il nostro mondo - Società Italiana di Fisica

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il nostro mondo
LEONARDO DA VINCI. LUCI, OMBRE E COLORI
Autoritratto di Leonardo da Vinci, Biblioteca Reale di Torino, su concessione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del turismo – Biblioteca Reale, Torino
Leonardo nasce a Vinci (FI) il 15 aprile 1452. Vive la sua gioventù a Firenze lavorando nella
bottega del Verrocchio ed entrando presto sotto la protezione di Lorenzo de’ Medici. Nel 1482
parte per Milano, dove lavora per quasi un ventennio al servizio della corte di Ludovico il Moro.
Passa poi un periodo di peregrinazioni che lo vedono tornare anche per brevi intervalli a Firenze
e, dal 1508 al 1513, a Milano.
Dopo un breve periodo nella Roma di Papa Leone X, durante il quale però non ha incarichi
di grande spessore, nel 1516, avendo ricevuto continui inviti dal re francese, Leonardo decide
di trasferirsi definitivamente in Francia. Viene alloggiato da Francesco I nel castello di Amboise,
dove muore il 2 maggio del 1519.
Spirito poliedrico, non esiste campo dell’arte e della conoscenza in cui Leonardo non abbia
lasciato il segno. Si è occupato di architettura e scultura, è stato disegnatore, pittore, ingegnere,
anatomista, scenografo, musicista e, in generale, progettista e inventore. Ma anche, ed è
quello che qui ci interessa di più, un osservatore e uno sperimentatore di ottica che per lui
ha rappresentato la teoria da tradurre nella pratica pittorica. Allo stesso tempo, la pittura è
divenuta lo strumento per approfondire le sue indagini scientifiche su luci e su ombre.
“Se tu sprezzarai la pittura, la quale è
sola imitatrice di tutte l’opere evidenti de
natura, per certo tu sprezzarai una sottile
invenzione, la quale con filosofica e sottile
speculazione considera tutte le qualità delle
forme: [aire e] siti, piante, animali, erbe, fiori,
le quali sono cinte d’ombra e lume”.
Così Leonardo, nel Libro di pittura Pt. I,
§ [12], sottolinea l’importanza che riveste
per il pittore il saper giocare con gli effetti di
chiaroscuro al fine di conferire volume alle
figure e ai paesaggi di un dipinto.
Dal recente restauro di numerosi
dipinti leonardiani è emersa un’immensa
conoscenza della tecnica pittorica del
vinciano: la sua procedura varia da un
dipinto all’altro e spesso da una zona
all’altra del quadro, cosa che ci suggerisce
come egli abbia costruito le immagini
pittoriche simultaneamente da un punto
di vista pittorico e ottico. Per catturare
i movimenti delle sue figure e ciò che a
esse fa da sfondo Leonardo, infatti, non
separa rigidamente le diverse fasi del
disegno preparatorio, della stesura del
primo strato di colore fino ad arrivare
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agli strati finali; piuttosto li mischia l’uno con
l’altro liberamente facendosi guidare dalle
proprie conoscenze di ottica e, viceversa, come
vedremo, utilizzando la pratica pittorica come
strumento d’analisi per ulteriori ricerche e
sperimentazioni sulla luce e sull’ombra.
è importante sottolineare che il problema
di fondo di cui si era occupata l’ottica fino a
quel momento, non era, come suggerisce
l’accezione moderna della parola, riuscire
a comprendere le caratteristiche e i
comportamenti della radiazione luminosa,
bensì saper spiegare il meccanismo della
visione; problematica intorno alla quale
avevano lavorato, senza raggiungere lo scopo,
i maggiori filosofi dei due millenni precedenti.
Leonardo, nel corso della sua vita, si
occupa ampiamente della visione, tuttavia
per lui l’ottica è fondamentale soprattutto
per la rappresentazione della luce e dei colori
nell’arte. Egli considera la pittura una scienza
basata sull’ottica ovvero, un’arte volta alla
creazione dell’illusione del rilievo su una
superficie piana mediante la descrizione della
luce, delle ombre e dei colori, in accordo con le
regole dell’ottica.
PAGINE ITALIANE DI OTTICA
In occasione dell’Anno Internazionale della Luce, IYL 2015, Il Nuovo Saggiatore
pubblicherà in ogni numero del 2015 pagine di scienziati italiani che
contribuirono allo sviluppo delle scienze della luce.
Così scrive nel Libro di pittura, Pt. I, § [6]:
La scienzia della pittura s’astende in tutti li colori
delle superfizie e figure de’ corpi da quelle vestiti, et a
le loro propinquità e remozioni con li debiti gradi de
diminuzione secondo li gradi delle distanzie. E questa
scienzia è madre della prospettiva, cioè linee visuali,
la qual prospettiva si divide in tre parti, e di queste
la prima contiene solamente li lineamenti de’ corpi;
la seconda della diminuzione de’ colori nelle diverse
distanzie; la terza, della perdita della congionzione de’
corpi in varie distanzie. Ma la prima, che sol s’astende
nelli lineamenti e termini de’ corpi, è detto disegno,
cioè figurazione de qualonque corpo. Da questa n’esce
un’altra scienzia che s’astende in ombra e lume, o voi
dire chiaro e scuro, la quale scienzia e di gran discorso
[…].
Un’attenta analisi degli appunti leonardiani rivela
l’intenzione di realizzare un trattato sulle luci e
sulle ombre che avrebbe probabilmente raccolto le
minuziose osservazioni empiriche e la traduzione
di ogni annotazione sul fenomeno fisico in una
definizione estrapolata dai risultati delle osservazioni
sperimentali:
Il secondo principio della pittura è l’ombra del
corpo, che per lei si finge, e de questa ombra daremo li
suoi principii, e con quelli procederemo nell’insculpire
la predetta superfizie, Libro di pittura, Pt. I, § [5].
Leonardo non è mai riuscito concretamente a
realizzare questo suo proposito ma il suo più fedele
allievo, Francesco Melzi, dopo la morte del maestro,
si premura di raccogliere e selezionare tra i manoscritti
originali, gli appunti e i disegni riguardanti ottica
e pittura, riarrangiandoli in un nuovo manoscritto
che intitola appunto Libro di pittura. In esso viene
preservato e trasmesso l’approccio innovativo alla
modalità di creazione del rilievo in pittura, mediante
osservazioni qualitative e quantitative che integrano
la filosofia naturale e l’ottica. Non a caso, la parte
quinta, intitolata De ombra e lume, è completamente
dedicata ad argomenti di ottica e la sua grande novità
risiede nella trattazione geometrica e quantitativa
delle ombre, dei loro confini sfumati e dei colori che
Leonardo analizza in dettaglio in numerosi schemi.
Se a questo si aggiunge l’incredibile mole di appunti
leonardiani che trattano argomenti di ottica – il
Codice Atlantico e molti manoscritti dell’Istituto di
Francia – si comprende ancor più a fondo quanto lo
studio della materia sia stato talmente fondamentale
per lui da occuparlo nel corso di tutta la sua vita.
Nessun artista rinascimentale ha investigato in
maniera così approfondita l’argomento come
Leonardo da Vinci.
Lo studio delle ombre, condotto da Leonardo
sistematicamente, ci appare rilevante e conclusivo
sia per l’artista, sia perché nella maniera di
procedere, come vedremo, evidenzia una certa
similitudine col metodo sperimentale che, da Galilei
in poi, si utilizzerà per indagare le leggi della natura.
Nel Libro di pittura, dopo aver definito la pittura
come una scienza, Leonardo sottolinea l’importanza
dell’esperienza:
“Se la pittura è scienzia o no. (…) Nissuna umana
investigazione si pò dimandare vera scienzia, se essa
non passa per le matematiche dimostrazioni. E se tu
dirai che le scienzie, che principiano e finiscano nella
mente, abbiano verità, questo non si concede, ma si
niega per molte ragioni; e prima, che in tali discorsi
mentali non accade esperienzia, sanza la quale nulla
dà di sé certezza”, Libro di pittura, Pt. I, § [1].
Leonardo si prefigge di enunciare i principi della
scienza della pittura, principi che afferma di voler
ricavare dall’esperienza. Ciò viene messo in atto nella
parte quinta De ombra e lume.
1 Ombra primitiva e ombra derivativa
Innanzi tutto premette alcune definizioni
fondamentali, poi s’interroga sulle cause dell’ombra
e osserva che ogni ombra non è omogenea ma varia
di intensità.
545. Che cosa è ombra.
L’ombra, nominata per il proprio suo vocabolo,
è da esser chiamata alleviazione di lume aplicato alla
superficie de’ corpi, della quale il prencipio è nel fine
della luce, ed il suo fine è nelle tenebre.
546. Che differenzia è da ombra a tenebre.
La differenzia che è da ombre a tenebre è questa,
che l’ombra è alleviamento di luce, e tenebre è
integralmente privamento di essa luce.
547. Da che deriva l’ombra.
L’ombra deriva da due dissimili cose l’una
da l’altra, imperò che l’una è corporea, e l’altra
spirituale: corporea è il corpo ombroso, spirituale
è il lume; adonque lume e corpo son cagione de
l’ombra.
548. De l’essere de l’ombra per sé.
L’ombra è della natura delle cose universali, che
tutte sono più potenti nel principio, e inver[s]o il fine
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c
d
b
a
Fig. 1 Sinistra: Luce e ombra primitiva e derivativa (a. lume primitivo,
b. lume dirivativo. c. ombra primitiva. d. ombra dirivativa). Codice
Atlantico, particolare del f. 320 r, Milano, Biblioteca Ambrosiana.
Destra: tipi di ombra derivativa, Libro di pittura, Pt. V, § [574].
Fig. 2 “Ogni parte dell’onda che percote nell’altra onda, refrette
inverso li centri delli loro cerchi”. Codice Atlantico, particolare del
f. 226 v, Milano, Biblioteca Ambrosiana.
indeboliscono: dico nel principio d’ogni forma e qualità
evidente et inevidente, e non delle cose condotte di
piccol principio in molto accrescimento dal tempo,
come sarebbe una gran quercia che ha debole principio
per una piccola ghianda; anzi dirò la quercia essere più
potente al nascimento, ch’ella fa della terra, cioè nella
maggiore sua grossezza; adonque le tenebre è il primo
grado dell’ombra, e la luce è l’ultimo. Adonque tu,
pittore, farai l’ombra più scura apresso alla sua cagione,
et il fine fa che si converti in luce, cioè che paia sanza
fine.
Subito dopo introduce le nozioni di “ombra primitiva”
e “ombra derivativa”:
552. De l’ombre e sua divisione.
Le ombre ne’ corpi si generano dalli obietti oscuri
ad essi corpi antiposti, e si devidono in due parti,
delle quali l’una è detta primitiva, l’altra derivativa
(fig. 1, sinistra).
Leonardo suddivide poi l’ombra derivativa in
tre categorie e stabilisce di trattare ampiamente
l’argomento.
574. Di quante figure è l’ombra derivativa.
Tre sono le figure de l’ombra derivativa.
E la prima è piramidale, nata da l’ombroso minore
del luminoso; la seconda è parallela, nata da l’ombroso
uguale al luminoso; la terza è disgregabile in infinito, e
infinita è la colunnale, et infinita la piramidale, perché
dopo la prima piramide fa intersecazione, e genera
contra la piramide finita una infinita piramide, trovando
infinito spacio. E di queste tre sor<ti> di ombre
derivative si tratterà apieno. (fig. 1, destra)
Di seguito, descrive la diminuzione dell’intensità
dell’ombra derivativa con l’aumentare della distanza,
rileva l’aumento della dimensione dell’ombra
all’aumentare di quella della sorgente e confronta le
oscurità dell’ombra primitiva e derivativa al variare della
forma del corpo ombroso e della distanza dalla sorgente
e dall’osservatore.
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Con tutta probabilità lo scopo principale di tali
osservazioni è verificare l’ipotesi che ci sia una stretta
corrispondenza tra quella che Leonardo indica come la
percussione dell’ombra proiettata da una certa parte di un
corpo e l’esposizione alla sorgente illuminante.
Molti commentatori hanno affermato che
l’approccio leonardiano alla natura della luce sia
essenzialmente meccanicistico e si basi sull’assunzione
che la propagazione della luce sia una istanza di moto
ondulatorio mediante il quale una certa percussione viene
comunicata all’organo di senso. Tale convinzione si basa
sull’interpretazione del seguente passo del foglio 9 v del
Ms. A dell’Istituto di Francia:
Sì come la pietra gittata nell’acqua si fa centro e causa
di vari circuli, el sono fatto in nell’aria circularmente
si sparge. Così ogni corpo posto in fra l’aria luminosa
circularmente sparge e empie le circustanti parti d’infinite
sue similitudine e appare tutto per tutto e tutto in ogni
parte.
Qui Leonardo descrive la propagazione delle immagini
da un oggetto mediante cerchi, paragonandoli a quelli
che si formano dal punto di impatto di una pietra
sull’acqua (fig. 2). Tuttavia, tale analogia con un moto
ondulatorio ci dà informazioni solamente sulla geometria
della propagazione ma non dice nulla sulla natura della
radiazione che si propaga. La teoria leonardiana sulla
natura di questa entità responsabile della visione si rifà
probabilmente alla tradizione Aristotelica e prospettivista.
I termini più usati da Leonardo per descrivere questa
radiazione sono similitudine, simulacro e spezie la cui
natura e il cui comportamento sono descritti ad esempio
in un passaggio del foglio 331 r del Codice Atlantico:
Tutte le spezie delle cose all’occhio antiposte
concorrano per linie radiose alla superfizie di tale occhio,
le quali si tagliano nella superfizie di tale occhio infra
equali angoli. L’aria è tutta per tutto e tutta, in ogni parte
di quella, piena delle similitudine de’ corpi che in lei
s’includano.
l. luperini: Leonardo da vinci. luci ombre e colori
Fig. 3 Sinistra: Ombre semplici e composte, Codice Atlantico, particolare del
f. 658 r, Milano, Biblioteca Ambrosiana. Destra: modello di Opera Laboratori
Fiorentini, 2004, Vinci, Museo Leonardiano.
2 Ombra semplice e ombra composta
Nella scala dalla luce alle tenebre, Leonardo studia
tutta una serie di modificazioni che l’ombra subisce al
variare dell’intensità illuminante. Numerosi sono i passi
dei suoi scritti in cui osserva che i confini delle ombre non
appaiono netti ma il passaggio alla luce piena avviene
gradualmente.
Nella quinta parte del Libro di pittura esamina dunque
la distinzione tra ombra semplice e composta.
557. Che differenzia è da ombra semplice a ombra
composta.
Ombra semplice è quella dove alcuna parte del
luminoso non può vedere, et ombra composta
è quella dove infra la ombra semplice si mischia alcuna
parte del lume derivativo.
Tali definizioni sono estrapolate da una grandissima
quantità di osservazioni ed esperienze che ritroviamo
schematizzate nei Codici leonardiani. Ciò è nettamente
evidente, ad esempio, nel foglio 658 r del Codice Atlantico
che è stato utilizzato per la ricostruzione dell’oggetto 1
della sala di ottica del Museo Leonardiano di Vinci (fig. 3).
E nell’esperimento che Leonardo descrive nel f. 513 a-r
del Codice Atlantico:
E se vorrai vedere l’ombre semplici con tutta la minuta
de’ gradi, fa una stella di 8 razzi, che sieno larghi nelli
stremi come nel principio a punto, e quella volgi al sole
ponendo dirieto il corpo sperico ombroso e poi la carta e
poi sia l’occhio tuo […] (fig. 4).
Sebbene le varie note siano sparse e a volte ripetitive,
lo studio dettagliato del lavoro su luce e ombra ci
conferma l’esistenza del profilo di un trattato coerente
che, in un certo numero di casi, coinvolge un metodo
sperimentale sistematico. Esso consiste nell’isolare le
variabili chiave in un problema (distanza e posizione
reciproca, forma e dimensione dell’ostacolo e della
sorgente luminosa, intensità di luce e ombra, contrasto
con la luminosità dello sfondo, caratteristiche del piano
di proiezione dell’ombra, ecc.), mantenere costante solo
Fig. 4 Ombra di una sfera illuminata da luce che attraversa una
fenditura “a stella”, modello di Opera Laboratori Fiorentini, 2004,
Vinci, Museo Leonardiano.
una di queste ed esaminare per gradi le conseguenze del
cambiamento delle restanti variabili.
Numerosi sono gli schemi che, per osservare le
tipologie di ombre, coinvolgono fenditure di diverse
forme e dimensioni; sebbene estremamente significativi
per la loro importanza storica, non risultano conclusivi a
livello di contenuto in quanto lo studioso vinciano non
era a conoscenza del fenomeno della diffrazione (fig. 4).
3 Intensità e dimensione delle ombre
249. De’ colori de’ lumi incidenti e reflessi.
Quando duoi lumi metteno in mezzo a sé il corpo
ombroso, e non possan variarsi se non in duoi modi
cioè, o egli saran d’equal potenzie, o saranno inequali,
cioè parlando de’ lumi infra loro: e se saranno equali essi
possan variare in due altri modi il loro splendore sopra
l’obbietto, cioè con equale splendore, o con disequale:
equale sarà quando saranno in equale distanzia; disequali
nelle diseguali distanzie. In equale distanzia si varieranno
in due altri modi, cioè meno sarà l’obbietto alluminato
dalli equali lumi in splendore, et in distanzia <quanto>
i lumi equali in potenzia et equali in distanzia <saranno
lontani> dall’obbietto opposito […], Libro di pittura, Pt. II.
Con lo stesso metodo appena illustrato, basato
sull’esperienza diretta e sull’osservazione dei fenomeni
a cui è interessato, Leonardo indaga la variazione
d’intensità e dimensione delle ombre (fig. 5).
La Vergine delle rocce (fig. 6) rappresenta un esempio
concreto di come Leonardo applichi alla pittura
quanto appreso nelle sue esperienze di fotometria che
coinvolgono più sorgenti illuminanti. Nel dipinto, infatti,
la luce nasce dall’incontro di tre fonti: le due che si
insinuano dalle rocce sullo sfondo e quella immaginata
alle spalle dell’artista che illumina frontalmente le figure,
creando contrasti di chiaroscuro e rivelando gradazioni
di colore che conferiscono volume ai personaggi e
profondità al paesaggio.
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Fig. 5 Sinistra: Studio delle ombre di un ostacolo situato tra due sorgenti di luce. Particolare del Ms. C, f. 22 r, Parigi,
Biblioteca dell’Istituto di Francia. Destra: Ricostruzione dell’esperimento leonardiano schematizzato a sinistra,
modello di Opera, Laboratori Fiorentini, 2004, Vinci, Museo Leonardiano.
4 Colori e ombre
In analogia con l’approccio allo studio sulle ombre,
Leonardo innanzi tutto definisce i concetti di colore
semplice e colore composto sottolineando, nuovamente
con esempi tratti dall’esperienza, come in natura non
esistano colori semplici.
165. Come nessuno colore reflesso è semplice, ma è misto
con li altri colle spezie delli altri colori.
Nessuno colore che refletta nella superfizie d’un altro
corpo tinge essa superfizie del suo proprio colore, ma
sarà misto con li concorsi delli altri colori reflessi che
risaltano nel medesimo loco: come sia il colore giallo a
che reflette nella parte dello sferico coe, e nel medesimo
loco reflette il colore azzurro b. Dico per questa
reflessione mista de giallo e d’azzurro, che.lla percussione
del suo concorso tingerà lo sferico: se era in sé bianco, lo
farà di colore verde, perché è provato, il giallo e azzurro
misto insieme compone uno bellissimo verde.
Libro di pittura, Pt. II .
Tuttavia non si accontenta di osservare i colori naturali;
egli sperimenta anche in questo campo creandosi i
colori di cui ha bisogno e dalle sue sperimentazioni
nasce, come abbiamo ampiamente già notato nei
casi precedenti, la sua teoria. Viceversa, la teoria dei
colori lo spinge ad indagini sperimentali sempre più
approfondite.
80 < il nuovo saggiatore
213. Della mistione delli colori l’uno con l’altro, la qual
mistione s’astende inverso l’infinito.
Ancora che la mistione de’ colori l’un con l’altro
s’astenda inverso l’infinito, non resterò per questo
ch’io non ne facci un poco de discorso. Ponendo
prima alquanti colori semplici, e con ci<a>scun di
quelli misterò ciascuno delli altri a uno a uno, e poi
a due a due e a tre a tre, così seguitando insino allo
intero numero di tutti li colori. Poi ricominzierò a
mistiare li colori a due con due et a tre con due, e poi
a quattro, così seguitando insino al fine, sopra essi
primi due colori. E poi ne metterò tre, e con essi tre
accompagnerò altri tre, e poi sei, e così si seguirà e poi
seguirò tal mistioni in tutte le proporzioni.
Colori semplici dimando quelli che non sono
composti, né si posson comporre per via di mistione
d’altri colori.
Nero, bianco, benché questi non sono messi fra
i colori, perché l’uno è tenebre, e l’altro è luce, cioè
l’uno è privazione e l’altro è generativo, io non li voglio
per questo lasciare indietro, perché in pittura sono
li principali, con ciò sia che la pittura sia composta
d’ombre e di lumi, cioè di chiaro e scuro. Dopo il nero
e il bianco seguita azzurro e giallo, poi il verde e el
leonino, cioè taneto, o vo’ dire oquria; di poi il morello
et il rosso; e questi sono otto colori, e più non è in
natura, de’ quali io comincio la mistione; e sia primo
nero e bianco; di poi nero e giallo, e nero e rosso;
di poi giallo e nero, e giallo e rosso; e perché qui mi
manca carta, i’ lascierò a fare tal distinzione nella mia
opera con longo processo; il quale sarà di grande
utilità, anzi necessarissimo; e questa tal di<s>crizione
l. luperini: Leonardo da vinci. luci ombre e colori
Fig. 6 La Vergine delle Rocce, Leonardo da Vinci, Parigi, Museo Louvre (a sinistra) a
confronto con il Libro di pittura, Pt. V, § [730] (a destra).
s’intermetterà infra la teorica e la pratica della pittura,
Libro di pittura, Pt. II.
Leonardo osserva come varia l’intensità dei colori
riflessi su un oggetto al variare dell’angolo d’incidenza
della luce e ne deduce delle regole.
168. De’ reflessi.
1° Le superfizie de’ corpi participano più de’ colori di
quelli obbietti li quali riflettan in lui la sua similitudine
infra angoli più equali.
2° De’ colori delli obbietti che reflettano le sue
similitudini nelle superfizie delli anteposti corpi infra
angoli equali, quel sarà più potente il quale arà il suo
razzo reflesso di più breve longhezza.
3° Infra li colori delli obbietti che si reflettano infra
angoli equali, e con equal distanzia nelle superfizie de’
contraposti corpi, quel serà più potente che sarà di più
chiaro colore.
4° Quell’obbietto reflette più intensamente il suo
colore ne l’antiposto corpo, il quale non ha intorno a sé
altri colori che della sua spezie, Libro di pittura, Pt. II.
Esamina poi come si modifica l’intensità dei colori
se messa a confronto con lo sfondo o con i colori
vicini. Interessante rilevare come in questo frangente
Leonardo utilizzi il paragone con l’arcobaleno, la cui
spiegazione del fenomeno egli qui lega erroneamente
al moto delle gocce di pioggia.
190. Dello accompagnare i colori l’uno con l’altro, in
modo che l’uno dia grazia a l’altro.
Se voi fare che la vicinità de l’uno colore dia grazia
a l’altro colore che con lui confina, usa quella regola
che far si vede alli razzi del sole nella composizione
de l’arco celeste, per altro nome iris, li quali colori si
generano nel moto della pioggia, perché ciascuna
gocciola si trasmuta nel suo discenso in ciascun de’
colori di tale arco, come fia dimostrato al suo loco.
Ora attendi, che se tu voi fare una eccellente oscurità,
dàlle per parangone un’eccellente <bianchezza>, e così
la eccellente bianchezza farai con la massima oscurità;
e ‘l pallido farà parere il rosso di più focosa rossezza
che non parrebbe per sé in parangone del paonazzo;
e questa tal regola sarà più distinta al suo loco.
Restaci una seconda regola, la quale non attende
a fare li colori in sé di più suprema bellezza ch’essi
naturalmente sieno, ma che la compagnia loro dà
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Ritratto del musico, Leonardo da Vinci, Milano, Biblioteca Ambrosiana.
Si noti la varietà dei colori delle ombre sul viso del giovane, al variare
dell’angolo d’incidenza della luce e dei colori circostanti.
La Gioconda, Leonardo da Vinci, Parigi, Museo Louvre. Il mistero
della Gioconda: L’aspetto più insondabile della Gioconda non è tanto
l’individuazione del personaggio raffigurato, quanto la complessa
sperimentazione con cui Leonardo costruisce il suo ineffabile e
misterioso sorriso e il suo rapporto con le luci del paesaggio sullo sfondo.
grazia l’uno a l’altro, come fa il verde al rosso, e ‘l rosso
al verde, che l’uno scambievolmente dà grazia a l’altro,
e come fa il verde con l’azzurro. Et ecci una seconda
regola generatrice de disgraziata compagnia, come
l’azzurro col giallo, che biancheggia, o col bianco e
simili, li quali si diranno al suo loco, Libro di pittura,
Pt. II.
Infine indaga su come il colore di un oggetto e della
luce che lo illumina influenzano il colore della sua
ombra.
192. De’ colori de l’ombre di qualunque colore.
Il colore de l’ombra di qualunque colore sempre
partecipa del colore del suo obbietto, e tanto più o
meno quanto esso obbietto gli è più vicino o remoto
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da essa ombra, e quanto esso è più o meno luminoso,
Libro di pittura, Pt. II.
Da quanto fin qui esposto, è facile comprendere
il continuo scambio che in Leonardo si verifica tra la
sperimentazione scientifica e la produzione pittorica.
La conclusione in fondo è molto semplice: il miglior
modo per renderci conto concretamente di come
Leonardo utilizzi l’ottica nella pratica pittorica – ovvero
il risultato dei suoi “esperimenti” – è… osservare i suoi
dipinti!
Linda Luperini
Liceo Artistico “F. Russoli”, Pisa
il nostro mondo
L’archivio storico de Il Nuovo
Cimento è disponibile per i Soci
all’url: http://members.sif.it
IL NUOVO CIMENTO 150, 100, 50 ANNI FA
150 anni fa
Da “Osservazione sulle uova delle galline” di S. De Luca; Il Nuovo Cimento, 21-22 (1865-66) 185.
Le esperienze furono eseguite sopra otto differenti uova di gallina, nate dal 28 Luglio al 31 Agosto
di questo volgente anno, notandone il peso giornaliero ad una bilancia di precisione, ed
osservandone il peso specifico nell’acqua. Sono necessarii da 15 a 20 giorni perché l’uovo di gallina
diventi più leggero dell’acqua, e probabilmente ne’ mesi freddi si richiede tempo maggiore.
La diminuzione di peso che subiscono le uova esposte all’aria è proporzionale alla superficie loro
ed alla compattezza del guscio. L’acqua delle materie interne dell’uovo si elimina sotto forma di vapore,
le materie stesse si contraggono e diminuiscono di volume, e l’aria vi penetra a poco a poco.
Ma se si muovono le uova bruscamente si sviluppano gas ed accade che
si rompono producendo una specie di detonazione.
100 anni fa
Da “ Il fenomeno di Stark - Lo Surdo nell’elio” di Rita Brunetti; Il Nuovo Cimento 10 (1915) 34.
Lavoro eseguito nel Gabinetto di fisica del R. Istituto di studi superiori in Firenze.
La separazione delle righe spettrali in campo elettrico fu scoperta contemporaneamente da Lo Surdo e da Stark nel 1913.
L’effetto inizialmente citato con entrambi i nomi, nella letteratura più recente, anche italiana, spesso ingiustamente ignora
Lo Surdo. Per la rilevanza dei risultati di Rita Brunetti sull’elio, vedi E. Fermi in “Gli effetti elettro e magnetoottici e le loro
interpretazioni”, in L’Energia Elettrica, Uniel (1927) 109; per la storia vedi M. Leone, A. Paoletti e N. Robotti
“The birth of quantum mechanics; the Stark-lo Surdo effect” in History of physics and astronomy in Italy in the
20th century (COFIN 2001) 127-136.
Dopo le ricerche del professor Lo Surdo sulla serie di Balmer, […], appare opportuno di cominciare a
raccogliere il materiale che servirà poi alla realizzazione di un modello o alla costruzione di una teoria
del fenomeno.
In particolare la differenza di risultati, che con metodi differenti raggiunsero i professori Stark e
Lo Surdo nei riguardi dell’idrogeno, additava senz’altro come primo gas da cimentare col metodo
Lo Surdo l’elio, già studiato con l’altro metodo di Stark.
Rita Brunetti riporta di aver trovato che
Sotto l’azione di un campo elettrico
1.varie righe dell’elio si scompongono e la scomposizione è dissimetrica rispetto alla riga fondamentale
2.alcune righe presentano un satellite dalla parte delle λ brevi cioè […].
3.agli spostamenti degli elementi di scomposizione allo spostamento del satellite non appartiene
la medesima legge;
4.le righe della terza serie accessoria diffusa non si scompongono nello stesso numero di componenti.
risultati che differiscono da quelli ottenuti col metodo di Stark. Segue la discussione.
La 4388 si scinde in cinque
componenti dissimetriche.
50 anni fa
Da “Primakoff effect and π0 lifetime” di G. Bellettini, C. Bemporad, P.L. Braccini,
L. Foà et al.; Il Nuovo Cimento A, 40 (1965) 1139.
La misura della vita media del pione neutro è difficile. Il decadimento è elettromagnetico e la vita media è troppo
breve per potersi misurare con cura dalla distanza tra produzione e decadimento, che è dell’ordine di 0.1 µm.
È però anche troppo lunga, rispetto ai decadimenti forti, per essere misurata dalla larghezza di risonanza,
che è di qualche eV. Gli autori hanno usato un metodo nuovo.
The results of an experiment to measure the π0 lifetime via the inverse decay process (“Primakoff
effect”) are presented. The coherent photoproduction of neutral pions in the reaction γ + Pb → π0 + Pb
has been measured with very high angular resolution with a π0 detector containing 10 independent
counting channels, at the two energies 950 and 1000 MeV, using the bremsstrahlung beam of the
Frascati electron synchrotron […]. The best fit τ value is (0.73 ± 0.105)· 10–16 s.
Per confronto, il valore medio attuale è (0.852 ± 0.018) · 10–16 s.
Drawing of the frame
supporting the counters. For the
sake of simplicity, only one of
the eight counters is shown
a cura di
Alessandro Bettini
vol31 / no5-6 / anno2015 >
vol30
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