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20 2 Michele Ghezzi [email protected] - Policlinico San Pietro, Istituti Bergamaschi
Ospedalieri
Thematic Poster: Paediatric Bronchology
Il congresso ERS offre spazio a tutte le più importanti tematiche del mondo della pneumologia,
compresa la pneumologia pediatrica. Queste vengono affrontate attraverso svariate sessioni con
diverse modalità comprese le sessioni dedicate alle presentazioni orali e ai poster. Tra le “Poster
Thematic Area” del Congresso era presente anche una sessione dedicata alla “Paediatric
Bronchology”, gruppo di cui faccio parte in qualità di ERS Junior Member. Le Poster Thematic
Area si rivelano fonte preziosa di confronto, conoscenza, arricchimento culturale e spunto per
futuri nuovi lavori, dal momento che raccolgono le ricerche provenienti da tutto il mondo,
organizzandole per campo di interesse. Nel riportare perciò l’attività svolta durante la sessione
del gruppo di studio di cui faccio parte, voglio in particolare sottolineare ed enfatizzare
l’importanza di queste sessioni, che danno anche la possibilità ai più giovani di avere un ruolo
attivo nel congresso e quindi di crescere. Durante la sessione ciascun autore presenta il proprio
lavoro (fruibile sia nell’area poster esposto che per via telematica come E-Poster durante tutta la
conferenza nelle postazioni dedicate) di fronte ai “chair” della sessione; ed è un vero piacere
sottolineare come la nostra sessione è stata tra gli altri brillantemente guidata da Deborah
Snijders e Giulia Cangiano. I lavori presentati hanno affrontato diverse tematiche: è stato
presentato un ottimo lavoro dal gruppo proveniente dalla Turchia nel quale veniva analizzata
l’incidenza delle varie patologie causa di stridore negli infanti in cui era stata diagnosticata
clinicamente la laringomalacia ma che non avevano presentato l’usuale risoluzione della
sintomatologia nel primo anno di vita, e tra queste in particolare è stata riscontrata più
frequentemente la presenza di tracheo/broncomalacia; il gruppo del Prof. Priftis da Atene ha
presentato i risultati di uno studio condotto in pazienti con tracheomalacia per valutare
l’efficacia della TC del torace comparata alla fibrobroncoscopia mostrando la necessità nei
bambini di considerare un “cross sectional area ratio” della trachea inferiore a 0,7 invece di 0,5
come viene stabilito per la diagnosi negli adulti; in tema di broncoscopia interventistica è stato
presentato un lavoro sul follow up di pazienti trattati con stent metallici, con minori effetti
collaterali di quanti spesso riportati in letteratura, da parte del gruppo del Prof. Pacheco; sempre
dalla Spagna è stato presentato un brillante lavoro multicentrico di raccolta della casistica di
riscontro di “tracheal bronchus”, sottolineando la frequente associazione con altre anomalie
congenite e la conseguente difficoltà nel comprendere con esattezza il ruolo dello stesso nella
patogenesi dei sintomi respiratori di questi bambini; il gruppo italiano del Bambin Gesù ha
presentato sempre in questa sessione il confronto tra tre casi suggestivi di “Interstitial Lung
Disease”, con diagnosi di difetto delle proteine del surfattante (SP-C) e analisi genetica con
riscontro dello stesso difetto genetico ma con decorso clinico completamente differente.
Questi sono solo alcuni dei lavori interessanti che sono stati presentati, e di cui, così come per
tutti gli altri, potete trovare gli abstract tra gli atti del congresso. Con questo breve report
desidero invitarvi a partecipare al prossimo Congresso ERS e a prender parte alle sessioni
dedicate ai poster e alle presentazioni orali nelle varie tematiche di vostro interesse, sicuro che
non avrete modo di pentirvene.
3 Giuliana Ferrante [email protected] - Clinica Pediatrica, Dipartimento di Scienze
per la Promozione della Salute e Materno-Infantile, Università degli Studi di Palermo
Poster Discussion: Highlights in Paediatric Epidemiology: air pollution, asthma and
primary ciliary dyskinesia
I poster presentati nell’ambito di questa sessione hanno destato notevole interesse fra i
partecipanti e hanno fornito importanti spunti di riflessione nel corso della discussione che ha
visto a confronto diversi ricercatori internazionali. Numerosi gli elaborati presentati, tra questi
cinque sono stati discussi da parte di giovani ricercatori SIMRI.
Dr. Melania Evangelisti: “Air pollution and bronchiolitis from 2004 to 2014 in Rome” (di: M.
Evangelisti, G. Cangiano, R. Nenna, A. Nicolai, A. Frassanito, S. Papasso, C. Alessandroni,
C. Di Mario, V. Zambonini, G. Di Mattia, C. Moretto, F. Midulla).
Lo scopo di questo studio era di valutare la possibile associazione tra bronchiolite e inquinamento
atmosferico della città di Roma durante il decennio 2004-2014. Sono stati valutati i dati clinici e
virologici di 724 bambini (395 maschi, età media: 78.5±58.0 giorni), giunti al Pronto Soccorso nel
primo anno di vita per bronchiolite. Dai siti di monitoraggio urbano localizzati vicino alla residenza
di ogni bambino sono stati inoltre ottenuti i dati relativi alle concentrazioni di SO2, NOx, CO, O3,
benzene, PM10, PM2.5. L’infezione da VRS ha mostrato un picco d’incidenza nella stagione invernale
ed una correlazione significativa con i livelli di benzene, NOx, PM10, PM2.5. Dunque la stagionalità
dell’infezione da VRS sembra essere legata alla combinazione delle condizioni meteorologiche,
dall’inquinamento atmosferico e dalla suscettibilità individuale.
Dr. Giuliana Ferrante: “Traffic proximity and lung function. A case-control study in
asthmatic children” (di: G. Ferrante, A. Ranzi, G. Tommaso, P. Lauriola, S. De Cantis, G. Cilluffo,
R. Antona, M. Ferrante, V. Malizia, L. Montalbano, S. La Grutta).
Scopo dello studio era valutare gli effetti dell’esposizione al traffico urbano e la funzione
respiratoria in bambini con e senza asma. Sono stati valutati i dati clinici di 433 bambini (età
media: 8.54 anni), 98 con asma persistente (in assenza di terapia steroidea), 112 con asma
intermittente, 223 senza asma. L’esposizione di ogni bambino è stata valutata all’indirizzo di
residenza mediante GIS, sulla base delle concentrazioni di NO2 stimate attraverso un modello
LUR. Non si sono osservate differenze significative nei livelli di esposizione fra i tre gruppi di
bambini, residenti sin dalla nascita ad una distanza ≤100 m da strade altamente trafficate. Nel
sottocampione di soggetti (n=368) che hanno eseguito la spirometria è stata osservata
un’associazione significativa fra la “traffic proximity” ed una peggiore funzione respiratoria
(FEV1 ≤95% pred) solo nei bambini con asma persistente. Ciò suggerisce che vivere in prossimità
di zone urbane ad alto traffico può contribuire al peggioramento della funzione respiratoria nei
bambini affetti da asma persistente.
Dr. Giovanna Cilluffo: “Lower probability of FEV1 improvement in asthmatic children exposed
to passive smoke” (di: G. Cilluffo, S. Fasola, L. Montalbano, V. Malizia, G. Ferrante, R. Antona, S.
La Grutta).
Lo scopo dello studio era quello di valutare la variazione temporale del FEV1 in bambini con asma
persistente. Sono stati valutati i dati spirometrici di 110 bambini in trattamento steroideo per
asma persistente con almeno due visite ambulatoriali eseguite tra il 2011 ed il 2014. E’ stato
4 osservato che i bambini con una peggiore funzione polmonare alla prima visita (FEV1=70% pred)
mostrano un maggiore incremento del FEV1 nel tempo. Il miglioramento del dato funzionale
respiratorio è tuttavia meno probabile nei bambini esposti a fumo passivo rispetto ai non esposti.
In conclusione, l’esposizione a fumo passivo rappresenta un fattore di rischio per ridotta
funzionalità polmonare nei bambini con asma.
Dr. L. Montalbano: “VAS and PAQLQ association with level of asthma control by using CACT” (di: L. Montalbano, G. Cilluffo, V. Malizia, G. Ferrante, R. Antona, S. La Grutta).
Lo scopo di questo studio era valutare la relazione esistente fra tre strumenti standardizzati
usati per la valutazione dello stato di benessere, della qualità di vita e del livello di controllo
dell’asma in età pediatrica (rispettivamente: VAS, PAQLQ, CACT). Sono stati valutati i dati
ottenuti dalla somministrazione dei tre questionari in 169 bambini asmatici di età 5-11 anni,
riscontrando un’associazione significativa tra il livello di controllo dell’asma e l’utilizzo di VAS e
PAQLQ. Questi due strumenti risultano dunque utili nel discriminare i pazienti asmatici
controllati da quelli parzialmente o affatto controllati.
Dr. D. Snijders: “Primary ciliary dyskinesia: Diagnostic and phenotypic features in an Italian
population” (di: D. Snijders, M. Pifferi, G.A. Rossi, A. Barbato, Gruppo PCD_Italia).
Lo scopo di questo studio era quello di valutare la prevalenza della PCD nelle diverse regioni
italiane, descrivendo le caratteristiche della popolazione dei pazienti affetti da questa patologia
rara. La popolazione in studio consiste di 292 soggetti con diagnosi definitiva di PCD (146 M, età
0-70 anni) appartenenti a 260 famiglie (38 con >1 membro affetto) e seguiti presso i 26 centri
specializzati dislocati sul territorio nazionale. L’età media alla diagnosi è di 13.4±13 anni. La
presenza di Situs inversus è descritta nel 56.8% dei casi ed è diagnosticata più precocemente
rispetto alla condizione di Situs solitus. Lo studio suggerisce che la prevalenza della PCD in Italia
è molto più elevata di quanto comunemente ritenuto. La patologia resta diagnosticata
tardivamente e dunque anche sottodiagnosticata, in linea con quanto si verifica negli altri Paesi
europei.
5 Michele Arigliani [email protected] - Dipartimento di Scienze Mediche Cliniche
e Sperimentali, Clinica Pediatrica, Ospedale Universitario di Udine.
Poster discussion: Neonatal and Paediatric intensive care
Alcune novità interessanti nella “poster discussion” dedicata alle cure intensive in ambito
neonatologico e pediatrico. Di seguito una sintesi degli interventi principali.
Martina Perego (Milano) ha presentato due studi sulla ventilazione ad alta frequenza (HFOV) in
un campione di 14 prematuri. Il primo ha mostrato come aumentando le frequenze di oscillazione
(5, 8, 10, 12 e 15 Hz quelle testate), aumenta l’asincronia dei movimenti delle diverse porzioni del
torace. Nell’altro studio è stata valutata l’efficacia degli scambi respiratori quando si utilizza la
“resonant frequency” (f0) ovvero la frequenza oscillatoria che produce la pressione minima
necessaria per ottenere il flusso adeguato. Questa non era mai stata sperimentata “bedside”.
L’f0 non migliora gli scambi gassosi ma ha il potenziale di minimizzare lo stress meccanico per il
polmone durante l’HFOV e quindi resta un sentiero interessante da esplorare.
Rossor (King’s College, Londra) ha studiato come si modifica la risposta ventilatoria ad un test
all’ipercapnia in bimbi nati a <34 S.G. che non hanno avuto bisogno di supporto respiratorio, a
seconda che siano trattati con la caffeina (n.8) o meno (n. 6). Il test, ripetuto settimanalmente
fino alla dimissione, ha evidenziato una risposta ventilatoria all’ipercapnia significativamente
migliore nel gruppo “caffeina” rispetto a quello di controllo. E’ probabile che questo sia uno dei
meccanismi attraverso cui la caffeina riduce le apnee nei prematuri. Lo stesso test è stato poi
utilizzato per valutare la risposta all’ipercapnia in figli di madri fumatrici, a un’età a rischio per
SIDS (2-4 mesi), rispetto a controlli “normali”. Risultato: la risposta ventilatoria all’ipercapnia in
questa categoria è deficitaria e potrebbe contribuire ad aumentare il rischio di SIDS. La
ventilazione a volume garantito (VTV) nei neonati a termine o “near term” rispetto alla
ventilazione “pressure limited” (PLV) non riduce i tempi necessari per l’estubazione ma è
associata a una significativa riduzione degli episodi di ipocapnia (p=0.005): è quanto emerge dallo
studio di Prashanth Bhat (King’s College, Londra) che ha randomizzato 40 neonati di età > 34 S.G.
che erano stati ventilati meno di 24 h nelle due settimane successive alla nascita, a ricevere la
VTV o la PLV.
Ancora Rossor (King’s College, Londra), ha indagato se c’è una relazione causale tra reflusso
gastro-esofageo (acido e non) e apnee in lattanti con disturbi respiratori inspiegati. Si è servito
della polisonnografia in contemporanea alla pH – impedenzometria in 25 ex-prematuri valutati
all’età post-concenzionale di 38 settimane. Solo in 4 bambini c’era un’associazione significativa
tra il timing del reflusso e l’insorgenza dell’apnea. Ipotizzano quindi che, in una minoranza di
bambini, un’associazione tra reflusso ed apnea possa esserci. Nello studio presentato da Sandeep
Shetty (King’s College, Londra) è stato valutato se nei prematuri (15 in tot) con BPD in fieri
(bimbi ancora in CPAP a 2 settimane di vita) l’utilizzo degli alti flussi (HHFNC) vs CPAP riduce il
lavoro respiratorio e l’asincronia toraco-addominale e se migliora la SpO2. Nessun dei tre
suddetti end points è stato raggiunto
6 Infine Mallinath Chakraborty (Cardiff, ha presentato una review e metanalisi su sicurezza ed
efficacia degli alti flussi (HHFNC) nei neonati >28 settimane di età gestazionale. Sette articoli
analizzati per un totale di 1112 soggetti. La terapia con alti flussi non aumenta significativamente
il rischio di fallimento rispetto ad altre modalità di ventilazione non invasiva ((odds ratio of
failure 1.10; 95% CI 0.82 – 1.49), diminuisce gli “air leaks” (OR 0.72), e soprattutto il rischio di
trauma nasale (OR 0.13; 0.02 – 0.69). Gli autori concludono suggerendo che gli alti flussi
dovrebbero essere la modalità di supporto respiratorio preferita nei pretermine moderati o late,
data l’efficacia e sicurezza simili con minor effetti collaterali.
7 Marianna Ferrara
Università di Pisa.
[email protected] -
Dipartimento
di
Pediatria,
Symposium: Update on respiratory sounds - Physiology and pathophysiology of
respiratory sounds
Era il 1861 quando all’ospedale Necker di Parigi Theophile Hyacinthe Laennec, per evitare
l’imbarazzo dell’auscultazione con l’orecchio appoggiato al petto di una giovane paziente, arrotolò
un quaderno appoggiandone un’estremità al torace della ragazza, l’altra al proprio orecchio,
scoprendo che in tal modo i rumori polmonari e cardiaci erano sorprendentemente amplificati. Fu
così che egli inventò quello che ancora oggi rappresenta lo strumento essenziale nella pratica
clinica di ogni pneumologo pediatra: il fonendoscopio.
A quasi duecento anni di distanza da questa invenzione, nell’ambito del congresso ERS 2015,
un’intera sessione è stata dedicata al tema dei suoni polmonari, argomento di base ma ancora oggi
terreno di studio e approfondimento fertile. L’auscultazione toracica, pratica quotidiana per ogni
pneumologo, risente infatti di una grande variabilità operatore-dipendente che rende difficile
una standardizzazione internazionale della nomenclatura dei diversi reperti auscultatori e il
raggiungimento di un accordo condiviso sull’interpretazione di alcuni specifici suoni polmonari.
Il symposium, moderato da Kostas Priftis (Atene, Grecia) e Luis Garcia-Marcos (Murcia,
Spagna) , membri della “ERS Task Force on lung sounds”, ha presentato una panoramica a 360
gradi sull’argomento, affrontando la fisiologia e la patofisiologia alla base dei suoni polmonari,
illustrando le attuali raccomandazioni per la loro nomenclatura e mostrando le più moderne
tecniche di registrazione e analisi dei suoni respiratori, le quali rappresentano ormai ausilii
indispensabili per il raggiungimento della standardizzazione internazionale della loro
nomenclatura.
Nella prima relazione Paul L. Brands (Zwolle, Netherlands) ha mostrato i risultati della “ERS
Task Force on lung sounds”, istituita nel 2012 con l’obiettivo di creare un archivio di riferimento
dei diversi suoni polmonari, supportato da materiali sia audio che video, e di uniformarne e
standardizzarne la nomenclatura. Brands nel suo intervento ha sottolineato come l’auscultazione
polmonare sia una pratica operatore-dipendente e come la variabilità tra gli operatori sia
determinata da molteplici elementi, come la tecnica utilizzata per l’auscultazione (posizione del
paziente, posizionamento del fonendoscopio sulla superficie toracica…), il suono percepito,
l’esperienza clinica dell’operatore e, elemento non meno importante, la descrizione del tipo di
suono. Molto interessante a tal proposito la review mostrata da Brands, “Fundamental of lung
auscultation” (Bohadana A. et al, N Engl J Med 2014;370:744-51), che offre una panoramica
sull’auscultazione dei suoni polmonari normali e patologici e sulla loro nomenclatura, correlandone
le caratteristiche cliniche e patofisiologiche con i moderni concetti di acustica polmonare.
Come mostrato da Hans Pasterkamp (Victoria, Canada) nella relazione successiva, avvalendosi
delle più recenti tecnologie oggi è infatti possibile avere, tramite un’analisi acustica
computerizzata dei suoni rilevati con il fonendoscopio, una definizione oggettiva dei diversi suoni
respiratori. I diversi meccanismi fisiopatologici alla base della loro generazione determinano
8 infatti fenomeni acustici di durata e qualità specifiche che, producendo onde acustiche di
frequenza, intensità e forma variabile, possono essere misurati in maniera oggettiva e analizzati
con le moderne strumentazioni.
Hasse Melbye (Tromsø, Norway) ha tenuto un’interessante relazione proprio sui fenomeni
fisiologici e fisiopatologici alla base della generazione dei diversi suoni polmonari, sottolineando
come ancora oggi la conoscenza di questi meccanismi sia un elemento imprescindibile per
l’interpretazione dell’auscultazione toracica e per il raggiungimento di una standardizzazione
internazionale della nomenclatura.
L’ultimo contributo “Physiology and clinical relevance of lung sounds”, di Paivi Piirila (Helsinki,
Finland), ha ribadito come le moderne tecniche di analisi del suono possano essere un valido
elemento di supporto per il clinico per la diagnosi e il monitoraggio delle diverse patologie a carico
del polmone, ma ha al tempo stesso sottolineato come l’interpretazione di queste analisi necessiti
di una solida conoscenza dell’anatomia dell’apparato respiratorio, della meccanica respiratoria e
dei meccanismi fisiopatologici alla base delle diverse condizioni patologiche.
9 Caterina
Lambiase
[email protected]
-
Dipartimento
di
Pediatria
e
Neuropsichiatria Infantile - “Sapienza” Università di Roma
Il Lung Clearance Index in Pneumologia Pediatrica
Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un crescente interesse nell’ambito della Pneumologia
Pediatrica per il Lung Clearance Index (LCI), un parametro che si misura con la tecnica dal wash
out dell’azoto e rappresenta un indice di disomogeneità della ventilazione polmonare. Questo
parametro è stato inizialmente utilizzato in studi effettuati su pazienti in età pediatrica affetti
da Fibrosi Cistica (FC) in cui è stata messa in evidenza l’importanza del LCI nel riconoscimento
del danno precoce delle vie aeree. Infatti, il LCI risulta essere il primo parametro a modificarsi
nelle fasi iniziali di una patologia polmonare, seguito in ordine temporale da MEF50, FVC e FEV1.
Per questo motivo, il LCI è utilizzato in studi che coinvolgono pazienti di ogni età e, poiché
dispone di uno stretto range di normalità (7.0 ± 2.0), risulta particolarmente adatto per studi di
follow-up a lungo termine per valutare la progressione della patologia. Per il calcolo del LCI, il
metodo del wash out utilizza l’azoto (N2) come gas tracciante e termina quando la concentrazione
iniziale dell’N2 raggiunge il valore di un 1/40 della concentrazione iniziale, mediante la
respirazione a volume corrente (Volume Espiratorio Cumulativo). Il LCI è il risultato del rapporto
tra il Volume Espiratorio Cumulativo e capacità funzionale residua. Nell’ambito del 25° Congresso
Internazionale della Società Europea di Malattie Respiratorie il LCI è stato un argomento di
varie sessioni, in particolar modo è stato considerato nelle “Poster Discussion” e nelle “Thematic
Poster Session” che hanno avuto come protagonisti giovani ricercatori emergenti nell’ambito della
Pneumologia Pediatrica. Tra le molteplici esperienze sono degne di nota due, una Europea ed una
Americana che hanno valutato il LCI in relazione all’asma e alla FC. Il gruppo di Rotterdam del
Royal Brompton Hospital (Reinoud De Leeuw et al) ha riportato la propria esperienza riguardo il
LCI nell’asma bronchiale. Attualmente la spirometria è ampiamente utilizzata per valutare
clinicamente i bambini con asma. Tuttavia non sempre correla con il controllo dell'asma e in
particolare nella popolazione pediatrica può essere normale, nonostante una patologia grave. Alla
luce della necessità di test di funzionalità polmonare più sensibili Reinoud De Leeuw et al hanno
effettuato uno studio per determinare se il LCI è in grado di distinguere i bambini di età scolare
con lieve a asma. Il risultato di questo studio, nonostante gli ampi limiti che esso presenta è che il
LCI risulta un parametro più sensibile del FEV1 nel distinguere la gravità dell’asma. Il gruppo
americano invece, rappresentato da Kathryn Ramsey, ha valutato la capacità del LCI di rilevare la
presenza di infiammazione polmonare e infezione del tratto respiratorio inferiore di bambini in
età prescolare con FC. Lo studio sostiene che il LCI è un indice sensibile per rilevare la presenza
di infiammazione neutrofila e da molteplici agenti patogeni nel tratto respiratorio inferiore nei
bambini in età prescolare affetti da FC. I colleghi americani quindi ci suggeriscono che il LCI può
essere un utile strumento di sorveglianza per il danno polmonare precoce nei bambini affetti da
FC. Uno dei molteplici “take home messages” di questo congresso è che la valutazione dei volumi
polmonari statici e del LCI, mediante il Wash Out dell’azoto, dovrebbe essere eseguito in un
ambulatorio di Pneumologia Pediatrica soprattutto nel follow up di patologie acute e croniche per
valutare la progressione della patologia di base. IL LCI è un parametro semplice, riproducibile e
non invasivo da utilizzare nella valutazione funzionale respiratoria in età evolutiva.
10 Valentina Fainardi [email protected] - Dipartimento di Medicina Clinica e
Sperimentale, Università degli Studi di Parma / National Heart & Lung Institute Imperial
College London
Mechanisms of virus-driven and host-defence immune responses in acute virusinduced asthma
Interactions between viruses and the immune system in acute asthma, Dr James E. Gern
(Wisconsin, USA)
Nei soggetti con asma le infezione virali da Rhinovirus, in particolare del gruppo C, rappresentano
la maggiore causa di riacutizzazione.
L’eziopatogenesi della maggiore sensibilità dei soggetti asmatici alle infezioni virali sembra
risiedere in una alterata risposta infiammatoria dell’epitelio respiratorio in seguito al contatto
con particolari antigeni virali. Rhinovirus C interferirebbe con la risposta del sistema immunitario
innato con conseguente riduzione nella secrezione da parte delle cellule dendritiche di
interferone (IFN), principale molecola di difesa contro le infezioni virali.
Inoltre la recente scoperta di una mutazione nel recettore appartenente alla famiglia delle
Caderine (CDHR3) sembra spiegare la maggiore suscettibilità e la più alta virulenza di Rhinovirus
C negli individui asmatici (Bochkov YA Proc Natl Acad Sci U S A 2015).
I dati di uno studio in corso di pubblicazione dimostrano che la terapia con l’anticorpo
monoclonale anti-IgE Omalizumab può aumentare la produzione di IFN da parte delle cellule
dendritiche e quindi contenere la replicazione virale in caso di infezione.
L’aumento di IFN osservato in questo trial con Omalizumab è stato associato ad una riduzione del
rischio di riacutizzazioni asmatiche.
Differentiating between virus-driven host immune responses and host defence immune
responses, Prof Peter Le Souef (Perth, Australia)
Le infezioni respiratorie colpiscono soprattutto l’età pediatrica. Se il motivo sia la particolare
virulenza di alcuni virus o un’inefficiente risposta immunitaria, come la ridotta capacità di
produzione di IFN, è ancora materia di dibattito.
I virus che più frequentemente sono causa di wheezing in età pediatrica sono il virus respiratorio
sinciziale (VRS) nei primi sei mesi di vita e il Rhinovirus gruppo C dai 2 ai 10 anni di età. Dopo i 10
anni, pur prevalendo le infezioni da Rhinovirus (A e C), si assiste ad una ricomparsa di VRS.
Sebbene la risposta anticorpale alle infezioni da Rhinovirus sia più elevata nei bambini asmatici
rispetto ai coetanei senza asma, è stato dimostrato che la risposta anticorpale a Rhinovirus
gruppo C, anche in corso di infezione, è significativamente minore rispetto a quella per i gruppi A
e B. L’ipotesi è che il gruppo C riduca la capacità del sistema immunitario di rispondere
adeguatamente all’infezione e alla replicazione virale (Iwasaki J JACI 2014).
L’infezione virale sembra anche alterare il microbioma delle alte vie aeree con un’aumentata
prevalenza di Streptococco, Moraxella e Haemophilus durante le infezioni respiratorie acute. Se
questo sia il risultato dell’infezione o sia invece una condizione predisponente ad essa è ancora da
confermare (Teo SM Cell Host Microbe 2015).
11 Iolanda Chinellato [email protected] - U.O.C. Pediatria, Ospedale SS.
Annunziata, Taranto
Scopo di questo simposio era descrivere i meccanismi con cui i virus possono determinare asma
attraverso la risposta immunitaria dell’ospite e sfruttare tali informazioni su queste interazioni
per sviluppare terapie innovative nell’asma.
Preschool wheeze: a marker for respiratory problems in adulthood? - Alexander John
Henderson (Bristol, United Kingdom)
Una sfida frequente è per i medici quella di determinare se la comparsa del wheezing nel bambino
in età prescolare rappresenti un evento transitorio o se i fattori di rischio siano sufficienti a
sospettare che la ricorrenza dello stesso sviluppi successivamente asma.
La maggior parte dei fattori che influenzano la prognosi sono correlati e rappresentano
interazioni gene-ambiente. E’ noto che una ridotta funzionalità polmonare subito dopo la nascita è
associata a wheezing in età prescolare ed asma nei bambini; inoltre, la riduzione della funzionalità
polmonare a 18 anni, associata ad asma nella madre e ad esordio precoce di atopia può essere
determinata già all’età di un mese. Il quadro ostruttivo in età adulta è stato associato a wheezing
ricorrente e ad anomalie nella spirometria già nel bambino. Dati recenti suggeriscono che il
meccanismo che conduce all’ostruzione delle vie aeree è attivo nelle fasi iniziali dello sviluppo
anche prima della nascita. In particolare, la mancata acquisizione del fisiologico picco di
funzionalità polmonare è associata all’insorgenza della COPD in età adulta e fattori di rischio
possono essere la prematurità e il basso peso alla nascita. Inoltre, numerosi studi hanno valutato
l’effetto delle infezioni virali sullo sviluppo dell’asma ed il ruolo della interazione con batteri
patogeni è stato recentemente studiato, in particolare la colonizzazione neonatale dell’ipofaringe
con S. Pneumoniae, M. Catarralis, H. Inluenzae sembrerebbe essere associata al rischio di
wheezing ricorrente e asma.
Considerando i vari fattori, un intervento precoce potrebbe rappresentare un’opportunità per
l’ottimizzazione della acquisizione del fisiologico picco di funzionalità polmonare.
The effect of viruses on the airway microbiome and how these changes influence long-term
respiratory outcome - Michael Cox (London, United Kingdom)
Le nuove tecniche colturali hanno dimostrato che le vie respiratorie inferiori, storicamente
considerate sterili, in realtà contengono numerose comunità di microrganismi che vanno a
costituire il microbioma polmonare. Inoltre, da dati recenti della letteratura è emerso che la
colonizzazione batterica a livello delle basse vie respiratorie è differente nel soggetto sano
rispetto al soggetto affetto da varie patologie polmonari, sebbene il significato biologico e clinico
di queste scoperte sia in fase di studio.
L’equilibrio del microbioma respiratorio si basa su tre fattori:
1. Immigrazione microbica (inalazione di batteri, microaspirazione, dispersione mucosale diretta)
2. eliminazione microbica (tosse, clearance muco-ciliare, immunità innata ed adattativa)
12 3. crescita dei microorganismi presenti (legata alle condizioni di crescita locali:
disponibilità di nutrienti, pH, temperatura, attivazione delle cellule locali dell’infiammazione,
competizione microbica, tensione di ossigeno)
Nelle persone sane, la comunità microbica è essenzialmente determinata da un equilibrio tra
immigrazione ed eliminazione dei batteri; nelle patologie polmonari è presente una riduzione
dell’eliminazione e si modificano le condizioni di crescita. In particolare, un trigger infiammatorio,
come le infezioni virali, l’esposizione ad allergeni, l’inquinamento, possono alterare le condizioni di
crescita del microbiota determinando una alterazione nella composizione che provoca
ulteriormente infiammazione via PAMP e interazioni con i pattern recognition receptor,
segnalazioni dei metaboliti microbici ai leucociti ed alle cellule epiteliali. Il risultato è un ciclo di
auto-amplificazione dell’infiammazione delle vie aeree e della disbiosi respiratoria.
I batteri commensali hanno, quindi, un ruolo essenziale per lo sviluppo del polmone e per la salute
dello stesso; comunità microbiche indigene resistono alle invasioni e colonizzazioni da parte di
organismi esogeni.
E’ noto come la manipolazione del microbioma intestinale conferisca resistenza alle infezioni
intestinali, ci sono, grazie alle recenti scoperte, buone ragioni per credere in simili possibilità per
il polmone.
13 Valeria Caldarelli [email protected] - Arcispedale Santa Maria Nuova-IRCCS,
Reggio Emilia.
Breathlessness during exercise: if not asthma, then what?
La sessione ha fornito un articolato update sugli aspetti epidemiologici, patogenetici, clinici e
terapeutici dell'asma indotta dall'esercizio fisico (EIA).
In particolare la sessione è stata incentrata sull'interpretazione dei test di broncostruzione
esercizio-indotta, sulle valutazioni fisioterapiche ed ergometriche per la valutazione della
dispnea correlata all'esercizio fisico nei pazienti pediatrici e sulla descrizione delle altre cause
di dispnea da sforzo: disfunzione della corde vocali, ostruzione laringea indotta da sforzo. Sono
inoltre stati forniti mezzi per il corretto riconoscimento delle disfunzioni respiratorie e
sull'addestramento all'uso della respirazione diaframmatica.
La sessione è stata aperta dalla testimonianza di un campione di nuoto irlandese D. McDonald
nella categoria paraplegici. La sua toccante ed incoraggiante testimonianza è stato più che altro
un racconto di un paziente con asma da sforzo e limitazioni funzionali che ha combattuto con i
suoi medici curanti per trovare la cura più adatta che gli permettesse di continuare a gareggiare
e nuotare: un esempio di rapporto medico-paziente in cui il medico impara moltissimo dal suo
paziente!
A tale intervento hanno fatto seguito le relazioni prettamente scientifiche.
Kippelen P (Camperdown, Australia), esperto di test spirometrici per asma da sforzo negli atleti
ha spiegato la corretta procedura ed interpretazione del test. E' stato puntualizzato che il test
eseguito in laboratorio presenta una sensibilità scarsa in quanto viene a mancare un trigger
importante per il broncospasmo: l'aria fredda, noto scatenante della broncostruzione specie negli
atleti che praticano sport invernali all'aperto.
Halvorsen T (Bergen, Norway) ha presentato i dati di un interessantissimo lavoro svolto con il suo
gruppo in cui per evidenziare tutti i tipi di dispnea da sforzo causata dalle alte vie aeree, sono
state eseguite videolaringoscopie durante il test da sforzo. I video mostrati sono stati davvero
molto didattici ed esplicativi! L'articolo è da leggere assolutamente!
Gli autori differenziano chiaramente le ostruzioni delle alte vie aeree indotte da esercizio fisico
(EIIS) dall' EIA mediante le videolaringoscopie descrivendo che nell'EIIS l'ostruzione si
presenta al termine dell'esercizio fisico a differenza dell'EIA in cui si presenta dopo alcuni
minuti.
Infine, molto interessante anche il “corso” della fisioterapista C. Hagman (Falun, Sweden) che ha
spiegato le tecniche di riabilitazione respiratoria per garantire la possibilità di praticare sport
anche nei pazienti con EIA ed EIIS.
14 Raffaella Nenna [email protected] – Dipartimento
Neuropsichiatria Infantile, “Sapienza” Università di Roma.
di
Pediatria
e
Cost-effective management of bronchiolitis in infants: 90% vs 94% oxygen
saturation
Durante il congresso annuale dell’ERS S. Cunningham ha presentato un lavoro sulla valutazione
costo-efficacia dell’uso del saturimetro con target di dimissibilità differenti (SpO2 90% vs 94%)
durante la degenza per bronchiolite.
L’analisi costo-efficacia è stata condotta utilizzando i dati di un RCT in doppio cieco
recentemente pubblicato dagli stessi autori sul Lancet (Cunninghan S. et al, Lancet 2015) su
bambini ricoverati per bronchiolite di età compresa tra le 6 settimane ed i 12 mesi. I lattanti
venivano assegnati random a due gruppi: un primo gruppo che aveva un saturimetro correttamente
funzionante ed un secondo che mostrava valori di SpO2 aumentati del 4%. Il target per la
somministrazione di ossigeno era fissato a SpO2 94%. Questo studio dimostrava che una
saturazione dell’ossigeno target del 90% o maggiore è sicura ed efficace tanto quanto una
SpO2≥94%.
L’analisi costo efficacia ha dimostrato che una saturazione target ≥90% permette una riduzione
dei costi (pari all’equivalente di circa 356 euro per ciascun bambino), è efficace in base ai costi,
senza peraltro determinare effetti dannosi sulla salute, anche considerando i costi sociali.
Tale lavoro ha riscontrato notevole interesse da parte dei ricercatori internazionali come
dimostrato dalle numerose domande e dagli spunti di riflessione.
15 Francesca Lucca Dipartimento di Scienze della Vita e della Riproduzione,
Sezione Pediatria, Università di Verona
Sara Bozzetto Dipartimento di Scienze della Vita e della Riproduzione,
Sezione Pediatria, Università di Verona
Year in review: In pediatrics-from airway to sleep disorders
The pediatric airways (Prof Eber Ernst)
Il relatore ha presentato una carrellata di articoli interessanti usciti nell’ultimo anno in relazione
a diversi argomenti.
Il relatore ha trattato l’argomento degli stent che, nei bambini, si confermano una terapia di
seconda linea e da utilizzare in casi selezionati dove i trattamenti convenzionali sono risultati
fallimentari [Donato et al. Interventional bronchoscopy]
•Sono stati presentati due articoli di Biesbroek (Am J Respir Crit Care Med 2015) relativi alla
composizione del microbiota delle vie aeree. Il primo dimostrava come l’allattamento materno
influenzi la composizione della flora microbica delle alte vie aeree in una coorte di bambini all’età
di 6 settimane e ipotizzava che questo potesse essere uno dei meccanismi protettivi nei
confronti delle infezioni respiratorie e del wheezing precoce. Nel secondo articolo venivano
identificati 8 distinti profili del microbiota a livello delle alte vie aeree di bambini sani. I pattern
dimostratisi più stabili erano caratterizzati da buona rappresentazione di Moraxella e
Corynebacterium Dolosigranulum e correlavano positivamente con l’allattamento al seno e con un
numero più basso di infezioni respiratorie (riportate dai genitori) nel periodo successivo. Veniva
quindi sottolineata l’importanza del microbiota delle vie aeree in relazione all’eventuale diagnosi
precoce e alla prevenzione delle infezioni respiratorie.
•Il relatore ha poi presentato un articolo che evidenzia come, ancora, non ci sia uniformità
nell’approccio alla sindrome di Pierre-Robin come emerso da un’indagine condotta mediante
questionari a team Olandesi e Belgi (Will the right Robin patient rise, please?Definitions and
criteria durino management of Robin sequenze patients in the Netherlands and Belgium).
•Per quanto riguarda la terapia degli angiomi infantili, il trial randomizzato controllato apparso sul
NEJM 2015 si è dimostrato un’ulteriore conferma all’efficacia del propranololo (dose 3
mg/Kg/die) a cui si è aggiunto lo studio multicentrico di Elluru comparso su Otolaryngol Head
Neck Surg concentratosi sul trattamento degli angiomi infantili delle vie aeree (dose di 2
mg/Kg/die).
•Infine il relatore ha presentato un’esperienza di 3 casi pediatrici di trattamento di quadri di
tracheobroncomalacia con device riassorbibili personalizzati stampati in 3D (Morrison. Sci Transl
Med 2015) ed ha accennato al ruolo che l’ airway tissue engineering potrebbe avere in tali
patologie.
Pediatric respiratory infection (Prof Everard Mark)
Le consolidate conoscenze sulle infezioni vengono arricchite nella letteratura recente
dall’importanza delle ricerche sul biofilm e sull’interazione tra patogeni, con l’ambiente e la
risposta dell’ospite.
Nei bambini affetti da Polmonite acquisita in comunità (CAP) con meno di 5 anni, sono stati
riscontrati virus sull’81% degli aspirati nasofaringei (56% nei controlli sani); è risultata
16 significativamente più alta la prevalenza di PCR positiva in nasofaringe per virus respiratorio
sinciziale, metapneumovirus e virus influenzale, con associazione alla CAP con ORs >10; non è stata
evidenziata associazione con virus parainfluenzale, enterovirus e rhinovirus. (Rhedin 2015).
L’infezione da rhinovirus nei bambini al di sotto dei due anni è stata valutata prospetticamente,
evidenziando come si tratti di un’infezione molto frequente (3.7 +/- 2.3 infezioni per bambino in
3 mesi), generalmente asintomatica o con clinica mite.
Preliminari dati in vitro e in vivo hanno evidenziato la capacità di S. pneumoniae di favorire e
potenziare l’infezione di RSV, ipoteticamente legata all’espressione di neuraminidasi. (Tien
Nguyen 2015)
L’associazione tra le infezioni respiratorie nei primi anni di vita e il successivo sviluppo di asma è
stato indagato in uno studio prospettico: il numero degli episodi più che il tipo di infezione e del
microrganismo singolo è risultato associato ad un aumentato rischio di sviluppo di asma entro i 7
anni, mettendo in luce più la suscettibilità e l’esagerata risposta alle infezioni delle basse vie che
lo specifico trigger. (Bonnelykke 2015)
La microaspirazione come origine delle comunità microbiche delle basse vie aeree è stata
indagata tramite raccolta seriata di campioni dal cavo orale, naso, stomaco e BAL. Il microbioma
delle alte vie cambia con l’età; le similitudini maggiori sono riscontrate tra le comunità batteriche
di bocca e stomaco; le comunità riscontrate nel BAL sono sovrapponibili a quelle del cavo orale,
pur se riscontrate in concentrazioni inferiori e composizione diversa; il microbioma riscontrato
nel naso differisce da quello del cavo orale, dello stomaco o del BAL. (Bassis 2015) Nei pazienti
con fibrosi cistica, il microbioma riscontrato nella gola e nell’escreato sono simili, mentre si
distinguono da quello del naso. (Boutin 2015)
La mortalità associata a polmonite è stata comparata tra due setting di pazienti, in Kenya e USA;
recentemente la sopravvivenza in Kenya, pur rimanendo la polmonite la terza causa di mortalità al
di sotto dei 5 anni, è aumentata, grazie all’estensione della possibilità di cura e alla copertura
vaccinale, ma permane al di sotto dei dati USA. (Amek 2014, Jain 2015)
Una metanalisi ha indagato i predittori clinici della polmonite nei bambini al di sotto dei 5 anni: un
singolo elemento clinico non è stato in grado di diagnosticare la polmonite; la frequenza
respiratoria > 50/min, alitamento delle pinne nasali e bilancia toraco-addominale hanno
presentato i likelihood ratios più alti. (Rambaud-Althaus 2015).
Nel campo dell’imaging in particolare in fibrosi cistica, sono stati riportati dati sull’aumentata
sensibilità di score TAC per cambiamenti strutturali, e sulla correlazione tra punteggio TAC e
RMN. (Rasmov 2015, Ciet 2015)
La presentazione è stata conclusa con dati dal Regno Unito. Il divieto di fumo in aree pubbliche,
vigente nel Regno Unito dal 2007, ha condotto a una stima di circa 11000 accessi ospedalieri
all’anno in meno per infezione respiratoria. (Bean 2015).
Infine i dati osservazionali sull’immunizzazione materna alla pertosse durante la gravidanza nel
Regno Unito in ottobre 2012: si è raggiunta una copertura del 60%, con un’efficacia del 90%, e
non sono stati evidenziati problemi riguardanti la sicurezza. (Amirthalingam 2014)
Asthma in childhood (Prof De Benedictis Fernando Maria)
La relazione si è concentrata su diversi aspetti dell’asma infantile e per ciascuno di essi sono
state portate le evidenze più recenti:
17 •
Infezioni respiratorie e asma: Emerge un concetto nuovo, come già presentato anche dal
Prof Everard, che sposta l’attenzione sul numero di infezioni respiratorie rispetto alla specifica
tipologia di virus per quanto riguarda il successivo rischio di sviluppare l’asma. Il relatore
presenta quindi lo studio di Bonnelykke JACI 2015 su 300 bambini che dimostra come sia il
numero di infezioni respiratorie nel primo anno di vita e non l’eziologia di queste ad essere
associato ad un maggior rischio di asma. Si ipotizza quindi che i fattori di rischio per lo sviluppo
di asma derivino da una combinazione di suscettibilità pre-esistente e la successiva risposta
infiammatoria agli agenti virali piuttosto che gli agenti stessi.
•
Esacerbazioni asmatiche: lo studio di Teach JACI 2015 sottolinea come sia importante
tenere in considerazione le caratteristiche individuali dei pazienti e gli individuali fattori di
rischio stagione-associati (allergie stagionali, andamento dell’anno precedente) per elaborare
strategie preventive delle riacutizzazioni
•
Biomarker e viral wheezing: Il pattern dei composti organici volatili (VOC) potrebbe
rappresentare un possibile strumento non invasivo per l’identificazione precoce di asma nei
bambini. Esso infatti è in grado di dimostrare uno stato infiammatorio persistente dopo la
risoluzione di un’infezione acuta sintomatica da Rhinovirus (Van del Schee ERJ 2015).
•
Predire lo sviluppo di asma: lo studio di Klaasen AJRCCM 2015 dimostra che il fatto di
aggiungere alla valutazione dell’indice API anche l’analisi dei VOCs e dell’espressione di alcuni geni
dell’infiammazione in bambini in età pre-scolare migliora la predizione di asma all’età di 6 anni. Lo
studio del condensato dell’aria esalata e dell’analisi delle resistenze delle vie aeree, (sempre
aggiunti all’API) non sembrano invece avere un ruolo.
•
Monitoraggio dell’asma: viene riportato un editoriale di Fleming comparso su Thorax 2015
che sottolinea come il sistema di comunicazione con il paziente sia fondamentale, al di là dei tools
utilizzati: “..finding ways to effectively communicate with young people and use advances in
technologies to make health care interactions meaningful is likely a more important issue than
what monitoring tool is actually used”
•
Wheezing acuto: si conferma il fatto che gli steroidi sistemici non influenzano la prognosi
a lungo termine dei bambini con wheezing e non devono pertanto essere raccomandati di routine
nei bambini con il primo episodio di wheezing acuto indotto da virus (Jartti, JACI 2015)
•
Stress e asma: a supporto del noto effetto dello stress sull’asma è stato riportato lo
studio di Brehm AJRCCM condotto in bambini di Puerto Rico dove si dimostra come alti livelli di
stress si associno ad una riduzione della risposta al broncodilatatore. Questo effetto è
probabilmente mediato da una down regolazione per il recettore beta adrenergico.
Sleep-disordered breathing in childhood (Prof Hamutcu Ersu Refika)
La panoramica sulle novità in letteratura ha toccato argomenti diversi, quali i fattori
predisponenti, la diagnosi, il monitoraggio, la terapia, le morbidità associate.
In particolare, per quanto riguarda i fattori predisponenti, è stata indagata la presenza di
effetti a lungo termine sulla durata del sonno e lo sviluppo di apnea nel sonno in bambini ex
prematuri di 5-12 anni sottoposti a trattamento con caffeina in periodo neonatale; non si sono
individuate differenze nella durata del sonno o nell’insorgenza di apnea. (Marcus 2014)
Gli adolescenti obesi con OSAS presentano maggior tessuto adenotonsillare (in particolare
maschi > tonsille, femmine > adenoidi) e vie aeree nasofaringee più piccole. Gli altri tessuti molli
non differiscono dai controlli obesi. (Schwab 2015)
18 Un’indagine retrospettiva ha riscontrato come OSA in generale non persista nel passaggio
dall’infanzia intermedia alla tarda adolescenza. La razza afroamericana, la residenza in un
quartiere disagiato e la prematurità, oltre all’obesità e al russamento abituale sono predittivi di
OSA nella media infanzia. I fattori di rischio tra gli adolescenti erano sesso maschile, obesità e
storia di adenotonsillectomia. L’obesità ma non il russamento abituale nell’infanzia intermedia,
sono risultati predittivi di OSA nell’adolescente. (Spilsbury 2015)
Il monitoraggio e la diagnosi si servono sempre più di device moderni e tecnologici. L’utilizzo di un
device automatico a domicilio per eseguire una Home respiratory polygraphy ha dimostrato
sensibilità del 90.9% e specificità di 94.1% nella diagnosi di OSAS confrontato con la
polisonnografia, dimostrandosi un approccio utile e affidabile alla diagnosi di OSAS nei bambini.
(Alonso-Alvarez 2015)
L’ossimetria e la frequenza cardiaca rilevata tramite apposito accessorio per smartphone
rappresenta uno strumento di screening con possibilità di monitorare i pazienti durante molte
notti. (Garde 2014)
Per quanto riguarda gli interventi terapeutici, è stata riscontrata normalizzazione dei dati di
polisonnografia in una più ampia parte dei bambini sottoposti a precoce adenotonsillectomia
rispetto alla vigile attesa (79% vs 46%). (Marcus 2013)
È noto come OSAS impatti sul metabolismo negativamente. L’adenotonsillectomia precoce ha
condotto, in uno studio randomizzato controllato, ad aumento del peso in tutte le categorie di
pazienti pediatrici a distanza di sette mesi, con normalizzazione del peso nei bambini con scarsa
crescita, aumentando però il rischio di obesità nei bambini in sovrappeso. (Katz 2014)
Il tasso di persistenza di OSA in seguito ad adenotonsillectomia e trattamento dietetico, è
maggiore nei bambini obesi. (Alonso-Alvarez 2015)
Mentre i dati della polisonnografia, necessaria per la diagnosi, non consentono di predire le
morbidità associate ad OSAS e il loro miglioramento in seguito a trattamento chirurgico, la
valutazione dei sintomi tramite lo score PSQ può predire l’outcome del trattamento. (Rosen
2015)
Tramite FMD (flow mediated dilation) è stata valutata la funzione endoteliale nei bambini con
OSA, risultando inferiore al gruppo di controllo; un aumento di FMD si è verificato in seguito ad
adenotonsillectomia. (Chan 2015)
È stata indagata infine la funzione cognitiva dei bambini in età prescolare con sleep disordered
breathing (SDB) rispetto ad un gruppo di controllo, non evidenziando differenze significative. In
età scolare invece si è evidenziata differenza tra il gruppo con SDB ed il gruppo controllo, che si
è mantenuta anche a distanza di 4 anni dal trattamento, in particolare per gli outcomes
comportamentali e scolastici. (Biggs 2014) Le attività quotidiane, riguardanti la sicurezza
personale e le abilità di pedone nel traffico sono ridotte nei bambini con OSA. (Avis 2015) Negli
adolescenti con obesità ed OSAS si è riscontrata maggior prevalenza di depressione, alterazioni
dell’attenzione e comportamentali. (Xanthopoulos 2015)
19 Nicola
Ullmann [email protected] – U.O.C. Broncopneumologia, Dip.Medicina
Pediatrica Ospedale Bambino Gesù. Roma
Postgraduate Course 4: Multidisciplinary approach to non invasive ventilation (NIV)
hairs: P. Navalesi (Vercelli, Italy), C. Gregoretti (Turin, Italy)
Speakers: J. Gonzalez (Montlignon, France), S. Nava (Bologna, Italy), P. Papoff (Rome, Italy), A.
Hare (London, United Kingdom)
Il corso è stato pensato per fornire nozioni sul corretto utilizzo della ventilazione non invasiva
(NIV) in pazienti sia adulti che pediatrici. Oltre che per l’elevato “expertise” di tutti i relatori
invitati (la maggior parte dei quali nostri amici e colleghi italiani) e la qualità dei loro interventi, il
corso è stato di estremo interesse per la sua praticità clinica. Qui di seguito riporto brevemente
alcuni semplici concetti che ritengo di interesse generale per tutti i pediatri che lavorano in
ambito respiratorio mentre per approfondimenti più specifici invito la lettura dei significativi
articoli citati nella bibliografia.
La NIV è definita come un supporto ventilatorio attraverso un'interfaccia esterna. Questa
tecnica ventilatoria è ormai di larga diffusione sia nei pazienti adulti che in quelli pediatrici. La
NIV è da tempo riconosciuta come un trattamento efficace per il paziente con insufficienza
respiratoria cronica ipercapnica (per esempio in condizioni di debolezza neuromuscolare), ma è di
largo utilizzo anche per pazienti pediatrici con apnea ostruttiva del sonno. Il monitoraggio
notturno periodico dei bambini in supporto ventilatorio non invasivo è di estrema importanza per
perfezionare la ventilazione che, soprattutto in ambito pediatrico, deve andare di pari passo con i
numerosi cambiamenti del bambino in continua crescita.
Di particolare interesse inoltre è il crescente utilizzo della NIV nelle Unità pediatriche ad alta
intensità di cura per evitare l'intubazione e per facilitare lo svezzamento dalla ventilazione
invasiva in bambini con insufficienza respiratoria acuta (IRA).
NIV è ormai riconosciuta come un trattamento efficace per il paziente con insufficienza
respiratoria cronica ipercapnica. In molti centri che avviano i pazienti alla NIV i parametri
ventilatori vengono spesso scelti empiricamente tenendo conto della malattia di base, la
tolleranza del paziente durante la veglia, ed i valori riscontrati all’esame emogasanalitico
arterioso effettuato in ore diurne. Tuttavia, la NIV è prevalentemente applicata durante la
notte, quando il paziente va incontro a significativi cambiamenti ventilatori, riduzione della
frequenza respiratoria e ridotto utilizzo dei muscoli respiratori oltre a modifiche del controllo
del respiro. Questo aspetto è ancora più importante in pazienti con insufficienza respiratoria.
Per questo motivo, il monitoraggio NIV durante il sonno è in genere preferibile rispetto alla
valutazione diurna ed è stato recentemente dimostrato che i pazienti mal ventilati hanno ridotta
sopravvivenza. Una buona ventilazione notturna inoltre migliora la qualità del sonno e può anche
influenzare positivamente la qualità della vita diurna del paziente. Esistono diversi studi semplici
come la pulsossimetria notturna, il monitoraggio della PaCO2 transcutanea ma, senza dubbio, la
registrazione che fornisce informazioni più complete è la polisonnografia (PSG) notturna che
permette di identificare le possibili problematiche del paziente in NIV e quindi di migliorarne la
ventilazione. La corretta interpretazione della PSG deve tener conto del tipo di ventilazione
20 utilizzato (volumetrica o pressumetrica), le impostazioni del ventilatore (trigger etc...), e scelta
dell'interfaccia (maschera nasale o completa). I principali problemi da risolvere risultano quindi
essere: a) le perdite non intenzionali di rilievo (identificate sul 34% dei pazienti stabili sotto NIV
sottoposti studi notturni), b) quadri di apnee ostruttive a diversi livelli delle vie aeree con o
senza alterazione del “drive” respiratorio centrale (le prime descritte come apnee-centrali
mentre le seconde come apnee-ostruttive) ed infine c) eventuali asincronie tra gli atti respiratori
del paziente e gli atti controllati dal ventilatore.
Le principali utilità della NIV nei pazienti pediatrici affetti da IRA sono gli stessi a quelli noti
della ventilazione meccanica. La NIV presenta però il vantaggio di garantire l'adeguatezza degli
scambi gassosi polmonari e ridurre al minimo il lavoro respiratorio in modo non invasivo.
L’insufficienza respiratoria ipossiemica di tipo I va trattata con la somministrazione di ossigeno
supplementare ad un livello sufficiente da garantire una saturazione arteriosa di ossigeno (SaO2)
> a 94%. Se la percentuale necessaria di ossigeno nel gas inspirato (FiO2) è > di 0.5, un
trattamento con NIV dovrebbe essere considerata.
L’insufficienza respiratoria di tipo II può svilupparsi per patologie specifiche o quando la fatica
muscolare respiratoria insorge per un prolungato quadro di distress respiratorio. Quadro si
evidenza un quadro di ipercapnia la NIV migliora lo scambio di gas e riduce il lavoro e la fatica
respiratoria, supportando la muscolatura nella fase inspiratoria. L'applicazione della NIV è
risultata per esempio utile nel supporto respiratorio di pazienti con grave riacutizzazione
asmatica determinando un miglioramento nel comfort del paziente, nella meccanica respiratoria e
negli scambi gassosi.
In letteratura le prove a sostegno dell'uso della NIV nell’IRA sono state maggiormente
dimostrate nei pazienti adulti mentre l’evidenza del suo beneficio in ambito pediatrico è ancora
scarsa e necessita di studi specifici. Un unico lavoro randomizzato-controllato, pubblicato nel
2008 da Yanez et al, dimostra nei neonati e nei bambini con svariate condizioni patologiche (asma,
bronchiolite, polmonite) una significativa riduzione della necessità di intubazione. Altri studi di
tipo retrospettivo hanno invece confermato che la NIV è fattibile ed efficace nei bambini sul
trattamento dell’IRA.
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