gli 80 euro? mi boicottano ma le coperture ci sono
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gli 80 euro? mi boicottano ma le coperture ci sono
In Italia, i dieci più ricchi guadagnano quanto 500 mila famiglie operaie In due numeri, la fotografia di un’ingiustizia sociale sempre più intollerabile y(7HC0D7*KSTKKQ( +&!"!\!"![ € 1,30 – Arretrati: € 2,00 Domenica 4 maggio 2014 – Anno 6 – n° 121 Redazione: via Valadier n° 42 – 00193 Roma tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230 Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009 Odo Gelli (e Merli) far festa PAZZESCO di Marco Travaglio i stiamo perdendo. Tra i signorini grandi firme dei giornaloni c’è grossa crisi. SopratL tutto di identità. Il mondo cambia rapidamente Sparatoria prima di Fiorentina-Napoli, un ferito grave, guerriglia. Poi allo stadio Olimpico di Roma, davanti al premier, si pensa di interrompere la gara Nella bolgia, decide un capotifoso azzurro: “Si gioca” Fischi all’Inno di Mameli. Ecco la Coppa Italia Amurri, Cattano, Fierro e Schiesari » pag. 2 - 3 - 4 POTERE ULTRÀ E alla fine Genny ‘a carogna garantì l’ordine pubblico Ansa Liuzzi » pag. 3 “GLI 80 EURO? MI BOICOTTANO MA LE COPERTURE CI SONO” DECRETO E PRECARI DOPO I TAGLI Cgil e Cisl in trincea: “Il governo se ne frega dei lavoratori” Cairo blinda Mentana e Santoro: “La7 non è in vendita” Palombi » pag. 6 I 90 ANNI DEL POLITOLOGO » pag. 10 IL REPORTAGE “Io, la zuppa galeotta e il soporifero Kant”: così parlò Sartori Lager e faide: gli orrori della guerra tra narcos in Messico di Silvia Truzzi di Diego Enrique Osorno utta la vita è politica”: la frase ben si adatta a Giovanni SarT tori, che ha portato la Scienza po- er dieci giorni, tra il 26 gennaio e il 5 febbraio 2014, P quasi un centinaio di funziona- litica in Italia. Alla vigilia dei novant’anni ci racconta la sua vita: da Kant all’America, passando per l’amore. » pag. 12 - 13 ri pubblici di Coahuila, in Messico, hanno lasciato le proprie scrivanie per realizzare una missione inusuale. » pag. 14 Renzi al “Fatto” risponde ai “no” dei tecnici del Senato: “Una vendetta contro di me perché voglio abolire Palazzo Madama e tagliare i loro stipendi”. “Incredibile che certi funzionari legittimino la protesta delle banche che non vogliono pagare la propria quota per Feltri » pag. 7 il rilancio del Paese” L'ATTORE SI RACCONTA Placido: “Passacarte e ragionieri stanno uccidendo il nostro cinema” U di Furio Colombo SBARCHI, LA STUPIDITÀ E LA PAURA » pag. 22 LA CATTIVERIA Cuffaro è in galera, ma prende il vitalizio. La mafia è gente seria Pagani e Corallo » pag. 16 - 17 » www.forum.spinoza.it intorno a loro e non riescono più a intercettarlo. Così, smarriti e atterriti, menano fendenti alla cieca, ‘ndo cojo cojo, con effetti ora esilaranti ora preoccupanti. Quelli esilaranti colpiscono Piero Ostellino che, da quando ha scoperto l’esistenza della posta (devono avergli piazzato una buca delle lettere sotto casa), non si dà pace per alcuni lettori comprensibilmente disgustati dalle cose che scrive. E lancia strazianti gridi di dolore contro la “tirannia della maggioranza” (non si sa quale, essendo lui sempre dalla parte di chi comanda, da Craxi a Berlusconi). “Una certa minoranza di lettori socialmente attiva e politicamente aggressiva – scrive sul Corriere, noto foglio della resistenza clandestina – non nasconde di detestarmi. Temo sia la stessa situazione in cui si erano venuti a trovare, alla vigilia del fascismo, Giovanni Amendola, Piero Gobetti, Giacomo Matteotti”. Par di vederlo, il Solgenitsin de noantri, barricato nel suo nascondiglio sotterraneo dietro robusti chiavistelli, inferriate, lucchettoni e catenacci, scrutare l’orizzonte da uno spioncino o da una feritoia, pronto a offrire il petto alle pallottole delle squadracce (renziane? grilline? tsiprine?) che assediano casa sua per silenziare il nuovo Amendola, anzi Gobetti, anzi Matteotti, l’ultima voce scomoda d’Italia. Effetti più preoccupanti si riscontrano in Francesco Merlo, un tempo fustigatore di potenti, ora ridotto da un bel pezzo a bastonatore di oppositori. Ieri il prefetto di disciplina di Repubblica ha messo in riga il cantante Piero Pelù, che si è permesso uno sberleffo contro Renzi (“boy scout di Licio Gelli”) al concerto del 1° Maggio. Non bastava l’insurrezione dei guardaspalle del premier, i Carbone, Anzaldi, Boschi e Picierno, che stanno a Matteo come Gasparri, Schifani, Biancofiore e Santanchè stavano a B. quando al concertone sparlavano di lui Daniele Silvestri e Andrea Rivera; e riesumano gli argomenti dei bulgari di Arcore per tappare la bocca a Pelù: chissà quanto l’han pagato, i cantanti devono cantare, sono milionari quindi tacciano (invece i politici sono alla fame), intervenga la Vigilanza, anzi la pula con le cariche e gli idranti. Ci voleva Merlo, che si scaglia contro il “Mefistofele di parrocchia”, lo “strapaesano di 52 anni ‘tinto’ come Berlusconi e non da cummenda ma – peggio – da teenager”, animato da “rancore politico”, “si crede un Norberto Bobbio che canta”, “la parodia della ribellione”, fa “abuso pirotecnico del nome di Gelli” ed è, naturalmente, in “crisi creativa” (lo dicevano anche di Luttazzi e della Guzzanti per giustificare la chiusura-censura dei loro programmi) e “straparla di politica per riacchiappare il successo”. E poi è “la pop star ufficiale di Grillo”, “il cantante organico dei 5Stelle”, come Grillo “ha l’affanno, l’aria di chi ha sempre bisogno d’acqua, i pensieri arruffati, il dito medio esibito, un rapporto difficile con i capelli”. Cioè: anche l’ingiusta calvizie di Merlo è colpa di Pelù. Che, se invece avesse fatto una cantatina alla Leopolda o scritto l’inno di Eataly, non gli sarebbe accaduto nulla. Sul merito dell’accostamento Renzi-Gelli – ovviamente esagerato, paradossale, provocatorio – neppure una sillaba. Eppure qualcosina ci sarebbe da dire sulle riforme costituzionali scritte a quattro mani con un piduista patentato e con Verdini, definite “svolta autoritaria” non da un rocker arruffato, ma da Rodotà e Zagrebelsky, firme di Repubblica, in un appello di Libertà e Giustizia, fondata da Carlo De Benedetti. Ma se i Merlo capissero i pericoli della svolta autoritaria, non occorrerebbero appelli dei professori né provocazioni alla Pelù. Quindi tutto torna. Anzi è facile immaginare che Merlo, dopo aver difeso impavido il capo del governo dalla battuta di un cantante, si sia subito sentito molto scomodo e abbia raggiunto Ostellino nelle catacombe, attendendo a pie’ fermo e petto in fuori i rastrellamenti e l’olio di ricino delle Brigate Litfiba. 2 PAZZESCO DOMENICA 4 MAGGIO 2014 Brasile, occupazioni davanti a struttura che ospita i Mondiali MIGLIAIA DI MEMBRI del “Movimiento de Trabajadores Sin Techo” (Movimento dei lavoratori senza tetto) hanno occupato un terreno a circa 4 chilometri dallo stadio Arena Corinthians, di San Paolo, che tra 40 giorni ospiterà la partita inaugurale dei Mondiali di calcio di Brasile 2014. Circa mille famiglie, riferisce il movimento sulla sua pagina web, occupano dall’alba di oggi il terreno “abbandonato da più di 20 anni”. Intanto a Recife, un uomo è morto colpito da un water lanciato durante scontri tra tifosi nello stadio Arruda, dopo il Fatto Quotidiano una partita fra le squadre Santa Cruz e Parana. La polizia locale riferisce che nei disordini della notte tre water sono stati divelti dai bagni dello stadio e poi lanciati dagli spalti contro i tifosi della squadra avversaria. Uno di essi ha colpito alla testa la vittima, identificata dalle autorità come Paulo Ricardo Gomes da Silva. L’uomo è morto sul colpo. Le nuove violenze si verificano a 6 settimane dall’inizio dei Mondiali ospitati dal Brasile, durante i quali 4 partite saranno disputate proprio a Recife. DENTRO E FUORI LO STADIO Gli scontri tra tifosi e polizia, poi fuochi e petardi all’Olimpico Ansa / LaPresse di Enrico Fierro alla fine si gioca. La partita inizia alle 21:45. Tre quarti d'ora di attesa e inutile tensione. Roma città perennemente sull'orlo di una crisi di nervi. Ieri una manifestazione, oggi una partita di calcio: l'intero sistema della sicurezza della Capitale sembra andato in tilt. È Napoli Fiorentina che si gioca, e siamo di fronte a tifoserie violente, ma la giornata di ieri è stata da incubo. Tutto inizia alle 19:10, le voci si rincorrono: un tifoso del Napoli è stato ferito a colpi di pistola. È un ragazzo di trent'anni colpito al torace. È grave. No, è morto già. E SU IPHONE, iPad, cellulari, i tifosi che si incamminano verso lo stadio raccolgono notizie confuse e contraddittorie. Quando manca un minuto alle sette e mezza della sera, i feriti sono tre, sempre vittime dello sparatore, due sarebbero in codice rosso. Chi ha sparato? Non un tifoso della Fiorentina, ma un ultrà della Roma o della Lazio. Tutto è avvenuto a Viale di Tor di Quinto, dove intorno alle 17:30 un gruppo di tifosi del Napoli si scontra con alcuni ultrà della Roma. Le notizie sono confuse, le voci parlano di un romanista che avrebbe tirato fuori un PROIETTILI E PALLONE LA COPPA ITALIA DIVENTA UN CAMPO DI BATTAGLIA DENTRO E FUORI L’OLIMPICO SCONTRI TRA TIFOSI E POLIZIA: DIECI I FERITI, TRE DA SPARATORIA. LA QUESTURA: “LITE OCCASIONALE” MA TRA I RESPONSABILI POTREBBERO ESSERCI ULTRÀ DELLA ROMA revolver e sparato per difendersi. Bastava anche di meno per far scoppiare l'inferno. E così, alle otto le scintille infiammano le strade. A pochi passi dallo stadio Olimpico ci sono i primi tafferugli con la polizia. I tifosi del Napoli, la parte più organizzata e dura, gli ultrà, che si raccol- VIA IN RITARDO La scintilla iniziale è alle 17:30, poi la partita tra Fiorentina e Napoli inizia 45 minuti dopo e con la curva partenopea in silenzio gono dietro sigle che hanno un seguito fortissimo nelle periferie della città, cominciano a lanciare petardi e "bomboni" contro la polizia. Bastano poche cariche di alleggerimento per disperderli. Il clima si fa ancora più teso, e la Polizia si affretta a smentire le voci su agenti feriti e ricoverati in ospedale. “Non ci sono poliziotti feriti”, ripetono gli uffici stampa per evitare che altre notizie si diffondano sui social network e siti, contribuendo ad accendere gli animi. INTANTO le tv rimandano le immagini dello stadio. I calciatori che aspettano segnali. I presidenti come imbambolati. Si vedono i volti della politica. Matteo Renzi è accanto al presidente del Coni Malagò. Il presidente del Senato, Piero Grasso, lancia anatemi contro le tifoserie violente. L'onorevole Rosy Bindi, toscana e presidente della commissione parlamentare Antimafia, non si rende conto di quanto sta accadendo e sorride a favor di telecamere. Renzi ha l’espressione stupita come chi non riesce a capire cosa stia davvero succedendo. Quando sono le nove di sera, e lo stadio è pieno di tifosi delle due squadre che aspettano una risposta, nessuno sa se il pallone verrà calciato o meno. Si avviano trattative. Rappresentanti della Lega calcio parlano con i presidenti delle due squadre. Il questore di Roma cerca di mediare e spinge perché si giochi. Aurelio De Laurentiis, il presidente del Napoli, convince il suo giocatore migliore, Marek Hamsik a mediare con la tifoseria nella curva Nord. E qui lo spettacolo che milioni di italiani vedono è davvero deprimente. A parlare con l'idolo della tifoseria è un capo ultrà dalla stazza notevole con addosso una t-shirt nera e la scritta “libertà per gli ultrà”. DALLA CURVA partono fu- mogeni e bombe carta, un vigile del fuoco viene ferito. Quando sono passati venti minuti dalle nove, ancora non c'è una decisione. Per i tifosi del Napoli non si deve giocare. Dalla Questura fanno sapere che il clima non consente una decisione del genere. “Se sospendono la partita – ci dicono alcuni strani tipi seduti davanti ai baracchini che all’esterno dello stadio vendono panini con la porchetta – qui succede l’inferno”. Alle 21:45 la decisione: si gioca. Gli altoparlanti suonano l’Inno di Mameli e dalle curve piovono fischi. Gli ultrà del Napoli inveiscono contro i tifosi della Fiorentina. “Vesuvio, Vesuvio, lavali col fuoco”, rispondono gli eredi di Dante. Nelle tribune vip politica e potere si scambiano sorrisi e ammiccamenti. Sul prato ventidue uomini rincorrono un pallone. Sulle curve, l’Italia sfoga i suoi istinti peggiori. Fuori blindati e autoambulanze. È Roma. La corsa agli ospedali tra codice rosso e paura DUE SONO GRAVI, UNO È COLPITO AL TORACE. GLI AMICI PRESENTI IN CORSIA RESTANO ZITTI PER IL TIMORE DI COINVOLGIMENTI di Valerio Cattano ai colpi di pistola che hanno colpito tre tifosi del Napoli vicino al Ciak Village in viale di D Tor di Quinto, agli scontri e le bombe carta che frattura a una gamba, altri tre sono arrivati all’ospedale Sant’Andrea con contusioni varie, ma sono stati valutati in codice verde, ovvero non gravi, e infine nella conta di un pomeriggio di botte e spranghe sono da conteggiare un numero imprecisato di malconci che però hanno rifiutato le cure in ospedale. Si era sparsa la voce che pure un poliziotto era stato ricoverato per le ferite riportate nei tafferugli, ma la questura ha smentito hanno causato altri sette ricoveri. Dieci feriti nella serata di violenza nella Capitale con il timore che uno di loro non superi le prossime ore: i più gravi sono i tre coinvolti nella sparatoria e portati all’ospedale Villa San Pietro; Ciro Esposito, 30 anGLI ALTRI AGGUATI ni di Secondigliano, ferito al torace (codice rosso); Alfredo Pestaggi a Ponte Esposito, 43 anni, colpito alla mano destra, e Gennaro FioretMilvio e al Ponte ti, 32 anni, trasportato all’ospedella Musica: cinte, dale Santo Spirito con ferite da colpi d’arma da fuoco a un bracspranghe e coltelli cio e a una mano. Oltre a loro, una persona è stata ricoverata In molti hanno con un trauma cranico, un’altra rifiutato il ricovero al policlinico Gemelli per una ATMOSFERA tesa a Villa San Pietro, ieri sera, dove sono stati ricoverati i feriti più gravi: col fiato sospeso per lo stato di salute del trentenne con un proiettile nel torace, nessuno dei tifosi ha voluto parlare con i cronisti, mentre l’altra vittima raggiunta dal piombo a una mano è stato ascoltato a lungo dalla polizia per cercare di capire la dinamica di quanto avvenuto nei pressi del vivaio. Tuttavia, agli agenti, i feriti che erano in grado di parlare hanno detto poco o nulla: non si sarebbero neppure accorti da dove arrivavano i colpi, salvo poi accorgersi che uno di loro era a terra, incapace di muoversi, e gli altri cercavano di tamponare il sangue che usciva dalle ferite alle mani e alle braccia. Una versione dei fatti che non ha convinto gli investigatori, che se in un primo momento hanno preferito parlare di “lite occasionale”, con il passare delle ore hanno delineato un diverso scenario, ovvero uno scontro violentissimo fra quel gruppo di ultras azzurri e alcuni tifosi della Roma individuati e isolati dai napoletani nei pressi del Ciak Village di viale di Tor di Quinto. Vedendo soccombere un amico, uno dei tifosi romani avrebbe estratto una pistola e fatto fuoco. Altri scontri fra ultras del Napoli e della Fiorentina sono avvenuti a Ponte Milvio, nei pressi della pista ciclabile, sotto ponte Duca d’Aosta, sono spuntati i coltelli, ma nulla di grave se paragonato alla sparatoria che ha portato un ragazzo in fin di vita in ospedale. I soccorsi a uno dei tifosi feriti Ansa PAZZESCO il Fatto Quotidiano Ivan il “terribile” e gli scontri prima di Italia- Serbia 12 OTTOBRE DEL 2010 a Genova si gioca il match tra Italia e Serbia per le qualificazioni a Euro 2012. Scontri, botte, sospensione della gara. Alla fine, le persone fermate sono 17, altre 35 sono denunciate. Tra questi, Ivan Bogdanov, protagonista con cappuccio nero, le cui immagini hanno fatto il giro del mondo, e scovato dagli agenti nel vano motore di uno dei pullman DOMENICA 4 MAGGIO 2014 3 dei tifosi nel quale aveva tentato di nascondersi. Identificato grazie a un tatuaggio: sul braccio dell'ultrà trentenne era impressa infatti la data 1389, che ricorda la battaglia della Piana dei Merli contro i Turchi, mito fondante dello spirito ultranazionalista serbo. Per lui, le sua gesta allo stadio erano solo per difendere la nazione. I DUE POTERI L’ultrà del Napoli con la maglia in onore del condannato per la morte dell’ispettore Raciti e Matteo Renzi. Ansa/LaPrese Ministro degli Interni è “Genny ‘a carogna” LE TRATTATIVE SE GIOCARE O NO IN MANO AL CAPO ULTRÀ CHE PARLA SOLO CON IL CAPITANO HAMSIK IN UNA PIOGGIA DI BOMBE CARTA. RENZI INTERDETTO IN TRIBUNA di Emiliano Liuzzi n una ubriacatura collettiva, dove il ministro dell'Interno viene sostituito da un nerboruto capo ultrà Gennaro De Tommaso, detto “Genny ‘a carogna”, dei Mastiffs, i mastini napoletani, e il ruolo del prefetto affidato a Marek Hamsik, capitano del Napoli, viene deciso che la partita, “sì, si gioca”. Nessuna prova d’appello. Lo fanno capire le bombe carta che lasciano ferito anche un vigile del fuoco a bordo campo. La seconda sparatoria, dopo quella avvenuta fuori. Una pioggia di fumogeni e ordigni, quasi a dire “parliamo con Hamsik, e nessun altro. Decidiamo noi”. I PASCALE Saluta Silvio e diventa supporter ellulare in mano per scattare foto alla curva azzurra, sciarC petta del Napoli sulla bocca al momento dei fumogeni contro gli steward e i vigili del fuoco, giacca bianca iper-chic sulle spalle. È Francesca Pascale, fidanzata ufficiale di Silvio Berlusconi, anche lei presente allo stadio Olimpico in occasione della finale di Coppa Italia tra i partenopei e la Fiorentina. Tifosissima della formazione di Aurelio De Laurentiis, è una delle tanti, dei tanti, “vip” presenti sugli spalti, come l’attore Silvio Orlando, il regista Paolo Sorrentino e l’ex allenatore giallorosso, Zdenek Zeman. È LA LEGGE delle curve, ancora una volta, a prevalere. Lì dove la violenza e la massa si sostituiscono alla legalità. La decisione, alla fine, è prudente. Il metodo rasenta la pazzia collettiva. Il presidente del Consiglio, quello vero, Matteo Renzi, è in tribuna Monte Mario, ignaro di quello che gli accade attorno. Quello che è successo e che accadrà, glielo spiega Giovanni Malagò, presidente del Coni, incravattato, enorme Rolex al polso. Algebrico e perplesso il presidente del Senato, Pietro Grasso, che volta lo sguardo verso le curve e guarda l'orologio, prima di partorire, a tarda sera, un comunicato tutto suo: “La violenza resti fuori dal mondo dello sport”. Tifosa da campagna elettorale anche Rosy Bindi, che poi sarebbe presidente della commissione Antimafia, mai vista con sciarpa viola al collo. Tutti appesi alla parola di un ultrà che deciderà se lo spettacolo può andare in scena o se devono tornarsene tutti a casa. Questo è quello che la Rai, attraverso le telecamere, ha trasmesso. Attraverso parole inutili e incomprensibili dei poveri telecronisti, impreparatissimi nel raccontare una cosa che non appartiene al lo- Capannello dei vertici del calcio e De Laurentiis LaPresse POTERE AL MASTINO Il leader del tifo organizzato partenopeo finisce con il garantire l’ordine pubblico, mentre le autorità lanciano appelli surreali ATMOSFERA IRREALE Tra voci e sospetti, la curva ruggisce di Alessio Schiesari erto che siamo partiti con fumogeni e petardi: si stavano avviciC nando i fotografi, volevano fotografarci”. Per gli ultras del Napoli in curva Nord la pioggia di bengala prima della partita è stata una reazione naturale: questo è il nostro territorio. Tra loro la tensione è alta dal pomeriggio: “Nel corteo c’ero anch’io, stavo in mezzo. Gli spari li ho sentiti”, racconta un tifoso che non vuole far sapere il suo nome. Non ha dubbi su quello che è successo il pomeriggio: “Nessuno scontro tra tifosi, è stato un negoziante”. Qui tutto si sa in anticipo, o almeno così si crede: dove si è sparato, perché, se si gioca o no. La differenza con il resto dello stadio è abissale. “Che è successo? È vero che qualcuno ha sparato?”, chiede Dario, un tifoso partenopeo seduto in tribuna Tevere. Sono le otto e venti di sera, tutti i telegiornali hanno dato la notizia della sparatoria in cui sono rimasti coinvolti tre tifosi, #NapoliFiorentina è l’hashtag più usato su twitter. Ma allo Stadio Olimpico regna l’incredulità. Curva Nord a parte, ovviamente. “Ho letto della sparatoria dallo smartphone, stavo cercando le formazioni su Napoli.net“. La sua giornata da tifoso era cominciata alle cinque, “quando abbiamo parcheggiato a Ponte Milvio”. GIÀ DAL POMERIGGIO si era capito che qualcosa nell’organizzazione non stava andando per il verso giusto: “Non c’era una buona divisione delle tifoserie. Abbiamo trovato tanti tifosi della Fiorentina dopo Ponte della Musica, la zona dello stadio riservata ai noi del Napoli. Alcuni indossavano per- fino delle sciarpe viola. Io mi avvicinavo e gli dicevo di toglierle, che in giro qualche cretino si trova sempre. Però mi ha stupito: alla finale con la Juve non era successo”. Per Dario e i tifosi delle tribune però il pomeriggio però scorre tranquillo: “Ressa ai cancelli, qualche petardo, le solite cose. Ma in generale l’atmosfera era piacevole”. L’allarme scatta solo alle otto e quaranta: “Ho capito che la situazione era grave quando la curva Nord, quella degli ultras del Napoli, ha tolto tutte le bandiere. Hanno detto agli altri settori di napoletani di non tifare. Non esplicitamente, intendiamoci, ma lanciavano segnali che chi frequenta lo stadio sa cogliere. E io sono vent’anni che vengo alle partite”. Il pensiero di Dario corre a una partita di dieci anni fa, del 21 marzo 2004: “Sembra Roma - Lazio. La situazione è surreale. Si sente che siamo in procinto di accadere qualcosa. Se la interrompono qua non si esce più, e intorno è pieno di bambini”. SE IN CURVA nord il sentimento prevalente è la rabbia e nelle tribune la paura, in curva sud c’è spazio solo per la gioia della partita. Giacomo ha 27 anni. Per la finale di Coppa Italia è partito di casa a mezzogiorno: “Sono partito insieme agli altri del Ciclone Viola. Saremo stati in duecento: non tifosi, pullman intendo. Abbiamo sentito dei tifosi feriti solo una volta dentro lo stadio. C’è stupore, un po’ di imbarazzo. Ma non siamo stati noi”. Si deve giocare? “Certo, questa è solo una partita di calcio. Una partita speciale, perché ci giochiamo la Coppa Italia. C’è delirio, tanta attesa. Visto quello che è successo però stasera niente cori contro. Solo per Firenze”. ro mestiere di commentatori. Si concentrano su quello che penseranno le decine di bambini allo stadio che non si spiegheranno il ritardo. Parlano, quasi fosse un respiro di sollievo, di un episodio, quello accaduto fuori dallo stadio, legato alla criminalità comune.Quando cadono a pioggia le bombe carta per allontanare polizia, steward, forze dell’ordine, tacciono. Non sanno che, oltre ai colpi di pistola, fuori dall’Olimpico ci sono stati degli scontri, più o meno gravi documentati dalle fotografie che a metà pomeriggio hanno trasmesso agenzie di stampa e siti internet. I telecronisti parlano di criminalità comune, di un regolamento di conti messo in scena tra la gente che avrebbe raggiunto lo stadio per sviare le indagini. Forse nelle prossime ore sarà tutto più chiaro, ma anche se così fosse nessuno può permettersi che gli ultrà decidano o meno se una partita si gioca. Il precedente, sempre all’Olimpico, in quel caso un derby tra Lazio e Roma, non dovrebbe fare giurisprudenza. Invece, ieri sera, pare sia stato così. impreparati tutti. I fratelli Della Valle, Andrea, nelle vesti di presidente della Fiorentina, e Diego, il proprietario; il padre padrone del Napoli Aurelio De Laurentiis, triade senza voce in capitolo. Sfilano tra le poltroncine personaggi minori, come Dario Nardella, Luigi Abete, l’ex Mario Pescante. E alla fine anche l’attore Silvio Orlando. Nessuno sa, fino a quando non arriva la comunicazione attraverso il passaparola: si giocherà. Non si tratta tanto di uno spettacolo che deve andare avanti per forza, quanto della decisione di un manipolo di violenti. Di un improbabile ministro degli Interni con la maglietta nera con la scritta gialla: libertà per gli ultras. Benvenuti allo stadio. IMPREPARATI, 4 PAZZESCO DOMENICA 4 MAGGIO 2014 E i tifosi viola intonano: “Vesuvio lavali col fuoco” di Sandra Amurri na violenza cieca e sorda senza fine che si ripete, almeno, dagli anni Sessanta. Per questo quello che è successo ieri a Roma per la finale di Coppa Italia può stupire solo i retoricissimi telecronisti e commentatori della Rai, oltre a quanti hanno una memoria eccessivamente selettiva. L’elenco delle vittime delle guerre da stadio è lungo, lunghissimo. U Come iniziò: una vecchia storia Il primo a morire il 28 aprile 1963 a causa degli scontri con la polizia allo Stadio Vestuti dove si disputa la partita Salernitana-Potenza (ci si gioca la promozione in Serie B) è Giuseppe Palitano, 48 anni, che cade a terra colpito da un proiettile sparato in aria da un poliziotto. Dieci anni dopo, è il 28 ottobre 1979, il tifoso laziale Vincenzo Paparelli, quando manca un’ora al fischio di inizio del derby Roma-Lazio, muore per un razzo sparato dalla curva romanista. Cinque anni dopo, è l’8 febbraio 1984, si gioca Triestina-Udinese, gara di Coppa Italia. Scoppiano gli incidenti, intervengono le forze dell’ordine e il tifoso triestino Stefano Furlan muore in seguito a gravi lesioni cerebrali, forse causate dalle manganellate degli agenti in servizio di ordine pubblico. Il 30 settembre 1984, al termine della partita Milan-Cremonese, Marco Fonghessi, un giovane tifoso rossonero, resta vittima di un vero e proprio agguato mentre sta tornando a casa a bordo della sua auto che viene affiancata, e costretto a fermarsi da tifosi meneghini, muore accoltellato. O VESUVIO lavali col fuoco”. Poteva mancare il coro più inflazionato dalle curve italiane negli ultimi mesi nella triste notte dell’Olimpico? No, non poteva. I tifosi della Fiorentina, fino a quel momento soltanto spettatori di uno “spettacolo” con altri protagonisti, hanno intonato il motivetto che tante squalifiche per “discriminazione territoriale” ha causato nel corso di questo campionato intorno al venticinquesimo del primo tempo, con la squadra viola frastornata per la doppietta di Insigne che aveva portato il Napoli aventi di due reti dopo un quarto d’ora. “O Vesuvio lavali col il Fatto Quotidiano fuoco”, urlato da parte dei fiorentini assiepati in curva Sud, quella solitamente occupata dai tifosi della Roma. Il coro, che nessun ispettore federale potrà dire di non aver sentito, è stato schernito da un applauso diffuso. Subito dopo il gol di Vargas ha riaperto la partita. LA MADRE DEI CRETINI Una scia di morti e scontri lunga oltre cinquant’anni LA PRIMA VITTIMA È DEL 1963: UCCISO DAL COLPO SPARATO IN ARIA DA UN AGENTE dello stadio. Siamo al 30 gennaio 1994, invece, quando Salvatore Moschella, 22 anni, al termine della partita Messina-Ragusa, muore gettandosi dal treno per sfuggire all’aggressione dei tifosi del Messina, tutti minorenni si scoprirà poi. Il 29 gennaio 1995 la partita Genoa-Milan non era ancora iniziata ma Vincenzo Spagnolo, 18 anni era già a terra senza vita, accoltellato da un coetaneo di fede rossonera, Simone Barbaglia. Il 18 giugno 1989 si gioca invece Fiorentina-Bologna, penultima giornata di campionato. Si consuma l’ennesima tra- 2 FEBBRAIO 2007 Negli scontri tra ultras del Catania e la polizia perde la vita l’ispettore di polizia, Maurizio Raciti Ansa gedia. Il treno dei tifosi emiliani viene assalito dagli ultras gigliati. Parte la sassaiola, segue il lancio di una bottiglia molotov che esplode direttamente dentro un vagone: Ivan Dall’Oglio, 14 anni, viene sfigurato al viso. Muore invece il primo febbraio del 1998 - al termine di una partita tra Treviso e Cagliari - il tifoso veneto Fabio Di Maio, 32 anni: stroncato da un infarto mentre la polizia cercava di riportare l’ordine tra le due tifoserie in guerra. Il 24 maggio del 1999 si consuma una strage. Il treno speciale che riportava a casa i tremila tifosi salernitani all’indo- 24 MAGGIO 1999 Di ritorno dalla trasferta di Piacenza, il treno dei tifosi della Salernitana prese fuoco. Quattro morti Ansa I treni prendono fuoco: anni 80 e 90 Il 13 aprile del 1986 la storia si ripete: muore il diciassettenne Paolo Siroli, tifoso della Roma, mentre viaggiava su un treno di ultrà che prende fuoco. Solo pochi mesi dopo, il 7 dicembre, ci lascia la pelle il ventunenne tifoso della Sambenedettese Giuseppe Tomasetti, accoltellato da un tifoso dell’Ascoli al termine di una partita tra le due squadre. Coppa Italia anche quella volta. Il 9 ottobre dell’88 allo stadio Del Duca di Ascoli Piceno, al termine della partita con l’Inter, la stessa sorte tocca al tifoso marchigiano Nazareno Filippini, accoltellato al termine di una rissa con tifosi nerazzurri. Passa un solo anno e la violenza torna a farla da padrona. La vittima: Antonio De Falchi, 18 anni. Era il 4 giugno 1989 quando il tifoso della Roma muore per un arresto cardiaco nel corso di un’aggressione da parte di un gruppo di tifosi milanisti. Il 10 gennaio 1993, Atalanta-Roma, al termine della partita, coinvolto dalle cariche della polizia, muore per infarto il 42enne Celestino Colombi: si trovava per caso nei pressi 21 MARZO 2004 Il derby tra Roma e Lazio viene interrotto in seguito alla notizia della morte di un bambino fuori dallo stadio Ansa 28 OTTOBRE 1979 Il tifoso della Lazio, Vincenzo Paparelli, venne ucciso all’Olimpico da un razzo sparato dalla Curva Sud Ansa TWITTER DIXIT “In questo momento mi verGOOOOOL!!!!” Gli incidenti prima della finale dell’Olimpico hanno invaso twitter. Per ore gli hashtag più usati in Italia sono tutti riferiti alla partita: #NapoliFiorentina, #TimCup2014, #ilcapoultrahadeciso, perfino #Speziale. Dentro ci si trova di tutta: c’è chi fa battute bieche e chi cerca colpevoli, chi si indigna e chi prova a minimizzare. Ma, col passare dei minuti, la tendenza è evidente: lo sdegno va scemando e si fa largo l’ironia, anche la peggiore. SPARI, feriti, bombe carta, gente che ride, negoziare con gli ultras. #fiorentinanapoli peggio delle arene dei barbari #italia2014 #FiorentinaNapoli @micheledisalvo ADESSO chiedo agli ultrá se stasera posso uscire. #FiorentinaNapoli @Barby_Cloe COMUNQUE è stato davvero uno schifo non si doveva giocare. E' in momenti come questi che mi verGOOOOOOOL! #fiorentinanapoli @MisterDonnie13 DOV’È il calcio di cui mi sono innamorato da bambino? Io cresco, ma lo sport non matura con me... #FiorentinaNapoli @MircoBonandi “UN COLPO udi arma da fuoco" non è incidente, ma uno sparo #FiorentinaNapoli #vergognatevi @Pandsurf MI DISPIACE per il tifoso, ma sono contenta che stiamo vincendo #FiorentinaNapoli @Thewingsofangel IO VE LO dico: se stasera il Napoli non vince, lì a Roma succede la guerra. V'avviso. #FiorentinaNapoli @Emmegui LA COSA MIGLIORE sarebbe stata non guardare #FiorentinaNapoli e soprattutto chiudere gli stadi questo non e' piu calcio #vergogna @Lauraepupi LE FORZE DELL’ORDINE dialogano con la curva... è la prima volta che vedo un circo gestito direttamente dagli scimpanzè. #FiorentinaNapoli @Ivanasoru DOPO GLI APPLAUSI agli assassini di #Aldrovandi dob- biamo subire anche la polizia piegata a Gennaro la Carogna. #FiorentinaNapoli @Stefy_74 STATE a vedere che domani il #capoultra' vola in India e ci riporta a casa i #Maro' !! #FiorentinaNapoli #FinaleCoppaItalia @CollinoLuca PARE CHE il capo ultrà napoletano inquadrato si chiami Genny a Carogna. Sarebbe anche Dottore, ma è un tipo umile. #fiorentinanapoli @MisterDonnie13 #ILCAPOULTRAHADECISO perché altrimenti non lo avrebbe fatto nessun altro. #calcio #Italia #timcup #fiorentinanapoli @Franco80g mani della partita di Serie A tra Piacenza e Salerno (ci si giocava la salvezza) prende fuoco: l’incendio è stato appiccato dagli stessi tifosi, sotto la galleria in prossimità della città campana. Muoiono bruciati quattro giovanissimi tifosi granata. I derby del Sud: il nuovo millennio È il 17 giugno 2001 quando a Messina si disputa l’accesissimo derby con il Catania, decisivo per la promozione in Serie B. Tra le due tifoserie prima della partita si verifica un reciproco lancio di oggetti. Dal settore degli ospiti viene lanciata una bomba-carta che esplode in mezzo ai tifosi della Curva Nord e ferisce Antonino Currò, 24 anni, il quale finisce in coma. Morirà dopo pochi giorni. Alla fine, verrà arrestato un tifoso del Catania, un minorenne. Il 20 settembre 2003 tocca invece al derby Avellino-Napoli nutrire le cronache dei giornali: muore Sergio Ercolano, ventenne tifoso azzurro, che vola dalla ringhiera del primo anello della curva e muore sul colpo. Il 22 marzo 2004 è invece il giorno dello scandalo del derby Roma-Lazio, quando allo Stadio Olimpico accade qualcosa che rasenta la follia. Nelle curve comincia a circolare la voce che un bambino è morto in alcuni scontri verificatisi prima della gara: si saprà poi che era solo svenuto intossicato dai lacrimogeni. A nulla servì la smentita della polizia per placare gli animi e la partita - a causa dei diktat degli ultrà giallorossi - viene rinviata. Il 2007 resta l’anno più nero del calcio. Il debutto, per così dire, avviene il 27 gennaio: muore Ermanno Licursi, dirigente della Sanmartinese, squadra di terza categoria, morto a Luzzi (Cosenza) mentre tentava di sedare una rissa in campo durante una partita con la Cancellese. Guerra a Messina: muore il poliziotto È appena il 2 febbraio, Licursi è morto da soli cinque giorni, quando in occasione del derby di serie A tra Catania e Palermo scoppiano scontri violentissimi tra polizia e tifosi catanesi perde la vita l’ispettore capo Filippo Raciti: viene travolto mentre tentava di impedire che gli ultrà di casa entrassero in contatto con gli ospiti palermitani. Per l’episodio è stato condannato Antonino Speziale e Daniele Micale. L’11 novembre, invece, nell’area di servizio Badia al Pino, vicino Arezzo, sull’autostrada A1, si scontrano alcuni tifosi della Lazio e della Juventus: in quell’occasione muore Gabriele Sandri, 26 anni, tifoso laziale, colpito da un proiettile partito dalla pistola dell’agente Spaccarotella, che verrà condannato per omicidio. Il 2 febbraio muore Matteo Bagnaresi, schiacciato dalle ruote di un pulman di tifosi juventini, partito a tutta velocità per evitare la rissa. UN GIORNO IN ITALIA il Fatto Quotidiano Napoli, scarcerato il nipote di Cesare Previti di Tommaso Rodano acqua che seppellisce le macchine, circonda e sommerge i primi piani delle case, minaccia e poi scavalca i ponti, affoga i campi coltivati. L’acqua è ovunque, a Senigallia e nelle campagne marchigiane lungo la costa, in provincia di Ancona. L’alluvione ha già fatto due morti e decine di sfollati, anche se l’entità e i costi umani e materiali della calamità sono ancora difficili da valutare. La Protezione civile parla di una “situazione drammatica” e non esclude che ci possano essere altre vittime e altri dispersi. Intanto gli occhi sono sul fiume Misa, i cui argini segnano il confine del centro storico di Senigallia. L’ SCARCERATO perché “mancano gravi indizi di responsabilità”. Umberto Previti Flesca, nipote dell’ex ministro, ai domiciliari da fine marzo con l’accusa di riciclaggio, è stato rilasciato ieri su disposizione del gip di Roma. Previti Flesca, commercialista, è accusato assieme ad altre sei persone di aver reinvestito il denaro sottratto al fallimento di una società romana in una serie di attività, tra cui l’acquisto della clinica napoletana Villa Ruesch, una delle più note della città. A disporre i sei arresti il gip di Napoli, su richiesta del pm antimafia DOMENICA 4 MAGGIO 2014 Giovanni Conzo. Il 14 aprile, il tribunale del Riesame di Napoli aveva trasmesso gli atti alla Procura di Roma, ritenendola competente per territorio. Il pm romano aveva riproposto la richiesta di custodia cautelare. Ma il gip l’ha respinta. “Ha ritenuto che non vi fossero gravi indizi di responsabilità” scrivono i legali di Previti Flesca, secondo i quali l’arresto del commercialista “è stato ingiustificato e frettoloso, disposto da un’autorità giudiziaria in violazione di legge, perché incompetente per territorio”. MARCHE, L’ALLUVIONE UCCIDE: SENIGALLIA SEPOLTA DALL’ACQUA tregua. L’emergenza meteo era stata emessa dalla Protezione civile sabato pomeriggio: livello d’allerta tre su quattro. Da allora la pioggia non ha smesso di cadere quasi mai. E le previsioni meteo mettono ancora angoscia: dovrebbe andare avanti senza sosta anche oggi e l’emergenza è prolungata fino a mezzanotte. Il presidente della regione Gian Mario Spacca ha già annunciato la scontata richiesta dello stato d’emergenza al Consiglio dei ministri. In serata, l’ha raggiunto la telefonata di Matteo Renzi, che ha garantito “il tempestivo intervento” dell’esecutivo e un contatto costante con il capo della Protezione civile, Franco Gabrielli. DUE MORTI, DECINE DI SFOLLATI E DANNI ENORMI. GENITORI E BIMBI BLOCCATI PER ORE IN UNA SCUOLA DELLA CITTÀ DI MARE, LA PIÙ COLPITA. E LE PREVISIONI METEO FANNO ANCORA PAURA LE MORTI ACCERTATE per il momento sono due. La prima persona che ha perso la vita ieri è un uomo di 86 anni di Roncitelli, una frazione di Senigallia. Nicola Rossi, ha IERI SI È GONFIATO fino a superare le barriere e invadere le strade. La Rotonda a Mare che è il simbolo e il I LUOGHI La situazione più critica tra le province di Ancona e Macerata: strade e case sommerse a Osimo, Ostra, Corinaldo e Jesi punto di riferimento delle notti estive di Senigallia, quando la città e i suoi locali si riempiono di turisti, ieri aveva un aspetto assurdo e spettrale, quello di un enorme canale deserto. Ma non c’è solo il centro della località marina a spaventare e a lamentare danni devastanti, ancora tutti da stimare: diverse zone delle Marche, nell’anconetano e nel maceratese sono state colpite dall’alluvione. Le strade e le case allagate sono anche a Osimo, Ostra, Corinaldo, Chiaravalle, Jesi, dove i mezzi di soccorso anfibi 5 LE VITTIME Per Nicola Rossi, 86 anni, l’elicottero del soccorso è arrivato troppo tardi. Aldo Cicetti è stato travolto nella sua cantina SCENE DA UN DISASTRO Varie zone di Senigallia (Ancona) sommerse dalla piena del fiume Misa Ansa sono impegnati nel recupero di persone rimaste bloccate. Come un ragazzo, tratto in salvo mentre era aggrappato disperatamente alla pensilina di un supermercato, lottando per non essere trascinato via dalla corrente. Idrovore, gommoni e uomini di supporto sono arrivati anche dall’Emilia Romagna e dall’Abruzzo. Gli elicotteri del Soccorso Alpino hanno setacciato le aree colpite, per poi raccogliere le famiglie riparate sui tetti delle proprie case. Una scuola di Senigallia, l’Istituto Corinaldesi, è stata ostaggio dell’alluvione per quasi tutta la giornata. Circa un centinaio, tra bambini e genitori, hanno atteso per ore i soccorsi stipati negli ultimi piani dell’edificio. Alla fine sono stati caricati in piccoli gruppi sui camion dei vigili del fuoco, che per raggiungerli hanno dovuto guadare le strade invase dall’acqua. Ora ai marchigiani non resta che guardare verso il cielo e sperare in un po’ di accusato un malore in casa ed è morto prima di essere caricato sull’elicottero che lo avrebbe portato in ospedale. Non c’era modo di mandare un’ambulanza che gli salvasse la vita: le strade del borgo erano diventate fiumi di fango. L’altra vittima è un uomo di 80 anni, Aldo Cicetti. Anche lui in una piccola frazione di Senigallia, Borgo Bicchia. È stato trascinato via dalla corrente nella sua abitazione: era in cantina, tentava di mettersi in salvo insieme alla moglie. Lei ce l’ha fatta, lui è stato travolto. 6 NERVI TESI DOMENICA 4 MAGGIO 2014 Fisco, è scontro tra Attilio Befera e l’esecutivo POLEMICA VIVACE tra il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Attilio Befera, e il sottosegretario all’Economia, Enrico Zanetti (che ha la delega al Fisco). O meglio: il secondo, ex commercialista e deputato di Scelta civica, ha duramente strapazzato il primo, che teoricamente lavora per lui. I fatti. Il 17 aprile, Befera scrive una lettera, resa nota ieri dall’AdnKronos, ai direttori provinciali della sua agenzia: accanto a una generica denuncia della “ostilità” che in Italia incontra chi voglia far pagare davvero le tasse, c’è anche uno strano attacco ai suoi stessi dipendenti. “Se il Fatto Quotidiano un accertamento - si legge - non ha solido fondamento non va fatto e se da una verifica non emergono elementi concreti da contestare, non è corretto cercare a ogni costo pseudo infrazioni formali da sanzionare solo per evitare che la verifica sembri essersi chiusa negativamente”. Replica del sottosegretario Zanetti: “Così sembra che questi comportamenti, non rari a riscontrarsi, siano solo il frutto dell’autonomo e sadico comportamento dei dipendenti dell’Agenzia che lavorano sul territorio. Decisamente un pessimo segnale, non c’è che dire”. LAVORO SI SVEGLIA IL SINDACATO CAMUSSO (CGIL): “IN SENATO HANNO PEGGIORATO UN TESTO NATO GIÀ MALE”. BONANNI (CISL): “IL GOVERNO SE NE FREGA DEI LAVORATORI”. SOLO LA UIL SI SCHIERA COL GOVERNO: “BENE COSÌ” di Marco Palombi a capacità di reazione non è quella dei tempi migliori. Il sindacato italiano – in ordine sparso – ci mette 24 ore giuste a rendersi conto che il decreto Lavoro è stato abbastanza peggiorato, se si guarda agli interessi che loro dovrebbero tutelare, dagli interventi concordati in Senato tra il ministro Giuliano Poletti e la maggioranza. Ha iniziato la Cgil: “Abbiamo visto delle indiscrezioni, non abbiamo testi finali e ci riserviamo di vederli – sostiene il segretario Susanna Camusso –. Se però gli annunci corrispondono alla realtà, mi pare che si sia ulteriormente peggiorato un decreto che già non andava bene e soprattutto si continuano a costruire modalità per cui l’unica strada è la precarizzazione”. L LA COSA che più ha attratto la fantasia del sindacato di Corso d’Italia c’è l’emendamento per cui le aziende che sforano il tetto del 20 per cento di contratti a termine non saranno più obbligate ad assumere a tempo indeterminato: se la caveranno con una multa. “Se si toglie l’obbligo di assunzione – spiega Camusso – ci sarà un uso illimitato e anche illegittimo di forme di lavoro a termine: è il via libera all’illegittimità dei rapporti di lavoro”. Sulla stessa linea ci sono l’Ugl e, soprattutto, la Cisl: “Non ci sono dubbi. Le modifiche introdotte ai contratti a termine sono una cosa incomprensibile – dice il segretario Raffaele Bonanni – oltre a essere più a favore delle aziende che dei lavoratori. È Il cantante FRAINTENDIMENTI Per “Il Giornale” di ieri, sul lavoro avevano vinto i sindacati (e perso Alfano) SINISTRA PD? Fassina: “Se c’è la multa invece dell’obbligo di assunzione per chi usa troppi precari si dovrà ridiscutere tutto” Damiano, però, lo zittisce proprio palese il menefreghismo che c’è nei confronti del mondo del lavoro e in particolare dei lavoratori”. Poi, su Twitter, la versione breve: “Chi non rispetta le regole del tempo determinato deve assumere a tempo indeterminato. Altro è ingiusto”. Di diverso parere, invece, il leader della Uil Luigi Angeletti, che si schiera decisamente col governo: “Sono perché approvino subito il decreto. La multa al posto dell’assunzione se si sfora il tetto del 20 per cento non è un problema, perché tanto le aziende non sono disposte a pagare. Hanno già cominciato a dire che la multa è troppo elevata. La multa elevata è un sufficiente deterrente”. Esattamente la po- sizione dell’esecutivo: “Quella della Camusso è una valutazione personale, che non trova giustificazione negli atti del governo che vanno in una direzione del tutto contraria”, dice il sottosegretario al Lavoro, Luigi Bobba. L’obiettivo del governo, sostiene il politico Pd, già membro del gruppo dei Teodem, è stabilizzare la posizione dei lavoratori e “non viene assolutamente sminuito. L’entità della sanzione pecuniaria (dal 20 fino al 50% dello stipendio annuale per ogni lavoratore eccedente, ndr) è tale da scoraggiare chiunque a superare un vincolo che, tra l’altro, non era previsto nella normativa precedente”. IL TESTO, a questo punto, pare chiuso e non ci sarà spazio per ulteriori modifiche, magari nel terzo passaggio alla Camera: gli emendamenti, infatti, sono stati chiesti a gran voce dal Nuovo Centrodestra, che ne ha fatto una sua bandierina elettorale contro Forza Italia (la quale, contro ogni evidenza, continua a sostenere che gli emendamenti sono stati dettati al governo dalla Cgil). Non a caso ieri Angelino Alfano si vantava con zoppicante ricostruzione storico-culturale: “Abbiamo dovuto vincere alcune resistenze della sinistra post comunista, e devo dire che la collaborazione con la sinistra che non è comunista guidata da Matteo Renzi sta dando davvero ottimi frutti”. A poco serve la resipiscenza tardiva di pezzi della sinistra del Pd: “Rimettere in discussione l’equilibrio del testo sancito con il voto di fiducia alla Camera implica riaprire di nuovo la discus- La Cgil: “Se non viene a Rimini è un insulto” UNA MANCANZA di rispetto. Così Susanna Camusso ha commentato le voci sull’assenza del presidente del Consiglio, Matteo Renzi, dalla tre giorni organizzata dalla Cgil a Rimini dal 6 all’8 maggio. “Non abbiamo ricevuto comunicazioni, ma sarebbe un’assenza di rispetto per una grande organizzazione. In ogni caso non è la presenza del premier a legittimare il congresso”, ha tagliato corto il segretario Cgil. Secondo quanto trapelato negli ultimi giorni, Renzi non ha nemmeno mai preso in considerazione la possibilità di presentarsi al congresso di Rimini. Quindi questa scelta non dipenderebbe dall’ultimo screzio tra il sindacato e il premier – il duro attacco di Piero Pelù dal palco di piazza San Giovanni, dal quale Camusso e gli altri segretari confederali non si sono dissociati –, ma avrebbe origini più profonde. Che il rapporto tra Renzi e le organizzazioni dei lavoratori sia partito con il piede sbagliato non è un mistero: Cgil, Cisl e Uil hanno spesso criticato la mancanza di concertazione su tutti i provvedimenti che hanno ad oggetto il lavoro, dal jobs act alla bozza di riforma del pubblico impiego. sione a Montecitorio prima del varo definitivo del decreto”, ha sostenuto ad esempio Stefano Fassina. L’uomo che - anche per conto dell’ex viceministro - ha gestito la trattativa sul decreto, vale a dire il presidente della commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano, la pensa però assai diversamente: “Le correzioni fondamentali al decreto Lavoro votate da Montecitorio restano tutte confermate. Per noi e per il nostro lavoro è un motivo di grande soddisfazione. I cambiamenti introdotti dal Senato, anche se presentano alcune criticità, non stravolgono i miglioramenti voluti dal Pd e in alcune parti migliorano il testo, come nel caso della formazione per gli apprendisti”. Al di Susanna Camusso, leader Cgil Ansa PROBLEMI Il premier Matteo Renzi tra i due fuochi del decreto Irpef e quello sul lavoro. Accanto, Pier Carlo Padoan LaPresse/Ansa là delle scaramucce - ormai destinate a spegnersi - su un decreto che non serve quasi a niente (di sicuro non a creare nuova occupazione, forse a precarizzare ulteriormente quella che sarebbe esistita lo stesso), resta lo stato comatoso se non peggio dei rapporti tra il presidente del Consiglio e le organizzazioni sindacali. La cosa, peraltro, non mancherà di avere ripercussioni su provvedimenti più seri di questo, dalla legge delega sul lavoro (il cosiddetto Jobs Act col suo contratto unico a tutele crescenti) e, soprattutto, sulla riforma della Pubblica amministrazione, di gran lunga il dossier più scottante su cui dovra lavorare a breve il governo. Piero Pelù “Peggio che con B, il non eletto è incriticabile” di Alessandro Ferrucci n vent’anni di palco al concerto del Primo I maggio Piero Pelù ha urlato “contro il Vaticano, infilato un preservativo al microfono, declinato la carriera di Berlusconi in tutte le sue forme, mai amichevoli, bastonato il socio dell’ex Cavaliere, Marcello dell’Utri”, però “mai, e dico mai, ho ricevuto un trattamento come in questo caso. E solo per aver toccato Matteo Renzi”, racconta stupito il leader dei Litfiba. condo Berlusconi doveva detoscanizzare l’Italia. viare il mio discorso. Pelù, lei insiste. L’accusa è questa: Pelù è avvelenato per i soldi dell’Estate fiorentina. Senta, dal palco ho articolato un discorso spezzato in tre parti, ho parlato degli F-35, di spese militari, ho chiesto un minuto di silenzio dedicato ai morti sul lavoro, a chi non ha lavoro, agli schiavi sul lavoro, eppure tutti si sono concentrati solo sul passaggio dedicato al non eletto dal popolo. Assurdo! Me ne sono andato nel 2007 quando Renzi era a spendere il bene pubblico della Provincia. Lei, il premier lo ha conosciuto da vicino. Strategia, quindi. Inizialmente l’ho anche sostenuto visto lo sfacelo dell’amministrazione precedente. Esatto, la propaganda renziana ha puntato a fuor- Fino a quando... Mi sono accorto che erano solo belle parole, e le persone incantate capaci solo di annuire. Prime pagine, telegiornali, discussioni sul web. Incredibile, non mi aspettavo tutto questo putiferio. E Renzi non mi ha denunciato. Evidentemente... Ha le prove che è un piduista? No, la mia era una provocazione frutto di alcune riflessioni, di alcune evidenze. Quali, in particolare? Il padre del premier è un noto massone, inserito bene nel tessuto toscano, ha in mano molta informazione. Eppoi c’è Denis Verdini, lui è il collante, il personaggio centrale, colui che se- CONTRO IL LEADER PD Le prove sulla P2? Non le ho, ma il padre dell’ex sindaco è un noto massone e ha in mano l’informazione in regione. E poi c’è Denis Verdini... Pelù accusato di grillismo. Esatto, “accusato”. Io sono un anarcoide, e dopo il 2007 ho giurato di non espormi più per nessuno. Detto questo, ci sono alcuni rappresentanti del Cinque Stelle molto capaci, ma non vuol dire che sono un grillino. Abbiamo alcuni punti in comune e basta. Altra bordata dal Pd: lei è un milionario. Li ringrazio per aver scritto il mio 740, lo prendo come buon auspicio. Però, vede, in 35 anni di lavoro, qualche soldo l’ho messo da parte. E non ho mai chiesto né ricevuto alcun finanziamento pubblico, mentre chi mi accusa doveva ridurre la spesa e rinunciare ai rimborsi dei partiti. Lo hanno fatto? Berlusconi e Dell’Utri non la interessano più. Ma se anche l’altro giorno ne ho parlato! Solo che si sono concentrati su Renzi. Insisto: lei non ha prove del premier iscritto alla P2? No, se le avessi lo avrei detto. Subito. Ma aggiungo: il Piano di Rinascita della loggia è stato ampiamente messo in pratica da Berlusconi e da questi nuovi. Lei vent’anni fa ha incontrato Gelli. E allora? Sono andato a intervistarlo. Quindi chi ha incontrato Bokassa è un cannibale? Ultima: Pelù non disdegna la tv borghese. Questa è bella e le dico anche da chi arriva: da Merlo su Repubblica, incornicerò quel pezzo per la quantità di castronerie. Quanti solidali e quanti contro? In poche ore ho ricevuto 12 mila “mi piace” su Facebook, le basta? Lo rifarebbe? Tolto lo stupore per la reazione? Sì. Sono un rocker e devo rompere le palle. Twitter: @A_Ferrucci NERVI TESI il Fatto Quotidiano Al via tour di Matteo per le Europee: pure i “rottamati” con lui INIZIA IL TOUR elettorale di Matteo Renzi a sostegno dei candidati del Pd alle elezioni europee e amministrative in programma domenica 25 maggio. La partenza è fissata per la prossima settimana, le tappe sono quasi tutte già programmate compatibilmente con gli impegni di governo del premier. Per ora il calendario di eventi riguarda soprattutto il centro-nord, ma Renzi cercherà di scendere anche nei collegi insulari. Soprattutto in Sicilia, dove il Pd è dilaniato da correnti interne e subisce la concorrenza del Movimento 5 Stelle. Prima di mettersi in viaggio, però, il premier ha convocato domani a DOMENICA 4 MAGGIO 2014 Roma la Direzione del Pd, allargata ad amministratori locali e parlamentari: è una sorta di chiamata alle armi in vista delle ultime settimane di campagna elettorale. L’obiettivo ormai dichiarato è quello di frenare la crescita “grillina”. I sondaggi che circolano al Nazareno danno infatti il Movimento 5 Stelle in 7 forte ascesa, anche se Palazzo Chigi ostenta sicurezza: siamo appena all’inizio dello sforzo, è il refrain. D’altronde Renzi non va per il sottile e ha chiesto la presenza in campo anche dei “rottamati”: Massimo D’Alema, Walter Veltroni e Pier Luigi Bersani si uniranno al lui in alcune tappe del tour. fatto a mano LO SFOGO Renzi: “I tecnici del Senato contro di me per vendetta” IL PREMIER LEGGE LE CRITICHE ALLE COPERTURE DEL BONUS DA 80 EURO COME UN ATTACCO AL PROGETTO DI ABOLIRE LA SECONDA CAMERA: “I SOLDI CI SONO” di Stefano Feltri arei curioso di sapere quanti di quelli che contestano le coperture degli 80 euro hanno stipendi sopra il tetto dei 240 mila euro, e ovviamente è un caso che quelle critiche vengano dal Senato che voglio abolire”. Il premier Matteo Renzi ha letto il dossier del servizio Bilancio di Palazzo Madama in cui le coperture del bonus fiscale promesso per fine mese sembrano assai fragili. Ha letto, non ha gradito, ma non si è stupito: lui vuole abolire il Senato per trasformarlo in una camera di rappresentanza degli enti locali, normale che l’apparato, la burocrazia, si ribelli. Renzi capisce, ma nessuna pietà: “Ci sarà il blocco del turnover e i funzionari avranno un ruolo unico tra Camera e Senato”, ha spiegato il premier ai suoi interlocutori in queste ore. Tradotto: quelli che oggi criticano le coperture del decreto Irpef si godano il momento di celebrità, perché dopo la riforma (Renzi continua a essere sicuro che si farà), perderanno il loro status e dovranno mescolarsi con i colleghi di Montecitorio. S RENZI VUOLE AFFERMARE il primato della politica sui tecnici che – non sempre a torto – in questi anni hanno imbrigliato anche i governi più determinati, come quello di Mario Monti nei primi mesi del 2012. Ma il premier ci tiene anche a contestare le valutazioni del Servizio Bilancio del Senato nel merito. Dico- no i tecnici che 600 milioni di gettito Iva dal pagamento dei debiti della pubblica amministrazione sono troppi, chissà quanto arriverà davvero. “Ma se noi paghiamo 13 miliardi, dovrebbero entrare circa 2,6 miliardi di Iva, come fanno a dire che 600 milioni è una stima eccessiva? Purtroppo mi hanno impedito di fare la ritenuta alla fonte, che avrebbe evitato ogni forma di evasione e garantito le entrate”, è il calcolo del premier. Che è piuttosto seccato soprattutto dal fatto che il Senato contesti l’aumento della tassa sulla rivalutazione delle quote di Bankitalia detenute dalle banche azioniste. Nel dossier del servizio Bilancio si rileva che alzare il prelievo al 26 per cento potrebbe “non garantire quell’esigenza di anticipata conoscenza da parte del contribuente del carico fiscale posto sulle proprie attività economiche”, e quindi sarebbe incostituzionale. Peccato che, nota il premier, l’intervento fiscale non può essere considerato retroattivo visto che riguarda l’anno in corso, semplicemente “le banche si erano convinte, sulla base di una circolare dell’Agenzia delle Entrate, che l’aliquota sarebbe stata al 12 per cento, io ho sempre pensato che dovesse essere almeno il 20, visto che è un aumento di capitale, e l’ho portata al 26. Il nostro intervento è tecnicamente inappuntabile, anche se può non piacere all’Abi di Antonio Patuelli”. La lobby del- L’Italia della crisi: i dieci più ricchi guadagnano come 500 mila operai uesto tipo di statistiche lascia sempre il tempo che prova, ma è utile a Q chiarire in modo simbolico quale livello cento della popolazione italiana possiede una ricchezza pari a quella del 4,5 per cento della popolazione totale. per un maggiore benessere”. D’altronde anche la dinamica dei redditi familiari conferma il rischio di sfarinamento deldi disuguaglianze si stiamo accumulanla coesione sociale indicato dall’istituto do nella società da trent’anni a questa ANCOR PIÙ interessanti, probabilmen- di ricerca: rispetto a dodici anni fa, riparte. Altro che la “regola Olivetti” ci- te, i numeri che riguardano l’incidenza leva il Censis, i redditi familiari annui tata da Matteo Renzi (un manager non della crisi economica nelle varie fasce degli operai sono diminuiti, in termini può guadagnare oltre dieci volte di più della popolazione: tra il 2006 e il 2012, reali, del 17,9 per cento, un’enormità; dei suoi dipendenti), il panorama sulla per dire, i consumi familiari annui degli male è andata pure agli impiegati, i cui distribuzione della ricchezza tratteggia- operai si sono ridotti, in termini reali, redditi familiari sono scesi del 12 per to ieri dal Censis fa pensare più alla del 10,5 per cento, quelli dei dirigenti cento; contenuto, invece, il calo per gli “regola Ramsete II”: il Faraone possiede solo del 2,4; a metà si situa la contra- imprenditori (-3,7 per cento). Sono adpure i corpi dei propri sudditi. Questi i zione degli acquisti per impiegati dirittura aumentati, infine, i guadagni numeri. I 10 uomini più ricchi d’Italia (-4,5%) e imprenditori che (-5,9%). “In dei dirigenti (+1,5 per cento). dispongono di un patrimonio di circa questa situazione - mette a verbale il L’un per cento di chi guadagna di più 75 miliardi di euro, pari a quello di qua- Censis - è alto il rischio di un ritorno al (top earner), vale a dire circa 414mila si 500mila famiglie operaie messe in- conflitto sociale piuttosto che alla cul- contribuenti, si è diviso nel 2012 un redsieme. Poco meno di duemila italiani tura dello sviluppo come presupposto dito netto annuo di oltre 42 miliardi di ricchissimi, membri del euro - scrive ancora il Cenclub mondiale degli ultrasis - con guadagni netti inricchi, dispongono di un dividuali che volano mediapatrimonio complessivo LOTTA DI CLASSE mente sopra i 102mila euro, superiore a 169 miliardi di Il Censis racconta come le varie fasce di popolazione hanno subito mentre il valore medio dei euro (senza contare – noredditi netti dichiarati dai tare bene - il valore degli la recessione: i redditi dei lavoratori sono scesi del 17,9%, quelli degli contribuenti italiani non immobili): cioè lo 0,003 per imprenditori del 3,7%. I manager prendono persino di più (+1,5%) raggiunge i 15mila euro. le banche però è forte e, dopo aver ottenuto dal governo Letta l’enorme regalo della rivalutazione delle quote di Bankitalia (un balsamo per i bilanci e la promessa di un considerevole aumento di dividendi), non si arrenderà. Il pericolo per Renzi è che le banche facciano ricorso contro l’aumento del prelievo al 26 per cento, ma anche in quel caso non sarebbe a rischio l’intero gettito da 1,8 miliardi, ma soltanto l’aumento, circa 900 milioni (o forse solo 400). RENZI SA CHE SI GIOCA molto con gli 80 euro, domani arriveranno le previsioni economiche della Commissione europea che dovrebbero confermare i numeri del Documento di economia e finanza del governo. A Palazzo Chigi e al ministero dell’Economia contano su una certa indulgenza europea, visto che la Commissione sta per essere rinnovata, e non accettano che i tecnici del Senato siano più severi di quelli di Bruxelles. “Come fanno a dire che mancano coperture? Dei 700 milioni di risparmi sulla spesa dello Stato, ben 400 li assicura la Difesa, dalla lotta all’evasione stiamo recuperando 100 milioni al mese e possiamo arrivare a 500, 900 milioni arrivano dai risparmi sui costi della politica, soltanto la cancellazione delle Province vale 120 milioni di euro su otto mesi del 2014”. La battaglia è appena cominciata, i tecnici del Senato sono avvertiti, il premier farà di tutto per difendere i suoi numeri. Twitter @stefanofeltri 8 VOTI E POLTRONE DOMENICA 4 MAGGIO 2014 Salvini: “Chi vota Berlusconi sta con la Merkel” di Wanda Marra er i livelli di guida delle istituzioni europee dovremo mandare in Europa le persone più forti che abbiamo: e qui parlo da premier”. Era il 18 marzo scorso quando Matteo Renzi pronunciava forti e chiare queste parole presentando il libro di Massimo D'Alema (“Non solo euro”) al Tempio di Adriano di Roma. Al Lìder Maximo, seduto accanto a lui, era sembrato un impegno, un’assicurazione non proprio esplicita, ma sufficientemente evidente del fatto che il suo “nemico amatissimo” era pronto a spendersi per candidarlo nella nuova Commissione europea, al posto destinato a un italiano. In sostituzione di Tajani che si è candidato con FI e con ogni probabilità entrerà al Parlamento europeo. È passato un mese e mezzo e i contendenti per un posto al sole in Europa sono aumentati. A sfidare D’Alema c’è Enrico Letta, ma anche Piero Fassino. P MATTEO SALVINI “Chi vota Berlusconi vota Merkel: sono insieme nel partito popolare europeo; chi vota il Pd vota Schulz”. Lo ha detto il segretario federale della Lega Nord, Matteo Salvini, durante un’iniziativa elettorale a Genova. “Vi chiedo di portare voti alla Lega, non per avere un eurodeputato in più, ma per avere un’Europa diversa e per garantire un futuro ai nostri figli. L’obiettivo è crescere: l'aria è buona e frizzante non solo al Nord”. Gli amici di Forza Italia, con la quale la Lega è al governo in varie giunte in giro per l’Italia, a partire dalla Lombardia, reagisce con eguale veemenza. È l’onorevole Elvia Savino. Calligrafica: “Chi vota per la Lega Nord alle europee vota per i fascisti. Non lo dico io, ma loro. La Lega infatti si è alleata con il Fronte Nazionale di Le Pen”. Ue, un commissario per tre: in corsa Letta D’Alema e Fassino RENZI DOVRÀ INDICARE IL SUCCESSORE DI TAJANI. IL LÌDER MAXIMO STA FACENDO CARTE FALSE, MA ENRICO È TEMIBILE CHI LA SPUNTERÀ alla fine? Molte le variabili in campo. Bisognerà vedere come vanno le elezioni, con i risultati di Ppe e Pse. Il Pd potrebbe essere addirittura il primo gruppo dei Socialisti europei. E questo significherebbe avere molta voce in capitolo e puntare a prendere nella Commissione un posto importante, come quello di Mr Pesc (quello che avrebbe voluto D’Alema già nel 2009, ma che andò poi a Catherine Ashton). Ci sono le variabili interne. E il metodo Renzi: quello di decidere tutto all’ultimo momento, anche a dispetto di accordi presi. Ne sa qualcosa il sindaco di Bari, Michele Emiliano, che fino alla notte prima della chiusura delle liste era capolista al Sud e si è poi visto preferire Pina Picierno. In questo momento, a tre settimane dal voto, sembra un testa a testa tra Letta e D’Alema. Non fosse altro perché entrambi sono ex premier. Con l’ago della bilancia che pende a favore del D’Alema, Letta e Fassino LaPresse primo, tant’è vero che il nervosismo di D’Alema, che sa riconoscere un avversario temibile, è palpabile. Dopo la defenestrazione da Palazzo Chigi, Enrico e Matteo si sono incontrati una decina di giorni fa. Poco è trapelato di quell’incontro, ma la questione è sul piatto. Letta, dicono i suoi, non avrebbe chiesto nulla (tant’è vero che nulla ha trattato uscendo da Palazzo Chigi). Quel posto per lui è sottodimensionato, sostengono. Ma l’ex premier non fa mistero di voler andar via dall’Italia. Hha iniziato con un ciclo di seminari sull’Europa alla Sciences-Po di Parigi. Il curriculum è quello giusto: è molto stimato a il Fatto Quotidiano livello internazionale. È giovane. Sul piano interno a Renzi potrebbe convenire ricucire ,risarcendolo, anche a livello d’immagine. E D’Alema? Ex ministro degli Esteri, ex premier anche lui, può vantare ottimi rapporti nel Pse. Ma quelli a Renzi li ha già portati in dote: durante il congresso a SEGRETISSIMO Andreotti, l’archivio lungo una vita A ll’Istituto Sturzo di via delle Coppelle sono conservate dal 2007 le carte di Giulio Andreotti. La figlia del senatore, Serena – 60 anni e una carriera alla Treccani – racconta all’Ansa come passi le mattine a scartabellare tra quei 3500 faldoni lasciati dal padre e chiusi in armadi mobili nel seminterrato di palazzo Baldassini. Ricorda come il padre ritagliasse munito di forbici articoli e foto di giornale tanto che quando gli regalarono una fotocopiatrice “lui era felicissimo e noi potevamo leggere in pace!”. Solo il 20% dell’archivio è consultabile, essendo stato inventariato e in parte digitalizzato. “Per il resto ci vorranno anni”, spiega Giuseppe Sangiorgi, segretario generale dell’Istituto. Ma la figlia dello statista non si preoccupa. “Per ora sto risistemando il fascicolo sul divorzio”. Per il capitolo Sicilia c’è tempo. Roma, non a caso, l’unico che Matteo era andato a salutare arrivando era stato lui, che faceva la sponda tra la prima fila e il palco. Ma sono passati 15 anni da quando era presidente del Consiglio. Se nei giorni del Tempio di Adriano Renzi poteva sperare che D’Alema compattasse la minoranza Pd e dunque gli facilitasse il compito, si è chiarito che non è così. Perché la minoranza dem è una sorta di Armata Brancaleone allo sbaraglio che nessuno è in grado di indirizzare. Max però in Europa ci vuole assolutamente andare. E infatti fa campagna elettorale girando col suo libro per tutta la Penisola, è andato mercoledì da Napolitano a perorare la sua causa. E sente Matteo spesso e volentieri, pronto a far pesare la (mezza) parola data e soprattutto il rapporto di ferro con il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan. TRA I DUE LITIGANT , il terzo gode, si dice. E alcuni - tra i renziani di peso - sono pronti a scommettere su Piero Fassino. Ex ministro del Commercio estero, ex responsabile Esteri del Pds, l’ultimo segretario dei Ds pare ne abbia abbastanza di fare il Sindaco di Torino (sogno per il quale rinunciò a correre come candidato alle europee del 2009), anche perché ha una maggioranza molto difficile da gestire. Ma, raccontano i suoi, non ha spinto per nessun posto da Commissario. Se glielo chiedessero, però...Unico vero renziano in corsa, Fassino potrebbe essere raccontato come una sorta di “Sindaco d’Europa”. E dall’Anci, di cui è presidente, sono arrivati al governo figure di primo piano come Graziano Delrio e il sottosegretario alla Pa, Rughetti. Con Renzi, però, non si sa mai. Magari alla fine potrebbe estrarre dal mazzo una carta inedita. Per esempio, una donna. Citofonare Grazioli, i carabinieri su B. UNA VOLTA ALLA SETTIMANA LE FORZE DELL’ORDINE CONTROLLERANNO SE BERLUSCONI È EFFETTIVAMENTE IN CASA Silvio Berlusconi Ansa di Sara Nicoli ura la vita del condannato. Già “lo fanno andare a dormire con le galline, lui che ha sempre tirato tardi – è parola di un forzista di alto lignaggio – poi vengono pure a controllare... e poi vogliono che lui non parli male dei magistrati? Ma come si fa...”. Davvero, è dura per il Cavaliere. Il D 30 aprile, dopo le 23, le forze dell’ordine gli hanno suonato a palazzo Grazioli solo per sapere se era lì, come previsto dal magistrato di sorveglianza, e quella visita, che ha indispettito non poco la compagna Francesca (Dudù, pare, abbia abbaiato a lungo), altro non è che la prima di una lunga serie. LE INDICAZIONI arrivate a Roma dal Tribunale di Sorveglianza di Milano parlano, infatti, di una marcatura piuttosto stretta per Berlusconi; avrà una visita a settimana, almeno per i primi tempi, per farlo “abituare” al nuovo regime. Poi, passate soprattutto le elezioni e “se avrà tenuto un comportamento complessivamente corretto”, allora la sorveglianza si farà meno stringente. All’inizio, però, nessuna deroga. Berlusconi si sente in trappola. Ha dovuto ospitare le telecamere di Virus, l’altra sera su Raidue, visto che il magistrato gli aveva detto no alla registrazione in corso Sempione a Milano. OGGI TOCCA a Lucia Annun- punto percentuale (dal 4,46% del 25 aprile al 3,48% del 2 maggio) proprio a causa della soporifera presenza del Cavaliere. Anche a Piazza Pulita, si ricorderà, le cose non erano andate granchè, dopo la lunga intervista di Corrado Formigli, che ha fatto scendere il programma al 4,3% contro la “media” del 5%, ziata, accolta nel giardino di Arcore, ma pare che questa offensiva mediatica, da lui fortemente voluta per tentare di risalire un minimo nei sondaggi, si stia rivelando un boomerang. Non solo per i dati, che continuano a dare Forza Italia ampiamente sotto il 20% (gli istituti, in media, la collocano tra il 17,5% e il 18,6%), ma anche per le trasmissioni tv. Berlusconi, oggi, fa perdere ascolto. Virus di Raidue, per dire, ha perso un CAMPAGNA AMARA L’intervista a “Virus” costa un punto percentuale alla trasmissione di Porro. Oggi tocca alla Annunziata per non parlare di Domenica Live di Canale 5, sceso addirittura sotto Raiuno e Mara Venier. Silvio non fa più ascolto? I sondaggi confermano. Ma non è detta l’ultima parola. Perché già mercoledì prossimo tenterà un nuovo colpo di teatro. L’appuntamento è per mercoledì 7 maggio a piazza San Lorenzo in Lucina, praticamente alla vigilia del suo primo “battesimo” tra i malati di Alzheimer di Cesano Boscone, ingresso previsto per venerdì 9. Il Cavaliere benedirà “Azzurra Libertà”, la nuova creatura dei circoli giovanili di Forza Italia, con 200 giovani e tutti i big del partito che diranno la loro, Santanchè compresa. Una kermesse per rilanciare l’immagine di Forza Italia e tentare di raggranellare quel che ancora si può. Berlusconi, di suo, ce la mette tutta. E ieri, intervenendo via telefono nel collegio elettorale di Scilipoti, ha attaccato tutti senza remora alcuna. Renzi: “Per dare 80 euro ha aumentato le tasse sulla casa e sui risparmi: non vedo perché se si vuole dare una mancia elettorale la si debba far pagare ai pensionati e alle famiglie”. Grillo: "È un aspirante dittatore, un urlatore, uno sfasciacarrozze”. Ma, nonostante tutto, l’accordo con Renzi “reggerà sicuramente, noi le riforme le abbiamo sempre volute e le abbiamo anche fatte”. Perché, ha chiuso il Cavaliere, “ricordo sempre la frase di Erasmo da Rotterdam che diceva: le decisioni più sagge vengono da una lungimirante follia”. E che follia… PAGA PANTALONE il Fatto Quotidiano Faraone a Crocetta: “No ai bandi per le auto blu” NO A NUOVE AUTO BLU in Sicilia. Davide Faraone, deputato e membro della segreteria del Pd siciliano, si schiera contro i due bandi della Regione per il noleggio di macchine di servizio. Costo complessivo, circa 2 milioni di euro. Per il deputato renziano, “mentre il governo nazionale fa aste per vendere il suo parco auto, la Sicilia non può fare aste pubbliche per noleggiarne di nuove. Le due macchine a disposizione del presidente della Regione Crocetta e del presidente dell’Ars Ardizzone sono più che sufficienti: per il resto ci sono i mezzi privati, i mezzi pubblici, gli scooter e per i più intraprendenti le bici”. La polemica è legata a un bando pubblico regionale per il noleggio di 5 auto blindate, al costo di 6.000 euro al mese l’una, per 48 mesi. Due dei nuovi mezzi, poi, sarebbero noleggiati appositamente per rimanere parcheggiati uno a Roma e l’altro a Bruxelles, pronti per IL SENSO DELLA SICILIA PER CUFFARO VITALIZIO AL CONDANNATO PER MAFIA 6MILA EURO AL MESE ALL’EX GOVERNATORE: TUTTO SECONDO LE NORME REGIONALI di Giuseppe Lo Bianco Palermo ra Totò Cuffaro e la Sicilia il rapporto è indissolubile, anche dopo le dimissioni da governatore e la condanna definitiva a sette anni per favoreggiamento alla mafia. Dall’aprile di tre anni fa, ogni mese, anche adesso che è rinchiuso in una cella di Rebibbia, l’ex governatore riceve un bonifico di seimila euro lordi a ricordargli la munificenza della sua terra. Unico limite, l’impossibilitàdi ottenerli direttamente: la condanna in giudicato gli impone la presenza di un procuratore, in- T dicato da lui stesso, che incassa le somme, frutto del vitalizio che la regione siciliana gli riconosce per la sua militanza ultradecennale all’Assemblea regionale. PER IL DECRETO Monti del 2012, la condanna per reati di mafia di un deputato non è un ostacolo per ottenere il trattamento di quiescenza: lo è invece per chi è condannato in via definitiva per “delitti contro la pubblica amministrazione che comportino interdizione dai pubblici uffici”, come recita uno degli articoli del decreto recepito in Sicilia appena un mese fa sull’onda della spending review: anche nell’isola di Ben- godi un ex deputato condannato dalla Cassazione per avere rubato denaro pubblico non può continuare a percepire il vitalizio come un normale pensionato. Ma l’assemblea regionale gli lascia comunque una via di fuga per riottenere la pensione: “fatti salvi – recita il nuovo testo del regolamento – gli effetti della riabilitazione” giudiziaria, che monda i delitti, sbianca la fedina penale e garantisce il ritorno del vitalizio. E visto che il decreto Monti ha dimenticato i condannati per reati di mafia può dormire, in prospettiva, sonni tranquilli Raffaele Lombardo, successore di Cuffaro non solo a palazzo VASA VASA Cuffaro è stato condannato a 6 anni per favoreggiamento alla mafia Ansa DOMENICA 4 MAGGIO 2014 d’Orleans ma anche nel destino giudiziario, con una condanna, per ora in primo grado, a sei anni di carcere per concorso in associazione mafiosa. E possono stare tranquilli anche tutti gli ex deputati (una decina circa) già condannati per mafia nel corso degli ultimi venti anni; a loro, con il vecchio sistema previdenziale, basta aver fatto tre legislature per andare in pensione a 50 anni: se ne hanno fatte solo due dovranno aspettare i 55 anni. Fino al 2012, infatti, l’Assemblea Regionale Siciliana permetteva agli ex deputati di andare in pensione anche a 50 anni se avessero avuto tre legislature 9 essere utilizzati durante le trasferte del presidente Rosario Crocetta. “Sono sicuro che il mio appello sarà ascoltato – ha concluso Faraone – perché Crocetta, tra mille resistenze di chi gli stava intorno, ha fatto una bandiera dei tagli ai costi inutili della politica". LECC LECCAA Alessandro a Daniela: sei tanto cioccolatosa L’AMORE CONTA, cantava un Ligabue d’annata. E allora il buon Alessandro Sallusti va compreso. Va capito, il titolo riservato ieri dal suo Giornale alla sua compagna Daniela Santanchè: “Il ritorno a casa (al cioccolato) della Santanchè”. Nel breve, ma sentito prezzo (con allegata foto della berlusconiana in giacca e top), tanta ma tanta dolcezza. Incipit: “Non è solo un importante momento politico ma anche un gioioso ritorno a casa, ogni qual volta che l’onorevole Daniela Santanchè – responsabile nazionale per la raccolta fondi di Forza Italia – torna a Cuneo, la sua terra d’origine”. Pare quasi di sentire l’eco dell’euforia dei cittadini, al riapparire tra le strade natie della pitonessa. Ma c’è altro, ci informa il quotidiano diretto da Sallusti: “L’altra sera, alla presentazione dei candidati regionali ed europei, la deputata ha svelato il suo lato più nascosto, facendo tappa nella sua pasticceria preferita per far scorta di cioccolatini”. Perché non di sola politica si vive. Ci sono pure i dolciumi, a rendere più lievi le fatiche della Santanchè. Persino autoironica, quando torna a Cuneo: “Studiavo Giurisprudenza, o per meglio dire lui (Carlo Savio, candidato sindaco a Saluzzo, ndr) cercava di spiegarmi quello che mi ero perso durante le lezioni in aula”. Sa essere simpatica la Santanchè, quasi cioccolatosa. Perché l’amore conta. La politica pure. MONTI DISTRATTO Il suo decreto non ha escluso l’appannaggio per chi ha commesso reati di malavita organizzata. E decine di deputati “respirano” de che il primo assegno pensionistico scatti al compimento dei 65 anni di età «a condizione di aver svolto un periodo effettivo di mandato per almeno 5 anni'”. E se il baby pensionato Totò Cuffaro a soli 56 anni continuerà a percepire da detenuto la pensione, il caso imbarazza la politica siciliana, stretta in un assordante mutismo. alle spalle. Proprio come Cuffaro, che dopo le dimissioni da presidente della Regione nell’aprile 2008, venne eletto al Senato, rimanendo a Palazzo Madama fino al febbraio del 2011, mese in cui è decaduto per la condanna definitiva, a cui è seguita l’immediata richiesta di vitalizio.Che oggi non potrebbe più ottenere, visto che le regole sono cambiate e l’attuale regolamento dell’Ars preve- NON PARLA il presidente della commisione regionale antimafia Nello Musumeci, ieri irraggiungibile al cellulare, a cui tocca decidere se porre alla sua commissione una domanda semplice ma attuale: è giusto che gli ex deputati regionali condannati in giudicato per reati collegati alla mafia continuino a percepire vitalizi? Non sarà facile rispondere, per una commissione il cui segreta- rio, l’onorevole Salvino Caputo (ex Pdl, ora Fratelli d’Italia), e' candidato ad un mega vitalizio (all’attivo ha ben quattro legislature) nonostante sia anch’egli condannato con sentenza passata in giudicato: un anno e cinque mesi per tentato abuso di ufficio. Da sindaco di Monreale (Palermo) tentò di cancellare una serie di multe che i vigili urbani avevano sollevato all’arcivescovo Salvatore Cassisa e ad alcuni suoi ex assessori. Ora rischia la decadenza dall’assemblea regionale, che dovrà essere pronunciata dopo un parere della commissione verifica poteri sull’interpretazione della legge che prevede l'incandidabilità dei deputati con sentenza in giudicato. Commissione della quale Salvino Caputo è vice-presidente. Grillo, guerra ai “rossi” e sbarco da Vespa IL LEADER DI 5 STELLE TRATTA LA PRESENZA A “PORTA A PORTA”. IL SUO BLOG CONTRO LANDINI: “LA FIOM PRENDEVA I SOLDI DAI RIVA” di Luca De Carolis lla lista dei nemici “rossi” ha aggiunto Landini. All’elenco delle tappe della campagna A di maggio, affollata di comizi, potrebbe aggiungere Porta a Porta. Nel giorno in cui il suo blog attacca il sindacalista, rinfacciandogli “i 400 mila euro che i Riva destinavano ogni anno alla Fiom”, Beppe Grillo fa rumore anche per la trattativa con Bruno Vespa. Come anticipato dal Secolo XIX, il fondatore di M5S potrebbe andare come ospite in trasmissione, per un fragoroso ritorno sulla Rai. Il condizionale è d’obbligo, perché ci sono ancora vari nodi da sciogliere. Tra questi, la necessità di garantire nel giro di poche ore lo stesso spazio a Renzi e Berlusconi. Va poi chiarito se Grillo andrà nello studio Rai per la diretta o se parlerà in collegamento. Unica certezza: se andrà in studio, sarà comunque da solo. “È una condizione irrinunciabile” confermano dal M5S. Sull’appuntamento pesano anche altri interrogativi. “La nostra base sarebbe d’accordo sulla sua presenza a Porta a Porta?” si chiedeva ieri un parlamentare di peso del Movimento. Nell’attesa, alle 19:15 di stasera Gril- lo sarà su Sky Tg 24, per un’intervista in diretta. Dopo il colloquio con Mentana su La7 di un mese fa e l’intervista ad Agorà di pochi giorni fa, il fondatore di M5S ha ormai messo da parte l’ostracismo per il piccolo schermo. Parteciperà ad altri programmi da qui al 25 maggio. CONVALESCENZA permettendo, in tv potrebbe apparire anche Gianroberto Casaleggio. Deciso ad accompagnare Grillo sul palco di San Giovanni il 23 maggio, per il comizio di chiusura a Roma. L’epilogo di una campagna che per l’artista genovese sarà una prova di resistenza. L’elenco delle date filtrato ieri racconta di 18-19 comizi in 19 giorni per Grillo. Si parte domani, con l’appuntamento di Cagliari. Poi sarà la volta di Palermo, Bari e Napoli. Tre le date nelle regioni rosse: Reggio Emilia il 9, Bologna il 10, fino all’appuntamento nella città di Renzi, Firenze, fissato per il 21, a urne imminenti. Appuntamenti cruciali, per Grillo che ha impostato buona parte della sua offensiva sull’attacco alla sinistra e ai suoi luoghi e simboli. Dalle bordate contro la “peste rossa” (tradotto, i sindacati) lanciate a Piombino davanti all’acciaieria conduttore, Michele Santoro. In trasmissione c’era anche Landini, pure lui severo con Grillo. Il blog del leader di 5 Stelle gli ha dedicato un post, “Piccola biografia”. A corredo, una foto in cui Renzi e il segretario Fiom si salutano affettuosamente. Nel testo, fuoco a volontà: “Nessuno ha ricordato a Landini i 400.000 euro all’anno che i Riva (patron dell’Ilva, ndr) destinavano (motu proprio fino al 2013 come documentato da Report) a Fim e Fiom. Da almeno 23 anni fa il sindacalista a tempo pieno, quindi sono almeno 23 anni che non fa una saldatura. Quale differenza c’è tra Landini e chi da VELENO VIA WEB oltre vent’anni vive di politica?”. Firmato Giovanni D., Avellino. “Fa il sindacalista da 23 Fendenti contro un leader sinanni, che differenza c’è tra dacale che, a differenza della Camusso, non ha pessimi rapporti lui e chi vive di politica con Renzi. Vicino alla lista Tsipras. Un altro avversario a sinida oltre vent’anni?” stra per Grillo. Che il 25 maggio vuole arrivare davanti a tutti. A L’ennesimo attacco ogni costo. Lucchini, fino al blitz nell’assemblea del Monte Paschi di Siena, l’assalto è continuo. Ieri, rimanendo nella categoria grillina peste e affini, nella lista è entrato anche Landini. L’ennesimo ricasco della puntata di giovedì scorso di Servizio Pubblico, in cui un delegato Fiom della Lucchini (ed esponente Pd) aveva attaccato Grillo (“Deve venire a Piombino in punta di piedi, rispettare la dignità dei siderurgici e del lavoro”). Il blog dell’artista aveva risposto bollando come “giornalista del giorno” il Maurizio Landini LaPresse di M5S alla sinistra Twitter @lucadecarolis 10 AUSTERITÀ DOMENICA 4 MAGGIO 2014 De Benedetti: ”Il potere di Google mi fa paura” L’editore HA PAURA DI GOOGLE, l’ingegnere ed editore di Repubblica Carlo De Benedetti. Il perché lo ha spiegato dalle colonne del suo blog sull’Huffington Post: gli operatori digitali globali immagazzinano dati personali senza alcun controllo, lasciando gli utenti “in balia di chi ne fa il- legittimo uso come le agenzie di sicurezza americane”. La diffidenza di De Benedetti verso i colossi di Internet è cosa nota: l’editore si era schierato a favore dell’ipotesi della cosiddetta “web tax”, la norma che prevedeva che qualunque azienda anche solo online dovesse provve- il Fatto Quotidiano dere all'apertura di partita Iva, attraverso cui far transitare le proprie operazioni finanziarie. La norma era stata poi cancellata da Matteo Renzi e, in una recente intervista, De Benedetti ha definito il premer “infuenzato dall’ambasciata americana”. Urbano Cairo “Non venderò La7, la cura funziona e servirebbe a Rcs” di Stefano Feltri na poltrona nel cda della Rcs? Non ne ho parlato con nessuno, sono più un operativo che uno da consiglio, ma se mi faranno una proposta ci penserò”. Oggi si riunisce il consiglio di amministrazione della Rcs, Urbano Cairo è appena salito al 3,68 per cento del capitale e potrebbe entrare in cda a sancire il suo ruolo di protagonista in via Solferino. Assieme a Diego Della Valle l’editore e proprietario di La7 rappresenta ormai il contropotere alla Fiat di John Elkann nell’ultimo salotto buono rimasto. U Dottor Cairo, qualche settimana fa sembrava certa la fine della direzione di Ferruccio de Bortoli al Corriere. Lei è per confermarlo o per congedarlo? Ho una tendenza ai rapporti duraturi, Sandro Mayer l'ho preso nel 2003 ed è ancora con me. Se guardiamo le copie vendute e il rapporto con gli inserzionisti pubblicitari, mi sembra che De Bortoli abbia fatto un buon lavoro. Linkiesta.it ha scritto che lei sogna Enrico Mentana in via Solferino. Mentana non lo muovo da La7, sta facendo molto bene come direttore del tg e conduttore di programmi di approfondimento. Di recente ho rafforzato il rapporto con lui, con l'impegno a una stabilità almeno triennale. Chi comanda sul Corriere, John Elkann o lei e Della Valle? Io sicuramente no, c'è un cda che ha dei poteri, anche se è stato nominato da un patto di sindacato che oggi non c'è più, e che ha cooptato come amministratore delegato Pietro Scott Jovane che mi sembra di ispi- razione Fiat. Perché continua a spendere per un'azienda in difficoltà come Rcs? Come nel caso di La7, quando un'azienda ha delle attività che hanno un appeal presso il pubblico, se si interviene in maniera veloce e decisa, con tagli mirati, si possono ottenere buoni risultati. Ha funzionato con La7, a maggior ragione ci sono spazi di miglioramento alla Rizzoli che ha un fatturato dieci volte più elevato. La7 ha appena perso il direttore CHI COMANDA Licenziare De Bortoli? A me sembra che abbia fatto bene, sia sulle vendite sia nel rapporto con gli inserzionisti, ma decide Elkann ra molto da dire, quest'anno ha ottenuto un ottimo risultato medio intorno al 9,5 per cento, al livello del programma di Maurizio Crozza. Santoro è uno dei più bravi giornalisti della tv italiana. Sono onorato di averlo a La7. A inizio stagione lei aveva puntato su tre nomi: Salvo Sottile, Rita dalla Chiesa e Gianluigi Paragone. Bilancio? RISANATORE Urbano Cairo ha aumentato la sua quota in Rcs al 3,68% LaPresse Per Paragone positivo. La sua Gabbia di mercoledì era sopra il 4 per cento, alla domenica è partito più in basso e poi è salito, ora è tornato al mercoledì in un momento difficile, ma mi aspetto che possa recuperare quel livello. Sottile è un conduttore di qualità, ma Linea Gialla poteva essere scritto meglio e non ha avuto i risultati che mi aspettavo. Per la Dalla Chiesta c'è stato l'epilogo senza l'inizio. Quali sono i programmi che fanno guadagnare la rete? Conta il risultato globale. Corrado Formigli ha fatto una buona stagione, le Invasioni barbariche sono andate discretamente, abbiamo un diritto di opzione per Daria Bignardi che eserciteremo. E Lilli Gruber con Otto e mezzo sta facendo ottimi risultati, anche di sabato, con la sua qualità impeccabile. Bersaglio Mobile di Mentana ha fatto scoop come il ritorno in video di Beppe Grillo. E la fascia della mattina va benissimo, soprattutto L’Aria che tira. Faccio un in bocca al lupo a Ruffini. Noi non lo sostituiremo, abbiamo risorse all'interno che possono prendere in mano le cose che faceva Ruffini e farle bene. Lei ha rilevato La7 da Telecom con una “dote” di 88 milioni circa e ha tagliato drasticamente i costi. Il suo obiettivo è ri- Credo che Santoro abbia anco- STRATEGIE IN TV Puntare su news e politica funziona, ho blindato Mentana e scommetto ancora su Santoro, ha fatto anche quest’anno ottimi ascolti, a livello di Crozza l'intera giornata sopra il 4. La scelta di puntare sulle news continua a pagare e c'è ancora un grande potenziale. Con l’ascolto medio al 4,5 per cento abbiamo una quota di mercato pubblicitario al 4,8-4,9. Mentre Mediaset e Sky hanno un rapporto tra pubblicità raccolta e ascolto di 2 a 1. Il conteggio dell'Agcom era distorto dall'aver messo in carico al tg la diretta di una conferenza stampa del presidente del Consiglio. I nostri conduttori hanno grande libertà, non ci sono ordini di scuderia. Michele Santoro scompare dal video, lasciando il programma a Giulia Innocenzi, nel pieno della campagna elettorale mentre gli ascolti di Servizio Pubblico sono in calo. Teme sia la fine di un ciclo? Non posso vendere fino al 30 aprile 2015, ma comunque la mia intenzione è tenere La7 per essere, non dico un protagonista perché sarei presuntuoso, ma un operatore del settore televisivo. Qualcuno dice che sto disinvestendo da La7, niente di più falso: non ho tagliato posti di lavoro, come invece hanno fatto i principali editori italiani, e ho confermato i migliori giornalisti e attori della squadra di La7. Ha ancora senso caratterizzare La7 con le news ora che la politica sembra avere un po' stancato? Tra La7 e La7D abbiamo un prime time quasi al 5 per cento e L'Agcom dice che il Tg di La7 è troppo renziano, la Gabbia parla agli elettori grillini, di lei tutti ricordano che è amico di Berlusconi. La7 ha una linea politica? della rete, Paolo Ruffini, passato a Tv2000 dei vescovi. E ora? vendere una tv risanata con una ricca plusvalenza o rilanciarla? La7 ha raggiunto il pareggio? Da maggio a dicembre 2013 il margine operativo di La7 è passato, per lo stesso periodo, da -45 milioni a +3,7. E nei primi quattro mesi di quest’anno il trend sul contenimento dei costi è rispettato. Perché vuole comprare per 30 milioni frequenze tv sul digitale che nessun altro vuole? Ho presentato una manifestazione di interesse. Dopo il via libera dal ministero, avrò 30 giorni per l'offerta. Non c'è ancora nulla di deciso. Quel che resta della Lega torna a Pontida SALVINI RESUSCITA ANCHE SPADONI E CORNA IN VISTA DELLE EUROPEE. MA IL PARTITO È ORMAI ORFANO DEI COFONDATORI VENETI di Davide Vecchi inviato a Pontida (Bergamo) un prato lungo la provinciale per Bergamo l'ultima carta che Matteo Salvini si gioca per È tentare di superare le Europee e tenere in vita un paleserà qualcuno dei secessionisti arrestati a inizio Aprile. “Ci speriamo ma è impossibile”, confida uno dei colonnelli vicini a Salvini: hanno tentato in ogni modo di mettere il cappello sugli “eroi del tanko ma finora non ci siamo riusciti”. Così, anche quest'anno, Pontida sarà teatro di qualche polemica interna, megafono dei tanti malcontenti che serpeggiano in via Bellerio. Nel 2011, dopo i soldi in Tanzania di Francesco Belsito, qui sfilarono le truppe di Roberto Ma- partito ormai abbandonato anche dai cofondatori Veneti. Quel che resta della Lega Nord torna a Pontida, sullo storico “sacro prato del giuramento” e “dell'orgoglio Padano” che negli ultimi quattro anni si è ridotto a teatro fangoso degli scontri interni del partito di Umberto Bossi. VenSECESSIONISTI ticinque anni di storia e litigi oggi saliranno sul palco, il vecRocchetta della Liga: chio Capo e gli ormai pochissimi amministratori leghisti ri“Per il nostro sogno masti in carica. Maroni, Zaia, di indipendenza Tosi. Punto. Il sindaco di Adro, Oscar Lancini, cerca la conferil Carroccio in venti ma alla guida del Comune che tolse la mensa ai bambini e anni ha fatto riempì panchine e strade del peggio che niente” simbolo del Carroccio, e forse si Un militante nel 2011 Ansa roni a contestare l'allora leader Bossi. Poi l'ex ministro spodestò il Capo e cancellò Pontida tentando di mettere in soffitta le origini del movimento: via il folklore delle spade celtiche e degli elmi con le corna, basta con la secessione e con i cori contro Roma ladrona. Tentativo drammaticamente fallito. Nel 2013 Maroni fu costretto a riesumare Pontida e si ritrovò contestato, dopo appena un anno da segretario, da leghisti con maschere che lo ritraggono col naso di Pinocchio: ha appena vinto la poltrona di presidente della Regione Lombardia grazie all'alleanza con Silvio Berlusconi che era invece indicato come il nemico. Fuori dalla Lombardia il Carroccio di Maroni registra un fallimento totale alle politiche: minimi a Camera (4,08%) e Senato (4,33%); in Veneto non raggiunge l'11%, meno della metà delle politiche del 2008 e due terzi meno delle regionali 2010. Insomma: un disastro. L’arrivo di Salvini, candidato unico a ricevere il testimone da Maroni, genera nuove spaccature interne: l'eurodeputato tenta di salvare il salvabile. Oggi, a 25 anni dal primo raduno, sul prato si chiuderà la quattro giorni di festa cominciata il primo maggio con un concerto alternativo, ovviamente tutto Padano, con Davide Van de Sfros. Ma questa Pontida è l’imbuto attraverso cui devono passare i tanti, troppi slogan degli ultimi mesi: dalla lotta all'immigrazione alla condivisione della linea politica di Marine Le Pen fino alla lotta all'Euro che da il titolo alla quattro giorni: “Un’altra Europa è possibile, basta Euro”. Salvini si dice “molto emozionato” e annuncia “sorprese”: “Il referendum per reintrodurre il reato di immigrazione clandestina - dice - ma sarà la Pontida del lavoro, contro il decreto del governo e contro la legge Fornero”. Per non dimenticarsi nulla. Salvini negli ultimi mesi ha ridato visibilità al Carroccio e recuperato qualche punto percentuale. Ma il partito è sfilacciato, i delusi sono moltissimi. E basta guardare al Veneto per capire che metà partito è perso per strada. Non basta rispolverare corna e vecchi slogan. Come ha detto Franco Rocchetta – co fondatore della Liga, ex deputato, arrestato tra i secessionisti – commentando il successo del referendum indipendentista Veneto: “È rinato il sogno per cui la Lega Nord in vent’anni ha fatto peggio che niente”. UN GIORNO IN ITALIA il Fatto Quotidiano Laura Boldrini: ”Via il segreto sulle sanzioni ai militari” “VIA IL SEGRETO sui provvedimenti disciplinari interni della Polizia”. Lo ha chiesto il presidente della Camera, Laura Boldrini, tornando sul caso Aldrovandi e sugli applausi tributati dal sindacato di Polizia Sap agli agenti condannati per la morte del giovane ferrarese. Su quegli applausi è tornata anche Patrizia Moretti, madre di Federico: “Non li perdonerò mai – ha dichiarato – non ci può essere perdono senza pentimento”. Sul tema ieri è tornato anche il segretario del Sap, Gianni Tonelli, in una lettera al presidente della Repubbli- DOMENICA 4 MAGGIO 2014 11 ca: “Ai colleghi coinvolti nella vicenda Aldrovandi è andata una parte degli applausi, non perché sono eroi, ma perché sono poliziotti che hanno patito e patiscono infinite tribolazioni dopo una sentenza sulla quale nutriamo alcune riserve”. CARNEVALE A VENEZIA Sei un transgender? La Polizia ti può togliere la divisa UN AGENTE FU CACCIATO DALLA POSTALE PERCHÉ VESTIVA DA DONNA. ORA IL TAR GLI DÀ RAGIONE di Emiliano Liuzzi i può uccidere e rimanere in servizio, nonostante la S condanna definitiva. Ma guai a vestirsi da donna se si è un uomo (e, presumibilmente, il contrario): addio al I funerali di Roberto Mancini a Roma LaPresse “Pansa riconoscilo: Roberto è una vittima del dovere” L’ULTIMO SALUTO A MANCINI CHE HA INDAGATO PER PRIMO SULLA TERRA DEI FUOCHI L’APPELLO DEI COLLEGHI AL CAPO DELLA POLIZIA E IL LUNGO APPLAUSO DELLE MAMME CAMPANE di Enrico Fierro onore di un poliziotto e il disonore dello Stato. Il coraggio di una famiglia che ha visto l’unico suo pilastro distrutto da un tumore e la pavidità di un Paese avaro con i suoi uomini migliori. C’era tutto questo ai funerali di Roberto Mancini, il vicecommissario di polizia che per primo ha indagato sulla Terra dei Fuochi. Per questo suo lavoro, Roberto è morto, ucciso da un linfoma. La Repubblica italiana, rappresentata dal viceministro Filippo Bubbico, non ha voluto riconoscere i funerali di Stato, si è limitata al picchetto d’onore delle esequie solenni, ma la gente della Campania avvelenata è venuta insieme a don Maurizio Patriciello, il suo parroco, per rendere omaggio a un eroe. L’ SONO nella basilica di San Lorenzo fuori le mura, a Roma, insieme ai colleghi di Roberto, poliziotti dai capelli ingrigiti, in divisa o in jeans e giubbotti alla Serpico. È quella leva arrivata in polizia alla fine degli anni Settanta dalle università e dalla società civile, i poliziotti “democratici”, li chiamavano. Roberto è “Robé”, nelle parole dell’omelia di don Patriciello. “Tu sei stato il primo a capire – dice il prete – e hai scritto dossier e informative che sono rimaste dormienti. Perché? Cosa si vuole coprire? Robé qui ci sono le mamme della Terra dei Fuochi, hanno i figli uccisi dal tumore, passati direttamente dal seno materno all’inferno della chemioterapia. Robé tu sei stato isolato, come Michele Liguori, il vigile di Acerra. Anche lui aveva capito tutto sul business dei rifiuti e anche lui è stato ucciso dal tumore”. Momento tesissimo quando parla un poliziotto amico di Mancini. La basilica ammutolisce, il capo della Polizia, Alessandro Pansa, è in prima fila insieme al viceministro. “Roberto Mancini era un vero uomo libero. Lavorava all’Ucigos e dei benpensanti lo trasferirono a Spoleto perché fu scoperto a leggere un giornale eversivo, il manifesto. Vinse il concorso da ispettore e tornò a Roma, ha lavorato come un pazzo in quella commissione d’inchiesta sui rifiuti perché voleva stare dalla parte dei de- boli”. Poi la parte più dura del discorso, rivolta direttamente a Pansa: “Signor capo della Polizia, se vuole davvero essere accettato in tutto come nostro capo, si attivi per riconoscere a Roberto lo status di vittima del dovere e chiarisca chi gli ha impedito di entrare in qualsiasi struttura investigativa facendolo finire in un commissariato di frontiera”. PARLA MONIKA, la moglie del vicecommissario e si rivolge alle mamme venute dalla Campania: “Continuate a combattere per la Terra dei fuochi”. E la figlia, 13 anni e una dignità sconfinata: “Papà era un eroe, aveva tanti nemi- ci? Vuol dire che ha combattuto per qualcosa nella sua vita”. Suona il silenzio di ordinanza, le sciabole dei poliziotti si alzano al cielo. Roberto, dicono i colleghi, la mattina faceva la chemio e il pomeriggio era per strada, al lavoro. “Doveva mantenere la famiglia”. La vergogna dello Stato è scritta su un documento della Camera del 13 luglio 2013, dove si nega “una qualsiasi responsabilità risarcitoria”. Perché “la collaborazione del sig. Mancini con la Commissione parlamentare sul ciclo dei rifiuti, non può in alcun modo inquadrarsi in un rapporto di lavoro con l’organo competente”. posto di lavoro. Succede nella polizia italiana, quella travolta dalla caserma Diaz a Genova all’omicidio di Federico Aldrovandi celebrato dagli applausi dei sindacalisti del Sap. Pronti a solidarizzare per quello che deve essere considerato un incidente di percorso, ma tacere sui gusti sessuali ritenuti contrari ai principi di decoro che la divisa comporta. Protagonista della vicenda è un veneziano, Giorgio Asti, 53 anni, cacciato dalla polizia postale dieci anni fa con l’accusa di “mancato decoro ai danni del Corpo” perché nel tempo libero, mai in ufficio, Asti si vestiva da donna. Si chiamano transgender, ce ne sono molti, rientra nella sfera dei gusti sessuali che dovrebbe essere un diritto. Non se fai il poliziotto. Asti, quando venne cacciato, se ne andava in giro per Mestre e Venezia vestito da donna. Ma non solo: una sentenza del Consiglio di Stato dette ragione nel 2007 al ministero dell’Interno che aveva messo la firma sul licenziamento. Sono seGiorgio Asti guite battaglie, soprattutto nelle aule giudiziarie, e nei giorni scorsi l’ex poliziotto ha avuto una sentenza a favore (e comunque molto parzialmente) da parte del Tar, sempre giudici amministrativi che sette anni fa gli diedero torto. Sentenza molto parziale che non riconosce al poliziotto la libertà di vestirsi da donna, ma definisce il comportamento come la conseguenza di una patologia. Nel frattempo l’uomo ha compiuto 53 anni e non ha avuto modo di trovare un altro impiego: vive in casa con i genitori, anziani e malati, e grazie alla miseria della loro pensione. Nei giorni scorsi – ha scritto in anteprima La Nuova Venezia nell’edizione di ieri – Il Tar del Veneto ha accolto l’ultimo ricorso presentato dai suoi nuovi legali, gli avvocati Alfredo Auciello e Giacomo Nordio, che hanno impugnato il diniego opposto dalla Polizia alla richiesta di riapertura del procedimento disciplinare, presentata da Asti nel 2013. I giudici hanno ora dichiarato illegittimo quel “no”, accogliendo la tesi difensiva, che sia stato un parere viziato da “eccesso di potere, illogicità della motivazione, travisamento ed erronea valutazione dei fatti”: fatti che – si legge – raccontano come Giorgio Asti fosse soggetto a una patologia e di questa si dovesse tenere conto prima di cacciarlo dal corpo. Le carte false del pullman della strage LA REVISIONE DEL BUS PRECIPITATO SULLA A16 ERA FASULLA. INDAGATI 2 FUNZIONARI DELLA MOTORIZZAZIONE DI NAPOLI di Antonio Massari l certificato di revisione era completamente falso. E l’inchiesta si allarga I alla motorizzazione di Napoli. Il pullman che 10 mesi fa precipitò dal viadotto Acqualonga, sull’autostrada A16, causando la morte di 40 passeggeri, la revisione non l’aveva mai superata. O meglio: non l’aveva mai fatta. Eppure contava ben 800 mila chilometri sul tachimetro. Duemila li aveva percorsi nelle ultime settimane, con un viaggio a Medjugorje, prima che il 28 luglio scorso, in autostrada, si staccasse il sistema di trasmissione, provocando la rottura dell’impianto frenante. Il pullman precipitò nel vuoto. Sfondando le barriere. Nei mesi scorsi, il pm di Avel- lino, Adriano Del Bene, ha disposto una perizia grafologica sui documenti del pullman. E così è arrivata la scoperta – rivelata ieri da Il Mattino – sul certificato di revisione che, secondo gli inquirenti, è un falso a tutti gli effetti. PER L’ACCUSA – coordinata dal procuratore capo Rosario Cantelmo – s’è verificata una vera e propria violazione Il pullman precipitato LaPresse del sistema informatico della Motorizzazione civile di Napoli. E non è detto che sia l’unica. Anzi. Il sospetto è che esista un vero e proprio mercato di certificazioni contraffatte. Il documento presentato dalla società proprietaria del pullman datava la revisione nel 26 marzo 2013. Invece, secondo l’accusa, l’atto “veniva compilato successivamente, in quanto privo sia del primo foglio, contenente la domanda di prenotazione, sia l’attestazione del pagamento della tassa governativa, di euro 45, nonché riportante, quale data di prenotazione, il 19 marzo 2012, anziché quella risultante dal protocollo delle operazioni (19 luglio 2012) dell’ufficio della motorizzazione di Napoli”. A firmare il documento, Vittorio Saulino, funzionario tecnico della motorizzazione civile di Napoli, indagato con l’assistente amministrativo Antonietta Ceriola. L’accusa ha ricostruito che è stato Saulino ad apporre “la propria fir- ma, nonché la data del 26 marzo 2013, sul documento attestante l’avvenuta revisione con esito regolare”. Ed entrambi “attestavano falsamente in un atto pubblico fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità”. LA SCOPERTA più interessante, per la procura, è il sistema adottato dai due indagati: “La Ceriola, utilizzando le proprie credenziali di accesso al sistema informatico del Ced del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, inseriva i dati relativi all’autobus, inerenti all’esito regolare della revisione”. E così il pullman di Gennaro Lametta passò una revisione senza che nessuno analizzasse il mezzo. Il Codacons – per voce del suo presidente Carlo Rienzi – ha definito la vicenda “sconcertante”: “Chiediamo al ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi, di avviare una revisione straordinaria di tutti i pullman turistici operanti nel nostro Paese”. 12 UNA VITA TRA ITALIA E USA Ha portato in Italia la Scienza politica, poi per due decenni è andato a insegnare negli Usa: oggi si racconta, alla vigilia dei novant’anni L’intervista di Silvia Il professore Truzzi N el suo diario Cesare Pavese annota: “La politica è l'arte del possibile. Tutta la vita è politica”. Una frase vien da pensare sulla porta di casa di Giovanni Sartori - che si adatta benissimo al professore in procinto di compiere novant'anni. Apre la porta Isabella Gherardi, artista e (innamoratissima) moglie di Sartori: difficile dire se in queste stanze inondate dalla luce del pomeriggio ci siamo più libri (del prof) o quadri (di Isabella). Ed è lei che suggerisce il primo aneddoto di una lunga serie: il giovane Vanni faceva l’allenatore di salto sugli sci all'Abetone. “Io non andavo mai alle adunate. Pertanto fui convocato dalla commissione disciplinare del Pnf da un signore piemontese di nobili casati. Mi chiese perché non mi presentavo mai alle riunioni. Raggiungemmo quest'accordo: io non andavo alle adunate perché allenavo la squadra di sci. Ero uno slalomista, ma tra le specialità c'era anche il salto sugli sci: così portavo dei contadinotti sopra il trampolino e quasi dovevo dar loro un calcio per convincerli a buttarsi. Quasi tutti, ahimè, finivano all'ospedale”. E prosegue così: “All'inizio del '43 avrei dovuto essere reclutato, ma la mia chiamata alle armi avvenne solo nell'ottobre, ganizzato dalla Ceca, la comunità europea del carbone e dell'acciaio: alla fine andai a dirgli che grazie al traduttore francese avevo finalmente capito un suo discorso! Sarà stato anche un santo, ma certo un santo furbo... Vedi la sceneggiata dei suoi mantelli: quando era sindaco e d'inverno vedeva un povero, si toglieva il suo tabarro e glielo dava. Pochi sanno però che era il Comune che li ordinava e li pagava. Una volta penetrai nella sua cella, bella tra l'altro, al Convento di San Marco: mi serviva un libro della biblioteca che risultava in prestito a lui da anni. Non comprava libri, né li restituiva mai. Forse era un sant'uomo ma anche un po' imbroglione. Entrò nella prima tornata di concorsi universitari dopo la guerra, quando era facile, ma di Diritto romano, la sua materia, ne sapeva poco. Anch'io ero a volte in commissione di esami con lui: come dicevo, di professori ce n'eran pochi. Ricordo che l'interrogazione si svolgeva così: La Pira faceva una domanda, il candidato rispondeva spesso sbagliando (e lui pure). Allora Cugia, l'altro ordinario di Diritto romano, gli diceva : “No La Pira, le cose non stanno così”. Fece anche fallire la clinica Palumbo: a forza di fare il francescano, senza calze e con i sandali, s'ammalò. E si fece ricoverare nella clinica del professor Palumbo dove si fece sistemare all'ultimo piano, che occupò completamente attorniato da suore e suoricelle. Non se andò mai, la clinica fallì. Torniamo al giovane Sartori. Ero considerato un enfant prodige e diventai Giovanni Sartori: “Il salto con gli sci, Kant per sonnifero e la zuppa in scatola” Sono stato preside di facoltà negli anni della contestazione. Gli studenti chiamavano in Cina , staccai i telefoni. E pure i riscaldamenti: tutti i rivoluzionari sparirono in un secondo. Il ‘68 ha distrutto l’università, i sessantottini si dividono tra imbecilli che sono rimasti tali e furbacchioni che hanno fatto carriera quando era già stata proclamata la Repubblica di Salò, alla quale certo io non mi volevo unire. Prima mi sono chiuso in una villa nella campagna attorno a Firenze, poi i tedeschi cominciarono a rastrellare anche da quelle parti. Una notte scappai per i prati: feci una lunga camminata fino alla città e mi chiusi in una stanza della casa dei miei nonni. La pena per i disertori era la fucilazione, ma anche chi nascondeva un disertore rischiava la vita. Per parecchi mesi restai rintanato lì, senza nemmeno affacciarmi alla finestra, finché Firenze non venne liberata dall'occupazione tedesca nell'agosto '44. Che potevo fare tutto il giorno? Leggere. Mi misi a leggere Hegel, Kant, Croce e Gentile. Siccome erano quasi tutti autori difficili e noiosi, di notte dormivo alla grande. Dopo, scrissi che da Kant a Hegel si passa dalla fotografia alla cinematografia del pensiero. Il bello di Hegel è che era quasi indecifrabile: quando finalmente pubblicarono le sue annotazioni capimmo che le interpretazioni del suo pensiero erano quasi tutte sbagliate”. Poi la guerra finì. Mi laureai in gran fretta in Scienze politiche e sociali, nel 1946, con una tesi sulla scuola storica del diritto. In quella seconda metà degli anni Quaranta, l'università era quasi un deserto: moltissimi professori erano sotto inchiesta per collaborazione con il fascismo. Erano la maggioranza, visto che avevano rifiutato di giurare solo in dodici. L'università fu portata avanti dai più giovani, come Giorgio La Pira. Eravate amici con La Pira? Era un tipo spassoso, ridevo molto con lui. Parlava velocissimo e lo capivo a stento. Una volta intervenne a un convegno or- subito assistente di Pompeo Biondi, che insegnava Teoria generale dello Stato: un uomo intelligente, davvero brillante. Però non c'era quasi mai e i corsi li tenevo io al suo posto. Si nascondeva anche in campagna a un certo punto perché scappò con la moglie del suo migliore amico, il quale disse che lo avrebbe ammazzato: e lui si guardò bene dal farsi vedere all'Università. Ad un consiglio di Facoltà del 1950 il preside, Giuseppe Maranini, propose un giovane promettente: Giovanni Spadolini, che all'epoca aveva 25 anni. E promettente lo era davvero: sarebbe diventato direttore del Corriere della Sera, presidente del Consiglio, presidente del Senato, mancando di un soffio la presidenza della Repubblica. Maranini lo definì "un genio" e siccome Pompeo Biondi non poteva essere da meno, decise di lanciare me come suo "contro-genio". Il compromesso fu “tutti e due” - sia Spadolini sia Sartori - e così venni nominato di punto in bianco "professore incaricato". Solo il giorno successivo venni a sapere che avrei dovuto insegnare Storia della filosofia, cosa che poi feci per sei anni, fino al '56. Da allora, ho sempre creduto che la fortuna e il caso contino moltissimo nella vita, non meno della virtù. E la Scienza politica quando arriva? Mi ostinai a volere una cattedra di Scienza politica che non esisteva negli statuti delle Università. Ebbi vita dura. Bisognava rivolgersi al Consiglio superiore dell'istruzione e allora l'incaricato del ministero era Carlo Antoni: crociano, uomo di grande cultura ma timidissimo. Purtroppo gli erano note le mie opinioni critiche su Croce e dunque andai da Antoni tremebondo, sapendo che dovevo strappare da un crociano l'assenso per una materia che secondo Croce non esisteva. Me la cavai così: “Lei professore insegna filosofia della Storia, materia che secondo Croce non esiste. Potrebbe consentire anche a me d'insegnare un'altra materia che non esiste, la Scienza politica?”. L'argomento lo convinse e così in Italia fu istituita la cattedra di Scienza politica. E’ stato preside negli anni della contestazione studentesca. Sì, me lo chiesero i colleghi, sapendo che ero un combattente. Misi un paio di condizioni: cioè che gli altri insegnanti mi avrebbero dovuto sostenere senza defezioni e che io sarei stato l'unico a intervenire alle assemblee degli studenti. Era un mestiere ingrato, nessuno lo voleva fare. Qualche volta dormii anche in facoltà. Quando scoprii che gli studenti facevano telefonate addirittura in Cina tolsi il telefono, d'inverno staccai anche il riscaldamento: tutti i rivoluzionari sparirono in un secondo. Non feci mai entrare la polizia, ma la tenevo sempre fuori dalla porta. Gli studenti non l’avranno amata molto... La peggiore ingiuria contro di me fu "Giovanni Sartori come Monaldo Leopardi". Non me l'ero cavata male... Li fregai perché dissi loro: "Io sono il primo insegnate di Scienza politica in Italia, se perdo distruggo la mia materia". Tutti i professori facevano lezione regolarmente e misi regole alle assemblee. Alla fine indissi un referendum tra gli studenti, il quesito era: "Volete fare regolarmente lezione?". Vinse trionfalmente il sì e la contestazione da me finì. Fu così che non ancora quarantenne vinsi una medaglia d'oro per i benemeriti della scuola e della cultura, un’onorificenza da professore ottuagenario... Quegli anni, "formidabili", sono stati mitizzati. Eppure il 68 ha fatto danni incalcolabili all'Università: è d'accordo? L'ha distrutta. I sessantottini si dividono tra gli imbecilli che sono rimasti tali e i furbac- il Fatto Quotidiano GIOVANNI SARTORI è nato a Firenze il 13 maggio 1924. Nel 1946 si è laureato in Scienze politiche e sociali all’Università di Firenze, dove ha poi insegnato Storia della Filosofia, Sociologia applicata e Scienza politica. Tra i suoi allievi e assistenti Stefano Passigli, Gianfranco Pasquino, Domenico Fisichella e Giuliano Urbani. Dopo tre anni a Standford, è diventato Albert Schweitzer Professor in the Humanities alla Columbia University di New York (dove ha insegnato dal 1979 al 1994). Nel 1971 ha fondato la Rivista italiana di scienza politica. Dalla una casa stupenda, a Palo Alto, con una piscina quasi olimpionica. Al mattino mi svegliavo e mi facevo subito un bagno. In tre anni ho sentito solo una volta piovere, di notte. Poi la Columbia mi fece un'offerta che, come avrebbe detto il Padrino, non si poteva rifiutare. Era la più importante cattedra di New York, mi triplicavano lo stipendio e avevo anche una segretaria personale. Così divenni Albert Schweitzer professor in the Humanities alla Columbia University, dove dal 1994 sono professore emerito. Era, naturalmente, un posto molto ambito. Quando si dice trovare l'America...Chi incontrò in quegli anni? DOMENICA 4 MAGGIO 2014 fine degli anni Sessanta, con la direzione di Giovanni Spadolini, è editorialista de Il Corriere della Sera (con un intervallo nel periodo americano). Ha ricevuto nove lauree honoris causa, da università di tutto il mondo; nel 1971 il Presidente della Repubblica gli ha conferito la me- Il politologo non è tenero sulla situazione italiana: “Il premier ha messo su un governo con gente assolutamente incompetente: di certe materie me ne intendo”. Ha incontrato Napolitano poco tempo fa: “Fa una vita faticosissima ed è molto invecchiato. Ormai ha la rigidità delle persone anziane. E lo dico da coetaneo” 13 daglia d’oro ai benemeriti della scuola, della cultura e dell’arte. Nel 2005 ha ricevuto il prestigioso premio Principe delle Asturie per le scienze sociali dalla Fundación Príncipe de Asturias. Ha scritto quasi quaranta libri. ma Berlusconi al quale premeva soltanto una garanzia di immunità giudiziaria. Parlando con Gad Lerner, di Renzi lei ha detto: "E' un peso piuma malato di velocismo. Vende velocità che non può rispettare. Sono cose che incantano il pubblico: un mese faccio questo, un mese faccio quello. Fa ridere, io ho molti dubbi. L'uomo è molto contento di se stesso e questo gli dà forza, ma temo che si sgonfierà rapidamente nel fare". Guardi, il giovanilismo nella Storia non ha mai pagato. E' sempre servita una giusta di miscela di esperienza e innovazione, di vecchi e giovani. Renzi ha messo su un governo con gente assolutamente incompetente. Lo dico perché di certe materie me ne intendo. Siete entrambi fiorentini: lo conosce? Un giorno andai a ritirare un premio a Firenze, in una trattoria storica che ogni anno regala un prosciutto. Appena entrato mi si fece incontro un signore che non conoscevo, insieme a un sacco di fotografi: mi baciò per le telecamere e senza presentarsi se ne andò. Era il candidato sindaco Matteo Renzi: non l'ho mai più rivisto. Un giorno andai a ritirare un premio a Firenze. Appena entrato mi si fece incontro un signore che non conoscevo, insieme a un sacco di fotografi: mi baciò Invece conosce bene il presidente Napolitano. E' stato il più riformista del Pci, il loro capo migliorista. L'ho conosciuto quando venne in America; allora fu bravissimo. Sono stato al Quirinale a pranzo da lui poco tempo fa. Il punto è che fa una vita faticosissima ed è molto invecchiato. Ormai ha la rigidità delle persone anziane e lo dico da coetaneo. Sono dispiaciuto perché lui ha bocciato il sistema in favore di telecamere e senza presentarsi se ne andò. Era il candidato sindaco Matteo Renzi, non l’ho mai più rivisto Ronald Reagan l'ho conosciuto bene dopo i suoi due mandati da governatore della California, quando già si sapeva che aveva intenzione di correre per la Casa Bianca. Era, come me, fellow dell'Hoover Institution di Stanford. L'ho visto spesso in accese discussioni con gli studenti, che ovunque, anche in America, sono di sinistra. E lo attaccavano duramente durante le conferenze. Ma lui era bravissimo, affrontava il fuoco e li scornava dati alla mano. Ci trovavamo spesso a pranzo: un piacevole conversatore. Quando mi chiedevano di lui dicevo: "E' molto simpatico, peccato che sia già arteriosclerotico". Sapeva tutto della California, ma se andava in Nevada era già perduto. Neanche a farlo apposta diventò presidente: sono andato spesso a trovarlo a Washington. Vorrei dire in sua difesa che aveva un formidabile istinto politico. A Stanford c'era anche Edward Teller, uno degli inventori della bomba atomica, padre dello scudo spaziale, l'uomo che riuscì a convincere Reagan - e pure i sovietici - che l'America avrebbe potuto difendersi da attacchi di mis- COMPLEANNO In occasione dei novant’anni del professore, la rivista “Paradoxa” ha preparato un numero speciale “La Repubblica di Sartori” (curato da Gianfranco Pasquino). La pubblicazione verrà presentata venerdì all’Accademia dei Lincei e il 13 maggio all’Istituto dell’Enciclopedia italiana con Gianfranco Pasquino, Giuliano Amato, Franco Bassanini e Massimo D’Alema Dlm Sono stato molto amico di Oriana Fallaci. Quando si ammalò la accompagnai al Kettering di New York: le chiesero di compilare il modulo , ma lei si rifiutò. ‘Io sono Oriana Fallaci’disse al medico, che la mandò via. Ci tornò due anni dopo, ma ormai era troppo tardi anche al medico, che naturalmente la mandò via. Al Kettering ci è tornata due anni dopo, ma era troppo tardi. Lei è rientrato in Italia nel '94, un periodo di grandi cambiamenti politici. Compivo settant'anni e il mio mandato di insegnamento terminava. Ma ho continuato a lungo a fare la spola con New York. Tornato qui, per un certo periodo ho avuto rapporti stretti con D'Alema. Un uomo intelligentissimo, anche se politicamente non ne ha vinta una: è un dato di fatto. Ha il difetto di essere un complottista. Ero riuscito a convincerlo che il sistema migliore era quello francese. Lui mi disse: "Va bene professore, la autorizzo a sondare i partiti a mio nome". E io lo feci: erano tutti d'accordo. Andò anche da Berlusconi? E' riuscito a dare del comunista perfino a lei. chioni che hanno fatto carriera dimenticando il loro passato. Com'è arrivato in America? Erano gli anni Settanta. Mi arrivarono due offerte in contemporanea: una da Oxford e una da Stanford. Sarei andato volentieri in Inghilterra, ma la proposta economica degli americani era molto più alta. Ero già stato negli Stati Uniti negli anni Cinquanta, perché avevo vinto una borsa di studio. C'ero andato in Transatlantico da Genova, sul Saturnia. Incappammo in una tempesta terribile, tanto che la nave arrivò con un giorno di ritardo. E non era un pattino, pesava ventinovemila tonnellate! Tutti vomitavamo, a parte me e un altro signore che incontravo quando uscivo sul ponte a prendere un po' d'aria, nonostante l'uragano. Quel signore era Salvador Dalì. Poi ci è tornato, in aereo. Certo. A Stanford sono stato tre anni. Avevo sili balistici con testate nucleari. In sostanza la guerra fredda finì grazie a una balla di Teller e alla credulità di Reagan. Altri amici americani? Oriana Fallaci, una donna terribilmente nevrotica ma di grande talento. La conoscevo da quando aveva 16 anni, siamo stati amici tutta la vita: credo che solo con me non abbia mai litigato. A New York andavo spesso a cena da lei, che era una bravissima cuoca. Una volta nel suo salotto m'avvicinai alla macchina da scrivere e lei mi aggredì urlando: "Mi rubi le idee". Sull'uscio del suo ufficio, sulla 57esima strada, c'era un cartello con scritto "Go away". Quando si ammalò la convinsi ad andare allo Sloan Kettering, il centro più importante del mondo per la cura del cancro. La portai io: all'ingresso, la segretaria le diede un modulo ma lei si rifiutò di compilarlo. Mi disse: "Io sono Oriana Fallaci, non riempio questionari". Cosa che ribadì Sì andai, obtorto collo, anche da lui. M'invitò a cena, con una ventina di persone, incluso il mio allievo Giuliano Urbani, e mi regalò anche una bottiglia di liquore. Berlusconi è come un incantatore di serpenti: e se il serpente obbedisce, bene. Altrimenti lui lo cancella. Comunque alla fine mi disse: "Può riferire a D'Alema che sono d'accordo". Il giorno dopo mi precipitai da D'Alema e gli consigliai di cogliere al volo l'occasione, perché Berlusconi poteva cambiare idea da un momento all'altro. Però era successo qualcosa: D'Alema era stato poco prima in Israele e gli piaceva il modello di premierato forte di quel Paese. Mi disse : "Si occupi dei suoi studi, alla politica ci penso io". Per parecchi anni non ci siamo rivisti. Poi ho ricevuto la laurea ad honorem a Urbino. Lui era tra i relatori e fu molto bravo e simpatico. Sulla Bicamerale voglio dire una cosa, perché ora se ne danno versioni sbagliate. Non la fece saltare D'Alema, francese: è un vecchio parlamentarista. E' uno dei più longevi editorialisti del Corriere della Sera. Iniziai a collaborare con Spadolini, alla fine degli Anni Sessanta. Nel ventennio americano però di fatto non ho mai scritto: ho ricominciato quando sono rientrato. Tutte le volte che cambiava il direttore, mandavo una lettera di dimissioni: un editorialista deve avere la fiducia del direttore. Mi è sempre stata respinta, anche da Piero Ottone, il direttore che venne dopo Spadolini. Allora eravamo molto lontani. Oggi, leggendolo, vedo con piacere che ci siamo molto avvicinati. L'ultima è una domanda personale: si è sposato da pochi mesi. Ci racconta come ha fatto a conquistare sua moglie Isabella? Vi siete sposati da poco e lei è molto più giovane. Ah no, io a questo non rispondo. Ma al suo posto la fa Isabella: Ci siamo conosciuti negli anni Novanta a una festa: io rimasi colpitissima da lui, ma non fu reciproco. Poi tre anni fa andai a un convegno perché dovevo fare delle foto a Philippe Daverio per Il Corriere fiorentino. C'era anche Giovanni e finalmente ci presentarono. Cominciammo a parlare. All'uscita pioveva, io avevo un ombrello grandissimo, sotto ci poteva stare un'intera famiglia islamica. Lui mi disse: "Perbacco che bell'ombrello". Gli lasciai il numero di telefono sperando che mi richiamasse, ma non lo fece. Scoprii dopo che gli avevano rubato l'agenda... Per fortuna mi feci viva io. E pochi mesi dopo, con una scusa, lo andai a trovare a New York. Anche lì pioveva a dirotto. Per l'agitazione di ricevermi gli venne la febbre a 38, per cena mi offrì una zuppa di pomodoro in scatola, marca “Progreso” . Ma fu una delle più belle cene della mia vita. n twitter@silviatruzzi1 14 ALTRI MONDI DOMENICA 4 MAGGIO 2014 Pianeta terra il Fatto Quotidiano PANAMA VOTO PER IL POST-MARTINELLI Poco meno di 2,5 milioni di panamensi sono chiamati oggi al voto per il nuovo presidente, 71 deputati dell’Assemblea nazionale e 77 sindaci. Il candidato presidenziale favorito a succedere a Ricardo Martinelli è José Domingo Arias (49 anni) esponente dello stesso partito. Ansa IRAN ZUCKERBERG È EBREO: WHATSAPP AL BANDO Teheran dichiara guerra a WhatsApp. Le autorità della Repubblica islamica hanno deciso di mettere al bando la popolare applicazione di messaggistica perché il fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg, che l’ha acquistata due mesi fa è “ebreo”. LaPresse IL REPORTAGE di Diego Enrique Osorno er dieci giorni, tra il 26 gennaio e il 5 febbraio 2014, quasi un centinaio di funzionari pubblici di Coahuila, in Messico, hanno lasciato le proprie scrivanie per realizzare una missione inusuale: indagare su cosa è accaduto a decine di persone sparite in questa regione del nord-est del Messico. Dell’operazione è stato incaricato un reparto del governo di Coahuila creato nel 2012, il “Reparto della Procura per la ricerca di persone non localizzate, assistenza alle vittime, alle persone colpite e ai testimoni” di Coahuila. Uno dei luoghi nei quali si è focalizzato il reparto operativo è Allende, un piccolo municipio ubicato nella regione de ‘Le 5 sorgenti’, per via delle enormi fonti d’acqua nel mezzo della pianura. Nel marzo del 2011, questo paese di 20 mila abitanti soffrì un massacro su cui solo ora le autorità stanno indagando. I commando degli Zetas, quella primavera, saccheggiarono e distrussero una cinquantina di edifici e sequestrarono 300 persone, secondo i calcoli della task force. Durante il lavoro, il reparto della Procura ha trovato 4 fusti industriali e varie tracce di vestiti sul ciglio della Ribereña – una strada angusta che costeggia la riva del fiume Bravo sul versante messicano –all’altezza di Guerrero. P I lager della cocaina, fabbriche di morte dei narcos messicani I MASSACRI DEI BOSS DEGLI ZETAS PER LO SMERCIO DI QUINTALI DI DROGA VERSO GLI STATI UNITI Il 34enne reporter messicano è oggi a Perugia al Festival di Giornalismo. A lato, il cadavere di un regolamento di conti Ansa/LaPresse stimonianze rilasciate alla task force, gli uomini armati avevano una lista di indirizzi di case, negozi e ranch che dovevano saccheggiare e distruggere. Avvisarono anche il sindaco di allora, Sergio Lozano Rodriguez, ma la sua amministrazione non ha fatto nulla mentre si consumava il massacro. I commandos arrivavano agli indirizzi e prendevano in ostaggio chiunque fosse presente. E portavano via gli oggetti di maggior valore, come soldi e gioielli. Poi lasciavano che gli altri abitanti del paese rubassero quello che restava. Una volta terminato il saccheggio, gli Zetas demolivano le case. E la polizia municipale partecipò tanto all’attacco quanto al saccheggio. LA GRANDE FAIDA DEI CLAN DI PIEDRAS NIEGRAS BARILI COME FORNI CREMATORI PER FAR SPARIRE I CORPI Questi barili erano serviti come forni crematori improvvisati dalla mafia della regione per far sparire i corpi delle vittime. Dopo aver percorso 144 chilometri di Ribereña, da Colombia (Nuevo León) arriviamo a Piedras Negras (Coahuila). A Piedras Negras parliamo con alcune persone che sono servite da testimoni al servizio speciale. Alcuni di loro lo considerano uno show, altri uno sforzo notevole, ma tardivo. Coahuila è devastata e la fogna si sta aprendo solo ora. Ovunque si siano recati, Juan José Yanez Arreola, specialista della task force, e la sua équipe hanno svolto il proprio lavoro: mentre la Marina perquisisce il paese, l’Esercito vigila su entrate e uscite e la Polizia federale e statale cerca funzionari ed ex funzionari per raccogliere le dichiarazioni. Mauricio Fernández Garza, quando ancora era sindaco di San Pedro (Nuevo León), è stato uno dei primi personaggi della politica a parlare di ciò che stava succedendo. Nell’interrogatorio fatto a fine 2011 raccontò: “Io vengo a conoscenza di avvenimenti attraverso sindaci, miei amici contadini, gente che dice: ‘Sono arrivati e sono entrati in elicottero e hanno ammazzato tutti’. E questo non esce mai su nessun mezzo di comunicazione. Inoltre all’interno dello stesso crimine organizzato c’è una grande quantità di vittime, per le loro stesse dispute interne: li mettono nell’acido e li fanno scomparire, o li sotterrano, o spariscono, o cose del genere”. Ma questi massacri non sono usciti sui media non perché i A PERUGIA giornalisti locali ignorassero ciò che succedeva, ma aprire un’inchiesta giornalistica o pubblicarla significa l'esilio o la sepoltura per le persone coinvolte. Il paese della sorgente Allende (Coahuila) ora lo chiamano ‘Springfield’ perché l’amminiAPPLE FUORILEGGE strazione municipale ha dipinto di giallo il palazzo della presidenza e i principali edifici pubblici. ‘Springfield’ significa ‘campo delle sorgenti’. Reynaldo Tapia, il sindaco, dice che hanno dipinto di giallo il paese perché ‘il giallo è il colore della forza’. Giallo è anche il colore abituale delle escavatrici, quelle utilizzate dagli Zetas per abbattere le case del centro. Il 18 marzo 2011, all’incirca 50 pick-up guidati da soldati del narcotraffico hanno fatto irruzione ad Allende. Secondo le te- Il perché di tanto accanimento? Tutta colpa di due persone, Luis García e Héctor Moreno, che rubarono il denaro degli Zetas. I due, oggi, se ne stanno tranquilli negli Usa come testimoni protetti. Luis García Gaytán fa parte della famiglia Garza che arrivò da Lampazos (Nuevo León) e mise radici ad Allende. I Garza non erano una famiglia ricca, ma vivevano bene grazie alla buona quantità di terra che pos- “Cartello contro i lavoratori Steve Jobs genio criminale” teve Jobs ha sfidato le convenzioni, e S forse anche la legge. Mr Apple è stato un genio-farabutto, secondo il New York Times. Forse era un appello anche ad andare oltre le regole lo slogan “siate affamati e folli”, divenuto il marchio di fabbrica dell’azienda più trendy del mondo, quella della mela corrotta da un morso. “Se Steve Jobs fosse ancora vivo sarebbe in galera?”: si chiede provocatoriamente il New York Times, che riporta la tesi di chi sostiene che il fondatore della Apple sia stato l’ideatore, il principale promotore del cartello tra i big della Silicon Valley per tenere bassi i salari dei dipendenti. Una vicenda per la quale Apple, Google, Adobe e Intel hanno già deciso di patteggiare per evitare le conseguenze di una class action lanciata da ben 64.000 lavoratori. Jobs - ha scritto il Nyt “sembra non aver mai letto o aver scelto di ignorare il primo paragrafo dello Sherman Atitrust Act”, nel quale si legge che “ogni cospirazione mirata a restringere la concorrenza e il commercio” è illegale. E chiunque violi questa nor- ma - prevede la legge - deve essere considerato “colpevole di un reato, condannato e sanzionato con una multa o con la prigione non oltre 3 anni”. Oppure con entrambe le sanzioni. “Steve Jobs era una violazione antitrust ambulante”, ironizza Herbert Hovenkamp, massimo esperto di norme antitrust e professore alla University of Iowa College of Law, “stupefatto dai rischi che egli sembra abbia voluto prendere”. Il riferimento è anche al presunto cartello organizzato nel settore degli e-book. CONTRO IL ‘GENIO VISIONARIO’ della Silicon Valley anche il suo biografo, Walter Isaacson: “Steve - ricorda - ha sempre pensato che le regole che si applicano alla AFFAMATI E FOLLI Steve Jobs morto nel 2011, a 56 anni. Il 1° aprile ‘76 fonda Apple con Steve Wozniak LaPresse gente comune non dovevano applicarsi a lui. Questa era la sua genialità ma anche la sua originalità. Riteneva di poter sfidare le regole della fisica e distorcere la realtà. Ciò che gli ha consentito di fare cose fantastiche, ma anche di spingersi oltre il lecito”. Ieri per la Apple è stata anche la giornata di una vittoria di misura che non convince, tanto da sembrare una sconfitta. La società di Cupertino, California, vede riconoscere dalla giuria 120 milioni di dollari di danni da Samsung, ritenuta colpevole di violazione di due brevetti, fra i quali il popolare ‘slide to unlock’. Molto meno ai 2,2 miliardi di dollari reclamati all’avvio del processo e inferiore anche ai 930 milioni di dollari di danni riconosciuti ad Apple nel 2012, quando sempre una giuria aveva rinvenuto Samsung colpevole. Allo stesso tempo, però, Apple è ritenuta colpevole di aver violato un brevetto Samsung e dovrà pagare alla società sud coreana 158.400 dollari. Il verdetto della giuria, che riconosce ambedue le società colpevoli, apre la strada alla richiesta, sia da parte di Apple sia da parte di Samsung, di bloccare e bandire le vendite della concorrente per i prodotti in cui sono applicati i brevetti infranti. sedevano e lavoravano. Héctor Moreno Villanueva, invece, appartiene a una famiglia che fece soldi con una piccola linea di trasporti regionale. Dal 2008, García Gaytán e Moreno Villanueva iniziano a lavorare con gli Zetas. Nel 2011 entrambi raggiungono livelli importanti nel traffico di coca verso gli Usa attraverso Eagle Pass, città nordamericana confinante con Piedras Niegras. Ma all’inizio del 2011 entrambi rompono con la banda. E il 18 dello stesso mese, per vendicarsi, i loro vecchi soci assediarono il paese del quale entrambi erano originari per distruggere tutte le proprietà e uccidere familiari, amici e finanche i loro dipendenti. Decine di persone il cui cognome era Garza, Gaytán, Moreno e Villanueva vennero portate al ranch di proprietà di García Gaytán: chiunque portasse quei cognomi era a rischio. Solo nell’aprile 2013 è stato reso noto cosa fosse successo, dopo che Hector Moreno Villanueva e José Luisa Garza Gaytan – due degli uomini di punta entrati nel “programma SANGUE A COAHUILA Le proprietà terriere dei ‘traditori’ che organizzavano il traffico nell’area di confine rase al suolo e lo sterminio degli alleati testimoni” – confessarono. Entrambi aiutavano Cuellar (uno dei principali operatori della banda della zona) a trafficare tra i 500 e gli 800 chili di cocaina al mese destinata agli Usa, il paese più cocainomane del mondo, attraverso Eagle Pass (Texas). Il prezzo di un chilo di cocaina qui si aggira intorno ai 20 mila dollari, il che significa un guadagno stimato di 16 milioni di dollari. Nel marzo 2011 Cuellar, Moreno e Garza lasciano gli Zetas senza entrate e probabilmente anche nei mesi successivi. Da tutto questo nasce l’attacco indiscriminato contro familiari, amici e dipendenti di Garza Gaytan e Moreno Villanueva, principalmente ad Allende. Dagli Usa Moreno Villanueva si scontra – attraverso un profilo Facebook –con i suoi vecchi soci, quelli che rasero al suolo le sue proprietà e buona parte della sua famiglia a Coahuila. È solito scrivere cose come: ‘Lunga vita ai miei nemici perché possano vedere la mia gloria’. Secondo le testimonianze raccolte, l’uomo che diresse il massacro della primavera in questo paese si chiamava Gabriel Zaragoza soprannominato “Comandante Flacaman”. Nel 2012 il Comandante Flacaman è stato assassinato a San Luis Potosì dai suoi stessi compagni, durante un’altra faida interna. Degli altri esecutori non se ne sa niente. Tantomeno dei funzionari che permisero questo massacro. Il reportage completo verrà pubblicato da oggi a puntate sul blog di Osorno su ilfattoquotidiano.it il Fatto Quotidiano ALTRI MONDI SLOVENIA CRISI GOVERNO: VOTO A GIUGNO La premier Alenka Bratusek si dimette e chiede elezioni anticipate a giugno. La decisione della premier, che sarà formalizzata domani, segue la sua sconfitta al congresso del partito Slovenia Positiva, in cui è uscito vincitore Zoran Jankovic, sindaco di Lubiana. LaPresse USA BAMBINO-EROE UCCISO A 8 ANNI Un bambino di 8 anni, Martin Cobb, è stato ucciso mentre giocava nel giardino di casa con la sorella di 12, mentre cercava di difenderla da un intruso che voleva violentarla. È accaduto in un sobborgo di Richmond, in Virginia, abitato da una numerosa comunità afroamericana. Ansa DOMENICA 4 MAGGIO 2014 15 IL ROGO DI ODESSA Il palazzo dei sindacati del porto sul Mar Nero, base della Marina ucraina, dopo l’incendio nel quale sono morti una quarantina di filo-russi LaPresse UCRAINA, GUERRA PER PROCURA ACCUSE INCROCIATE TRA WASHINGTON E MOSCA DI APPOGGIARE LE MILIZIE CHE SI COMBATTONO NELL’EST di Giampiero Gramaglia Ucraina s’impantana in una sorta di moviola di guerra civile, capace però di fare decine di vittime in un sol giorno, venerdì. E, intanto, la diplomazia non sa far di meglio che esercitare la proprietà transitiva dello scaricabarile delle responsabilità. Gli Usa chiedono a Kiev e a Mosca di dare prova di moderazione e di “ristabilire l’ordine”; Lavrov chiede a Kerry di indurre Kiev a ragionare e a bloccare il blitz contro i filo-russi; Washington replica, chiedendo a Mosca di smetterla di sostenere i separatisti; e l’Ue chiude un’indagine sugli incidenti e l’incendio che a Odessa hanno fatto oltre 40 morti. È stata la pagina più cruenta di questa crisi, dopo il 21 febbraio nelle piazze della capitale. Sul terreno, la situazione resta sostanzialmente bloccata, mentre s’intrecciano voci, senza prove a sostegno, di reciproche connivenze: c’è chi giu- L’ ra che le milizie ribelli sono non solo armate dalla Russia con strumenti di guerra moderni, come i missili capaci di abbattere gli elicotteri, ma sono innervate da veri e propri militari russi, accanto ai volontari ucraini; e c’è chi dice che occidentali, magari mercenari, combattono con gli ucraini, come già s’era sostenuto, senza conferma, nei giorni dell’insurrezione a Kiev. Una guerra, insomma, combattuta anche per procura, nell’intreccio tra patriottismi e interessi. IL TUTTO SULLA SOGLIA di una settimana che minaccia di spingere la tensione al parossismo. Il 9 maggio, Putin vuole celebrare la festa della vittoria dell’Urss sul nazismo nella Seconda guerra mondiale in Crimea, rafforzando il senso di appartenenza alla Russia della penisola già annessa. L’11 maggio, è in programma il referendum indetto dagli indipendentisti filo-russi nell’Est dell’Ucraina. Aleatorio, oggi, prevederne URUGUAY 10 grammi di marijuana a settimana onto alla rovescia per l'arrivo della “marijuana di Stato” in Uruguay, che sta già beneficiando del C ‘turismo della cannabis’, con l’aumento degli stranieri in visita. Domani il presidente José Mujica (che ha detto di non voler far del paese la “mecca della cannabis”) firmerà il decreto di applicazione della legge che sancisce una svolta rivoluzionaria, con l’obiettivo di dar inizio alla distribuzione legale della marijuana entro fine anno. La regolamentazione è stata annunciata dal segretario della presidenza, Diego Canepa, che ha confermato i contenuti generali della legge: i consumatori potranno comperare marijuana nelle farmacie (10 grammi a settimana) o coltivare cannabis a casa (massimo 6 piante) o associarsi a un club di coltivatori (massimo 99 piante) dal quale potranno ricevere non oltre 480 grammi di ‘erba’ l’anno. La cannabis così distribuita (circa 22 tonnellate l’anno, secondo Canepa) sarà coltivata su 10 ettari di terreni militari: entro maggio il governo convocherà una gara d’appalto per scegliere un massimo di 6 aziende private che si occuperanno della produzione, contando su semi importati. l’impatto, in termini di affluenza alle urne, e la credibilità dei risultati. Ma se il referendum potrà esser una farsa – in Crimea, a marzo, non lo fu – neppure le elezioni del 25 s’annunciano molto più credibili. Tant’è che Mosca mette le mani avanti e denuncia l’assurdità della consultazione. La novità del giorno è, comunque, positiva: gli osservatori dell’Osce, trattenuti a Slavyansk, una delle roccaforti dell’insurrezione filo-russa, per otto giorni, vengono liberati all’alba, apparentemente senza contropartite. SETTIMANA CLOU Venerdì Putin potrebbe sbarcare in Crimea per la parata delle Forze armate e domenica prossima è previsto il referendum sulla secessione Chiave di volta dello sblocco della situazione, l’intervento d’un emissario di Putin, Vladimir Lukin. Unanime la soddisfazione per l’esito incruento, che Onu, Usa, Nato e Ue vedono come un primo passo per ulteriori progressi verso un raffreddamento della tensione. Dall’Italia, echi contraddittori: Berlusconi, l’amico di Putin, denuncia “l’ignavia dell’Europa” e teme una crisi dei rapporti con la Russia; il ministro degli Esteri Mogherini spera in una ‘de-escalation’ e nel ritorno alle intese di Ginevra. Kramatorsk, un avamposto filo-russo a 17 chilometri da Slaviansk, è stato l’epicentro degli scontri sabato, con una decina di caduti dalla due parti, mentre a Lougarsk è stato proclamato il coprifuoco. L’operazione ‘anti-terrorismo’ delle forze ucraine, lanciata venerdì mattina, mira a stringere d’assedio i capisaldi dei ribelli. Ma i regolari esitano a ingaggiare battaglia con le milizie, che hanno il sostegno della popolazione locale. La frana dei 2700 scomparsi VOCI DALL’EST “Siamo patrioti che difendono i confini” di Roberta Zunini l Cremlino fa sapere di non essere più in grado di controllare i filorussi nell’est e nel sud dell’Ucraina, ammettendo così di I averlo fatto, almeno finora. L’ammissione, guarda caso, avviene il giorno dopo la strage di Odessa - probabilmente perpetrata da russi e uomini provenienti dalla vicina Transnistria - e nuovi combattimenti nell’area di Sloviansk, dove sarebbero morti 10 filorussi e due elicotteristi di Kiev. Ma i numeri non sono attendibili, come tutto il resto, perché forniti dai dipartimenti di comunicazione, leggasi di propaganda, di Kiev e di Mosca. Mentre gli osservatori dell’Osce sequestrati la settimana scorsa venivano rilasciati, “perché la situazione sul territorio è diventata troppo pericolosa”, ha affermato senza ironia l’autoproclamato “L’ITALIANO” sindaco di Sloviansk , che li aveva fatti rapire, altri paUn militare di Kiev, lazzi pubblici di Donetsk sono stati occupati dai sepain Italia da 12 anni ratisti. A DIFENDERE questi palaz- AFGHANISTAN SENZA MEZZI, FERMA RICERCHE A 48 ore dalla frana che ha seppellito un intero villaggio, il governo afghano ha annunciato di aver fermato i lavori per mancanza di mezzi: 2700 i dispersi Ansa e tornato in patria all’inizio della crisi, respinge le accuse di “fascismo” zi e l’integrità del territorio ucraino ci sono anche soldati che parlano perfettamente italiano. Come il militare che è stato ripreso in un video mentre spiega “che tanti dicono che siamo fascisti, ma noi siamo solo dei patrioti e difendiamo i nostri confini”. La lingua italiana parlata fluentemente e quasi senza accento dal giovane soldato, ha sollevato interrogativi sulla presenza di mercenari italiani pagati da Kiev. Ma il soldato è un ucraino che vive e lavora da 12 anni in Italia, tornato in patria a causa dell’aggravarsi della situazione. Del resto, subito dopo il Canada, l’italia è la seconda meta della diaspora ucraina. Per questioni economiche, ma a breve si dovrà affrontare anche il problema dei profughi, se dovesse scoppiare una vera e propria guerra civile. Intanto i disordini che stanno montando anche nel sud del Paese, fanno doppiamente comodo al regime di Putin, dato che, se venisse proclamato lo stato di emergenza, salterebbero le elezioni previste per il 25 maggio. A quel punto il governo a interim di Kiev, considerato golpista da Mosca, rimarrebbe in carica, dando la possibilità a Mosca di continuare a dire che, per l’appunto, è illegale. 16 DOMENICA 4 MAGGIO 2014 SECONDO TEMPO S P E T TAC O L I . S P O RT. I DE E L’attore/regista Michele Placido “Passacarte e ragionieri Il cinema italiano è in mano loro” IL PROSSIMO FILM IN PREPARAZIONE “La scelta”, ispirato da Prandello Si intitola ‘La scelta’ è tratto da ‘L’innesto’ di Pirandello e racconta la storia di una maternità difficile: “Lo produco con mia moglie Federica perché, esclusi il Mibac e la Lucky Red, nessuno aveva voglia di darmi una mano” Ansa di Malcom Pagani e Fabrizio Corallo P rima del come e del perché vennero i soldi: “Pagavano bene e con centomila lire a posa io e i miei amici mangiavamo al ristorante per settimane. Ci dicevamo allegri: ‘Andiamo a fare una marchetta per il cinema’ e recitavamo senza farci troppi scrupoli in film di tutti i generi. Io pensavo al teatro. Avevo esordito con Ronconi nel ’69 ne L’Orlando furioso e il set mi sembrava un diversivo. Un passaggio di tempo tra una tournée e l’altra. Prima di accettare chiedevo sempre chi fosse l’attrice. Baciare Ornella Muti o la Antonelli era molto più importante della trama”. A quindici giorni dai sessantotto anni, Michele Placido ha smesso di dipanare la propria: “È una bellissima stagione che mi godo senza affanni, con la consapevolezza di andare verso la catastrofe finale”. Prepara un nuovo film da regista nella Puglia d’origine: “Si intitola La scelta è tratto da L’innesto di Pirandello e racconta la storia di una maternità difficile. Lo produco con mia moglie Federica perché esclusi il Mibac e la Lucky Red nessuno aveva voglia di darmi una mano” e si diverte ancora all’idea della lotta come all’epoca in cui, bambino, scelse le asprezze del collegio cattolico: “Mi facevo il letto da solo e se non rimboccavo bene le lenzuola arrivavano anche le botte”. Placido era pronto al sacerdozio: “Lo vedevo come una forma di oltremare. Un’avventura che si alimentava attraverso i racconti di uno zio missionario. Una fuga dalla famiglia e dal paese, Ascoli Satriano, nel foggiano, perché sognavo di più e con sette fratelli, chiedere attenzione in casa era illusorio”. Delle rigidità cattoliche: “Di una formazione con regole e liturgie molto più severe di qualsiasi servizio militare” Placido ricorda i silenzi. “In ritiro spirituale capitava di stare zitti per giorni. Allora leggevo. Studiavo le vite dei santi anche se a quelli con l’aureola, angelicati, non ho creduto mai. Mi appassionavo alle biografie umili, ai beati che mi sembravano alla mia altezza, ai San Gerardo Maiella che dormiva con i cani, ogni tanto cadeva in estasi davanti al forno ed era descritto più o meno come lo scemo del villaggio”. Poi lasciò il collegio cattolico e arrivò a Roma. Nella camerata di Pubblica Sicurezza di Castro Pretorio. Da poliziotto. Nel 1965. La divisa era il mio travestimento. Lo schermo da opporre alle domande di mio padre, geometra che per me avrebbe desiderato un futuro razionale. Non volevo dargli il dolore di andare allo sbaraglio. Così mi dividevo tra la caserma e il sogno di entrare all’Accademia d’Arte drammatica. Mi presentai al saggio finale portando Le mani sporche di Sartre. Ero vestito in modo improbabile. Metà agente di polizia, metà attore con velleità alternative. Gli feci tenerezza. Mi promossero. Esordio al cinema con Carlo Di Palma in “Teresa la ladra”... Un uomo delizioso. Il direttore della fotografia di Germi, Woody Allen, Antonioni e Monicelli. Di Mario sono stato molto amico. Mi considero monicelliano. Era il più lucido. Il più cinico. Il più spiritoso. Da qualche anno, da quando si era trasferito nel suo piccolo appartamento monacale affacciato sul Rione Monti, il droghiere lo scambiava regolarmente per Comencini. Lui lasciava correre. Ogni mattina, la stessa scena: ‘Buongiorno dottor Comencini, come va? Hanno dato il suo Incompreso l’altra notte. Bello, bel- lissimo, ci siamo commossi. Invece, le dico la verità, quel Monicelli una noia, due palle senza nome’. Lei per Monicelli ha recitato in tre film. La prima volta, in Romanzo popolare celebrammo il matrimonio per simpatia. Mario aveva saputo che ero stato in Polizia e mi spalancò le porte: ‘Prendete ‘sto ragazzo che ha fatto la gavetta più disgraziata di tutte’. Ancor più del suo cinema, amavo in lui il coraggio della provocazione. La grandezza di scorgere il lutto nella gioia. Non a caso, nei suoi film, non manca mai la morte. Il suo suicidio l’ha colpita? Ho rispettato la scelta anche se sul tema, il mio punto di riferimento è sempre mia madre. Ha 92 anni. E nella sua stupefacente semplicità di donna del Sud, nella sua visione cristiana in cui anche la sofferenza fisica è un dono di Dio, un simile finale non l’avrebbe mai neanche potuto immaginare. Mario aveva visto suo padre compiere lo stesso gesto. Siamo quello che diventiamo, ma anche il prodotto di ciò che abbiamo osservato. E il bilancio di Monicelli che sapore aveva? Il sapore del rimpianto: ‘Abbiamo avuto un grande potere’ spiegava quella sera a tavola con Scola ‘e politicamente, a differenza di quanto è accaduto in Francia, non abbiamo saputo cosa farne’. Oggi il cinema italiano è in mano a persone che non hanno la necessaria cultura per fare cultura. Non sono né manager né poeti. Non sono un cazzo. E cosa sono esattamente, Placido? Passacarte. Ragionieri. Che lavorino per la Rai o per Mediaset cambia poco. Un tempo c’erano i Dino De Laurentiis, i Lombardo e i Cristaldi. Oggi al posto del produttore balla un’altra figura professionale. L’amministratore di condominio che alza gli occhi e apre la cassa solo se sente parlare di commedia. Quando arriva un maestro come Bellocchio si dedica ai conti della serva: ‘Ma se il suo film incassa un solo milione di euro che lo finanzio a fare?’. I produttori oggi sono amministratori di condominio che alzano gli occhi e aprono la cassa solo se sentono parlare di commedia Quando arriva un maestro come Bellocchio fanno i conti della serva: ‘Ma se il suo film incassa solo un milione di euro, che lo finanzio a fare?’ Hanno torto? Completamente. Tra l’altro mi pare che dopo la recente sbornia euforica la commedia sia in picchiata. Sono più quelle che vanno male di quelle che vanno bene. Placido il polemico. La verità in questo Paese è Monicelli era del 1915. Aveva fatto in tempo a vedere entrambe le guerre mondiali del Novecento. Era un grande narratore e aveva tanti mondi e tanti registri dentro di sé. Avrà attraversato il suo tormento con raziocinio non solo intellettuale. Tra i suoi lussi covava quello di non avere paura della verità. Sapeva ammettere gli sbagli, Mario. Una volta a cena fece un bilancio dell’età dell’oro. Dei decenni in cui, quasi mitologicamente, con spensieratezza, il cinema italiano era un modello di virtù. In via della Croce, ai tavoli di Otello o di Cesaretto potevi incontrare a qualsiasi ora Age, Scarpelli, Benvenuti, De Bernardi, Suso Cecchi D’Amico, Flaiano, Arbasino e Tonino Guerra. Oggi gli autori sono chiusi nel loro cortile. Non c’è più scambio, nessuna condivisione. I TORNEI DI TOGNAZZI In alto, Michele Placido con Nicola Pietrangeli e Franco Interlenghi durante il torneo di tennis “Scolapasta d’oro” organizzato da Ugo Tognazzi. A fianco, Michele bambino insieme alla famiglia molto meno conveniente della menzogna. Meglio baloccarsi con le bugie. Le dicono un po’ tutti. Essere troppo schietti è controproducente e alla fine di qualsiasi ragionamento prevale il rumore di fondo. La stanchezza della gente. La noia. La diffidenza più radicata e forte di qualunque riflessione: “Quello è un gran rompicoglioni, lascialo perdere”. Ha lasciato perdere anche lei? Non mi appassiono più al duello dialettico perché mi rendo conto che la Storia è stata scritta in una certa direzione e anche se le ideologie sono saltate in aria e la geografia politica nella quale sono cresciuto, quella con fascisti, democristiani e comunisti è ormai preistoria, è inutile sperare che qualcuno metta in discussione le proprie convinzioni. Prevale l’appartenenza. La parrocchietta. La casella di riferimento. Quando ho partecipato a Il sangue dei vinti di Soavi, tratto dalla rilettura della Liberazione tentata da Giampaolo Pansa, mi hanno quasi linciato. Peccato, sarebbe stata l’occasione giusta per farsi qualche domanda. Lei se le è poste? Sono lieto che la Costituzione sia radicalmente antifascista, ma questo non mi impedisce di ascoltare le ragioni dei tanti Giorgio Albertazzi che scelsero di partire per Salò a 16 anni. Prima di giudicare bisognerebbe ragionare. Spesso il destino non dipende neanche da noi. Servono gli incontri e serve la fortuna. Del mondo militare e delle sue implicazioni repressive capii più con Bellocchio lavorando nel suo Marcia trionfale che nei tre anni in Polizia. Marco non aveva neanche quarant’anni e rispetto ai suoi coetanei sembrava un alieno. Possedeva intelletto e magnetismo il Fatto Quotidiano FOGNINI IN FINALE AL TORNEO DI MONACO IL PALERMO TORNA IN SERIE A BARCELLONA, ADDIO LIGA Fabio Fognini in finale al torneo Atp 250 di Monaco di Baviera. Il ligure, prima testa di serie del tabellone, ha superato il tedesco JanLennard Struff. Oggi la finale contro contro lo slovacco Martin Klizan Il Palermo vince anche a Novara (1 a 0, rete di Vazquez, ventitreesima vittoria stagionale) e ritrova la Serie A dopo un solo anno di cadetteria con ben cinque turni di anticipo Il Barcellona dice addio ai sogni di conquistare la Liga: i blaugrana pareggiano 2-2 al Camp Nou con il Getafe e salutano virtualmente le ultime speranze di raggiungere il titolo DALLA PUGLIA A ROMA Michele Placido è nato ad Ascoli Satriano, in provincia di Foggia, il 19 maggio 1946. In basso, la moglie Federica Vincenti, 31 anni, attrice e produttrice LaPresse che nonostante i trascorsi nei salesiani metteva al servizio di una laicità impressionante. Era parco, concentrato, serio. Non si chiedeva mai dove sarebbe andato a cena la sera. In “Marcia trionfale”, in forma latente, c’è già il tema dell’omosessualità che in “Ernesto” di Salvatore Samperi lega il protagonista a un facchino da lei interpretato. Umberto Saba mi affascinava e così accettai l’ingaggio. Al Festival di Berlino, Ernesto andò benissimo. Fassbinder mi premiò come miglior attore e tornammo a Roma felici e speranzosi. In sala, alla prima, si spensero le luci e io assistetti al primo esodo della mia vita. Ogni cinque minuti si alzava qualcuno alla disperata ricerca dell’uscita. Il cinema rimase vuoto. Il film, purtroppo, non fece una lira. Avevano proposto la parte a Giuliano Gemma e a Franco Nero, ma quel ruolo non voleva farlo nessuno. Quella sera capii perché. Qualche anno dopo arrivò il commissario Cattani. Anche La Piovra fu un puro caso. In Rai mi avevano bocciato: ‘Non ha il fisico, ha la voce stridula, non funziona, nessuno crederà che sia un vero poliziotto’. Il regista, Damiano Damiani, mi venne a cercare e mi convinse mentre recitavo con Strehler ne La tempesta. Il successo fu immediato. Non potevo andare neanche più a fare benzina. In teatro, i miei colleghi che snobbavano la televisione erano sconvolti. Eravamo in scena con Metti una sera a cena di Patroni Griffi. Un cast della Madonna: Florinda Bolkan, Bentivoglio, Remo Girone che poi, a partire da La Piovra 2, ebbe un ruolo importante nella serie. Ogni sera, all’applauso finale, quando facevo capolino in teatro si scatenava l’ovazione. Qualcuno lamentò il danno all’immagine dell’Italia. Gli imbecilli sono ovunque, ma La Piovra riuscì a far breccia in un immaginario vastissimo, molto distante dalla letteratura pure meravigliosa di Sciascia o dal giornalismo a schiena dritta di De Mauro. De Concini, Rulli e Petraglia spiegarono a qualche milione di persone i meccanismi della mafia. A me poi La Piovra ha salvato letteralmente la pelle. Perché? Stavamo girando Afghan Breakdown in Tagikistan. Una notte Dushanbe, la capitale, si ritrovò in piena guerra civile. I musulmani si erano ribellati al comunismo e in città si era scatenato l’inferno. Venimmo svegliati all’improvviso ed evacuati in tutta fretta verso l’aeroporto con i carri armati. C’erano spari, vittime e scontri a fuoco. A un certo punto per la tensione e per il caldo mi sentii svenire e chiesi urlando di affacciarmi dal blindato. Eravamo in una piazza piena di gente, appena mi videro apparire dall’alto, i manifestanti si fermarono e iniziarono i cori: ‘Cattania! Cattania!’. Un delirio nel delirio. Avevano riconosciuto il commissario che lei aveva interpretato? Nei lunghi mesi di preparazione in Tagikistan avevo fraternizzato con i ‘cattivi’, diviso pranzo e cena con i rivoltosi, frequentato le tantissime comparse musulmane del film che poi in gran numero, seppi in seguito, si arruolarono con i talebani. Furono loro a darci il nullaosta per fuggire. Provai un fottuto terrore quella notte, lo giuro sui miei figli. Lei ne ha cinque. Le donne che ho avuto mi presentavano il conto. Non pianificavo. Non pensavo mai: ‘Adesso facciamo un figlio’. Forse solo Violante è stata veramente cercata. Voluta. DOMENICA 4 MAGGIO 2014 17 male e non di rado mi incazzo. Però non ho mai fatto una telefonata né scritto una lettera per lamentarmi in oltre 40 anni di carriera. Al Festival di Venezia però si arrabbiò con i giornalisti. Pur non essendo mai intervenuto nelle loro scelte ho sempre tentato di scoraggiarli. Venezia è una fossa dei leoni. Una gogna in cui per anni, indistintamente, si è data la caccia ai prodotti Rai e Mediaset. In platea vedevano il nome degli attori e iniziavano a fischiare ancor prima di aver visto il film. Sua moglie, Federica Vincenti, è molto più giovane di lei. Accadde con “Ovunque sei” e poi con “Il grande sogno”. Senza nulla togliere alle altre, è la persona più matura con cui sia stato in vita mia. Ha la saggezza che io non ho. È pragmatica e determinata, sia quando recita che nella vita. Produciamo teatro e cinema, ci divertiamo molto. Ogni tanto litighiamo, penso sia normale. Lì mi arrabbiai. E lo dissi chiaramente: ‘Faccio film con la Rai e mi criticate, li faccio con Medusa e mi aggredite. Mi spiegate con chi cazzo devo farli io i film?’. Tornando a “La Piovra”, nel 2014 si celebrano anche i trent’anni del format. Presto andrò a Mosca dove mi hanno invitato per l’evento. All’epoca credevo che mi sarei fermato alla prima serie e lo promisi anche a Damiani. Un giorno mi telefonò allarmato: ‘Per fare la seconda serie ti offriranno più soldi, lo so, ma ti consiglio di rinunciare’. Me lo rimproverarono in tanti. Quasi fosse un manifesto di conclamata ingratitudine. In quell’occasione discussi animatamente anche con il produttore del film, Pietro Valsecchi. Anche se non lavoriamo più insieme siamo amici da sempre. Pietro ha un intuito formidabile ed è molto colto. Ma al di là del pessimo carattere ha un difetto. E lei cosa rispose? Quale? Essendo per principio fedele alle amicizie lo rassicurai: ‘Non lo faccio Damiano, stai tranquillo’. Poi però del progetto si occupò Florestano Vancini. Aveva una sua storia di autore impegnato sul fronte civile. Damiani me lo perdonò a fatica. Ci volle tempo. Poi tornammo a lavorare insieme in Pizza Connection. Non si spende a sufficienza per una poetica alla quale pure, ha contribuito attivamente. Che inventi e crei un fenomeno come Checco Zalone va benissimo, ma Valsecchi 20 anni fa è stato anche il costruttore coraggioso del mio film su Giorgio Ambrosoli. Se solo volesse, potrebbe farlo ancora. Immaginare e realizzare altri lavori come Un eroe borghese. Creare un’altra stagione di cinema civile. Lui è più in gamba di quel che fa. Anche se Nanni Moretti, quando ci vedeva arrivare in motorino insieme, con una certa puzza sotto il naso, magari sorridendo, amava darci dei cialtroni. Qualcuno ha seguito il suo percorso. Lei vinse un Nastro d’argento, ma con il film la critica non fu tenera. Sono un istintivo, se leggo una critica rimango A me ‘La Piovra’ ha salvato la vita. Eravamo in Tagikistan per le riprese di ‘Afghan Breakdown’ e finimmo in mezzo a una guerra civile. Il nostro blindato fu bloccato dalla folla. Quando misi fuori la testa tutti urlarono festanti: ‘Cattania! Cattania!’ Un delirio nel delirio Disse anche che non aveva mai votato per Berlusconi. Lei con Satta Flores, Bucci ed Enzo Gallo ha coprodotto uno storico film di Moretti. Ecce Bombo. A dire la verità, anche se lui non l’ha mai raccontato, Nanni venne a propormi di fare il protagonista di Io sono un autarchico. Mio zio Beniamino, critico e attore nei suoi cortometraggi, me lo aveva sentitamente raccomandato. Ma io lo snobbai. Per fortuna. Altrimenti non avremmo avuto il Moretti attore. Le piace? Molto. Ultimamente più come attore e produttore che come regista. Mi pare che artisticamente sia in un momento di stasi creativa. Capita a tutti, me compreso. Poi però Nanni ha rigore. Apprezzo il suo desiderio di mettersi comunque in gioco e di fare da sempre quel che più gli piace. Come Tognazzi. Un uomo libero. Generoso. L’attore a cui ho voluto più bene in assoluto. Ricordi? A volte, ed è strano, drammatici. Ugo era afflitto dall’ipotesi di invecchiare. Una volta partimmo in macchina da Roma alla volta di Milano. Si tolse le scarpe a metà viaggio e provò a rimettersele all’arrivo. Gli si erano gonfiati i piedi e non entravano più. Iniziò a disperarsi. Piangeva quasi: ‘Che cosa terribile l’età, guarda, non mi si allacciano, sto andando in pezzi’. In realtà insieme ci siamo anche divertiti tanto. Poco prima del Festival di Venezia, ogni anno, Tognazzi riuniva gli amici a Torvaianica. Si era inventato un premio, ‘Lo scolapasta d’oro’, un pretesto per gozzovigliare tra tennis e cucina per tre giorni e tre notti. Erano giorni lieti? Emozionanti. Facevamo l’alba con Gassman, Ferreri, Villaggio accanto all’ultimo degli sfigati. Con gente simpatica e con gente così antipatica da rivelarsi di straordinaria simpatia. Da lì passavano tutti. Tognazzi apriva la casa a chiunque, sapeva godersela. Non credo che Nanni Moretti, tanto per dire un nome, avrebbe nutrito la stessa passione antropologica e festosa per la compagnia. Tognazzi adorava cucinare. Veniva dal varietà. Dalle difficoltà economiche del dopoguerra. Dalle pensioni in cui si metteva un sugo sul fornelletto ai piedi del letto e magari, per convincere all’amore notturno una soubrette, le si cucinava prima un risottino. Ogni tanto Ugo esagerava con gli ingredienti e questi famosi pranzi di cui favoleggiava vantandosi senza ritegno si rivelavano veleno puro. Con le sue memorie, se volesse, potrebbe scrivere un’autobiografia non banale. Per aggiungere al disboscamento del pianeta anche la mia colpa? Me lo dicono spesso: ‘Perché non scrivi un libro? Che ti ci vuole?’. Ho una sola certezza. Non succederà mai. n SECONDO TEMPO il Fatto Quotidiano DOMENICA 4 MAGGIO 2014 19 Aiuto, la commedia italiana è (di nuovo) in crisi AL FESTIVAL DEL CINEMA DI LECCE, IL CONFRONTO TRA REGISTI E CRITICI SI TRASFORMA IN UNA SEDUTA DI AUTOANALISI. LA REGOLA È DARE SEMPRE LA COLPA A QUALCUN ALTRO di Anna Maria Pasetti Lecce ommedia sì, commedia no. Snobismo dei critici, sovrabbondanza di prodotto, pedanteria nelle storie, la sfida televisiva, le sale che chiudono. Ci risiamo, la solita melina del cinema italiano, ché se fai ridere non sei degno dei grandi festival. Cioè non sei Cinema, anche se incassi 50 milioni e rotti di euro, Checco Zalone docet. Gli inesorabili luoghi comuni, micidiali. Il problema semmai è l’indistinzione dell’offerta, giusto per dirne uno. Sembra che – eccezioni a parte – vista una commedia le hai viste tutte: cast reiterati, storielle fotocopia. C D’ALTRA PARTE, squadra che vince non si cambia, altrimenti cambi lavoro. Registi, sceneggiatori, critici, pubblico: tutti contro tutti, ovvero quanto è accaduto ieri agli “Stati Generali della Commedia Italiana contemporanea”, un incontro/scontro moderato dall’esperto stracult Marco Giusti e presenziato da molti dei volti ben noti al grande pubblico, dai baroni Carlo Verdone, Neri Parenti, Enrico Vanzina ai neofiti Sydney Sibilia (suo l’esplosivo Smetto quando voglio), Matteo Oleotto (autore del pluripremiato Zoran, il mio nipote scemo), Edoardo Leo, le Iene Pio e Amedeo, passando per Paolo Genovese, Francesco Bruni, Massimo Gaudioso. Mancava il Checco nazionale, seppur pugliese: altri impegni, oppure solo morettianamente assente. La cornice è il XV Festival del Cinema Europeo di Lecce, conclusosi ieri. Pure essendo il cine-genere che (da sempre) meglio incassa nel Belpaese e “tiene” la concorrenza Usa, anche la commedia è in allarme. Ad annunciarlo è un Verdone in veste di analista di dati: “Lo dice anche Variety, i giovani dai 18 ai 24 anni non vanno più al cinema, persino Hollywood teme la chiusura, figuriamoci l’Italia. Al centro, Marco Giusti e Carlo Verdone; a fianco, la locandina di “Smetto quando voglio”; in basso, scena da “Zoran, il mio nipote scemo” Ansa/LaPresse MA OLTRE ai numeri scon- fortanti siamo un Paese sbandato... prostituito alla politica. Indecente che abbiano chiuso la maggioranza delle monosale cittadine: ma GRANDI SCHERMI Carlo Verdone: “Assurdo chiudere le piccole sale cittadine: il pubblico di mezza età non frequenta i multiplex di periferia” dove lo troviamo il pubblico di mezz’età, quelli non vanno nei multiplex di periferia! E se poi i giovani non ci vanno più al cinema... chi ci rimane?” chiosa il mattatore romano che poco più che ventenne riuscì a interpretare la sua generazione con Un sacco bello. GIÀ, OGGI è impensabile trovare 20/30enni che possano vagamente proporre un “loro” Un sacco bello. Ovvio, la società odierna presenta uno slittamento generazionale: esordire (bene) al cinema è diventato un evento per pochi eletti, ci metti anni e ipoteche sulla casa (dei genitori), nonostante le facilitazioni tecnologiche che teoricamente permettono di scodellare un film dall’iPhone e sbatterlo su YouTube. Ma non è la stessa cosa. Lo sanno anche i più “giovani” che comunque già stanno sui 40. Insomma, anche la commedia accende l’allarme rosso. Cause e colpe sono disseminate nel caos, e la regola è scrollarsi di dosso ogni responsabilità. Buttarla sulla schizofrenia dei critici cinematografici è comodo: “Ridono in sala e poi ti stroncano dicendoti, un conto è l’uomo, l’altro è il critico” è l’accusa principale di Paolo Genovese secondo il quale far ridere è marchio d’infamia e ti allontana dai festival. La reazione è immediata. COME QUELLA di Piera Detassis, che dalla platea non ci sta: “È una puttanata: quando un critico si diverte e trova che in una commedia i meccanismi funzionano, non la stronca affatto. Il tema è l’omologazione: le commedie oggi si assomigliano tutte, stesse facce, simili battute, storie ricalcate. Ma quando c’è un valore, quando un film si distingue, subito ce ne accorgiamo! Ed è un luogo comune che i festival snobbino le commedie in quanto tali”. “Il punto è – sottolinea Valerio Caprara – che voi autori non dovete perdere il coraggio di una miscela esplosiva, IENE DA TASTIERA Paolo Genovese dà la colpa ai giornalisti: “In sala ridono a crepapelle, poi tornano a casa e ti stroncano” di una contaminazione di generi, di combattere insomma... bisogna migliorare il tessuto connettivo del cinema italiano, perché sappiamo tutti che non basta l’eccezionalità di vincere un Oscar”. Colpevoli e assenti e quindi impossibilitati a difendersi sono anche i broadcaster – che sappiamo ormai indifferenti ai piccoli film – e i distributori dei quali Neri Parenti accusa di ritardo nell’adeguamento al presente rispetto al lancio del prodotto: “La promozione è pressoché identica a quella di quando io avevo 30 anni… qualcosa deve cambiare, no?”. Problemi tanti, proposte poche, idee ancora meno, ma una cosa è certa, finché si ride c’è speranza e al consesso salentino le risate sono state assicurate. 20 DOMENICA 4 MAGGIO 2014 SECONDO TEMPO il Fatto Quotidiano a cura di Stefano Disegni BIOCRAZIA di edelman ANTONIO RAZZI (GIULIANO TEATINO, 1948) Razzi entra in Parlamento nelle file dell'Italia dei Valori. Dov'eri allora, Gabanelli? n Nel 2010 denuncia un tentativo di compravendita da parte di Berlusconi. Costringendolo ad aumentare l'offerta. n Razzi ha ammesso di sostenere Berlusconi per tornaconto personale. Quando si dice "condividere un ideale". n Gli italiani non hanno perdonato all'Idv la candidatura di Razzi. Così lo hanno rieletto con il Pdl. n Razzi: "Guadagno 12 mila euro al mese e non mi rimane niente". Però guardate che biblioteca. n Razzi ha un diploma di scuola superiore. Qualcuno deve averlo perso. n È stato ospite del dittatore nordcoreano Kim Jong un. Che voleva mostrare al popolo i limiti della democrazia. n Razzi ha definito Kim Jong un e i suoi generali "bravissime persone". Dopo aver conosciuto Verdini. n La guerra con Piero SECONDO TEMPO il Fatto Quotidiano DOMENICA 4 MAGGIO 2014 21 DAVID LETTERMAN Conduttore del celebre “Late Night Show” LaPresse TG1 PRESA DAGLI USA Altro che Bonaiuti & C. Il Tg1 è sempre fedele di Paolo Ojetti iceva Carlo Marx che il proD letariato avrebbe trionfato ovunque, tranne che in un posto: nella redazione di un giornale, dove il direttore avrebbe continuato ad avere poteri assoluti. Marx è stato smentito questa settimana dalla redazione del Tg1 che ha preso un “buco” colossale, ma dove nessuno è stato spedito da Mario Orfeo – come si diceva una volta – alle onde corte: le motivazioni con cui i giudici di Bari hanno condannato l’avvocato Castellaneta per sfruttamento della prostituzione (ma escluso che ricattasse Berlusconi per l’andirivieni di escort ad Arcore), sono state eliminate dalle edizioni del 28 aprile. Che non ci sia stata reazione alcuna, alimenta il sospetto che il “buco” sia stato premeditato, concordato, fortemente voluto. Come mai, visto che la sentenza dava piena ragione alla tesi Ghedini (“il premier Berlusconi è stato solo l’utilizzatore finale del beneficio”) questa reticenza? Può darsi che il “contorno” della motivazione fosse troppo indigesto, quello “sconcertante quadro della vita privata” dell’ex-Cav, fatto non di feste galanti, ma di ammucchiatone orgiastiche del genere fescennini bacchico-priapeschi: come far digerire l’insieme al telespettatore già fra- stornato dalla maniacale insistenza di Berlusconi sui tedeschi, i lager e Martin Schulz? E come cancellare ogni riferimento all’imminente 30 giugno, data dell’inizio del processo di appello del caso Ruby, un appuntamento che vale una condanna a sette anni e che – nel frattempo – è stato cancellato da tutti i media? ALTRA SINGOLARITÀ settimanale, l’assenza di reale curiosità sui compiti di Berlusconi fra i malati di Alzheimer. È vero, andrà, assisterà, baderà per 4 ore a settimana, ma come? Ipotesi 1: verrà adibito a lavori umilianti, del genere cambio di pannoloni, eccetera. Ipotesi 2: travestito da Patch Adams allieterà i picchiatelli (senza offesa, è una citazione da Qualcuno volò nel nido del cuculo). Ipotesi 3: lo lasceranno in una stanza a leggere i giornali e a guardare la tv. E allora, la numero 1 è impraticabile, magari B. si sente male. La 2 è da scartare perché il repertorio umoristico di B. è più vecchio dei pazienti. Resta la 3, quella vera e anche più manipolabile. Già vediamo i Tg ossequiosi in ginocchio da Toti che racconterà: “Oggi il presidente ha divertito una vecchietta, poi l’ha baciata. Un altro lo ha portato in giardino e senza nemmeno la scorta. Il Presidente è determinato, sereno, ha parlato con Napolitano e tutti gli vogliono bene”. Letterman ha vinto l’ultimo derby con Leno di Emiliano Liuzzi avid Letterman ha battuto Jay LeD no. Definitivamente. Per numero di by pass, ospiti, influenza, senso dell’umorismo. E per la durata del loro show: Leno è già andato in pensione un mese fa, Letterman ha annunciato che lo farà nel 2015. Salvo ripensamenti, improbabili. È STATO l’eterno derby, quello tra i due conduttori, che ha appassionato per anni i telespettatori americani. Perché andavano in onda alla stessa ora, un format quasi identico, la caratterizzazione sul senso dell’umorismo, molto east coast e newyorchese quello del Late show, più composto quello di Leno. Figlio di tutto quello che New York si porta appresso il primo, molto californiano e compassato l'altro. Tutta qui sta la differenza. Nell'approccio. All’ospite e alla scaletta. Letterman non sgarra mai. Il suo talk è strutturato da sempre allo stesso modo: in studio c'è un suo amico, che poi era anche amico di John Belushi, visto che non apparì nel film ma faceva parte della Blues Brothers Band. Un fior di musicista, Paul Shaffer. Radici nel blues e nella musica popolare, appunto, ma cresciuto nello spettacolo, al Saturday Night Show, format fucina di tutto quello che è stata la musica, e il cabaret statunitense, nell'ultimo mezzo secolo, da Belushi, appunto, a Steve Martin, per intenderci. Sia Letterman che Leno non sono giornalisti, non lo sono mai stati, ma sono i più grandi intervistatori della televisione americana. Non è un mistero: sono comedian, per metà cabarettisti, l'altra barzellettieri. Conducono l'ospite dove loro vogliono, ma senza mai disturbare. Il feeling che si respira è quello dell'amicizia tra il conduttore e l'intervistato: i due hanno sempre avuto la capacità di aprire la porta di una casa, tempi certi, niente concordato. SHOW PERFETTI , ma non replicabili. Ne sanno qualcosa in Italia i Luttazzi e i Fabio Fazio. Il comico romagnolo, con Barracuda, cercava di assomigliare quanto più possibile a Letterman, in alcuni casi – pochi, a dire il vero – venne accusato anche di plagio nelle Gli ascolti di venerdì SI PUÒ FARE Spettatori 5,15 mln Share 19,81% CROZZA NEL PAESE... Spettatori 2,47 mln Share 9,03% battute. Ebbe vita breve. Altro lettermaniano è Fabio Fazio, ma si sa, il conduttore di Che tempo che fa cerca di assomigliare a tutti meno che a se stesso. Avrebbe una dannata voglia di essere considerato il Letterman italiano. Forse gli andrebbe bene anche Leno. Ma per quanto cerchi di avvicinarsi non ci riesce. Fa il giornalista, non essendolo, prova il genere comedian, ma molto lontano dalla sua personalità. Alla fine la sua trasmissione funziona, e bene, in termini di ascolto, ma resta in bilico tra l'informazione e il sano umorismo senza sfondare da nessuna delle parti. Così, in attesa che qualcuno erediti quello che ha fatto la storia della tv americana, i due vecchietti d'oltreoceano se ne vanno. Hanno già designato i loro eredi e continuerà a essere derby. Il primo lo ha vinto Letterman, vediamo come andrà la seconda parte. Ma i bilanci si faranno alla lunga distanza, ovvio. Letterman nel 2015 avrà festeggiato il 32 esimo anno in video. Il primo ospite fu un suo grande amico, Bill Murray. Probabilmente sarà lo stesso dell'ultima puntata. IL TEMPO DEL CORAGGIO... Spettatori 3,98 mln Share 14,9% COLORADO Spettatori 2,03 mln Share 8,86% LA TV DI OGGI 6.30 UnoMattina In Famiglia Attualità TG1 Informazione (all’ interno) TG1 Informazione TG1 Informazione TG1 L.I.S. Informazione 10.00 Buongiorno Benessere Tutti i colori della salute Rubrica 10.30 A sua immagine Rubrica religiosa 10.55 Santa Messa Evento 12.00 Recita del Regina Coeli Evento 12.20 Linea verde Rubrica 13.30 TG1 Informazione 14.00 L’ Arena Attualità Che tempo fa Informazione 16.30 TG1 Informazione 16.35 Domenica in Varietà Condotto da Mara Venier 18.50 L’ eredità Gioco 20.00 TG1 Informazione 20.35 Rai TG Sport Notiziario sportivo 20.40 Affari tuoi Gioco 21.10 Carosello Reloaded Documenti 21.30 La Certosa di Parma “Puntata unica” Miniserie TG1 60 Secondi Informazione 0.05 Speciale TG1 Attualità 1.10 TG1 Notte - Che tempo fa Informazione 7.00 Zorro “La riscossa di Garcia” Telefilm 7.25 Lassie “Il bufalo” “Il canyon della superstizione” Telefilm 8.20 Voyager Factory Documentario 9.05 Il nostro amico Charly “Un cucciolo in famiglia” “Nato con la camicia” Telefilm 10.30 Cronache animali Documentario 11.30 Mezzogiorno in famiglia Varietà 13.00 TG2 Informazione 13.30 TG2 Motori Rubrica 13.40 Meteo 2 Informazione 13.45 Quelli che aspettano Varietà 15.40 Quelli che il calcio Varietà 17.05 TG2 L.I.S. - Meteo 2 Informazione 17.10 Stadio Sprint Rubrica 18.10 90°Minuto Rubrica 19.35 Countdown “Vendetta” Telefilm 20.30 TG2 - 20.30 Informazione 21.00 Prima tv N.C.I.S. “Alibi” Telefilm 21.45 Prima tv Hawaii Five-0 “Ogni tanto” Telefilm 22.40 La Domenica Sportiva Rubrica sportiva 1.00 TG2 Informazione 1.20 Sorgente di vita Rubrica religiosa 1.50 Meteo 2 Informazione 8.35 Gli amanti di Toledo Drammatico (Spa/Ita/Fra 1952) 9.55 Correva l’ anno Documentario 10.45 TeleCamere Attualità 11.10 TGR Estovest Rubrica 11.30 TGR RegionEuropa Rubrica 12.00 TG3 Informazione 12.25 TGR Mediterraneo Rubrica 12.55 12 Idee per la crescita Rubrica 13.25 Fuori Quadro Rubrica 14.00 TG Regione - Meteo Informazione 14.15 TG3 Informazione 14.30 In 1/2 h Attualità 15.35 Fuori Geo Documentario 15.50 Gli amici del Bar Margherita Commedia (Ita 2008) 17.15 Ci sta un francese, un inglese e un napoletano Commedia (Ita 2008) 18.55 Meteo 3 Informazione 19.00 TG3 Informazione 19.30 TG Regione - Meteo Informazione 20.00 Blob Varietà 20.10 Che tempo che fa Attualità 22.45 TG3 Informazione 22.55 TG Regione Informazione 23.00 Glob - Diversamente italiani Varietà 18.30 Transatlantico Attual. 19.00 News Notiziario 19.25 Sera Sport Notiziario sportivo 19.30 Il Caffé: il punto Attualità 20.00 Il Punto alle 20.00 Attualità Meteo Previsioni del tempo (all’ interno) 20.58 Meteo Previsioni del tempo 21.00 News lunghe Notiziario 21.26 Meteo Previsioni del tempo 21.30 Visioni di futuro Attualità 21.56 Meteo Previsioni del tempo 22.00 Visioni di futuro Attualità 22.26 Meteo Previsioni del tempo 22.30 News lunghe Notiziario 22.56 Meteo Previsioni del tempo 23.00 Il Punto + Rassegna Stampa Attualità 23.27 Meteo Previsioni del tempo 23.30 Il Punto + Rassegna Stampa Attualità 23.57 Meteo Previsioni tempo 0.00 News + Rassegna Stampa Attualità 0.27 Meteo Previsioni del tempo 6.00 Prima Pagina Informazione 7.55 Traffico - Meteo.it Informazione 8.00 TG5 Mattina Informazione 8.45 TGCom Informazione 8.50 Le frontiere dello spirito Rubrica religiosa 10.05 La vita dei mammiferi Documentario 11.10 SuperCinema Rubrica 12.00 Melaverde Documenti 13.00 TG5 - Meteo.it Informazione 13.40 L’ arca di Noè Rubrica 14.00 Il segreto di Thomas Drammatico (Ita 2002). Di Giacomo Battiato, con Thomas Sangster 16.30 Rosamunde Pilcher: Il cottage di zia Clara Drammatico (Ger 2009). Di Dieter Kehler, con Barbara Wussow 18.50 Avanti un altro Gioco 20.00 TG5 - Meteo.it Informazione 20.40 Paperissima Sprint Varietà Condotto da Juliana Moreira con il Gabibbo 21.10 Amici 13 - Serale “Sesta puntata Quarto giudice Biagio Antonacci” Reality show 0.20 Grande Fratello Riassunto Reality show 7.00 Superpartes Attualità 8.20 Til Death Telefilm 8.45 Scooby-Doo! Abracadabra-Doo Animazione (Usa 2010). Di Spike Brandt 10.25 Nancy Drew - The mistery in the Hollywood hills Avventura (Usa 2007). Di Andrew Fleming, con Emma Roberts 12.25 Studio Aperto Meteo.it Informazione 13.00 Sport Mediaset - XXL Rubrica sportiva 14.00 Grande Fratello Reality show 14.25 Sos: La natura si scatena - Azione (Ger/Usa 2005). Di Dick Lowry, con Gina Gershon 17.25 Urban Wild Documentario 18.30 Studio Aperto Meteo.it Informazione 19.00 Così fan tutte Sit com 19.50 Il re scorpione Avventura (Usa 2002). Di Chuck Russell, con The Rock, Steven Brand 21.30 La Mummia - La tomba dell’ Imperatore Dragone - Fantastico (Ger/Can/Usa 2008). Di Rob Cohen, con Brendan Fraser 23.40 Confessione Reporter Attualità 7.00 Superpartes Attualità 8.55 Magnifica Italia Documentario 9.25 I Santi - Lo splendore del divino nel quotidiano Doc. 10.00 Santa Messa Evento 10.50 Pianeta mare Doc. 11.30 TG4 - Meteo.it Informazione 12.00 Pianeta mare Documenti 13.00 Ricette di famiglia Varietà 13.55 Blue Beach Paradyse Story Documentario 14.45 Ieri e oggi in tv Speciale Varietà 15.05 Zorro “Impostore” “Amore a prima vista” Telefilm 16.25 La Valle dell’ Eden Drammatico (Usa 1955). Di Elia Kazan, con Raymond Massey 18.55 TG4 - Meteo.it Informazione 19.35 Il segreto Soap 20.30 Tempesta d’ amore Soap 21.15 Seconda parte I dieci comandamenti Storico (Usa 1956). Di Cecil B. De Mille, con Charlton Heston 0.00 A Mighty Heart Drammatico (Usa 2007). Di Michael Winterbottom, con Angelina Jolie 7.00 Omnibus - Rassegna Stampa Attualità 7.30 TG La7 Informazione 7.50 Omnibus meteo Informazione 7.55 Omnibus Attualità 9.45 L’ aria che tira - Il Diario Attualità 11.00 Bersaglio Mobile Attualità (Repl.) 13.30 TG La7 Informazione 14.00 TG La7 Cronache Attualità 14.40 Assassinio al galoppatoio - Giallo (GB 1963). Di George Pollock, con Flora Robson, Robert Morley 16.30 La libreria del mistero - Segreti e nostalgie Giallo (Usa 2005). Di Stephen Bridgewater, con Kellie Martin 18.10 L’ ispettore Barnaby “Scritto nelle stelle” Telefilm 20.00 TG La7 Informazione 20.30 Domenica nel Paese delle Meraviglie Varietà 21.10 Rob Roy - Avventura (Usa 1995). Di Michael Caton-Jones, con Liam Neeson, Jessica Lange 23.45 L’ angolo buio - La segretaria di Hitler Documentario (Aut 2002). Di André Heller, Othmar Schmiderer LA RADIO Radio1, con “Il viaggiatore” andiamo alla ricerca della felicità Appuntamento su Radio1, alle 8.30, con Il Viaggiatore. Il programma, condotto come sempre da Massimo Cerofolini, Paola D’ Urso e Raffaele Roselli, andrà in giro per il mondo alla ricerca della felicità. Dal tormentone in musica di Pharrell Williams all’ ultimo film di Carlo Mazzacurati, appena uscito nelle sale, “La sedia della felicità”. Dalle feste, tradizioni e riti radicati nelle culture dei popoli per conservare il benessere del corpo e dello spirito, alle più recenti ricerche condotte per determinare indicatori economici di benessere collettivo e individuale. Tra gli ospiti l’ attore Roberto Citran, lo scrittore e viaggiatore Corrado Ruggeri, l’ economista Luciano Canova, l’ antropologo Marino Niola e il docente di Estetica Stefano Zecchi. Conduce Raffaele Roselli, regia di Ombretta Conti. RADIO1 8.30 I film SC1 Cinema 1 SCH Cinema Hits SCP Cinema Passion SCF Cinema Family SCC Cinema Comedy SCM Cinema Max SCU Cinema Cult SC1 Sport 1 SC2 Sport 2 SC3 Sport 3 17.05 Il vento del perdono SCP 17.05 Catwoman SCH 17.10 Stash House SCM 17.10 Anni 90 - Parte II SCC 17.25 Acciaio SCU 17.30 L’ apprendista mago SCF 18.50 The Unbreakable Il Predestinato SCH SCP 18.55 Elizabethtown 18.55 The International SCM 19.05 Michael Jackson This Is It SCU 19.10 Bodyguards SCC 19.10 L’ incredibile vita di SCF Timothy Green 19.25 The Call SC1 21.00 Mega Piranha SCM SCP 21.00 Amarsi Lo sport 21.00 Rachel sta SCU per sposarsi 21.00 Vicini del terzo tipo SCC 21.00 Un fratello a 4 zampe SCF 21.10 X-Men - L’ inizio SCH 21.10 L’ uomo che sussurrava ai cavalli SC1 22.40 The Last Stand SCM 22.40 Fuga dal Natale SCF 22.50 Una pallottola spuntata SCC 23.00 Munich SCU 23.10 Quartet SCP 23.25 L’ ultimo dominatore dell’ aria SCH 0.00 Bianca come il latte, rossa come il sangue SC1 12.35 Trofeo Abarth 500 2014 Vallelunga: SP3 Gara 1 (Diretta) 13.45 WWE Domestic SP3 Smackdown 14.55 Calcio, Serie A 2013/2014 Catania SP1 Roma (Diretta) 15.00 World Series of Boxing 2013/2014 Cuba Russia (Sintesi) SP2 15.30 Golf, US PGA Tour 2014 Wells Fargo Championship: 3a giornata (Replica) SP3 16.30 Basket, NBA 2013/2014 Playoff (Replica) SP2 17.40 Trofeo Abarth 500 2014 Vallelunga: Gara 2 (Diretta) SP3 19.00 WWE Experience SP3 19.00 Golf, US PGA Tour 2014 Wells Fargo Championship: giornata finale (Diretta) SP2 20.00 World Series of Boxing 2013/2014 Cuba - Russia (Sintesi) SP3 20.40 Calcio, Serie A 2013/2014 Posticipo 36a giornata Milan Inter (Diretta) SP1 21.30 Basket, NBA 2013/2014 Playoff 0.00 (Replica) SP3 Calcio, Serie A 2013/2014 Milan Inter (Replica) SP3 22 SECONDO TEMPO DOMENICA 4 MAGGIO 2014 il Fatto Quotidiano STORIE ITALIANE NUOVI SBARCHI Immigrazione, una sfida che sappiamo solo perdere di Furio Colombo he dite, li prendiamo o li lasciamo in mezzo al mare, secondo la dottrina Maroni (ex ministro dell'Interno di fede leghista, qualcuno ricorda?) che non voleva neanche avvicinarsi per sapere se qualcuno di quelli che stavano annegando aveva diritto di asilo? Prenderli sono troppi, dice con giudizio la maggioranza degli italiani che, come tutti sanno, sono buoni ma non stupidi. Non c’è lavoro per noi, figuriamoci per loro. Ma ricominciamo dal principio. Ci sono più sbarchi e arriva più gente. Secondo Matteo Salvini (sarebbe il segretario attuale della Lega Nord, se la Lega Nord esistesse ancora), secondo La Russa e Gasparri, politici che hanno fine sensibilità e vista lunga (durante il conflitto in Libia avevano predetto “un esodo biblico”) la causa maligna di questi sbarchi è l’operazione “Mare Nostrum”. Significa che, per la prima volta da quando l’Italia si è in parte liberata dalla infezione leghista (espressa bene da Bossi, che oggi non è nessuno ma allora era il capo, con le vivide parole “calci in culo e giù nel mare”) la Marina militare invece di respingere (lo facevano, a nome nostro, navi italiane donate a Gheddafi) adesso aiuta a salvarsi. C E SUBITO arrivano messaggi di panico. Primo messaggio: “Hanno saputo che l’Italia accoglie e si imbarcano tutti”. Persino quando è in buona fede, questa frase è un messaggio insensato. Infatti, la gente salvata non sta arrivando in crociera. Non attraversa per settimane un deserto da cui molti non arrivano vivi, solo per un cambio di residenza. Dire che salvare chi è in pericolo in mare incentiva gli sbarchi è come dire che un ospedale incentiva la malattia. Il secondo messaggio, che si ripete anche presso rispettabili fonti, è: “Vedete? Gli sbarchi quest’anno sono il doppio dell'anno scorso”. Come non ricordare l’impressionante sequenza di barche rovesciate e di morti in mare, l’anno scorso, fra l'indifferenza di Malta (che fingeva di non essere coinvolta), il caos libico e una inerzia italiana così evidente che barche private e pescatori uscivano spontaneamente in mare e, in un caso, sono state salvate (da italiani, non dallo Stato) oltre duemila persone? Qualunque statistico, sulla base del confronto e dell’esperienza, sarebbe in grado di dire che, se adesso il numero di salvati è più grande, la ragione è che adesso è molto più piccolo il numero dei morti annegati. Molta gente, prima, veniva lasciata morire. È bene ricordare che, ai tempi del governo Berlusconi-Bossi, salvare naufraghi in mare era reato. Poteva essere punito con l’imputazione di “mercanti di carne umana”. Ma la propaganda in favore dei morti in mare aggiunge un quarto messaggio: “I nostri centri di accoglienza sono allo stremo”. Qui si sommano un delitto e una grave negazione di verità. Il delitto è stato puntigliosamente compiuto dal governo Berlusconi-Maroni: hanno tolto ai centri tutto ciò che si poteva togliere per renderli invivibili. A Lampedusa, ad esempio, unico punto di salvezza per gli scampati alla polizia italo-libica, il solo centro di “accoglienza” nell’isola è stato del tutto smantellato. Ma la bugia è che si tratti di “centri di accoglienza”. Sono invece i QUALCHE LUCE La Marina militare, dopo anni nefasti di invito a respingere, aiuta Se aumentano gli sbarchi è perché fortunatamente diminuiscono gli annegati famigerati centri di detenzione detti di “identificazione e di espulsione”, dove l'identificazione è impossibile (c’è solo lo sfortunato personale di guardia) e la detenzione non ha né termini né regole né garanzie precise. Dunque, alla politica leghista di negare il problema segue ora un’incredibile incapacità o non volontà di affrontarlo. In questa confusione colpevole, non si sa sulla base di quale “intelligence” un direttore generale del Viminale annuncia improvvisamente, nei giorni scorsi (se la sua dichiarazione è stata riportata correttamente) che sono in arrivo 800 mila profughi. LA CIFRA ENORME non è nuova. È stata varie volte annunciata negli anni per consolidare la volontà italo-leghista di respingere. L’affermazione ricorda conversazioni occasionali (“magari ne arrivano 800 mila, magari ne arriva un milione”) ovviamente prive di fondamento, certo gravemente improprie, se dette da funzionari con alta responsabilità. Ma servono a ricordare il vuoto della nostra politica. “Ma non posiamo prenderli tutti”, è la frase più umana. È noto, e gli sbarcati lo ripetono continuamente, che la stragrande maggioranza di essi non vuole restare in Italia, sa e dice dove e presso chi vuole andare in Europa. Ma tutte queste indicazioni e notizie cadono nel vuoto. Inutile dire “l’Italia viene lasciata sola”. Finora l’Italia non si è mai fatta sentire sulla linea dei diritti-doveri che legano i Paesi dell'Unione. Un Paese serio e rispettabile, oltreché adempiere ai doveri degli impegni sottoscritti con i partner europei, ha il diritto di esigere che il movimento dei migranti sia libero nella Ue, e che solo una autorità europea possa decidere l’espulsione, considerando la sacralità del diritto di asilo. L'Italia continua a non farlo, a fare la vittima e a produrre vittime. Tutto ciò è l’esito di una pessima politica mai cancellata. Fa apparire l’Italia un Paese stupido e crudele. FATTI DI VITA di Silvia Truzzi n SULLA Padania di ieri campeggiava una foto di Matteo Salvini con un cartello: “Stop immigrati”. Casomai qualcuno non avesse capito il messaggio, un virgolettato precisava il sofisticato pensiero del segretario: “Renzi e Alfano non fanno un cacchio”. In settimana Salvini si era segnalato anche per aver solidarizzato con gli agenti del Sap che avevano applaudito i loro colleghi condannati per la morte di Federico Aldrovandi: “Io sto con i poliziotti, con i Carabinieri, e con chiunque rischia la vita per difendere i cittadini”. Siccome poi la sua pagina Facebook è stata inondata di critiche, ha precisato: “Chi sbaglia deve pagare, ma chi porta la divisa non può essere insultato come se niente fosse. Rispetto le opinioni di tutti, rispetto il dolore dei familiari del ragazzo, rispetto il sentimento dei tanti poliziotti che sono stufi di essere chiamati ‘assassini’ e rischiano la vita per mille euro al mese”. Ci mancava solo la citazione di Pasolini... Ieri se l’è presa con il Comune di Milano, reo di aver accolto i profughi che fuggono dalla guerra in Siria (nei giorni scorsi, dopo gli sbarchi, sono arrivati circa 300 siriani dal Sud Italia). “Un centinaio di persone”, scrive l’edizione mi- Villa Amantea, a Cesano Boscone non c’è solo B. di Nando dalla Chiesa avvero lavorate alla Sacra Famiglia di Cesano Boscone? Non ci posso credere! Francesca Iacuzzo sorride e si stringe nelle spalle. Eccola qua una rassegna di belle facce, con le impagabili allegrie di chi dedica, e in qualche caso ha dedicato, la sua vita alla causa dei più deboli. Federica, Corrado, Patrizia, Fabio… Una foto d’interno dal sorriso naturale, gli immigrati che sventolano i permessi, e accanto le donne salvate dalle botte domestiche. La gioia più la malinconia. Strani i casi della vita. Senti parlare ossessivamente di una struttura di servizio dell’hinterland milanese perché deve andarci a lavorare 4 ore a settimana un signore ricco sfondato che salda così i suoi conti con la giustizia. Ma in quella stessa struttura opera una delle più originali esperienze di volontariato che si trovino in Lombardia. Si chiama Villa Amantea anche se in realtà dovrebbe chiamarsi Moto perpetuo, perché non c’è né una villa né uno scantinato e i volontari vanno in giro come zingari su un camper a offrire il loro aiuto lungo le strade metropolitane. Una volta non era così. Una volta Villa Amantea era veramente lei, a Baggio, alla periferia di Milano, occupata per tre giorni da un gruppo di giovani decisi a buttarsi in una delle missioni più impervie, combattere l’eroina e la tossicodipendenza. Era il 1983. Dal luogo prese il nome l’associazione. L’aiuto ai tossici ne fu la cifra sociale, anche se quando c’era da aiutare gli emarginati nessuno si tirava indietro. E un progetto importante venne aperto sempre in quegli anni per offrire le aperture della legge Gozzini ai detenuti comuni e politici. Storia di un’altra generazione, quella della Milano che per alcuni era da bere ma che per altri era sofferenza o una siringa piantata in un braccio e un prete che benediceva un giovane su una panchina. C’era anche Patrizia Ricciardi a darsi da fare nella temperie di allora, la madre di Francesca; come a dimostrare, biografie alla mano, che D esistono i figli d’arte anche nell’aiuto agli ultimi. Il gruppo si meritò qualche convenzione, si strutturò in modo meno precario, perse infine la sua sede. Intanto a Milano arrivavano i nuovi problemi, l’emarginazione cambiava pelle. Alla fine degli Anni 80 giunsero i primi marocchini, i senza casa di colore circondati dal fiato pesante del primo razzismo. Ne nacque un progetto di accoglienza ai lavavetri, concordato con i partiti del consiglio di zona. “Be’, certo, è come se avessi preso la staffetta da mia madre”, spiega Francesca che ha trent’anni e quelle cose le ha sentite raccontare. “Andai a studiare cooperazione internazionale a Pavia, convinta di dovere andare in Africa. Ma l’Africa l’ho trovata qui”. Finito (male) un progetto PUNTI DI VISTA Si parla di quella struttura nel milanese perché deve andarci quel signore Ma lì opera una delle più originali esperienze di volontariato lombarde di gestione diretta di un ex circolo del Pci di Trezzano, Villa Amantea si è inserita in una rete di accoglienza a finanziamento pubblico, con capofila l’Anci, l’associazione dei comuni. E nel 2012 ha scelto la strada della consulenza legale per gli immigrati. Ecco dunque il camper che si mette in moto, “ma che viaggia soprattutto nelle estreme periferie e nell’hinterland, da Garbagnate a Baranzate, da Trezzano sul Naviglio a Cesano Boscone; ce n’è più bisogno, in fondo a Milano di consulenza se ne trova, buona o fasulla”. Il camper come identità collettiva, sinonimo di battaglie di strada. “È quello il nostro ufficio. Per chi non sa a che santo votarsi e si rivolge a noi come se avesse trovato un santo protettore. Noi ascoltiamo i problemi, e la cosa più importante è sapersi mettere in sintonia profonda con chi arriva. Vede, nel caso di una mano ferita il paziente sa indicare il male. Ma con i diritti cambia tutto. Così, dopo avere ascoltato la persona, la indirizziamo da un avvocato, che offre il suo aiuto professionale gratuitamente”. Rifugiati, esuli, o protagonisti di vite disperate; che ignorano i propri diritti, o semplicemente il luogo in cui reclamarli. E Cesano Boscone, e la Sacra Famiglia che c’entrano? “Cesano è stato l’unico comune, tra quelli a cui ci eravamo rivolti, a sposare il nostro progetto. Ci dà gli assistenti sociali mentre la mensa e gli alloggi dove ospitare i rifugiati e i più bisognosi li dà la Sacra Famiglia, che quindi è nostro partner a tutti gli effetti”. “Quanti siamo? All’incirca una trentina, anche se i veramente attivi sono come sempre di meno, diciamo una decina. Io per ora sono l’unica pagata”. Lo scorso luglio è accaduta una cosa importante: la prefettura di Milano ha riconosciuto ufficialmente il progetto e l’associazione. Villa Amantea, di cui si parla ormai anche in qualche libro sui diritti, ha festeggiato. Patrizia orgogliosa di sua figlia Francesca, Francesca orgogliosa di sua madre Patrizia, Corrado il pugliese, una vita al museo della Scienza e della tecnica, si è inorgoglito perché ancora una volta il sangue del sud ha prodotto la ricchezza sociale di Milano. Fabio, oggi candidato sindaco nell’hinterland, si è inorgoglito a sua volta per non aver pensato alla politica solo come macchina di partito. Federica perché ha scelto una buona compagnia… Insomma, guardateli in foto e dite se questo gruppo di amici non sembrano, loro, una sacra famiglia. Laica, naturalmente. La nuova Lega di Matteo Salvini urla peggio di quella di Bossi lanese di Repubblica, “ha dormito in strada o in stazione, dato che i cinquecento posti letto dei centri del comune di via Aldini e di viale Toscana e le due strutture della Caritas sono tutti esauriti”. Il Primo maggio invece il segretario ha attaccato i sindacati “che non fanno un cazzo per i lavoratori da sessant’anni”. PER FORTUNA che, notava lo stesso Salvini nel luglio 2012, “la gente è stufa di volgarità”. Si riferiva, all’epoca, a un’esternazione di Umberto Bossi che aveva definito l’Italia “un Paese di merda”. “È stato un po’ volgare”, aveva detto. “La gente è stanca di un certo tipo di termini, di certe parole”. Per questo (con notevole fiuto politico) aveva spiegato di preferire il movimento di Oscar Giannino: “Mi piace e spero che la Lega possa fare un accordo con lui. È più educato. Non dice merda, si mette papillon molto colorati, sostiene idee che noi portiamo avanti da anni”. Ma è stato subito chiaro che, anche senza arrivare al papillon da dandy, la Lega in giacca e cravatta non sarebbe arrivata molto lontano. Bossi o no, l’elettorato del Carroccio preferisce la canottiera. E dunque Sal- n vini è tornato alle origini: oggi sarà a Pontida, luogo delle adunate storiche, ai bei tempi che furono quando, con pardon parlando, la Lega ce l’aveva duro. Anche la campagna elettorale, per cui il segretario si sta spendendo assai, procede con toni che forse nemmeno Marine Le Pen usa. Tipo: “L'immigrazione di massa rischia di riportare in Italia diverse malattie scomparse da tempo. Chi controlla la salute di 800 mila immigrati in partenza? In Italia non c'è più posto”. Ieri, sulla sua pagina Facebook, che è una specie di contatore quotidiano di immigrati (non gliene sfugge uno) ha scritto: “61 clandestini saranno ospitati in diversi agriturismi in Sardegna: 26 a Sassari, 20 a Oristano e 15 a Nuoro. Italiani alla fame, clandestini in vacanza”. Manca la pena di morte per chi entra nel territorio italiano: e sarebbe questa la nuova Lega? Speriamo che la domanda sia lecita, visto che qualche mese fa a Bergamo, Salvini ci aveva elegantemente avvisati: “Qualche calcio in culo a qualche giornalista servo infame cominceremo a tirarlo. Diamogli almeno un motivo per dire che siamo cattivi”. @silviatruzzi1 SECONDO TEMPO il Fatto Quotidiano DOMENICA 4 MAGGIO 2014 23 A DOMANDA RISPONDO Furio Colombo La democrazia muta che piace al Pd Dunque Pelù deve pensare a cantare, “che al resto ci pensiamo noi” e, soprattutto non disturbare il manovratore. Non può avere un pensiero politico, né tantomeno manifestarlo: questa è la democrazia secondo i Dem. Gli stessi che al tempo dell’Ulivo parlavano della “democrazia come sistema inclusivo che non lascia indietro nessuno”. Infatti hanno poi operato sistematicamente per lasciare non solo indietro, ma proprio fuori, chi non la pensava come loro. Con regole e trucchetti hanno eliminato dalla scena politica quelli che, con spregio e supponenza, definirono cespugli: presenze ingombranti e fastidiose per l’allora quercia. Nulla pare mutato nell’epoca Renzi. Stiamo attenti e non ci si lamenti poi se chi continua e vedersi negata la rappresentanza politica troverà altre strade per farsi sentire. a coloro che assumono i giovani aspiranti carabinieri e poliziotti e agenti di custodia, di fare come faccio io con le mele. Di non fidarsi neppure dell’apparenza. E infine vorrei rivolgermi alle tantissime mele sane delle forze dell’ordine: perché non denunciate i vostri colleghi che mettono in cattiva luce anche voi persone oneste? Perché aspettare che il caso venga fuori, quando le mele marce perdono il controllo, esagerano con i l’ennesima volta a vedersi rappresentata o come camorrista, o come eternamente rassegnata in un territorio dove si spara e basta, serva del potere camorrista. La solita immagine di Scampia, trita e ritrita, non rende giustizia alla sua complessità umana e sociale. Se censura c’è stata, è stata dettata dalla spinta del territorio, della gente onesta e delle associazioni che operano a Scampia, che ha gridato “basta” a questa operazio- Lettera sull’Europa e sull’euro NELLE PROSSIME elezioni europee non posso votare Pd perché governa con Berlusconi (frequenti incontri e piena sintonia). Non posso votare per Grillo perché ho capito che intende rompere con l’Unione e tornare alla lira. Io invece volevo solo un’Europa migliore. Come faccio, da chi vado? CREDO QUESTA DOMANDA tormenti milioni di italiani, praticamente tutti coloro che in tanti anni di dominio politico e mediatico berlusconiano hanno creduto nella liberazione da B. (che ha portato a compimento da solo, una sera d’estate, il giudice della Corte di Cassazione Esposito, che adesso è sempre sotto inchiesta disciplinare perché, evasione fiscale o no, la sentenza definitiva di Esposito non è piaciuta allo statista di Arcore) e non capiscono la stretta alleanza (prima e dopo la condanna) tra due Italie incompatibili. E ci sono milioni di italiani che vogliono una politica nuova e diversa, ma non l’abbandono dell’Europa e dell’euro, in un Paese che, nel suo passato, non ha la sterlina o il marco. In altre parole, la parte più viva e riflessiva di due grandi aggregazioni politiche non sa che cosa fare e non sa dove andare sen- Melquiades Le mele marce nascoste tra le forze dell’ordine Anni fa la mia bambina trovò una mosca in una merendina di una notissima azienda produttrice di dolciumi. Scrissi alla direzione manifestando la mia preoccupazione, non tanto per l’insetto trovato, quanto per tutti quelli che non venivano scoperti perché ben mescolati all’impasto. Ovviamente mi rassicurarono, e si premurarono d’inviare alla mia figlioletta un generoso omaggio. Non vorrei preoccuparmi alla stessa maniera per le così dette mele marce che ogni tanto si scoprono nelle forze dell’ordine. Quante sono quelle che non si scoprono? Quando vado al mercato a comprare le mele le guardo una per una con molta attenzione, a evitare di portarne a casa una marcia, e scarto persino quelle sane in apparenza, ma che mi danno l’impressione di poter marcire. Così, vorrei consigliare maltrattamenti e, magari non volendo, arrivano ad uccidere? Le botte e gli insulti e le umiliazioni che non uccidono o non mandano all’ospedale, non vengono fuori semplicemente perché nessuno denuncia. E nessuno denuncia semplicemente perché alle vittime non conviene. Francesca Ribeiro Perché dire no alla fiction su Gomorra Cosa aggiunge una fiction ai contenuti già ampiamente cucinati del libro Gomorra? Sul piatto della bilancia da una parte ci sono Sky, Saviano, i proventi, la pubblicità, la televisione e tutto il carrozzone al seguito. Dall’altra, se permettete l’immagine, le scatole piene di molta gente, che si ritrova per ne che non sa di nulla, se non di sfruttamento di un’immagine stereotipata, lasciando quella eterna sensazione di essere nati nel luogo sbagliato, maledetto e senza via d’uscita. Qui non posso che pensare immediatamente ai bambini e ai ragazzi di Scampia. Se almeno si facesse una narrazione nuova, non zuccherina, ma che dica qualcosa di diverso, senza semplificare nulla ma interagendo con la realtà vera. E per favore, sempre per quell’antico valore che è il buongusto, non venite a dire a chi si oppone a questa fiction a Scampia che lo fa perché vuole negare la camorra, con la quale convive suo malgrado, contro la quale magari lotta quotidianamente, in mille storie vere che non interessano nes- suna telecamera, perchè non fanno mitologia spicciola. Per quanto mi riguarda, non mi stupirei se proprio i boss e i loro figli guardassero questa fiction, anche in modo orgoglioso, mettendo il dvd insieme a Scarface o Il camorrista. Per favore, fate un film che un boss non guarderebbe mai. E a Saviano dico che Gomorra si può girare, ma da un’altra parte, perché la camorra non sta solo a Scampia. Lo ha scritto anche lui, no? Davide Cerullo Quei troppi detenuti che muoiono in carcere Le cronache con una frequenza sempre più inquietante ci rivelano che presunti deviati, o in fase di fermo o all’interno di istituzioni statali repressive, perdono la vita in cir- il Fatto Quotidiano Direttore responsabile Antonio Padellaro Vicedirettore Marco Travaglio Direttore de ilfattoquotidiano.it Peter Gomez Caporedattore centrale Ettore Boffano Caporedattore Edoardo Novella Art director Paolo Residori Redazione 00193 Roma , Via Valadier n° 42 tel. +39 06 32818.1, fax +39 06 32818.230 mail: [email protected] - sito: www.ilfattoquotidiano.it Editoriale il Fatto S.p.A. sede legale: 00193 Roma , Via Valadier n° 42 Presidente: Antonio Padellaro Amministratore delegato: Cinzia Monteverdi Consiglio di Amministrazione: Luca D’Aprile, Peter Gomez, Marco Tarò, Marco Travaglio Dario Lodi La musica, la politica e il diritto di critica za negare tutto ciò che ha detto, fatto e sperato finora. Personalmente posso dire che guarderò alla lista Tsipras, che in Grecia ha avuto un forte sostegno popolare, che potrebbe avere un buon risultato anche in Europa e che comunque si batte per cambiare e migliorare, non per abbattere. Perché sa che cosa vuol dire il rischio di isolamento per Paesi come la Grecia e l’Italia, che hanno una immensa ricchezza naturale e storica e il cui unico materiale pregiato è il lavoro. Ma la mia risposta non vuole essere un consiglio elettorale. La verità è che non trovo obiezioni al modo in cui il lettore motiva il suo disorientamento: non posso dare il voto a chi, per ogni decisione o “riforma”, deve consultarsi con Verdini o chiarire in un “ulteriore incontro” con Berlusconi. E non posso partecipare allo smontaggio dell’Europa senza confini che ho sognato fin da bambino tra le macerie del dopoguerra. Posso dire questo, insieme al lettore: mi stupisco che una domanda così grande, così vera e drammatica, non sia il vero e grande dibattito del momento. Nerio la vignetta feudale, affossato in corporazioni. Per quanto ancora dobbiamo sopportarlo? Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Valadier n. 42 [email protected] costanze poco chiare. Non entro nel merito dei singoli episodi, è compito della magistratura accertare eventuali responsabilità. Mi limito a rilevare che anche il più incallito delinquente, quando cade nelle maglie della legge statale, diventa una persona sacra, nel significato etimologico della parola, che indica ciò che è intoccabile. Questo non solo perché frutto del cammino secolare della civiltà giuridica, ma soprattutto perché chi delinque sperimenti che oltre alla legge ferina, cui, dato e non concesso, avrebbe obbedito, esiste un’altra legge, che non oltraggia e non sevizia, ma che comunque rispetta la dignità di qualunque uomo, anche il più spregevole. Adriano Roscio L’Italia alla deriva, senza lavoro né idee Renzi o non Renzi, siamo alle solite, ai soliti discorsi. È un pessimo Teatro dell’Arte, senza capo né coda. Mancano attori e mancano registi. Siamo nelle mani di una massa di improvvisatori, è ora di finirla, altrimenti sarà la tragedia sociale. Si continua a giocare con le parole e con le mezze figure, ma la situazione è seria. E nessun politico lo vuole capire. Intanto, solo ora il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, si accorge del problema lavoro. Mentre si chiudono continuamente le fabbriche e al massimo si ipotizza un’elemosina. Questo è un paese alla deriva per mancanza d’idee, per assenza di personalità. L’Italia è tuttora un Paese Un rappresentante della scena musicale italiana si è permesso di dire qualcosa contro il modo di agire di questa classe politica e, subito, l’onorevole Picierno ha invaso le televisioni per attaccare una voce libera. Voglio ricordare a questi signori della sinistra che, da anni, la musica è parte attiva a favore della buona politica. Il rapporto è antico: basta pensare agli anni ’60, con Gianni Morandi che cantava “C’era un ragazzo”. Negli anni successivi sono venuti i cantautori, Gaber, e poi ancora Jovannotti, i Pitura Freska, Caparezza. Nel mondo ci sono decine di esempi: da Bob Dylan a Bob Marley, dagli Inti Illimani ai Sex Pistols. Ci sono stati i grandi eventi come il Live Aid e il Mandela day, e in tempi più recenti le performance delle Pussy Riot in Russia. Non si può più alzare la voce contro questo modo di governare? Non si può criticare chi regala denaro alle banche? A chi permette di inserire nella squadra di governo degli indagati? A chi vuole che con il 37 per cento dei voti si possa governare il Paese senza alcun controllo parlamentare? A chi dimezza le pene ai corrotti? A chi inserisce il femminicidio nella questione della Val Susa? A chi non fa niente per abolire veramente i privilegi e i rimborsi elettorali? A chi continua governare a braccetto con la destra? Andrea Caneva I NOSTRI ERRORI Nell’intervista di Biagi pubblicata ieri, l’ingegnere che incontra Mattei si chiamava Zanmatti e non Dalmatti. Ci scusiamo dell’errore. Il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Valadier n. 42 [email protected] Abbonamenti FORME DI ABBONAMENTO COME ABBONARSI • Abbonamento postale annuale (Italia) Prezzo 290,00 € Prezzo 220,00 € Prezzo 200,00 € • 6 giorni • 5 giorni • 4 giorni • Abbonamento postale semestrale (Italia) Prezzo 170,00 € Prezzo 135,00 € Prezzo 120,00 € • 6 giorni • 5 giorni • 4 giorni • Modalità Coupon annuale * (Italia) Prezzo 370,00 € Prezzo 320,00 € • 7 giorni • 6 giorni • Modalità Coupon semestrale * (Italia) Prezzo 190,00 € Prezzo 180,00 € • 7 giorni • 6 giorni • Abbonamento in edicola annuale (Italia) Prezzo 305,00 € Prezzo 290,00 € • 7 giorni • 6 giorni • Abbonamento in edicola semestrale (Italia) Prezzo 185,00 € Prezzo 170,00 € • 7 giorni • 6 giorni • Abbonamento digitale settimanale Prezzo 4,00 € • 7 giorni • Abbonamento digitale mensile Prezzo 12,00 € • 7 giorni • Abbonamento digitale semestrale Prezzo 70,00 € • Abbonamento digitale annuale Prezzo 130,00 € Oppure rivolgendosi all’ufficio abbonati tel. +39 0521 1687687, fax +39 06 92912167 o all’indirizzo mail: [email protected] • Servizio clienti [email protected] MODALITÀ DI PAGAMENTO • 7 giorni • 7 giorni * attenzione accertarsi prima che la zona sia raggiunta dalla distribuzione de Il Fatto Quotidiano Centri stampa: Litosud, 00156 Roma, via Carlo Pesenti n°130, 20060 Milano, Pessano con Bornago, via Aldo Moro n° 4; Centro Stampa Unione Sarda S. p. 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