improbabili.
È STATO l’eterno derby, quello tra i due
conduttori, che ha appassionato per
anni i telespettatori americani. Perché
andavano in onda alla stessa ora, un
format quasi identico, la caratterizzazione sul senso dell’umorismo, molto
east coast e newyorchese quello del Late show, più composto quello di Leno.
Figlio di tutto quello che New York si
porta appresso il primo, molto californiano e compassato l'altro. Tutta qui
sta la differenza. Nell'approccio. All’ospite e alla scaletta. Letterman non
sgarra mai. Il suo talk è strutturato da
sempre allo stesso modo: in studio c'è
un suo amico, che poi era anche amico
di John Belushi, visto che non apparì
nel film ma faceva parte della Blues
Brothers Band. Un fior di musicista,
Paul Shaffer. Radici nel blues e nella
musica popolare, appunto, ma cresciuto nello spettacolo, al Saturday Night
Show, format fucina di tutto quello che
è stata la musica, e il cabaret statunitense, nell'ultimo mezzo secolo, da Belushi, appunto, a Steve Martin, per intenderci.
Sia Letterman che Leno non sono giornalisti, non lo sono mai stati, ma sono i
più grandi intervistatori della televisione americana. Non è un mistero: sono
comedian, per metà cabarettisti, l'altra
barzellettieri. Conducono l'ospite dove
loro vogliono, ma senza mai disturbare. Il feeling che si respira è quello
dell'amicizia tra il conduttore e l'intervistato: i due hanno sempre avuto la
capacità di aprire la porta di una casa,
tempi certi, niente concordato.
SHOW PERFETTI , ma non replicabili.
Ne sanno qualcosa in Italia i Luttazzi e
i Fabio Fazio. Il comico romagnolo,
con Barracuda, cercava di assomigliare
quanto più possibile a Letterman, in
alcuni casi – pochi, a dire il vero –
venne accusato anche di plagio nelle
Gli ascolti
di venerdì
SI PUÒ FARE
Spettatori 5,15 mln Share 19,81%
CROZZA NEL PAESE...
Spettatori 2,47 mln Share 9,03%
battute. Ebbe vita breve. Altro lettermaniano è Fabio Fazio, ma si sa, il conduttore di Che tempo che fa cerca di
assomigliare a tutti meno che a se stesso. Avrebbe una dannata voglia di essere considerato il Letterman italiano.
Forse gli andrebbe bene anche Leno.
Ma per quanto cerchi di avvicinarsi
non ci riesce. Fa il giornalista, non essendolo, prova il genere comedian, ma
molto lontano dalla sua personalità.
Alla fine la sua trasmissione funziona, e
bene, in termini di ascolto, ma resta in
bilico tra l'informazione e il sano umorismo senza sfondare da nessuna delle
parti.
Così, in attesa che qualcuno erediti
quello che ha fatto la storia della tv
americana, i due vecchietti d'oltreoceano se ne vanno. Hanno già designato i
loro eredi e continuerà a essere derby.
Il primo lo ha vinto Letterman, vediamo come andrà la seconda parte. Ma i
bilanci si faranno alla lunga distanza,
ovvio. Letterman nel 2015 avrà festeggiato il 32 esimo anno in video. Il primo ospite fu un suo grande amico, Bill
Murray. Probabilmente sarà lo stesso
dell'ultima puntata.
IL TEMPO DEL CORAGGIO...
Spettatori 3,98 mln Share 14,9%
COLORADO
Spettatori 2,03 mln Share 8,86%
LA TV DI OGGI
6.30 UnoMattina In Famiglia
Attualità
TG1 Informazione
(all’ interno)
TG1 Informazione
TG1 Informazione
TG1 L.I.S. Informazione
10.00 Buongiorno Benessere Tutti i colori della salute
Rubrica
10.30 A sua immagine
Rubrica religiosa
10.55 Santa Messa Evento
12.00 Recita del Regina Coeli
Evento
12.20 Linea verde Rubrica
13.30 TG1 Informazione
14.00 L’ Arena Attualità
Che tempo fa
Informazione
16.30 TG1 Informazione
16.35 Domenica in Varietà
Condotto da Mara
Venier
18.50 L’ eredità Gioco
20.00 TG1 Informazione
20.35 Rai TG Sport Notiziario
sportivo
20.40 Affari tuoi Gioco
21.10 Carosello Reloaded
Documenti
21.30 La Certosa di Parma
“Puntata unica”
Miniserie
TG1 60 Secondi
Informazione
0.05 Speciale TG1
Attualità
1.10 TG1 Notte - Che tempo
fa Informazione
7.00 Zorro “La riscossa di
Garcia” Telefilm
7.25 Lassie “Il bufalo” “Il
canyon della
superstizione” Telefilm
8.20 Voyager Factory
Documentario
9.05 Il nostro amico Charly
“Un cucciolo in
famiglia” “Nato con la
camicia” Telefilm
10.30 Cronache animali
Documentario
11.30 Mezzogiorno in
famiglia Varietà
13.00 TG2 Informazione
13.30 TG2 Motori Rubrica
13.40 Meteo 2 Informazione
13.45 Quelli che aspettano
Varietà
15.40 Quelli che il calcio
Varietà
17.05 TG2 L.I.S. - Meteo 2
Informazione
17.10 Stadio Sprint Rubrica
18.10 90°Minuto Rubrica
19.35 Countdown
“Vendetta” Telefilm
20.30 TG2 - 20.30
Informazione
21.00 Prima tv N.C.I.S.
“Alibi” Telefilm
21.45 Prima tv Hawaii Five-0
“Ogni tanto” Telefilm
22.40 La Domenica Sportiva
Rubrica sportiva
1.00 TG2 Informazione
1.20 Sorgente di vita
Rubrica religiosa
1.50 Meteo 2 Informazione
8.35 Gli amanti di Toledo Drammatico
(Spa/Ita/Fra 1952)
9.55 Correva l’ anno
Documentario
10.45 TeleCamere Attualità
11.10 TGR Estovest Rubrica
11.30 TGR RegionEuropa
Rubrica
12.00 TG3 Informazione
12.25 TGR Mediterraneo
Rubrica
12.55 12 Idee per la crescita
Rubrica
13.25 Fuori Quadro Rubrica
14.00 TG Regione - Meteo
Informazione
14.15 TG3 Informazione
14.30 In 1/2 h Attualità
15.35 Fuori Geo
Documentario
15.50 Gli amici del Bar
Margherita Commedia (Ita 2008)
17.15 Ci sta un francese,
un inglese e un
napoletano Commedia (Ita 2008)
18.55 Meteo 3 Informazione
19.00 TG3 Informazione
19.30 TG Regione - Meteo
Informazione
20.00 Blob Varietà
20.10 Che tempo che fa
Attualità
22.45 TG3 Informazione
22.55 TG Regione
Informazione
23.00 Glob - Diversamente
italiani Varietà
18.30 Transatlantico Attual.
19.00 News Notiziario
19.25 Sera Sport Notiziario
sportivo
19.30 Il Caffé: il punto
Attualità
20.00 Il Punto alle 20.00
Attualità
Meteo Previsioni del
tempo (all’ interno)
20.58 Meteo Previsioni del
tempo
21.00 News lunghe
Notiziario
21.26 Meteo Previsioni del
tempo
21.30 Visioni di futuro
Attualità
21.56 Meteo Previsioni del
tempo
22.00 Visioni di futuro
Attualità
22.26 Meteo Previsioni del
tempo
22.30 News lunghe
Notiziario
22.56 Meteo Previsioni del
tempo
23.00 Il Punto + Rassegna
Stampa Attualità
23.27 Meteo Previsioni del
tempo
23.30 Il Punto + Rassegna
Stampa Attualità
23.57 Meteo Previsioni tempo
0.00 News + Rassegna
Stampa Attualità
0.27 Meteo Previsioni del
tempo
6.00 Prima Pagina
Informazione
7.55 Traffico - Meteo.it
Informazione
8.00 TG5 Mattina
Informazione
8.45 TGCom Informazione
8.50 Le frontiere dello
spirito Rubrica religiosa
10.05 La vita dei mammiferi
Documentario
11.10 SuperCinema Rubrica
12.00 Melaverde Documenti
13.00 TG5 - Meteo.it
Informazione
13.40 L’ arca di Noè Rubrica
14.00 Il segreto di Thomas Drammatico (Ita
2002). Di Giacomo
Battiato, con Thomas
Sangster
16.30 Rosamunde Pilcher:
Il cottage di zia Clara Drammatico (Ger
2009). Di Dieter Kehler,
con Barbara Wussow
18.50 Avanti un altro Gioco
20.00 TG5 - Meteo.it
Informazione
20.40 Paperissima Sprint
Varietà Condotto da
Juliana Moreira con il
Gabibbo
21.10 Amici 13 - Serale
“Sesta puntata Quarto giudice Biagio
Antonacci”
Reality show
0.20 Grande Fratello Riassunto Reality show
7.00 Superpartes Attualità
8.20 Til Death Telefilm
8.45 Scooby-Doo!
Abracadabra-Doo Animazione (Usa
2010). Di Spike Brandt
10.25 Nancy Drew - The
mistery in the
Hollywood hills Avventura (Usa 2007).
Di Andrew Fleming,
con Emma Roberts
12.25 Studio Aperto Meteo.it Informazione
13.00 Sport Mediaset - XXL
Rubrica sportiva
14.00 Grande Fratello Reality
show
14.25 Sos: La natura si
scatena - Azione
(Ger/Usa 2005). Di
Dick Lowry, con Gina
Gershon
17.25 Urban Wild
Documentario
18.30 Studio Aperto Meteo.it Informazione
19.00 Così fan tutte Sit com
19.50 Il re scorpione Avventura (Usa 2002).
Di Chuck Russell, con
The Rock, Steven Brand
21.30 La Mummia - La tomba
dell’ Imperatore
Dragone - Fantastico
(Ger/Can/Usa 2008).
Di Rob Cohen, con
Brendan Fraser
23.40 Confessione Reporter
Attualità
7.00 Superpartes Attualità
8.55 Magnifica Italia
Documentario
9.25 I Santi - Lo splendore
del divino nel
quotidiano Doc.
10.00 Santa Messa Evento
10.50 Pianeta mare Doc.
11.30 TG4 - Meteo.it
Informazione
12.00 Pianeta mare
Documenti
13.00 Ricette di famiglia
Varietà
13.55 Blue Beach Paradyse
Story Documentario
14.45 Ieri e oggi in tv Speciale
Varietà
15.05 Zorro “Impostore”
“Amore a prima vista”
Telefilm
16.25 La Valle dell’ Eden Drammatico (Usa
1955). Di Elia Kazan,
con Raymond Massey
18.55 TG4 - Meteo.it
Informazione
19.35 Il segreto Soap
20.30 Tempesta d’ amore
Soap
21.15 Seconda parte
I dieci comandamenti Storico (Usa 1956).
Di Cecil B. De Mille,
con Charlton Heston
0.00 A Mighty Heart Drammatico (Usa
2007). Di Michael
Winterbottom,
con Angelina Jolie
7.00 Omnibus - Rassegna
Stampa Attualità
7.30 TG La7 Informazione
7.50 Omnibus meteo
Informazione
7.55 Omnibus Attualità
9.45 L’ aria che tira - Il
Diario Attualità
11.00 Bersaglio Mobile
Attualità (Repl.)
13.30 TG La7 Informazione
14.00 TG La7 Cronache
Attualità
14.40 Assassinio al
galoppatoio - Giallo
(GB 1963). Di George
Pollock, con Flora
Robson, Robert Morley
16.30 La libreria del mistero
- Segreti e nostalgie Giallo (Usa 2005). Di
Stephen Bridgewater,
con Kellie Martin
18.10 L’ ispettore Barnaby
“Scritto nelle stelle”
Telefilm
20.00 TG La7 Informazione
20.30 Domenica nel Paese
delle Meraviglie
Varietà
21.10 Rob Roy - Avventura
(Usa 1995). Di Michael
Caton-Jones, con Liam
Neeson, Jessica Lange
23.45 L’ angolo buio - La
segretaria di Hitler Documentario (Aut
2002). Di André
Heller, Othmar
Schmiderer
LA RADIO
Radio1, con “Il viaggiatore”
andiamo alla ricerca della felicità
Appuntamento su Radio1, alle 8.30, con Il Viaggiatore. Il programma, condotto come sempre da
Massimo Cerofolini, Paola D’ Urso e Raffaele Roselli, andrà in giro per il mondo alla ricerca della
felicità. Dal tormentone in musica di Pharrell Williams all’ ultimo film di Carlo Mazzacurati, appena
uscito nelle sale, “La sedia della felicità”. Dalle feste, tradizioni e riti radicati nelle culture dei popoli
per conservare il benessere del corpo e dello spirito, alle più recenti ricerche condotte per determinare indicatori economici di benessere collettivo e individuale. Tra gli ospiti l’ attore Roberto Citran,
lo scrittore e viaggiatore Corrado Ruggeri, l’ economista Luciano Canova, l’ antropologo Marino
Niola e il docente di Estetica Stefano Zecchi. Conduce Raffaele Roselli, regia di Ombretta Conti.
RADIO1 8.30
I film
SC1 Cinema 1
SCH Cinema Hits
SCP Cinema
Passion
SCF Cinema
Family
SCC Cinema
Comedy
SCM Cinema Max
SCU Cinema Cult
SC1 Sport 1
SC2 Sport 2
SC3 Sport 3
17.05 Il vento
del perdono
SCP
17.05 Catwoman
SCH
17.10 Stash House
SCM
17.10 Anni 90 - Parte II SCC
17.25 Acciaio
SCU
17.30 L’ apprendista
mago
SCF
18.50 The Unbreakable Il Predestinato
SCH
SCP
18.55 Elizabethtown
18.55 The International SCM
19.05 Michael Jackson This Is It
SCU
19.10 Bodyguards
SCC
19.10 L’ incredibile vita di
SCF
Timothy Green
19.25 The Call
SC1
21.00 Mega Piranha
SCM
SCP
21.00 Amarsi
Lo sport
21.00 Rachel sta
SCU
per sposarsi
21.00 Vicini
del terzo tipo
SCC
21.00 Un fratello
a 4 zampe
SCF
21.10 X-Men - L’ inizio SCH
21.10 L’ uomo che sussurrava ai cavalli
SC1
22.40 The Last Stand SCM
22.40 Fuga dal Natale
SCF
22.50 Una pallottola
spuntata
SCC
23.00 Munich
SCU
23.10 Quartet
SCP
23.25 L’ ultimo dominatore
dell’ aria
SCH
0.00 Bianca come il latte,
rossa come il sangue
SC1
12.35 Trofeo Abarth 500
2014 Vallelunga:
SP3
Gara 1 (Diretta)
13.45 WWE Domestic
SP3
Smackdown
14.55 Calcio, Serie A
2013/2014 Catania SP1
Roma (Diretta)
15.00 World Series of Boxing
2013/2014 Cuba Russia (Sintesi)
SP2
15.30 Golf, US PGA Tour
2014 Wells Fargo
Championship: 3a
giornata (Replica) SP3
16.30 Basket, NBA 2013/2014
Playoff (Replica) SP2
17.40 Trofeo Abarth 500
2014 Vallelunga:
Gara 2 (Diretta) SP3
19.00 WWE Experience SP3
19.00 Golf, US PGA Tour
2014 Wells Fargo
Championship:
giornata finale
(Diretta)
SP2
20.00 World Series of
Boxing 2013/2014
Cuba - Russia
(Sintesi)
SP3
20.40 Calcio, Serie A
2013/2014 Posticipo
36a giornata Milan Inter (Diretta)
SP1
21.30 Basket, NBA
2013/2014 Playoff
0.00
(Replica)
SP3
Calcio, Serie A
2013/2014 Milan Inter (Replica)
SP3
22
SECONDO TEMPO
DOMENICA 4 MAGGIO 2014
il Fatto Quotidiano
STORIE ITALIANE
NUOVI SBARCHI
Immigrazione, una sfida
che sappiamo solo perdere
di Furio
Colombo
he dite, li prendiamo o li lasciamo in
mezzo al mare, secondo la dottrina
Maroni (ex ministro dell'Interno di fede leghista, qualcuno ricorda?) che non voleva neanche avvicinarsi per
sapere se qualcuno di quelli
che stavano annegando aveva diritto di asilo?
Prenderli sono troppi, dice
con giudizio la maggioranza
degli italiani che, come tutti
sanno, sono buoni ma non
stupidi. Non c’è lavoro per
noi, figuriamoci per loro.
Ma ricominciamo dal principio. Ci sono più sbarchi e
arriva più gente. Secondo
Matteo Salvini (sarebbe il segretario attuale della Lega
Nord, se la Lega Nord esistesse ancora), secondo La
Russa e Gasparri, politici che
hanno fine sensibilità e vista
lunga (durante il conflitto in
Libia avevano predetto “un
esodo biblico”) la causa maligna di questi sbarchi è l’operazione “Mare Nostrum”.
Significa che, per la prima
volta da quando l’Italia si è in
parte liberata dalla infezione
leghista (espressa bene da
Bossi, che oggi non è nessuno ma allora era il capo,
con le vivide parole “calci in
culo e giù nel mare”) la Marina militare invece di respingere (lo facevano, a nome nostro, navi italiane donate a Gheddafi) adesso aiuta a salvarsi.
C
E SUBITO arrivano messaggi
di panico. Primo messaggio:
“Hanno saputo che l’Italia
accoglie e si imbarcano tutti”. Persino quando è in buona fede, questa frase è un
messaggio insensato. Infatti,
la gente salvata non sta arrivando in crociera. Non attraversa per settimane un deserto da cui molti non arrivano vivi, solo per un cambio
di residenza. Dire che salvare
chi è in pericolo in mare incentiva gli sbarchi è come dire che un ospedale incentiva
la malattia.
Il secondo messaggio, che si
ripete anche presso rispettabili fonti, è: “Vedete? Gli
sbarchi quest’anno sono il
doppio dell'anno scorso”.
Come non ricordare l’impressionante sequenza di
barche rovesciate e di morti
in mare, l’anno scorso, fra
l'indifferenza di Malta (che
fingeva di non essere coinvolta), il caos libico e una
inerzia italiana così evidente
che barche private e pescatori uscivano spontaneamente in mare e, in un caso,
sono state salvate (da italiani,
non dallo Stato) oltre duemila persone? Qualunque
statistico, sulla base del confronto e dell’esperienza, sarebbe in grado di dire che, se
adesso il numero di salvati è
più grande, la ragione è che
adesso è molto più piccolo il
numero dei morti annegati.
Molta gente, prima, veniva
lasciata morire. È bene ricordare che, ai tempi del governo Berlusconi-Bossi, salvare
naufraghi in mare era reato.
Poteva essere punito con
l’imputazione di “mercanti
di carne umana”. Ma la propaganda in favore dei morti
in mare aggiunge un quarto
messaggio: “I nostri centri di
accoglienza sono allo stremo”. Qui si sommano un delitto e una grave negazione di
verità. Il delitto è stato puntigliosamente compiuto dal
governo Berlusconi-Maroni:
hanno tolto ai centri tutto ciò
che si poteva togliere per
renderli invivibili. A Lampedusa, ad esempio, unico
punto di salvezza per gli
scampati alla polizia italo-libica, il solo centro di “accoglienza” nell’isola è stato del
tutto smantellato. Ma la bugia è che si tratti di “centri di
accoglienza”. Sono invece i
QUALCHE LUCE
La Marina militare,
dopo anni nefasti di invito
a respingere, aiuta
Se aumentano gli sbarchi
è perché fortunatamente
diminuiscono gli annegati
famigerati centri di detenzione detti di “identificazione e di espulsione”, dove l'identificazione è impossibile
(c’è solo lo sfortunato personale di guardia) e la detenzione non ha né termini né
regole né garanzie precise.
Dunque, alla politica leghista
di negare il problema segue
ora un’incredibile incapacità
o non volontà di affrontarlo.
In questa confusione colpevole, non si sa sulla base di
quale “intelligence” un direttore generale del Viminale
annuncia improvvisamente,
nei giorni scorsi (se la sua dichiarazione è stata riportata
correttamente) che sono in
arrivo 800 mila profughi.
LA CIFRA ENORME non è
nuova. È stata varie volte annunciata negli anni per consolidare la volontà italo-leghista di respingere. L’affermazione ricorda conversazioni occasionali (“magari
ne arrivano 800 mila, magari
ne arriva un milione”) ovviamente prive di fondamento,
certo gravemente improprie,
se dette da funzionari con alta responsabilità.
Ma servono a ricordare il vuoto
della nostra politica. “Ma non posiamo prenderli
tutti”, è la frase
più umana. È noto, e gli sbarcati
lo ripetono continuamente, che
la
stragrande
maggioranza di
essi non vuole restare in Italia, sa e
dice dove e presso chi vuole andare in Europa. Ma tutte queste indicazioni e notizie cadono nel
vuoto.
Inutile dire “l’Italia viene lasciata sola”. Finora l’Italia
non si è mai fatta sentire sulla
linea dei diritti-doveri che legano i Paesi dell'Unione. Un
Paese serio e rispettabile, oltreché adempiere ai doveri
degli impegni sottoscritti
con i partner europei, ha il
diritto di esigere che il movimento dei migranti sia libero nella Ue, e che solo una
autorità europea possa decidere l’espulsione, considerando la sacralità del diritto
di asilo. L'Italia continua a
non farlo, a fare la vittima e a
produrre vittime. Tutto ciò è
l’esito di una pessima politica mai cancellata. Fa apparire l’Italia un Paese stupido
e crudele.
FATTI DI VITA
di Silvia Truzzi
n SULLA Padania di ieri campeggiava una foto di Matteo Salvini con un cartello: “Stop immigrati”. Casomai
qualcuno non avesse capito il messaggio, un virgolettato precisava il sofisticato pensiero del segretario:
“Renzi e Alfano non fanno un cacchio”. In settimana
Salvini si era segnalato anche per aver solidarizzato
con gli agenti del Sap che avevano applaudito i loro
colleghi condannati per la morte di Federico Aldrovandi: “Io sto con i poliziotti, con i Carabinieri, e con
chiunque rischia la vita per difendere i cittadini”. Siccome poi la sua pagina Facebook è stata inondata di
critiche, ha precisato: “Chi sbaglia deve pagare, ma chi
porta la divisa non può essere insultato come se niente fosse. Rispetto le opinioni di tutti, rispetto il dolore
dei familiari del ragazzo, rispetto il sentimento dei
tanti poliziotti che sono stufi di essere chiamati ‘assassini’ e rischiano la vita per mille euro al mese”. Ci
mancava solo la citazione di Pasolini... Ieri se l’è presa
con il Comune di Milano, reo di aver accolto i profughi
che fuggono dalla guerra in Siria (nei giorni scorsi,
dopo gli sbarchi, sono arrivati circa 300 siriani dal Sud
Italia). “Un centinaio di persone”, scrive l’edizione mi-
Villa Amantea, a Cesano
Boscone non c’è solo B.
di Nando dalla Chiesa
avvero lavorate alla
Sacra Famiglia di
Cesano Boscone?
Non ci posso credere! Francesca Iacuzzo sorride e
si stringe nelle spalle. Eccola
qua una rassegna di belle facce,
con le impagabili allegrie di chi
dedica, e in qualche caso ha dedicato, la sua vita alla causa dei
più deboli. Federica, Corrado,
Patrizia, Fabio… Una foto d’interno dal sorriso naturale, gli
immigrati che sventolano i permessi, e accanto le donne salvate dalle botte domestiche.
La gioia più la malinconia. Strani i casi della vita. Senti parlare
ossessivamente di una struttura
di servizio dell’hinterland milanese perché deve andarci a lavorare 4 ore a settimana un signore ricco sfondato che salda
così i suoi conti con la giustizia.
Ma in quella stessa struttura
opera una delle più originali
esperienze di volontariato che si
trovino in Lombardia. Si chiama Villa Amantea anche se in
realtà dovrebbe chiamarsi Moto perpetuo, perché non c’è né
una villa né uno scantinato e i
volontari vanno in giro come
zingari su un camper a offrire il
loro aiuto lungo le strade metropolitane. Una volta non era
così. Una volta Villa Amantea
era veramente lei, a Baggio, alla
periferia di Milano, occupata
per tre giorni da un gruppo di
giovani decisi a buttarsi in una
delle missioni più impervie,
combattere l’eroina e la tossicodipendenza. Era il 1983. Dal
luogo prese il nome l’associazione. L’aiuto ai tossici ne fu la
cifra sociale, anche se quando
c’era da aiutare gli emarginati
nessuno si tirava indietro. E un
progetto importante venne
aperto sempre in quegli anni
per offrire le aperture della legge Gozzini ai detenuti comuni e
politici. Storia di un’altra generazione, quella della Milano che
per alcuni era da bere ma che
per altri era sofferenza o una siringa piantata in un braccio e un
prete che benediceva un giovane su una panchina. C’era anche
Patrizia Ricciardi a darsi da fare
nella temperie di allora, la madre di Francesca; come a dimostrare, biografie alla mano, che
D
esistono i figli d’arte anche nell’aiuto agli ultimi. Il gruppo si
meritò qualche convenzione, si
strutturò in modo meno precario, perse infine la sua sede.
Intanto a Milano arrivavano i
nuovi problemi, l’emarginazione cambiava pelle. Alla fine degli Anni 80 giunsero i primi marocchini, i senza casa di colore
circondati dal fiato pesante del
primo razzismo. Ne nacque un
progetto di accoglienza ai lavavetri, concordato con i partiti
del consiglio di zona. “Be’, certo, è come se avessi preso la staffetta da mia madre”, spiega
Francesca che ha trent’anni e
quelle cose le ha sentite raccontare. “Andai a studiare cooperazione internazionale a Pavia,
convinta di dovere andare in
Africa. Ma l’Africa l’ho trovata
qui”. Finito (male) un progetto
PUNTI DI VISTA
Si parla di quella struttura
nel milanese perché deve
andarci quel signore
Ma lì opera una delle più
originali esperienze
di volontariato lombarde
di gestione diretta di un ex circolo del Pci di Trezzano, Villa
Amantea si è inserita in una rete
di accoglienza a finanziamento
pubblico, con capofila l’Anci,
l’associazione dei comuni. E nel
2012 ha scelto la strada della
consulenza legale per gli immigrati. Ecco dunque il camper
che si mette in moto, “ma che
viaggia soprattutto nelle estreme periferie e nell’hinterland,
da Garbagnate a Baranzate, da
Trezzano sul Naviglio a Cesano
Boscone; ce n’è più bisogno, in
fondo a Milano di consulenza se
ne trova, buona o fasulla”.
Il camper come identità collettiva, sinonimo di battaglie di
strada. “È quello il nostro ufficio. Per chi non sa a che santo
votarsi e si rivolge a noi come se
avesse trovato un santo protettore. Noi ascoltiamo i problemi,
e la cosa più importante è sapersi mettere in sintonia profonda
con chi arriva. Vede, nel caso di
una mano ferita il paziente sa
indicare il male. Ma con i diritti
cambia tutto. Così, dopo avere
ascoltato la persona, la indirizziamo da un avvocato, che offre
il suo aiuto professionale gratuitamente”. Rifugiati, esuli, o
protagonisti di vite disperate;
che ignorano i propri diritti, o
semplicemente il luogo in cui
reclamarli. E Cesano Boscone, e
la Sacra Famiglia che c’entrano?
“Cesano è stato l’unico comune,
tra quelli a cui ci eravamo rivolti, a sposare il nostro progetto.
Ci dà gli assistenti sociali mentre la mensa e gli alloggi dove
ospitare i rifugiati e i più bisognosi li dà la Sacra Famiglia, che
quindi è nostro partner a tutti
gli effetti”. “Quanti siamo? All’incirca una trentina, anche se i
veramente attivi sono come
sempre di meno, diciamo una
decina. Io per ora sono l’unica
pagata”. Lo scorso luglio è accaduta una cosa importante: la
prefettura di Milano ha riconosciuto ufficialmente il progetto
e l’associazione. Villa Amantea,
di cui si parla ormai anche in
qualche libro sui diritti, ha festeggiato. Patrizia orgogliosa di
sua figlia Francesca, Francesca
orgogliosa di sua madre Patrizia, Corrado il pugliese, una vita
al museo della Scienza e della
tecnica, si è inorgoglito perché
ancora una volta il sangue del
sud ha prodotto la ricchezza sociale di Milano. Fabio, oggi candidato sindaco nell’hinterland,
si è inorgoglito a sua volta per
non aver pensato alla politica
solo come macchina di partito.
Federica perché ha scelto una
buona compagnia… Insomma,
guardateli in foto e dite se questo gruppo di amici non sembrano, loro, una sacra famiglia.
Laica, naturalmente.
La nuova Lega di Matteo Salvini
urla peggio di quella di Bossi
lanese di Repubblica, “ha dormito in strada o in stazione, dato che i cinquecento posti letto dei centri del
comune di via Aldini e di viale Toscana e le due strutture della Caritas sono tutti esauriti”. Il Primo maggio
invece il segretario ha attaccato i sindacati “che non
fanno un cazzo per i lavoratori da sessant’anni”.
PER FORTUNA che, notava lo stesso Salvini nel
luglio 2012, “la gente è stufa di volgarità”. Si riferiva,
all’epoca, a un’esternazione di Umberto Bossi che
aveva definito l’Italia “un Paese di merda”. “È stato un
po’ volgare”, aveva detto. “La gente è stanca di un
certo tipo di termini, di certe parole”. Per questo (con
notevole fiuto politico) aveva spiegato di preferire il
movimento di Oscar Giannino: “Mi piace e spero che
la Lega possa fare un accordo con lui. È più educato.
Non dice merda, si mette papillon molto colorati, sostiene idee che noi portiamo avanti da anni”. Ma è
stato subito chiaro che, anche senza arrivare al papillon da dandy, la Lega in giacca e cravatta non sarebbe arrivata molto lontano. Bossi o no, l’elettorato
del Carroccio preferisce la canottiera. E dunque Sal-
n
vini è tornato alle origini: oggi sarà a Pontida, luogo
delle adunate storiche, ai bei tempi che furono quando, con pardon parlando, la Lega ce l’aveva duro. Anche la campagna elettorale, per cui il segretario si sta
spendendo assai, procede con toni che forse nemmeno Marine Le Pen usa. Tipo: “L'immigrazione di
massa rischia di riportare in Italia diverse malattie
scomparse da tempo. Chi controlla la salute di 800
mila immigrati in partenza? In Italia non c'è più posto”.
Ieri, sulla sua pagina Facebook, che è una specie di
contatore quotidiano di immigrati (non gliene sfugge
uno) ha scritto: “61 clandestini saranno ospitati in diversi agriturismi in Sardegna: 26 a Sassari, 20 a Oristano e 15 a Nuoro. Italiani alla fame, clandestini in
vacanza”. Manca la pena di morte per chi entra nel
territorio italiano: e sarebbe questa la nuova Lega?
Speriamo che la domanda sia lecita, visto che qualche
mese fa a Bergamo, Salvini ci aveva elegantemente
avvisati: “Qualche calcio in culo a qualche giornalista
servo infame cominceremo a tirarlo. Diamogli almeno
un motivo per dire che siamo cattivi”.
@silviatruzzi1
SECONDO TEMPO
il Fatto Quotidiano
DOMENICA 4 MAGGIO 2014
23
A DOMANDA RISPONDO
Furio Colombo
La democrazia muta
che piace al Pd
Dunque Pelù deve pensare a cantare, “che al resto ci
pensiamo noi” e, soprattutto non disturbare il
manovratore. Non può
avere un pensiero politico, né tantomeno manifestarlo: questa è la democrazia secondo i Dem. Gli
stessi che al tempo dell’Ulivo parlavano della “democrazia come sistema
inclusivo che non lascia
indietro nessuno”. Infatti
hanno poi operato sistematicamente per lasciare
non solo indietro, ma proprio fuori, chi non la pensava come loro. Con regole e trucchetti hanno eliminato dalla scena politica quelli che, con spregio e
supponenza, definirono
cespugli: presenze ingombranti e fastidiose per
l’allora quercia. Nulla pare mutato nell’epoca Renzi. Stiamo attenti e non ci
si lamenti poi se chi continua e vedersi negata la
rappresentanza politica
troverà altre strade per
farsi sentire.
a coloro che assumono i
giovani aspiranti carabinieri e poliziotti e agenti di
custodia, di fare come faccio io con le mele. Di non
fidarsi neppure dell’apparenza. E infine vorrei rivolgermi alle tantissime
mele sane delle forze dell’ordine: perché non denunciate i vostri colleghi
che mettono in cattiva luce anche voi persone oneste? Perché aspettare che il
caso venga fuori, quando
le mele marce perdono il
controllo, esagerano con i
l’ennesima volta a vedersi
rappresentata o come camorrista, o come eternamente rassegnata in un
territorio dove si spara e
basta, serva del potere camorrista. La solita immagine di Scampia, trita e ritrita, non rende giustizia
alla sua complessità umana e sociale. Se censura c’è
stata, è stata dettata dalla
spinta del territorio, della
gente onesta e delle associazioni che operano a
Scampia, che ha gridato
“basta” a questa operazio-
Lettera
sull’Europa
e sull’euro
NELLE PROSSIME elezioni europee
non posso votare Pd perché governa
con Berlusconi (frequenti incontri e
piena sintonia). Non posso votare per
Grillo perché ho capito che intende
rompere con l’Unione e tornare alla lira. Io invece volevo solo un’Europa migliore. Come faccio, da chi vado?
CREDO QUESTA DOMANDA tormenti milioni di italiani, praticamente
tutti coloro che in tanti anni di dominio
politico e mediatico berlusconiano hanno creduto nella liberazione da B. (che
ha portato a compimento da solo, una
sera d’estate, il giudice della Corte di
Cassazione Esposito, che adesso è sempre
sotto inchiesta disciplinare perché, evasione fiscale o no, la sentenza definitiva
di Esposito non è piaciuta allo statista di
Arcore) e non capiscono la stretta alleanza (prima e dopo la condanna) tra due
Italie incompatibili. E ci sono milioni di
italiani che vogliono una politica nuova
e diversa, ma non l’abbandono dell’Europa e dell’euro, in un Paese che, nel suo
passato, non ha la sterlina o il marco. In
altre parole, la parte più viva e riflessiva
di due grandi aggregazioni politiche non
sa che cosa fare e non sa dove andare sen-
Melquiades
Le mele marce nascoste
tra le forze dell’ordine
Anni fa la mia bambina
trovò una mosca in una
merendina di una notissima azienda produttrice di
dolciumi. Scrissi alla direzione manifestando la
mia preoccupazione, non
tanto per l’insetto trovato,
quanto per tutti quelli che
non venivano scoperti
perché ben mescolati all’impasto. Ovviamente mi
rassicurarono, e si premurarono d’inviare alla mia
figlioletta un generoso
omaggio. Non vorrei
preoccuparmi alla stessa
maniera per le così dette
mele marce che ogni tanto
si scoprono nelle forze
dell’ordine. Quante sono
quelle che non si scoprono? Quando vado al mercato a comprare le mele le
guardo una per una con
molta attenzione, a evitare di portarne a casa una
marcia, e scarto persino
quelle sane in apparenza,
ma che mi danno l’impressione di poter marcire. Così, vorrei consigliare
maltrattamenti e, magari
non volendo, arrivano ad
uccidere? Le botte e gli insulti e le umiliazioni che
non uccidono o non mandano all’ospedale, non
vengono fuori semplicemente perché nessuno denuncia. E nessuno denuncia semplicemente perché
alle vittime non conviene.
Francesca Ribeiro
Perché dire no
alla fiction su Gomorra
Cosa aggiunge una fiction
ai contenuti già ampiamente cucinati del libro
Gomorra? Sul piatto della
bilancia da una parte ci sono Sky, Saviano, i proventi, la pubblicità, la televisione e tutto il carrozzone
al seguito. Dall’altra, se
permettete l’immagine, le
scatole piene di molta
gente, che si ritrova per
ne che non sa di nulla, se
non di sfruttamento di
un’immagine stereotipata, lasciando quella eterna
sensazione di essere nati
nel luogo sbagliato, maledetto e senza via d’uscita.
Qui non posso che pensare immediatamente ai
bambini e ai ragazzi di
Scampia. Se almeno si facesse una narrazione nuova, non zuccherina, ma
che dica qualcosa di diverso, senza semplificare
nulla ma interagendo con
la realtà vera. E per favore,
sempre per quell’antico
valore che è il buongusto,
non venite a dire a chi si
oppone a questa fiction a
Scampia che lo fa perché
vuole negare la camorra,
con la quale convive suo
malgrado, contro la quale
magari lotta quotidianamente, in mille storie vere
che non interessano nes-
suna telecamera, perchè
non fanno mitologia spicciola. Per quanto mi riguarda, non mi stupirei se
proprio i boss e i loro figli
guardassero questa fiction, anche in modo orgoglioso, mettendo il dvd insieme a Scarface o Il camorrista. Per favore, fate
un film che un boss non
guarderebbe mai. E a Saviano dico che Gomorra si
può girare, ma da un’altra
parte, perché la camorra
non sta solo a Scampia. Lo
ha scritto anche lui, no?
Davide Cerullo
Quei troppi detenuti
che muoiono in carcere
Le cronache con una frequenza sempre più inquietante ci rivelano che
presunti deviati, o in fase
di fermo o all’interno di
istituzioni statali repressive, perdono la vita in cir-
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Luca D’Aprile, Peter Gomez,
Marco Tarò, Marco Travaglio
Dario Lodi
La musica, la politica
e il diritto di critica
za negare tutto ciò che ha detto, fatto e
sperato finora. Personalmente posso dire
che guarderò alla lista Tsipras, che in
Grecia ha avuto un forte sostegno popolare, che potrebbe avere un buon risultato anche in Europa e che comunque si
batte per cambiare e migliorare, non per
abbattere. Perché sa che cosa vuol dire il
rischio di isolamento per Paesi come la
Grecia e l’Italia, che hanno una immensa ricchezza naturale e storica e il cui
unico materiale pregiato è il lavoro. Ma
la mia risposta non vuole essere un consiglio elettorale. La verità è che non trovo
obiezioni al modo in cui il lettore motiva
il suo disorientamento: non posso dare il
voto a chi, per ogni decisione o “riforma”,
deve consultarsi con Verdini o chiarire
in un “ulteriore incontro” con Berlusconi. E non posso partecipare allo smontaggio dell’Europa senza confini che ho
sognato fin da bambino tra le macerie
del dopoguerra. Posso dire questo, insieme al lettore: mi stupisco che una domanda così grande, così vera e drammatica, non sia il vero e grande dibattito del
momento.
Nerio
la vignetta
feudale, affossato in corporazioni. Per quanto ancora dobbiamo sopportarlo?
Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano
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costanze poco chiare.
Non entro nel merito dei
singoli episodi, è compito
della magistratura accertare eventuali responsabilità. Mi limito a rilevare
che anche il più incallito
delinquente, quando cade
nelle maglie della legge
statale, diventa una persona sacra, nel significato
etimologico della parola,
che indica ciò che è intoccabile. Questo non solo
perché frutto del cammino secolare della civiltà
giuridica, ma soprattutto
perché chi delinque sperimenti che oltre alla legge
ferina, cui, dato e non
concesso, avrebbe obbedito, esiste un’altra legge,
che non oltraggia e non
sevizia, ma che comunque
rispetta la dignità di qualunque uomo, anche il più
spregevole.
Adriano Roscio
L’Italia alla deriva,
senza lavoro né idee
Renzi o non Renzi, siamo
alle solite, ai soliti discorsi.
È un pessimo Teatro dell’Arte, senza capo né coda.
Mancano attori e mancano registi. Siamo nelle
mani di una massa di improvvisatori, è ora di finirla, altrimenti sarà la tragedia sociale. Si continua a
giocare con le parole e con
le mezze figure, ma la situazione è seria. E nessun
politico lo vuole capire.
Intanto, solo ora il presidente della Repubblica,
Giorgio Napolitano, si accorge del problema lavoro. Mentre si chiudono
continuamente le fabbriche e al massimo si ipotizza un’elemosina. Questo è
un paese alla deriva per
mancanza d’idee, per assenza di personalità. L’Italia è tuttora un Paese
Un rappresentante della
scena musicale italiana si è
permesso di dire qualcosa
contro il modo di agire di
questa classe politica e, subito, l’onorevole Picierno
ha invaso le televisioni per
attaccare una voce libera.
Voglio ricordare a questi
signori della sinistra che,
da anni, la musica è parte
attiva a favore della buona
politica. Il rapporto è antico: basta pensare agli anni ’60, con Gianni Morandi che cantava “C’era un
ragazzo”. Negli anni successivi sono venuti i cantautori, Gaber, e poi ancora Jovannotti, i Pitura Freska, Caparezza. Nel mondo ci sono decine di esempi: da Bob Dylan a Bob
Marley, dagli Inti Illimani
ai Sex Pistols. Ci sono stati
i grandi eventi come il Live Aid e il Mandela day, e
in tempi più recenti le performance delle Pussy Riot
in Russia. Non si può più
alzare la voce contro questo modo di governare?
Non si può criticare chi
regala denaro alle banche?
A chi permette di inserire
nella squadra di governo
degli indagati? A chi vuole
che con il 37 per cento dei
voti si possa governare il
Paese senza alcun controllo parlamentare? A chi
dimezza le pene ai corrotti? A chi inserisce il femminicidio nella questione
della Val Susa? A chi non
fa niente per abolire veramente i privilegi e i rimborsi elettorali? A chi continua governare a braccetto con la destra?
Andrea Caneva
I NOSTRI ERRORI
Nell’intervista di Biagi
pubblicata ieri, l’ingegnere che incontra Mattei si
chiamava Zanmatti e non
Dalmatti. Ci scusiamo
dell’errore.
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