incertezza e avversione al rischio

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incertezza e avversione al rischio
Scelta sotto incertezza e avversione al rischio
(non fate leggere queste cose ad uno statistico, altrimenti mi massacra)
Nel nostro corso, “incertezza” significa semplicemente che le conseguenze delle nostre scelte non
sono note al momento in cui le facciamo: una volta fatta una scelta (esempio a: comprare il biglietto
di una lotteria; esempio b: seminare un campo di grano), potrà accadere uno qualsiasi tra vari eventi
possibili, in seguito al verificarsi di un fenomeno che non è sotto il nostro controllo (esempio a:
successiva estrazione di una pallina da un’urna; esempio b: clima durante la futura primavera). Facciamo l’ipotesi semplice che al decisore sia noto quali sono gli eventi possibili a priori.
Siccome parliamo di scelte rilevanti dal punto di vista economico, conviene pensare che i diversi
eventi siano somme monetarie diverse (esempio a: vinco il premio della lotteria oppure non vinco
nulla; esempio b: il mio profitto è alto oppure basso). Per questa ragione talvolta conviene pensare
che le opzioni tra le quali scegliere quando c’è incertezza siano diverse lotterie alternative: in altri
termini, l’insieme di scelta ha come elementi delle lotterie.
Una lotteria è un caso particolare di variabile casuale: una variabile casuale è, come sapete, una variabile che può assumere, in una certa circostanza, uno solo tra tanti valori, e a ciascun valore è associata una certa probabilità. Una possibile descrizione di una variabile casuale x è la seguente:
 x1
 x
x= 2
M

 xn
p1
p2
M
pn
dove pi è la probabilità che si verifichi xi . Ogni probabilità pi rappresenta il “grado di fiducia” che
assegniamo al fatto che xi si verifichi, e cresce al crescere di quella fiducia, con la convenzione
0 ≤ pi ≤ 1 e il vincolo ∑ pi = 1 .
i
Come casi particolari, dire pi = 1 significa essere certi che xi si verifichi; dire pi = 0 significa essere certi che xi non si verifichi; in effetti, se pi = 1 allora p j = 0, ∀j ≠ i , dato che la somma delle
probabilità che deve essere pari a uno. Come vede, questo linguaggio include, come caso particolare, il caso di certezza.
Molto spesso noi facciamo esempi in cui il numero dei casi possibili è 2: per esempio, se la mia vincita monetaria M dipende dal lancio di una moneta non truccata, la variabile casuale, o lotteria, è
M
M = 1
M 2
0,5
0,5
Ma, in generale la descrizione di una variabile casuale può essere molto lunga e noiosa. Per tale ragione la statistica suggerisce di utilizzare vari indicatori sintetici, cioè singoli numeri (detti “statistiche”), ciascuno dei quali ci dà informazione su qualche caratteristica della lotteria. Noi qui facciamo riferimento a due soli di tali indicatori.
Il primo è il valore atteso (EV, dall’inglese expected value), che ci dice quanto in media ci attendiamo di vincere. In effetti il valore atteso si calcola numericamente come una media ponderata dei
diversi possibili valori, dove i pesi sono le probabilità: EV = ∑ xi pi (potremmo scrivere M i anzii
ché xi nel caso di lotterie con vincite monetarie).
Ecco ora una definizione aggiuntiva, che può essere utile nel seguito: una lotteria si dice “equa” se
il suo valore atteso è pari al costo di partecipazione. Se ci pensate bene, ne deducete una lotteria è
equa se il suo guadagno netto atteso è pari a zero. Nella realtà non esistono lotterie eque, perché non
darebbero nessun profitto atteso a chi le organizza.
Dato il significato di “valore atteso”, è chiaro che ogni decisore preferisce una lotteria con valore
atteso maggiore a lotterie con valore atteso minore.
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Si considerino però le seguenti due lotterie:
100
0

51
49

0,5
0,5
0,5
0,5
Il valore atteso di entrambe è 50 (nel caso in cui le probabilità dei due eventi siano pari a ½ il valore
atteso sta esattamente a metà strada tra i due valori) [queste due lotterie sono “eque” se il costo di
partecipazione per entrambe è 50]. Ma le due lotterie sono molto diverse tra loro: nella prima posso
vincere molto più del valore atteso, ma vincere anche molto meno: se per esempio partecipare a
questa lotteria costa 50, il risultato netto potrà essere una vincita di 50 oppure una perdita di 50. Nel
secondo caso, invece, possiamo vincere o perdere poco rispetto al valore centrale: si suole dire che
la prima lotteria presente più rischio della seconda.
Un metodo utile per misurare il rischio, nel senso appena indicato, è utilizzare il secondo degli indicatori sintetici che di interessano, la varianza. Come sapete, la varianza è la media (ponderata con le
probabilità) degli scostamenti al quadrato di ogni valore dal valore atteso: quindi, più i valori possibili della variabile casuale sono lontani tra loro (e quindi sono lontani dal loro valore atteso), a parità di probabilità, più la varianza aumenta. La prima delle due precedenti lotterie, dunque, ha varianza maggiore della seconda. Se una somma monetaria è certa (probabilità pari a 1), il valore atteso
coincide con la somma stessa, e la varianza è pari a zero.
Mentre non c’è dubbio che un maggior valore atteso è attraente per un decisore, riguardo alla varianza si possono avere casi diversi. In generale si può presumere che alla maggior parte dei decisori un varianza maggiore sia fastidiosa (anche se possiamo presumere che chi ama andare al casinò
invece sia attratto dalla varianza). Introduciamo dunque le seguenti definizioni:
- Si dice avverso al rischio chi, fra due lotterie con lo stesso valore atteso, preferisce quella
che ha varianza minore
- Si dice propenso al rischio chi, fra due lotterie con lo stesso valore atteso, preferisce quella
che ha varianza maggiore
- Si dice neutrale al rischio chi è indifferente fra due lotterie con lo stesso valore atteso, indipendentemente dalla loro varianza
Dunque, un avverso al rischio preferisce la seconda delle due lotterie precedenti. Inoltre, se entrambe sono eque e se il non partecipare è possibile per un avverso al rischio, costui preferisce non partecipare: sceglie cioè la “lotteria” con varianza pari a zero (avere 50 con probabilità 1, anziché rinunciarvi per avere un biglietto di lotteria).
Si noti, in tutte le precedenti definizioni, l’inciso “con lo stesso valore atteso”. Per capirne il senso,
riflettete sul caso di un avverso al rischio: per costui il valore atteso è un “bene” (più ce n’è e meglio è), mentre la varianza è un “male” (più ce n’è e peggio è). Quindi se presentiamo ad un avverso
al rischio due lotterie, di cui la seconda ha sia maggior valore atteso sia maggior varianza, in generale non sappiamo quale preferisce, perché la seconda lo fa stare meglio per via del maggior valore
atteso, ma lo fa anche stare peggio per via della maggior varianza. Questo significa che le definizioni date sopra non consentono di avere un ordinamento “completo” fra le lotterie: alcune non sono
confrontabili (non si sa dire quale sia migliore).
Per arrivare ad un ordinamento completo, facciamo un passo in più, che richiede ipotesi aggiuntive.
La prima ipotesi che adottiamo è che ogni decisore sia dotato di una funzione di utilità: come sappiamo, una funzione di utilità assegna ad ogni possibile somma monetaria che il decisore potrebbe
possedere un valore numerico di utilità del decisore stesso. Inoltre, ciò che conta davvero per un decisore non è tanto la somma monetaria posseduta, ma l’utilità che ne ottiene. Ovviamente, una funzione di utilità di questo tipo deve essere crescente (maggiore è la somma monetaria posseduta e
maggiore è l’utilità). Una funzione di utilità sarà dunque del tipo U = U (M ), U ′ > 0 .
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Dunque, di fronte ad una lotteria, benché la variabile casuale sottostante consista di somme monetarie alternative, la variabile casuale che davvero conta per il decisore è costituita da diversi valori di
utilità: le probabilità di questi valori di utilità saranno ovviamente le stesse degli eventi (somme
monetarie) da cui essi dipendono.
Siccome ora siamo di fronte ad una variabile casuale di valori di utilità, appare naturale calcolarne il
valore atteso, chiamato utilità attesa (EU, dall’inglese expected utility). L’utilità attesa si calcola
ovviamente così: EU = ∑ U (M i ) pi , dove pi sono le probabilità, appunto, di ottenere le diverse vini
cite monetarie, ovvero i corrispondenti valori di utilità.
La seconda ipotesi che adottiamo è il principio dell’utilità attesa: qualsiasi decisore fra tutte le lotterie a disposizione sceglie quella che gli dà la più alta utilità attesa.
Siccome ad ogni lotteria è associata univocamente una utilità attesa (un numero), ecco che abbiamo
un ordinamento completo fra le lotterie.
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Il resto segue circa come sul libro. Notate tuttavia che spesso il libro, negli esempi numerici, anziché supporre prospettive con due risultati A e B (alto e basso, come ho fatto io), suppone prospettive
con una ricchezza di partenza, M0, e risultati pari a (M0 + g) e (M0 − p), dove g e p sono un guadagno e una perdita. Ma la logica non cambia: di fatto basta porre A = (M0 + g) e B = (M0 − p).
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