11 settembre: us front pages

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11 settembre: us front pages
Marta Fresolone
Scienze della comunicazione
Anno Accademico 2001-2002
Teorie e tecniche del linguaggio giornalistico. Prof. Raffaele Fiengo
11 SETTEMBRE: U.S. FRONT PAGES
Prefazione: come è strutturata la tesina
La tesina si sviluppa nel seguente modo: una premessa, che puntualizza la particolarità del
giornalismo americano (e anglosassone), e la sua differenza rispetto a quello italiano;
un'introduzione che introduce gli elementi di analisi e chiarifica la mia prospettiva di analisi.
Di seguito, le due parti principali in cui è suddivisa la tesina: la prima riguarda la grafica in
generale, analizzata nei suoi elementi costitutivi (attraverso numerosi esempi); la seconda riguarda
l'analisi specifica delle maggiori testate americane. Il finale sintetizzerà i vari elementi emersi
nell'analisi, arrivando a conclusioni che porteranno a riflessioni più generali.
Premessa
E' necessario fare fin da subito alcune considerazioni importanti. Innanzitutto bisogna
considerare la forte differenza tra la stampa americana (e tutta la tradizione anglosassone) e la
stampa italiana. La prima misura il valore di una notizia dalla sua capacità di riportare un fatto,
restando fedeli alla cronaca, e quindi prevede una netta separazione tra la cronaca e il commento
(addirittura i commenti sono in sezioni separate e prevedono altre redazioni specializzate); in Italia
spesso e volentieri il commento, l'opinione e il fatto di cronaca si mescolano all'interno di uno
stesso articolo. Questo non toglie che a partire dagli anni Sessanta (a causa del clima politicosociale: il decennio Kennedy e la guerra in Vietnam), in America si sia sviluppato uno nuovo tipo di
giornalismo, il new journalism, che attingeva dai features: inaugurati a NewYork, sono storie
giornalistiche che prevedono racconti di human interest, quindi al di là dei dati di cronaca, e
riferiscono impressioni, opinioni, e tutto uno sfondo emozionale.
Il new journalism quindi ha permesso di far entrare all'interno del giornale, articoli che
utilizzavano espedienti della fiction, rinnovando anche il linguaggio, attraverso un nuovo tipo di
scrittura: maggiore libertà creativa, maggiore libertà stilistica, grazie al venir meno dell'obbiettività,
in favore di opinioni personali e connotazioni emozionali. Si avviava quindi verso una letteratura
giornalistica, portando il reportage nella forma di romanzo (non si può non ricordare il capolavoro
tra i romanzi reportage di Truman Capote In Cold Blood, che ricostruisce in cinque mesi la storia di
un massacro).
Accusato spesso di mescolare verità e finzione, Tom Wolfe ha chiarito come la trasgressività
riguardasse solo la scrittura e non la concezione della notizia. A partire dagli anni Sessanta, il
giornalismo americano si è modificato in questo senso, abbandonando la rigidità nella fedeltà alla
cronaca. Da chiarire comunque che tutto questo non compromette certo la regola principe del
giornalismo americano (e anglosassone): la separazione tra il fatto e il commento resta sempre e
comunque, i giornali pubblicano le storie in rubriche distaccate dal resto degli articoli. Per esempio,
negli anni Ottanta, il New York Herald Tribune, ha effettuato sperimentazioni narrative dei features,
creando un'apposita rubrica separata dal resto.
Questo sguardo alla storia è fondamentale per capire l'humus in cui avviene la reazione della
stampa americana dopo la tragedia. La stampa americana, dopo i cambiamenti degli anni Sessanta,
ha modificato i suoi caratteri: gli intrecci tra giornalismo e letteratura, la voglia di raccontare storie
di human interest, dimostrano un rapporto tutto particolare con il pubblico: c'è la voglia di
incuriosirlo, di farlo emozionare, di coinvolgerlo. I giornali americani hanno alle spalle una lunga
tradizione, che li distingue completamente dal panorama italiano. E' giusto delinearne i caratteri, per
capire cosa è cambiato dopo l'11 settembre.
Le caratteristiche innovative e peculiari sono sia a livello stilistico, sia a livello di contenuti: da
una parte, sono ormai decenni che pubblicano inserti e supplementi per soddisfare gli interessi e la
curiosità del pubblico (foliazione ponderosa, servizi e reportage di ampie dimensioni, notizie
grafiche, l'uso di molte fotografie, spesso e volentieri anche molto grandi); dall'altra parte, nei
contenuti, privilegiano storie ed approfondimenti, offrendo ai lettori informazioni esclusive,
attraverso inside stories, ben documentate da commenti, grafici, e fotografie; spazi venivano lasciati
liberi dalla cronaca (che presentava sempre un'informazione neutrale e distaccata), per articoli di
approfondimento (schema molto adottato dal New York Times). Un modello molto lontano da
quello italiano, sia per l'uso della grafica, sia per la separazione tra cronaca e commento.
Tutto questo è fondamentale per analizzare la reazione della stampa americana. Va infatti
considerato che l'uso di fotografie, anche grandi, la grafica spesso aggressiva e incisiva, la voglia di
dare connotazioni sensazionali al racconto per emozionare il pubblico, è una prerogativa della
stampa americana. Quindi è fondamentale considerarlo nell'analisi delle front pages dell'11
settembre, che va fatta alla luce di queste conoscenze. E dimostrerò infatti, che nonostante la forte
espressività grafica tipica della stampa d'oltreoceano, la tragedia dell'11 settembre ha comunque
portato novità nella grafica, accentuando connotazioni tecniche già di per sé sensazionalistiche.
Introduzione
L'11 settembre 2001 ripercorrerà la nostra memoria svariate volte, come quell'immagine che
abbiamo visto e rivisto in televisione. Attraverso la televisione infatti abbiamo avuto il primo
contatto diretto con l'evento. Internet è andato in tilt, mentre la televisione ha avuto un grande ruolo
nella primissima fase. Ha potuto diffondere in tempo reale, prima l'immagine (continuamente
ripetuta) dell'aereo al momento dello schianto, e in seguito la notizia di ciò che è accaduto:
attraverso la CNN si è potuto assistere in diretta alla tragedia umana quando ancora non si capiva
cosa fosse successo. Dopo pochi minuti anche le agenzie diffondono la notizia. Solo il giorno dopo i
quotidiani hanno potuto mostrare le immagini sulle prime pagine.
Da considerare comunque che, negli Stati Uniti, sono apparse delle edizioni pomeridiane speciali
sull'accaduto. Ma ciò che qui volevo individuare, è la differenza che hanno avuto i due media, la
stampa e la televisione, nella copertura dell'avvenimento. E' chiaro che ciò è dovuto alle peculiarità
dei due mezzi e all'ora in cui è accaduto il disastro. Alle 8.45 di mattina, i giornali erano già in
edicola. La televisione invece ha potuto dare la diretta. A parte queste considerazioni tecniche, ci
sono altri elementi che riguardano il rapporto stampa/Tv al momento del fatto.
In un convegno, tenutosi a Roma alla facoltà di Scienze della comunicazione de "La Sapienza",
intitolato "America Apocalypse news", a cui erano presenti studiosi della comunicazione, sono state
fatte interessanti considerazioni (che qui vorrei riportare) sul comportamento avuto dai media dopo
la tragedia; e in particolare individua il tipo di reazione della carta stampata (sia europea sia
statunitense). In una primissima fase, la parola scritta è stata messa in secondo piano. I giornali,
infatti, hanno inseguito la Tv ed hanno riempito le loro pagine di immagini che riprendevano le due
torri distrutte, o meglio, in fase di distruzione. Si può dire che le didascalie abbiano sostituito gli
articoli. Immagini enormi, che poco spazio lasciavano ad altri elementi di grafica, soprattutto
articoli.
I quotidiani, all'indomani della strage, hanno semplicemente riprodotto la stessa immagine video
trasmessa dalla Tv. All'origine di questo, vi è sicuramente la presenza invadente di tali immagini,
trasmesse ripetutamente per diverse ore: risulta difficile ignorarle. Del resto, la stampa con questa
scelta rivela una sottile convinzione che un'immagine riesca a comunicare più e meglio di un testo
scritto. In qualche caso, addirittura, l'immagine ha offuscato anche il titolo, (percepito come meno
comunicativo): è il caso di Liberation, un quotidiano francese, che ricopre tutta la prima pagina con
la foto delle Twin Towers, e con la data semplicemente scritta in lato a destra. La parola scritta
riacquisterà il suo spazio solo con il passare dei giorni, consacrando alla carta la sua peculiarità e
differenza rispetto alla televisione; lo fa anche attraverso usi propri della carta stampata, per
esempio il disegno: El Pais ricostruisce a matita la dinamica dell'aereo che ha colpito il Pentagono,
cosa che il piccolo schermo non ha potuto mostrare.
Quindi queste le prime considerazioni sulle reazioni della stampa. Partirò allora da queste
considerazioni per analizzare la grafica delle prime pagine dei giornali americani, nell'immediato
momento, successivo alla tragedia. E' questo infatti il fulcro d'analisi, attorno a cui si sviluppano
tutta una serie di riflessioni. Utilizzerò inoltre le idee espresse nel convegno, per trarne ulteriori
riflessioni, che emergeranno nel corso della tesina.
La mia analisi si concentrerà allora su come hanno reagito i giornali a livello di grafica. E' chiaro
che di fronte all'11 settembre, tutti i giornali del mondo si sono dovuti porre il problema di come
raccontare un fatto così sconvolgente. Si doveva dare più spazio possibile al fatto, anzi si è dato
tutto lo spazio. Gli schemi tradizionali dell'impaginazione sono stati rivoluzionati, molte cose sono
cambiate, molte se ne sono eliminate, per dare una copertura totale alla vicenda. Tutte le scelte, in
un primo momento, hanno favorito un forte impatto visivo. Solo in un secondo momento si è sentita
l'esigenza (peculiare della carta stampata) di informare.
E' per questo, che all'inizio i giornali hanno inseguito la televisione, e solo successivamente
hanno recuperato il loro spazio, dando di nuovo dignità alla parola; ma anche se la parola scritta è
tornata ad assumere la sua centralità, nel suo ruolo di elemento primario di informazione, è anche
vero che i giornali hanno mantenuto il loro carattere di specialità, almeno per le due o tre settimane
seguenti (dovuto anche alla successiva guerra in Afghanistan). C'è da dire che lo stravolgimento
nella struttura e nella grafica del giornale è durata molti giorni e ha portato a diverse pagine
tematiche, a intere pagine riempite solamente da immagini, ad articoli-sintesi, a schemi, cartine
geografiche, grafici illustrativi. Insomma, la portata della tragedia ha indotto il giornale ad assumere
un carattere totalmente speciale, portando la questione della grafica in primo piano.
Io mi concentrerò allora sulla prima pagina, lasciando da parte tutta la specialità delle cosiddette
"pagine diverse". Analizzerò prime pagine pubblicate a fatto appena accaduto, quindi edizioni
speciali pubblicate in via straordinaria nel pomeriggio stesso della strage. Spesso però farò dei
confronti anche con le prime pagine della mattina dopo, del 12 settembre.
Brevi considerazioni sulla mia scelta. Analizzando i giornali americani, sono voluta andare nel
cuore della tragedia. Il mio primo pensiero infatti è stato quello di non poter nemmeno immaginare,
a fatto appena accaduto, le conseguenze del disastro: una distruzione immane che colpisce
l'intoccabile e intoccata (fino ad allora) America, e soprattutto l'orgoglio e il patriottismo americano.
Se è vero che i giornali sono lo specchio di un Paese e riassumono e interpretano le dinamiche
politiche e culturali della società, è anche vero allora che non ci si può esimere dall'analizzare la
stampa di una Nazione, che è stata colpita profondamente nel cuore. Ho pensato di analizzare le
prime pagine, ritenendo che fossero le più adatte per questo tipo di analisi: sono la "vetrina" di un
giornale, e quindi nel momento di un avvenimento così drammatico e sconvolgente, esse diventano
lo specchio più trasparente degli stati d'animo della testata e delle sue immediate reazioni.
Infine è bene chiarire la mia tipologia di analisi. Nelle due parti della tesina, ho effettuato due
diverse prospettive di analisi, che hanno portato a considerare diverse tipologie di giornali. Infatti,
la prima parte è prevalentemente teorica: analizza su un piano teorico la grafica e i suoi elementi
costitutivi. In questa analisi teorica, mi sono servita di esempi che fossero pertinenti all'analisi, tratti
dalla stampa americana in generale. Quindi la prima parte individua la reazione generale della
stampa americana. Nel considerare tutti i giornali, spesso sono riportati esempi di giornali minori e
locali: il motivo di questa particolare attenzione è che mi sono apparsi più funzionali al tipo di
analisi. Dovendo teorizzare il comportamento particolare che la stampa ha avuto nei confronti di un
elemento di grafica, mi è sembrato che i giornali minori presentassero elementi più efficaci per
sostenere la mia analisi, e quindi più degni di essere portati come esempio.
Nella seconda parte, invece, la prospettiva di analisi si rovescia: il centro di analisi non riguarda
più la grafica in generale, ma come alcuni particolari giornali la hanno utilizzata. Viene adottato un
metodo d'analisi concreto: ovvero, sulla base delle teorizzazioni fatte nella prima parte, gli
strumenti acquisiti vengono applicati per l'analisi specifica di alcuni giornali, appositamente scelti.
Dovendo allora studiare come dei particolari giornali si sono comportati l'11 settembre, mi è
sembrato doveroso concentrarmi sulle testate nazionali più importanti perché più rappresentative:
Washington Post, Los Angeles Times, Boston Globe, Chicago Tribune.
Quindi è un'analisi che va dal generale (passando attraverso esempi di giornali locali) al
particolare (considerando specificatamente le più famose testate nazionali); dalla teoria alla pratica.
Vorrei specificare che nell'analisi teorica, tra i giornali locali, vengono supportati come esempi
anche i cosiddetti popular papers, giornali molto mondani, basati sul pettegolezzo (molto venduti in
America); questo perché nella loro forte connotazione mondana e forzatura grafica sono stati più
funzionali a spiegare uno specifico comportamento grafico (per esempio, ho analizzato un casolimite, il Daily News, che è appunto un popular paper).
Da ultimo verrà fatto qualche breve cenno ad altri giornali, per la particolarità che hanno: The
New York Times e The Independent (per la loro tendenza ad usare delle grandi immagini); lo Usa
Today (per l'originalità nell'uso di immagini e grafica); il Mercury News (il giornale americano online più famoso); Review e The New Yorker, per alcune particolarità riguardo alla loro front page.
Infine verranno analizzati anche i settimanali, nello specifico: Time, Newsweeek, The Economist.
Si può facilmente notare che sono presenti anche due testate non specificatamente americane, ma
inglesi: in particolare The Independent e The Economist. Questa scelta è stata fatta per una
questione puramente di analisi: sono due testate importanti e funzionali alla tipologia di analisi e al
confronto con le altre testate americane. Quindi l'analisi delle U. S. front pages viene chiarificata
anche attraverso il confronto con altre due testate non specificatamente americane, considerate
perché pur sempre di famiglia anglosassone.
Prima parte. La grafica
Questa prima parte, come ho detto nella prefazione, riguarda l'analisi generale della grafica,
quindi l'impaginazione. Analizzerò allora il rapporto che hanno tra di loro i diversi elementi grafici
all'interno della pagina (titolo, immagine, articolo), per poi confrontarlo con quello presente nella
impaginazione adottata dai giornali americani all'indomani della strage. Prima di questo, è giusto
fare qualche considerazione teorica sull'impaginazione.
L'impaginazione è la collocazione nella pagina del materiale che riguarda, notizie e servizi,
titoli, eventualmente foto e disegni e anche gli spazi; spazi che comprendono non solo i "neri", ma
anche i "bianchi", che nella loro grafica gradevole, assumono la stessa importanza dei "neri".
Attualmente, con la stampa tipografica "a freddo", viene disegnato un accurato menabò di ciascuna
pagina (modello in scala ridotta della pagina, su cui distribuire articoli, titoli, e foto), subito dopo
aver saputo la collocazione dei pezzi. Questo ancora prima della stesura degli articoli: dimostra il
carattere estremamente vincolante dello spazio, a cui i pezzi si devono adattare, dovendo essere
scritti in base alle dimensioni stabilite. L'impaginazione è curata dai grafici del giornale secondo le
indicazioni della redazione, e in pratica consiste nell'incollaggio di pellicole che possono contenere
"blocchi" di testo, "retini" fotografici e "impianti" di pubblicità. Attualmente essa viene effettuata
attraverso il videoterminale, per cui è più corretto parlare di videoimpaginazione.
E' in questo secolo che il quotidiano diviene oggetto di elaborazione grafica, sulla formula
articolo e titolo, in coincidenza con la modernizzazione dei processi stampa. La spinta tecnologica è
alla base della trasformazioni, ma accanto a questo, è da valutare anche il cambiamento nei lettori,
che mutano le loro esigenze e percezioni. In particolare, la composizione della pagina gioca sul
numero delle colonne (unità di misura della composizione stessa), sulla loro larghezza, sulla
lunghezza dei testi, sull'ampiezza dei titoli, sullo stile dei caratteri, sulla collocazione delle
illustrazioni. Ogni giornale tende ad un suo stile, che dovrebbe garantire l'attaccamento del lettore,
ed è per questo che i mutamenti formali sono rari.
La grafica della notizia risponde a criteri quali l'equilibrio, il contrasto, il movimento, l'evidenza.
In particolare, viene definito un optical point (così viene definito dagli americani): si individua in
alto a destra della pagina, e rappresenta il punto di maggiore evidenza, in quanto catalizza
l'attenzione visiva del lettore. Si può immaginare infatti di dividere idealmente la pagina in quattro
quadranti, secondo la forza di attrazione che esercitano sull'occhio del lettore, ottenendo così una
gerarchia del valore degli spazi: la zona di maggiore evidenza è la spalla, poi vi è l'apertura, in alto
a sinistra, e nella parte inferiore, il taglio e il piede.
Si può definire allora l'impaginazione come simmetrica, se la foto si trova al centro della pagina,
e, divisa in due parti, si ottiene un numero uguale di colonne; nella divisione ideale dei quattro
quadranti, i titoli hanno spazi e caratteri simili. L'impaginazione asimmetrica stabilisce invece un
ordine di priorità, rompe l'armonia dei quattro quadranti, dando maggiore spazio e corpo ad un
titolo rispetto agli altri, collegandolo con foto. Modelli di impaginazione che quindi variano a
seconda che la massa dei valori tipografici sia distribuita o concentrata in un punto.
L'impaginazione ha due funzioni fondamentali: esplicitare le scelte informative del giornale e
trasmettere al lettore una carica emotiva. Questo dimostra che il giornale, attraverso il modello di
impaginazione e la disposizione di titoli, immagini, e articoli, produce una gerarchizzazione delle
informazioni, consacrando la valorizzazione solo di alcune e determinate notizie. Inoltre, nella
scelta, fa in modo di valorizzare l'impatto visivo, per catturare l'attenzione del lettore, e nello stesso
tempo, emozionarlo. La storia dell'impaginazione ha mostrato come il giornale per quasi due secoli,
per espletare queste due funzioni principali, si sia basato su due elementi chiave: l'articolo e il titolo.
Questa breve analisi sull'impaginazione ha il preciso scopo di far emergere cosa è cambiato dopo
quella mattina dell'11 settembre. In quel momento, le regole sono diventate assolutamente
insignificanti, e tutta la struttura è stata finalizzata al racconto dell'accaduto. Nel primissimo
momento, la cosa che i lettori necessitavano di sapere era esattamente il "cosa" era accaduto, solo
ed esclusivamente il what: si potrebbe dire che la regola principe di ogni racconto del giornalismo
anglosassone, le cinque W, in quel momento ha lasciato il posto solamente ad una. Il problema delle
prime pagine dei giornali americani era dire in modo immediato ai lettori, all'opinione pubblica, al
mondo intero, il disastro che era accaduto, il disastro in sé: le sue dimensioni, la sua gravità.
La funzione dell'impaginazione non era più di esprimere delle scelte informative, ma di
esprimerne una soltanto: un'unica scelta informativa e concentrarsi completamente su di essa. Le
caratteristiche poi del fatto accaduto hanno fatto il resto: c'era poco da pensare alla volontà di dare
una carica emotiva, essa sarebbe venuta da sé, con il semplice racconto del fatto.
Inoltre, la tradizionale struttura che si fonda sulla coppia titolo-articolo, viene completamente
stravolta, in favore di un'altra coppia di elementi: il titolo e l'immagine.
In generale, l'impaginazione dei giornali di martedì pomeriggio (come del giorno dopo) era
semplicemente costituita da una grande titolazione, e soprattutto da un'immagine enorme:
l'immagine delle torri al momento dello schianto degli aerei. Poco, anzi per nulla, importavano le
vecchie regole dell'impaginazione. In quel momento, l'optical point non aveva nemmeno più senso,
non c'era la necessità di pensarlo a priori e costruirlo attraverso la distribuzione, emergeva
naturalmente dalla pagina: semplicemente in quel momento l'optical point diventava, era
l'immagine. Le regole del punto di attenzione e della simmetria non contavano più: il lettore
automaticamente si concentrava sull'immagine (quasi sempre centrale), poiché enorme e
rappresentante di un fatto mostruoso. Il rispetto della simmetria, come dell'asimmetria, non
contavano più: ogni giornale ha presentato una distribuzione completamente finalizzata e
subordinata al racconto del fatto.
Ho notato comunque che in generale, nelle prime pagine si è mantenuta una certa simmetria, ma
solo perché è il modello più adatto a raccontare l'accaduto. Per esempio, The National Post,
(nell'edizione della mattina dopo), presenta una prima pagina perfettamente simmetrica: un titolo a
grandi caratteri su una riga, e un'immagine enorme perfettamente al centro della pagina; ai lati
dell'immagine, sia a destra che a sinistra, troviamo una colonna lunga tutta la pagina, e dividendo
idealmente la pagina in due, ci sono tre colonne per ogni parte. L'unica cosa, ma assolutamente
poco incisiva rispetto alla totalità della pagina, è che sotto l'immagine viene presentato un articolo
con un titolo molto più piccolo, che si sviluppa su tre colonne, dove la terza colonna va ad
"invadere" l'altra metà simmetrica.
L'accadimento di un fatto così grave ha portato allora allo stravolgimento del rapporto tra gli
elementi grafici all'interno della pagina. L'impaginazione tradizionale, con il titolo principale,
l'articolo al di sotto, accompagnato da una piccola immagine pertinente, tutti gli altri articoli ben
suddivisi secondo una precisa strutturazione con i loro titoli, il giorno 11 settembre (e 12), non
esiste più. Da una pagina, si può dire, tutta scritta, con una piccola immagine (o al massimo due), si
passa ad una pagina tutta immagine, con una piccola scritta. Avviene un vero e proprio
ribaltamento. La fotografia da illustrazione di un articolo diventa forma autonoma di
rappresentazione della notizia.
Come ho già detto, la stampa ha utilizzato l'immagine enorme (sulla scia della televisione),
ritenendo che fosse la più adatta per raccontare un fatto del genere. L'immagine è sicuramente la più
indicata per rappresentare una strage di dimensioni enormi: assume in sé, grazie alle sue
caratteristiche iconiche, l'intento fortemente informativo (e significativo), e allo stesso tempo vi
coniuga un forte impatto visivo. L'immagine delle prime pagine americane si assomigliano tutte, o
meglio sono la stessa immagine, magari presa da angolazioni diverse e da distanze diverse, ma la
sostanza resta la stessa: la torre fumante che sta per essere colpita dal secondo aereo, o che lo è già
stata. (Una variante, ma nella totalità ben poco presente, è l'immagine di alcune persone che
scappano, tra l'altro sempre la stessa).
L'impatto visivo è creato anche dal titolo, espresso in caratteri molto grandi, e a volte con il
colore. E' un titolo che vuole tentare di avere una reazione, ma che sembra non essere mai
abbastanza mortificatore, cioè cerca di esprimere con una parola uno stato d'animo incredibile, che
in effetti in una parola non può condensarsi. A titolo di esempio, ne ricordo alcuni, molto frequenti
soprattutto in testate che hanno fatto l'edizione speciale pomeridiana: Terror (molto frequente nei
vari giornali sia da solo sia con altre parole, come in America); Horrifying; Attack (anch'esso molto
frequente, con on U.S., on America); altri dell'edizione del 12 settembre, frequenti: Nightmare,
Terror!, Infamy!, Horror.
Quindi a fatto appena accaduto si richiede una forte immagine che faccia vedere il semplice
what, e un titolo che evidenzia la reazione sconcertante della testata. Non c'è spazio per le altre
cose. Non c'è spazio per gli articoli. Sicuramente essi saranno fondamentali nel successivo
momento, per raccontare il who e il why. Anzi si riempiranno pagine intere di articoli, di opinioni di
persone autorevoli, di considerazioni sulle conseguenze. E in quel momento l'articolo primeggerà
nelle pagine dei quotidiani. Ma, a momento appena accaduto, non c'è spazio che per il fatto in sé,
anche perché non se ne sa quasi nulla. E' anche per questo motivo che la stampa ha seguito nel
primo momento la televisione, non solo per esigenze prioritarie ed espositive, ma anche per
mancanza di informazioni, almeno sufficienti a scrivere un articolo.
Per tutte queste ragioni, la parola scritta, l'articolo, da sempre elemento peculiare della stampa,
all'indomani della strage è stato messo in secondo piano, perché non certo adatto a dare un impatto
visivo forte ad una tragedia simile, e privilegiando invece una più adatta informazione visiva.
Infatti, accanto al grande titolo, e all'immensa immagine, spesso si trova semplicemente una
didascalia (magari in corsivo per sottolineare la sua eccezionalità), oppure piccoli articoli che
sembrano voler riempire semplicemente lo spazio lasciato dalla grande immagine. Gli articoli in un
primo momento sembrano fare semplicemente da corredo all'informazione visiva, semplicemente
perché meno adatti alle esigenze comunicative di quel momento.
Analizzerò il rapporto parola/immagine quando tratterò specificatamente l'immagine; qui mi
interessa solo delineare i rapporti tra gli elementi grafici, e il loro stravolgimento: il forte
ridimensionamento della parola scritta (dell'articolo), in favore di un'informazione visiva, che dia un
forte impatto visivo (preminenza dell'immagine e del titolo, di dimensioni enormi).
Vorrei citare un esempio di una prima pagina, del 12 settembre, molto significativo, che sembra
condensare tutti gli elementi di analisi fin qui descritti. Rappresenta un intento fortemente
impressivo, che sprigiona un'incredibile forza espressiva: un intento perfettamente riuscito, se solo
si pensa al fatto che essa ha catalizzato immediatamente la mia attenzione all'interno di un archivio
contenente decine e decine di front pages. A parte questo, il giornale dimostra attraverso la sua
impaginazione, la volontà di imprimere nella mente dei lettori una tragedia assurda, che non deve
essere dimenticata, e nello stesso tempo molto grave perché non resterà senza conseguenze. Mi
riferisco al New York Daily News, che presenta una prima pagina completamente occupata da
un'immagine. Sopra il nome della testata, c'è una banda rossa, ben evidenziata, con scritto in
stampatello Day of Terror-Special Edition. L'immagine a tutta pagina presenta una sola torre al
momento del primo schianto, completamente in fumo nella parte alta, e si intravede il secondo
aereo che sta per colpire nuovamente la torre.
Esemplare il titolo: It's War, è guerra. Il suo significato racchiude tutta la preoccupazione per le
inevitabili tragiche conseguenze dell'attacco, e dimostra che, anche se si è nel primo momento, che
è ancora di shock per l'accaduto e in cui si ricostruisce quindi solamente la dinamica, la testata
aveva già pensato al suo significato e alle sue conseguenze. Ma qui importa delineare la grafica di
questo titolo: grande quasi mezza pagina, a caratteri cubitali, in rosso acceso. L'impatto è enorme:
sia per l'essenzialità, che racchiude tutta una sua forza tensiva, sia per le dimensioni e per il colore.
Alla immediata percezione sensoriale del lettore (grandezza e colore), di forte impatto visivo, si
aggiunge il secondo livello, quello della significazione, tremendamente tragica.
La pagina concacra tutto lo spazio al titolo e all'immagine. Ci sono solo alcune righe in corsivo e
abbastanza piccole (scelta voluta, per dare preminenza al resto), che spiegano l'immagine, dicendo
il momento in cui è stata scattata la foto (Just an instant before the second jetliner hit the south
tower of the World Trade Center. Traduco fedelmente dall'inglese: "giusto l'istante prima che il
secondo aereo di linea colpisca la parte inferiore della torre del World Trade Center"). Assenza
assoluta di articoli, quindi, dove le righe in corsivo rappresentano una sorta di didascalia. Di fronte
ad una pagina del genere, con un titolo che ha una doppia forza (visiva e semantica), e l'immagine
molto grande e significativa, il lettore non può che provare un forte sgomento.
Questa analisi dettagliata della prima pagina del Daily News approfondisce ulteriormente
l'analisi: dall'analisi generale dell'impaginazione, e lo studio del rapporto globale che hanno tra di
loro gli elementi grafici all'interno della pagina (titolo, immagine, articoli), si passa ad un'analisi più
specifica, che riguarda i singoli elementi grafici. Vista la secondaria importanza degli articoli
presenti nelle prime pagine nell'immediatezza dell'evento, lo studio si concentra su due elementi
grafici fortemente presenti e quindi degni di una accurata analisi: il titolo e l'immagine. Dapprima
analizzerò la titolazione a livello teorico, per poi confrontarla con quella dei giornali dopo la strage;
l'analisi sarà supportata da alcuni esempi di front pages, particolarmente significativi. Allo stesso
modo analizzerò l'immagine, prima a livello teorico, nel suo rapporto con la parola e nella
progressiva importanza che sta acquisendo nella stampa (anche grazie all'influenza televisiva), per
poi confrontarla con l'uso che se ne è fatto dopo la strage. Verrà dimostrato che, anche se è
prerogativa della stampa americana, l'immagine dopo la strage si è caricata di una maggiore
enfatizzazione; anche qui l'analisi sarà convalidata da alcuni esempi pertinenti.
Per quanto riguarda la titolazione, si possono fare alcune considerazioni. In generale, esistono tre
elementi: il titolo vero e proprio (che espone il fatto), l'occhiello sopra il titolo (che presenta il
fatto), il sommario sotto il titolo (che lo chiarisce). Ci può essere il catenaccio che chiude lo spazio
del titolo, che con il suo valore aggiuntivo, è quasi un secondo titolo. In genere si possono dividere
in titoli più aderenti alla cronaca (enunciativi), e quelli più da commento (paradigmatici). Tutto
questo però è tipico della stampa italiana. Il titolo americano infatti prevede il solo titolo (vero e
proprio), e al limite la presenza di due righe, con funzione di sommario. La titolazione americana è
del resto completamente diversa, per ovvi motivi linguistici.
La lingua italiana, per la sua complessità, per il suo vocabolario, la sua sintassi, la sua
morfologia, si presta a tutta una serie di elaborazioni, molte volte anche complesse ed artificiose. La
lingua inglese, grazie alla semplicità e essenzialità, peculiare della sua grammatica, permette un
linguaggio molto più snello ed essenziale. Questo si trasferisce anche nei titoli. Anzi, la stampa
italiana, attraverso ellissi, sintesi, e costruzioni nominali, cerca sempre di più di imitare
l'essenzialità del giornalismo anglosassone (anche con l'utilizzo di termini inglesi). Bisogna dire
però che questa ricerca di condensare la forma va ricercata anche nell'assorbimento dei moduli della
tecnica pubblicitaria, dove i titoli assomigliano sempre più a degli slogan.
Quindi per esempio, la differenza tra titoli enunciativi e paradigmatici, non ha molto senso nella
stampa anglosassone, visto che i titoli, proprio per le peculiarità della lingua, sono sempre molto
semplici ed essenziali, costituiti spesso da poche parole. Inoltre per la netta separazione tra cronaca
e commento, nel momento in cui viene riportata una notizia, essa è pura cronaca (non considerando
chiaramente le sezioni riservate alle storie) e cerca di mantenere il più possibile una sorta di
obbiettività; nel giornalismo italiano, spesso la cronaca di un fatto si mescola con l'opinione, e
questo influenza anche la titolazione che assume uno specifico carattere a seconda che privilegi
l'uno o l'altro (dando origine alla distinzione).
Il titolo, nel suo ruolo di elemento grafico, ha precise funzioni (che sono comunque universali):
riduce drasticamente i tempi di lettura, e grazie ad essi il lettore con un solo colpo d'occhio sul
panorama delle notizie, ha la possibilità di selezionare i pezzi da leggere. Il titolo offre una sintesi, e
deve cercare quindi di veicolare la massima quantità di informazione nel minor spazio possibile.
Accanto a questa funzione fondamentale di sintesi, c'è una seconda funzione, che è quella di dare
una interpretazione al fatto esposto nell'articolo, di commentarlo.
Prima di analizzare i titoli delle testate dell'11 settembre alla luce di queste considerazioni, è
bene ricordare che l'essenzialità dei titoli nei giornali americani, allora, è tipicamente un fatto
linguistico, quindi non nuovo, e non peculiare dell'11 settembre.
I titoli sono quasi sempre costituiti da una sola parola; quindi, a parte l'essenzialità tipicamente
inglese, c'è un preciso intento di dare una forte connotazione, di esprimere uno stato d'animo
estremo. Infatti, se è vero che è peculiarità linguistica, è anche vero che solitamente il titolo
comunque è costituito almeno da una frase, ben asciutta, secondo la sintassi inglese, ma pur sempre
una frase, con un soggetto, un verbo, e i complementi. Invece i titoli dell'11 setembre si condensano
in una unica parola. Riporto allora alcuni esempi: Terror (Anchorage Daily News; Arizona
Republic; Asbury Park Press, nell'edizione dell'11; e moltissimi altri giornali, soprattutto minori);
Infamy!, che con il punto esclamativo vuole cercare di esprimere una rabbia e un cordoglio, sempre
molto difficile da condensare in una parola; Horror (Asbury Park Press, nell'edizione del 12);
Devastation; Terrorized; Unthinkable; Attacked; War; Horrifying; Terror!, questa volta anche con il
punto esclamativo, Outrage. A questi titoli, se ne accompagnano altri, costituiti da più di una
parola, ma sempre molto lapidari, come: Our worst Day; We mourn; New Day of Infamy; What
Now?; Evil Acts; United we stand; Day of Hell; Oh my God; Day of Terror; Attack on America;
Terrorism hits home; Target: America.
Allora, se è vero che in genere sono titoli molto semplici, è anche vero che la reazione di fronte
alla strage ha portato ad un'ulteriore sintesi: non una frase, ma singole parole, o al massimo due o
tre. Si può notare come in questa scelta venga attuata la lingua del parlato. I titoli sono come tante
esclamazioni, ovvero, sono le esclamazioni che hanno fatto migliaia di persone di fronte alla strage.
Se la testata cercava un impatto visivo per attrarre il lettore, lo ha ottenuto anche attraverso l'uso
dello suo stesso linguaggio.
Parallelamente, le persone che sono dietro alla testata sono le stesse persone che hanno visto
increduli l'accaduto, ed hanno reagito in qualche modo: attraverso questi titoli è come volersi
identificare non solo con il lettore, ma con tutto il popolo americano, poiché ogni cittadino
americano, di fronte al crollo delle torri, ha avuto le stesse reazioni, ha avuto quelle reazioni: ha
invocato il Signore, ha espresso giudizi di terrore, orrore, e infamia. E' un voler dimostrare il
proprio cordoglio e soprattutto condividerlo con tutta l'America; è un voler dimostrare la propria
partecipazione emotiva al lutto che ha colpito l'America, è un dire "noi americani, siamo tutti uniti
in questo momento tragico" (non a caso c'è proprio un titolo che esprime questa idea, United we
stand). E' interessante considerare infine che questi titoli riguardano spesso testate locali, forse più
libere di esprimere uno stato d'animo, e in modo più genuino.
Più che una funzione di sintesi, i titoli delle testate hanno allora una funzione di commento,
presentano una reazione (quella della testata, quella della redazione). Inevitabile che, di fronte ad
una tragedia del genere, il titolo assuma su di sé l'unica funzione di commento: era necessario avere
una reazione, prendere una posizione, non si poteva rimanere indifferenti, attraverso un semplice
titolo di sintesi. Del resto, quest'ultima è stata affidata alle didascalie, che bene hanno interpretato il
fatto accaduto (sempre citando solo il what, ovvero la dinamica dell'attacco). Si può dire che la
separazione tra cronaca e commento, di fronte alla tragedia, venga meno nella titolazione. E' pur
vero però che si recupera immediatamente il valore anglosassone del distacco, attraverso le
didascalie.
Per quanto riguarda la forma, ho già detto della loro dimensione enorme. Alcune testate sono
veramente impressionanti, per la grandezza del titolo (per esempio Asbury Park Press, con Horror;
o il Boston Herald con War). Esso si imprime nella mente del lettore (per la grandezza e per
l'assoluta essenzialità, una o al massimo due parole), come un'istantanea, ed assume in sé tutti i toni
di una minaccia, di un'ombra incombente, che irrompe come un fulmine a ciel sereno: per questa
eccezionalità (negativa), deve impressionare, enfatizzare, non far dimenticare.
Quindi una titolazione grande, una sintesi assoluta di una reazione, o almeno di un tentativo di
reazione: si avverte tutta la difficoltà nell'esprimere un cordoglio così grande, e nel volerlo fare in
una parola, perché allo stesso tempo c'è l'intento di voler impressionare, per far capire al lettore, che
è successo un fatto veramente grave.
In sintesi, è una titolazione di commento, di forte reazione, che cerca l'identificazione, la
condivisione, e la solidarietà, di fronte ad una tragedia enorme.
Dopo l'analisi della titolazione, è giusto considerare l'immagine, visto che rappresenta il secondo
elemento protagonista all'interno della prima pagina. Immagine, ho detto sopra, che sostituisce
l'articolo. In effetti, nessun articolo può avere la forza e l'immediatezza di una fotografia che colga
l'istante in cui accade un evento o le emozioni che i protagonisti di una vicenda vivono.
In generale, l'immagine fotografata è un "prelievo dello spazio", è un segno iconico, in cui
coincidono significante e significato; è altra cosa rispetto all'evento nella sua totalità, è un
frammento di realtà (ambiguità rispetto alla percezione); è frutto di visioni e scelte soggettive (forte
attendibilità rispetto al soggetto); trasforma l'avvenimento nell'unicità di un particolare; prevede e
contiene dei valori notizia prevalentemente soggettivi, e inerenti allo stile piuttosto che
all'avvenimento. Questo per quanto riguarda l'immagine fotografata in generale.
C'è da chiedersi allora se per l'immagine che compare in prima pagina l'11 settembre valgano le
stesse cose. Utilizzerò allora queste teorizzazioni per analizzare l'immagine principe del giorno
della strage: l'aereo che si schianta sulle torri. Sicuramente è un "prelievo dello spazio", un segno
iconico, dove coincidono significante e significato, anzi, il significato non solo coincide con il
significante, ma si sviluppa progressivamente a più livelli: distruzione delle torri, primo significato;
ulteriori livelli di significazione: chi c'è dentro l'aereo, chi è stato, come è potuto accadere, adesso
cosa succederà, indice di gravità delle conseguenze. Il fatto riportato nell'immagine non solo
chiarisce il fatto successo, ma porta a vari e diversi livelli di significazione. La drammaticità della
rappresentazione costringe ad un analisi approfondita del significato di quel significato (che è la
distruzione delle torri).
E' un frammento di realtà. E' vero che non coglie la totalità, ma la totalità è un concetto
arbitrario. In questo caso, si può considerare la totalità della zona (alcune testate riportano la zona
restante di macerie), oppure la totalità delle torri. E' vero che la maggior parte delle testate
rappresenta solo la parte superiore delle torri. Quindi se vogliamo considerare una percezione, essa
è semplicemente limitata, ma non certo ambigua. E' come se l'esplosione, che catalizza
completamente la nostra attenzione visiva, avesse annullato completamente il resto. Sicuramente è
stata enfatizzata la sua rappresentazione, valorizzato il suo simbolismo, ma parlando dell'immagine
che ha fatto il giro del mondo (anche grazie alla televisione), più che ambiguità, è più corretto
parlare di evidenza e certezza. Un aereo che si schianta contro la torre forse più famosa del mondo
lascia ben poco spazio all'incertezza: anche la sua infinità riproducibilità su tutte le testate del
mondo ha reso l'accaduto in tutta la sua evidenza.
Quindi è vero che l'immagine riporta solo un frammento di realtà e rappresenta l'unicità di un
particolare, ma esso è così drammatico ed esplicito che fa in modo che la sua percezione sia (quasi)
completamente realistica e veritiera. Unici elementi di distorsione possono essere, l'angolazione con
cui sono state riprese le torri, e la distanza. Ma queste piccole distorsioni di certo non
compromettono la percezione corretta della dinamica di un fatto così tragico. La soggettività, poi, è
legato a questo: a parte le piccole differenze tecniche, essa è quasi nulla di fronte all'invadenza di un
fatto così totalizzante, che si impone in tutta la sua evidenza. E questo vale anche per la soggettività
dei valori notizia: non lo si è fotografato per scelta, ma per dovere; lo stile si annulla di fronte alla
potenza (negativa) dell'avvenimento.
Vorrei riportare le parole di Filippo Ceccarelli ("La Stampa", 1 novembre 2001), che fanno una
sintesi e colgono perfettamente il significato dell'immagine catastrofica, che entrerà nella storia: "le
immagini sono notizie speciali, al di là di qualsiasi scrupolo pacifista o patriottico. E tanto più sono
potenti quanto più viaggiano in una dimensione di immediatezza immateriale e spettacolare, meglio
se catastrofica, che non ha tempo, non ha memoria, non ha equilibrio e rifugge il contesto perché è
essa stessa che se lo costruisce, con le sue regole. […] gli occhi delle sorelle tra le macerie grigie e
fumanti hanno il potere di oscurare il più brillante proclama."
E' interessante classificare l'immagine-evento sulla base dei due modelli d'impaginazione
dell'immagine fotografica. Le immagini rappresentate possono essere di pausa e di flusso. Dico
subito che l'immagine in questione appartiene al modello della "pausa". Da escludere chiaramente
l'idea del flusso, che prevede la presentazione delle immagini in serie di piccole dimensioni,
all'interno di un articolo, talvolta anche nei titoli (esprime la volontà di riprodurre il flusso continuo
tipico del mezzo televisivo). L'immagine-evento è un'immagine "pausa", in quanto viene
valorizzata, nella sua natura di rifrazione del particolare, un frammento del reale, una pausa
(contrapposta al flusso).
Il modello "pausa" è tipicamente utilizzato per una serie di motivi, che mostrano come
l'immagine-evento incarni perfettamente questa tipologia. Viene utilizzato per esprimere tutta la sua
forza e comunicare tutta la sua immediatezza, e per concentrarsi su un significato unico del reale.
La fotografia inoltre deve avere grandi dimensioni, "per valorizzare sia il contenuto specifico, sia la
qualità tecnica, trasformandola nella rappresentazione realistica o simbolica del significato di un
evento" (Alberto Papuzzi, 1998). Sembra un modello apposta inventato per l'immagine dell'11
settembre. Tuttavia, il fatto che esista dimostra come il forte uso dell'immagine sia già tipica dei
giornali americani (e anglosassoni), precedentemente alla strage. Infatti giornali come il New York
Times e The Independent, adottano il modello di un'immagine "pausa", per cui pubblicano spesso
fotografie grandi anche mezza pagina. Però, più sotto, si vedrà come, nonostante sia una tendenza
già diffusa, attraverso l'analisi del modo in cui è stata trattata l'immagine (con esempi di diverse
testate, nel panorama della carta stampata americana), la tragedia dell'11 settembre ha portato ad
estremizzare il suo uso, dilatandone i caratteri precedenti.
Al forte uso delle immagini, è collegato anche il settimanale: anzi il fotogiornalismo è da sempre
prerogativa e monopolio dei settimanali, in America poi, in modo particolare. Si può notare allora
un diverso comportamento dei settimanali, rispetto i quotidiani, nel giorno della strage. Se questi
ultimi "forzano" la prima pagina in favore di una ricercata enfatizzazione per evidenziare
l'importanza del contenuto, è anche vero che per i settimanali, questa tecnica è una consuetudine. E'
interessante allora, a questo proposito, vedere come i settimanali americani si sono piegati di fronte
al tragico evento, ovvero come lo hanno rappresentato, se per loro sensazionalismo e onnipotenza
delle immagini sono consuetudine e prerogativa a scadenza settimanale. Analizzerò infatti tre
settimanali nella seconda parte della tesina. (Per lo stesso motivo considererò anche i due quotidiani
sopra citati).
Finora sono state fatte teorizzazioni sull'immagine in sé. Considerando invece il ruolo che ha
avuto, si possono fare altre considerazioni, che in parte esulano dal contesto della tragedia, trattando
specificatamente il significato della modalità di utilizzo dell'immagine. Innanzitutto, il ruolo
principe che ha avuto, a scapito della parola, ricorda molto, se è lecito questo accostamento, l'idea
delle testate settimanali, degli anni Trenta, in particolare Fortune, nata nel 1930, e Life, nel 1936.
Erano grandi riviste illustrate. Life in particolare contiene come idea base il capovolgimento del
rapporto tra parole e immagini: le prime sono al servizio delle seconde, la notizia è nell'immagine.
L'utopia del periodico era quella di poter pensare l'immagine come autonoma rispetto alla parola
(anche se cadeva facilmente nell'uso di didascalie). L'ambizione che l'immagine "parli da sola"
appartiene certamente ad un modello giornalistico aristocratico. Oggi, l'immagine e la parola sono
in armonia, e la parola nella stampa ha chiaramente la centralità nel rapporto.
In questo accostamento, allora è interessante notare solo come, nelle prime pagine dell'11
settembre, si sia ritornati alla stessa idea che c'era a inizio secolo: la drammaticità dell'evento ha
fatto in modo che l'immagine fosse la notizia.
La televisione del resto, come ho detto all'inizio, ha sancito definitivamente la superiorità
dell'immagine sulla parola, almeno quantitativamente. L'avvento della televisione ha accentuato la
tendenza ad utilizzare l'immagine considerandola come un'informazione con valore conoscitivo e
informativo maggiore delle parole (il progresso tecnico, elettronico, ha fatto il resto). Nel sistema
mediatico, si assiste ad una accentuazione di visività imposta dall'egemonia televisiva: immagini e
testi brevi. Non è nuovo che i giornali anglosassoni riprendano immagini trasmesse dalla
televisione. Sono tutte situazioni e condizioni che definiscono un contesto, e nell'analisi del ruolo
principe dell'immagine, non ci si può esimere dal considerare il contesto in cui il fatto si compie.
A questo va aggiunta la particolarità della stampa americana, che per la storia che ha avuto e il
rapporto particolare con il pubblico, utilizza molta illustrazione, sfrutta molto l'informazione visiva,
utilizza molte immagini (anche molto grandi).
Riassumendo, il giorno 11 settembre si è data una forte priorità all'immagine, per tutta una serie
di motivi: un po' le nuove tecnologie (l'uso contemporaneo di computer, televisione, telefono, e
cavo); un po' il fatto che è una tecnica già consolidata da tempo; un po' il fatto tremendamente
drammatico, che ha portato a sfruttare tutti i mezzi disponibili, aumentando un già diffuso
sensazionalismo (a livello grafico); un po' il voler inseguire la Tv, ricercando la
spettacolarizzazione; un po' è successo per necessità, in quanto non avevano notizie, e non erano
abbastanza informati per dare spazio ad articoli. Sta di fatto comunque che il risultato è sempre lo
stesso: l'11 settembre, l'immagine rappresenta la notizia e occupa tutto lo spazio della pagina.
In generale, se è vero che l'eccezionalità dell'evento ha portato ad ingrandire le dimensioni, a
totalizzare lo spazio, ad enfatizzare l'evento, è anche vero, che questo avviene in un contesto
favorevole, che accoglie la "novità" di buon grado, perché non ne è estranea.
Dopo questa analisi sul significato dell'uso dell'immagine nella prima pagina, è allora giunto il
momento di fare qualche esempio significativo. Detto quindi che le dimensioni sono enormi, per lo
più centrali, e di forte impatto visivo, presenterò alcuni esempi di immagini tratte dalle prime
pagine di edizioni speciali pomeridiane, che riassumono un po' tutte le analisi fin qui descritte. Il
tipo di immagine più frequente rappresenta un'unica torre per tre quarti, abbastanza in primo piano,
già fumante. Alcune testate rappresentano anche il secondo aereo che di lì a poco si schianterà,
mentre altre, semplicemente la torre. E' particolarmente impressionante l'immagine della testata
Milwaukee Journal Sentinel, che rappresenta un primissimo piano della parte alta della torre, tra
l'altro ripresa dal basso (che il cinema insegna essere un'inquadratura abbastanza inquietante),
avvolta completamente dal fumo, che a stento si riconosce la torre, e con la presenza del fuoco nella
parte bassa (quindi contrasto cromatico grigio-fumo/rosso-arancione-fuoco). Se vogliamo
considerare anche il titolo, è di un'unica parola, a carattere stampatello molto spesso e grosso,
fortemente nero, insomma scolpito: Terror. Tutto centrale, immagine a tutta pagina, e sotto
l'immagine, solo piccolisime e brevissime didascalie.
Stessa identica struttura per Missoulian, il titolo però è Day of terror, e l'immagine è diversa:
ripresa in campo lungo delle due torri, un fumo incredibilmente nero che occupa tutta la parte alta
della foto, mentre le torri sono avvolte dalle fiamme; tremendamente suggestiva. Anche The News
Tribune, adotta una ripresa dal basso, ma questa volta di tutta la torre, in fiamme; la sensazione che
ne deriva è che la torre da un momento all'altro ti cada addosso. Visionando innumerevoli front
pages, mi sono accorta che l'immagine era sempre, tremendamente, solo quella. Solo piccole
differenze di angolazione, prospettiva, distanza, ma è la stessa identica immagine che percorre
decine e decine di giornali. E' significativo notare come Milwaukee Journal Sentinel, nell'edizione
del giorno dopo, del 12, presenta l'identica struttura, cambiando solo titolo e immagine: Attacked, è
il titolo, e l'immagine vede la zona vuota piena di macerie. E' curioso invece che il Missoulian
presenti nell'edizione del 12, la stessa identica foto del pomeriggio precedente.
Non sono molti i giornali che presentano, come il Journal Sentinel, già il giorno dopo il campo
di macerie. Quasi tutti mostrano ancora la torre in fiamme. Questo indica quasi una difficoltà a
metterla da parte, quasi a volersi imprimere quella immagine il più possibile per non dimenticarla,
quasi a voler continuare a vedere il World Trade Center per l'ultima volta (anche se in fiamme).
Altri giornali che presentano le macerie sono The Morning Call, The Oregonian,Orange County
Register. Un'altra immagine, sempre del 12 (e con questa si esauriscono i tipi di immagine per lo
più rappresentati), è quella dei vigili del fuoco che alzano la bandiera americana nel campo di
macerie. La contiene lo Omaha World Herald (in cui colpisce il nome, che minacciosamente e
sarcasticamente ricorda, per rima per assonanza e per la presenza della "m", il nome di Osama); The
News Messenger; The News & Advance; Appleton Post-Crescent.
Da ultimo vorrei citare una testata che a mio parere presenta un'immagine molto originale. La
testata è l'Ottawa citizen, del 12 settembre. Prima pagina lapidaria: titolo asciutto al centro An evil
act, e un'immagine "copertina" (coincide con la pagina) particolare: ripresa da un'altezza suolo la
parte alta degli edifici, ma non le torri, dei semplici edifici, quelli vicini alle torri; esattamente due
(ai lati dell'immagine), al centro tutto il fumo, e in campo medio alcune persone che scappano.
Molto particolare, perché diversa.
Per concludere l'analisi di questa prima parte, mi sembra doveroso fare alcune riflessioni sul
comportamento che ha avuto la stampa (americana, ma non solo) dopo la tragedia, prendendo
spunto dalle idee che sono emerse al convegno sulla reazione dei media: l'idea che la stampa ha
inseguito la televisione. Ricordo che è stato solo in un primo momento (il momento che sto
esaminando); nel momento successivo la parola ha riacquistato la sua centralità, perché si è dato
spazio alle motivazioni, alle chiarificazioni e alle conseguenze che avrebbe avuto il fatto, tutte cose
assolutamente irrilevanti a fatto appena accaduto.
Esulando allora per un attimo dal contesto della tragedia, questa iniziale tendenza non è affatto
indice di una buona stampa. "La comunicazione visiva ha soppiantato quella scritta. Attraverso il
video le informazioni sono arrivate in modo diretto, è saltata del tutto la mediazione giornalistica.
L'opinione pubblica, un tempo influenzata esclusivamente attraverso la stampa, è stata investita dal
flusso delle immagini dei telegiornali" (Vittorio Roidi, 2001). Questa nuova concorrenza ha portato
la stampa ad un continuo adeguamento verso la televisione, ha spettacolarizzato i quotidiani. Di
fronte a questo è necessario per la stampa riuscire a mantenere la sua identità. Come ha scritto
Bruno Delfino: "Se l'informazione scritta si trasforma in un'offerta visiva, che è anche in
concorrenza in questa spettacolarità diffusa, occorre però evitare la ripetizione di suggestioni visive
tipiche del mezzo elettronico". Altrimenti la stampa perde la sua peculiarità: la centralità della
parola. "Un giornale - continua Delfino - deve assomigliare a un giornale, recuperare la centralità
della parola e arricchirla con immagini scelte per il loro forte impatto di contenuto e non di
illustrazione; utilizzare tutte le potenzialità della grafica intesa come progetto di comunicazione
visiva, previsione e anticipazione delle attese del lettore".
Quindi è vero che la tragicità e insieme la spettacolarità dell'evento hanno richiesto una scelta
quasi dovuta per una pagina che praticamente è un'immagine (e non dico certo che bisognava fare
diversamente), però bisogna anche dare il demerito alla stampa di avere inseguito la televisione sul
suo terreno. Ha ripetuto semplicemente (anche nelle edizioni dei giorni subito successivi) la
rappresentazione visiva del mezzo televisivo, senza cercare di riportare l'evento entro i termini del
cartaceo, adattandolo alle sue regole: ovvero ricostruire l'evento "a misura di stampa", magari
aggiungendo all'immagine, una maggiore presenza della parola scritta, che invece è stata così
sottovalutata nella sua forte capacità evocativa e nella sua peculiarità di raccontare i fatti, fare
riflessioni e approfondimenti, tutte cose proprie del giornale stampato.
A queste osservazioni, vorrei aggiungere una considerazione: se è vero che la stampa di oggi
tende a ricercare la spettacolarizzazione, è anche vero che un evento come l'11 settembre offre su un
piatto d'argento la possibilità di sfruttarne al massimo le potenzialità espressive e grafiche. E infatti
le ha sfruttate pienamente, dimostrando di poter andare anche oltre la visività (intesa come tecnica)
già ben sfruttata in precedenza, facendo emergere ancora di più le forti limitazioni della stampa.
Infine, vorrei concludere, citando due esempi di giornali che esulano da tutti gli altri fin qui
analizzati, e per i quali quindi non valgono le considerazioni fatte. E' interessante trovare esempi
che possano contrastare i tuoi dati, perché permettono di approfondire e integrare l'analisi con
elementi nuovi. Mi riferisco a The News Gazette, e a The News Herald. Le loro prime pagine (del
12 settembre) sono assolutamente e incredibilmente "normali": nessuna immagine ingigantita,
nessun titolo cubitale ad effetto. Presentano un perfetto equilibrio tra le parti, e soprattutto
presentano l'evento "a misura di stampa": per lo più articoli, accompagnati da un'immagine di
grandezza media (molto meno della metà della pagina), e una piccola in basso. The News Gazette
titola Pain of the Nation, pagina leggermente asimmetrica perché vede le due immagini spostate di
poco verso sinistra (l'immagine media rappresenta delle persone sedute in chiesa che pregano, la più
piccola una gru che cerca di estrarre qualcosa dalle macerie); sei colonne di articolo, può sembrare
strano, ma in data 12 settembre, ci sono sei colonne di parola scritta; l'ultima colonna a destra
presenta tutte didascalie in successione.
The News Herald titola Bush to Americans: Murderers will pay. Quindi un titolo, una frase,
niente a che vedere con il titolo a parola unica, fortemente espressivo ed emotivo. Sempre due
immagini, una media e una più piccola in basso, e rappresentano: la media una stazione di benzina
piena di macchine, mostrando le prime conseguenze, ovvero i primi effetti dell'attacco terroristico
(altro che schianto, qui già si mostravano i primi effetti a lungo termine, cioè la ripercussione
sull'economia); la più piccola, la centrale nucleare dell'Ohio (a cui se ne aggiunge un'altra, ma
piccolissima del presidente che parla alla Nazione, in alto a destra); anche qui sei colonne di
articoli; struttura asimmetrica, ma ben bilanciata dalla distribuzione delle immagini.
Quindi due esempi assolutamente isolati, non dico unici, perché cercando se ne troveranno
sicuramente degli altri. Ma sono esempi così rari nel panorama delle prime pagine al momento della
strage, che verrebbe da dire che sono l'eccezione che conferma la regola. Soprattutto sono l'esempio
di come la stampa nel rifiutare le immagini-copertina ha evitato di cadere nel sensazionalismo e
nella spettacolarità, e non si è lasciata trascinare dalla furia televisiva. Ha riflettuto, ha rielaborato
l'evento secondo i canoni della carta stampata. Sono il perfetto esempio di come questo si sarebbe
potuto fare, non era una cosa impossibile.
Seconda parte. I giornali
Le ultime considerazioni introducono la seconda parte dell'analisi. Infatti, il fatto di spostare
l'attezione sui grandi quotidiani americani porta tutta una serie di conseguenze. Innanzitutto, il
grande giornale nazionale è molto meno incline al sensazionalismo e per nulla al pettegolezzo. Il
suo carattere nazionale porta a mantenere certo rigore, sia nei contenuti, sia nella veste grafica. Il
grande giornale deve rispettare tutta una serie di regole, verso le quali il piccolo giornale locale
nutre molta più libertà, può non applicarle, o almeno applicarle a modo suo.
La sua posizione nel Paese si riflette anche nel tipo di informazione e nel tipo di rapporto con il
lettore. Per la sua importanza e per il suo carattere nazionale si assume una forte responsabilità a
livello di pubblico e nazionale: deve garantire una informazione corretta, veritiera, obbiettiva, che
non abbia "sporcature" di nessun genere (sia grafiche sia di contenuto); deve rispettare rigidamente
le regole, perché è un garante a livello nazionale dell'informazione, e quindi del livello informativo
del suo paese. Questa responsabilità pesa sul giornale, influenzando le sue scelte.
Quindi esiste una profonda differenza tra i giornali locali analizzati nella prima parte, e i giornali
nazionali che mi appresto ad analizzare. Il grande giornale nazionale deve fornire un'informazione,
corretta, completa, chiara, lineare, e non può certo esimersi dal farlo, sia a livello formale,
(stravolgendo la struttura), sia a livello di contenuti, (cadendo nella forzatura). Quindi i giornali che
adesso esaminerò sono molto meno stravolti nella struttura. Ma se può sembrare una scelta fatta nel
rispetto della carta stampata (in alternativa al modello Tv), bisogna dire che invece è una scelta fatta
più per necessità, che per un intento consapevole. Quindi sono da ammirare, giornali minori come
The News Gazette e The News Herald, che pur nel loro piccolo, hanno mantenuto alto il valore della
carta stampata.
Detto questo, la mia analisi si concentra adesso sui quattro maggiori quotidiani americani (The
Washington Post, Los Angeles Times, Chicago Tribune, Boston Globe); verranno analizzate di
ciascuno le caratteristiche della front page dell'edizione straordinaria dell'11 settembre, e
confrontata con quella del giorno successivo; nel durante, si intreccerà con l'analisi del confronto tra
le quattro testate. Infine ne verrà fatta una sintesi.
Prima di iniziare l'analisi, vorrei dire che per i motivi citati sopra, i quattro giornali non hanno
presentato sostanziali modifiche nella struttura grafica. Nell'insieme, hanno mantenuto le loro
caratteristiche grafiche che avevano prima della strage. Questo in generale. Poi certo, ognuno di
loro ha cercato di dare una rappresentazione alla tragedia, ma sempre rimanendo nei limiti di una
stampa rigorosa.
Il primo giornale degli Stati Uniti è il Washington Post. L'edizione del pomeriggio dell'11
settembre, presenta la seguente impaginazione: titolo in due righe Terror Hits Pentagon/World
Trade Center; sotto, l'immagine centrale della parte alta della torre fumante, con il secondo aereo
ben visibile accanto. Solo sotto l'immagine (che occupa metà della pagina insieme al titolo),
troviamo tre articoli, disposti su cinque colonne. Un'altra piccola immagine, abbastanza centrale, in
basso, rappresenta in lontananza il Pentagono. Innanzitutto, c'è da dire che l'impaginazione dà
spazio anche agli articoli (chiaramente sulla strage), conferendogli quasi la metà della pagina.
Niente a che vedere con l'immagine-copertina dei giornali locali.
Il titolo, allora, non è lapidario, costituito da una sola parola, ma si presenta su due righe. C'è da
dire però che è molto essenziale nel dire cosa è successo: "Il Terrore colpisce il Pentagono, il World
Trade Center". Questo sempre ringraziando la lingua inglese. E' significativo che nel titolo venga
nominato prima il Pentagono, e in fondo ne venga riportata anche l'immagine. E' rarissimo trovare
nei giornali del pomeriggio dell'11, una copertura del fatto che riguarda anche il Pentagono. E'
anche interessante come la stessa copertura mediatica televisiva ha molto scarseggiato nei confronti
del Pentagono: ha favorito di gran lunga la visione delle due torri in fiamme. Questo conferma
quello che ho scritto sopra: l'informazione di un giornale nazionale deve essere obbiettiva e
completa, soprattutto per un primo giornale, come lo è il Washington Post. E' pur vero che
l'immagine principale presenta l'immagine-evento di tutti i giornali del mondo.
L'edizione del giorno dopo, riacquista tutto il carattere della carta stampata: più articoli (cinque
su sei colonne, due dei quali fanno da bordo alla pagina) e immagini ridimensionate (due
relativamente piccole, al centro; e due piccolissime ai lati, in basso); la prima, ancora le torri
fumanti, la seconda ancora il Pentagono, le più piccole, delle persone angosciate. Il titolo su tre
righe: Terrorists Hijack 4 Airliners/Destroy World Trade Center/Hit Pentagon; Hundreds Dead.
Innanzitutto la pagina è molto simmetrica (come del resto, quella del giorno prima). Il titolo
assomiglia ad un riassunto: aumenta le informazioni, e soprattutto sintetizza tutto quello che c'è da
sapere, e non importa se questo occuperà più righe: l'informazione conta di più, viene prima
dell'impatto visivo.
E' interessante allora notare, a fatto appena accaduto, come il giornale, pur mantenendo il suo
stile, ha conferito mezza pagina all'immagine: dimostra la forte tradizione grafica americana, e
soprattutto la stessa volontà di tutti gli altri giornali di rappresentare il disastro con l'immagine della
torre. Mentre, nel giorno dopo, assume un tono molto più pacato, facendo circondare le immagini
dai testi scritti, e rimpicciolendole. Infine, il titolo dell'11, vuole essere molto più incisivo, perché il
fatto è appena compiuto: su due righe ben distanziate, a caratteri grandi. Mentre il 12, quando il
mondo intero era ormai al corrente della tragedia, ha prediletto l'informazione (alla cattura visiva),
cosa che quasi tutti i giornali non hanno fatto nemmeno il giorno dopo: è a caratteri più piccoli, e
più stretti, per far centrare il tutto sulla riga, e anche il fatto di essere su tre righe dà un carattere
molto meno lapidario.
Per quanto riguarda l'altro quotidiano importante americano, Los Angeles Times, l'edizione del
pomeriggio dell'11, si presenta con un titolo su una riga di due parole: Terror Attack; un sottotitolo,
su una riga (assente nel Wahington Post), molto più piccolo del titolo: Hijacked Jets Fly Into Trade
Center, Pentagon. Qui allora c'è una via di mezzo: se è vero che ha privilegiato l'impatto visivo, con
il titolo a grandi caratteri, è anche vero che ha voluto dare un'informazione completa, citando anche
il Pentagono. Per le immagini, ve ne sono due di piccole (prima e dopo lo schianto del secondo
aereo), subito al di sotto del titolo; e una relativamente grande, di una torre in fumo, al centro della
pagina. Una sola colonna a destra delle immagini, e tre colonnine di un articoletto, in fondo, sotto le
immagini. Interessante, in basso a sinistra una piccola cartina della costa americana interessata, e
didascalie che evidenziano la dinamica: comunque il tutto in un riquadro molto piccolo.
L'edizione del giorno dopo, presenta il titolo su due righe: Terrorists attack/New York, Pentagon.
Anche qui un sottotitoletto, ma su due righe: Tousands Dead, Injured as Hijacked U.S.
Airliners/Ram Targets; World Trade Center Is Destroyed. E' interessante notare come il titolo del
12 presenti la parola "New York", fatto abbastanza raro nel panorama delle front pages. Per le
immagini, una al centro, più piccola di quella del giorno prima, che è suddivisa in due immagini,
entrambi frontali e ravvicinate: una con l'aereo, l'altra già in fumo; ve ne è un'altra piccola in basso,
con due persone. Comunque molto più spazio agli articoli, quattro, su sei colonne. E' interessante
allora notare come sia stata fatta la stessa scelta del Washington Post, per cui il giorno 11, viene
presentata una front page più ad effetto, mentre il 12, più consona al giornale; anche qui, per l'11
una riga di titolo, e per il 12, più d'una. Inoltre è da notare che, a differenza del Washington Post,
Los Angeles Times presenta un sottotitolo. Questo impedisce di fare la scelta di un titolo su tre righe
che sintetizzi il tutto, e invece fa prevalere nel titolo la funzione di carica emotiva, attraverso il forte
impatto visivo: infatti è il sottotitolo piccolo, e non il titolo, che presenta una sintesi dei fatti. Il
titolo infatti su due righe (e non tre), mantiene molta più forza espressiva rispetto a quello del
Washington Post. Tra i due allora, Los Angeles Times si avvicina molto di più alla maggior parte
degli altri giornali: predilige per l'11 la forma grafica, utilizza ben tre fotografie, utilizza la solita
fotografia. Il Washington Post sembra invece più attento al suo dovere, mantenendo una grafica più
contenuta (anche l'11), e dando un'informazione più completa.
Per il resto entrambi recuperano una pacatezza nell'edizione del 12, dando più spazio agli
articoli. Nel confronto tra i due giornali emerge anche un'altra importante differenza: il Washington
Post ha dato un'informazione più completa, in quanto ha presentato anche la foto del Pentagono,
addirittura nell'edizione del pomeriggio stesso della strage (e poi anche il giorno dopo). Los Angeles
Times, invece, si è limitato a citarlo nel titolo, tutte le foto riguardano le torri in fiamme, a parte una
piccola del 12, che riguarda due persone, tra l'altro uguale a quella presentata dal Washington Post,
(sempre il 12), ma collocata specularmente.
Inoltre, non solo non ha presentato la foto, ma l'ha citato solo nel sommario: l'edizione dell'11
presenta una front page che dà maggiore importanza visiva, e quindi informativa, all'attacco alle
torri (come hanno fatto la maggior parte dei giornali del mondo). La parola "Pentagono", quasi non
si nota, di fronte all'invadenza di ben tre immagini uguali, le torri, e del grande titolo Terror Attack:
questo comporta che venga percepito dal lettore come riferito esclusivamente alle torri. Quindi, ad
una prima occhiata (perché è quella che conta), non si viene nemmeno informati dell'attacco al
Pentagono. Ben diverso, il Washington Post, che già l'11, mostra con una chiarezza estrema i due
attacchi (il titolo li cita su due righe distinte). Si può dire che Los Angeles Times recupera il terreno
perso con l'edizione del 12, mettendo la parola "Pentagono" nel titolo grande; tuttavia, come ho già
detto, manca di immagini che vi riferiscono (in entrambi le edizioni).
Tutto questo dimostra che il Washington Post (per entrambe le edizioni) ha dato una maggiore
copertura dei fatti, e anche migliore, perché visivamente più chiaro. Inoltre ha mantenuto una
grafica molto più pertinente alla carta stampata, mentre Los Angeles Times è in parte scivolato nella
tentazione in cui sono caduti la maggior parte dei giornali.
Per quanto riguarda il Boston Globe si distingue in modo particolare da entrambi i quotidiani
precedenti. L'edizione dell'11 presenta il titolo su una riga Reign of terror, grande, ma non cubitale
(significativo poi che la parola terror, diversamente dagli altri giornali, sia in minuscolo, quasi a
volerlo dire in sordina). Due righe, sotto, come Los Angeles Times, un sottotitolo, su due righe:
Concerted attacks destroy World Trade Center;/plane hits Pentagon; thousands are feared dead.
Innanzitutto, un titolo sulla scia di quello di Los Angeles Times, ma meno impressivo perché non in
stampatello, ma in alfabeto minuscolo, e la larghezza del carattere è più sottile. Interessante che già
nell'edizione dell'11, presenti una sintesi di quello che è successo; nemmeno il Washington Post lo
ha fatto, preferendo un solo titolo su due righe: in questo, a confronto con il Boston Globe, ha
prediletto la grafica all'informazione. L'immagine centrale nel Boston Globe presenta l'11 le
macerie con i vigili del fuoco. Questo è insolito, la foto più importante, il pomeriggio stesso della
tragedia, presenta già le macerie; in alto a sinistra, ma molto piccole, due foto delle torri, prima e
dopo lo schianto. Sotto l'immagine delle macerie, una foto più piccola con delle persone in fuga. E'
singolare che il giornale abbia dato allora più importanza agli effetti, piuttosto che alla dinamica in
sé. Poi è ancora più significativo che lo abbia fatto nell'edizione dell'11, quando il fatto era appena
accaduto.
Allora la front page dell'11, presenta una grande foto centrale, due piccole in alto a sinistra, e
una media in basso. Due articoli, ai lati dalla figura centrale, e, in basso, accanto all'immagine
quattro didascalie. La cosa interessante è che per l'edizione del 12 non ci sono state sostanziali
differenze; a differenza degli altri due quotidiani, che hanno recuperato un certo equilibrio visivo, il
Boston Globe, mantiene la stessa struttura: non aumenta l'equilibrio, non aumentano gli articoli. La
front page del 12, si presenta allora con il titolo New Day of infamy (anche qui, guarda caso, la
parola chiave, infamy, è scritta in minuscolo); un sottotitolo (come l'11, ma su una riga), Thousands
feared dead after planes hit towers, Pentagon. E' un sottotitolo molto simile al precedente.
Stessa titolazione nelle due edizioni: titolo su una riga e abbastanza lapidaria, stesso sottotitolo
(solo che l'11 è più incisivo, perché a carattere più grande e su due righe). Le immagini occupano
nei due giorni più o meno lo stesso spazio, almeno ad un primo colpo d'occhio (che è quello che
conta nell'impatto visivo). Il 12, le immagini sono tutte centrali (come l'11): l'immagine grande
riproduce sempre le macerie, al di sotto ancora un'altra immagine più piccola (vigili del fuoco che si
allontanano), e ancora al di sotto, un'immagine ancora più piccola, la torre in fiamme. Gli articoli
hanno la stessa densità di quelli dell'edizione del giorno prima (tre articoli su quattro colonne, e
didascalie in basso a sinistra). Quindi l'equilibrio non cambia nelle due edizioni, c'è la stessa
struttura di due colonne laterali che racchiudono le immagini centrali.
Interessante notare come anche nel giorno dopo l'immagine della torre viene mantenuta molto
piccola. Rispetto agli altri due giornali, quindi cambia completamente la priorità delle informazioni.
Attraverso le immagini veicola altri significati, e dà diverse priorità. E' interessante notare come
anche qui, come Los Angeles Times, il Pentagono cade in secondo piano in favore delle torri, sia per
le immagini (nessuna riproduce il Pentagono), sia nei titoli (come il Los Angeles Times, lo cita
semplicemente nel sottotitolo). Torri, che non ci sono più, perché mostra più che altro le macerie:
quindi se vogliamo, è molto più tragico degli altri due, distaccato degli altri due, nel senso che
analizza a mente fredda il disastro, mostrando subito le sue dimensioni e la sua gravità. Quando
ancora gli altri due si attengono alla visione (sarà per l'ultima volta) delle torri.
Verrebbe da dire un giornale più analitico e più distaccato rispetto al disastro, evita il
coinvolgimento emotivo, anche nei grandi titoli: essi rimangono sempre molto oggettivi ("Regno
del terrore", l'11, "Il giorno dell'infamia", il 12), che possono essere riferiti a qualsiasi zona del
mondo; invece nei titoli dei primi due, la presenza di parole come "terrore", "attacco", "Pentagono",
"World Trade Center", contestualizzano subito l'evento, perché citano la zona, e allo stesso tempo,
ne convalidano la gravità. L'impatto è molto diverso: molto più emotivo per i primi due (pur con le
differenze viste), molto più oggettivo e distaccato il Boston Globe, per i titoli (sia per il carattere,
più sottile, non in stampatello, con parola chiave in minuscolo, sia per il contenuto), e soprattutto
per le sue immagini di macerie, che potrebbero essere macerie di qualunque altra parte del mondo.
Per quanto riguarda l'ultimo quotidiano, il Chicago Tribune, esso presenta nell'edizione dell'11
settembre, una front page molto simile a quella di Los Angeles Times: titolo su una riga, U.S. under
attack, sottotitolo su una riga, Hijacked jets destroy World Trade Center, hit Pentagon. Presenta
una stessa struttura perché il titolo è grande e ben visibile, mentre il sottotitolo è molto più piccolo.
Le immagini, come Los Angeles Times, sono tre: la più grande, centrale, rappresenta la torre
fumante con il secondo aereo; sotto a sinistra, grande la metà (quindi occupa metà della parte
inferiore della pagina), la stessa torre fumante vista nella parte alta; sempre sotto, a destra, la terza
immagine di persone che scappano (la stessa di quella del Boston Globe). Unico articolo,
piccolissimo (a parte il titolo, la parola scritta quindi è molto sacrificata), su due colonne, nella parte
inferiore, a destra. Quindi una front page che predilige l'immagine: la pagina è quasi interamente
occupata da immagini. Ricorda molto i giornali analizzati in precedenza, ma qui però non è una
singola immagine a tutta pagina, ma semplicemente più immagini, inframezzate con l'articoletto (e
questo fa la differenza tra un grande giornale e un giornale minore). Da notare, che le due immagini
principali presentano le torri in fiamme, quindi, il Chicago Tribune è sulla scia dei primi due, e
invece si conferma la particolarità del Boston Globe. Infine, l'informazione del Pentagono, viene
data solo nel sottotitolo.
Quindi se dovessimo fare una sintesi dell'analisi, si può dire che il Washington Post è stato il
migliore dei quattro, nella copertura di un'informazione, corretta e completa. Gli altri tre, non hanno
dato abbastanza rilievo all'attacco al Pentagono. A mio avviso, il Washington Post ha presentato la
migliore front page, sia a livello di contenuti, sia a livello di grafica. Infatti ha molto più equilibrio
tra parola scritta e immagine, rispetto agli altri tre (anche nel confronto tra le due edizioni). Il
Boston Globe, pur essendo di minore impatto visivo, ha comunque dato molto più spazio alle
immagini, rompendo l'equilibrio. Se è vero che ha tutta una sua particolarità per immagini e titoli,
penso che la scelta migliore l'abbia comunque fatta il Washington Post: infatti di fronte ad una
tragedia simile, e soprattutto appena accaduta, è giusto presentare una immagine che mostri la
dinamica dell'accaduto, e non certo un momento successivo. E' anche anti-informativo nei confronti
del lettore, che ha il diritto di sapere la dinamica di un evento così mostruoso, e soprattutto di
saperlo in modo immediato. Infine Los Angeles Times e Chicago Tribune, si assomigliano (pur
nelle sottili distinzioni viste), per la scelta di una front page che privilegi l'immediatezza e il forte
impatto visivo, attraverso più immagini, e titoli più specificatamente ad effetto (sia per la forma,
carattere più spesso, e su una riga; sia per il contenuto, che tra l'altro contiene la stessa parola
"attack").
Dopo aver considerato i quattro maggiori quotidiani americani, è interessante considerare le
front pages di altri due quotidiani, sempre importanti (anche se meno degli altri quattro). Li
considero perché è interessante vedere come hanno rappresentato la pagina, visto che per loro
l'utilizzo di immagini e di informazioni grafiche, è una consuetudine. Mi riferisco al New York
Times, e all'inglese The Independent. (Considero le edizioni del 12).
Per quanto riguarda il primo, è singolare che abbia un titolo molto simile a quello del Chicago
Tribune dell'11: U.S. Attacked. Due righe abbastanza grandi, per essere messe sotto al titolo
principale (e infatti molto più grandi dei sottotitoli precedenti). Sempre la stessa formula: Hijacked
jets destroy Twin Towers/And hit Pentagon in Day of Terror. Una pagina molto simmetrica: più
immagini, tutte centrali, uno sotto l'altra, dove la prima, la più grande, rappresenta le due torri in
fumo (solo una piccolissima immagine inframezza l'articolo a destra, in alto). Quattro articoli, che si
collocano nei quattro quadranti ideali in cui si può suddividere la pagina; quindi due colonne scritte,
ai lati della banda centrale delle immagini. Una pagina simmetrica, che raggiunge anche un
equilibrio tra parola scritta e immagine.
Quindi si può dire che non vi è nulla di eccezionale, o meglio nulla di eccezionale per un
giornale famoso per le sue informazioni visive. E' vero che i quattro articoli sono nello stile del
giornale, perché rappresentano degli spazi di approfondimento sulla tragedia. Ma questo vuol dire
anche che la tragedia non ha portato a modificare il giornale nella sua struttura grafica. Del resto,
l'informazione visiva non è niente di più di quella che hanno gli altri quotidiani, anzi è quasi più
ridotta, un fatto molto strano per un giornale abituato ad immagini grandi anche mezza pagina.
Questo dimostra che la tragedia, non ha portato il giornale ad accentuare una sua tendenza
consolidata.
Per quanto riguarda The Independent, qui c'è una precisa scelta di campo. Una scelta
consapevole, che ha portato il giornale a scegliere per la prima pagina del 12 settembre,
un'immagine che occupasse tutta la pagina. Quindi la tragedia non ha fatto altro che accentuare una
tendenza già consolidata: l'immagine per un fatto così grave non può occupare solo mezza pagina,
ma l'intera pagina. L'immagine è racchiusa in un grande riquadro, quasi a volerla incorniciare, per
darle più risalto. All'interno del riquadro (grande praticamente come la pagina), vi è il titolo in alto,
su due righe: Doomsday/America; ad effetto perché bianco sullo sfondo grigio del fumo.
L'immagine infatti non potrebbe non rappresentare in primo piano, frontalmente, le due torri,
completamente in fumo e in fiamme. Il giornale infatti che fa una scelta di campo del genere a
livello stilistico, la fa anche a livello di contenuto, mostrando l'immagine principe della strage.
Intento quasi scontato: forte espressività che causa un forte impressionismo. Il lettore si trova di
fronte a tutta pagina, l'immagine delle due torri in fiamme. Se può assomigliare ai giornali analizzati
nella prima parte, c'è sempre da considerare invece la differenza, squisitamente stilistica: il riquadro
che contiene il tutto, e soprattutto un titolo in bianco (non in nero) contenuto nel riquadro, a
caratteri relativamente piccoli; quindi non è certo "gridato", come lo è negli altri giornali.
Un sottotitolo, su due righe, che riprende la solita frase di chiarimento, cambiandone solo due o
tre parole: Thousands Killed after hijacked airlines destroy/World Trade Center and smash into
Pentagon. Singolare infine la scelta per il titolo del vocabolo Doomsday, dove doom racchiude vari
significati, molto indicati per il giorno della tragedia: destino funesto, triste sorte; ma anche perdita,
distruzione, rovina, condanna; giudizio, l'ultimo giudizio. Un titolo quindi molto profetico: non
vorrei azzardare a dire che sia l'unica front page che porta questo titolo (i giornali sono centinaia),
ma comunque sia, nelle mie ricerche, sia tra i giornali più locali sia con l'analisi dei giornali più
importanti, non ho mai trovato questo termine in altre titolazioni. Un titolo drammaticamente
adatto.
E'singolare allora che l'enfatizzazione consolidata sia stata adottata dal giornale inglese, e non
invece da quello americano, il quale dovrebbe essere invece più coinvolto nella strage.
Sempre continuando l'analisi di giornali di una certa importanza, vorrei soffermarmi su un
giornale quotidiano che ha fatto storia, per la sua particolarità: lo Usa Today. Esiste anche l'edizione
internazionale. I suoi caratteri peculiari (che hanno dato vita a innumerevoli imitazioni) sono:
formato tabloid; articoli brevi; numerose rubriche: le Lines, rubriche di notizie brevi, impaginate su
due colonne nelle varie sezioni, la rubrica Voices, spesso in prima pagina, che raccoglie le opinioni
di cinque cittadini americani su una questione sociale; la Newsline, in prima pagina, sommario e
anticipazione dei servizi; molte notizie grafiche (tra cui grafici di informazione); flusso d'immagini;
cover story, cha rappresenta la storia di copertina, un'idea ripresa dai settimanali, come Time e
Neewsweek. E' una fotografia a colori al centro della prima pagina, non riguarda la notizia più
importante, ma il "fatto del giorno", ovvero quello che la redazione vuole che sia il fatto del giorno.
Lo stile fortemente innovativo e grafico, dimostra, soprattutto con la cover story, la volontà di un
modello che sia alternativo a quello televisivo. Riproduce la struttura e il linguaggio
dell'informazione televisiva, però combinando testo scritto e immagini in modo alternativo e
innovativo: le rubriche sono molto comprensibili e molto efficaci perché permettono una fruizione
molto veloce e snella (più che stare ad ascoltare un telegiornale). Inoltre, contiene sezioni di
approfondimento (che per esempio in un telegiornale non ci sono, perché presenta in modo
frenetico solo una successione di notizie sterili), e informazioni di servizio (sport, tempo libero), in
una sintesi straordinaria.
Quindi, è un quotidiano particolarissimo, che ricalca la struttura dei settimanali (per la cover
story, e se vogliamo, per l'importanza della visività), e che si pone come modello alternativo a
quello della televisione.
Un caso particolare che quindi diventa interessante analizzare alla luce della strage dell'11
settembre. L'edizione del 12 settembre, presenta a tutta pagina (quasi), l'immagine delle torri, da
una diversa prospettiva: laterale dal basso. La cover story non poteva che essere la tragedia, non
c'era da scegliere. C'è anche la Newsline, molto interessante, perché, al di là di presentare tutti temi
pertinenti alla tragedia, li presenta con sfumature originali, che altri giornali non hanno nemmeno
pensato; così sintetizza gli argomenti: Bush che parla alla Nazione; folle di persone che invadono il
"centro insanguinato"; la crisi economica; l'86% dice che gli attacchi sono atti di guerra; il dramma
del giorno nelle immagini. Quindi temi molto vari, che analizzano la vicenda da punti di vista
diversi (il sondaggio, per esempio). Perfettamente nel suo stile, viene presentata tutta una collezione
di foto sulla strage (rinviata all'interno).
L'immagine di copertina non occupa tutta la pagina perché, sotto di essa c'è lo spazio per un
articolo, intitolato "minuto dopo minuto, la paura si espande nel paese". Un articolo piccolo (su tre
colonne), circondato ai lati da due piccole didascalie, esso è comunque schiacciato dall'immagine.
Non c'è spazio chiaramente per la rubrica Voices. L'immagine, un po' come in The Independent
(anche se qui comprendeva l'intera pagina), è racchiusa in un riquadro, che racchiude anche il titolo:
"Act of War" . E' molto significativo che sia tra virgolette: in pratica lo hanno intitolato con la frase
che ha ottenuto più percentuale nel sondaggio: il titolo è la voce degli americani. Se manca la
Voices di cinque americani, qui c'è la voice di tutta l'America. Sottotitolo: Terrorists strike; death
toll "horrendous" . Titolo chiaro che ben si stacca dallo sfondo grigio del fumo. Nel complesso
pagina simmetrica.
Quindi, lo Usa Today, di fronte alla strage, non ha rinunciato alla sua vocazione di dar voce al
popolo americano. Ha usato perfettamente il suo stile grafico, per finalizzarlo completamente al
racconto della strage. E' rimasto quindi fedele a sé stesso, raccontando la strage secondo il suo stile,
usando i suoi metodi.
L'edizione internazionale (sempre del 12) è più "giornalistica", ma mantiene tutte le connotazioni
tipiche del giornale. Titolo uguale a quello del Chicago Tribune: U. S. under attack; immagine
grande, abbastanza centrale; molto evidente la Newsline in una colonna a sinistra dell'immagine,
che prima del sommario presenta una piccola foto di Bush nel momento in cui apprende la notizia;
sotto l'immagine un piccolo articolo (titolo: "U.S. premette: sarà vendicato"), che ha la stessa
identica struttura dell'articolo dell'edizione nazionale. Da notare come il significato dell'articolo
cambi: prima era per gli americani, adesso è per il mondo intero. Singolare che ci sia scritto cover
story in mezzo all'articolo, quasi un voler dimostrare che non si è voluti rinunciare al loro modello.
Molto significativo che in alto a sinistra venga data l'informazione sul Pentagono anche con una
piccola immagine (l'edizione nazionale lo cita solo in una delle frasi piccolissime sopra il titolo).
La struttura delle due edizioni è allora molto simile, la differenza è nella collocazione e
significato dell'immagine: nel nazionale, il riquadro racchiude quasi la totalità della pagina;
nell'internazionale, è la classica immagine di una front page, che coesiste anche con gli altri
elementi grafici, con gli articoli. Anche l'immagine stessa è diversa, molto più apocalittica, quella
nel nazionale, più oggettiva (frontale, a distanza), quella internazionale. Strutture simili, stessa idea
di modello, un modello che però si adatta rafforzando alcuni elementi piuttosto che altri, a seconda
che sia destinato alla Nazione o al mondo (anche nella copertura della notizia): il nazionale quindi
più nello stile Usa Today, l'internazionale più "giornalistico".
Vorrei fare una riflessione: ho notato che tutti i quotidiani analizzati, presentano curiosamente
nella titolazione e nei sommarietti, sempre la stessa frase, con gli stessi termini: hijacked, thousand
dead, terror, attack, destroy Twin Towers, hit the Pentagon. Questo sarà dovuto sicuramente alla
semplicità della lingua inglese, ma soprattutto alla diffusione della notizia da parte della fonte, per
cui non avendo ulteriori informazioni, hanno semplicemente riportato la frase che è stata loro
fornita. (E questo vale anche per l'immagine). Discorso a parte, che esula dal contesto di analisi, ma
che ha inciso nella somiglianza della titolazione, riguarda tutta la logica censoria che è intervenuta
nella trasmissione della notizia.
Una curiosità, infine, sul più famoso giornale on-line: il Mercury News. L'edizione dell'11
settembre presenta una pagina completamente dedita alla grafica: titolo enorme (Attack!), che
ricorda quello dei giornali minori (anche per il significato del punto esclamativo). Sottotitolo, che
sembra un titolo a sua volta (Trade Towers Fall), perché al di sotto di esso ci sono altre due righe di
sintesi dell'accaduto. Quasi mezza pagina di titolo, a cui ovviamente fa eco l'altra metà occupata
dall'immagine: la solita torre in fiamme. Sotto l'immagine, sei colonnine, ognuna delle quali
racconta cosa è successo in un'ora particolare: quindi la cronaca del fatto ora per ora. Una pagina
grafica per eccellenza, chiaramente subordinata alle esigenze della comunicazione on-line.
L'edizione del 12 settembre, però, presenta anche due articoli, questo dimostra il carattere di
specialità dell'edizione dell'11. Titolo sempre enorme: Acts of War, che ricorda il sondaggio dello
Usa Today; immagine enorme che è quasi identica a quella del giorno prima; sotto l'immagine, al
posto dell'informazione grafica della cronaca dell'avvenimento (come l'11), ci sono due articoli,
inframezzati da un'altra immagine piccola (sempre sulle torri), che al di sotto ha sempre un elenco
di notizie, in forma didascalica. Quindi anche nel mondo on-line, la tragedia è stata rappresentata
secondo la più classica tradizione del giornalismo anglosassone, con immagini e grafici. Anzi
colpisce che non ce ne siano ancora di più, visto che è una forma on-line, e invece addirittura,
nell'edizione del 12 troviamo due articoli.
Prima di analizzare i settimanali, vorrei citare due esempi, molto particolari nel panorama delle
front pages. Il primo riguarda Review, un giornale che presenta una fotografia a mezza pagina, del
tutto particolare, è una foto che ha un punto di vista diverso dal solito: in primo piano dei ragazzi,
seduti su una panchina, con delle biciclette, ma che sono dall'altra parte del fiume rispetto al luogo
della tragedia; quindi si vedono due alberi agli estremi della foto, i ragazzi al centro in primo piano,
e sullo sfondo l'acqua, oltre la quale è avvenuta la tragedia. Quindi un punto di vista che è oltre il
luogo della tragedia. Il secondo esempio, riguarda la particolarità di una copertina: mi riferisco a
The New Yorker, che ha effettuato una copertina, divenuta famosa, sulle Twin Towers, con una
tecnica nero su nero (anche simbolico, il colore nero simboleggia la morte): è una particolare
tecnica stampa, del quinto colore del nero su nero. L'immagine vuole creare l'identificazione tra il
giornale, il lettore, la città.
Considero allora i tre settimanali. La particolarità sta nel vedere come essi abbiano rappresentato
la tragedia, essendo avvezzi all'immagine in copertina. Ho scelto di fare il confronto tra il Time, il
Newsweek, e l'inglese The Economist.
Il Time, ha scelto di mettere la data precisa dell'11 settembre, in bianco, piccola, ma ben visibile.
L'immagine sono le due torri, riprese in modo suggestivo dal basso, completamente in fiamme nella
parte alta. Non si vede altro, nessun aereo, ma solo le torri colpite. E' inevitabile che questa sia una
scelta funzionale al settimanale, in quanto un quotidiano con fini prettamente informativi, ha
l'obbligo di presentare la dinamica dell'attacco, quindi aereo e quant'altro. Invece l'immaginecopertina del settimanale non si deve preoccupare di informare, ma semplicemente di rappresentare
l'evento come meglio crede, come crede sia meglio che rappresenti il significato del disastro.
Per l'immagine del settimanale vale quanto ha detto Ceccarelli: "viaggia in una dimensione di
immediatezza immateriale e spettacolare, meglio se catastrofica, rifugge il contesto, perché è essa
stessa che se lo costruisce con le sue regole". L'immagine del settimanale è proprio questo,
un'astrazione, un simbolo, un significato. C'è poco di giornalistico (nel senso di dovere
informativo), nell'immagine di copertina del settimanale. E' per questo che il Time, semplicemente
riporta le due torri colpite, ma senza contesto, perché quel che conta è ciò che esse significano.
Infatti, c'è solo la piccola data, e non c'è nemmeno un titolo. Allo stesso modo, nel numero del
primo ottobre, vi sarà a tutta pagina il viso di Osama Bin Laden, con un semplice titolo, molto in
alto, che non disturba l'immagine: Target: Bin Laden. Un'immagine di un uomo che è già di per sé
un'astrazione: di lui non si sa quasi nulla, non si conosce l'uomo che c'è dietro l'immagine (anche
perché in tutta la sua vita ha concesso solo sette interviste a giornalisti occidentali ed una ad un
giornalista arabo). Quindi è semplicemente un viso, un viso di un uomo che è responsabile di un
crimine mostruoso, ma per chi vede la copertina è semplicemente un viso, l'astrazione di un uomo.
Il Newsweek, è meno essenziale, ma, in quanto settimanale, valgono chiaramente anche per
questa testata le considerazioni fatte finora. L'immagine rappresenta questa volta solo una torre,
frontalmente, completamnente avvolta nel fumo e nelle fiamme. Da notare la differenza con il Time,
poiché appone un titolo (America under attack), e in basso a sinistra, oltre la data, anche l'ora (9.03
a.m.). Sotto anche due righe di sintesi, che guarda caso ricalca perfettamente la formula usata dai
quitidiani (Hijacked United Airlines Flight 175 explodes into the World Trade Center). Nel numero
successivo del 24 settembre, c'è l'immagine dei vigili del fuoco che innalzano la bandiera tra le
macerie (stessa immagine che molti giornali quotidiani minori hanno pubblicato in prima pagina,
sia l'11, che il 12).
E' interessante notare come per il numero del primo ottobre l'immagine sia la faccia di Bin
Laden, esattamente come nel Time. Però Newsweek, decide di dargli una connotazione ancora più
inquietante: non solo rappresenta la riproduzione fotografica (come il Time), ma tinge di rosso tutta
la pagina, ricoprendone tutto il viso. Il significato è chiaro: è un viso (dietro a cui è nascosto un
uomo "inesistente") che si è macchiato dei crimini più atroci verso l'umanità. Un titolo che taglia
orizzontalmente il viso, a livello del naso: Trail of Terror. Si vede anche come il Time tenda invece
a lasciare libera l'immagine da ogni altro segno: ne accentua il carattere di astrazione.
Da ultimo The Economist. E' interessante che, a differenza del Time che riporta la data, qui c'è
indicata la settimana della pubblicazione: quindi di gran lunga più simbolica la scelta del Time; e
però più astratta del Newsweek, perché lascia la semplice data, lì nel mezzo, decontestualizzata,
simbolica (mentre il Newsweek, la associa all'ora, e alla sintesi dei fatti, togliendo tutto l'alone di
inquietitudine e simbolismo). L'immagine di The Economist è completamente diversa da quella
degli altri due settimanali: non la torre in primo piano, ma la visione dell'intero contesto in cui è
avvenuta la strage; viene ripreso in lontananza il luogo, completamente avvolto dal fumo (si vede
anche l'acqua). Un fumo che occupa tutta la parte superiore della pagina. Molto apocalittica come
immagine, che mostrando l'intero contesto, mostra meglio degli altri, l'entità e la gravità del danno.
Un titolo in bianco che spicca dal fumo grigio, poco più su della metà della pagina: The day the
world changed. Un titolo, in linea con l'immagine, nel suo significato apocalittico. Anche qui la
scelta di mettere un titolo, però più astratto del Newsweek: non contestualizza, ma dà
un'interpretazione. Il Time comunque non fa nemmeno quello, lasciando il tutto in un'astrazione
assoluta.
E' interessante vedere come la settimana dopo, invece dei vigili del fuoco (come il Newsweek),
mette il viso di Bush, di profilo non molto grande, con sullo sfondo la bandiera americana. Titolo in
bianco: The battle ahead. Curioso che la settimana dopo gli altri due metteranno il viso di Bin
Laden, in una sorta di profetico confronto. Invece The Economist, nella settimana in cui gli altri due
hanno messo l'immagine del viso di Bin Laden, opta per un aereo americano che sta per decollare, e
sullo sfondo la cartina dell'Afghanistan disegnata. Titolo: Closing in (avvicinarsi, circondare).
Quindi a inizio ottobre, ci sono state due scelte diverse: da una parte individuare e trovare il
colpevole; dall'altra, molto più concretamente rappresentare la partenza degli Americani verso
l'Afghanistan. In entrambi la stessa idea: la guerra; ma da una parte è vista attraverso chi l'ha
causata, e dall'altra è vista nella sua concretezza e materialità. Il viso di Bin Laden tra l'altro
mantiene tutta una simbologia, che, l'aereo in partenza, non ha: il Time e il Newsweek hanno fatto
più una scelta di astrazione; The Economist di concretezza. Da ultimo, da notare che The Economist,
presenta sempre (a parte il numero dell'11), un piccolo sommarietto in alto a destra, con il titolo
dell'argomento e le pagine di riferimento: questo disturba l'immagine, non la isola, e contribuisce a
togliere all'immagine tutta la sua potenza evocativa.
Infine, da queste analisi, concludo che il Time è dei tre in assoluto il settimanale che tende a
valorizzare l'immagine per la sua astrazione. Poi si presenta il Newsweek, che anch'esso ha
quest'intento (ma ci riesce meno bene del Time), e infine The Economist, che con la sua concretezza
delle immagini, e la presenza del sommarietto, contestualizza il tutto, dando ben poco simbolismo
all'immagine.
Conclusioni
Dopo questa analisi approfondita che ha riportato esempi di giornali minori nella prima parte, e
di testate più importanti e nazionali nella seconda, si possono fare allora delle conclusioni.
Innanzitutto, per quanto riguarda i popular papers, è ovvio che l'uso di un'immagine grande in
prima pagina, il colore, e il grande titolo è una peculiarità del giornale, una consuetudine, quindi,
l'uso che se ne è fatto l'11 settembre, non è assolutamente una novità. Tuttavia c'è da dire che il
sensazionalismo si è fatto più forte, ovvero, confrontando con le edizioni precedenti, si nota come il
titolo dell'edizione dell'11 sia quasi raddoppiato, è molto ingrandito. Senza contare il carattere
lapidario che quasi tutti i titoli hanno, sia perché composti da una sola parola, sia per il significato
forte e denso (attacco, terrore, infamia): un risultato particolarmente ad effetto. Tutto questo
dimostra una forte accentuazione nei titoli, volutamente ricercata. Anche la scelta dell'immagine, al
di là della grandezza (in tutti sempre a tutta pagina), va a cercare spesso e volentieri l'aspetto più
catastrofico della strage (ovvero, essendo sempre la stessa immagine, cambia però l'inquadratura,
l'angolazione, la distanza). Se è vero che sono giornali abituati ad una forte grafica, è anche vero
che essa è stata estremizzata nel rappresentare la strage. Si potrebbe dire che hanno trovato "pane
per i loro denti", ovvero hanno sfruttato la loro tendenza sensazionalistica per raccontare il fatto, e
nello stesso tempo l'hanno rafforzata, portandola ai limiti dell'espressione.
Per gli altri giornali minori, non popular papers, il discorso è molto simile. Anche se la loro
connotazione grafica non è una loro peculiarità, per rappresentare la strage hanno fatto le stesse
scelte. Se è vero che qualche volta l'immagine copriva solo la metà della pagina, è pur vero che era
molto spettacolare e si accompagnava ad un titolo, sempre molto grande. I popular papers, e anche
molti degli altri giornali, sono proprio all'estremo della rappresentazione, perché hanno l'immagine
a tutta pagina, e un titolo enorme, e forti colori. In essi l'articolo semplicemente non esiste. Altri
giornali minori, hanno un'immagine a metà pagina (e non a tutta pagina), ma il titolo è sempre
molto grande, e l'articolo occupa la parte inferiore (gran poca, in verità) rimasta libera
dall'immagine. Come dire, si mette solo se rimane abbastanza spazio. Quindi, anche i giornali non
propriamente mondani, ma "più seri", hanno forzato la rappresentazione grafica nel giorno dell'11
settembre. Quindi, nel panorama generale dei giornali americani, la tendenza è di dare priorità
assoluta all'immagine, che fa coppia con il grande titolo; la parola scritta è quasi nulla nella forma
dell'articolo, e poco presente nella forma della didascalia.
Per quanto riguarda i più importanti giornali nazionali, il discorso cambia. Innanzitutto non si
possono permettere di dedicare l'intera prima pagina ad un'immagine. Sono grandi giornali, hanno
delle limitazioni, dei vincoli, e delle regole da rispettare. Inoltre, devono mantenere sempre un certo
rigore stilistico, per l'importanza che rivestono a livello nazionale. Questo significa che l'11
settembre in generale tutti i grandi quotidiani hanno presentato un'immagine a mezza pagina. Si
sono viste le differenze che hanno portato, per esempio, a notare come un quotidiano come il
Washington Post, abbia adottato una grafica meno sensazionalistica degli altri e abbia dato
un'informazione più corretta e completa. Tuttavia, però, anche i grandi quotidiani, hanno
subordinato la parola scritta alla grandezza dell'immagine: essa lascia poco spazio agli articoli. Il
titolo, poi, spesso e volentieri è grande e molto incisivo. Questo dimostra che anche i quotidiani
importanti l'11 settembre hanno offerto una grafica enfatizzata, dando priorità all'immagine e
lasciando in secondo piano la parola scritta.
Si può giungere allora ad una conclusione generale, che riguarda tutta la stampa americana. La
carta stampata americana, il giorno della strage, ha offerto nella prima pagina una grafica
enfatizzata nei suoi elementi costitutivi, che sono stati gerarchizzati in favore dell'immagine,
protagonista assoluta della pagina. Nell'immagine, sempre la stessa delle due torri in fiamme, si è
voluto valorizzare un forte sensazionalismo che ha portato ad una vera e propria
spettacolarizzazione della morte. Quindi se è vero che il giornalismo americano (e anglosassone)
favorisce da sempre l'informazione grafica e visiva, è anche vero che il giorno 11 settembre tale
informazione è stata ulteriormente accentuata, forzata, dilatandone fino all'estremo le sue
potenzialità impressive ed espressive. Si può dire che la spettacolarizzazione della strage abbia
trovato in America un terreno fertile.
Concludo la tesina con una riflessione finale. Tutta la stampa mondiale, pur non avendo lo stesso
humus americano (quindi non ha nessuna giustificazione, sempre che la tradizione possa
rappresentarne una), ha spettacolarizzato la tragedia, con le stesse scelte della stampa americana.
Tutte le prime pagine del mondo (USA compresa naturalmente), il giorno 11 settembre, hanno
l'enorme immagine delle Twin Towers in fiamme. Certo, una tragedia simile non poteva essere
rappresentata in altro modo, sicuramente l'immagine è più adatta, più immediata, per raccontare una
tragedia simile. Quello che voglio sottolineare, però, è che in questa rappresentazione la carta
stampata ha perso i suoi peculiari caratteri, ha smarrito la sua identità (per inseguire quella
televisiva). Il suo elemento fondante, l'articolo, si è semplicemente annullato. Una tragedia di una
gravità enorme ha completamente estinto la parola scritta.
Totale assenza della parola. Paralizzato davanti al video, il mondo intero è rimasto senza parole,
in tutti i sensi. E' stato incapace di scrivere quello che provava dentro, la rabbia, l'incredulità, il
dolore; nemmeno il tentare di scriverlo su un pezzo di carta. C'è stato un momento di paralisi della
stampa mondiale.
Col senno di poi, allora, ci si chiede se questo è stato un comportamento corretto da parte della
carta stampata. Io non credo. Credo che sì l'immagine era necessaria, anzi indispensabile, ma credo
anche che non è una cosa giusta annullare completamente l'articolo scritto. In un primo momento, la
carta stampata, e non mi riferisco solo alle front pages, ma anche alle pagine interne (le cosiddette
"pagine diverse" o "speciali"), per quasi un mese, ha riservato spazi di intere pagine solo per
immagini e grafici. A mio avviso, vi è stata un'eccessiva visività. Questo non è indice di buona
stampa. Non dico che non bisognasse inserire grafici e immagini (sono utilissimi, fortemente
informativi), ma voglio dire semplicemente di non inserire solo quelli: l'equilibrio che deve esserci
tra gli elementi grafici è stato completamente alterato. Gli articoli (se così si possono definire) si
riducevano a piccoli trafiletti, che occupavano lo spazio lasciato libero dalle foto.
Gran pochi articoli, quindi poco approfondimento. La vocazione informativa, che dovrebbe
essere l'essenza del giornalismo, non c'è stata. Il lettore, dopo aver visto una moltitudine di foto, e la
cartina dell'Afghanistan, ne sa quanto prima. Potrebbe invece conoscere più a fondo le origini del
terrorismo, la religione islamica, la cultura islamica, le relazioni economiche tra l'Afghanistan,
l'America, e il resto del mondo. Un approfondimeno che non è stato dato, e che spesso allora viene
ricercato nei libri; sì perché il lettore sente il bisogno di questo approfondimento, e il giornalista, per
fare il suo mestiere, dovrebbe sapere che è sempre necessario capire e soddisfare le esigenze del
pubblico.
Attualmente, allora, a distanza di mesi, si avverte la necessità di un'informazione più attenta alla
riflessione: i tg nazionali e le testate più vendute dovrebbero prestare più spazio alla storia e ai
motivi del terrorismo, ai rapporti che Usa e Ue hanno con il mondo arabo. A questo punto un'altra
immagine risulta emblematica: quei bambini arabi in festa per l'attentato che ha colpito il centro
della finanza mondiale. I cittadini dell'Occidente hanno il diritto di capire quelle immagini, perché
se non comprendiamo quell'innocente felicità, tanto lontana dai toni dei nostri governi, è
impossibile costruire un mondo di pace e giustizia.
Bibliografia
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Alberto Papuzzi, Professione giornalista. Tecniche e regole di un mestiere, Manuali Donzelli,
Roma, 1998.
Vittorio Roidi, La fabbrica delle notizie. Piccola guida ai quotidiani italiani, Editori Laterza,
Roma, 2001.
Giovanni Gozzini, Storia del giornalismo, Bruno Mondadori, Milano, 2000.
Sergio Lepri, Professione giornalista. Norme per una corretta scrittura, Milano, 1999.
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Sito Web consultato: www.poynter.org
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Citazioni di Filippo Ceccarelli ("La Stampa", 1 novembre 2001) e Bruno Delfino ("Corriere
della Sera", 23 novembre 2001).
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