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d i s l e s s i a,
d i s o r t o g r a f i a,
d i s c a l c u l i a: un o o p i ù d i s t u r b i ?
Disturbi associati
nella dislessia evolutiva
Uno studio preliminare
Giacomo Stella, Stefano Franceschi e Enrico Savelli
In questo studio di indagine retrospettiva vengono presentati i dati preliminari relativi all’associazione dei diversi disturbi delle abilità scolastiche (disortografia, disgrafia, discalculia) e dell’organizzazione neuropsicologica (disturbo del
linguaggio, disturbo della coordinazione motoria, difficoltà di attenzione) in un
campione di 92 soggetti con diagnosi di disturbo specifico di lettura afferiti al
Centro di Neuropsicologia Clinica dell’Età Evolutiva di Pesaro nell’arco di 3 anni
(2003-2006). L’obiettivo primario è quello di contribuire a migliorare la comprensione della comorbidità tra i diversi disturbi dello sviluppo in soggetti che
evidenziano un’alterazione funzionale dei processi di lettura.
Parole chiave: dislessia, disturbi specifici di apprendimento, comorbidità.
Associated disorders in developmental dyslexia: A preliminary study
Summary
In this study we carried out a retrospective analysis on some preliminary data
relative to the association of various specific learning disorders (of written spelling,
dysgraphia, dyscalculia) and some neuropsychologic functions (language, motor
coordination, attention) to specific reading disorder, in a sample of 92 subjects
referred for diagnostic consultation to the Developmental Clinical Neuropsychology Centre in Pesaro, Italy, within the period 2003-2006. The main purpose of the
study was to further contributing to improve knowledge about comorbidity between
developmental dyslexia and other, domain specific or domain general, disorders.
Keywords: dyslexia, specific learning disorders, comorbidity.
Edizioni Erickson – Trento
Vol. 6, n. 1, gennaio 2009 (pp. xx)
31
Vol. 6, n. 1, gennaio 2009
Introduzione
d
La questione della comorbidità nei e tra i Disturbi Specifici di Apprendimento (DSA)
solleva importanti interrogativi sia a livello clinico, per quanto riguarda l’inquadramento
diagnostico, le stime epidemiologiche, la progettazione dell’intervento riabilitativo, che
a livello teorico, in relazione allo statuto epistemologico del termine «specifico» e al
modello di architettura cognitiva «modulare» che esso sottende (Rice e Brooks, 2004;
Rispens e Van Yperen,1997). In particolare, la tipica eterogeneità che caratterizza i DSA e
il fatto che l’associazione tra loro e con altri disturbi è la regola più che l’eccezione hanno
indotto alcuni autori a mettere seriamente in discussione la nozione dell’esistenza di un
nucleo patogenetico specifico della dislessia, il cosiddetto «core» fonologico (Snowling,
2000; Stanovich, 1988), e a ipotizzare un substrato anatomo-funzionale più distribuito,
non-specifico e più sensibile agli effetti dell’interazione ambientale (Karmiloff-Smith,
1998; Spear-Swerling e Sternberg, 1994; Zera, 2001).
Nel documento finale della Consensus Conference (2007), elaborato con il concorso
delle principali associazioni clinico-scientifiche che si interessano ai DSA, è stata riconosciuta, sul piano descrittivo, la consistente co-occorrenza tra più disturbi («la pratica clinica
evidenzia un’alta presenza di comorbidità sia fra i disturbi specifici dell’apprendimento sia
con altre condizioni cliniche quali disprassie, disturbi del comportamento e dell’umore,
ADHD, disturbi d’ansia, ecc.»), senza che si potesse stabilire e qualificare il tipo di relazione
che lega i vari disturbi tra loro («Allo stato attuale delle conoscenze la comorbidità nelle
due condizioni descritte va intesa come una co-occorrenza, definita come contemporaneità
o concomitanza della presenza di più disturbi in assenza di una relazione tra loro di tipo
causale o monopatogenetica. Pertanto anche la compresenza di disturbi specifici dell’apprendimento (ad esempio, dislessia e disortografia non vanno necessariamente intese come
espressione diversa di un unico fattore patogenetico..»).
Al momento quindi, la natura delle relazioni tra i vari DSA e tra essi e altri disturbi
resta piuttosto speculativa e senza un modello teorico sufficientemente ampio e capace
di riconciliare in modo coerente, all’interno di una stessa cornice teorica, i numerosi e a
volte contraddittori fatti che ai diversi livelli (biologico, cognitivo e comportamentale)
caratterizzano il vasto arcipelago dei DSA, diventa difficile trovare risposte ai quesiti
sopra menzionati.
Un contributo importante in questa direzione, è il recente tentativo di Ramus (2006)
di mettere in un ordine logico molte delle conoscenze che negli ultimi anni sono state
accumulate a livello biologico e di ricerca sulle componenti cognitive della dislessia
evolutiva (figura 1).
In questo modello, che preserva l’idea di un «core» fonologico all’origine della
dislessia, la presenza di lievi anomalie corticali focali (ectopie e microgirie), geneticamente
determinate, nelle aree perisilviane, soprattutto nell’emisfero sinistro, costituirebbe le
verosimili cause sottostanti del deficit fonologico, che a sua volta determina il deficit osservabile nella lettura. Tuttavia, in presenza di particolari condizioni ormonali (testosterone
fetale) durante l’epoca gestazionale, dalle primitive anomalie corticali focali deriverebbe
una disgregazione secondaria di alcune strutture talamiche (nuclei genicolati laterale e
32
g. stella, s. franceschi e e. savelli – Disturbi associati nella dislessia evolutiva
Modulaz. genetica anomalie di
localizzazione
Comport.
Cognizione
Biologia
Rischio genetico
anomalie corticali
Condizioni
ormonali
Anomalie perisilviane Emisfero
sinistro
Scarsa consapevolezza fonologica
Scarsa
MBT
verbale
Disgregazione talamica
MGN-LGN
Deficit
perc.
uditiva
Scarsa
meta-fonologia
Scarsa
memoria cifre
Disgregazione corteccia parietalepost.
Disgregazione
cerebellare
Lentezza
nell’accesso
Lessicale
Scarsa
conversione
grafema-fonema
Scarsa
lettura
d
Fattori di
rischio ambientale
Fattori di
rischio genetico
Lenta
denominazione
Scarsa
discriminazione frequenze
Deficit
perc.
visiva
Scarsa
percezione
movimento
coerente
Deficit
motorio
Goffaggine
motoria
Fig. 1 Il modello di Ramus (2006), oltre a integrare in un’unica cornice teorica molte delle conoscenze attuali
sulla dislessia, riesce a spiegare la comorbidità senza rinunciare all’idea di «specificità» e, in particolare,
di un deficit fonologico alla base del disturbo di lettura.
mediale), che costituiscono importanti stazioni di passaggio delle vie sensoriali visive e
uditive. Da queste, la disgregazione cito-architettonica può irradiarsi alle aree parietali
posteriori e al cervelletto. Quando ciò si verifica, è tipico attendersi la presenza di disturbi
associati nella sfera sensoriale (visiva e/o uditiva) e nella sfera motoria, un tipo di comorbidità che spesso si associa alla dislessia. Il modello predice anche che, a causa del ruolo
preminente giocato dal testosterone nella genesi di queste anomalie nel substrato talamico
e cerebellare, magno-cellulare, la dislessia dovrebbe associarsi a disturbi senso-motori più
spesso nei maschi che nelle femmine.
Anche se il modello elaborato da Ramus riesce a riconciliare a livello teorico numerosi
aspetti apparentemente contraddittori e in particolare quello relativo alla natura «specifica»
del disturbo di lettura, che è stato messo seriamente in discussione proprio dalla consistente
comorbidità con altri disturbi, le numerose predizioni che da esso derivano attendono una
maggiore validazione empirica, che può derivare dallo studio longitudinale di popolazioni
cliniche di dislessici.
In Italia, un recente tentativo di esplorare la questione della comorbidità tra i vari DSA
e tra essi e altri disturbi associati (in particolare ADHD e forme psicopatologiche) è stato
condotto da Gagliano e collaboratori (2007), i quali hanno esaminato un campione di 301
soggetti afferiti al Servizio dei Disturbi Cognitivi e del Linguaggio della Neuropsichiatria
33
Vol. 6, n. 1, gennaio 2009
Infantile del Policlinico Universitario di Messina, in un arco temporale tra il 1999 e il 2004.
In questo lavoro viene confermato il dato di un’alta comorbidità tra la dislessia e gli altri
disturbi specifici di apprendimento (disortografia, 98,7%; disgrafia, 82,7%; discalculia,
70%), ma anche tra la dislessia e: il disturbo di attenzione/iperattività (11%), il disturbo
del linguaggio (15,6%), il disturbo visuo-spaziale (11,6%), il disturbo della coordinazione
motoria (10,3%) e, infine, anche con altri disturbi psicopatologici (18,3%). Nella parte
conclusiva del lavoro gli autori auspicavano maggiori ricerche, condotte su campioni più
ampi e indipendenti tra loro, al fine di potere effettuare un confronto dei dati e controllare
gli effetti attribuibili a eventuali bias diagnostici.
d
Obiettivi
Lo scopo del presente progetto di ricerca è quello di fornire un ulteriore contributo
alla ricerca sulla comorbidità nella dislessia evolutiva. La popolazione clinica presa in
esame è costituita da 413 soggetti, afferiti presso il Centro di Neuropsicologia Clinica
dell’Età Evolutiva di Pesaro in un arco temporale tra il 2003 e il 2006, per i quali è stata
emessa una diagnosi di «Disturbo specifico di lettura» (dislessia evolutiva) secondo i criteri
diagnostici dell’ICD-10 (1994) e, per quanto riguarda i parametri relativi alle abilità di
lettura, con le indicazioni fornite dalla Consensus Conference (2007).
I dati preliminari che qui vengono riportati fanno riferimento a un campione più esiguo
di soggetti (N = 92), per i quali è stato finora possibile effettuare un’analisi estensiva dei
protocolli valutativi. Essi costituiscono un campione casuale dell’intero database, essendo
stati selezionati in base al criterio dell’ordine temporale di contatto con il Centro.
Tutti i soggetti analizzati in questo lavoro erano stati sottoposti, nel corso della consultazione diagnostica effettuata presso il Centro, a una batteria di prove volte a indagare
varie funzioni del sistema cognitivo-linguistico: a) intelligenza generale; b) linguaggio;
c) attenzione; d) memoria; e) integrazione visuo-motoria. Non sono state somministrate
prove adatte a indagare gli aspetti dell’adattamento psicologico e sociale e quindi i dati
riportati non fanno alcun riferimento alle possibili relazioni tra dislessia evolutiva e disturbi
psicopatologici.
Metodo
Soggetti
Nel complesso, finora, i 92 soggetti con diagnosi di dislessia evolutiva, per i quali è
stato possibile esaminare e rianalizzare i protocolli clinici in accordo alle raccomandazioni
per la delineazione dei disturbi specifici dell’apprendimento (Consensus Conference, 2007),
sono stati inclusi nel campione di ricerca in quanto soddisfacevano i criteri di inclusione
che seguono.
1. Un grado di sviluppo dell’efficienza intellettiva non verbale generale, misurata mediante
le Matrici Progressive Colorate 1947 (Raven, 1996), con una performance pari o supe34
g. stella, s. franceschi e e. savelli – Disturbi associati nella dislessia evolutiva
riore al 30° centile (della standardizzazione italiana di Pruneti et al., 1996) per i bambini
dal 2° al 5° anno della scuola primaria; mentre si è considerata una prestazione pari o
superiore al 25° centile — della standardizzazione americana (Raven, Court, Raven,
1986) — per i soggetti delle fasce d’età comprese tra 11,6 e 13 anni; per i soggetti con
età cronologica > 13 anni è stato utilizzato il Test delle Matrici Progressive 38 (Raven,
1954) con una performance superiore al 25° centile — della standardizzazione americana
(Raven e Summers, 1986).
2. Un Quoziente Intellettivo Verbale, valutato con il Peabody Pictures Vocabulary Test
(adattamento e standardizzazione italiana di Stella, Pizzoli, Tressoldi, 2000), pari o
superiore a 85 punti ponderati; per i soggetti con un’età cronologica superiore rispetto
ai dati standard di riferimento il confronto è stato effettuato con l’intervallo della fascia
d’età 10,7-11,6 anni.
3. Una compromissione significativa nell’abilità specifica della lettura, rispetto ai valori
medi attesi per la classe frequentata, determinata con prove standardizzate di lettura di
parole, di non parole e di un brano, valutando congiuntamente i parametri di velocità
(sill./sec. inferiori a - 2 deviazioni standard rispetto ai valori normativi medi del livello
scolastico) e di accuratezza (numero di errori uguali o al di sotto del 5° centile nella
lettura di parole e di non parole, uguali o al di sotto del 10° centile nella lettura del brano)
per ciascuna prova (sei criteri). Considerato che nelle raccomandazioni per la pratica
clinica per ora non è ancora stato specificato quanti criteri debbano essere soddisfatti
per poter emettere diagnosi di dislessia evolutiva1 si è deciso di adottare un cut-off
diagnostico di ricerca corrispondente a due criteri soddisfatti. Quindi, sono stati inseriti
nel campione clinico di ricerca solo i soggetti che presentavano una compromissione
funzionale dell’abilità di lettura in almeno due dei sei criteri considerati.
4. Sono stati presi in considerazione solo i soggetti con disturbo specifico di lettura per i
quali la diagnosi era stata emessa al completamento o al quasi completamento del 2°
anno della scuola primaria.
5. Il disturbo specifico doveva comportare un impatto negativo per l’adattamento scolastico
e interferire significativamente con le attività della vita quotidiana che richiedevano
lettura.
6. Assenza di segni neurologici e/o menomazioni sensoriali (uditive e visive) e di situazioni ambientali di svantaggio socio-culturale che avrebbero potuto interferire con
un’adeguata istruzione scolastica.
d
Questi fattori di inclusione hanno permesso di evidenziare con un buon grado di
attendibilità il carattere di specificità del disturbo di lettura (sono stati esclusi 16 soggetti
che presentano dislessia compensata — Stella, 2004 — e 11 soggetti che non superavano
i criteri di inclusione). In tabella 1 vengono riportati i dati descrittivi del campione della
popolazione clinica preso in esame che presenta una distribuzione di genere di 69 maschi e
«Resta per ora non specificato a quante delle prove di lettura somministrate (parole, non parole, brano) i criteri
sopra menzionati si devono applicare per poter porre la diagnosi [...]. Per il momento viene proposto che, in
caso di prestazione inferiore al 5° percentile o alle 2 deviazioni standard ad una sola prova, sia il giudizio
clinico [...] a determinare la decisione di formulare o meno la diagnosi di DSA»
1
35
Vol. 6, n. 1, gennaio 2009
23 femmine pari a un rapporto 3:1 e un range d’età compreso tra i 7.4 e 16.8 anni [età media
= 10,5 (2,5) riferita all’età della prima osservazione e della formulazione diagnostica] dal
2° anno della scuola primaria al 3° anno della scuola secondaria di 2° grado. Dall’analisi
della tabella 1 emerge una evidente eterogeneità nel campione per quanto riguarda il grado
di scuola frequentato con una prevalenza dei soggetti della scuola primaria (68,5 %) rispetto
ai soggetti della scuola secondaria di 1° (25 %) e 2° (6,5 %) grado.
d
Tabella 1
Dati descrittivi del campione della popolazione clinica
Classe
M
F
Range Età
Età media (DS)
Totale
2° Primaria
3
2
7,4 - 8,6
7,9 (5)
5
3° Primaria
22
6
7,4 - 9
8,5 (5)
28
4° Primaria
11
5
9,1 - 10,9
9,9 (6)
16
5° Primaria
10
4
9,6 - 11,11
10,4 (7)
14
1° Sec. I° Grado
9
2
10,2 - 11,10
11,4 (6)
11
2° Sec. I° Grado
7
0
12,3 - 12,11
12,6 (3)
7
3° Sec. I° Grado
5
0
12,11 - 14,11
13,9 (10)
5
1° Sec. II° Grado
1
1
14,6 - 16
15,3 (12)
2
2° Sec. II° Grado
1
1
14,11 - 16,9
15,10 (15)
2
3° Sec. II° Grado
0
2
15,10 – 16,8
12,3 (7)
2
Totale
69
23
92
In figura 2 vengono riportati gli istogrammi rispettivamente della prestazione media,
espressa in punteggi z, nel parametro velocità, e della prestazione mediana, espressa in
0
-0,5
< 5°
-1
< 10°
< 5°
Vel. lettura
Acc. lettura
-1,5
-2
-2,5
-1,89
-2,27
-2,57
-3
-3,5
Parole
Non Parole
Brano MT
Fig. 2 Performance media e mediana nella velocità (espressa in punteggi z) e nell’accuratezza (espressa in
centili) della lettura di parole, non parole (Sartori, Job, Tressoldi, 1995) e di un brano (Cornoldi, Colpo,
Gruppo MT, 1981) del campione di ricerca.
36
g. stella, s. franceschi e e. savelli – Disturbi associati nella dislessia evolutiva
centili, nel parametro accuratezza della lettura di parole, di non parole e del brano dei 92
soggetti del campione della popolazione clinica. Dall’analisi visiva risulta particolarmente
evidente una prestazione compromessa in modo clinicamente significativo in entrambi i
parametri delle tre prove.
Si è voluto poi anche calcolare, al fine di avere un quadro prestazionale completo, la
percentuale dei soggetti che presentava un marcato deficit in due o più criteri diagnostici
dell’abilità di lettura (si veda punto 3 dei fattori di inclusione sopra descritti). La figura 3
mostra come l’8,7% dei soggetti fallisca in due criteri, il 18,5% in tre criteri, il 16,3% in
quattro criteri, il 29,3% in cinque criteri e infine il 27,2% presenta una caduta in tutti i criteri considerati. Il dato rilevante è rappresentato dal fatto che circa il 90% dei soggetti con
dislessia evolutiva ha una caduta significativa in almeno tre dei sei criteri diagnostici.
Criteri diagnostici
2
(8)
8,7
3
(17)
18,5
4
(15)
16,3
5
29,3
6
(27)
(25)
27,2
0
5
d
10
15
20
Percentuale di soggetti
25
30
Fig. 3 Percentuale (tra parentesi il numero) dei soggetti in relazione al numero dei criteri diagnostici deficitari
nell’abilità di lettura.
Procedure e test del protocollo di indagine diagnostica
Intelligenza generale non verbale e verbale
Per l’analisi delle funzioni intellettive non verbali sono stati utilizzati i reattivi delle
Matrici Progressive Colorate 1947 (Raven, 1947; 1996), nella variante della forma a
quaderno (Book Form) a tempo libero, e delle Matrici Progressive Standard 1938 (Raven,
1954).
Essendo una prova che valuta l’intelligenza non verbale abbiamo deciso di affiancarla a una prova che valutasse la componente dell’intelligenza verbale (Raven, 1956)
con un punteggio trasformabile in QI; a tale scopo abbiamo scelto il PPVT-R e abbiamo
selezionato i soggetti con un QI > 85 (equivalente alla 1a deviazione standard sotto la
media) in questa prova.
37
Vol. 6, n. 1, gennaio 2009
Linguaggio
d
La valutazione dei processi di comprensione verbale è stata condotta mediante il
Token Test (Associazione per lo sviluppo delle ricerche neuropsicologiche, 1991), nella
versione a 36 ordini (De Renzi e Faglioni, 1975). La correzione dei protocolli del Token
Test è stata effettuata impiegando i valori normativi del lavoro Contributo allo studio del
Token Test in Età evolutiva (Vender et al., 1979). Va sottolineato che poiché le norme di
riferimento di questo lavoro hanno un’estensione per le fasce d’età comprese tra i 5,0 e
i 7,11 anni, le prestazioni dei soggetti con un’età uguale e superiore agli 8 anni, che nel
nostro campione rappresentano una larga maggioranza (92,4 %), sono state confrontate con
il gruppo di 7,6-7,11 anni (soglia discriminante = 28). Il punteggio grezzo era trasformato
nel corrispondente punto z.
I processi di assemblaggio fonologico sono stati studiati attraverso una Prova di
Programmazione Fonologica2 costituita da 31 item; il compito consiste nel richiedere
al soggetto di ripetere correttamente, una alla volta, parole a bassa e ad alta complessità
fonemica dopo che queste sono state pronunciate dall’esaminatore. Il numero di parole
ripetute correttamente alla prima presentazione costituisce il punteggio grezzo (max =
31). Si è deciso di stabilire una soglia cut-off di prestazione patologica (25/31) uguale per
tutte le fasce d’età considerando che il ceiling di performance (31/31) in questo test viene
raggiunto già ai 7 anni.
Lo studio dei processi di accesso al lessico attivo è stato condotto attraverso una
Prova di Denominazione di Figure,3 distinte in bassa e alta frequenza d’uso, divise per
categorie strutturalmente simili (oggetti animati) e dissimili (oggetti inanimati), bilanciate
per familiarità e complessità visiva. Il punteggio è costituito dal numero di figure denominate
correttamente e va da 0 a 64 (numero complessivo delle figure da denominare).
Lettura
La valutazione delle abilità di lettura dei soggetti è stata condotta sia mediante la
somministrazione di due sub-test (lettura di parole — prova 4 — e non parole — prova
5) della Batteria per la valutazione della dislessia e della disortografia evolutiva; Sartori,
Job, Tressoldi, 1995) sia mediante la somministrazione del brano, differenziato per livello
scolare, delle Prove di Lettura MT (Cornoldi, Colpo e Gruppo MT, 1981). I punteggi grezzi
di ciascun soggetto erano costituiti dalle componenti di velocità di lettura (misurata in sill./
sec.) e di accuratezza (numero degli errori commessi). I punteggi grezzi del parametro della
velocità di lettura erano convertiti in punti z utilizzando i dati di riferimento del lavoro di
ricerca di Tressoldi (1996); il numero di errori era trasformato in centili in accordo alle
norme (p. 8 in Sartori, Job e Tressoldi, 1995).
Cossu G., Prova di Programmazione Fonologica, Università di Parma, prova non pubblicata.
Sartori G., Prova di Denominazione, Università di Padova, prova non pubblicata.
2
3
38
g. stella, s. franceschi e e. savelli – Disturbi associati nella dislessia evolutiva
Scrittura (ortografia e grafia)
d
La componente ortografica dei processi di scrittura è stata esaminata con la Batteria
per la valutazione della scrittura e della competenza ortografica nella scuola dell’obbligo (Tressoldi e Cornoldi, 1991) che permette attraverso una prova di dettato di un brano
(variato per contenuti e complessità sintattica per ognuna delle classi dal secondo anno
della scuola primaria al terzo anno della secondaria di primo grado) di valutare l’acquisizione del codice scritto e le relative specifiche difficoltà (errori di tipo fonologico e non
fonologico). Ai soggetti della scuola secondaria di secondo grado era stato somministrato
il brano del terzo anno di secondaria di primo grado (L’assalto dei leoni). Per lo scoring
è stato considerato il numero degli errori commessi inteso quale numero di parole scritte
scorrettamente; il punteggio grezzo di ciascun soggetto è stato poi convertito in punto z.
Per ciascun soggetto è stata, inoltre, effettuata un’analisi qualitativa del tratto grafico
del brano impiegando, in associazione al parametro della leggibilità, alcuni degli indici di
valutazione della qualità della scrittura: direzione/ordine dei tratti nella formazione delle
lettere, collegamenti errati, lettere illeggibili e sproporzioni tra parti di lettere, variazione
massima nell’altezza delle lettere (Zoia et al., 2004).
Area del numero e del calcolo
L’ambito cognitivo del numero e del calcolo è stato approfondito attraverso la Batteria
per la discalculia evolutiva4 che valuta i processi di enumerazione in avanti e all’indietro,
calcoli mentali semplici (tabelline e somme/sottrazioni entro il 10), calcoli mentali complessi (somme e sottrazioni con salto di decina), procedure di risoluzione dell’algoritmo
(addizione, sottrazione, moltiplicazione) e letto-scrittura del numero.
Attenzione visiva
Lo studio dei processi attenzionali nella sottocomponente dell’«Information Processing Visivo» è stato condotto attraverso il Test delle Campanelle Modificato (Biancardi,
Stoppa, 1997), nella versione a quattro fogli, in cui viene richiesto al soggetto di barrare il
maggior numero di campanelle (target iconico) entro un tempo limite a disposizione che è
di due minuti per foglio (per otto minuti complessivi); è stato preso in considerazione sia
il punteggio di accuratezza (numero totale di campanelle individuate nel tempo previsto
dal test) sia il punteggio rapidità (numero di campanelle individuate nei primi 30 secondi
per i quattro fogli). Le due tipologie di punteggi sono state convertite in centili in accordo
ai dati normativi standard di riferimento (Biancardi e Stoppa, 1997). Per i soggetti di età
superiore ai 14,8 anni (6 soggetti) il confronto della prestazione è stato effettuato con la
fascia d’età 13,0-14,8.
4
Profumo E., Batteria per la valutazione della discalculia evolutiva, UONPIA di Milano, prova non pubblicata.
39
Vol. 6, n. 1, gennaio 2009
Componenti di integrazione visuo-motoria
d
Per l’analisi delle abilità di integrazione visuo-motoria è stata utilizzata la Long Form
(dai 3 ai 18 anni) del test standardizzato Visual Motor Integration (Beery e Buktenica,
1989) che, attraverso richieste di copia grafica da modello di figure a complessità crescente, valuta le capacità visuo-costruttive del soggetto senza elicitare una rappresentazione
mentale dell’oggetto.
Criteri di co-occorrenza
Sono stati definiti, in parte seguendo le indicazioni espresse nella Consensus Conference, alcuni parametri clinici utili a poter rilevare la co-occorrenza delle diverse condizioni
di disturbo delle abilità scolastiche (disortografia, disgrafia, discalculia) e dei deficit delle
funzioni neuropsicologiche (disturbo del linguaggio, disturbo della coordinazione motoria,
difficoltà attentive) con il disturbo di lettura:
• disortografia: una prestazione significativamente deficitaria nel dettato del brano, considerando il parametro condiviso dell’accuratezza, con un numero di errori superiori
a 2 deviazioni standard rispetto ai dati normativi di riferimento (Tressoldi e Cornoldi,
1991);
• disgrafia: è stata eseguita un’analisi qualitativa delle caratteristiche del segno grafico
prodotto dal soggetto nel dettato del brano utilizzando per la valutazione delle routine
grafiche delle lettere oltre ai diversi indici di qualità il parametro della leggibilità; è stata
definita disgrafica una grafia poco o scarsamente leggibile;
• discalculia: è stata condotta una valutazione quali-quantitativa, solo per i soggetti che
avevano completato o stavano per ultimare il terzo anno della scuola primaria, del profilo
emerso dalla somministrazione della Batteria per la Discalculia Evolutiva (Profumo,
UONPIA di Milano, Test Non Pubblicato); nello specifico sono stati valutati i tre principali
gruppi di abilità: 1) i meccanismi di transcodifica numerica (letto-scrittura del numero),
2) il recupero automatico dei fatti aritmetici (tabelline e calcoli mentali rapidi con somme
entro il 10) e 3) le procedure di risoluzione dell’algoritmo scritto (addizione, sottrazione
e moltiplicazione). L’associazione del disturbo dell’area del numero e del calcolo con il
disturbo di lettura è stata formulata nel caso di una caduta funzionale anche in uno solo
di questi tre ambiti;
• disturbo del linguaggio ancora attivo (DSL): quando era rintracciabile una compromissione significativa delle competenze linguistiche negli aspetti della comprensione
sintattica (punteggio uguale o inferiore a -1,5 deviazioni standard rispetto al campione
normativo nel Token Test) e/o dei processi di assemblaggio fonemico (almeno 25/31 al
Test di Programmazione Fonologica) con diagnosi associata rispettivamente di disturbo fonologico-sintattico o disturbo fonologico espressivo (Rapin, 1996). Il deficit di
accesso lessicale, pur rientrando a pieno titolo nelle caratteristiche del DSL, è stato qui
considerato a parte, sia perché isolatamente non è sufficiente a configurare un quadro
clinico di disturbo del linguaggio, sia per la sua frequente presenza nei quadri di dislessia
40
g. stella, s. franceschi e e. savelli – Disturbi associati nella dislessia evolutiva
evolutiva. La prova di denominazione utilizzata per valutare l’accesso lessicale è quella
messa a punto da Sartori (non pubblicata). In questo caso è stata considerata deficitaria
una performance che si collocava al di sotto delle 3 deviazioni standard dalla media
di riferimento (è stato adottato questo accorgimento visto la scarsa dispersione nei dati
normativi per le differenti fasce d’età);
• disturbo della coordinazione motoria (DCM): una prestazione deficitaria al test neuropsicologico Visual Motor Integration (uguale o inferiore al 15° centile) che evidenzia una
compromissione significativa nelle competenze prassico-costruttive e di integrazione
visuo-motoria;
• difficoltà di attenzione: un indice di inefficienza in entrambi i parametri considerati
(rapidità ed accuratezza con performance <10° centile).
d
Allo scopo di evidenziare la prevalenza di associazione di ogni disturbo alla dislessia
evolutiva, sono stati condotti due tipi di analisi specifiche sui dati clinici finora raccolti:
1. una indagine della prevalenza, in termini percentuali, con cui ogni altro disordine del
neuro-sviluppo (disortografia, disgrafia, discalculia, dsl, disturbo della coordinazione
motoria, difficoltà attentive) si associa al disturbo di lettura;
2. il numero di comorbidità che si aggiungono al disturbo delle abilità scolastiche (inteso
come dislessia evolutiva associata o meno a disortografia e/o disgrafia e/o discalculia);
abbiamo inoltre descritto in quale percentuale di soggetti il disturbo di lettura si presentava in una condizione dissociata e quindi isolata dagli altri disturbi.
Risultati
In figura 4 viene riportata la distribuzione di prevalenza, in percentuali, dei vari disturbi in comorbidità con la dislessia evolutiva. Dall’analisi degli istogrammi di frequenza
emerge come, tra l’ampia gamma dei disturbi dello sviluppo che si presentano associati al
disturbo di lettura, la disortografia (in riferimento al deficit di controllo delle mappature
ortografiche) presenti la comorbidità più elevata pari al 65,2% (è presente infatti in 60
soggetti su 92) rispetto agli altri due disturbi delle abilità scolastiche le cui stime risultano
particolarmente omogenee: discalculia (44,6 % presente in 41 soggetti su 92) e disgrafia
(43,5 %, presente in 40 soggetti su 92). L’associazione del disturbo di lettura con gli altri
disturbi risulta essere così distribuita: 19 soggetti presentano un disturbo del linguaggio
ancora attivo (di cui il 4,3% un DSL fonologico-sintattico mentre il 16,3% un disturbo
fonologico espressivo). Inoltre, anche se abbiamo scorporato questo dato dal DSL, il 47,5%
dei soggetti presenta un deficit nell’accesso lessicale (spesso in associazione ma non costantemente a quello della programmazione fonologica); 24 soggetti soddisfano il criterio
di co-occorrenza per il disturbo di coordinazione motoria (26%) e 10 soggetti presentano
un quadro di difficoltà attentive (10,9%).
I dati di comorbidità emersi dal presente studio sono stati confrontati con i risultati
pubblicati in un recente lavoro di Gagliano e collaboratori (2007), e i dati di prevalenza
relativa risultano largamente sovrapponibili, anche se i valori assoluti sono diversi a causa
41
Vol. 6, n. 1, gennaio 2009
100
90
80
70
60
50
40
30
20
10
0
d
65,2
47,5
44,6
43,5
20,6
Percentuale
di Prevalenza
26,1
10,9
Disortografia
Disgrafia Discalculia
DSL
DCM
Diff.
attenzione
Diff.
accesso
al lessico
attivo
Fig. 4 Stime di prevalenza percentuali dei disturbi associati alla dislessia evolutiva nel campione di ricerca.
dei diversi criteri di selezione adottati nei due studi. Come si può osservare nella figura
5 il dato più caratteristico è la frequentissima associazione della disortografia (62,5 %
e 98,7 %) con il disturbo di lettura; la disgrafia e la discalculia risultano essere i disturbi
maggiormente associati, rispetto al DSL o DCM, seppur sia presente uno scarto abbastanza
marcato tra i due studi passando dal 43,5% e 44,6% all’82% e 70%. Si è cercato di confrontare, rispetto alle altre aree di sviluppo, l’associazione con il disturbo del linguaggio,
il disturbo della coordinazione motoria e le difficoltà attentive (seppur nel lavoro della
Gagliano si parli di ADHD) e anche in questo caso i dati comorbidi che emergono sono
completamente sovrapponibili a quelli dello studio della Gagliano et al. (2007): disturbo
specifico del linguaggio (20,6% e 15,6%), disturbo di coordinazione motoria (26,1% e
10,3%), difficoltà di attenzione (10,9% e 11,3%).
100
90
80
70
60
50
40
30
20
10
0
98,7
82,7
70
65,2
43,5
44,6
47,5
20,6
Disortografia
Disgrafia Discalculia
DSL
26,1
15,6
10,3
DCM
Presente
Studio
Gagliano
et al.
10,9 11,3
Diff.
Attenzione
Diff.
Accesso
al Lessico
Attivo
Fig. 5 Confronto delle stime di comorbidità emerse dal presente studio con il lavoro della Gagliano et al.
(2007).
42
g. stella, s. franceschi e e. savelli – Disturbi associati nella dislessia evolutiva
Questo confronto consente, pur considerando i diversi criteri di selezione adottati, di
evidenziare una discreta sovrapposizione tra i due studi nelle stime di prevalenza relativa
dei disturbi che si associano alla dislessia. La differenza nei valori assoluti potrebbe almeno
in parte essere spiegata dai criteri molto conservativi adottati nel presente studio.
Un altro aspetto che è stato indagato è quello relativo alla comorbidità multipla del
disturbo e cioè con quanti altri disturbi si associa il disturbo specifico di apprendimento
(inteso come disturbo delle capacità scolastiche con dislessia evolutiva associata o meno
a disortografia e/o disgrafia e/o discalculia); in altri termini, quante altre diagnosi (cooccorrenza con DSL, DCM o Difficoltà di Attenzione) è possibile descrivere in associazione
a quella di DSA. I risultati riportati in figura 6 indicano che la metà dei soggetti (52,2%)
del campione ha una compromissione circoscritta ai processi di apprendimento (lettura,
scrittura, area del numero/calcolo) senza altre condizioni patologiche di rilevanza clinica
associate, una co-occorrenza è caratteristica nel 37% dei casi e due co-occorrenze nel 10,9%:
anche in questo caso è stato condotto un confronto (figura 6) con i dati di ricerca di Gagliano
et al. (2007) e come si può osservare dal grafico i dati sono largamente sovrapponibili.
DSA
53,8
52,2
31,6
1 cooccor.
2 cooccor.
0
d
37
12
10,8
20
40
60
80
100
Fig. 6 Stime di prevalenza della comorbidità multipla.
È stata calcolata, inoltre, la percentuale di soggetti dell’intero campione che presentavano un quadro isolato di dislessia evolutiva senza compromissione funzionale associata
negli ambiti della scrittura e dell’area del numero e del calcolo: i soggetti che manifestano
un quadro clinico con cadute selettive nei soli processi di lettura sono 10 pari al 10,9%
del campione totale.
43
Vol. 6, n. 1, gennaio 2009
Discussione
d
Il presente lavoro di indagine retrospettiva ha approfondito lo studio della comorbidità nei e tra i disturbi specifici dell’apprendimento attraverso un’analisi estensiva dei
protocolli diagnostici di un gruppo di 92 soggetti con dislessia evolutiva afferiti al Centro
di Neuropsicologia Clinica dell’età Evolutiva di Pesaro nell’arco di un periodo di tre anni.
Per indagare la stima di prevalenza con cui un disordine del neuro-sviluppo si presenta
associato alla dislessia, abbiamo adottato criteri di inclusione e di co-occorrenza abbastanza
rigidi e conservativi.
I risultati che emergono configurano un quadro complessivo in cui la disortografia
(65,2%) è il sintomo o il disturbo che maggiormente si associa alla dislessia evolutiva;
questa associazione non è sorprendente se consideriamo che i sistemi per la lettura e la
scrittura condividono numerosi processi e componenti di elaborazione, oltre a poggiare
su un comune sistema alfabetico. Un soggetto su due presenta un disturbo associato di
disgrafia (43,5%) e/o di discalculia (44,6%). L’elevata associazione (1 soggetto su 2) con
il disturbo del calcolo (discalculia) e della rappresentazione grafica di simboli alfabetici
(disgrafia) sottolinea come i DSA tendano maggiormente a presentarsi con una manifestazione pervasiva, compromettendo tutti gli ambiti delle specifiche abilità scolastiche,
piuttosto che isolata.
Il disturbo specifico del linguaggio è presente in circa un 20% della casistica clinica
in una forma ancora attiva seppur altri soggetti potrebbero aver avuto una storia pregressa
di disturbo del linguaggio (Brizzolara et al., 2006) ormai compensata, considerata anche
l’età media e la presenza nel nostro campione di soggetti in età scolare avanzata (42 della
scuola secondaria). Quest’ultimo dato sottolinea una comorbidità con il DSL percentualmente meno elevata rispetto alle stime riferite in altri studi (McArthur et al., 2000), ma
comunque più elevata rispetto allo studio di Gagliano e al. (2007). Va inoltre rilevato che
abbiamo deciso di trattare il disturbo di accesso lessicale, che anche nel nostro studio, in
linea con i dati della letteratura, si presenta con frequenza elevata associato alla dislessia
(47,5%), separatamente dal DSL, anche se spesso si trova associato al deficit fonologico
e morfo-sintattico costituendo un sicuro marker della difficoltà linguistica.
La bassa probabilità di co-occorrenza con le sottili anomalie nello sviluppo motorio
(disturbo della coordinazione motoria) potrebbe essere dovuta a una spontanea tendenza
dei sintomi motori minori a ridursi con l’età (Denkla, 2003).
I risultati indicano, inoltre, come sia presente nella dislessia evolutiva un aspetto di
comorbidità multipla: i dati descrivono come un pattern di co-occorrenza tra i soli DSA
(52,2%) o in co-occorrenza con un disturbo (37%) assorba circa il 90% del campione clinico
e i dati risultano omogenei a quelli rilevati su una diversa popolazione clinica; ne consegue
che se da un lato questa elevata comorbidità giustifica il termine da alcuni introdotto di «sindrome dislessica» dall’altro mette in seria discussione il concetto di specificità o settorialità
dell’ambito cognitivo (in questo caso la lettura) interessato e compromesso. È evidente,
quindi, come in presenza di una percentuale così notevole di alterazioni del neuro-sviluppo
associate al disturbo di lettura, possa essere difficile continuare a considerare la dislessia
evolutiva come un’entità clinica facilmente isolabile e descrivibile nosograficamente con
44
g. stella, s. franceschi e e. savelli – Disturbi associati nella dislessia evolutiva
le singole categorie dei sistemi diagnostici attuali (American Psychiatric Association,
1996). Solo il 10% dei soggetti nel campione di ricerca presentava un disturbo di lettura
puro senza altre condizioni patologiche associate. Inoltre, l’omogeneità e la discreta
sovrapponibilità dei dati ottenuti nel presente studio con i risultati emersi nello studio di
Gagliano et al. (2007) consentono, a livello multicentrico, di disporre di un data-base di
dati clinici sulla comorbidità nella dislessia evolutiva che, allo stato attuale, iniziano ad
avere una certa rilevanza e consistenza.
d
Conclusioni
È stato sottolineato come nella psicopatologia dell’infanzia e dell’adolescenza la
comorbidità tra i disturbi costituisce la regola più che l’eccezione (Caron e Rutter, 1991;
Sonuga-Barke, 1998), e la categoria dei disturbi specifici di apprendimento non fa eccezione
a questo dato, anzi, più di altre patologie si caratterizza per un’elevata co-occorrenza di
più disturbi tra loro (Gagliano e al., 2007).
Questo fatto solleva importanti questioni sia sul piano teorico e della ricerca, sia sul
piano della pratica clinica. La psicopatologia dello sviluppo è una disciplina relativamente
giovane che nella descrizione e interpretazione dei disturbi ha mutuato la gran parte dei
suoi costrutti teorici dalla psichiatria e dalla neurologia dell’adulto. Tuttavia, mentre le
patologie descritte nell’adulto hanno una più lunga storia e uno status clinico-epistemologico
più definito, che consente di trattarle come entità nosografiche ben identificabili, e spesso
di ricondurle a specifici fattori etiopatogenetici, le patologie evolutive hanno contorni più
sfumati e ampi spazi di sovrapposizione. Alcuni autori hanno rilevato il rischio di mutuare
i costrutti teorici derivanti dalla psicopatologia e neurologia dell’adulto per descrivere e
interpretare i quadri evolutivi, ravvisando in questo un’eccessiva semplificazione, se non
un percorso fuorviante (Baddeley et al., 1982; Bryant e Impey, 1986). Tuttavia, pur riconoscendo queste limitazioni, innegabilmente, questi costrutti sono stati un utile punto di
riferimento iniziale. Inoltre, negli ultimi decenni, grazie anche agli sviluppi delle metodiche
di neuro immagine e di genetica molecolare applicate allo studio dei disturbi evolutivi, è
stato possibile cominciare a tracciare una mappatura delle relazioni esistenti tra i diversi
livelli descrittivi (biologico, cognitivo e comportamentale) e, in questo modo, migliorare
la comprensione dei percorsi patogenetici che legano tra loro i vari disturbi, e questi a una
comune matrice neurobiologica (il modello sviluppato da Ramus, relativo alla dislessia
evolutiva ne è un esempio). In ogni caso, molti aspetti della comorbidità tra i disturbi dello
sviluppo restano oscuri, come è stato recentemente riconosciuto anche in sede di Consensus
Conference sui DSA (2007), e ciò comporta purtroppo ripercussioni negative per la pratica
clinica quotidiana, dove resta difficile stabilire nette linee di demarcazione tra i disturbi,
e/o stimarne la prevalenza relativa, e/o comprendere i meccanismi patogenetici che ne
stanno alla base e quindi prevederne l’evoluzione, e infine stabilire priorità di intervento.
Tutto ciò è ancora molto lasciato alla personale interpretazione e inclinazione teorica del
clinico che visita il bambino. Tuttavia, molti passi si stanno compiendo e alcuni studi cominciano a indagare direttamente il problema della comorbidità. Come ricordano Gagliano
45
Vol. 6, n. 1, gennaio 2009
et al. (2007), la realizzazione di progetti di ricerca multicentrici e l’utilizzo di strumenti e
metodologie diagnostiche condivise è un requisito essenziale per l’acquisizione dei dati e
per la loro comparazione e replicabilità.
È interessante rilevare come il presente studio, pur essendo stato condotto in modo
indipendente e con metodiche solo parzialmente comuni, porti a risultati abbastanza
sovrapponibili a quelli di Gagliano e al. (2007), e in questo senso ne costituisce una prima
indiretta validazione.
d
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