Rassegna Stampa del 11/03/2011
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AESVI Rassegna Stampa del 11/03/2011 La proprietà intellettuale degli articoli è delle fonti (quotidiani o altro) specificate all'inizio degli stessi; ogni riproduzione totale o parziale del loro contenuto per fini che esulano da un utilizzo di Rassegna Stampa è compiuta sotto la responsabilità di chi la esegue; MIMESI s.r.l. declina ogni responsabilità derivante da un uso improprio dello strumento o comunque non conforme a quanto specificato nei contratti di adesione al servizio. INDICE AESVI Il capitolo non contiene articoli VIDEOGIOCHI 11/03/2011 Panorama UN VIDEOGIOCO PER L'UNITÀ D'ITALIA 4 11/03/2011 Panorama Figlio adottivo, genio creativo, pessimo carattere 5 10/03/2011 Punto Informatico 08:12 Microsoft, tracce di nuova Xbox 7 10/03/2011 Punto Informatico 02:52 Xbox, Kinect e' da Guinness dei Primati 8 11/03/2011 Terra Un videogioco per cambiare 9 11/03/2011 Giornale dell'Umbria Tenta di rubare videogiochi, arrestato 10 10/03/2011 Mente e Cervello Quando il cervello videogioca 11 VIDEOGIOCHI 7 articoli 11/03/2011 Panorama - N.12 - 17 marzo 2011 Pag. 30 (diffusione:446553, tiratura:561533) La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato inDISCRETO UN VIDEOGIOCO PER L'UNITÀ D'ITALIA Si intitola Gioventù ribelle il videogioco in 3D promosso dal ministero della Gioventù che viene presentato il 15 marzo al Maxxi di Roma. Uno strumento pensato per i giovani, per celebrare i 150 anni dell'unità d'Italia immedesimandosi in uno dei protagonisti delle guerre di indipendenza. VIDEOGIOCHI - Rassegna Stampa 11/03/2011 4 11/03/2011 Panorama - N.12 - 17 marzo 2011 Pag. 68 (diffusione:446553, tiratura:561533) La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato STORIA DI COPERTINA LE SETTE VITE DI STEVE JOBS Figlio adottivo, genio creativo, pessimo carattere Tutto cominciò con un padre acquisito e un videogame . Alunno distratto, fidanzato cinico, costruì dal nulla l'impero da cui fu cacciato. Per ritornare come salvatore. MARCO DE MARTINO carta d'identità Steve Jobs nato a San Francisco il 24 febbraio 1955 cittadinanza americana stato civile coniugato professione genio dell'informatica DA NEW YORK - Per lasciare spazio al futuro bisogna distruggere il passato, e nessuno lo sa meglio di Steve Jobs, che il mese scorso ha fatto demolire la Jackling House, la casa con 14 camere da letto dove ha abitato fra pochi mobili e molti dischi di Bob Dylan per 10 anni a partire dal 1984, l'anno orwelliano in cui lanciando il macintosh la apple ha rivoluzionato l'industria elettronica. Jobs odiava quella casa costruita da un magnate del rame sulle colline di Woodside, nella Silicon Valley: la comprò come un trofeo prima di abbandonarla lasciandola nell'incuria più totale, e al suo posto sta cominciando a far costruire la sua casa dei sogni, sicuro di potere fare in tempo ad abitarla. a dispetto del tumore al pancreas che lo consuma dal 2004, Jobs è certo di avere un grande futuro davanti a sé, e non solo perché, da buddista zen, probabilmente crede nella possibilità di rinascere. Il fatto è che la apple non avrebbe mai potuto raggiungere il 17 per cento del mercato dei portatili, il 24.7 per cento di quello degli smartphone e i 328 miliardi di dollari di valutazione di mercato (con quasi 50 mila persone impiegate e oltre 300 negozi nel mondo) se Jobs non fosse il più grande rottamatore della storia dell'elettronica: dopotutto, la sua carriera è iniziata alla atari, quando a lui e all'amico Steve Wozniak venne chiesto di lavorare al videogame Breakout, in cui bisognava abbattere un muro fatto di mattoni colorati con una pallina comandata da una rudimentale racchetta. Il fondatore della apple è poi passato a frantumare pareti ben più solide di quelle fatte dei pochi pixel dei videogiochi di allora. Ha annientato l'industria dei grandi elaboratori (allora si chiamavano mainframe) per fare spazio con la apple II all'era dei personal computer, quelli che ora sta mettendo in crisi con l'introduzione della tavoletta ipad. Creando l'iTunes ha rimesso in discussione l'industria discografica, cinematografica e televisiva, e adesso si accinge a fare lo stesso con l'editoria, traghettata quasi a forza sull'ipad. mentre con l'iphone ha non solo sconvolto il mercato degli smartphone ma anche introdotto una nuova categoria di software, le applicazioni, con cui sta cercando di addomesticare l'anarchico mondo del World wide web. Quando sei anni fa, in un discorso ai laureati della Stanford University, si è chiesto il senso della propria vita, Jobs ha spiegato che anche i fallimenti si possono trasformare in grandi successi, basta affidarsi all'ordine nascosto dentro al caso. E ha iniziato a raccontare dei suoi genitori, un siriano e un'americana, che non potevano permettersi di educarlo e lo diedero in affidamento. Jobs doveva essere adottato da una coppia che però, all'ultimo, si tirò indietro. Il giovane Steve si ritrovò quindi con un altro papà che, lavorando in un'azienda di laser dove smontava e rimontava motori, lo appassionò all'elettronica. Dopo solo sei mesi di università, al reed College di portland, Steve decise di abbandonare, anche se restò nel campus senza l'obbligo di frequentare i corsi che odiava; finì in una classe dove si insegnava calligrafia, lezioni senza le quali il macintosh non avrebbe mai avuto l'eleganza dei caratteri tipografici che lo hanno reso diverso da tutti gli altri computer. «Think different» diceva lo slogan della apple. E Steve fu costretto a farlo quando, un anno dopo avere creato il macintosh, si ritrovò licenziato dall'azienda che aveva creato portandola in 10 anni a fatturare 2 miliardi di dollari. a estrometterlo fu John Sculley, l'amministratore delegato della pepsi che Jobs aveva ingaggiato con la sua tipica arroganza: «Vuoi passare il resto della tua vita a vendere acqua zuccherata o vuoi un'opportunità per cambiare il mondo?». Fu proprio quell'umiliazione pubblica, essere messo alla porta dalla apple, a costringere Jobs a dedicarsi a due nuove aziende che sarebbero diventate il caposaldo della sua attività futura. La pixar, da lui comprata per 10 milioni da George Lucas nel 1986, fu venduta vent'anni dopo alla Disney per 7,4 miliardi di dollari, rendendo Jobs il più grande azionista privato del gruppo di Topolino. E il software della next, da molti denigrata all'epoca, è alla base del sistema operativo mac osX che ha portato al VIDEOGIOCHI - Rassegna Stampa 11/03/2011 5 11/03/2011 Panorama - N.12 - 17 marzo 2011 Pag. 68 (diffusione:446553, tiratura:561533) La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato rilancio del macintosh dopo il ritorno di Jobs alla guida della apple nel 2000. Guardandolo oggi, scavato dalla malattia, presentare l'ultima macchina miracolosa da lui prodotta, l'ipad 2, è facile dimenticare che sotto il maglione girocollo nero di marca S. Croix e i jeans Levi's 501 sempre più larghi c'è l'ex hacker che si divertiva a fare scherzi con una macchinetta per rubare le chiamate dai telefoni pubblici. C'è il ragazzo che diventò miliardario quando era ancora più giovane di mark Zuckerberg, l'inventore di Facebook. C'è l'ex hippy che andò a visitare ashram indiani (luoghi di meditazione) sulle orme dei Beatles e rivendica i suoi esperimenti con l'lsd come una delle sue esperienze più formative. L'unica cosa che non è cambiata è il carattere impossibile descritto nei suoi romanzi da mona Simpson, la sorella biologica che Jobs scoprì di avere solo da adulto. ricordate la storia del videogame Breakout? Il lavoro lo fece tutto Wozniak, l'amico Jobs si tenne la gloria e il bonus, che nascose all'amico. Da giovane Jobs uscì con la cantante Joan Baez ma pare solo perché lei era stata la fidanzata del suo idolo Bob Dylan, e la lasciò con questa motivazione: «è troppo vecchia per darmi dei figli». Quando ha avuto Lisa, la prima dei suoi quattro figli, si è rifiutato di riconoscerla fino a che non è stato costretto a farlo da un tribunale, ma nel frattempo intitolava a lei un computer. E ancora: sebbene abbia un patrimonio di circa 6 miliardi di dollari, Steve Jobs non fa beneficenza. Spesso parcheggia nel posto riservato ai portatori di handicap, per sua comodità. E leggendari sono i suoi colloqui di lavoro, spesso delle vere risse verbali: «Dimmi, quando hai perso la verginità?» ha urlato a un povero ingegnere prima che questo ritirasse la propria candidatura a diventare un dipendente della apple. Dentro l'azienda di Cupertino Jobs ha imposto un ferreo sistema di sicurezza: pare esista un gruppo che mette in giro false soffiate sui nuovi prodotti solo per identificare chi tradisce l'azienda. per anni Jobs ha risposto alle email dei suoi fan seccamente, a volte anche insultandoli: «Farti prendere buoni voti non è tra i nostri obiettivi aziendali» ha scritto a uno studente di giornalismo prima di concludere: «Lasciaci stare». Eppure, i suoi fedeli sono disposti a perdonargli questo e altro: 35 anni dopo, il culto dell'apple è ancora intatto, e non importa se l'iphone 4 viene messo sul mercato con un design difettoso che fa cadere le chiamate o che Jobs chieda una percentuale capestro del 30 per cento agli editori sull'ipad. L'apple resterà sempre l'azienda dei corsari, anche dopo avere superato il valore della microsoft del suo rivale Gates, anche mentre ingaggia una guerra senza esclusione di colpi con i concorrenti della Google. Come hanno scoperto i rivali, è infatti quasi impossibile sconfiggere uno come Jobs, uno che dopo la diagnosi di tumore ha salutato i neolaureati dell'Università di Stanford trattando anche la morte come se fosse il più perfetto dei software uscito dal cervello dei suoi ingegneri: «La morte è probabilmente la migliore invenzione della vita» ha detto Jobs in quella mattina di giugno del 2005. «è l'agente di cambiamento della vita: spazza il vecchio per lasciare spazio al nuovo». «EssErE l'uomo più ricco al cimitEro non mi importa. pEr mE conta arrivarE a sEra sapEndo di avErE fatto qualcosa di mEraviglioso» Steve Jobs al «Wall Street Journal», 1993 «L'unico modo per compiere un buon Lavoro è amare ciò che fai. Se non hai ancora trovato quaLcoSa che ti fa Sentire coSì, continua a cercare» Da un discorso di Steve Jobs alla Stanford University, 2005 «Adesso ho il fegAto di unA personA mortA trA i 20 e i 30 Anni, che hA donAto i suoi orgAni. senzA quellA generosità, non sArei qui» Steve Jobs alla Applefest, Keynote, 2009 Foto: Steve Jobs e il rivale di sempre Bill Gates, fondatore della Microsoft, quando entrambi avevano 36 anni. Foto: Amori folk La celebre cantante folk Joan Baez ebbe una relazione con Steve Jobs, ma lui la lasciò malamente. Compagna di una vita Steve Jobs con la moglie Laurene in una foto del 2005. I due hanno quattro figli. Foto: Tre uominie un pc San Francisco, 1984: Steve Jobs insieme a John Sculley (al centro), presidente della Apple, e al cofondatore Steve Wozniak, l'informatico che progettò il personal computer Apple 1. Una biondaa sorpresa Mona Simpson, la sorella che Steve Jobs ha saputo di avere solo da adulto. VIDEOGIOCHI - Rassegna Stampa 11/03/2011 6 10/03/2011 08:12 Punto Informatico Sito Web La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Microsoft, tracce di nuova Xbox Microsoft, tracce di nuova Xbox Nuove inserzioni professionali lasciano immaginare la progettazione in corso della nuova console. La cautela è d'obbligo, l'entusiasmo è tanto Roma - Gli indizi sembrano confermarlo: la nuova generazione di Xbox sembra essere alle porte. Dando uno sguardo alla pagina LinkedIn di Microsoft, si scopre che Redmond è alla ricerca di alcuni profili professionali relativi ad "architetture per la prossima generazione di console, dal concepimento all'implementazione". Al momento risulterebbero aperte queste posizioni: graphics hardware architect, senior architect e performance engineer, senior hardware design verification engineer. Anche se simili informazioni non rappresentino una conferma in sé, si rivelano una traccia convincente di futuri sviluppi in casa Microsoft. Del resto, sostiene qualcuno, è possibile spremere la Xbox 360 più di quanto si sia già fatto? Gli osservatori avvertono comunque che, se è plausibile che a Redmond abbiano deciso di lavorare al successore della 360, siamo probabilmente ancora lontani dal sapere qualcosa in più rispetto alla prossima generazione di console. Del resto, i piani di Microsoft puntano sul mantenimento della Xbox 360 almeno fino al 2015. Ciò che è lecito immaginare, dunque, è che la ricerca e lo sviluppo siano in procinto di partire. Quanto basta per seminare entusiasmo. Cristina Sciannamblo TAG: tecnologia, console, videogame, videogiochi, xbox, microsoft CONDIVIDI: VIDEOGIOCHI - Rassegna Stampa 11/03/2011 7 10/03/2011 02:52 Punto Informatico Sito Web La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Xbox, Kinect e' da Guinness dei Primati Xbox, Kinect è da Guinness dei Primati Il controller per Xbox 360 ha segnato il record come dispositivo elettronico venduto più velocemente. Più di 10 milioni in due mesi Roma - Il 2010 è stato un anno sicuramente positivo per Microsoft. E il fatturato di Redmond continua a salire grazie al record registrato da Kinect, che tra il 4 novembre 2010 e il 3 gennaio 2011 ha superato le 10 milioni di unità vendute. Secondo il Guinness World Records, il nuovo controller per Xbox 360 risulta essere il dispositivo elettronico venduto con più rapidità dal giorno del lancio: una media di 133,333 pezzi venduti quotidianamente. Già dopo il primo mese di stazionamento sul mercato, Kinect ha battuto il suo diretto concorrente, Sony PS3 Move, con un margine di vendite che superava i 2,5 milioni di pezzi. Da subito, il sensore progettato per il nuovo modello di console di Redmond è stato modificato per essere utilizzato secondo modalità diverse dal gioco. "Il grafico delle vendite parla da solo. Possiamo confermare che nessun altro dispositivo elettronico di consumo è stato venduto più velocemente nell'arco di sessanta giorni, un successo incredibile considerata la forza del settore" commenta Gaz Deaves, editor del Guinness World Records 2011 Gamer's Edition. Con il primato da Guinness in tasca, la speranza di Microsoft è ora quella di portare Kinect nelle case di tutti i 50 milioni di giocatori su Xbox 360 sparsi sul pianeta. Cristina Sciannamblo TAG: tecnologia, videogame, videogiochi, console, kinect, Xbox, Microsoft CONDIVIDI: VIDEOGIOCHI - Rassegna Stampa 11/03/2011 8 11/03/2011 Terra Pag. 10 La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Web Da Aprile su Facebook arriva Ecotopia, il nuovo social game ecologico nato da un'idea di Harrison Ford, con l'obiettivo di pulire il mondo Un videogioco per cambiare Pierpaolo De Lauro ambiare il mondo con un click. Un sogno che può diventare quasi realtà, almeno per gli oltre 500 milioni di iscritti a Facebook che dal prossimo quattro aprile avranno la possibilità di giocare ad Ecotopia. Il progetto prevede un nuovo social game che, sulla scia degli ormai famosissimi Farmville o Frontierville, prova a sensibilizzare sui temi ambientali con il contributo di Harrison Ford. Dietro al progetto, infatti, c'è la firma della star di Hollywood, da tempo impegnato in prima persona verso la diusione di temi quali il risparmio energetico e scelte di vita sostenibile. Tutto ha avuto inizio con una conversazione tra l'attore, vicepresidente di Conservation International, Ong statunitense che si occupa della salvaguardia del nostro Pianeta, e il capo di una piccola società produttrice di videogiochi, la Talkie. Quasi per scherzo i due cercavano un modo per coinvolgere milioni di persone sulle tematiche ambientali e, in poche ore, ecco nascere l'idea di Ecotopia. A dierenza dei classici giochi online di successo, qui non c'è da gestire una fattoria o far crescere una città, non c'è da costruire industrie o strade, con Ecotopia ci troviamo nella situazione di pulire il nostro ambiente. Catapultati in un mondo inospitale e inadatto alla vita dobbiamo essere bravi a creare le situazioni ottimali e realizzare la nostra perfetta città ecologica, con tanto di eco regali da distribuire agli amici e iniziative sostenibili da lanciare sulle pagine di Facebook. I principali nemici saranno tutti gli agenti inquinanti da debbellare con l'obiettivo di creare un mondo virtuale ma allo stesso tempo, attraverso le pratiche apprese, produrre eetti concreti anche nel mondo reale. Seppur giocato sull'utopia, infatti, il progetto punta a ottenere risultati tangibili e a dimostrare che basta poco per vivere in modo sostenibile. «Ecotopia aiuterà a capire i principali problemi dell'umanità e spingere milioni di persone a essere più attente verso le problematiche ambientali», ha dichiarato Harrison Ford alla stampa. E l'attore si è anche oerto come testimonial per spingere più utenti possibili a partecipare al sogno di Ecotopia. VIDEOGIOCHI - Rassegna Stampa 11/03/2011 9 11/03/2011 Giornale dell'Umbria Pag. 12 CITTA' DI CASTELLO Aveva forzato le vetrine di un noto negozio all'interno di un centro commerciale tifernate tentando di asportare alcuni videogiochi, ma gli è andata male. Intorno alle 19 di mercoledì alcuni dipendenti del centro commerciale hanno notato l'uomo, in atteggiamento sospetto, che si aggirava tra la merce esposta. ù Dopo essersi avvicinato ad un espositore l'uomo, credendo di non essere notato, lo ha forzato ed ha asportato due videogiochi per play station, del valore di alcune decine di euro. A questo punto sono stati avvisati i carabinieri che si sono immediatamente portati sul posto. Nel frattempo l'uomo aveva provato ad allontanarsi, ma è stato fermato dagli stessi dipendenti del negozio. Preso in consegna dai militari e portato in caserma l'uomo, un 35 enne algerino, è stato dichiarato in stato d'arresto con l'accusa di furto aggravato. Dagli accertamenti compiuti dai militari è emerso che l'arrestato, in possesso di permesso di soggiorno, ha anche dei precedenti per stupefacenti e furto. In attesa dell'udienza di convalida dell'arresto, che sarà celebrata stamattina, l'extracomunitario è ospite delle camere di sicurezza della caserma tifernate. VIDEOGIOCHI - Rassegna Stampa 11/03/2011 10 La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Tenta di rubare videogiochi , arrestato 10/03/2011 Mente e Cervello - N.75 - marzo 2011 Pag. 32 (tiratura:25000) Quando il cervello videogioca Toccasana per potenziare la memoria e arginare il declino cognitivo o droghe hi-tech che creano dipendenza e scatenano l'aggressività?/^ Il d ibattito Sjiigli effettì E mentali dei videogiochi non accenna a esaurirsi Giovanni Sabato Era troppo bello per essere vero. Per sviluppare al massimo l'intelletto, non occorre altro che giocare. I programmi di brain training, che propongono videogame di logica, memoria, ruolo, strategia e via dicendo hanno un giro d'affari annuo di milioni di euro. Promettono di irrobustire la memoria, ravvivare l'attenzione, acuire le abilità visive e spaziali, renderci più svelti e precisi in calcoli e ragionamenti. Fanno balenare l'idea di rendere i bambini piccoli geni, di potenziare le capacità di adulti in salute, o di frenare il naturale declino cognitivo dell'età. Ma che prove abbiamo che funzionino? Poche, e neanche troppo convincenti, si è detto l'anno scorso un team britannico guidato da Adrian Owen, della Medicai Research Council Cognition and Brain Sciences Unit di Cambridge, e Clive Ballard, direttore della Alzheimer's Society del Regno Unito. Qualche studio indicava modesti benefici nei più anziani, o nei bimbi in età prescolare, ed è assodato che i patiti dei videogiochi surclassano chi non li pratica in certi test di attenzione visiva. Ma nessuna ricerca indipendente corroborava la tesi, ampiamente propugnata e creduta, che i comuni videogame proposti come toccasana per il cervello elargiscano i benefici decantati. Per cercare una risposta chiara, il team ha perciò allestito un test in grande stile. In collaborazione con la BBC, ha reclutato oltre 11.000 volontari tra i 18 e i 60 anni disposti a sperimentare i videogame sul sito web dell'emittente. I volontari sono stati divisi in tre gruppi. H primo ha svolto giochi di ragionamento che sollecitavano la pianificazione e il problem solving. Il secondo ha esercitato le funzioni su cui più si concentrano i programmi di brain training, quali memoria a breve termine, attenzione, abilità visivo-spaziali ed esercizi matematici. Il terzo gruppo, di controllo, doveva solo navigare cercando le risposte a determinati quesiti. A tutti è stato chiesto di esercitarsi un minimo di dieci minuti per tre volte a settimana, per sei settimane. «Tutti sono migliorati nei rispettivi compiti, com'era prevedibile», riassumono gli autori su «Nature» nell'aprile 2010. «Ma il punto non era questo: il brain training non si fa per diventare campioni in un videogioco. L'interrogativo cruciale è se l'allenamento arrechi benefici più generali, che migliorano le performance nelle attività quotidiane. E questo trasferimento dei benefici è risultato del tutto assente, anche per compiti molto simili a quello esercitato». Per esempio, chi si era cimentato nel classico gioco di memoria visiva in cui bisogna ricordare la posizione di carte raffiguranti vari oggetti, non ha mostrato alcun miglioramento nella prova finale in cui bisognava ricordare la localizzazione di oggetti reali. Lo studio non ha convinto tutti, a partire ovviamente dai produttori dei giochi. Secondo i critici la durata delle sessioni o dell'esperimento complessivo sarebbero state troppo brevi per dare un effetto, o i giochi troppo generici rispetto a programmi pensati su misura per allenare il cervello. Ma Owen respinge le critiche. «Non è che l'allenamento non abbia dato effetti: i giocatori diventavano visibilmente più bravi nel loro gioco, e i controlli no. Quel che manca è il trasferimento delle abilità, e non c'è alcuna teoria che ci permetta di ipotizzare che se non osserviamo alcun risultato per sei settimane poi, dopo mesi, il trasferimento d'improvviso si manifesta. Anche perché i giocatori hanno praticato per tempi molto diversi, arrivando anche a centinaia di sessioni da 10 minuti, ma questo non ha quasi fatto differenza. Quando un minimo effetto si è visto era così ridotto che, per esempio, un esercizio per la memoria avrebbe dovuto durare quattro anni per arrivare a memorizzare una cifra in più nei test finali». «E il più grande studio scientifico del brain training al computer mai condotto», ribadisce dunque Ballard. «Se qualche produttore sostiene che programmi più specifici funzionano, non posso che incoraggiarlo a condividere le prove». • Gli anziani Lo studio riguardava adulti fino a sessantanni di età. Diverso può essere il discorso per i più anziani. Molti programmi di brain training sono rivolti a chi teme il declino dell'età, e salvaguardare almeno in parte con l'allenamento le normali funzioni mentali può essere una meta più realistica che sviluppare prestazioni superiori al normale. Un produttore, la Posit, ha pubblicato alcuni studi che dimostrerebbero una VIDEOGIOCHI - Rassegna Stampa 11/03/2011 11 La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato PSICOLOGIA COGNITIVA 10/03/2011 Mente e Cervello - N.75 - marzo 2011 Pag. 32 (tiratura:25000) VIDEOGIOCHI - Rassegna Stampa 11/03/2011 12 La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato certa utilità in tal senso, l'ultimo su «PLoS One» nel luglio 2010, a cura di Adam Gazzaley dell'Università della California a San Francisco. Il gioco sperimentato è un modulo di un programma della Posit che allena la percezione visiva: si deve discriminare tra onde sinusoidali (a S) di varie forme e dimensioni che scorrono sullo schermo. Dopo 10 ore di allenamento i giocatori facevano più progressi dei controlli non solo in questo esercizio, ma anche nella memoria visiva a breve termine, facoltà che declina in molti anziani: nel test si osservavano puntini in movimento e, dopo un breve intervallo, si doveva ricordare la direzione in cui si stavano spostando. Il trasferimento dell'abilità, quindi, in questo caso c'è. Inoltre l'elettroencefalografia ha mostrato che con l'esercizio cala l'attività in alcune zone della corteccia visiva, un dato interpretato come segno di una maggiore efficienza nel compito mnemonico. Tuttavia anche questo esperimento ha i suoi limiti: il gruppo era di soli 15 anziani, si esaminava una sola facoltà, i benefici non si ottenevano se durante il gioco si svolgevano altre attività, e non si è verificato se l'effetto persista oltre una settimana. Per conservare i benefici potrebbe dunque essere necessario un allenamento continuo. Anche su questo fronte il giudizio di Ballard resta interlocutorio, anche perché interventi di provata utilità per mantenere in forma il cervello ce ne sono già, sebbene più banali dei videogame: l'attività fisica e una ricca vita sociale e culturale, per esempio, hanno dimostrato benefici impressionanti nell'aiutare persone con i segni fisici dell'Alzheimer a mantenere per anni funzioni mentali normali. Lo studio di «Nature» e BBC prevede una seconda branche sugli ultrasessantenni, ancora in corso. «Attendiamo i risultati con ansia, forse già nei prossimi mesi», spiega Ballard. «La questione è ancora aperta. Ritardare la demenza anche solo di cinque anni avrebbe benefici immensi, e abbiamo il dovere di provare tutte le piste promettenti, ma finché non avremo prove più convincenti il miglior modo per ridurre i rischi resta il solito: mangiare sano, tenersi attivi, evitare fumo e sovrappeso e controllare pressione e colesterolo». • I giochi d'azione Ironicamente, un alleato più fidato della nostra mente potrebbero essere i giochi d'azione, che appaiono molto più efficaci nel migliorare uno spettro di abilità non limitate al compito svolto. Vari studi mostrano che gli amanti dei giochi «spara-spara» hanno tempi di reazione più rapidi, e non a scapito della precisione. Una possibile spiegazione è giunta a dicembre su «Current Biology» da un team dell'Università di Rochester guidato da Daphne Bavelier: questi giochi sviluppano l'abilità nel prendere decisioni rapide e accurate in base alle informazioni che si captano dall'ambiente (la cosiddetta «inferenza probabilistica»), che sarebbe utile in molte situazioni. Nel test di Bavelier e colleghi, i soggetti vedevano una serie di puntini in movimento in varie direzioni e dovevano decidere qual era la direzione di spostamento predominante. I giocatori abituali di videogame d'azione surclassavano gli altri in questo compito di discriminazione visiva, dando più in fretta le risposte giuste. Ma non solo: erano più bravi anche in un compito uditivo, distinguere da dove proveniva un suono in cuffia. Ai non giocatori bastavano comunque 50 ore di allenamento per mettersi in pari, a riprova che l'effetto era dovuto alla pratica del gioco. «A differenza dell'apprendimento usuale, in cui ci sono soluzioni corrette ben definite e specifiche, qui non si sa da che parte uscirà il mostro e si deve imparare a valutare in fretta una situazione imprevedibile. Quindi, l'unica caratteristica che si può apprendere è come fare al volo i calcoli per valutare con rapidità e precisione le informazioni che ci si prospettano», ha commentato Bavelier. Con ogni probabilità, insomma, lo studio di «Nature» non è l'ultima parola sul brain training, ma ora più che mai l'onere della prova ricade su chi li propugna. Il verdetto, soprattutto per gli anziani, resta sospeso, e il consiglio degli esperti è abbastanza concorde: chi si diverte giochi pure, ma senza aspettarsi miracoli, e senza per questo trascurare l'esercizio fisico o la vita sociale. • Le psicoterapie Se giocare non ci trasforma in geni, i giochi al computer si mostrano invece utili per aiutare chi ha bisogni particolari, per esempio nelle psicoterapie. L'idea è nata intorno ai primi anni ottanta, con l'avvento stesso dei videogame, quando qualcuno immaginava addirittura computer capaci di sostituire il terapeuta instaurando una relazione con il paziente. L'ipotesi non ha mai riscosso gran credito, ma i videogiochi si sono dimostrati validi ausili dello psicologo. «I videogiochi sono soltanto uno strumento, non si sostituiscono in alcun modo ai diversi approcci psicoterapeutici esistenti. Si sposano particolarmente bene con l'approccio cognitivo-comportamentale», conferma Paolo Fuligni, psicoterapeuta con varie esperienze 10/03/2011 Mente e Cervello - N.75 - marzo 2011 Pag. 32 (tiratura:25000) VIDEOGIOCHI - Rassegna Stampa 11/03/2011 13 La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato terapeutiche e di ricerca, oggi libero professionista attivo anche in diverse associazioni. Tuttavia, come osserva lo psichiatra Tolga Atilla Ceranoglu, del Massachusetts General Hospital di Boston, su «Review of General Psychology», a fronte di tante casistiche su piccoli numeri di pazienti in una varietà di situazioni e di approcci, scarseggiano le valutazioni sistematiche e le prove d'efficacia robuste. I giochi trovano spazio in vari momenti del percorso terapeutico, a partire dalla costruzione del rapporto con il paziente, in particolare con le categorie più ostiche da coinvolgere con la sola parola, come sono spesso bambini e giovani. Esperienze positive in tal senso sono state fatte anche in contesti diffìcili come quelli penitenziari: prima con versioni computerizzate di giochi da tavolo, pensate per esempio per rendere i giovani più consapevoli delle conseguenze delle loro azioni, e poi con comuni videogame d'azione, d'avventura o di ruolo, oppure con giochi modificati a seconda delle esigenze terapeutiche. «Tutti gli studi convengono che i giovani sono più cooperativi ed entusiasti e la relazione terapeutica emerge più in fretta. I videogame offrono quindi un'opportunità, specie quando gli approcci tradizionali falliscono, anche se i piccoli numeri e la mancanza di controlli non permettono di trarre conclusioni generali sulla loro efficacia», conclude Ceranoglu. • Prove senza rischio A terapia avviata, osservare come si comporta il giocatore aiuta a valutare aspetti cognitivi come le abilità visivo-spaziali e la memoria, o le capacità motorie o di pianificazione e problem solving in situazioni nuove, o ancora la tolleranza alla frustrazione delle sconfitte. La scelta dei contenuti tra una lista di proposte e lo stile di gioco rivelano inoltre molti indizi sulla vita psichica e i conflitti interni e offrono occasioni per elaborarli. «Se potessimo arrivare a una standardizzazione, che però richiede tempo e risorse, i giochi osserva Fuligni - potrebbero anche diventare veri e propri strumenti diagnostici, utili per esempio a evidenziare determinate carenze». Infine, e forse soprattutto, il computer offre mondi virtuali in cui sperimentare il cambiamento, provando senza rischio i nuovi comportamenti. «Partiamo da una difficoltà sentita in psicoterapia», spiega Fuligni. «Il difficile non è parlare dei problemi delle persone, ma indurle a fare qualcosa per superarli. Il videogame è facile da proporre, è più o meno divertente, ha spesso grafica ed effetti sonori accattivanti, e risulta intrigante per il destinatario. Noi lavoriamo proficuamente con simulatori di volo di modesta complessità per desensibilizzare soggetti con paura di volare. E otteniamo risultati importanti con i giochi gestionali per migliorare attenzione e capacità di memorizzazione nei giovanissimi, ma anche negli anziani». Le recenti evoluzioni tecnologiche offrono prospettive ancora più interessanti. Da un lato c'è la ricostruzione di veri e propri mondi alternativi con la realtà virtuale. «Negli Stati Uniti sono già disponibili strumenti specifici ideati per esporre le persone alle situazioni temute in realtà virtuale, per esempio gli acrofobici a grandi altezze, con ottimi risultati», spiega Fuligni. «Il grande vantaggio è che questi giochi offrono un'esperienza sì virtuale, ma finalmente diretta! Non mediata dalle parole del terapeuta, ma percettivamente ed emotivamente vissuta dal soggetto». Dall'altra parte, i giochi on line che permettono di vivere vere interazioni sociali in ambienti controllati sembrano ancora più efficaci per chi ha difficoltà su questo fronte. «E bello vedere persone timide o timorose, abitualmente inibite e represse, vivere slanci e passioni nella situazione ludica dei caratteristici giochi di ruolo, immedesimandosi nei loro personaggi virtuali», commenta Fuligni. • Il lato oscuro In parallelo con gli entusiasmi, il dibattito sui videogame è segnato dalle paure per i temuti effetti negativi. I videogiochi sono spesso descritti come una nuova droga, ma come ha rilevato a più riprese uno dei maggiori studiosi del fenomeno, Mark Griffiths della Nottingham Trent University, la dipendenza vera e propria, con il suo corollario di disturbi quali depressione, ansie e problemi sociali e scolastici duraturi e difficili da sradicare, è in realtà piuttosto rara. Molto più frequente è l'abuso, dovunque si voglia tracciare il limite tra sano divertimento ed esagerazione. Rischi come sedentarietà e isolamento sociale e culturale sono indubbi, ma oggi meno di un tempo, grazie ai giochi interattivi on line e ai giochi sportivi in cui ci si muove davvero, come quelli per Wii. Christopher J. Ferguson, della Texas A&M International University, a fine 2010 ha smentito sul «Journal of Psychiatric Research» che tv e videogame siano una causa importante di disturbi dell'attenzione e problemi scolastici. Convinto che gli studi condotti non avessero considerato con la dovuta attenzione tutte le possibili variabili che concorrono a determinare questi disturbi, ha somministrato a oltre 10/03/2011 Mente e Cervello - N.75 - marzo 2011 Pag. 32 (tiratura:25000) VIDEOGIOCHI - Rassegna Stampa 11/03/2011 14 La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato 600 ragazzi tra i 10 e i 14 anni e ai loro genitori una batteria di questionari e test, concludendone che i fattori di rischio per i problemi d'attenzione sono il sesso maschile, i tratti antisociali, l'ansia e l'ambiente domestico, mentre il successo scolastico dipende più di ogni altra cosa dal reddito familiare. Fatta la tara per questi fattori, il tempo davanti allo schermo o il contenuto violento di ciò che vi compare non sono rilevanti. Gli effetti della violenza nei videogiochi, e in generale nei media, sono senz'altro il punto che ha suscitato più controversie. Sul tema si confrontano da anni due visioni. Una, che fa capo allo stesso Ferguson, ritiene che gli allarmi sui videogiochi violenti che stimolano l'aggressività nei giovani siano solo l'ultima manifestazione di una diffidenza verso i nuovi media che risale addirittura a Platone, che ipotizzava di vietare il teatro per i suoi effetti deleteri sulla gioventù, ed è continuata sistematicamente nella storia. La versione più recente di questa diffidenza, quella verso tv e computer, è suffragata ovviamente da teorie psicologiche sulla genesi dei comportamenti violenti e da molte ricerche sperimentali, che presenterebbero però gravi vizi di fondo. Per esempio, il fatto che gli studi che dimostrano un effetto vengono pubblicati più facilmente mentre quelli negativi restano spesso nel cassetto, dando un panorama distorto delle ricerche. 0 la mancata distinzione tra aggressività patologica o violenza conclamata e quell'aggressività fisiologica che è una componente normale e adattativa del nostro comportamento. E via dicendo, con una sfilza di critiche a cui i sostenitori del nesso tra media e comportamenti violenti, primo fra tutti Craig A. Anderson della Iowa State University, hanno risposto affinando di continuo gli studi e le revisioni d'insieme delle ricerche. In una metanalisi molto completa, pubblicata nel 2010 su «Psychological Bulletin», Anderson ha rintuzzato le critiche ribadendo le sue conclusioni: ci sono forti prove che l'esposizione a videogame violenti favorisca emozioni, pensieri e comportamenti aggressivi, sia nell'immediato sia a lungo termine, e la riduzione dell'empatia e dei comportamenti prosociali. Ma Ferguson critica anche le nuove analisi, sostenendo oltretutto che gli effetti, ammesso che siano veri, sono molto modesti rispetto a fattori sociali o biologici ben più decisivi. Come provato, peraltro, dal deciso calo di crimini violenti come gli omicidi avvenuto negli Stati Uniti negli ultimi anni a fronte dell'espansione dei videogame. Il dibattito, insomma, è destinato a continuare. • Tetris come vaccino cognitivo Chi subisce un trauma può sviluppare disturbi caratterizzati dal riaffacciarsi automatico e indesiderato di memorie legate all'evento: i cosiddetti flashback, memorie visive dalla forte connotazione emotiva, che, se gravi e persistenti, arrivano a determinare il disturbo posttraumatico da stress o PTSD. Mentre esistono psicoterapie efficaci per il PTSD conclamato, non ci sono interventi per prevenirlo in chi ha appena subito un trauma. Un team di psichiatri di Oxford guidato da Emily Holmes, in un articolo pubblicato su «PLoS One», ha proposto di usare un videogame, il Tetris, come «vaccino cognitivo» per prevenire i flashback. La teoria ispiratrice è semplice. I flashback sono memorie visive nitide e coinvolgenti (per esempio l'immagine di un amico coperto di sangue), che si consolidano entro sei ore dall'evento; se in quelle stesse ore si svolgesse un altro compito visivo, questo potrebbe interferire con il consolidamento delle memorie, indebolendolo e riducendo i flashback. Il Tetris, che impegna l'attenzione e l'elaborazione visiva, è dunque un buon candidato. Gli esperimenti, in cui i volontari osservavano video violenti e poi giocavano a Tetris, ne hanno confermato l'efficacia, fino ad almeno quattro ore dopo la visione. Il Pub Quiz, un gioco verbale di cultura generale, non ha lo stesso effetto, e anche questo si spiega: un compito verbale non disturba l'elaborazione visiva; anzi, interferendo con l'elaborazione concettuale necessaria a dare un senso all'esperienza traumatica, rischia addirittura di peggiorare le cose. Videogame e terapie mediche Alcuni videogiochi si sono rivelati un buon ausilio alle terapie mediche. In primo luogo, la loro capacità di assorbire l'attenzione aiuta a distrarre dal dolore e da altre sensazioni spiacevoli, e studi clinici hanno mostrato che riducono la nausea, la pressione arteriosa e il fabbisogno di analgesici nei giovani sottoposti a vari trattamenti quali le chemioterapie antitumorali. In fisioterapia e riabilitazione, vari videogiochi sono stati usati per indurre il paziente a compiere i movimenti richiesti in modo divertente e distraendolo dal disagio, in condizioni che vanno dalle lesioni alle braccia o alla spina dorsale a gravi ustioni, fino a malattie come la distrofia muscolare o paralisi di origine neurologica. I videogame hanno anche aiutato lo sviluppo di abilità spaziali e sociali in bambini e adolescenti con disturbi di tipo autistico, 10/03/2011 Mente e Cervello - N.75 - marzo 2011 Pag. 32 (tiratura:25000) VIDEOGIOCHI - Rassegna Stampa 11/03/2011 15 La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato problemi di impulsività e di attenzione e gravi disturbi dell'apprendimento. E gli ambiti di applicazione continuano ad allargarsi. I giochi visivi per esempio migliorano la visione nei bambini con ambliopia (Inocchio pigro»), e a settembre uno studio su «PLoS Biology» ne ha mostrato l'efficacia anche negli adulti, anche se resta da chiarire la durata dell'effetto. Giochiamo, dottore? Per quanto efficace sia una terapia, applicarla non porta sempre ai risultati desiderati. Spesso i sanitari sbagliano, e ancora più spesso i pazienti non ne seguono le indicazioni, per errore o per scarsa convinzione. Contro entrambi i fenomeni trovano spazio crescente i serious game, i giochi con finalità istruttive. Un classico è Packy and Marion, in cui i bambini diabetici sono elefanti che per sbarazzarsi dei ratti devono procurarsi cibo e assumere insulina mantenendo i giusti livelli di glicemia. È stato provato che il gioco migliora sia la consapevolezza dei giusti comportamenti sia gli esiti clinici. Sulla stessa scia, Bronkie the Bronchiasaurus istruisce i piccoli asmatici e Spirogame li abitua a districarsi tra le difficoltà della spirometria. Quanto alla formazione dei medici, The Oncology Game richiede agli studenti di curare in gruppo un malato di cancro, abituandoli alla complessità della gestione multidisciplinare della malattia, e ci sono giochi analoghi in altri ambiti clinici, come la diagnosi dei disturbi respiratori. Foto: I giochi on line che permettono di vivere vere interazioni sociali in ambienti controllati sono efficaci nell'aiutare chi ha problemi nelle relazioni interpersonali