Strumenti amplificatori di risonanze emotive nel
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Strumenti amplificatori di risonanze emotive nel
Istituto MEME associato a Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. Bruxelles I “DIAPASON EMOZIONALI” Strumenti amplificatori di risonanze emotive nel contesto delle relazioni di aiuto Scuola di Specializzazione Triennale in: ARTI TERAPIE Relatore: dott.ssa Roberta Frison Tesista specializzanda: dott.ssa Patrizia Savani Anno di corso: secondo Modena, 6 giugno 2009 Anno accademico 2008-2009 Istituto MEME s.r.l.- Modena Associato Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. - Bruxelles PATRIZIA SAVANI – Scuola di Specializzazione Triennale in ARTI TERAPIE (2° anno) A.A. 2008/2009 Indice dei contenuti 1. Introduzione 1.1 Il linguaggio delle emozioni……………………………….3 1.2 Descrizione dei contenuti della tesi………………………..6 2. Pensiero paradigmatico e pensiero narrativo…………………..8 3. La trasformazione delle trame narrative a scopo terapeutico………………………………………………………...12 4. I Diapason Emozionali ………………………………………….16 4.1 Fiaba Terapia……………………………………………...18 4.2 Poesia Terapia…………………………………………….26 4.3 Cinema Terapia…………………………………………...29 5. L’utilizzo dei diapason emozionali nei setting di arte terapia …………………………………………………... 34 5.1 Mondi invisibili e mondi possibili Laboratorio di Arte Terapia con utilizzo della fiaba………36 5.2 C’era una volta…me! Laboratorio Arte Terapia con utilizzo della narrazione…...40 5.3 Oceano orizzonte Laboratorio Arte Terapia con utilizzo della poesia……….43 1 Istituto MEME s.r.l.- Modena Associato Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. - Bruxelles PATRIZIA SAVANI – Scuola di Specializzazione Triennale in ARTI TERAPIE (2° anno) A.A. 2008/2009 6. Considerazioni finali ……………………………………………46 7. Bibliografia ……………………………………………………...47 2 Istituto MEME s.r.l.- Modena Associato Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. - Bruxelles PATRIZIA SAVANI – Scuola di Specializzazione Triennale in ARTI TERAPIE (2° anno) A.A. 2008/2009 1. Introduzione 1.1 Il linguaggio delle emozioni Le comportano emozioni sono l’attivazione esperienze di processi multidimensionali, fisiologici, che cognitivi, motivazionali, espressivo-comunicativi e sociali. Esse organizzano il mondo cognitivo-affettivo del soggetto, mediando il rapporto tra organismo ed ambiente. Le emozioni non sono separate dall’attività cognitiva, al contrario, le più recenti acquisizioni in campo delle neuroscienze, tendono a confermarle come aspetto particolare dell’atto cognitivo. Il neuroscienziato A. Damasio (1995), sostiene nel suo celebre testo L’errore di Cartesio, Emozione ragione e cervello umano, che esiste un continuum di momenti emotivi, linguistici e percettivi nell’esperienza umana, un sistema interagente non riconducibile a qualche ordine lineare. Egli affida alle emozioni una funzione essenziale ai fini dell’attività cognitiva razionale, ipotizzando addirittura un blocco del processo decisionale nel caso di loro assenza o disequilibrio. Processi emotivi e processi cognitivi sono attivati d’altra parte in un contesto relazionale. G. Bateson (1976), a questo proposito, sostiene che “le emozioni ci parlano non di cose, ma di relazioni”, sottolineando questa loro grande valenza comunicativa, fungendo da elemento di condivisione nel contesto in cui vive il soggetto, la popolazione di appartenenza, la sua cultura: esse abitano lo spazio transizionale (Winnicott, 1974) 3 Istituto MEME s.r.l.- Modena Associato Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. - Bruxelles PATRIZIA SAVANI – Scuola di Specializzazione Triennale in ARTI TERAPIE (2° anno) A.A. 2008/2009 delle relazioni, essendo condivise da gruppi di individui all’interno di matrici culturali diverse. Il linguaggio delle emozioni è l’universo non verbale, simbolico, delle immagini, che danno voce ai nostri vissuti, ai ricordi, alle paure: è il linguaggio analogico dei colori, delle sinestesie, dei gesti e delle azioni, che esprimono l’emozione del singolo ed insieme il sentire di gruppi di individui interagenti in un determinato contesto di riferimento. Ogni percezione proveniente dall’ambiente o da uno stato interiore dell’uomo o emergente dai suoi stati affettivi, viene rielaborata e rappresentata in immagini. J. Hillmann (1983), afferma che “non è l’uomo che va curato, ma le immagini del suo ricordo, perché il modo in cui ci raccontiamo e immaginiamo la nostra storia, influenza il corso alla nostra vita”. W. Bion (1950), sostiene d’altra parte che l’immagine sia “l’unica traduzione possibile dell’emozione”, donandole infatti una figurabilità e rendendo pensabili dei patterns altrimenti taciti, inconsci. Emozione ed immagine sono dunque profondamente interconnesse, l’una alimenta l’altra, permettendo all’uomo di vivere l’esperienza del “pensare per immagini”, che rappresenta una modalità metaforica di elaborazione delle informazioni, così come sperimentiamo quotidianamente nei sogni. L’uomo pensa usando immagini che emergono dal gioco relazionale, dalle interazioni e dalla loro valenza emotiva. Esse vanno a costituire dei veri e propri “schemi per immagini”, ossia delle strutture cognitive ed affettive che alimentano le personali immagini mentali, rendendole 4 Istituto MEME s.r.l.- Modena Associato Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. - Bruxelles PATRIZIA SAVANI – Scuola di Specializzazione Triennale in ARTI TERAPIE (2° anno) A.A. 2008/2009 prima visualizzabili e poi verbalizzabili. Nell’immagine convivono d’altra parte forma, contenuto, processo, archetipi, metafore e simboli delle dinamiche personali e relazionali dei soggetti, assurgendo al ruolo di fondamentali mediatori di processi emotivi nel contesto di una relazione d’aiuto. Risulta ora chiaro come emozioni ed immagini siano a loro volta indissolubilmente connesse ai concetti di consulenza e di terapia. Ciò risulta tanto vero, che lo psicoterapeuta Antonino Ferro (1996) arriva a dichiarare di vedere nelle immagini portate dai pazienti in seduta o descritte nei loro sogni, dei veri e propri “pittogrammi”, ossia degli affreschi della realtà così come loro la stanno vivendo nel qui ed ora del contesto terapeutico. La consapevolezza della profonda interconnessione esistente tra processi cognitivi, emozioni, immagini, arte, processi trasformativi consulenza e terapia, unitamente al desiderio di esplorare nuove possibili risorse da utilizzare nel contesto di progetti arte terapeutici, mi ha motivato ad approfondire la ricerca di quelli che ho liberamente definito i “diapason emozionali”, ossia di tutti quegli strumenti espressivi, fiabe, sequenze cinematografiche, poesie, biografie, che possono diventare detonatori ed amplificatori di emozioni. Oggetto del mio studio riguarda dunque l’approfondimento delle potenzialità e peculiarità di tali strumenti terapeutici e delle tecniche ad essi connesse, al fine di poterli utilizzare creativamente all’interno di setting di arte terapia. 5 Istituto MEME s.r.l.- Modena Associato Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. - Bruxelles PATRIZIA SAVANI – Scuola di Specializzazione Triennale in ARTI TERAPIE (2° anno) A.A. 2008/2009 1.2 Descrizione dei contenuti della tesi Nelle pagine introduttive sono state descritte le emozioni, insieme alla loro stretta connessione ai processi cognitivi e decisionali dell’individuo ed è stato esplorato il linguaggio con cui esse vengono espresse, che è il linguaggio analogico, non verbale, delle immagini. Esse costituiscono, come descritto, fondamentali strumenti di significazione e di intermediazione all’interno delle relazioni d’aiuto. Nel capitolo 2, l’orizzonte si allarga alla descrizione e all’approfondimento teorico delle due coesistenti ed interagenti modalità di pensiero: il pensiero narrativo, mediato dalle immagini e dalla loro connessione con la matrice relazionale e sociale dell’uomo, ed il pensiero paradigmatico, tipico del ragionamento razionale, scientifico, a-temporale e lineare. Si enunciano inoltre le più recenti teorie che descrivono il rapporto tra realtà, narrazioni e vita mentale dell’individuo, nonché le nove proprietà del pensiero narrativo, così come postulate da uno dei suoi più famosi studiosi, Jerome Bruner (1991). Nel capitolo 3, viene approfondito il ruolo del pensiero narrativo e delle immagini, connesso ai concetti di trasformazione e di cambiamento, legati a loro volta in modo stretto, secondo il modello sistemico-relazionale, al concetto di apprendimento. Dall’interconnessione di tali elementi, si approda all’utilizzo della trasformazione delle trame narrative a scopi terapeutici, con la 6 Istituto MEME s.r.l.- Modena Associato Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. - Bruxelles PATRIZIA SAVANI – Scuola di Specializzazione Triennale in ARTI TERAPIE (2° anno) A.A. 2008/2009 descrizione degli approfondimenti teorici e metodologici di C. Sluzki (1991) e di M. White (1992). Nel capitolo 4 si esplicitano ruolo e funzioni dei cosiddetti diapason emozionali, denominazione fantasiosa attribuita a tutti quegli strumenti e a quelle tecniche utilizzabili allo scopo di facilitare l’attivazione di risonanze emotive e sinestesiche, utili a fini trasformativi all’interno di setting di Arte Terapia o più in generale di contesti terapeutici. Nelle pagine a seguire, si approfondisce poi lo studio dei riferimenti teorici e storici e delle possibili applicazioni pratiche dei principali diapason emozionali, la fiaba, la poesia, il cinema. Il capitolo 5 raccoglie il frutto delle considerazioni e delle premesse precedentemente descritte, per ipotizzare l’uso dei diapason emozionali all’interno di setting arte terapici, fornendo la descrizione di alcune proposte di laboratori esperienziali. Nelle considerazioni finali (capitolo 6) si esplicitano i miei futuri programmi di intervento e di applicazione dei diapason emozionali ed eventuali spunti di ricerca ad essi collegati. Nel capitolo 7 si elencano tutti i riferimenti bibliografici utilizzati per lo sviluppo della tesi. 7 Istituto MEME s.r.l.- Modena Associato Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. - Bruxelles PATRIZIA SAVANI – Scuola di Specializzazione Triennale in ARTI TERAPIE (2° anno) A.A. 2008/2009 2. Pensiero paradigmatico e pensiero narrativo L’interconnessione tra emozioni, immagini e terapia, è resa possibile dalla facoltà della nostra mente di attingere fisiologicamente alle risorse del pensiero narrativo. Esso rappresenta una forma di narrazione mentale spontanea di eventi, una sorta di rielaborazione della realtà, utilizzata sin da bambini e dagli adulti, per far fronte a compiti adattivi connessi al mondo delle relazioni sociali, al fine di dare un senso agli eventi, di riorganizzare le memorie ed il proprio quotidiano, adattandolo ed integrandolo ai propri vissuti ed al proprio contesto emozionale e cognitivo. Il pensiero narrativo può anche essere definito un pensiero sociale, perché si attiva soprattutto in contesti e situazioni sociali; i suoi contenuti sono le azioni, caratterizzate da un dinamismo spaziotemporale, e le intenzioni, mediate da aspettative, credenze e convinzioni personali e che rappresentano una vera e propria chiave di lettura della narrazione, permettendo una concatenazione causale degli eventi ai quali dona senso e significato. A. Smorti (1994), insiste su questa valenza sociale del pensiero narrativo, sottolineandone lo scopo di fornire al soggetto un’interpretazione ai fatti umani, attraverso la creazione di una storia basata sull’intenzionalità degli attori e sulla sensibilità al contesto. Secondo lo studioso, il pensiero narrativo è “linguisticamente sintagmatico, nel senso che l’asse del suo linguaggio è orizzontale e riguarda tutte le possibili opzioni sintattiche per concatenare le parole o le frasi tra loro. Il pensiero narrativo è inoltre ideografico, nel senso 8 Istituto MEME s.r.l.- Modena Associato Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. - Bruxelles PATRIZIA SAVANI – Scuola di Specializzazione Triennale in ARTI TERAPIE (2° anno) A.A. 2008/2009 che ricerca le leggi relative al caso singolo” (Smorti A., 1994). Jerome Bruner (1986, 1990, 1991; cit. in Boscolo e Bertrando, 1993), grande studioso del pensiero narrativo, lo distingue dal pensiero paradigmatico, caratterizzato dall’uso di argomentazioni logiche, di categorizzazioni e di un linguaggio coerente e non contraddittorio per delineare e descrivere una realtà empirica. Il pensiero paradigmatico è tipico del ragionamento scientifico e, secondo la definizione di Smorti (Smorti A., 1994), esso “implica la costruzione di classi di equivalenze, di gerarchie, di categorie con rapporti di inclusività, di proposizioni libere dal contesto, formali, astratte dal tempo. È nomotetico e paradigmatico. Fa uso di categorie e di costrutti prestabiliti, generali e depositati in memoria…”. Il pensiero narrativo utilizza invece il linguaggio metaforico, simbolico, della similitudine, per descrivere racconti possibili, anche se non necessariamente scientificamente. Il pensiero verificati narrativo logicamente accoglie o tali testati racconti immaginari in un orizzonte più ampio di possibilità o di punti di vista, fino a creare e proporre nuovi mondi, ove siano sperimentabili, almeno emotivamente, soluzioni differenti al proprio esistere. Pensiero narrativo e pensiero paradigmatico non sono tuttavia in contraddizione, ma si adattano e si attivano in contesti differenti. Le narrazioni, permettono di passare da una logica predicativa, più coerente con il pensiero paradigmatico, che analizza e contempla un solo mondo per volta sviluppato in modo lineare, ad una logica modale, che propone varie e sempre nuove soluzioni creative al proprio vivere quotidiano. Esse rendono possibile la costruzione di 9 Istituto MEME s.r.l.- Modena Associato Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. - Bruxelles PATRIZIA SAVANI – Scuola di Specializzazione Triennale in ARTI TERAPIE (2° anno) A.A. 2008/2009 una realtà al congiuntivo, contrapposta ad una realtà all’indicativo (J. Bruner, 1991). Lo studioso ci offre un’importante sintesi del rapporto esistente tra realtà, narrazioni e vita mentale dell’individuo: □ Egli sostiene anzitutto che il confronto con il quotidiano genera narrazioni mentali (definite implicite), o narrazioni interpersonali (definite esplicite); □ Tali narrazioni determinano il personale significato attribuito al quotidiano stesso; □ Il significato attribuito agli eventi modula a sua volta gli effetti sulle future esperienze e sulle relazioni, in un processo ricorsivo circolare in cui sono le storie raccontate piuttosto che gli eventi oggettivi, a determinare significato ai propri vissuti; □ Le narrazioni rappresentano cornici delle esperienze vissute dal soggetto. Esse valorizzano alcuni aspetti e nel contempo ne tralasciano altri in modo arbitrario; □ Le storie di ogni individuo sono fortemente influenzate dai racconti precedenti e dai cosiddetti temi predominanti nella vita del singolo; □ Le storie di ogni individuo possono essere influenzate anche dalle narrazioni collettive del gruppo costituente il proprio tessuto sociale. Secondo J. Bruner (1991), la narrazione influenza significativamente la percezione di Sé e guida atteggiamenti e comportamenti, proiettando i suoi effetti sul futuro. 10 Istituto MEME s.r.l.- Modena Associato Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. - Bruxelles PATRIZIA SAVANI – Scuola di Specializzazione Triennale in ARTI TERAPIE (2° anno) A.A. 2008/2009 Narrazioni ed identità del soggetto intrecciano dunque una relazione profonda che si consolida nel rapporto con gli altri e nella produzione delle cosiddette narrazioni cooperative. Esse sono alla base di quella che G. Mantovani (1999) descrive come costruzioni narrative dell’identità. Approfondendo lo studio della narrazione, J. Bruner (1991) ne identifica 9 proprietà. Esse sono: 1. La sequenzialità: ogni evento narrato è organizzato secondo una sequenza spazio-temporale; 2. La particolarità: il contenuto della narrazione è un episodio specifico; 3. L’intenzionalità: le intenzioni umane guidano le azioni; 4. L’opacità referenziale: le narrazioni non sono vere, bensì verosimili e descrivono eventi possibili, più che reali; 5. La componibilità ermeneutica: l’interpretazione fornita attraverso la narrazione delinea il legame tra i singoli eventi della storia ed il tutto; 6. La violazione della canonicità: si presentano spesso eventi inattesi che rompono lo schema della routine; 7. La composizione pentadica: in ogni narrazione si distinguono 5 elementi: attore, azione, strumento, scopo, contesto; 8. L’incertezza: essa deriva dall’espressione di uno dei mondi possibili, quello risonante con il qui ed ora del narratore; 9. L’appartenenza ad un genere: il modo personale di narrare le proprie storie rientra in alcune categorie letterarie. 11 Istituto MEME s.r.l.- Modena Associato Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. - Bruxelles PATRIZIA SAVANI – Scuola di Specializzazione Triennale in ARTI TERAPIE (2° anno) A.A. 2008/2009 3. La trasformazione delle trame narrative a scopo terapeutico Le premesse appena descritte permettono di connettere più approfonditamente i concetti di emozioni, immagini, pensiero narrativo, con quello di consulenza e di terapia. Nell’approccio sistemico-relazionale, in particolare, il processo terapeutico è profondamente connesso a quello di trasformazione e di cambiamento. Il concetto di trasformazione, implica dal punto di vista epistemologico, un mutamento più o meno vistoso della forma, che è “il principio attivo di distinzione dell’essenza, dinamicamente contrapposto a materia, sia nei dati esteriori che nei dati strutturaliorganizzativi” (Frison R., Bassoli F., 1998, pag.25) Il cambiamento si innesta invece in un processo sostitutivo che riguarda, in tutto o in parte, sia la sostanza che l’aspetto (Frison R., Bassoli F, op.cit.). Secondo il modello sistemico, entrambi i concetti di trasformazione e di cambiamento sono a loro volta interconnessi a quello di apprendimento, che si realizza secondo un processo non lineare, bensì circolare, in un contesto di deuteroapprendimento. Esso rappresenta il livello due di apprendimento secondo la concezione di G. Bateson (1976) ed implica una continua e dinamica co-costruzione della realtà. I suoi ingredienti sono la costruzione, lo scambio e la negoziazione, ossia elementi relazionali che non prescindono mai dal contesto sociale in cui vive il soggetto. 12 Istituto MEME s.r.l.- Modena Associato Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. - Bruxelles PATRIZIA SAVANI – Scuola di Specializzazione Triennale in ARTI TERAPIE (2° anno) A.A. 2008/2009 La terapeuticità dell’intervento deriva proprio dal saper innestare nel paziente un processo di cambiamento, che nasce dalla co-costruzione di storie alternative al proprio copione bloccato, attivando una trasformazione terapeutica delle trame narrative. Per fare questo, il terapeuta entra insieme al paziente, all’interno della sua narrazione, agendo sui fattori tempo e linguaggio insiti nella storia, al fine di poter co-costruire nuovi spazi, nuove esperienze e nuovi significati al suo esistere, sbloccando la situazione patologica e permettendo il recupero del dinamismo ad eventi cristallizzati non più vitali e funzionali al benessere psicologico del paziente. La trasformazione terapeutica implica dunque lo sblocco del nodo conflittuale e la sperimentazione, a livello emotivo, sinestesico e cognitivo, delle nuove immagini e trame narrative, partorendo la propria “storia meglio formata”(C. Sluzki, 1991). In queste situazioni il problema centrale del paziente può talvolta trasformarsi in un problema secondario, o addirittura, in un nonproblema; in altri contesti può addirittura rivelarsi una risorsa inaspettata. Secondo C. Sluzki (1991), grande studioso del potere terapeutico delle narrazioni, la trasformazione delle trame narrative in un progetto di terapia o di consulenza, può riguardare due aspetti: 1) le trasformazioni nella natura delle storie: In questo caso si fa leva sui fattori chiave della natura delle narrazioni, che Sluzki identifica nel tempo, spazio, causalità, interazioni e valori. 13 Istituto MEME s.r.l.- Modena Associato Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. - Bruxelles PATRIZIA SAVANI – Scuola di Specializzazione Triennale in ARTI TERAPIE (2° anno) A.A. 2008/2009 Le trasformazioni nel tempo, si ottengono a seguito del passaggio terapeutico da una condizione statica, a-storica, ad una dinamica, reintrodotta nel flusso vorticoso della vita. L’uso da parte del terapeuta di un linguaggio appropriato e di domande circolari, permette lo sblocco di queste situazioni di stallo del paziente. Le trasformazioni nello spazio sono conseguenti al passaggio da una situazione non contestuale, ad una cornice di accadimento maggiormente definita e collocata. Le trasformazioni nella causalità, derivano da un percorrere insieme un cammino fino alle cause dei problemi, per ricercare una soluzione creativa. Le trasformazioni nell’interazione, permettono di modificare le percezioni stabili e cristallizzate all’interno di relazioni fondamentali del paziente, in valutazioni maggiormente sfumate e dinamiche, in cui sono progressivamente abolite le etichette con le quali vengono raffigurate mentalmente ed emozionalmente le persone e le interazioni dominanti. La trasformazione nei valori della narrazione implica il cambiamento di attributi ed intenzioni. 2) le trasformazioni nella narrazione della storia: Tali trasformazioni attivate dal terapeuta permettono di mutare strategicamente la percezione del protagonista della storia da vittima ad attore. Tale processo, che attiva il senso di responsabilità del soggetto, può essere ottenuta attraverso l’applicazione della strategia dell’esternalizzazione. 14 Istituto MEME s.r.l.- Modena Associato Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. - Bruxelles PATRIZIA SAVANI – Scuola di Specializzazione Triennale in ARTI TERAPIE (2° anno) A.A. 2008/2009 M.White (1992, a cura di U. Telfener), propose per primo tale approccio, che consente la trasformazione del sintomo in caratteristiche esterne, materializzate in un personaggio autonomo, contro cui poter combattere ed interagire. In questo modo si separa la persona dal suo problema, riducendo la tensione emotiva del paziente e permettendogli in questo modo di allargare le possibilità di trovare una soluzione al nodo conflittuale ora esternalizzato. A partire dagli studi di C. Sluzki (1991) e di M. White (1992), l’uso del racconto biografico, definito anche metodo narrativo-biografico, o terapia narrativa, è diventato un metodo oggi molto utilizzato in ambito terapeutico e nei contesti di relazione d’aiuto, a fini trasformativi e di sviluppo della consapevolezza (insight). All’interno di sedute, preferibilmente di gruppo, il soggetto diventa narratore e nel contempo attore del proprio Sé, offrendo continuità e coerenza ai propri descritti vissuti. Lo scambio e l’incontro con le narrazioni altrui, stimola poi la ricerca di soluzioni creative al proprio vissuto, vivendo direttamente l’effetto prodotto dal cambiamento dei propri schemi. Oltre alla narrazione spontanea di vissuti attraverso la tecnica del racconto biografico, sono nate nel tempo diverse microtecniche trasformative, che attingono alle immagini e narrazioni prese in prestito al mondo artistico. 15 Istituto MEME s.r.l.- Modena Associato Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. - Bruxelles PATRIZIA SAVANI – Scuola di Specializzazione Triennale in ARTI TERAPIE (2° anno) A.A. 2008/2009 4. I Diapason Emozionali La terapeuticità dell’arte consta nel permettere all’uomo, attraverso le immagini e le narrazioni alle quali rimanda, l’apertura di una finestra su un mondo altro, nel quale prendono forma diverse alternative al proprio esistere e dove diventa possibile sperimentare come alcune doti, quali ad esempio la volontà, il coraggio, l’innovazione, possano determinare significative e quasi magiche modificazioni nelle storie umane. L’attivazione di tali processi, realizza l’esperienza di quella che Bruner definisce una “colonia di Sé possibili”. Non esiste un mondo oggettivo, bensì co-costruito attraverso la rete delle relazioni, filtrato dalla personale osservazione, dalle esperienze soggettive pregresse e dalle interconnessioni con ogni elemento interiore od esteriore entri a far parte del contesto. D’altra parte, come disse Nelson Goodman (1968), “scienza ed arte sono due sistemi di costruzione del mondo”, non contrapposti, bensì interagenti sinergicamente tra loro. Nell’arte, le immagini parlano attraverso il linguaggio dei simboli che veicolano, intrecciati in rapporti complessi e mediati dal contesto biopsico-sociale specifico di ogni individuo. Esse occupano lo spazio transizionale del regno della fantasia, della creatività, dell’arte e della vita simbolica, creando nuovi ponti comunicativi utilizzabili a fini terapeutici, o promuovendo, come abbiamo visto, lo sviluppo del benessere individuale, attraverso l’attivazione di inaspettate soluzioni creative e trasformative delle 16 Istituto MEME s.r.l.- Modena Associato Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. - Bruxelles PATRIZIA SAVANI – Scuola di Specializzazione Triennale in ARTI TERAPIE (2° anno) A.A. 2008/2009 storie personali. Allargando ora l’orizzonte all’ambito applicativo, risulta facilmente comprensibile come immagini prese in prestito a varie forme di espressione artistica ed opportunamente selezionate da arte terapeuti, psichiatri, psicologi o psicoterapeuti, possono essere utilizzate all’interno di mirati progetti terapeutici e di setting arte terapici, quali attivatori ed amplificatori di emozioni a scopo trasformativo, assurgendo a ruolo di veri e propri “diapason emozionali”. Le immagini emergenti dalla lettura di fiabe o di poesie, o quelle evocate dal paziente all’interno di sedute di scrittura creativa, oppure le immagini in movimento tipiche delle narrazioni filmiche, con il loro intrinseco potere evocativo, toccano intensamente la sfera dell’emotività, entrando in risonanza con esperienze, conflitti, desideri e paure personali. Si analizzano qui di seguito alcune tra le più rappresentative e conosciute forme artistiche del nostro tempo, che possono essere utilizzate a fini riabilitativi, terapeutici o come promotori di processi stimolanti il benessere psicologico dei fruitori. 17 Istituto MEME s.r.l.- Modena Associato Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. - Bruxelles PATRIZIA SAVANI – Scuola di Specializzazione Triennale in ARTI TERAPIE (2° anno) A.A. 2008/2009 4.1 Fiaba Terapia “La fiaba agisce da ponte tra realtà ed immaginazione, tra corpo e pensiero, tra materia e spirito, tra emisfero destro e sinistro. Gli archetipi contenuti nelle fiabe agiscono su tutti i sensi”. (M. R. Parsi, Riza Scienze, 1990, n.38) La storia della fiaba ha origini molto antiche. In Egitto sono state ritrovate favole incise su papiri e stele; nelle opere di Platone si legge che le anziane raccontassero ai bimbi seduti davanti al fuoco, storie simboliche, o mythoi, connesse con la loro educazione alla vita. Di certo, almeno fino al XVII e XVIII secolo, esse hanno rappresentato una forma preziosa di intrattenimento e di occupazione spirituale. L’interesse scientifico per le fiabe inizia tuttavia a partire dalla fine del XVIII secolo con gli studiosi Hamann e Herder (cit. in Le fiabe interpretate M. L. Von Franz, 1980), che le ritennero portatrici di simboli di una fede antica a lungo sepolta. Al tempo dei fratelli Grimm nacque poi la scuola simbolica con Christian Heyne e Joseph Gorres (cit. in M. L. Von Franz, 1980), i quali ipotizzarono che i miti fossero l’espressione simbolica di realtà e pensieri filosofici o di insegnamenti mistici su Dio ed il mondo. Ludwig Laistner (1889), avanzò la tesi che i temi delle fiabe derivassero dai sogni; vent’anni prima, un altro studioso, Adolf Bastian (1868), correlava fiabe e miti con i pensieri elementari dell’umanità, idea molto vicina a quella junghiana degli archetipi. Da C. G. Jung in poi, fiorirono tante scuole basate per lo più sull’interpretazione psicoanalitica delle fiabe e la fiaba-terapia. 18 Istituto MEME s.r.l.- Modena Associato Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. - Bruxelles PATRIZIA SAVANI – Scuola di Specializzazione Triennale in ARTI TERAPIE (2° anno) A.A. 2008/2009 Si ricorda a questo proposito il lavoro di B. Bettelheim (1978), che ripropone la visione della fiaba secondo il punto di vista junghiano, attribuendole valore proprio, al pari dei sogni. Ne Il mondo incantato, Bettelheim (1978), educatore e psicoterapeuta infantile, riconosce alla fiaba il potere di recare importanti messaggi alla mente conscia, preconscia ed subconscia, assurgendo ad archetipi universali e offrendo nuove dimensioni all’immaginazione del bambino, dimensioni che egli non potrebbe scoprire da solo. Secondo lui, la forma e la struttura della fiaba suggeriscono al bambino immagini per mezzo delle quali egli può strutturare i propri sogni ad occhi aperti e con essi fornire una migliore direzione alla propria vita. Egli ricorda come miti e fiabe possano assurgere a questo compito, ma in modo sostanzialmente diverso: i miti offrono soluzioni confezionate e statiche, mentre le fiabe sono allusive, ossia propongono possibili scenari di svolta, mai esplicitati in modo chiaro, ma permettendo al bambino di lavorare liberamente con la propria fantasia , decidendo se e come applicare a se stesso quanto viene rivelato dalla storia circa la vita e la natura umana. Anche le terapeute Verena Kast (2006) e Marie-Louise Von Franz (1980), seguono questo modello teorico di riferimento. Al di là delle correnti di pensiero ed oltre i modelli del filone tipicamente interpretativo, appare certo che la lettura di brani di fiabe popolari, oppure le narrazioni fantastiche liberamente inventate dal paziente nel contesto di sedute di fiabazione e di scrittura creativa, 19 Istituto MEME s.r.l.- Modena Associato Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. - Bruxelles PATRIZIA SAVANI – Scuola di Specializzazione Triennale in ARTI TERAPIE (2° anno) A.A. 2008/2009 possono diventare all’interno di un progetto terapeutico, come abbiamo visto, potenti strumenti di evoluzione personale e di trasformazione interiore, in grado di esprimere tutto il loro prezioso potenziale nella cornice e nello spazio rappresentativo e specifico del racconto fantastico. Tuttavia, mentre l’immaginario e la fantasia non specificamente indirizzate rappresentano un mare illimitato e senza confini con cui arricchire il quotidiano in modo piacevole, ma senza valenza terapeutica, la fiaba opportunamente scelta dal terapeuta ed inserita all’interno di un articolato progetto, veicola simboli e contatta archetipi più definiti e contenenti temi-chiave spesso condivisi dagli individui, che consentono di indirizzare attenzioni specifiche e conseguentemente di donare una finalità all’immaginario stesso, incanalando e circoscrivendo la fantasia all’interno di una specifica area d’azione, fonte preziosa di informazioni con cui poter formulare ipotesi nel contesto terapeutico. Come afferma P. Santagostino (2006), “la fiaba è un materiale di cui siamo fatti: il nostro corpo è fiaba, la nostra immagine esterna, i nostri interni sono fiabe. E fiaba è l’odio e l’amore, gli incontri e gli addii… Fiaba è il tema, come motivo musicale conduttore, delle nostre vite… sono strade nel viaggio della vita, della conoscenza, della consapevolezza”. La fiaba è un’immagine in movimento, che esprime le forze in gioco e le sue relazioni e permette di rivelare al terapeuta ogni elemento che non passa attraverso il linguaggio digitale. È una sorta di prodotto intermedio tra una comunicazione verbale ed un sogno. 20 Istituto MEME s.r.l.- Modena Associato Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. - Bruxelles PATRIZIA SAVANI – Scuola di Specializzazione Triennale in ARTI TERAPIE (2° anno) A.A. 2008/2009 Nella struttura della fiaba è possibile riconoscere la composizione pentadica della narrazione (Bruner, 1991), cui si faceva cenno nel paragrafo precedente: attore (protagonista, eroe); azione (l’evento specifico); strumento (la bacchetta magica, ecc.); scopo ( viene sempre esplicitato l’obiettivo dell’eroe, come il conquistare la principessa e liberarla dall’incantesimo, o vincere draghi, ecc.); contesto (il luogo ed il contesto sociale in cui si iscrive la storia, come la foresta incantata, oppure la corte del re, ecc.). Elemento comune a tutte le narrazioni fiabesche è rappresentato dall’apparire di una situazione imprevista (principio della violazione della canonicità, Bruner, 1991), che porta inevitabilmente il personaggio a vivere il passaggio da una condizione di quiete, ad un’altra migliore, attraverso il superamento di una serie di ostacoli ai quali fa fronte con coraggio e determinazione. Anche il racconto libero del paziente segue più o meno queste proprietà della narrazione, tuttavia, mentre la narrazione classica di una fiaba conduce, attraverso il superamento delle mille peripezie e colpi di scena, generalmente ad un lieto fine, la storia “malata” del paziente si è fermata ed inceppata nel nodo critico, non riuscendo più ad evolvere. È a questo punto che il terapeuta entra in azione, conducendo per mano il paziente non tanto per suggerirgli soluzioni confezionate, quanto per offrirgli gli strumenti attraverso i quali giungere autonomamente al superamento dell’impasse e permettere alla sua storia di procedere oltre, orientandosi verso una qualunque forma positiva. 21 Istituto MEME s.r.l.- Modena Associato Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. - Bruxelles PATRIZIA SAVANI – Scuola di Specializzazione Triennale in ARTI TERAPIE (2° anno) A.A. 2008/2009 L’arte del fiabare (l’action fabuleux) all’interno di sedute di fiabaterapia, significa dunque “agire la fiaba”, ossia viverla sia a livello personale che relazionale, per conseguire l’insight, che prelude ad una trasformazione della narrazione a scopo evolutivo. La potenzialità terapeutica della fiaba risiede anzitutto nel suo potere evocativo e nel suo collocarsi in un “altro spazio” e in un “altro tempo”, che consente al paziente di esprimere senza paura le proprie emozioni e conflitti, allontanando il timore del giudizio e l’urgenza di una loro risoluzione pratica. Nel “c’era una volta”, che tanti studiosi di mitologia definiscono l’illud tempus, si può giocare la possibilità di vivere in libertà e con sano distacco le situazioni suggerite dalla narrazione fantastica, restando fuori dalla realtà ordinaria, ma rendendo al contempo la nostra mente testimone delle tematiche inconsce emerse e dei processi profondi di trasformazione innescati. Un altro importante elemento di terapeuticità della fiaba è rappresentato dall’induzione spontanea di processi psicologici di proiezione e di identificazione con l’eroe, che porta il soggetto ad essere testimone di una realtà illusoria giocata da un terzo, ma comunque sperimentabile direttamente con i sensi, una realtà in cui alla fine tutto diventa possibile e magicamente realizzabile, a fronte del superamento dei peripéteia (peripezie), assimilabili alle difficoltà del quotidiano, risolte attraverso la messa in atto di soluzioni creative inaspettate e sempre nuove. All’interno della cornice della storia fiabesca, il paziente sperimenta 22 Istituto MEME s.r.l.- Modena Associato Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. - Bruxelles PATRIZIA SAVANI – Scuola di Specializzazione Triennale in ARTI TERAPIE (2° anno) A.A. 2008/2009 attraverso la sua identificazione con l’eroe o il protagonista del racconto, che ogni situazione può cambiare rapidamente, che l’apparente unica realtà si trasforma in uno degli infiniti mondi possibili, arricchendosi all’improvviso di nuove alternative da giocare, magari al semplice tocco di una bacchetta magica, oppure al rituale rintocco di un orologio. D’altra parte, il ricco mare di simboli e di azioni metaforiche contenute nelle fiabe, costituisce già di per sé per il paziente un “andare oltre” ai propri presunti limitati confini e questo potrà essere successivamente sperimentato anche nella sua realtà quotidiana, grazie alla traduzione metaforica dei contenuti simbolici della narrazione. Nelle sedute di fiaba-terapia è possibile selezionare e leggere alcune sequenze di fiabe classiche contenenti simbolicamente il nodo conflittuale del soggetto e successivamente invitare il paziente a fissare e tradurre le immagini evocate dalla lettura, attraverso i mezzi espressivi più vicini a lui, quali la pittura, il disegno o tramite la loro drammatizzazione; in alternativa, si può chiedere al paziente di riscrivere nuovamente la fiaba, ripercorrendola, trasformandola e modificandola liberamente secondo il proprio sentire, donandole un nuovo titolo, sigillo della personale possibilità di elaborare creativamente le proprie emozioni e di trasformarle all’interno del contesto narrativo. Tante sono le possibilità applicative a scopo terapeutico delle fiabe. P. Santagostino (2006), psicoterapeuta specializzata in medicina psicosomatica, utilizza l’arte della fiabazione spontanea per arrivare 23 Istituto MEME s.r.l.- Modena Associato Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. - Bruxelles PATRIZIA SAVANI – Scuola di Specializzazione Triennale in ARTI TERAPIE (2° anno) A.A. 2008/2009 alle radici del disturbo fisico del paziente e sbloccarne l’energia attraverso il ri-raccontarsi in forme nuove. In altri contesti terapeutici, se la situazione di stallo narrata permane e la fiaba non può procedere spontaneamente verso un finale gradevole, la Santagostino (2006), utilizza la tecnica del fare ripercorrere a ritroso la storia dei singoli personaggi-attori compresenti nel momento critico o drammatico, aiutando il soggetto a trovare autonomamente le radici dell’impasse ed a superarle in modo creativo, attraverso una rilettura giocosa delle relazioni tra i protagonisti della storia. In tutti i modelli e casi descritti in bibliografia, l’inventare, il creare, il costruire nuove storie, rappresenta in ogni caso per il paziente il presupposto per attivare un profondo cambiamento interiore e per sviluppare un’intelligenza emotiva e creativa (D. Goleman, 1996). Attraverso l’atto dello scrivere la propria fiaba, si assiste infatti all’attivazione dell’emisfero destro del cervello, che proietta il paziente in una dimensione di rilassatezza, di creatività, di disponibilità e di apertura, che lo aiuta a dar voce alla propria interiorità, creando un privato spazio rappresentativo in cui attivarsi e sperimentarsi in modo nuovo. La fiaba-terapia è indirizzata soprattutto agli adulti, sia in ambito preventivo o terapeutico di stati ansiosi, che in ambito di sviluppo personale e di promozione e terapia del benessere emotivo e psicologico dei soggetti. Nei bambini e negli adolescenti può essere invece un valido ausilio educativo all’interno di progetti più ampi di arti terapie volti a 24 Istituto MEME s.r.l.- Modena Associato Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. - Bruxelles PATRIZIA SAVANI – Scuola di Specializzazione Triennale in ARTI TERAPIE (2° anno) A.A. 2008/2009 stimolare l’espressività, il riconoscimento e l’accettazione delle proprie emozioni con finalità evolutive e di aumento della consapevolezza. 25 Istituto MEME s.r.l.- Modena Associato Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. - Bruxelles PATRIZIA SAVANI – Scuola di Specializzazione Triennale in ARTI TERAPIE (2° anno) A.A. 2008/2009 4.2 Poesia Terapia La poesia, sia essa espressa in versi sciolti, o in rima, o in sonetti, o in forma libera, o recitata su una musica, con il suo naturale potere liberatorio, rappresenta sin dalla notte dei tempi la forma più pura e spontanea di narrazione dell’anima, utilizzata per esprimere le profonde emozioni personali e sociali e trasformarle in immagini mentali condivise. È l’espressione corale dei sentimenti che albergano nel cuore degli uomini veicolati dall’utilizzo del pensiero narrativo, tanto importante come abbiamo visto, ai fini di riorganizzare le memorie e di conferire un senso alle emozioni universalmente riconoscibili. La poetry-therapy, o poesia-terapia, o psicopoetry, è una metodologia creativa facente capo a precisi riferimenti teorici e fondata su specifiche tecniche idonee, che utilizza versi poetici selezionati dal terapeuta con finalità di incrementare la consapevolezza e di supportare stati emotivi e cognitivi importanti per il recupero del benessere psicologico delle persone. Tale metodologia applicativa, orientata ad adulti ed adolescenti, deve essere condotta da terapeuti esperti, formati in modo specifico ed accurato su aspetti di psicologia applicata, di comunicazione e di poesia. Nella Poesia Terapia si parte dal colloquio motivazionale e dall’assessment, volto ad indagare la situazione psicologica del paziente, con l’ausilio di una seduta di lettura o di scrittura poetica; dopo la sottoscrizione del contratto terapeutico, si prosegue con un 26 Istituto MEME s.r.l.- Modena Associato Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. - Bruxelles PATRIZIA SAVANI – Scuola di Specializzazione Triennale in ARTI TERAPIE (2° anno) A.A. 2008/2009 percorso a progetto condiviso, che utilizza tecniche di autoosservazione guidata e si conclude con una rielaborazione finale del lavoro svolto e dei risultati ottenuti, fino all’esplorazione poetica autovalutativa di fine percorso. Come nella Fiaba Terapia, così anche nella Poesia Terapia il paziente è sollecitato ad esprimere le emozioni scaturite dai versi poetici, attraverso tecniche varie artistico-creative, letterarie o di drammatizzazione, di canto o di danza. Uno dei programmi di Poesia Terapia più conosciuti è il metodo Ten Poetry di M. Monaco (2006), che prevede un percorso in dieci fasi: si parte da sedute di auto-percezione e di rilassamento, per poi svilupparsi attraverso tecniche di esplorazione dei vissuti più importanti dei pazienti. Nelle varie fasi di questa metodologia, la poesia può essere via via affiancata alla cromoterapia, alla danza, al canto e all’uso di rituali simbolici di passaggio che sanciscono i processi trasformativi in atto. Nel percorso di Poesia Terapia, si utilizza spesso efficacemente la compilazione di diari di bordo da parte dei pazienti, con l’obiettivo di fissare e di documentare i risultati terapeutici e di esplorare insieme al terapeuta le tappe del percorso vissuto e delle trasformazioni osservate. Le principali tecniche psico-poetiche utilizzabili all’interno di percorsi individuali o di gruppo, sono: □ La scrittura poetica primitiva, che ricostruisce in chiave poetica, la situazione emotiva iniziale e finale del paziente 27 Istituto MEME s.r.l.- Modena Associato Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. - Bruxelles PATRIZIA SAVANI – Scuola di Specializzazione Triennale in ARTI TERAPIE (2° anno) A.A. 2008/2009 attraverso l’uso di alcune “parole chiave” che inneschino il processo introspettivo e narrativo; □ La poesia simbolica, utilizzata soprattutto in momenti critici di passaggio e di cambiamento per il paziente: si chiede al soggetto di comporre una creazione poetica in grado di descrivere in forma simbolica e metaforica le emozioni provate nel momento delicato vissuto; □ La poesia immaginativa, utile per affrontare situazioni ansiogene o di paura, propone letture di poesie in grado di promuovere una rilettura del Sé in chiave positiva; □ L’eco poetico, è una tecnica mediante la quale viene proposta al paziente la scrittura libera di poesie, sull’onda emotiva scaturita dalla precedente o contestuale lettura di selezionati brani poetici da parte del terapeuta; □ La poesia biografia, utilizza la libera narrazione in versi di situazioni molto rappresentative del Sé del paziente, attraverso tecniche di auto-percezione ed etero-percezione: tale metodologia sembra risultare molto utile nel migliorare alcune situazioni di conflitto tra coniugi o tra genitori e figli. 28 Istituto MEME s.r.l.- Modena Associato Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. - Bruxelles PATRIZIA SAVANI – Scuola di Specializzazione Triennale in ARTI TERAPIE (2° anno) A.A. 2008/2009 4.3 Cinema Terapia Il Cinema è un’arte relativamente moderna con caratteristiche peculiari, ma è soprattutto un’arte corale tra le più forti ed evocative, ricca di codici iconografici (Casetti e di Chio, 1991), ossia di modalità comunicative, che “… regolano la costruzione di figure complesse, ma fortemente convenzionalizzate e con un significato fisso”. Le narrazioni realizzate attraverso le immagini filmiche, intensamente simboliche, ci parlano attraverso il linguaggio metaforico del come se, spalancando all’osservatore i cancelli su nuovi mondi possibili. Secondo Leonardo Ancona (1977), nell’inconscio dell’uomo “ciò che è rappresentato fantasticamente è uguale come se fosse avvenuto realmente. La realtà è uguale alla fantasia per l’inconscio; la fantasia la protagonista inconscia che ci fa agire, ricordare e che ci fa percepire le cose così come non sono”. Cinema e fantasia, cinema e sogno, hanno d’altra parte avuto da sempre legami molto forti. Georges Méliès, pioniere della regia francese, già nel 1902 con il suo “Le Voyage dans la Lune”, aveva inaugurato un uso del cinema come macchina dei sogni, differenziandolo nettamente dalla fruizione meramente documentaristica che aveva connotato i suoi albori. P. Pancheri (2000) spiega che durante la proiezione filmica, si verifica una terza condizione di attivazione neurofisiologica della coscienza, oltre a quella di veglia e di sonno sognante, che lui definisce di “veglia sognante”; essa conduce lo spettatore fuori dalla realtà quotidiana, in modo molto simile a ciò che può sperimentare ogni 29 Istituto MEME s.r.l.- Modena Associato Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. - Bruxelles PATRIZIA SAVANI – Scuola di Specializzazione Triennale in ARTI TERAPIE (2° anno) A.A. 2008/2009 notte durante le fasi REM di sonno sognante. Il buio della sala cinematografica, la polarizzazione dell’attenzione dello spettatore sul tema dominante della storia, i meccanismi psicologici spontaneamente attivati di regressione, di amplificazione, di interiorizzazione e senso di connessione e appartenenza alla vicenda narrata, di proiezione e di identificazione con il protagonista della trama, la passività e la scarsa possibilità di interferenza da parte di stimoli esterni, sono tutti fenomeni ulteriormente esaltati dal codice iconico, ossia dal sofisticato linguaggio per immagini in movimento e dalle precise tecniche di montaggio e dei primi piani. Come sostiene A. Mercurio (1995), “i caratteri di questo nuovo alfabeto non sono più le lettere o le singole immagini, ma funzioni psicologiche trasfigurate nel nuovo lessico del montaggio: selezionare, scomporre, assemblare, tagliare ed incollare”. E, aggiunge M. Vinella (2002), “il vedere multimediale non solo unifica parole, suoni, immagini, ma introduce nel visibile le realtà simulate e le realtà virtuali”. Tali effetti indotti dalla visione cinematografica, nel loro complesso, innescano dunque nello spettatore, un potente effetto catartico, che ricorda alcuni processi di guarigione arcaici, come le cosiddette guarigioni per incubazione, che si svolgevano in speciali grotte sacre, sia in Africa, che in antico Egitto o in Grecia, o negli antichi villaggi nuragici in Sardegna, in cui veniva indotto al paziente un “sonnoincubatore”, da parte di sacerdoti solitamente preposti all’oniromanzia, con il fine di generare in lui fenomeni di catarsi, liberazione e guarigione. 30 Istituto MEME s.r.l.- Modena Associato Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. - Bruxelles PATRIZIA SAVANI – Scuola di Specializzazione Triennale in ARTI TERAPIE (2° anno) A.A. 2008/2009 Nell’intento di applicare la potenza simbolica dell’immagine cinematografica a contesti di psicoterapia, l’équipe del prof. Vincenzo Maria Mastronardi (2005) inizia a strutturare, a partire dal 1989, una ricerca sistematica delle immagini filmiche potenzialmente terapeutiche, dando vita agli albori della “Film Terapia”. Essa si struttura tuttavia in modo compiuto ed articolato a partire dai primi anni ’80, ad opera del prof. Antonio Mercurio (1995), che insieme a Paola Mercurio e successivamente ai collaboratori Gianpiero Ciappina e Paola Capriani (2007), danno vita ai laboratori di Sophia-Art e di Cosmo-Art della Sophia University of Rome (S.U.R.), fondati sui principi teorici della Antropologia Personalistica Esistenziale. Essa utilizza l’arte del Cinema, con la sua peculiare grammatica per immagini, a fini evolutivi e terapeutici, stimolando i soggetti a diventare artisti della propria vita. Approfondendo la sintesi tra linguaggio dell’arte e linguaggio della creatività, la Cinema Terapia si discosta dunque nettamente dall’utilizzo del cinema a fini ludici o di intrattenimento, per assurgere a valido strumento terapeutico con funzione di aiuto e di sostegno per tutti coloro che desiderino realizzare un percorso evolutivo e di crescita personale. La Cinema Terapia utilizza le emozioni grezze emergenti dalla visione di determinate sequenze filmiche, selezionate dagli esperti in funzione del loro carico evocativo, simbolico ed allegorico, per attivare un percorso di elaborazione, espressione e trasformazione delle immagini scaturite, innescando processi di cambiamento interiore profondo e di 31 Istituto MEME s.r.l.- Modena Associato Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. - Bruxelles PATRIZIA SAVANI – Scuola di Specializzazione Triennale in ARTI TERAPIE (2° anno) A.A. 2008/2009 acquisizione di nuove competenze. In tale percorso di gruppo, di tipo seminariale ed esperienziale, i partecipanti vengono stimolati ad esprimere le emozioni evocate dai film selezionati in funzione di una ben precisa tematica centrale, o chiave di lettura, attraverso le varie tecniche derivate dalle arti terapie, come la danza, il teatro, il canto, la musica, la pittura o il disegno. Con l’aiuto del gruppo, si lavora sulla lettura trasversale dei contenuti narrativi del film e sulla successiva trasformazione delle difficoltà e del disagio in atto creativo ed artistico, al fine di realizzare una nuova forma di bellezza, la cosiddetta bellezza seconda (A. Mercurio, 1995), che scaturisce da atti di consapevolezza che portano alla produzione concreta di emozioni liberatorie ed appaganti. La metodologia seguita dalla Cosmo-Art e Sophia-Art fa riferimento, come detto, ai fondamenti teorici dell’Antropologia Personalistica Esistenziale ideata dal prof. A. Mercurio; essa segue il filone delle scuole esistenziali e sistemiche, fondate sul pensiero intuitivo e qualitativo, piuttosto che su quello razionale-quantitativo. Durante i seminari esperienziali di Cinema-Terapia, si fa largamente uso dell’ironia, del paradosso, dell’auto-ironia, per esasperare e simbolizzare in tono bonario i propri percepiti limiti e per trovare poi una originale ed ironica ridefinizione del Sé, all’interno di una cornice accogliente e protetta, di uno spazio potenziale non giudicante, ove, in un clima ludico di leggerezza e di condivisione, l’impossibile viene gradualmente sostituito dal possibile. La Cinema Terapia si iscrive nell’ambito degli strumenti utili nella 32 Istituto MEME s.r.l.- Modena Associato Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. - Bruxelles PATRIZIA SAVANI – Scuola di Specializzazione Triennale in ARTI TERAPIE (2° anno) A.A. 2008/2009 prevenzione del disagio e nella psicologia del benessere dell’adulto e dell’adolescente, intervenendo soprattutto sull’area relazionale e sviluppandosi principalmente come percorso di auto-conoscenza, di consapevolezza e di trasformazione interiore. L’interesse crescente nei confronti di questa recente metodologia, ha portato negli ultimi anni vari autori a redigere articoli o testi di filmografia e di psicofilmografia, con l’intento di orientare il lettore alla selezione delle pellicole cinematografiche in funzione delle tematiche affrontate (bullismo, violenze in famiglia, conflitti coniugali, ecc.), o dei significati simbolici in esse rappresentati. Nella bibliografia sono citati alcuni riferimenti interessanti di filmografia e di psicofilmografia. 33 Istituto MEME s.r.l.- Modena Associato Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. - Bruxelles PATRIZIA SAVANI – Scuola di Specializzazione Triennale in ARTI TERAPIE (2° anno) A.A. 2008/2009 5. L’utilizzo dei diapason emozionali nei setting di arte terapia Descrizioni di possibili laboratori. L’approfondimento teorico descritto nelle pagine precedenti mi ha suggerito l’elaborazione di possibili progetti e laboratori arte terapici, con utilizzo dei diapason emozionali, che mi propongo di mettere in pratica nei prossimi mesi all’interno di contesti terapeutici condivisi in équipe. Nelle pagine a seguire si descrivono metodi, tecniche e modelli relativi a progetti di futura applicazione e quindi passibili di cambiamenti ed aggiustamenti a seguito delle necessarie verifiche in itinere. Per tutte le sotto descritte ipotesi di laboratorio di arte terapia, farò in ogni caso ricorso alle procedure generali di seguito elencate: Schema delle procedure: a) presentazione del caso in équipe; b) condivisione con gli operatori in équipe delle ipotesi relative al caso; c) elaborazione progetto arte terapia; d) condivisione della rete di interventi sul caso descritto; e) esplicitazione progetto al paziente e consenso al trattamento; f) allestimento setting e materiali in funzione dei casi trattati e delle tecniche utilizzate; 34 Istituto MEME s.r.l.- Modena Associato Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. - Bruxelles PATRIZIA SAVANI – Scuola di Specializzazione Triennale in ARTI TERAPIE (2° anno) A.A. 2008/2009 f) sedute di arte terapia: numero: variabile da caso a caso; tempo: generalmente un’ora e mezza per seduta; cadenza: di norma una volta la settimana. g) sedute di verifica con supervisione all’inizio, in fase centrale ed al termine del percorso; h) verifiche del progetto in rete in corso all’interno di riunioni di équipe e poi con il paziente ed eventuale abbandono della ipotesi, con riformulazione e ricondivisione delle nuove ipotesi; i) dimissioni; l) incontri catamnestici. 35 Istituto MEME s.r.l.- Modena Associato Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. - Bruxelles PATRIZIA SAVANI – Scuola di Specializzazione Triennale in ARTI TERAPIE (2° anno) A.A. 2008/2009 5.1 Mondi invisibili e mondi possibili Laboratorio di arte terapia con utilizzo della fiaba Modello di riferimento: il modello generale di intervento è quello sistemico-relazionale. La produzione dell’oggetto artistico come mediatore di processi trasformativi attinge al modello di D. Winnicott. Ambito di intervento: area della prevenzione del disagio e del benessere, contesto terapeutico dei disturbi somatoformi e dell’ansia generalizzata. Possibili fruitori: adulti e adolescenti. Obiettivi di intervento: aumentare la consapevolezza di Sé, liberare, riconoscere e gestire le emozioni, trasformare le trame narrative individuali a fini terapeutici o preventivi. Procedure generali e di conduzione: descritte sopra. Allestimento del setting: 1) il laboratorio: spazio accogliente, ben organizzato con carrelli dei materiali disposti ordinatamente al centro della stanza; 2) Materiali: materiali di recupero vari, plastilina, tempere, acrilici, pennelli di varie dimensioni, spugne, accessori (piatti, bicchierini,ecc.), matite colorate, gessetti, pennarelli di vari colori, coline, carta e cartoncini tipo Bristol di vari colori e dimensioni. 36 Istituto MEME s.r.l.- Modena Associato Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. - Bruxelles PATRIZIA SAVANI – Scuola di Specializzazione Triennale in ARTI TERAPIE (2° anno) A.A. 2008/2009 Metodo: laboratorio di gruppo (una decina di partecipanti) con compresenza del conduttore e di un osservatore partecipante; descrizione consegna; lettura del brano di una fiaba selezionata; laboratorio espressivo; restituzione di gruppo. Tecniche e procedure operative: desunte dalla Fiaba Terapia: accoglimento dei partecipanti in una cornice empatica ed accogliente; rituale di inizio con breve fase di rilassamento facilitato da un momento di riduzione della intensità dell’illuminazione nel laboratorio; lettura di un brano di una fiaba selezionata, che funge da catalizzatore ed attivatore di risonanze emotive e sinestesiche; successivo laboratorio espressivo con utilizzo mezzi pittorici e materiali di recupero messi a disposizione; dopo la fase espressiva è possibile proporre una eventuale riscrittura individuale della fiaba con assegnazione nuovo titolo; oppure è possibile proporre una drammatizzazione dei vissuti con lavoro di gruppo. Brano selezionato utilizzabile: Fedora Al centro di Fedora, metropoli di pietra grigia, sta un palazzo di metallo con una sfera di vetro in ogni stanza. Guardando dentro ogni sfera si vede una città azzurra che è il modello di un'altra Fedora. Sono le forme che la città avrebbe potuto prendere se non fosse, per una ragione o per 1'altra, diventata come oggi la vediamo. In ogni epoca qualcuno, guardando Fedora qual era, aveva immaginato il modo di farne la città ideale, ma 37 Istituto MEME s.r.l.- Modena Associato Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. - Bruxelles PATRIZIA SAVANI – Scuola di Specializzazione Triennale in ARTI TERAPIE (2° anno) A.A. 2008/2009 mentre costruiva il suo modello in miniatura già Fedora non era più la stessa di prima, e quello che fino a ieri era stato un suo possibile futuro ormai era solo un giocattolo in una sfera di vetro. Fedora ha adesso nel palazzo delle sfere il suo museo: ogni abitante lo visita, sceglie la città che corrisponde ai suoi desideri, la contempla immaginando di specchiarsi nella peschiera delle meduse che doveva raccogliere le acque del canale (se non fosse stato prosciugato), di percorrere dall'alto del baldacchino il viale riservato agli elefanti (ora banditi dalla città ), di scivolare lungo la spirale del minareto a chiocciola (che non trovò più la base su cui sorgere). Nella mappa del tuo impero, o grande Kan, devono trovar posto sia la grande Fedora di pietra sia le piccole Fedore nelle sfere di vetro. Non perché tutte ugualmente reali, ma perché tutte solo presunte. L'una racchiude ciò che è accettato come necessario mentre non lo è ancora; le altre ciò che è immaginato come possibile e un minuto dopo non lo è più. da: Le Città Invisibili di Italo Calvino, 1972 Motivazioni della scelta del brano: L’opera Le città invisibili di Italo Calvino (1972), può essere definita un romanzo metanarrativo, poiché spinge il lettore a riflettere sulla narrazione stessa, il suo linguaggio e le sue modalità espressive, fortemente evocative. Protagonista della raccolta di narrazioni è Marco Polo alla corte dell’imperatore dei Tartari, Kublai Khan, al quale egli fornisce, attraverso i suoi dispacci, descrizioni minuziose ed intense di città esistenti solo nella sua fantasia. Marco Polo riesce a guardare dove tutti gli altri non guardano, evoca dettagli che ad altri paiono invisibili. Fedora, tratto dal romanzo, è una di queste città invisibili ai più, la cui descrizione rimanda al lettore una matrioska di immagini 38 Istituto MEME s.r.l.- Modena Associato Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. - Bruxelles PATRIZIA SAVANI – Scuola di Specializzazione Triennale in ARTI TERAPIE (2° anno) A.A. 2008/2009 rappresentanti gli innumerevoli ed infiniti mondi possibili all’interno dello stesso mondo. Fedora è stata pensata e voluta da Marco Polo, solo per questo essa è da considerarsi vera. Nel centro della città, c’è un museo delle possibilità, che ospita innumerevoli immaginate città alternative a Fedora, mille versioni di essa, ciascuna delle quali si trova racchiusa in una sfera di vetro. Ognuno è creatore del proprio mondo, così come lo scrittore lo è dei suoi romanzi: la metafora suggerita dall’opera permette quindi di evocare e di vivere nell’espressività tali molteplici ed alternativi contesti di esistere e di presentarsi al mondo. Essa può dunque risultare una esperienza fortemente liberatoria, che suggerisce il grande potenziale trasformativo insito in ognuno di noi. 39 Istituto MEME s.r.l.- Modena Associato Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. - Bruxelles PATRIZIA SAVANI – Scuola di Specializzazione Triennale in ARTI TERAPIE (2° anno) A.A. 2008/2009 5.2 C’era una volta… me! Laboratorio di arte terapia con l’utilizzo della libera narrazione Il laboratorio, riferito al medesimo ambito ed obiettivi di intervento e di possibili fruitori di quello precedentemente descritto, utilizza le stesse procedure generali e propone anche la scelta degli stessi materiali. Tempo: 2 ore La tecnica qui utilizzata prevede la libera narrazione creativa, in un contesto di gruppo, della propria personale favola, scritta e poi verbalizzata a turno. Il racconto della storia è stimolato dal potere evocativo suggerito da un avvio attivato dal conduttore. L’arte terapeuta legge solo poche righe iniziali di una fiaba selezionata od inventata, ricca di connotati molto evocativi, del tipo: “ C’era una volta il magico paese di Serendipity, ove tutto ciò che era solo pensato dai suoi abitanti, si materializzava per incanto…”. I fase: Si chiede ad ogni partecipante di mettere per iscritto individualmente il prosieguo della storia, in modo libero e creativo (tempo concesso: 20 minuti). Per facilitare l’espressione libera e creativa, è possibile inserire una musica di sottofondo con volume basso, con caratteristiche di apertura (tipo Pat Metheny, The Map of the world, o altri similari). II fase: Al termine del tempo consentito, ognuno legge a turno la propria composizione libera, descrivendo al gruppo le sensazioni provate prima, durante ed al termine dell’esperienza creativa. 40 Istituto MEME s.r.l.- Modena Associato Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. - Bruxelles PATRIZIA SAVANI – Scuola di Specializzazione Triennale in ARTI TERAPIE (2° anno) A.A. 2008/2009 III fase: A coppie, ogni partecipante esprime, con l’ausilio dei mezzi pittorici messi a disposizione, o in alternativa con la voce o il canto, l’emozione e le sensazioni evocate dalla narrazione del compagno. IV fase: restituzione di gruppo dell’esperienza. Una variante del laboratorio, che prevede la scelta e la lettura da parte del conduttore di un brano di una fiaba che contenga un linguaggio più consono all’infanzia, può essere validamente proposta all’interno di sedute individuali di un’ora circa, con bambini per i quali sia stata precedentemente formulata una ipotesi di abuso. A questo proposito possono essere utilizzati brani di favole classiche con simboli collegabili alla sfera della sessualità, come Cappuccetto Rosso. A. Oliverio Ferraris e B. Graziosi (2001), nel loro testo Pedofilia: per saperne di più, hanno infatti ipotizzato che l’uso della fiaba in un contesto terapeutico, possa aiutare il bambino abusato a verbalizzare i propri vissuti traumatici, con maggiore libertà e senza paura del giudizio. Un elemento facilitante la libera narrazione in questo contesto potrebbe essere offerto dall’utilizzo della tecnica dell’esternalizzazione, che consiste nel far apparire in scena nel momento topico, un personaggio esterno, sul quale il bimbo possa riversare tutti i contenuti ed i vissuti temuti e paurosi. In questa proposta di laboratorio, dopo la lettura del brano-avvio da parte del conduttore e la successiva verbalizzazione da parte del bambino, potrebbe risultare molto utile trasformare il vissuto in 41 Istituto MEME s.r.l.- Modena Associato Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. - Bruxelles PATRIZIA SAVANI – Scuola di Specializzazione Triennale in ARTI TERAPIE (2° anno) A.A. 2008/2009 momento di gioco creativo e trasformativo, invitando il piccolo a disegnare e dipingere con colori il suo personaggio-salvatore, oppure un qualsiasi oggetto liberatorio (ad esempio una bacchetta magica o un altro elemento simbolico) che gli permetta di uscire per incanto dalla situazione di disagio. 42 Istituto MEME s.r.l.- Modena Associato Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. - Bruxelles PATRIZIA SAVANI – Scuola di Specializzazione Triennale in ARTI TERAPIE (2° anno) A.A. 2008/2009 5.3 Oceano orizzonte Laboratorio di arte terapia con utilizzo della Poesia Terapia Modello di riferimento: modello generale di tipo sistemico. Ambito di intervento: area della prevenzione del disagio, della cura di stati ansiosi, del supporto a stati emotivi e cognitivi importanti per il recupero del benessere psicologico. Possibili fruitori: adolescenti ed adulti. Obiettivi generali di intervento: aumentare la consapevolezza di Sé e delle proprie emozioni; aiutare a gestire momenti di crisi e di transizione importanti; stimolare l’espressione creativa; incrementare il benessere psicologico; sperimentare il potere trasformativo delle trame narrative. Procedure generali e di conduzione: come precedentemente descritto. In genere si prevedono una decina di sedute della durata di un’ora e mezza ciascuna. Allestimento del setting: vedere laboratori precedenti. Metodo: laboratorio di gruppo, con una decina di partecipanti; presenza di conduttore ed osservatore partecipante; lettura di un brano poetico da parte del conduttore; laboratorio espressivo; restituzione 43 Istituto MEME s.r.l.- Modena Associato Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. - Bruxelles PATRIZIA SAVANI – Scuola di Specializzazione Triennale in ARTI TERAPIE (2° anno) A.A. 2008/2009 gruppale. Tecniche: Poesia Terapia: Accoglimento empatico; avvio con breve momento di rilassamento con musica selezionata a volume basso; lettura di un brano poetico selezionato da parte del conduttore; laboratorio espressivo con uso mezzi pittorici, o canto o danza, o scrittura libera; restituzione di gruppo. In una seduta successiva si può chiedere ai partecipanti di realizzare a piccoli gruppi un totem, che riproduca le emozioni vissute in un rituale simbolico di passaggio che suggelli le trasformazioni in atto. Poesia selezionata: Oceano Orizzonte (anonimo) Oceano orizzonte Oceano di versi oceano di parole e di tempo senza tempo laddove soffia solo emozione che sprigiona aliti d’arcani destini scivolati piano come sabbia tra le dita d’un mago che vede sempre lontano Oltre il silenzio ed i sospiri d’una luna arcana e complice della notte. 44 Istituto MEME s.r.l.- Modena Associato Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. - Bruxelles PATRIZIA SAVANI – Scuola di Specializzazione Triennale in ARTI TERAPIE (2° anno) A.A. 2008/2009 Motivazione della scelta della poesia: di un artista anonimo, la poesia è fortemente evocativa e rimanda ad infinite possibilità da esplorare con la propria immaginazione e fantasia; contiene inoltre numerosi rimandi simbolici, che ogni partecipante potrà giocare liberamente e creativamente. Una possibile variante del laboratorio potrebbe essere rappresentata dalla proposta ai partecipanti, al termine della lettura del brano, di proseguire liberamente la poesia ed il suo possibile evolversi, utilizzando la tecnica dell’eco poetico (M. Monaco, op. cit.). Al termine, le composizioni sono poi lette a turno a voce alta nel momento della restituzione finale. 45 Istituto MEME s.r.l.- Modena Associato Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. - Bruxelles PATRIZIA SAVANI – Scuola di Specializzazione Triennale in ARTI TERAPIE (2° anno) A.A. 2008/2009 6. Considerazioni finali Lo studio e gli approfondimenti teorici descritti nei capitoli di questa tesi, hanno rappresentato per me un viaggio nella terra dei colori, dei gesti, delle risonanze emotive, dei profumi, degli incanti, delle infinite sfumature che compongono il regno della fantasia. La porta di accesso ai “mondi possibili”, di cui parla Nelson Goodman, ha una chiave preziosa, che si può conquistare solo se si è pronti ad aprire la propria mente alle infinite possibilità solo dischiuse, ma sempre presenti, ed a rompere gli schemi del copione di cui siamo registi ed a volte inconsapevoli attori, accettando di navigare nel mare infinito della creatività. Nei prossimi mesi mi dedicherò alla verifica sul campo di questi preziosi strumenti appresi. Desidero inoltre approfondire la ricerca delle potenzialità ancora inesplorate dei diapason emozionali nei contesti di laboratori arte terapeutici, ad iniziare dall’ambito dei disturbi del comportamento alimentare, già oggetto di studio della precedente tesi in cui si ipotizzava l’uso delle sequenze cinematografiche quali attivatori di risonanze emotive nelle ragazze affette da questo grave disturbo. 46 Istituto MEME s.r.l.- Modena Associato Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. - Bruxelles PATRIZIA SAVANI – Scuola di Specializzazione Triennale in ARTI TERAPIE (2° anno) A.A. 2008/2009 7. Riferimenti bibliografici - Ancona L., 1977, Ipnosi e Psicoanalisi, Rassegna di Ipnosi. Medicina Psicosomatica, Minerva Medica, 13:33, Torino. - Bartalotta G., 2003, Manuale di arte terapia poetica. 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