La validazione degli apprendimenti in Italia

Transcript

La validazione degli apprendimenti in Italia
La validazione degli apprendimenti in Italia: un percorso in
cerca di conclusione
di Alessandra Ferrari
La validazione degli apprendimenti in Italia disegna un panorama molto variegato con
differenze marcate soprattutto livello regionale. Analizzando il livello nazionale è possibile
sottolineare la piena adesione ai principi della strategia europea per l’occupazione che ha
portato alla individuazione della necessità di definire un sistema di certificazione in cui la
riconoscibilità e la valorizzazione delle competenze - comunque acquisite - costituisca un
punto di riferimento importante per le politiche di integrazione tra i diversi sistemi
educativo-formativi e il mondo del lavoro.
Già nel 1996 l'Accordo per il Lavoro siglato tra Governo e Parti Sociali confermava ed
integrava quanto previsto a proposito della concertazione precedente, del luglio '93,
riconoscendo come l'introduzione di un sistema di certificazione dei percorsi formativi e
delle competenze acquisite fosse un obiettivo strategico ed essenziale per il Paese.
In particolare venivano definite alcune linee guida per la riforma del sistema formativo:
- trasparenza delle qualifiche
- crediti formativi
- personalizzazione dei percorsi
- riconoscimento delle competenze
Viene in particolare messa in evidenza la necessità di creare un sistema integrato in grado
di dialogare, interagire e collaborare con la realtà socio-economica e parallelamente di dare
agli individui la possibilità di mettere in trasparenza le esperienze e le competenze
acquisite; in questo contesto è comunque imprescindibile la definizione di un sistema di
standard formativi e di Unità Capitalizzabili essenziale ai fini dell'effettiva spendibilità dei
crediti acquisiti, che si configura come un prerequisito essenziale ai fini della
concretizzazione degli impegni presi e delle linee guida espresse a livello europeo.
La questione della validazione e della certificazione delle competenze assume dunque un
carattere di notevole rilievo in un sistema basato su standard nazionali. La possibilità di
certificare non solo titoli, ma nuclei di competenze, rappresenta la chiave di volta
dell'innovazione. Per il sistema ciò è alla base della flessibilità dei percorsi formativi e di
professionalizzazione e dell'integrazione tra i sistemi di apprendimento, vale a dire tra
scuola, università, sistema FP e mondo del lavoro.
Come anticipato, in Italia, ad oggi, non esiste una procedura definita e gestita a livello
nazionale per quanto riguarda la validazione delle competenze, ovvero non esiste un
riconoscimento istituzionale delle stesse anche se i provvedimenti legislativi di riforma del
sistema formativo educativo e del lavoro adottati negli ultimi anni stanno segnando un
progressivo passaggio dall’affermazione di principi di ordine generale, alla definizione
sempre più puntuale di regole e strumenti per il nuovo sistema di certificazione.
In virtù di tale scenario, il nostro Paese presenta oggi forti specificità regionali: regole e
dispositivi istituzionali si sono sviluppati in Italia in modo disarticolato e su fronti diversi,
coinvolgendo sia le riforme del Sistema di istruzione e della FP come anche i processi di
riforma o di avvio di nuovi canali formativi (IFTS, Apprendistato, Educazione Permanente
degli Adulti, diritto/dovere all’istruzione e formazione).
1
Il sistema italiano possiede quindi un apparato normativo adatto a guidare il nuovo sistema
di certificazione, occorre in questo momento dare avvio a sperimentazioni nazionali in
grado di dare concrete indicazioni sui metodi e sugli strumenti della
certificazione/validazione delle competenze per poter successivamente fissare standard di
realizzazione e di risultato che siano applicabili a livello sovra regionale1.
Al momento attuale esistono pratiche pubbliche ed istituzionali di certificazione delle
competenze, che però sono limitate a livello territoriale, regionale o locale, e pratiche di
valorizzazione non istituzionali, di settore o addirittura aziendali o, in taluni casi, legate ai
servizi per l’impiego, che presentano quindi un valore ancora più marginale e meno
spendibile, per quanto comunque positivo.
In sintesi possiamo affermare che in Italia non è ancora diffuso un sistema di validazione
dell’apprendimento delle competenze in contesti non formali e informali (già presente
invece in altri paesi europei) anche se, in accordo con il decreto attuativo della legge 30 sul
mercato del lavoro, è possibile prevedere uno sviluppo di nuovi dispositivi, nella direzione
della valorizzazione del patrimonio individuale2.
Da questo punto di vista un sistema italiano di certificazione delle competenze - quale
garanzia di accesso ai contesti di apprendimento lungo tutto l’arco della vita per il
mantenimento dei requisiti di occupabilità - allo stato attuale è da prefigurare almeno
secondo tre diversi livelli (come da indicazioni della Commissione europea contenuti nel
documento relativo ai “Principi per la validazione degli apprendimenti informali e non
formali”). Le tre aree di validazione a cui devono riferirsi i principi guida sono
rappresentate da3:
 validazione dell’apprendimento sviluppato nell’istruzione formale e in ambienti di
apprendimento;
 validazione dell’apprendimento sviluppato in relazione al mercato del lavoro (azienda e
settori);
 validazione dell’apprendimento sviluppato nell’ambito di attività di volontariato e di
servizio civile (ad es. attività di organizzazioni giovanili).
Il sistema italiano, basato su una forte prevalenza dei percorsi di istruzione formale, pur
trovando negli stage l’opportunità di garantire una formazione professionale aderente alle
esigenze delle aziende, non ha però fornito strumenti utili per la valorizzazione delle
competenze apprese. Si tratta ad oggi di rendere visibili e spendibili in termini qualitativi e
quantitativi enormi risorse di capitale umano latenti e gestite in modo non sempre ottimale.
Gli esempi concreti, oggetto di studio da parte di istituzioni come l’ISFOL, riguardano i
settori e gli ambiti più disparati. Nel contempo, a fronte di una mappatura, si fa strada il
tentativo di mettere in rete le realtà che stanno sperimentando la validazione delle
competenze. Non bisogna però dimenticare che occorrerà definire anche un sistema
nazionale, che sia basato su un approccio univoco, un quadro normativo e regole
organizzative. Nel nostro paese convivono attualmente due anime, quella che prevede un
coordinamento nazionale che informi le realtà locali e quella della pluralità di esperienze
che si adattano ai differenti contesti lavorativi e territoriali.
Appare comunque fondamentale orientare le azioni future verso i seguenti obiettivi:
1
cfr Elenco Normativa Nazionale
Decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276. Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e
mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30.
3
Principi di validazione contenuti nel documento tecnico della commissione europea sul Non Formal (2004)
2
2
1. definire un repertorio unico di profili professionali;
2. creare un metodo che sia oggettivamente applicabile e garantisca la lettura delle
competenze in modo per quanto possibile uniforme ed univoco;
3. facilitare la possibilità di valorizzare ogni esperienza formativa, nonché il ruolo
formativo delle aziende, e della formazione individualizzata, con effetti anche sul
sistema della formazione professionale.
Al primo punto si risponde con la banca dati dell’ISFOL, al secondo con un pluralità di
metodi, che vanno ad influire sulla struttura stessa dei profili professionali (e tra quelli
utilizzati il metodo degli indicatori di competenza appare quello meno aleatorio), al terzo
corrisponde l’esigenza di un coordinamento delle Regioni che dovranno modificare le
modalità di erogazione della formazione e dare garanzie per il riconoscimento dei profili.
Le Regioni
Regioni e Province Autonome si sono ufficialmente accordate per dare vita al Progetto
Interregionale “Descrizione e certificazione delle competenze e famiglie professionali” che
condivideva i seguenti principi:
• unitarietà e pari dignità del sistema educativo di istruzione e formazione;
• spendibilità delle certificazioni e dei crediti formativi acquisiti per favorire i passaggi tra
i sistemi di istruzione e formazione;
• valorizzazione delle qualifiche professionali.
L’accordo rappresenta inoltre un passo fondamentale verso la ricostruzione del quadro
delle competenze acquisite in contesto di apprendimento formale, non formale, informale
secondo la logica del Lifelong Learning
In questo contesto le Regioni hanno attivato un progetto interregionale di Descrizione e
certificazione per competenze e famiglie professionali -Standard minimi in una prospettiva
di integrazione tra istruzione, formazione professionale e lavoro, che vede l'adesione di
tutte le Regioni e Province autonome.
Gli obiettivi del progetto, in sintesi, sono l’individuazione e la condivisione di un'ipotesi di
sistema nazionale di standard, mediante il supporto di organismi tecnici e la costruzione, in
partenariato con le parti sociali e i Ministeri, di una cabina di regia o, comunque, di una
sede nazionale in grado di presidiare il sistema sulla base del mutato contesto
costituzionale. Le Regioni prendono dunque l'iniziativa proprio a partire dalle loro
competenze specifiche e da alcuni punti fermi:
- non si può parlare esclusivamente di competenze, ma di "un sistema per competenze",
trasversale ai diversi sistemi della formazione professionale, del lavoro, dell'istruzione,
che utilizzi uno stesso linguaggio per la descrizione degli standard (standard di figura
profilo, standard di certificazione e registrazione) in relazione ai quali strutturare
l'analisi dei fabbisogni professionali e formativi, la progettazione e l'erogazione dei
diversi tipi di offerta formativa;
- si devono costruire repertori di standard minimi condivisi a livello nazionale, rispetto ai
quali poi possono essere "declinati" i repertori regionali. Le Regioni e Province
autonome costituiscono, infatti, un importante snodo di governo territoriale ed è a
questo livello che lo standard condiviso, inteso come elemento minimo necessario e
sufficiente, può essere poi arricchito a seconda delle esigenze e delle peculiarità locali.
3
Le Regioni hanno l’opportunità di costruire un sistema che consenta di rispondere a questa
esigenza di integrazione e, dunque, di garantire alla persona i diritti che la normativa
assegna loro. Il lavoro all'interno del progetto interregionale per l'individuazione e
condivisione di un'ipotesi di sistema nazionale di standard, si sta articolando su due filoni:
- condivisione delle esperienze locali, in quanto molte Regioni hanno attivato pratiche di
descrizione dei profili per competenze, di certificazione, di "messa in trasparenza'' delle
competenze individuali, di riconoscimento di crediti in ingresso,
- confronti su tutti i tavoli, per rispondere a esigenze contingenti (per esempio l'accordo in
materia di certificazioni intermedie e finali1 nell'ambito della sperimentazione di
un'offerta integrata di istruzione e formazione professionale nell’ambito
dell’applicazione dei decreti attuativi della legge 53/03, o come l’accordo sul libretto
formativo di cui alla legge 30/03), condotti con la precisa intenzione di produrre validi
punti fermi da prendere come riferimento per la trasparenza e la permeabilità tra tutti i
sistemi, lasciando al livello regionale la definizione di tutti quegli elementi su cui non si
è ancora arrivati a una definizione comune.
Le buone intenzioni certamente non mancano ma a livello pratico l’autonomia delle
Regioni in materia di FP ha portato alla creazione di un panorama molto differenziato; a
livello regionale si avverte l’esigenza di attivare la formalizzazione ed istituzionalizzazione
di dispositivi e sistemi di certificazione e validazione degli apprendimenti, ma
parallelamente emergono anche alcune criticità che occorrerà superare per arrivare ad un
sistema funzionale e condiviso. Tra i passi ancora da compiere, si annoverano la
definizione degli standard professionali da certificare; la definizione dei dispositivi di
certificazione (commissioni, certificati, ecc.) e l’attivazione di procedure di
riconoscimento/condivisione.
4
Elenco normativa nazionale
- D.P.C.M. 18 novembre 1996, Istituzione di un Comitato di Ministri per le politiche della
ricerca e dell'innovazione tecnologica
- Legge 15 marzo 1997, n. 59, Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle
regioni e enti locali, per la riforma della pubblica amministrativa e per la
semplificazioneamministrativa
- Legge 24 giugno 1997, n. 196, Norme in materia di promozione dell'occupazione
- Decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, Conferimento di funzioni e compiti amministrativi
dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997,
n. 59, (art. 142)
- Decreto ministeriale 31 maggio 2001, n. 174 Certificazione nel sistema della formazione
professionale
- Legge 14 febbraio 2003 ; n 30, Delega al Governo in materia di occupazione e mercato del
lavoro
- Legge 28 marzo 2003, n. 53, Delega al Governo per la definizione delle norme generali
sull'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione
professionale
- Legge n. 286, 6 dicembre 2004, Accordo della Conferenza Unificata, (Decreto n.29, 11
dicembre 2004, del MIUR)
Indicazioni bibliografiche
ISFOL, Rapporto ISFOL 2002, Milano, Franco Angeli, 2002
ISFOL “Certificazione delle competenze e Long Life Learning” nella collana Libri del Fondo
Sociale Europeo, 2004
Osservatorio ISFOL “Qualità, valutazione ed innovazione nella formazione professionale”,
Anno XIX – n. 6
5