la realta` zootecnica nella provincia di mantova
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la realta` zootecnica nella provincia di mantova
CONVEGNO “LA ZOOTECNIA TRA REALTA’ ED EVOLUZIONE NORMATIVA IN CAMPO AMBIENTALE” Mantova, Venerdì 4 giugno 2004 LA REALTA’ ZOOTECNICA NELLA PROVINCIA DI MANTOVA Paolo Orlandi Arpa Lombardia, Dipartimento di Mantova – U.O. Territorio ed Attività Integrate Dopo aver ascoltato attentamente le relazioni di chi mi ha preceduto e soprattutto l’intervento del Prof. Luigi Navarotto che ha illustrato in maniera chiara quali possono essere le migliori tecniche disponibili da applicare agli allevamenti in senso lato ai fini della riduzione delle emissioni gassose, ritengo opportuno fare una panoramica sulla situazione zootecnica nella nostra provincia. Nella Provincia di Mantova sono attive circa 3.000 aziende zootecniche tra vacche da latte, ingrasso, polli, ovaiole e suini oltre a circa 80 caseifici per la trasformazione del latte in grana padano e parmigiano reggiano pari ad un patrimonio zootecnico di 9.540.297 capi, per un peso vivo complessivo di 2.782.311 q.li su una superficie utile provinciale di 166.839,63 ettari, per un carico medio di 16,7 q.li/Ha. In termini di azoto utilizzabile la media provinciale per ettaro disponibile è di 116 Kg. con una punta massima di 275 Kg. nel Comune di Gonzaga e la minima di 9,6 Kg. nel comune di Felonica. Si fa presente che solo le aziende sono considerate intensive ai sensi del Dec. Lgs.vo 372/99 (2.000 suini grassi, 750 posti scrofa e avicoli con 40.000 capi) sono soggette all’applicazione delle migliori tecnologie disponibili (B.A.T) al fine di ridurre le emissioni gassose in atmosfera per quanto riguarda i parametri dell’ammoniaca, metano, polveri sottili e P2O5. La realtà mantovana consta di 1.200.000 suini e 7.900.000 avicoli (ovaiole, polli da carne, conigli, anatre e faraone) con tipologie di allevamento che vanno dalla produzione di liquame più o meno concentrato (suini e ovaiole in batterie) alla pollina essiccata per gli allevamenti di polli e ovaiole in batteria a terra od in gabbia con sistemi di ventilazione forzata dell’aria. Le continue espansioni delle aree residenziali verso la zona agricola comporta sicuramente un incremento delle problematiche legate alla molestia olfattiva nonostante in questi ultimi anni gran parte delle aziende a maggior impatto ambientale (per numero di capi allevati e per estensione terriera) ha provveduto all’adeguamento delle strutture di allevamento apportando un netto miglioramento del benessere animale, alla riduzione degli sprechi di acqua nonché alla riduzione delle emissioni odorose in atmosfera, soprattutto nelle aree limitrofe a zone residenziali, oltre all’adeguamento dei bacini di stoccaggio dei liquami rendendoli conformi alle necessità imposte dai P.U.A./S. redatti con il software GIARA 37 ai fini del rilascio dell’autorizzazione all’utilizzo agronomico dei reflui prodotti in azienda. Da una prima stima dei dati relativi al numero di capi allevati in ogni singola azienda, emerge che le aziende soggette a I.P.P.C. sono circa 200 di cui 160 allevamenti suini e 40 allevamenti avicoli (ovaiole e polli da carne) oltre a circa 80 caseifici di trasformazione del latte in grana padano e parmigiano reggiano, di cui al punto 6.6 e 6.4c dell’allegato 1 del Dec. Lgs.vo 372/99 . Sul territorio sono presenti 63 allevamenti avicoli, suddivisi in avaiole (23), polli da carne (18), tacchini (14), anatre (2) e faraone (6) con tipologie strutturali differenziate a seconda della specie allevata, dalle gabbie in batteria al pavimento pieno con uso di lettiera, da capannoni completamente chiusi con sistemi di ricircolo forzato dell’aria ad altri con finestrature aperte sulle pareti più lunghe. Le diverse tipologie di allevamento comportano differenti problematiche ricadenti sull’ambiente circostante: dalle esalazionI moleste alla produzione di polvere sottile al rumore provocato dagli animali. I sistemi di pulizia si differenziano a seconda delle specie allevate: dal lavaggio totale con acqua ad alta o bassa pressione negli allevamenti più vecchi alla raccolta meccanica delle deiezioni a fine ciclo con relativo stoccaggio in platea (materiale palabile) o in vasca di raccolta (materiale pompabile), alla pulizia a secco delle strutture con l’ausilio di prodotti fumiganti. Nella provincia di Mantova la zona a maggiore concentrazione avicola è quella posta tra il confine bresciano e le colline moreniche (Volta Mantovana, Monzambano, Cavriana, Roverbella, Asola, Acquanegra sul Chiese, Castiglione delle Stiviere, Ceresara, Medole e Solferino). La maggior parte degli allevamenti esistenti risalgono agli anni ‘70-‘80 e sono ubicati a ridosso dei centri abitati e comunque ad una distanza inferiore ai 600 mt. prevista nei vigenti regolamenti locali di Igiene dei Comuni (circa il 58%). Diversa invece è la situazione degli allevamenti sorti e/o ristrutturati recentemente che invece sono stati costruiti ad una distanza superiore ai 600 mt. dai centri abitati (circa il 42%). La concentrazione dei capi allevati porta ad una produzione annua di circa 440.000 tonnellate di pollina di cui ben l’82% viene utilizzato ai fini agronomici ed il restante 18% viene ceduto a ditte per la trasformazione in concimi insacchettati o prodotti per le attività orto-florovivaistiche. Relativamente agli allevamenti suinicoli, nella nostra provincia sono presenti circa 50 allevamenti a ciclo riproduttivo, 35 a ciclo chiuso e circa 100 all’ingrasso oltre agli allevamenti annessi ai caseifici. Di questi insediamenti circa 140 sono soggetti a I.P.P.C. Le tipologie stabulative e di allevamento sono ovviamente diversificate a seconda delle categorie allevate: dal pavimento totalmente fessurato al pavimento pieno con lavaggio totale con acqua a bassa pressione (per le strutture più vecchie), dalla corsia esterna di defecazione su grigliato al sistema “Lusetti”, oltre all’uso di lettiera a base di paglia o truciolo o segatura con conseguente produzione di letame. Analogamente agli avicoli, le problematiche inerenti agli allevamenti suinicoli sono da ricondurre sia dalla cattiva gestione dell’allevamento, soprattutto nei più vecchi, (perdite di acqua, cattiva pulizia dei locali, apertura delle finestre nelle ore serali) che lo spandimento del liquame sul suolo (mancato interramento o vicinanza alle case negli orari più caldi della giornata). Diversamente dagli avicoli, la distribuzione degli allevamenti suinicoli è piuttosto uniforme sul territorio provinciale anche se vi sono comuni ad alta concentrazione come Marcarla, Roverbella, Borgoforte, Curtatone, Viadana, Pegognaga, Marmirolo e Goito. Gli allevamenti esistenti portano ad una produzione annua di circa 5.280.000 metri cubi di liquame per un potenziale di 8.450.000 Kg. di azoto utilizzabile ai fini agronomici. Le aziende agricole hanno presentato richiesta di autorizzazione per l’approvazione del piano di utilizzo agronomico dei reflui così come hanno provveduto, per la maggior parte dei casi, all’adeguamento dei bacini di stoccaggio dei liquami. Relativamente a questo aspetto, nella nostra provincia gli allevamenti suinicoli hanno provveduto alla realizzazione di vasche per un volume di 2.500.000 mc. utili pari ad un 95% del fabbisogno richiesto dai piani. Il restante 5% è ancora in fase di realizzazione e comunque deve essere completato entro il 17 ottobre 2004, termine ultimo fissato dal D.G. Agricoltura Lombarda ad integrazione dei disposti della L.R. 37/93 e suo Regolamento attuativo. Tuttavia si registrano ancora casi di cattiva gestione della “risorsa” refluo che talvolta viene considerata più come un rifiuto, un qualcosa di cui disfarsi, piuttosto che un bene prezioso. Va infatti ricordato che, già con il concetto introdotto dalla Legge Merli, la ex 319/76, l’utilizzazione agronomica dei liquami deve avere una valenza strettamente utile a fertilizzare e concimare il suolo come nutrimento alle colture ivi seminate e nel rispetto del piano presentato e approvato; viceversa l’utilizzo dei liquami al di fuori di ogni logica agronomica ed in carenza di un piano di utilizzo agronomico è da ricondurre ad uno smaltimento non autorizzato di rifiuti liquidi. Il messaggio che si vuole lanciare, soprattutto alle ditte di contoterzi, è quello della valorizzazione della risorsa refluo come un valido sostituto della concimazione minerale di sintesi al fine di salvaguardare i suoli e soprattutto le risorse idriche superficiali e sotterranee. In questi ultimi anni, infatti si può tranquillamente affermare che la qualità delle acque superficiali è notevolmente migliorata e gli episodi di inquinamento provocati da sversamenti di liquami nei fossi sono diventati eventi sporadici e/o accidentali. Al fine di proseguire su questa strada e ridurre al minimo gli episodi di inquinamento provocati da liquami zootecnici credo opportuno sottolineare e rimarcare agli allevatori e alle ditte di terzisti il rispetto delle prescrizioni imposte dal Regolamento attuativo della L.R. 37/93 nonché il Codice di Buona Pratica Agricola oltre a migliorare la gestione aziendale sia dal punto di vista strutturale che della movimentazione dei reflui prodotti; solo così si potranno rispettare i parametri e le prescrizioni imposte dalla normativa relativamente alla riduzione delle emissioni in atmosfera, senza dover ricorrere a costosi investimenti tecnologici. Colgo l’occasione di questo convegno, per plaudire gli allevatori degli sforzi economici sostenuti finalizzati all’adeguamento degli stoccaggi richiesti dai piani oltre alle ristrutturazioni delle strutture di allevamento nonostante i lunghi periodi critici del settore. Ciò è stato possibile anche grazie ai finanziamenti della Comunità Europea tramite i Piani di Sviluppo Rurale. In questo contesto, a seguito dei sopralluoghi effettuati in azienda ai fini della verifica del rispetto dei requisiti ambientali, posso confermare che anche la gestione dei rifiuti prodotti in azienda, siano essi pericolosi o no, avviene nel rispetto della normativa vigente, dalla raccolta allo smaltimento, alla corretta compilazione dei registri di carico e scarico nonché dei formulari per il trasporto e smaltimento degli stessi. Ecco che con il convegno odierno si vuole iniziare una nuova era affinché tutti gli attori impegnati nel comparto zootecnico (dalla Regione, al Comune, alla Provincia, all’Arpa, ai Professionisti, alle ditte contoterzi ed agli Allevatori) svolgano un ruolo di responsabilità di cui sono investiti, il tutto rivolto al rispetto dell’ambiente e della popolazione circostante.