Dispensa - Atti e modelli di Polizia Giudiziaria 2017

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Dispensa - Atti e modelli di Polizia Giudiziaria 2017
Claudio Malavasi
Dottore commercialista Revisore contabile
CAPITOLO 1
I CIRCOLI PRIVATI E LE MODALITA’ ASSOCIATIVE
Sommario: 1 premessa in fatto; 2 il quadro normativo; 3 la somministrazione nei circoli privati; 4
Spettacoli e Trattenimenti pubblici: definizione; 5 Spettacoli e Trattenimenti in circoli privati 6 indici
che definiscono la trasformazione di un circolo privato in un esercizio pubblico di somministrazione o
spettacolo 7 Specificità e non estensibilità degli indici di pubblicità ai circoli privati dei criteri per le
modalità di associazione e di accesso 8 Riepilogo e conclusione
1
Le modalità di associazione e di accesso ad un circolo privato in caso di effettuazione di
somministrazione di alimenti e bevande e nel caso di spettacoli e trattenimenti rivolti ai soci oggi
previste dall’ordinamento”
2
Il quadro di riferimento: dopo l’entrata in vigore della legge costituzionale 3/2001 e della legge
131/2003 il quadro di riferimento legislativo per quanto attiene la somministrazione degli alimenti e
bevande nei circoli privati è stato rivisto in modo compiuto.
Pertanto il quadro normativo nazionale rimane valido per tutte le Regioni anche per quelle che hanno
legiferato come la Lombardia e che non sono intervenute sulla materia se non in via marginale.
La Regione Lombardia come altre, che hanno già legiferato in materia non ha portato cambiamenti
significativi lasciando di fatto al quadro legislativo nazionale la regolamentazione della materia.
La Regione Lombardia è infatti intervenuta sui circoli privati, con la legge regionale nr. 30/2003, che
con l’art. 21 esclude espressamente dalla legge i circoli privati regolamentati dal Dpr 235/2001 che
rimane l’unica fonte di riferimento ordinamentale seppur con la modifica dell’impianto sanzionatorio
rivisto dalla L.R. stessa che all’art. 23, pur confermando il richiamo all’art. 10 della L. 287/91, assegna
ai Comuni tutte le competenze della procedura sanzionatoria e gli introiti in materia.
A partire dal 5.7.2001 con l’entrata in vigore del d.P.R. 4.4.2001 n. 235 la materia è stata
completamente riscritta garantendo una maggiore efficacia nei controlli, in particolare si segnala la
previsione che “il comune ha la possibilità di effettuare controlli ed ispezioni”.
Il circolo privato non necessita di alcuna autorizzazione per la sua apertura in quanto l’art. 18 della
Costituzione stabilisce che “i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per
fini che non siano vietati ai singoli dalla legge penale”.
Il diritto costituzionale dell’inviolabilità del domicilio e di libera associazione non può però costituire
impedimento assoluto all’emanazione di disposizioni che, seguendo regole stabilite dall’ordinamento,
tendono a soddisfare il mantenimento dell’ordine pubblico e della pubblica sicurezza nonché
dell’igiene e della salute pubblica.
In tale contesto si inserisce la normativa che disciplina l’attività di somministrazione e che garantisce
l’esercizio corretto di questi diritti costituzionali tenendo conto di valori etici e sociali caratterizzanti la
civile convivenza patrimonio anch’essi della nostra Costituzione.
Per costituire un circolo è pertanto sufficiente che poche persone si riuniscano e definiscano:
a) uno statuto liberamente predisposto;
b) individuino un fine sociale lecito;
c) definiscano l’ambito di intervento (culturale, sociale, di aiuto ecc.);
d) identifichino le cariche sociali;
e) determinino le modalità di accesso alla qualità di socio;
f) definiscano le quote annuali sociali, il patrimonio necessario al suo funzionamento, la durata, la
sede sociale.
Non è necessaria:
a) la presenza del notaio;
b) la forma pubblica e la conseguente registrazione dell’atto costitutivo;
c) la comunicazione all’autorità di P.S..
Il regolamento nazionale emanato in attuazione dell’articolo 1 della legge 8 marzo 1999, n. 50 prevede,
nell’allegato 1, al numero 40, fra i procedimenti oggetto di semplificazione, quello relativo al “rilascio
della autorizzazione alla somministrazione di alimenti e bevande da parte di circoli culturali privati”;
Con la normativa contenuta nel d.P.R. 235/2001 viene confermato, dandone certezza giuridica, il
doppio regime autorizzatorio al quale sono sottoposti i circoli privati: quello previsto dalla legge
287/91, di natura commerciale, e quello previsto dall’articolo 86 del Tulps integrato con l’articolo 19,
comma 4 del decreto del Presidente della Repubblica 616/77, che attiene agli aspetti di sicurezza
pubblica.
Tale doppio regime autorizzatorio risulta con chiarezza dall’interpretazione applicativa data dalla
giurisprudenza (Cassazione penale sez. I, sent. n. 4828 del 28.4.1994).
Il regolamento precisa, altresì, che i circoli culturali privati interessati da tale regime autorizzatorio,
comprendono ad ogni effetto giuridico le associazioni aventi finalità assistenziali, sia aderenti sia non
aderenti ad organizzazioni nazionali. Anche in questo caso la norma regolamentare interviene nel
rispetto della normativa sostanziale.
Il regolamento, dando attuazione ai criteri indicati all’articolo 20, comma 5 della legge n. 59/97,
persegue i seguenti obiettivi principali di semplificazione procedurale:
a) definire un procedimento per i circoli aderenti ad enti riconosciuti a livello nazionale distinto da
quello per i circoli o associazioni non aderenti a tali organismi;
b) estendere il metodo dell’autocertificazione, da completare con la sola integrazione documentale di
copia semplice non autenticata dell’atto costitutivo o dello statuto;
c) introdurre la procedura di mera denuncia di inizio dell’attività, in applicazione dell’art. 19 della
legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni;
d) escludere di norma l’obbligo dell’iscrizione al Registro esercenti il commercio, con la sola eccezione
per i terzi affidatari della gestione delle attività di somministrazione;
e) confermare, come detto, il duplice regime autorizzatorio di cui all’articolo 86, comma 2, del Tulps, e
dell’art. 2 della legge n. 287/91 o delle vigenti disposizioni regionali in materia;
f) confermare che il procedimento si applica a tutte le associazioni private che hanno gli scopi previsti
dalla normativa sul no profit e precisamente le associazioni: politiche, sindacali, di categoria,
religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extrascolastica della persona.
Come si evidenzia non è stata eliminata l’iscrizione al Rec nel caso di affidamento in gestione a terzi
dell’attività di somministrazione (art. 2, comma 4 e art. 3, comma 4) in quanto si è ritenuto che il terzo
affidatario della gestione svolga a tutti gli effetti un’attività imprenditoriale con scopo di lucro, con la
conseguenza che tale soggetto non può usufruire del particolare regime di favore, determinato dalla non
obbligatorietà dell’iscrizione al Rec, previsto per le associazioni e i circoli che svolgano, direttamente
ed a soli fini associazionistici, l’attività di somministrazione.
Analoghe considerazioni valgono per i casi di cui all’art. 2, comma 5, che stabilisce l’obbligo di
iscrizione al Rec (oggi requisito professionale) per le associazioni aderenti ad enti con finalità
assistenziali che non siano conformate alle clausole previste dall’art. 111, comma 4-quinquies del
TUIR (ora art 148 comma 8 Tuir).
Anche il rinvio alla procedura autorizzatoria prevista dalla legge n. 287 del 1991, contenuto nell’art. 3,
comma 1 del regolamento, che comporta il mantenimento dei vincoli numerici nel rilascio delle
autorizzazioni, è pienamente in linea con quanto previsto dall’art. 3, comma 1 della stessa legge n.
287/91. Detta norma, infatti, sottopone in via generale ad autorizzazioni tutte le attività di
somministrazione, salvo i casi espressamente previsti dall’art. 3, comma 6, per i quali il rilascio della
medesima autorizzazione non è sottoposto ai parametri numerici e pertanto soggetto all’inizio
dell’attività su denuncia. Lo stesso art. 3, comma 6, nello specifico, per quanto riguarda la
somministrazione svolta da associazioni e circoli, prevede l’esenzione dal rispetto del parametro
numerico solo nel caso in cui questi siano aderenti ad enti od organizzazioni nazionali le cui finalità
assistenziali siano riconosciute dal Ministero dell’interno (quelle di cui all’art. 2 del regolamento).
Infine, per quanto riguarda l’osservazione formulata dalla X Commissione della Camera, con
riferimento all’articolo 3, comma 5 – che dispone la verifica, da parte del comune, ai fini del rilascio
dell’autorizzazione, che lo statuto delle associazioni contenga modalità volte a garantire
l’effettività del rapporto associativo – si ritiene che tale previsione sia pienamente rispondente allo
spirito dello schema in esame. La norma, infatti, è volta a garantire che l’adesione all’associazione sia
correlata alla necessità di condividerne le finalità e non sia una circostanza occasionale tale da
ridurre il rapporto associativo alla sola possibilità di usufruire della somministrazione di alimenti e
bevande.
Quindi è lo Statuto l’unica fonte giuridica che puo’ determinare, seguendo i principi della legge, le
modalità di adesione che garantiscono l’effettività del rapporto associativo.
Il regolamento (d.P.R. 235/2001) si compone di quattro articoli: l’articolo 1 definisce l’oggetto e
contiene la definizione di termini ricorrenti nel testo; l’articolo 2 disciplina la procedura di denuncia di
inizio attività per la somministrazione di alimenti e bevande da parte di associazioni e circoli aderenti
ad enti o organizzazioni nazionali le cui finalità assistenziali sono riconosciute dal Ministero
dell’interno; l’articolo 3 disciplina la procedura di rilascio di autorizzazione alla somministrazione di
alimenti e bevande da parte di associazioni e circoli non aderenti ad enti o organizzazioni nazionali
aventi finalità assistenziali; l’articolo 4 reca le disposizioni finali. In particolare, il comma 1 ribadisce
che sia la denuncia di inizio attività sia l’autorizzazione previste dal regolamento comprendono in sé
l’autorizzazione di cui al secondo comma dell’art. 86 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza,
approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773.
In sintesi, il regolamento dispone che, per i circoli aderenti ad enti a carattere nazionale le cui finalità
sono riconosciute dal Ministero dell’interno:
a) l’attività di somministrazione sia avviata su denuncia di inizio attività ferma restando
l’esclusione dal contingentamento numerico delle attività stesse;
b) nel caso di attività affidata in gestione a terzi questi devono essere iscritti al Registro esercenti il
commercio o del requisito professionale nel caso di previsione della legislazione regionale;
c) sia seguita una procedura diversa nel caso in cui l’associazione non si conformi alle clausole
previste dall’art. 111, comma 4-quinquies (ora art. 148 comma 8 ) del testo unico sulle imposte dei
redditi.
Per i circoli non aderenti ad enti a carattere nazionale le cui finalità assistenziali sono riconosciute
dal Ministero dell’interno si prevede che:
a) l’attività di somministrazione sia soggetta al rilascio dell’autorizzazione comunale;
b) il rilascio dell’autorizzazione sia legato alla disponibilità del contingente numerico;
c) la domanda di autorizzazione si consideri accolta se il diniego non è comunicato entro
quarantacinque giorni (silenzio-assenso);
d) nel caso di attività affidata in gestione a terzi questi devono essere iscritti al Registro esercenti il
commercio.
In entrambi i casi si dà ampio spazio all’autocertificazione; è previsto, infatti, che la denuncia o la
domanda, a seconda dei casi, contenga una serie di dichiarazioni rese da parte del legale rappresentante
(caratteristiche dell’ente di adesione, tipo di attività di somministrazione, ubicazione e superficie dei
locali, requisiti in materia edilizia, igienico-sanitaria, etc.); l’unico allegato previsto è la copia
semplice, non autenticata, dello statuto o dell’atto costitutivo.
È previsto, infine, che il legale rappresentante dell’associazione o del circolo comunichi
immediatamente al comune le modifiche rispetto a quanto dichiarato in sede di avvio dell’attività,
ferma restando la possibilità per il comune di effettuare controllo ed ispezioni.
Si richiamano, di seguito, in maniera più esplicita le norme sostanziali nel cui quadro si inserisce il
regolamento di semplificazione procedurale e che motivano, da un lato, la conferma del doppio regime
autorizzatorio e, dall’altro, la necessità di introdurre sicuri elementi di semplificazione. Ciò anche
tenendo conto dell’evoluzione nel tempo della normativa legislativa.
La somministrazione di bevande alcoliche all’interno dei circoli privati continua a trovare la sua prima
regolamentazione nel testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (Tulps), approvato con regio decreto
18 giugno 1931, n. 773.
Il comma 2 dell’articolo 86, ancor oggi in vigore, stabilisce che “La licenza (del questore) è
necessaria anche per lo spaccio al minuto o il consumo di vino, di birra o qualsiasi bevanda alcolica
presso enti collettivi o circoli privati di qualunque specie, anche se la vendita o il consumo siano
limitati ai soli soci”.
La licenza, richiesta solo per la somministrazione di alcolici, è rilasciata dietro richiesta dei circoli,
previa verifica dei requisiti morali previsti per il rilascio delle licenze di pubblica sicurezza.
La somministrazione di bevande non alcoliche è implicitamente considerata libera, mentre non si parla
di somministrazione di alimenti.
A seguito del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, la competenza al rilascio
delle licenze ex articolo 86 del Tulps è trasferita ai comuni i quali, per quanto riguarda la
somministrazione nei circoli, continuano ad attenersi ai criteri seguiti dalla questura.
La legge 28 agosto 1991, n. 287, “Aggiornamento della normativa sull’insediamento e sull’attività dei
pubblici esercizi” sottopone la somministrazione effettuata in determinati circoli privati al rilascio
dell’autorizzazione comunale, seppur al di fuori del contingentamento previsto invece per gli esercizi
aperti al pubblico.
L’articolo 3, comma 6, lettera e) prevede, infatti, che i “limiti numerici (nel rilascio dell’autorizzazione
comunale) non si applicano per il rilascio delle autorizzazioni concernenti la somministrazione di
alimenti e bevande... negli spacci annessi ai circoli cooperativi e degli enti a carattere nazionale le cui
finalità assistenziali sono riconosciute dal Ministero dell’interno”.
A seguito del d.P.R. 407/94 e del d.P.R. 411/94, emanati in attuazione della legge 7 agosto 1990, n.
241, l’autorizzazione per gli esercizi al pubblico è soggetta al silenzio-assenso entro 60 giorni dalla
domanda, mentre l’autorizzazione per le attività di somministrazione non contingentate come quella
relativa agli spacci interni, secondo la circolare del Ministero dell’industria del 7 novembre 1994, n.
3354-C, deve considerarsi sostituita dalla denuncia di inizio attività di cui all’articolo 19 della legge 7
agosto 1990, n. 241 che oggi è tornata ad avere effetti immediati.
3
La somministrazione di alimenti e bevande nei circoli privati
L’attività di somministrazione, ancorché autorizzata, deve essere diretta esclusivamente ai soci dello
stesso circolo o di altro circoli facente parte della stessa organizzazione (art. 148 Tuir) ed il circolo può
essere riconosciuto da un ente nazionale accreditato dal Ministero dell’interno (art. 2 del Dpr 235/2001)
o autonomo (art. 3 del Dpr 235/2001).
Per i circoli affiliati tale condizione deve essere mantenuta anche durante la gestione in quanto la
perdita della stessa determina la revoca dell’autorizzazione alla somministrazione riservata ai soci ai
sensi del combinato disposto dell’art. 3 comma 6 della l. 287/91 e dell’art. 2 del Dpr 235/2001.
Per quanto attiene alla somministrazione rivolta ad un pubblico indiscriminato o quella effettuata da un
circolo non affiliato ad un ente riconosciuto (art. 3 d.P.R. 235/2001) la stessa rientra nelle attività
contingentate dalla legge 25 agosto 1991, n. 287 o dalle L.R. già in vigore in alcune Regioni quali la
Lombardia.
Sono equiparati, ai fini delle sanzioni, tanto il gestire l’attività abusiva di somministrazione ai soci
quanto il consentire la somministrazione stessa anche ai non soci..
La somministrazione di bevande analcoliche, congiunta o no alla somministrazione di alimenti negli
spacci interni di circoli affiliati ad Enti nazionali riconosciuti dal Ministero dell’Interno, è subordinata
ad apposita autorizzazione del comune, nella forma della denuncia di inizio attività, in base alle
disposizioni di legge che regolano la materia ed alla normativa contenuta nel regolamento di cui al
d.P.R. 235/2001.
Le stesse disposizioni si applicano altresì, in quanto compatibili, agli spacci annessi ai circoli
cooperativi.
Per quanto attiene alla somministrazione e vendita di bevande alcoliche già ricomprese nella DIA o
nella autorizzazione prevista dagli artt. 2 e 3 del d.P.R. 235/2001 l’autorizzazione dell’art. 86 Tulps
prescrive che: “la licenza è necessaria anche per lo spaccio al minuto o il consumo di vino, di birra, o
di qualsiasi bevanda alcolica presso enti collettivi privati di qualunque specie, anche se la vendita o il
consumo siano limitati ai soli soci”.
L’art. 159 del regolamento di esecuzione del Tulps prevede poi che “gli enti collettivi ed i circoli
privati autorizzati alla minuta vendita di bevande alcoliche ai propri soci, ai termini dell’articolo 86
della legge, possono esercitare la vendita al pubblico senza bisogno di altra licenza”.
Da ciò deriva, ai sensi degli artt. 2 e 3 del d.P.R. 235/2001, che il circolo è autorizzato alla
somministrazione e alla vendita di alimenti e bevande ai soci e che è consentita la sola vendita di
alcolici a chiunque acceda al circolo.
Tale possibilità è evidentemente solo possibile in via teorica in quanto i requisiti di sorvegliabilità
impediscono al Circolo di pubblicizzare questo tipo di attività perciò difficilmente un non socio si
recherà presso il circolo per l’acquisto di bevande alcoliche.
Si conferma, pertanto, come l’autorizzazione ex art. 86 Tulps, nel caso dei circoli, sia compresa o nella
DIA di cui all’art. 2 del d.P.R. 235/2001 o nella autorizzazione di cui all’art. 3 dello stesso d.P.R.
Per quanto concerne il locale destinato alla somministrazione, lo stesso deve essere ubicato in locali
non aperti al pubblico e senza accesso diretto dalla pubblica via, in conformità con il d.m. 17.12.1992,
n. 564, come modificato dal d.m. 5.8.1994, n. 534.
La somministrazione è riservata ai soli soci del circolo o di circoli appartenenti alla stessa
organizzazione ai sensi dell’art. 148 comma 3 del Tuir (Dpr 917/86 e succ. mod) cosi’ come richiamato
dall’ art. 2 del Dpr 235/2001.
Ai fini della vigente normativa, relativa alla somministrazione, è da considerarsi “circolo” una libera
associazione costituita tra cittadini con finalità ricreative, culturali, sportive; il medesimo deve inoltre
svolgere la propria attività senza fini di lucro a beneficio del proprio corpo sociale in spazi non aperti al
pubblico nonché essere affiliato a enti a carattere nazionale riconosciuti dal Ministero dell’interno o
essere un circolo isolato.
È altresì considerato circolo quello promosso da enti e/o associazioni diverse purché abbiano lo stesso
fine di quelli sopraccitati.
La denuncia di inizio dell’attività o la domanda di autorizzazione per la somministrazione di alimenti e
bevande, anche superalcoliche, all’interno di un circolo privato, riservata ai soli soci, (ai sensi di quanto
previsto dal d.P.R. 4.4.2001, n. 235, dall’art. 3, comma 6, della l. 287/91, dagli artt. 19 e 20 della l.
241/90) deve essere presentata al Comune – settore attività economiche – redatta in bollo, deve essere
sottoscritta dal presidente del circolo, con firma autenticata con le modalità previste dagli artt. 2 e 3 del
d.P.R. 235/2001, contenere l’esatta denominazione, sede e codice fiscale del circolo, i dati anagrafici
del presidente, nonché avere allegata copia semplice dell’atto costitutivo e dello Statuto.
Qualora l’attività di somministrazione non sia esercitata direttamente dal presidente, dovranno essere
nominati uno o più rappresentanti che, previa accettazione, agiranno in nome e per conto del presidente
stesso.
Il locale dove avviene la somministrazione deve essere conforme alle disposizioni urbanistiche (art. 32
legge 383/2000), in possesso della documentazione relativa alla destinazione d’uso e del certificato di
agibilità nonché rispettare i criteri di sorvegliabilità.
I locali di circoli privati in cui si somministrano alimenti o bevande, autorizzati dopo il 31/10/1994,
devono essere ubicati all’interno della struttura adibita a sede del circolo o dell’ente collettivo e non
devono avere accesso diretto da strade, piazze o altri luoghi pubblici.
Tutti i Circoli privati all’esterno della struttura, non possono avere apposte insegne, targhe o altre
indicazioni che pubblicizzano in qualsiasi forma le attività di somministrazione esercitate all’interno.
La denuncia di inizio di attività o la domanda di autorizzazione (rispettivamente ai sensi degli artt. 2 e 3
del d.P.R. 235/2001) di uno spaccio interno di circolo, fatto salvo il rispetto delle norme igienicosanitarie, consente la somministrazione di alimenti e bevande esclusivamente ai soci del circolo
medesimo.
Gli artt. 2 e 3 del d.P.R. 235/2001 consentono che la somministrazione possa essere effettuata anche ai
soci di altri circoli che partecipano alla manifestazione, a patto che siano affiliati alla stessa
organizzazione locale e nazionale così come previsto dall’art. 111 comma 3 del TUIR oggi art. 148
comma 3 del TUIR cosi’ come modificato dal D.Lgs 12/12/2003 nr 344.
Nei locali destinati allo spaccio devono essere osservate le seguenti prescrizioni:
a) il listino prezzi e i documenti autorizzativi devono essere esposti in luogo visibile;
b) coloro che somministrano e manipolano gli alimenti e le bevande devono: – essere provvisti di
tessera sanitaria o di attestati di formazione (si vedano le singole disposizioni regionali);
c) essere in possesso di autorizzazione sanitaria dei locali.
Nei locali destinati allo spaccio è vietato:
a) somministrare bevande alcoliche ai minori di 16 anni, agli infermi di mente ed a persone
manifestamente ubriache, ancorché soci;
b) adibire un minore degli anni 18 alla somministrazione di bevande alcoliche senza la presenza del
presidente o di un suo rappresentante maggiorenne;
c) il gioco d’azzardo.
I circoli non sono soggetti alla disciplina degli orari in cui intendono svolgere l’attività sociale.
Il titolare dell’autorizzazione
L’attività di somministrazione deve essere gestita dal responsabile del circolo (leggasi presidente) o dai
rappresentanti/soci, quali risultano dall’atto autorizzativo; se svolta da persona diversa è equiparata alla
somministrazione senza titolo autorizzativo e pertanto sanzionata ai sensi degli artt. 3 e 10 della legge
287/91 nonché con la cessazione dell’attività condotta in difetto di autorizzazione ai sensi dell’art. 4 del
d.P.R. 235/2001.
La richiesta di nomina di un rappresentante ai sensi degli artt. 8 e 93 Tulps da parte del presidente del
circolo non è una prescrizione obbligatoria; il Ministero dell’interno con propria circolare n.
10.9401/12000.A del 19.2.1972 ha infatti precisato che “qualora il titolare della licenza sia
normalmente presente nei locali, ben possa servirsi, per la pratica conduzione dello spaccio, di un
incaricato di sua fiducia rimanendo egli ovviamente unico responsabile della relativa gestione”.
L’autorizzazione sanitaria per i locali e per l’eventuale cucina
I locali dove si svolgono la somministrazione e l’eventuale cucina devono possedere i prescritti
requisiti igienico-sanitaria sostanziati nel rilascio di autorizzazione sanitaria.
La sorvegliabilità nei circoli privati in relazione all’attività di somministrazione di alimenti e
bevande riservata ai soci
Il requisito di sorvegliabilità dei circoli privati dal 31/10/1994 (Decreto Mininterno nr 564/92 e
538/94), nel caso in cui l’attività sia limitata alla sola somministrazione, è il seguente:
a) nessun accesso ai locali di somministrazione può essere diretto dalla pubblica via;
b) nessuna indicazione deve essere visibile dall’esterno in riferimento all’attività di
somministrazione che si svolge all’interno;
c) non è mai consentito autorizzare la somministrazione al di fuori di locali.
Se invece ci troviamo di fronte a Circolo privato che svolge un attività pubblica di spettacolo il
requisito della Sorvegliabilità e conformità dei locali ai criteri stabiliti dal Ministero dell’interno è cosi’
definito (quando l’attività di spettacolo è abbinata a quella di somministrazione)
L’art. 153 del regolamento di esecuzione del Tulps, r.d. n. 773/31, approvato con r.d. 6 maggio 1940, n.
635, tuttora vigente, stabilisce che “la licenza” (per gli esercizi pubblici) “può essere rifiutata o
revocata per ragioni di igiene o quando la località o la casa non si prestino ad essere
convenientemente sorvegliate”. Codesta prescrizione da molti sindaci veniva ignorata e comunque non
applicata. Con l’entrata in vigore del decreto del Ministero dell’interno 12/9/1996 , l’istituto ha ripreso
ad avere maggior vigore, rispetto ai precedenti periodi, anche perché la legge non soltanto demanda al
sindaco, perentoriamente, di “accertare” l’adeguata sorvegliabilità dei locali destinati alla
somministrazione pubblica, ma stabilisce che i criteri di idoneità e quindi anche la sorvegliabilità siano
determinati con decreto del Ministero dell’interno e non lasciati alla libera determinazione dei singoli
sindaci.
All’incombenza il Ministero ha provveduto con proprio decreto in data 12/9/1996, alle cui prescrizioni
necessita attenersi con scrupolosità.
I criteri a cui attenersi sono i seguenti:
a) La sorvegliabilità esterna I locali e le aree adibite ANCHE TEMPORANEAMENTE o per attività
stagionale devono avere vie d’accesso o d’uscita (TUTTE) costruite in modo da consentirne la
sorvegliabilità. Tutti gli accessi devono consentire l’accesso diretto da strada, piazza o altro luogo
pubblico d’accesso. Se i locali sono ubicati ad un livello o piano superiore a quello della strada, piazza
o altro luogo pubblico possono essere prescritti idonei sistemi di illuminazione e di segnalazione degli
accessi e la chiusura di ulteriori vie d’accesso o d’uscita.
Le porte o altri ingressi non possono essere utilizzati per l’accesso ad abitazioni private l’unica
eccezione è quella dell’abitazione del portiere/custode.
b) Le modalità di gestione dei locali Durante l’orario di apertura del locale è disposto il divieto assoluto
di frapporre ostacoli che possano, in qualsiasi modo, costituire impedimento per l’ingresso o l’uscita
dal locale. Occorre inoltre che la porta d’accesso ai locali sia costruita in modo tale da consentire in
ogni momento l’apertura dall’esterno. Occorre cioè che il meccanismo di apertura sia azionabile
dall’esterno del locale nell’ovvio intento di evitare che chi si trovi all’interno possa ostacolare o
ritardare o impedire l’ingresso delle forze dell’ordine. La direzione di apertura della porta può invece
muoversi sia verso l’esterno che l’interno in modo da garantire la sicurezza e l’incolumità dei
frequentatori del locale.
c) La sorvegliabilità interna Per sorvegliabilità interna si intende il divieto di munire i vani interni, ad
eccezione dei servizi igienici e dei locali non aperti al pubblico, di chiusure o serrature che ne
impediscano un immediato accesso, nonché l’obbligo per l’esercente di indi-care, al momento della
richiesta di rilascio dell’autorizzazione o, successivamente, al momento del controllo, l’esistenza di
vani non aperti al pubblico. Tutti i vani interni dell’esercizio e le vie di uscita devono essere
contrassegnati da targhe od altri idonei sistemi visivi, anche luminosi.
Per quanto attiene alle modalità di adesione per la somministrazione nei circoli privati affiliati ad un
Ente Nazionale avente finalità assistenziali riconosciute dal Ministero dell’Interno, dopo l’entrata in
vigore del D.p.r. 235/2001, cioè dal 5/7/2001, è sicuramente soggetta allo Statuto dell’associazione in
riferimento al regime introdotto dall’art. 2 ed in particolare:
- le associazioni e i circoli che intendono svolgere direttamente attività di somministrazione di
alimenti e bevande a favore dei rispettivi associati presso la sede ove sono svolte le attività
istituzionali presentano al Comune nel cui territorio si esercita l’attività istituzionale una D.I.A.
ai sensi dell’art. 19 della L. 241/90 e succ mod. dichiarando, fra di possedere fra gli altri
requisiti, che il circolo si trova nelle condizioni previste dall’art. 148 commi 3,5 e 8 del Tuir.
Proprio quest’ultimo richiamo rafforza la previsione del primo comma del citato art. 2 del Dpr
235/2001 che richiamava che la somministrazione deve essere effettuata a favore dei soci, infatti il
comma 5 dell’art. 148 TUIR conferma che l’attività di somministrazione deve essere effettuata nei
confronti dei soggetti indicati dal comma 3 dello stesso articolo vale a dire gli iscritti al circolo stesso o
all’organizzazione nazionale di riferimento.
Ma lo stesso articolo con la lettera c) dell’ottavo comma precisa che le modalità associative devono
essere effettuate garantendo l’effettività del rapporto associativo.
Ma cosa si intende per “effettività del rapporto associativo” il Tar del Lazio con la sentenza del
21/4/2005 nr 2970 giunge a questa conclusione seguendo il seguente ragionamento:
- l’estensione dei servizi di somministrazione prestati da circolo privato ad altri soggetti invitati
da soci, non costituisce, di per sè, un elemento sufficiente per integrare la trasformazione del
circolo stesso in pubblico esercizio essendo in tal caso necessario che alle modalità di
acquisizione delle iscrizioni al circolo privato secondo criteri molto ampi si accompagni
l’immediata fruibilità del servizio di somministrazione di alimenti e bevande (Tar del Veneto,
sezione I, 3/6/1997 nr 957);
- possono usufruire dei servizi di un circolo privato non solo coloro i quali sono in possesso della
tessera sociale del circolo stesso, ma anche coloro che sono muniti della tessera di appartenenza
all’associazione nazionale di categoria o di altri circoli aderenti alla stessa nonchè coloro che,
trovandosi in fase di ammissione al circolo, sono dotati di tessera provvisoria in quanto
registrati all’ingresso del locale per la domanda di tesseramento;
- l’estensione del servizio di somministrazione di cibi e bevande a soggetti non soci,
occasionalmente presenti all’interno del circolo in quanto invitati dai soci e dagli stessi
accompagnati, non configura, di per sè, gli estremi di una somministrazione al pubblico che
possa legittimamente dar luogo ad un provvedimento di revoca o di sospensione
dell’autorizzazione comunale alla somministrazione di alimenti e bevande (Tar Sardegna
27/1/1995 nr 81);
- perché un circolo privato sia considerato pubblico esercizio non è sufficiente che in detto
circolo vengano somministrati ai soci ed occasionalmente ad essi equiparati alimenti e bevande;
La trasformazione da circolo privato a esercizio pubblico si configura esclusivamente quando,
afferma il Tar del Lazio, nel caso in cui l’accesso al circolo sia consentito ad una indistinta
generalità di persone, le quali possano usufruire dei predetti servizi in seguito ad ammissione, che
può avvenire a richiesta e dietro pagamento di un canone annuo di importo minimo in sostanza
intende qualificarsi in tale maniera al precipuo fine di eludere le limitazioni poste dalla legge e dai
regolamenti locali alla apertura di nuovi esercizi di somministrazione al pubblico.
Atteso che per somministrazione nei confronti di una pluralità di soggetti indiscriminati deve essere
intesa quella effettuata a soggetti sempre variabili, all’interno di pubblici esercizi qualificatisi
arbitrariamente circoli privati e non a soggetti non indiscriminati, in quanto uniti da un rapporto
variamente connotato, all’interno di locali effettivamente privati.
Davanti a questo quadro è pertanto chiaro che il regime da applicare è quello indicato nel Dpr 435/2001
e dall’art. 148 del Tuir e perciò non può essere consentito a persone non socie del circolo di usufruire
del servizio di somministrazione senza incorrere nelle sanzioni previste dall’art 4 del Dpr 235/2001 ed
in particolare nella sanzione pecuniaria riportata dall’art. 10 della legge 287/91 e dalla sanzione
accessoria riportata nell’art 4 comma 3 del Dpr 235/2001 cioè la cessazione dell’attività ogniqualvolta
si riscontri la mancanza dei requisiti necessari per lo svolgimento della stessa ma che le modalità di
tesseramento sono lasciate alle diposizioni statutarie e non possono essere applicate per analogia
le disposizioni o la giurisprudenza penale che si riferisce agli artt. 68 e 80 del Tulps (art. 666 C.P.
e 681 C.P.).
4
Spettacoli e Trattenimenti pubblici nei Circoli privati: occorre, inizialmente, definire cosa si intende
per spettacoli e per trattenimenti.
Tutte le attività esercitate, in luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico, per divertire le persone con
fini culturali, di ricreazione o di insegnamento sono disciplinate dall’art. 68 del Tulps che stabilisce
l’obbligo della licenza, rilasciata dal Sindaco, ai sensi del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616.
L’esercizio di locali di pubblico trattenimento è soggetto a domanda ed il relativo procedimento è
soggetto a regolamentazione comunale.
In particolare sono soggetti a questo titolo autorizzativo:
.– le rappresentazioni teatrali;
.– le accademie;
.– le feste da ballo;
.– le scuole di ballo;
.– le sale pubbliche di audizione.
L’elenco delle attività non è comunque tassativo; infatti, lo stesso articolo 68 del Tulps stabilisce
l’obbligo della licenza per tutti gli spettacoli o trattenimenti simili a quelli sopra elencati.
L’elenco potrebbe estendersi all’infinito, ma caratteristica indispensabile perché il trattenimento o lo
spettacolo sia sottoposto alla disciplina dell’art. 68 del Tulps è che l’attività sia esercitata in luogo
pubblico o aperto o esposto al pubblico e nell’esercizio di una attività imprenditoriale.
Sono pertanto da escludere tutte quelle attività con finalità private o puramente sportive ed educative;
quando queste attività sono a carattere sportivo, però, i promotori devono darne preventivo avviso
all’autorità di pubblica sicurezza almeno tre giorni prima di quello fissato per la manifestazione (art.
123 del reg. d’es. del Tulps).
La stessa Corte costituzionale è intervenuta in materia stabilendo l’illegittimità costituzionale dell’art.
68 limitatamente alla parte in cui vieta di dare feste da ballo in luogo esposto al pubblico (sent. n. 142
del 15 dicembre 1967) e alla parte in cui stabilisce l’obbligo della licenza per i trattenimenti da tenersi
in luoghi aperti al pubblico e non indetti nell’esercizio di un’attività imprenditoriale (sent. n. 56 del 15
aprile 1970).
La licenza inoltre viene richiesta, ai sensi dell’art. 69 del Tulps, anche per:
– dare anche temporaneamente pubblici trattenimenti;
– esporre alla pubblica vista rarità, persone, animali, gabinetti ottici o altri oggetti di curiosità;
– dare audizioni all’aperto.
Anche in questo caso l’elenco non è tassativo; l’art. 124 del reg. d’es. del Tulps infatti estende
l’obbligo della licenza, a termine dell’art. 69 della legge, anche ai piccoli trattenimenti che si danno in
pubblico, anche temporaneamente, in baracche o in locali provvisori, o all’aperto, da commedianti,
burattinai, tenitori di giostre, di caroselli, di altalene, bersagli e simili.
L’effettuazione di spettacoli o di intrattenimenti destinati esclusivamente ai soci del circolo non
necessità di alcuna autorizzazione amministrativa art. 118 del Regolamento di Esecuzione del Tulps.
Quando il circolo viene autorizzato dal Sindaco del Comune di riferimento a svolgere attività pubblica
di spettacolo il regime autorizzatorio è quello dei pubblici spettacoli.
Per quanto concerne i pubblici spettacoli (artt 68 e 69 Tulps), il d.P.R. 9 maggio 1994, n. 411 (voce 53)
ha escluso dal regime di cui all’art. 19 l’apertura e il trasferimento solo di quelli ex. art 68 Tulps attività
che sono quindi soggette alla normativa di cui all’art. 20 della legge 241/90.
Per le attività disciplinate dall’art. 20 della legge 241 il d.P.R. 9 maggio 1994, n. 407 ha proceduto ad
una prima individuazione delle attività private, per le quali è ancora previsto un atto di consenso della
pubblica amministrazione, da adottare entro un determinato termine perentorio, trascorso il quale senza
che intervenga un atto di diniego da parte dell’autorità competente si verifica il silenzio-assenso sulla
domanda, salvo la sussistenza di ragioni di pubblico interesse che consiglino l’annullamento dell’atto di
consenso illegittimamente formato.
Si ha pertanto che:
a) i piccoli trattenimenti di cui all’art 69 Tulps sono sottoposti al regime della D.I.A. di cui al
novellato art. 19 della legge 241/90 e possono dare avvio all’attività immediatamente dalla data
di presentazione;
b) per gli spettacoli ed i trattenimenti di cui all’art 68 Tulps sono sottoposti al regime del silenzio
assenso che matura decorsi 60GG dalla presentazione dell’istanza.
In merito all’art. 19 della legge 241/90 la nuova Dichiarazione di inizio di attività introdotta dall’art. 3
del D.L. 35/2005 si rifà ai seguenti presupposti :
a) la natura vincolata dell’atto amministrativo surrogato ;
b) l’assenza di alcun limite o contingente numerico o di programmazione.
E’ venuto meno pertanto il riferimento, contenuto nel vecchio articolo 19, alla causa ostativa connessa
all’ipotesi che l’atto surrogato fosse preceduto da “prove” dirette a verificare la sussistenza dei
presupposti o requisiti di legge.
Si è rilevato, inoltre, che la nuova stesura dell’art. 19 della legge 241 (ad opera dell’art. 3 del Decreto
Legge 14/3/2005 nr 35 convertito nella legge 80/2005) non provvede,anche nella nuova versione, alla
individuazione delle attività soggette alla sola dichiarazione di inizio attività, di modo che la norma
continua ad assumere la valenza di disposizione a carattere generale applicabile a tutti i casi in cui non
è previsto il silenzio-assenso o si tratta di attività escluse espressamente dall’applicazione dell’art. 19,
ad opera di apposito regolamento governativo o per materia.
Non rientrano nella dichiarazione di inizio attività perciò:
a) gli atti al cui rilascio sono preposte le amministrazioni della difesa nazionale, della pubblica
sicurezza, dell’immigrazione, della giustizia, delle finanze, ivi compresi gli atti concernenti le
reti di acquisizione del gettito, anche derivanti dal gioco e gli atti destinati alla tutela della
salute, della pubblica incolumità, del patrimonio culturale, paesaggistici, dell’ambiente e quelli
imposti dalla normativa comunitaria;
b) le attività assoggettate a specifici strumenti di programmazione e quelle per le quali è previsto
un limite numerico o contingente complessivo;
c) le attività assoggettate all’applicazione del regime di cui all’art. 20 della legge 241/90 e del
relativo regolamento attuativo Dpr 9 maggio 1994 nr 407.
In tutti gli altri casi si può perciò ricorrere allo strumento della Dichiarazione di inizio attività.
La nuova procedura per avviare l’attività di spettacolo pubblico è infatti la seguente:
a)
chi intende avviare l’attività deve presentare la denuncia almeno sessanta giorni prima
dell’inizio effettivo;
b)
l’impresa può avviare l’attività immediatamente dopo il sessantesimo giorno se il Comune
non risponde;
c)
se mancano i requisiti previsti per avviare l’attività entro 30 giorni dal ricevimento della
dichiarazione l’Ente interrompe i termini.
Da segnalare inoltre che la presentazione della Dichiarazione di inizio attività da parte del privato è
corredata anche per mezzo di autocertificazione ed è rafforzato il divieto alla pubblica amministrazione
di richiedere informazioni o certificazioni relative a fatti, stati o qualità le quali siano attestate in
documenti già in possesso dell’amministrazione stessa o siano direttamente acquisibili presso altre
pubbliche amministrazioni.
I requisiti per il rilascio delle autorizzazioni di polizia sono tutti esplicitamente ed espressamente
previsti dalle disposizioni del Tulps e del relativo regolamento di esecuzione ed in particolare si
prevedono requisiti morali, personali e professionali.
Per quanto attiene a quelli morali, secondo l’articolo 11 del citato Tulps debbono essere negate:
a) a chi ha riportato una condanna a pena restrittiva della libertà personale superiore a tre anni per
delitto non colposo e non ha ottenuto la riabilitazione (artt. 178-181 c.p. e art. 683
c.p.p.);
b) a chi è sottoposto all’ammonizione o a misure di sicurezza personale o è stato dichiarato
delinquente abituale, professionale o per tendenza;
c) alle persone che, avendone l’obbligo, non hanno provveduto all’istruzione elementare dei
fanciulli (art. 12 Tulps). Possono poi discrezionalmente essere non concesse a chi ha riportato
condanna per delitti:
1) contro la personalità dello Stato (artt. 241-313 c.p.);
2) contro l’ordine pubblico (artt. 414-421 c.p.);
3) contro le persone commessi con violenza o per furto (artt. 624 e 625 c.p.), rapina (art. 628 c.p.),
estorsione (art. 629 c.p.), sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione (art. 630
c.p.), o per violenza o resistenza all’autorità (artt. 336, 337 c.p.);
4) a chi non può provare la sua buona condotta (tale certificato è stato abolito).
Occorre pertanto verificare:
- che non siano stati dichiarati falliti;
– che non abbiano riportato una condanna per delitto non colposo a pena restrittiva della libertà
personale superiore a tre anni;
– che non abbiano riportato una condanna per reati contro la moralità pubblica ed il buon costume o
contro l’igiene e la sanità pubblica, compresi i delitti di cui al libro II, titolo VI, capo II del c.p.;
– che non abbiano riportato due o più condanne nel quinquennio precedente per delitti di frode nella
preparazione o nel commercio degli alimenti, compresi tutti i delitti di cui al libro II, titolo VIII, capo
II, del codice penale (artt. 513-517 c.p.), turbativa della libertà dell’industria o commercio, vendita di
sostanze alimentari non genuine come genuine, vendita di prodotti industriali con segni mendaci;
– che non siano stati sottoposti ad una delle misure di prevenzione di cui all’art. 3 l. 1423/56 e nei cui
confronti non sia stata applicata una delle misure previste dalla legge 31.5.1965 n. 575 ovvero non sono
(in quel momento) assoggettati a misure di sicurezza o non sono stati dichiarati delinquenti abituali,
professionali o per tendenza;
– che non hanno riportato condanna per delitti contro la personalità dello Stato (artt. 241-293 e 301-313
c.p.) o contro l’ordine pubblico (artt. 414-421 c.p.) ovvero delitti contro la persona commessi con
violenza o per furto, per rapina, per estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o estorsione.
– l’assolvimento degli obblighi scolastici del richiedente, riferiti al periodo in cui il richiedente aveva
tali obblighi (attualmente tale obbligo prevede “il conseguimento della licenza elementare o la
frequenza sino al 14° anno delle scuole elementari oppure il conseguimento della licenza media o la
frequenza delle scuole sino al compimento del 15° anno di età” .
Il requisito della Sorvegliabilità e conformità dei locali ai criteri stabiliti dal Ministero
dell’interno (quando l’attività di spettacolo è abbinata a quella di somministrazione)
L’art. 153 del regolamento di esecuzione del Tulps, r.d. n. 773/31, approvato con r.d. 6 maggio 1940, n.
635, tuttora vigente, stabilisce che “la licenza” (per gli esercizi pubblici) “può essere rifiutata o
revocata per ragioni di igiene o quando la località o la casa non si prestino ad essere
convenientemente sorvegliate”. Codesta prescrizione da molti sindaci veniva ignorata e comunque non
applicata. Con l’entrata in vigore del decreto del Ministero dell’interno 12/9/1996 , l’istituto ha ripreso
ad avere maggior vigore, rispetto ai precedenti periodi, anche perché la legge non soltanto demanda al
sindaco, perentoriamente, di “accertare” l’adeguata sorvegliabilità dei locali destinati alla
somministrazione pubblica ed allo spettacolo, ma stabilisce che i criteri di idoneità e quindi anche la
sorvegliabilità siano determinati con decreto del Ministero dell’interno e non lasciati alla libera
determinazione dei singoli comuni.
All’incombenza il Ministero ha provveduto con proprio decreto in data 12/9/1996, alle cui prescrizioni
necessita attenersi con scrupolosità.
Per sorvegliabilità si intende una serie combinata di norme poste a tutela dell’ordine e della sicurezza
pubblica e la sua verifica costituisce una condizione sia per il rilascio che per la validità
dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività.
Il concetto di sorvegliabilità risiede nella considerazione che i pubblici esercizi possano essere
facilmente utilizzabili quali punto di incontro di persone pericolose ovvero possano essere teatro della
consumazione di reati o di comportamenti criminosi e pertanto devono essere costruiti e gestiti
seguendo norme che hanno come finalità primaria la prevenzione del crimine.
Questi criteri ai quali si devono adeguare i locali destinati alle attività di spettacolo o trattenimento
rispondono anche all’esigenza di garantire la sicurezza e l’incolumità dei frequentatori seppur in via
sussidiaria rispetto alle norme già previste in materia di prevenzione incendi ed agibilità dei locali di
pubblico spettacolo.
I criteri a cui attenersi sono i seguenti:
a) La sorvegliabilità esterna I locali e le aree adibite ANCHE TEMPORANEAMENTE o per attività
stagionale devono avere vie d’accesso o d’uscita (TUTTE) costruite in modo da consentirne la
sorvegliabilità. Tutti gli accessi devono consentire l’accesso diretto da strada, piazza o altro luogo
pubblico d’accesso. Se i locali sono ubicati ad un livello o piano superiore a quello della strada, piazza
o altro luogo pubblico possono essere prescritti idonei sistemi di illuminazione e di segnalazione degli
accessi e la chiusura di ulteriori vie d’accesso o d’uscita.
Le porte o altri ingressi non possono essere utilizzati per l’accesso ad abitazioni private l’unica
eccezione è quella dell’abitazione del portiere/custode.
b) Le modalità di gestione dei locali Durante l’orario di apertura del locale è disposto il divieto assoluto
di frapporre ostacoli che possano, in qualsiasi modo, costituire impedimento per l’ingresso o l’uscita
dal locale. Occorre inoltre che la porta d’accesso ai locali sia costruita in modo tale da consentire in
ogni momento l’apertura dall’esterno. Occorre cioè che il meccanismo di apertura sia azionabile
dall’esterno del locale nell’ovvio intento di evitare che chi si trovi all’interno possa ostacolare o
ritardare o impedire l’ingresso delle forze dell’ordine. La direzione di apertura della porta può invece
muoversi sia verso l’esterno che l’interno in modo da garantire la sicurezza e l’incolumità dei
frequentatori del locale.
c) La sorvegliabilità interna Per sorvegliabilità interna si intende il divieto di munire i vani interni, ad
eccezione dei servizi igienici e dei locali non aperti al pubblico, di chiusure o serrature che ne
impediscano un immediato accesso, nonché l’obbligo per l’esercente di indi-care, al momento della
richiesta di rilascio dell’autorizzazione o, successivamente, al momento del controllo, l’esistenza di
vani non aperti al pubblico. Tutti i vani interni dell’esercizio e le vie di uscita devono essere
contrassegnati da targhe od altri idonei sistemi visivi, anche luminosi.
d) Norma speciale: I locali di pubblico spettacolo, le discoteche e le scuole di ballo I gestori dei locali
di pubblico spettacolo, di sale e scuole da ballo e comunque di autorizzazioni rilasciate ai sensi dell’art.
68 Tulps, a partire dal 12 settembre 1996, devono prestarsi “ad essere convenientemente sorvegliati”;
devono inoltre rispettare alcuni specifici criteri e segnatamente:
1) possono avere collegata ai locali dell’esercizio l’abitazione del custode;
2) qualora siano dotati di servizio bar pubblico, devono essere dotati di uscite dirette su pubblica via o
piazza;
3) sono consentiti allestimenti di spazi per l’esposizione e/o la vendita di prodotti a condizione che tale
attività sia rivolta esclusivamente al pubblico ammesso al locale, l’esposizione sia ubicata nell’area di
pertinenza dell’atrio di ingresso e disposta in modo tale da non costituire ostacolo al deflusso del
pubblico e abbia una superficie complessiva non superiore a 200 mq.
6
Indici che definiscono la trasformazione di un circolo privato in un esercizio pubblico di
somministrazione o spettacolo
a)la somministrazione:
L’effettuazione di somministrazione di alimenti e bevande rivolta ai soli soci è soggetta alla previa
autorizzazione ex Dpr 235/2001 ed al rispetto delle modalità di rilascio delle tessere coerenti con il
comma 8 dell’art. 148 del Tuir .
Ma lo stesso articolo 148 comma 8 con la lettera c) precisa che le modalità associative devono essere
effettuate garantendo l’effettività del rapporto associativo.
Ma cosa si intende per “effettività del rapporto associativo” il Tar del Lazio con la sentenza del
21/4/2005 nr 2970 giunge a questa conclusione seguendo il seguente ragionamento:
- l’estensione dei servizi di somministrazione prestati da circolo privato ad altri soggetti invitati
da soci, non costituisce, di per sè, un elemento sufficiente per integrare la trasformazione del
circolo stesso in pubblico esercizio essendo in tal caso necessario che alle modalità di
acquisizione delle iscrizioni al circolo privato secondo criteri molto ampi si accompagni
l’immediata fruibilità del servizio di somministrazione di alimenti e bevande (Tar del Veneto,
sezione I, 3/6/1997 nr 957);
- possono usufruire dei servizi di un circolo privato non solo coloro i quali sono in possesso della
tessera sociale del circolo stesso, ma anche coloro che sono muniti della tessera di appartenenza
all’associazione nazionale di categoria o di altri circoli aderenti alla stessa nonchè coloro che,
trovandosi in fase di ammissione al circolo, sono dotati di tessera provvisoria in quanto
registrati all’ingresso del locale per la domanda di tesseramento;
- l’estensione del servizio di somministrazione di cibi e bevande a soggetti non soci,
occasionalmente presenti all’interno del circolo in quanto invitati dai soci e dagli stessi
accompagnati, non configura, di per sè, gli estremi di una somministrazione al pubblico che
possa legittimamente dar luogo ad un provvedimento di revoca o di sospensione
dell’autorizzazione comunale alla somministrazione di alimenti e bevande (Tar Sardegna
27/1/1995 nr 81);
- perché un circolo privato sia considerato pubblico esercizio non è sufficiente che in detto
circolo vengano somministrati ai soci ed, occasionalmente a persone ad essi equiparati, alimenti
e bevande;
La trasformazione da circolo privato a esercizio pubblico si configura esclusivamente quando,
afferma il Tar del Lazio, sia accertato che l’accesso al circolo sia consentito ad una indistinta
generalità di persone, le quali possano usufruire dei predetti servizi in seguito ad ammissione, che
può avvenire a richiesta e dietro pagamento di un canone annuo di importo minimo in sostanza
intende qualificarsi in tale maniera al precipuo fine di eludere le limitazioni poste dalla legge e dai
regolamenti locali alla apertura di nuovi esercizi di somministrazione al pubblico.
Atteso che per somministrazione nei confronti di una pluralità di soggetti indiscriminati deve essere
intesa quella effettuata a soggetti sempre variabili, all’interno di pubblici esercizi qualificatisi
arbitrariamente circoli privati e non a soggetti non indiscriminati, in quanto uniti da un rapporto
variamente connotato (esempio il tesseramento provvisorio), all’interno di locali effettivamente
privati.
Il Consiglio di Stato, sezione V, con la sentenza 11 maggio 2009 nr 2862 ha finalmente anch’esso
individuato i criteri con i quali stabilire le modalità di tesseramento che determinano la trasformazione
di uno spaccio interno di somministrazione di alimenti e bevande ai soci in pubblico esercizio di
somministrazione.
Le condizioni individuate sono le seguenti:
a) l’attività di somministrazione deve essere effettuata contro il pagamento di un corrispettivo;
b) l’attività di somministrazione deve essere previamente pubblicizzata;
c) l’attività di somministrazione deve essere svolta a beneficio di chiunque;
Pertanto nel caso in cui il tesseramento avvenga senza formalità (cioè con rilascio immediato della
tessera senza seguire particolari formalità previste dallo statuto) ed in presenza delle succitate
condizioni si è accertato che l’attività svolta non è piu’ di tipo “privatistico” ma è destinata ad un
pubblico indiscriminato quindi il locale si è trasformato in un esercizio pubblico di cui all’art. 86 Tulps.
b)gli spettacoli:
L’effettuazione di spettacoli o di intrattenimenti destinati esclusivamente ai soci del circolo non
necessità di alcuna autorizzazione amministrativa.
E’ perciò evidente che se non si svolgono attività illecite ma ci si limita a svolgere attività di spettacolo
od trattenimento rivolte ai soci tutto è consentito senza nessuna particolare autorizzazione.
Nel momento in cui, invece, vengano riscontrate le fattispecie previste dall’art. 118 Reg. Esecuzione
del Tulps ed in particolare:
a) accesso e partecipazione agli spettacoli anche di non soci;
b) accesso e partecipazione agli spettacoli anche di semplici invitati
c) accertamento di circostanze che escludano il carattere privato della rappresentazione o del
trattenimento
Il citato art. 118 del reg. es. Tulps testualmente impone che, in tali casi, lo svolgimento dell’attività di
spettacolo e trattenimento sia pertanto subordinata al rilascio di autorizzazione comunale ex. art. 68
Tulps e cio’ comporta l’osservanza delle norme di prevenzione incendi ed agibilità dei locali ex. art. 80
Tulps.
Nel caso di piccoli trattenimenti solo all’autorizzazione prevista dall’art. 69 Tulps.
Nel tempo si sono specificate quali sono le circostanze che escludono il carattere privato di tali attività:
le circostanze richiamate dall’art. 118 del reg. es. Tulps vengono definite, in un primo tempo, dal
Ministero dell’Interno con la seguente circolare:
La circolare nr 10.15506/13500 del 19/5/1984
La quale prescrive che devono ritenersi assoggettabili alla normativa sugli spettacoli e trattenimenti
pubblici i locali che, ancorché asseriti come privati, presentino i seguenti elementi:
accesso al locale previo pagamento del biglietto d’ingresso e/o acquisto della tessera associativa
senza formalità;
pubblicità degli spettacoli o dei trattenimenti mediante messaggi o strumenti diretti alla generalità
dei cittadini (es. messaggi radiofonici, inserzioni sui quotidiani, affissioni, etc.);
complessità dei locali dove si svolge l’attività, tale da far ritenere l’attività di tipo imprenditoriale
ai sensi del codice civile (attività di natura palesemente imprenditoriale);
elevato numero di persone che accedono al circolo. Al riguardo si fa riferimento al nr 100 posti
ex Dm 16/2/1982.
Per quanto attiene alla pubblicità degli spettacoli mediante messaggi o strumenti diretti ad un pubblico
indiscriminato è intervenuto successivamente l’art. 31 della legge 383/2000 che prevede in relazione ai
circoli che abbiano i requisiti per essere inseriti negli elenchi delle associazioni di promozione sociale
che gli stessi possano fare questo tipo di pubblicità purché inseriscano la frase “pubblicità riservata ai
soci del circolo”.
Successivamente il Governo emana il Decreto DPCM 16/9/1999 nr 504 pubblicato sulla G.U. nr. 305
del 30/12/99 il quale richiamando esplicitamente l’art. 118 del reg. es. Tulps precisa ancora le
“circostanze” che possono contribuire a definire il carattere privato della rappresentazione o
manifestazione ed in particolare:
- art. 1 comma 3: “la qualità di socio deve essere stata conseguita da almeno 60 giorni prima della
manifestazione”;
- art 2 sede della manifestazione può essere solo la sede legale del circolo;
- art 2 possono partecipare non più di 500 persone;
- art 3 gli artisti e gli esecutori non possono essere pagati ma devono farlo solo a fini di
solidarietà.
Proprio in seguito all’entrata in vigore di questa normativa la SIAE non può rilasciare le autorizzazioni
di inizio attività e le relative agevolazioni in caso di mancanza dei succitati requisiti.
La circolare nr. 165/99 ha infine precisato che gli intrattenimenti organizzati a favore dei propri soci
prevede comunque l’obbligo del rilascio a tutti i partecipanti del titolo di accesso SIAE cosi’ come
disposto dall’art. 2 del DPR 30/12/1999 nr 544.
Il Presidente del circolo, ove ricorrano le condizioni previste dal DPCM, deve presentare la
dichiarazione di effettuazione di attività alla SIAE dichiarando di possedere la licenza di cui agli
articoli 68 e 69 Tulps .
La stessa circolare prevede che il Presidente del circolo presenti alla SIAE, entro 10 giorni dalla fine
dell’anno, un apposita dichiarazione contenente l’ammontare delle quote e dei contributi versati dai
soci nonché la specifica delle attività di intrattenimento svolte.
7
Specificità e non estensibilità degli indici di pubblicità ai circoli privati dei criteri per le modalità di
associazione e di accesso
Dal quadro sopra delineato è chiaro che nel momento in cui si affronta il tema della gestione di un
circolo privato non è mai possibile affrontare il tema dell’individuazione dei criteri che determinano la
trasformazione dello stesso in un esercizio pubblico senza prima definire quale è l’ambito di intervento
se cioè siamo di fronte ad una attività di somministrazione o di spettacolo.
E’ infatti chiaro che solo definendo questa propedeuticità è possibile dare risposte coerenti con il
quadro di riferimento ordinamentale.
Infatti, come è stato rappresentato nei punti precedenti, se dobbiamo determinare se l’attività svolta dal
circolo in riferimento alle modalità di accesso al circolo connesse alla somministrazione di alimenti e
bevande è “pubblica” o “privata” il riferimento è esclusivamente alle seguenti fonti:
a) Dpr 235/2001;
b) Art. 148 del Tuir;
c) Giurisprudenza del Consiglio di Stato o comunque della magistratura amministrativa.
Se invece dobbiamo determinare se l’attività svolta dal circolo in riferimento alle modalità di accesso al
circolo connesse alla attività di spettacolo e trattenimento è “pubblica” o “privata” il riferimento è
esclusivamente alle seguenti fonti:
a) art. 118 Reg. Es. Tulps e circolari del MinInterno;
b) art 1 del Dpcm 504/99;
c) Giurisprudenza della Cassazione Penale
Nel merito delle attività di spettacolo svolte all’interno di questi locali la Cassazione ha stabilito che nei
“ circoli privati in cui si effettuano spettacoli di lap dance e nei quali si svolge l’attività di spogliarello e
servizio privè” NON si configura il reato di cui all’art 527 e 529 del codice penale
La Corte di Cassazione penale sezione III è intervenuta recentemente con alcune recenti sentenze che
hanno tracciato con chiarezza i profili di legalità di tali attività che si svolgono in questi club privati.
In particolare con la sentenza nr 48532/2004 depositata il 17/12/2004 afferma che “gli spettacoli di
lap dance, anche se lascivi, non integrano il delitto di atti osceni se si svolgono in locali cui può
accedere soltanto un pubblico adulto, consenziente e consapevole della natura dell’intrattenimento.
La stessa sezione che configurava con nitidezza i reati connessi allo sfruttamento della prostituzione in
fattispecie analoga per non dire uguale afferma che quando la condotta accertata è del tutto inidonea a
ledere il bene giuridico tutelato dalla norma astratta essa è penalmente irrilevante.
La Corte definisce che si giustifica la non esistenza del reato in quanto “seppur la polizia giudiziaria
avesse accertato il carattere licenzioso dello show contemporaneamente si era accertato la sua
particolare riservatezza in quanto lo spettacolo avveniva in un circolo privato in cui si poteva accedere
solo tramite tessera a pagamento ed il tipo di esibizione era chiaramente indicato ed il locale era, per
cosi’ dire, destinato solo a simili performance. Al momento dell’irruzione della polizia giudiziaria,
inoltre, nessuno nel locale palesava disagio, disturbo, disgusto o soltanto sorpresa per il contenuto
erotico della rappresentazione. I presenti mostravano anzi vivo interesse ed entusiasmo fornendo cosi’
la più concreta prova del fatto che tutti gli avventori avevano inteso assistere proprio a quella forma di
spettacolo.
La Cassazione ha perciò prosciolto definitivamente tutti concorrenti dai reati contestati definendo che
“la lap dance contempla, ed addirittura presuppone, il coinvolgimento degli spettatori persino con
contatti e toccamenti fra le ballerine ed il pubblico è ciò determina che tali situazioni non possono
essere ritenute estranee ai frequentatori del locale perciò siccome il pudore è il turbamento e la
repulsione che si provano nei confronti di manifestazioni erotiche esplicite ciò non si accerta nel caso
in cui gli atti avvengano sotto gli occhi di persone mature che liberamente si sono recate ad assistere
allo spettacolo conoscendone la natura e dunque senza pericolo di esserne turbati. Perciò lo spettacolo
di lap dance è privo di concreta offensività.
8
Riepilogo e conclusione
Mi si chiede di rispondere ai seguenti interrogativi:
“definire quali sono le modalità di associazione e di accesso ad un circolo privato in caso di
effettuazione di somministrazione di alimenti e bevande e nel caso di spettacoli e trattenimenti rivolti ai
soci oggi previste dall’ordinamento”
Per quanto attiene le modalità di associazione e di accesso ad un circolo privato in caso di effettuazione
di somministrazione di alimenti e bevande analizzata sia la normativa nazionale (Dpr 235/2001, Dpr
917/86) che quella regionale (L.R. 30/2003) nonché la Giurisprudenza del Consiglio di Stato piu’
recente (anno 2009) sono le seguenti:
a) definire modalità di rilascio delle tessere associative nello statuto del circolo che possono consentire
anche l’accesso immediato al circolo, a mezzo di tessere provvisorie, e rispettarle nella fase di gestione;
b) prevedere il pagamento contemporaneo di una quota annuale di adesione che comprenda anche la
quota di adesione alla organizzazione nazionale di riferimento e riconosciuta dal Ministero dell’Interno;
c) consentire l’accesso anche a tutti gli associati all’organizzazione nazionale di riferimento ed anche
agli invitati se previsto dallo Statuto;
Per quanto attiene le modalità di associazione e di accesso ad un circolo privato in caso di effettuazione
di spettacoli e trattenimenti analizzata sia la normativa nazionale (art. 118 Regolamento di esecuzione
del Tulps, art. 1 Dpcm 504/99) nonché la Giurisprudenza della cassazione Penale piu’ recente sono le
seguenti:
a) presentazione di domanda di adesione al circolo con rilascio determinato dalle norme previste
dallo Statuto coerenti con i principi dettati dall’ordinamento compreso anche quello del rilascio
immediato della tessera associativa provvisoria valida esclusivamente per tutte le attività del
circolo esclusi gli spettacoli ed i trattenimenti;
b) consentire la partecipazione all’attività di spettacolo o al trattenimento, riservato ai soci, decorsi
sessanta giorni dal rilascio della tessera associativa di cui al punto a);
c) divieto esplicito di fare partecipare a tali attività di spettacolo e trattenimento gli invitati dei
soci.
In conclusione le succitate modalità associative sono quelle che l'ordinamento vigente impone ai circoli
privati per mantenere il requisito di "attività privata" rivolta esclusivamente ai propri associati e,
conseguentemente, la possibilità di usufruire delle esenzioni e dei benefici fiscali previsti dalla
legislazione vigente.
capitolo 2
La somministrazione di alimenti e bevande nei circoli privati
1. Il quadro normativo di riferimento
Dopo l’entrata in vigore della legge costituzionale 3/2001 e della legge 131/2003 il quadro di
riferimento legislativo, per quanto attiene alla somministrazione di alimenti e bevande, è destinato ad
essere rivisto dalle singole Regioni in modo compiuto.
In tale contesto, al dicembre 2010, le Regioni che hanno legiferato in materia sono state l’EmiliaRomagna, la Lombardia, la Toscana, le Marche, la Sardegna, il Friuli-Venezia Giulia, la Valle
d’Aosta, il Veneto, il Piemonte, il Lazio, l’Abruzzo e la Liguria.
Pertanto il quadro normativo nazionale rimane valido per tutte le Regioni ad eccezioni delle
succitate.
Come si vedrà, anche le Regioni che hanno già legiferato in materia non hanno portato cambiamenti
significativi lasciando di fatto al quadro legislativo nazionale la regolamentazione della materia.
2. La somministrazione di alimenti e bevande nei circoli privati
I circoli privati rappresentano, da sempre, un problema nella gestione delle attività di controllo sul
territorio in quanto le norme di riferimento sono confuse ed incomplete e si inseriscono in uno scenario
nel quale si incontrano alcuni “imprenditori” che cercano di “superare” i principali obblighi posti dalla
legge a tutela del consumatore aprendo esercizi pubblici che vengono “mascherati” in circoli privati al
solo scopo di eludere le normative a tutela della pubblica incolumità ed a tutela delle regole del
mercato (rispetto ai parametri per il rilascio di autorizzazioni per la somministrazione di alimenti e
bevande).
A partire dal 5 luglio 2001, con l’entrata in vigore del d.P.R. 4 aprile 2001, n. 235, la materia è stata
completamente riscritta garantendo una maggiore efficacia nei controlli; in particolare si segnala la
previsione che “il Comune ha la possibilità di effettuare controlli ed ispezioni” .
3. Garanzie costituzionali
Il circolo privato non necessita di alcuna autorizzazione per la sua apertura in quanto l’art. 18 della
Costituzione stabilisce che “i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per
fini che non siano vietati ai singoli dalla legge penale”.
Il diritto costituzionale dell’inviolabilità del domicilio e di libera associazione non può però
costituire impedimento assoluto all’emanazione di disposizioni che, seguendo regole stabilite
dall’ordinamento, tendono a soddisfare il mantenimento dell’ordine pubblico e della pubblica
sicurezza, nonché dell’igie-ne e della salute pubblica.
In tale contesto si inserisce la normativa che tratteremo e che garantisce l’esercizio corretto di questi
diritti costituzionali tenendo conto di valori etici e sociali caratterizzanti la civile convivenza,
patrimonio anch’essi della nostra Costituzione.
Per costituire un circolo è pertanto sufficiente che poche persone si riuniscano e definiscano:
a) uno statuto liberamente predisposto;
b) individuino un fine sociale lecito;
c) definiscano l’ambito di intervento (culturale, sociale, di aiuto, ecc.);
d) identifichino le cariche sociali;
e) determinino le modalità di accesso alla qualità di socio;
f) definiscano le quote annuali sociali, il patrimonio necessario al suo funzionamento, la durata, la
sede sociale.
Non sono necessarie:
a) la presenza del notaio;
b) la forma pubblica e la conseguente registrazione dell’atto costitutivo e dello statuto;
c) la comunicazione all’autorità di P.S. .
4. Autorizzazione per la somministrazione di alimenti e bevande
L’attività di somministrazione, ancorché autorizzata, deve essere diretta esclusivamente ai soci
4
dello stesso circolo o di altro circolo facente parte della stessa organizzazione ( ) ed il circolo può
essere riconosciuto da un ente nazionale accreditato dal Ministero dell’interno o autonomo. Per i circoli
affiliati tale affiliazione deve essere mantenuta anche durante la gestione in quanto la perdita della
stessa determina la revoca dell’au-torizzazione alla somministrazione riservata ai soci ai sensi dell’art.
3, comma 6 della l. 287/91 e dell’art. 2, comma 6 del
d.P.R. 235/2001.
Per quanto attiene alla somministrazione rivolta ad un pubblico indiscriminato o quella effettuata da
un circolo non affiliato ad un ente riconosciuto (art. 3 d.P.R. 235/2001) la stessa rientra nelle attività
contingentate dalla legge 25 agosto 1991, n. 287 o dalle l.r. già in vigore in alcune Regioni (vedi
specifico par. 11).
Sono equiparati, ai fini delle sanzioni, tanto il gestire l’atti-vità abusiva di somministrazione ai soci
quanto il consentire la somministrazione stessa anche ai non soci.
La somministrazione di bevande analcoliche, congiunta o no alla somministrazione di alimenti negli
spacci interni di circoli, è subordinata ad apposita autorizzazione del Comune, nella forma della
segnalazione certificata di inizio attività, in base alle disposizioni di legge che regolano la materia, art.
19 legge 241/90, ed alla normativa contenuta nel regolamento di cui al d.P.R. 235/2001.
Le stesse disposizioni si applicano altresì, in quanto compatibili, agli spacci annessi ai circoli
cooperativi.
Per quanto attiene alla somministrazione e vendita di bevande alcoliche già ricomprese nella
SCIA o nell’autorizzazione prevista dagli artt. 2 e 3 del d.P.R. 235/2001 l’autorizzazione dell’art. 86
Tulps prescrive che “la licenza è necessaria anche per lo spaccio al minuto o il consumo di vino, di
birra, o di qualsiasi bevanda alcolica presso enti collettivi privati di qualunque specie, anche se la
vendita o il consumo siano limitati ai soli soci”.
L’art. 159 del regolamento di esecuzione del Tulps prevede poi che “gli enti collettivi ed i circoli
privati autorizzati alla minuta vendita di bevande alcoliche ai propri soci, ai termini dell’arti-colo 86
della legge, possono esercitare la vendita al pubblico senza bisogno di altra licenza”.
Da ciò deriva, ai sensi degli artt. 2 e 3 del d.P.R. 235/2001, che il circolo è autorizzato alla
somministrazione e alla vendita di alimenti e bevande ai soci e che è consentita la sola vendita di
alcolici a chiunque acceda al circolo.
Tale possibilità è evidentemente solo possibile in via teorica in quanto i requisiti di sorvegliabilità
impediscono al circolo di pubblicizzare questo tipo di attività, perciò difficilmente un non socio si
recherà presso il circolo per l’acquisto di bevande alcoliche.
Si conferma, pertanto, come l’autorizzazione ex art. 86 Tulps, nel caso dei circoli, sia compresa o
nella SCIA di cui all’art. 2 del d.P.R. 235/2001 o nell’autorizzazione di cui all’art. 3 dello stesso d.P.R.
la cui validità è stata confermata dall’art. 64 del d.lgs. 59/2010.
Per quanto concerne il locale destinato alla somministrazione, lo stesso deve essere ubicato in locali
non aperti al pubblico e senza accesso diretto dalla pubblica via, in conformità con il
d.m. 17 dicembre 1992, n. 564, come modificato dal d.m. 5 agosto 1994, n. 534.
La somministrazione è riservata ai soci del circolo o di circoli appartenenti alla stessa
organizzazione ai sensi dell’art. 148, comma 3 del Tuir (d.P.R. 917/86 e succ. mod.) così come
richiamato dagli artt. 2 e 3 del d.P.R. 235/2001 .
Ai fini della vigente normativa relativa alla somministrazione, è da considerarsi “circolo” una
libera associazione costituita tra cittadini con finalità ricreative, culturali, sportive; il medesimo deve
inoltre svolgere la propria attività senza fini di lucro a beneficio del proprio corpo sociale in spazi non
aperti al pubblico, nonché essere affiliato a enti a carattere nazionale riconosciuti dal Ministero
dell’interno o essere un circolo isolato.
È altresì considerato circolo quello promosso attraverso la forma di enti e/o associazioni diversi
purché abbiano lo stesso fine di quelli sopraccitati.
La segnalazione certificata di inizio dell’attività o la domanda di autorizzazione per la
somministrazione di alimenti e bevande, anche superalcoliche, all’interno di un circolo privato,
riservata ai soli soci (ai sensi di quanto previsto dal d.P.R. 4 aprile 2001, n. 235, dall’art. 3, comma 6,
della l. 287/91, dagli artt. 19 e 20 della
l. 241/90) deve essere presentata al Comune – settore attività economiche – deve essere sottoscritta dal
presidente del circolo, con firma autenticata così come previsto dagli artt. 2 e 3 del d.P.R. 235/2001,
contenere l’esatta denominazione, sede e codice fiscale del circolo, i dati anagrafici del presidente,
9-bis
nonché avere allegata copia semplice dell’atto costitutivo e dello statuto ( ).
Qualora l’attività di somministrazione non sia esercitata direttamente dal presidente, dovranno
essere nominati uno o più rappresentanti che, previa accettazione, agiranno in nome e per conto del
presidente stesso.
Il locale dove avviene la somministrazione deve essere conforme alle disposizioni urbanistiche
(l’art. 32, legge 383/2000 consente l’insediamento di queste attività in qualsiasi locale in quanto la
destinazione d’uso è indifferente), in possesso della documentazione relativa alla destinazione d’uso e
del certificato di agibilità, nonché rispettare i criteri di sorvegliabilità.
L’attività di somministrazione ai soci è subordinata alla condizione che il funzionamento dello
spaccio interno in relazione all’ubicazione e alle caratteristiche dei locali non arrechi disturbo per le
occupazioni e il riposo delle persone in quanto si tratta di attività ricompresa nell’art. 8 della legge
447/95.
I locali di circolo privati in cui si somministrano alimenti o bevande devono essere ubicati
all’interno della struttura adibita a sede del circolo o dell’ente collettivo e non devono avere accesso
diretto da strade, piazze o altri luoghi pubblici.
Tutti i circoli privati, all’esterno della struttura, non possono avere apposte insegne, targhe o altre
indicazioni che pubblicizzano in qualsiasi forma le attività di somministrazione esercitate all’interno o
effettuare qualsiasi forma di somministrazione.
La dichiarazione di inizio di attività o la domanda di autorizzazione (rispettivamente ai sensi degli
artt. 2 e 3 del d.P.R. 235/2001) di uno spaccio interno di circolo, fatto salvo il rispetto delle norme
igienico-sanitarie, consente la somministrazione di alimenti e bevande esclusivamente ai soci del
circolo medesimo.
Gli artt. 2 e 3 del d.P.R. 235/2001 consentono che la somministrazione possa essere effettuata
anche ai soci di altri circoli che partecipano alla manifestazione, a patto che siano affiliati alla stessa
organizzazione locale e nazionale così come previsto dall’art. 111, comma 3 del Tuir, oggi art. 148,
comma 3 del Tuir (post d.lgs. 12 dicembre 2003, n. 344).
Nei locali destinati alla somministrazione devono essere osservate le seguenti prescrizioni:
a) il listino prezzi e i documenti autorizzativi devono essere esposti in luogo visibile;
b) coloro che somministrano e manipolano gli alimenti e le bevande devono:
.– essere provvisti di attestati di formazione (si vedano le singole disposizioni regionali);
.– essere in possesso di notifica ai fini igienico-sanitari (Regolamento CE - 852/2004) all’Autorità
sanitaria.
Nei locali destinati alla somministrazione è vietato:
a) somministrare bevande alcoliche ai minori di 16 anni, agli infermi di mente e a persone
manifestamente ubriache, ancorché soci;
11
b) adibire un minore degli anni 18 alla somministrazione di bevande alcoliche ( ) senza la presenza
del presidente o di un suo rappresentante maggiorenne;
c) il gioco d’azzardo.
Nei locali del circolo dove non è stata autorizzata la somministrazione è consentita previa apposita
autorizzazione ex art. 86 Tulps del Comune e nulla osta dell’Amministrazione dell’Ispettorato AAMS,
l’installazione di apparecchi automatici o semiautomatici da gioco, purché nei limiti di cui al decreto
Min. finanze 27 ottobre 2003 (G.U. n. 255 del 3 novembre 2003) e succ. mod. int.
Si ricorda che dal 1° gennaio 2006 l’installazione di video giuochi nei locali autorizzati alla
somministrazione è intrinseca nella stessa.
A fine di puro trattenimento possono collocarsi, nei locali destinati alla somministrazione,
apparecchi di juke-box e cinebox, apparecchi televisivi, radiofonici ed impianti sonori ad alta fedeltà,
presentando al Comune una semplice comunicazione non essendo più necessaria la licenza ex art. 69
Tulps tranne nei casi di pay-tv e richiamo di particolari eventi collegati all’uso di tali apparati.
Si ricorda che per installare le tv a pagamento occorre rispettare gli adempimenti ex delibera n.
467/2000 dell’Autorità garante delle Comunicazioni, nonché gli obblighi in materia di diritto d’autore.
Quando questi apparati sono collocati nei locali privi della somministrazione non necessita alcuna
autorizzazione del Sindaco a patto che siano riservati esclusivamente ai soci; negli altri casi occorrono
le autorizzazioni o dell’art. 69 o degli artt. 68 e 80 Tulps.
I circoli non sono soggetti alla disciplina degli orari nei locali in cui intendono svolgere l’attività
sociale.
5. Il titolare dell’autorizzazione
L’attività di somministrazione deve essere gestita dal responsabile del circolo (leggasi presidente) o
dai rappresentanti/soci, quali risultano dall’atto autorizzativo; se svolta da persona diversa è equiparata
alla somministrazione senza titolo autorizzativo e pertanto sanzionata ai sensi degli artt. 3 e 10 della
legge 287/91 o norma regionale specifica (vedi paragrafo 11), nonché con la cessazione dell’attività
condotta in difetto di autorizzazione ai sensi dell’art. 4 del d.P.R. 235/2001
La richiesta di nomina di un rappresentante ai sensi degli artt. 8 e 93 Tulps da parte del presidente
del circolo non è una prescrizione obbligatoria; il Ministero dell’interno con propria circolare n.
10.9401/12000.A del 19 febbraio 1972 ha infatti precisato che “qualora il titolare della licenza sia
normalmente presente nei locali, ben possa servirsi, per la pratica conduzione dello spaccio, di un
incaricato di fiducia rimanendo egli ovviamente unico responsabile della relativa gestione”.
6. La notifica sanitaria per i locali e per l’eventuale cucina
I locali dove si svolgono la somministrazione e l’eventuale cucina devono possedere i prescritti
requisiti igienico-sanitari che si certificano nella notifica ai sensi dell’art. 6 del regolamento CE n.
852/2004 all’Autorità sanitaria competente. La mancanza della notifica per i locali destinati alla
somministrazione comporta la contestazione di una sanzione amministrativa pecuniaria ai sensi dell’art.
6 del d.lgs. 193/2007, introiti all’Azienda Usl, autorità competente a ricevere il rapporto Sindaco o
Azienda Usl (ogni Regione decide nel merito), nonché la sanzione accessoria della chiusura dei locali
stessi ai sensi dell’art. 4 del d.P.R. 235/2001 da parte del Comune.
La mancanza di notifica sanitaria, per l’eventuale cucina, comporta la chiusura del locale destinato
a cucina e la contestazione della violazione amministrativa prevista dall’art. 6 del d.lgs. 193/2007,
introiti all’Azienda Usl con segnalazione al Sindaco per la chiusura dell’attività condotta in difetto di
autorizzazione ai sensi dell’art. 4 del d.P.R. 235/2001.
7. Le principali novità introdotte dal regolamento per la semplificazione del procedimento per il
rilascio dell’au-torizzazione alla somministrazione di alimenti e bevande da parte di circoli
privati
Il regolamento emanato in attuazione dell’articolo 1 della legge 8 marzo 1999, n. 50 prevede,
nell’allegato 1, al numero 40, fra i procedimenti oggetto di semplificazione, quello relativo al “rilascio
della autorizzazione alla somministrazione di alimenti e bevande da parte di circoli culturali privati”.
Con la normativa contenuta nel d.P.R. 235/2001 viene confermato, dandone certezza giuridica, il
doppio regime autorizzato-rio al quale sono sottoposti i circoli privati; quello previsto dalla legge
287/91, di natura commerciale, e quello previsto dall’art. 86 del Tulps integrato con l’art. 19, comma
4 del decreto del Presidente della Repubblica 616/77, che attiene agli aspetti di sicurezza pubblica.
Tale doppio regime autorizzatorio risulta con chiarezza dall’interpretazione applicativa data dalla
giurisprudenza (Cassazione penale, sez. I, sent. n. 4828 del 28 aprile 1994).
Il regolamento precisa, altresì, che i circoli privati interessati dal regime autorizzatorio
comprendono ad ogni effetto giuridico le associazioni aventi finalità assistenziali, sia aderenti che non
aderenti ad organizzazioni nazionali. Anche in questo caso la norma regolamentare interviene nel
rispetto della normativa sostanziale.
Il regolamento, dando attuazione ai criteri indicati all’art. 20, comma 5 della legge n. 59/97,
persegue i seguenti obiettivi principali di semplificazione procedurale:
a) definire un procedimento per i circoli aderenti ad enti riconosciuti a livello nazionale distinto da
quello per i circoli o associazioni non aderenti a tali organismi;
b) estendere il metodo dell’autocertificazione, da completare con la sola integrazione documentale
di copia semplice non autenticata dell’atto costitutivo o dello statuto;
c) introdurre la procedura di mera segnalazione certificata di inizio attività, in applicazione dell’art.
19 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni;
d) escludere di norma il possessore dei requisiti professionali di cui all’art. 2 della legge 287/91,
con la sola eccezione per i terzi affidatari della gestione delle attività di somministrazione;
e) confermare, come detto, il duplice regime autorizzatorio di cui all’art. 86, comma 2, del Tulps e
dell’art. 2 della legge n. 287/91;
f) confermare che il procedimento si applica a tutte le associazioni private che hanno gli scopi
previsti dalla recente normativa sul no profit e precisamente le associazioni: politiche, sindacali, di
categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di
formazione extra-scolastica della persona. Si è voluto evitare che le attività delle associazioni
sfuggissero alla prevenzione, al controllo e alla repressione di attività commerciali costituite in
elusione della legge n. 287/91.
Si è cercato di poter conseguire benefici e risultati utili per i circoli sottoposti alle procedure
autorizzative, in termini sia di abbreviazione temporale sia di qualificazione dei comportamenti
dell’amministrazione con riduzione degli oneri a carico dei privati.
Un abbattimento dei tempi e dei costi si consegue mediante il ricorso all’autocertificazione, mentre
con la limitazione dell’ob-bligo dell’iscrizione al Registro esercenti il commercio si contengono in
misura apprezzabile ulteriori vincoli amministrativi.
Dopo la riforma del 2006 (decreto Bersani-Visco), l’art. 11 del
d.l. 223/2006, convertito nella legge 4 agosto 2006 n. 248 ha disposto che a far data dal 4 luglio 2006 è
stato soppresso il Registro degli esercenti il commercio per la specializzazione della somministrazione,
14
nel caso di affidamento a terzi ( ) in quanto si è ritenuto che il terzo affidatario svolga a tutti gli effetti
un’attivi-tà imprenditoriale con scopo di lucro con la conseguenza che tale soggetto non può usufruire
del particolare regime di favore determinato dalla non obbligatorietà dei requisiti professionali di cui
all’art. 71 del d.lgs. 59/2010, previsto invece per le associazioni e i circoli che svolgano, direttamente
ed ai soli fini associazionistici, l’attività di somministrazione.
Analoghe considerazioni valgono per i casi di cui all’art. 2, comma 5, che stabilisce l’obbligo di
iscrizione al Rec per le associazioni aderenti ad enti con finalità assistenziali che non siano
conformate alle clausole previste dall’art. 111, comma 4-quin-quies del Tuir (ora art. 148, comma 8
Tuir).
Anche il rinvio alla procedura autorizzatoria prevista dalla legge n. 287 del 1991, contenuto nell’art.
3, comma 1 del regolamento, che comporta il mantenimento dei vincoli nel rilascio delle
autorizzazioni, è pienamente in linea con quanto previsto dall’art. 64 del d.lgs. 59/2010. Detta norma,
infatti, sottopone in via generale ad autorizzazioni tutte le attività di somministrazione, salvo i casi
espressamente previsti dall’art. 3, comma 6, della l. 287/91 per i quali il rilascio della medesima
autorizzazione non è sottoposto ai parametri di cui all’art. 64 del d.lgs. 59/2010 e pertanto soggetto
all’inizio dell’attività su denuncia. Lo stesso art. 3, comma 6, nello specifico, per quanto riguarda la
somministrazione svolta da associazioni e circoli, prevede l’esenzione dal rispetto dei parametri solo
nel caso in cui questi siano aderenti ad enti od organizzazioni nazionali le cui finalità assistenziali siano
riconosciute dal Ministero dell’interno (quelle di cui all’art. 2 del regolamento).
Infine, per quanto riguarda l’osservazione formulata dalla X Commissione della Camera, con
riferimento all’art. 3, comma 5
– che dispone la verifica, da parte del Comune, ai fini del rilascio dell’autorizzazione, che lo statuto
delle associazioni contenga modalità volte a garantire l’effettività del rapporto associativo –, si ritiene
che tale previsione sia pienamente rispondente allo spirito del d.P.R. 235/2001. La norma, infatti, è
volta a garantire che l’adesione all’associazione sia correlata alla necessità di condividerne le finalità
e non sia una circostanza occasionale tale da ridurre il rapporto associativo alla sola possibilità di
usufruire della somministrazione di alimenti e bevande.
Il regolamento (d.P.R. 235/2001) si compone di quattro articoli: l’art. 1 definisce l’oggetto e
contiene la definizione di termini ricorrenti nel testo; l’art. 2 disciplina la procedura di denuncia di
inizio attività per la somministrazione di alimenti e bevande da parte di associazioni e circoli aderenti
ad enti od organizzazioni nazionali le cui finalità assistenziali sono riconosciute dal Ministero
dell’interno; l’art. 3 disciplina la procedura di rilascio di autorizzazone alla somministrazione di
alimenti e bevande da parte di associazioni e circoli non aderenti ad enti od organizzazioni nazionali
aventi finalità assistenziali; l’art. 4 reca le disposizioni finali. In particolare, il comma 1 ribadisce che
sia la segnalazione certificata di inizio attività sia l’autorizzazione prevista dal regolamento
comprendono in sé l’autorizzazione di cui al secondo comma dell’art. 86 del testo unico delle leggi di
pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773.
In sintesi, il regolamento dispone che, per i circoli aderenti ad enti a carattere nazionale le cui
finalità sono riconosciute dal Ministero dell’interno:
a) l’attività di somministrazione sia avviata su segnalazione certificata di inizio attività ferma
restando l’esclusione dal contingentamento numerico delle attività stesse;
b) nel caso di attività affidata in gestione a terzi questi devono essere iscritti al Registro esercenti il
commercio (oggi requisiti professionali ex art 71 del D.Lgs 59/2010);
c) sia seguita una procedura diversa nel caso in cui l’associa-zione non si conformi alle clausole
previste dall’art. 111, comma 4-quinquies (ora art. 148, comma 8) del testo unico sulle imposte dei
redditi.
Per i circoli non aderenti ad enti a carattere nazionale le cui finalità assistenziali sono riconosciute
dal Ministero dell’interno si prevede che:
a) l’attività di somministrazione sia soggetta al rilascio dell’autorizzazione comunale;
b) il rilascio dell’autorizzazione sia legato alla disponibilità del contingente numerico (oggi
parametri qualitativi ex art 64 D Lgs 59/2010);
c) la domanda di autorizzazione si consideri accolta se il diniego non è comunicato entro
quarantacinque giorni (silenzio-assenso);
d) nel caso di attività affidata in gestione a terzi questi devono possedere i requisiti professionali di
cui al comma 6 dell’art. 71 del d.lgs. 59/2010.
In entrambi i casi si dà ampio spazio all’autocertificazione; è previsto, infatti, che la denuncia o la
domanda, a seconda dei casi, contenga una serie di dichiarazioni rese da parte del legale rappresentante
(caratteristiche dell’ente di adesione, tipo di attività di somministrazione, ubicazione e superficie dei
locali, requisiti in materia edilizia, igienico-sanitaria, ecc.); l’unico allegato previsto è la copia
semplice, non autenticata, dello statuto o dell’atto costitutivo .
È previsto, infine, che il legale rappresentante dell’associa-zione o del circolo comunichi
immediatamente al Comune le modifiche rispetto a quanto dichiarato in sede di avvio dell’atti-vità,
ferma restando la possibilità per il Comune di effettuare controlli ed ispezioni.
Si richiamano, di seguito, in maniera più esplicita le norme sostanziali nel cui quadro si inserisce il
regolamento di semplificazione procedurale e che motivano, da un lato, la conferma del doppio regime
autorizzatorio e, dall’altro, la necessità di introdurre sicuri elementi di semplificazione. Ciò anche
tenendo conto dell’evoluzione nel tempo della normativa legislativa.
La somministrazione di bevande alcoliche all’interno dei circoli privati continua a trovare la sua
prima regolamentazione nel testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (Tulps), approvato con regio
decreto 18 giugno 1931, n. 773.
Il comma 2 dell’art. 86, ancor oggi in vigore, stabilisce che “la licenza (del Questore) è necessaria
anche per lo spaccio al minuto
o il consumo di vino, di birra o qualsiasi bevanda alcolica presso enti collettivi o circoli privati di
qualunque specie, anche se la vendita o il consumo siano limitati ai soli soci”.
La licenza, richiesta solo per la somministrazione di alcolici, è rilasciata dietro richiesta dei circoli,
previa verifica dei requisiti morali previsti per il rilascio delle licenze di pubblica sicurezza.
La somministrazione di bevande non alcoliche è implicitamente considerata libera, mentre non si
parla di somministrazione di alimenti.
A seguito del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, la competenza al
rilascio delle licenze ex art. 86 del Tulps è trasferita ai Comuni per quanto riguarda la somministrazione
nei circoli.
La legge 28 agosto 1991, n. 287, “Aggiornamento della normativa sull’insediamento e sull’attività
dei pubblici esercizi” sottopone la somministrazione effettuata in determinati circoli privati al rilascio
dell’autorizzazione comunale, seppur al di fuori del contingentamento previsto invece per gli esercizi
aperti al pubblico.
L’art. 3, comma 6, lettera e) prevede, infatti, che i “limiti numerici (nel rilascio dell’autorizzazione
comunale) non si applicano per il rilascio delle autorizzazioni concernenti la somministrazione di
alimenti e bevande negli spacci annessi ai circoli cooperativi e degli enti a carattere nazionale le cui
finalità assistenziali sono riconosciute dal Ministero dell’interno”.
A seguito del d.P.R. 407/94 e del d.P.R. 411/94, emanati in attuazione della legge 7 agosto 1990, n.
241, l’autorizzazione per gli esercizi al pubblico è soggetta al silenzio-assenso entro 60 giorni dalla
domanda, mentre l’autorizzazione per le attività di somministrazione non contingentate come quella
relativa agli spacci interni, secondo la circolare del Ministero dell’indu-stria del 7 novembre 1994, n.
3354-C, deve considerarsi sostituita dalla segnalazione certificata di inizio attività di cui all’art. 19
della legge 7 agosto 1990, n. 241.
8. La sorvegliabilità nei circoli privati in relazione all’attività di somministrazione di alimenti e
bevande riservata ai soci (d.m. 17 dicembre 1992, n. 564 e succ. mod.)
Il requisito di sorvegliabilità dei circoli privati, nel caso in cui l’attività sia limitata alla
somministrazione, è il seguente:
a) nessun accesso ai locali di somministrazione può essere diretto dalla pubblica via;
b) nessuna indicazione deve essere visibile dall’esterno in riferimento all’attività di
somministrazione che si svolge all’interno;
c) non è mai consentito autorizzare la somministrazione al di fuori dei locali.
Se invece ci troviamo di fronte a circolo privato che svolge un’attività pubblica di spettacolo il
requisito della sorvegliabilità e conformità dei locali ai criteri stabiliti dal Ministero dell’interno è
diversamente definito e ciò vale anche quando l’attività di spettacolo è abbinata a quella di
somministrazione (d.m. 12 settembre 1996), ma in questo caso i requisiti si sommano.
L’art. 153 del regolamento di esecuzione del Tulps, r.d. n. 773/31, approvato con r.d. 6 maggio
1940, n. 635 tuttora vigente, stabilisce infatti che “la licenza” (per gli esercizi pubblici) “può essere
rifiutata o revocata per ragioni di igiene o quando la località o la casa non si prestino ad essere
convenientemente sorvegliate”. Codesta prescrizione da molti Sindaci veniva ignorata e comunque non
applicata. Con l’entrata in vigore del decreto del Ministero dell’interno 12 settembre 1996, l’istituto ha
ripreso ad avere maggior vigore, rispetto ai precedenti periodi, anche perché la legge non soltanto
demanda al Sindaco, perentoriamente, di “accertare” l’adeguata sorvegliabilità dei locali destinati alla
somministrazione pubblica, ma stabilisce che i criteri di idoneità e quindi anche la sorvegliabilità siano
determinati con decreto del Ministero dell’interno e non lasciati alla libera determinazione dei singoli
Sindaci.
All’incombenza il Ministero ha provveduto con i decreti 564/92, 538/94 e decreto 12 settembre
1996, alle cui prescrizioni necessita attenersi con scrupolosità.
I criteri, nel caso di apertura ad un pubblico indiscriminato, sono i seguenti :
a) La sorvegliabilità esterna. I locali e le aree adibiti ANCHE TEMPORANEAMENTE o per
attività stagionale devono avere vie d’accesso o d’uscita (TUTTE) costruite in modo da consentirne la
sorvegliabilità. Tutti gli accessi devono consentire l’ac-cesso diretto da strada, piazza o altro luogo
pubblico d’accesso. Se i locali sono ubicati ad un livello o piano superiore a quello della strada, piazza
o altro luogo pubblico possono essere prescritti idonei sistemi di illuminazione e di segnalazione degli
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accessi e la chiusura di ulteriori vie d’accesso o d’uscita ( ).
Le porte o altri ingressi non possono essere utilizzati per l’accesso ad abitazioni private; l’unica
eccezione è quella dell’abitazione del portiere/custode.
b) Le modalità di gestione dei locali. Durante l’orario di apertura del locale è disposto il divieto
assoluto di frapporre ostacoli che possano, in qualsiasi modo, costituire impedimento per l’in-gresso o
l’uscita dal locale. Occorre inoltre che la porta d’accesso ai locali sia costruita in modo tale da
consentire in ogni momento l’apertura dall’esterno. Occorre cioè che il meccanismo di apertura sia
azionabile dall’esterno del locale nell’ovvio intento di evitare che chi si trovi all’interno possa
ostacolare o ritardare
o impedire l’ingresso delle forze dell’ordine. La direzione di apertura della porta può invece muoversi
sia verso l’esterno che l’in-terno in modo da garantire la sicurezza e l’incolumità dei frequentatori del
locale.
c) La sorvegliabilità interna. Per sorvegliabilità interna si intende il divieto di munire i vani interni,
ad eccezione dei servizi igienici e dei locali non aperti al pubblico, di chiusure o serrature che ne
impediscano un immediato accesso, nonché l’obbligo per l’esercente di indicare, al momento della
richiesta di rilascio dell’autorizzazione o, successivamente, al momento del controllo, l’esistenza di
vani non aperti al pubblico. Tutti i vani interni dell’esercizio e le vie di uscita devono essere
contrassegnati da targhe od altri idonei sistemi visivi, anche luminosi.
9. Internet e i circoli dopo il d.l. 27 luglio 2005, n. 144
Dal 16 agosto 2005 e fino al 31 dicembre 2010 nei circoli privati nei quali sono installati e posti a
disposizione dei soci apparecchi terminali utilizzabili per le comunicazioni esclusi solo i telefoni
pubblici a pagamento abilitati esclusivamente alla Telefonia vocale, devono dotarsi di autorizzazione
ex art. 7 del d.l. 27 luglio 2005 convertito nella legge 31 luglio 2005, n. 155 che viene rilasciata dal
questore della Provincia di riferimento.
Il presidente del circolo che alla data di entrata in vigore del
d.l. 144/2005 aveva già installato tali apparati ha dovuto richiedere il rilascio dell’autorizzazione al
Questore entro il 26 settembre 2005.
Il Ministero dell’interno di concerto con il Ministero delle comunicazioni e di quello per
l’innovazione e le tecnologie ha emesso decreto di attuazione dell’art. 7 e 4 del citato d.l. 27 luglio
2005, n. 144.
Tale decreto, datato 16 agosto 2005, è stato pubblicato sulla
G.U. n. 190 del 17 agosto 2005 e prevede a carico dei presidenti dei circoli i seguenti obblighi:
a) adottare le misure fisiche e tecnologiche occorrenti per impedire l’accesso agli apparecchi
terminali a persone che non siano preventivamente identificate;
b) identificare chi accede ai servizi telefonici o telematici offerti, prima dell’accesso stesso o
dell’offerta di credenziali di accesso, acquisendo i dati anagrafici riportati su un documento di identità,
nonché il tipo, il numero e la riproduzione del documento presentato dall’utente;
c) verificare e vigilare affinché non siano usate credenziali di accesso consegnate ad altri utenti;
d) informare, anche in lingue straniere, le condizioni d’uso dei terminali messi a disposizione;
e) rendere disponibili, a richiesta, anche per via telematica, i dati acquisiti a norma delle lettere b) e
c), esclusi comunque i contenuti delle comunicazioni, al Servizio polizia postale e delle comunicazioni
nonché, in conformità al codice di procedura penale, all’autorità giudiziaria ed alla polizia giudiziaria;
f) assicurare il corretto trattamento dei dati acquisiti e la loro conservazione fino al 31 dicembre
2010;
g) rispettare i requisiti di sorvegliabilità di cui all’art. 153 reg. es. Tulps.
Per i circoli privati aventi non più di tre apparecchi terminali a disposizione del pubblico, i dati di
cui alla lettera b) possono essere registrati su di un apposito registro cartaceo con le pagine
preventivamente numerate e vidimate dall’autorità locale di P.S. In tale registro deve essere annotato
l’identificativo dell’apparecchiatura assegnata al socio e l’orario di inizio e fine della funzione
dell’apparato stesso.
Nel caso di abbonamenti, forniti anche mediante credenziali di accesso prepagate o gratuite, le
stesse non potranno avere validità superiore ai 12 mesi dall’ultima operazione di identificazione.
Oltre ai succitati obblighi di polizia si segnala come la delibera n. 102/03/CONS del 15 aprile 2003
(G.U. n. 113 del 17 maggio 2003) dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha previsto che per
essere autorizzati a offrire servizi di telecomunicazioni sia negli esercizi pubblici che nei circoli che
non rispettano gli indici di pubblicità, compresi quelli via Internet e via telefax, non è necessario che il
responsabile dell’esercizio presenti una dichiarazione al Ministero delle comunicazioni, Direzione
generale concessioni ed autorizzazioni, Divisione II, viale America 201, 00144 Roma e per conoscenza
all’Autorità per le garanzie sulle comunicazioni, Centro direzionale Isola B/5, Torre Francesco, 80143
Napoli.
Pur non essendo più obbligatorio inviare la comunicazione il presidente del circolo deve garantire,
durante la gestione, le seguenti prescrizioni:
a) il rispetto delle condizioni previste dall’art. 12 del d.P.R. 252/98 riguardanti la sicurezza delle
operazioni in Rete, il mantenimento dell’integrità della Rete, l’interconnessione dei servizi nonché la
protezione dei dati;
b) il rispetto della vigente normativa in materia di tutela della salute pubblica e dell’ambiente così
come disposto dal comma 1, lettera f), art. 2 d.P.R. 252/98;
c) la fornitura dei dati indispensabili a verificare il rispetto delle condizioni stabilite e ai fini
statistici;
d) l’utilizzo di hardware omologato ai fini della compatibilità elettromagnetica e di sicurezza
elettrica;
e) la pubblicizzazione delle condizioni d’offerta del servizio, comprese quelle riguardanti le
condizioni economiche in rapporto alla qualità e disponibilità del servizio.
In caso di accertamento di offerta al pubblico di questi servizi (fax o Internet) senza rispettare le
succitate norme si deve contestare violazione all’art. 6, comma 4 del d.P.R. 19 settembre 1997,
n. 318 e art. 25 della legge 128/98; autorità competente Ministero delle poste e telecomunicazioni;
introiti allo Stato mod. F23.
Ai sensi dell’art. 7, commi 1 e 2 della legge 125/97 il Ministero dispone la sanzione amministrativa
accessoria della sospensione dei collegamenti o la sospensione da 10 giorni a 3 mesi per quelli
riscontrati difformi ed in caso di recidiva la revoca dell’autorizza-zione, se necessaria.
Per quanto attiene la mancanza dell’autorizzazione ex art. 7 del d.l. 144/2005 la sanzione penale
prevista è quella di cui all’art. 17 Tulps e quella accessoria si recupera dall’art. 10 dello stesso Tulps. Il
mancato rispetto della prescrizione è invece sempre penale in riferimento alla violazione dell’art. 9
Tulps che è sempre sanzionato dall’art. 17 Tulps. Il Ministero dell’in-terno con propria circolare a prot.
557/PAS.17075.12982D del 14 ottobre 2005 ha ipotizzato l’applicazione dell’art. 17-bis Tulps,
pertanto da tale data si deve considerare questa attività fra quelle di cui all’art. 86 Tulps. Quindi
anche per la violazione delle prescrizioni si sanzionerà ai sensi dell’art. 17-bis Tulps.
10. I circoli privati e la privacy
L’art. 13 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 si può così riassumere: “Tu mi metti a
disposizione i tuoi dati personali e io ti dico quale utilizzo ne farò”; per dare attuazione a questo
principio lo stesso articolo prevede che chi raccoglie i dati metta al corrente, oralmente o per iscritto,
l’interessato circa le finalità e le modalità del trattamento, gli esponga le conseguenze di un eventuale
rifiuto a rispondere, elenchi i soggetti ai quali i dati possono essere comunicati, chiarisca i diritti che il
titolare dei dati può esercitare.
In tale contesto deve anche essere indicato a chi deve essere richiesta la cancellazione in caso di uso
irregolare.
Pertanto nel caso di mancata informativa ai neo soci il circolo risponde della violazione
amministrativa di cui agli artt. 13 e 161 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (sanzione da €
3.000,00 a € 18.000,00) pagamento in misura ridotta € 6.000,00 – autorità deputata a ricevere il
rapporto: Autorità garante della privacy – introiti allo Stato modello F.23.
Dal primo febbraio 2002 con l’entrata in vigore del d.lgs. 28 dicembre 2001, n. 467 ora recepito nel
d.lgs. 196/2003 è stato previsto che è sufficiente l’autorizzazione preventiva del Garante per il
trattamento dei dati sensibili effettuati da ONLUS, partiti e movimenti politici, comunità religiose
nonché l’esenzione totale per il trattamento dei dati in caso di adesioni ad associazioni sindacali o di
categoria da parte di altre associazioni.
Essenziale affinché operi la deroga è che i dati trattati siano quelli degli associati o di persone che
gravitano nell’orbita dell’associazione.
L’autorità ha poi chiarito successivamente che i circoli privati non possono godere dell’esenzione
prevista dall’art. 5 del d.lgs. 196/2003 che individua i dati acquisiti esclusivamente per fini personali e
che rientrano quindi negli obblighi di cui all’art. 13 della legge.
11. Le leggi regionali
In materia di circoli privati le leggi regionali intervengono in maniera differente; in particolare si
segnala che la Regione più coerente è stata la Lombardia che ha escluso ogni regolamentazione dei
circoli privati mentre sia l’Emilia-Romagna che la Toscana sono entrate nel merito con alcuni articoli
che sono assolutamente inapplicabili. Si pensi che la Toscana ha perfino imposto gli orari di apertura e
chiusura dei circoli! Sarebbe come se si cercasse di imporre ad una famiglia gli orari di apertura e
chiusura della propria abitazione.
La Sardegna poi ha riscritto tutta la materia rischiando di consentire ai circoli di poter fare qualsiasi
attività di somministrazione senza che le forze di polizia abbiano la possibilità di intervenire con
efficacia.
A seguire approfondiamo le singole leggi.
Emilia-Romagna
La Regione Emilia-Romagna con la legge regionale 14/2003 interviene in maniera non utile sui
circoli privati; gli interventi effettuati dalla normativa sono marginali e direi assolutamente non
coordinati con il d.P.R. 235/2001; in particolare:
a) l’art. 2 con la lettera c) del comma 4 stabilisce che il richiamo dell’art. 3, comma 5 del citato
d.P.R. 235/2001, che faceva riferimento alle disposizioni dell’art. 3, commi 4 e 5, della legge 287/91,
deve ora riferirsi ai nuovi criteri stabiliti dai Comuni ai sensi dell’art. 4, comma 2, della l.r. 14/2003;
b) l’art. 17, ultimo comma, confema che le disposizioni in materia di chiusura temporanea non si
applicano “ai circoli di cui al d.P.R. 235/2001”;
c) l’art. 18, ultimo comma, introduce invece la novità che le disposizioni in materia di pubblicità dei
prezzi “non si applicano ai circoli di cui al d.P.R. 235/2001”;
d) la soppressione del Rec per la somministrazione dovrebbe avere determinato, ma nulla è
precisato nella legge regionale, la sostituzione delle previsioni contemplate dall’art. 2, comma 4 e
dall’art. 3, comma 4 in materia di somministrazione affidata alla gestione di terzi; è evidente che in
Emilia-Romagna tale requisito deve intendersi sostituito dal requisito previsto dall’art. 6 della l.r.
14/2003 ed oggi da quello previsto dall’art. 71 del d.lgs. 59/2010.
Rimane invece valido il richiamo al sistema sanzionatorio dell’art. 10 della legge 287/91 in materia
di circoli privati, l’au-torità competente è il Sindaco.
Obblighi principali dei presidenti o gestori di circoli privati che hanno l’autorizzazione per la
somministrazione derivano ancora dall’applicazione del Tulps e del relativo regolamento di esecuzione,
ai sensi del secondo comma dell’art. 152 del regolamento Tulps e dell’art. 4 del d.P.R. 235/2001; si
possono così sintetizzare:
a) esporre la tariffa dei prezzi (art. 180 reg. esecuzione Tulps);
b) astenersi dalla somministrazione di bevande alcoliche come prezzo di scommessa o di gioco (art.
181 reg. esecuzione Tulps);
c) effettuare spettacoli a cui partecipano persone invitate (art. 118 reg. esecuzione Tulps);
d) non impiegare ragazzi di età minore dei 18 anni per la somministrazione al minuto di bevande
alcoliche (art. 188 reg. Tulps);
e) non somministrare bevande alcoliche ai minori degli anni 16, alle persone malate di mente o in
stato di manifesta ubriachezza (artt. 689 e 691 codice penale).
L’ambito di applicazione della legge regionale 14/2003:
La legge si applica ai circoli privati autorizzati ex artt. 2 e 3 del d.P.R. 235/2001 all’attività di
somministrazione di alimenti e bevande riservata ai soci che operano nella Regione.
L’art. 2, comma 2 chiarisce che cosa si intende per somministrazione: “la vendita per il consumo
sul posto in tutti i casi in cui gli acquirenti consumano i prodotti in locali o superfici aperte al pubblico
attrezzati a tal fine”.
A) La programmazione ed i limiti numerici
Come si ricorderà i circoli privati non affiliati ad un Ente nazionale riconosciuto dal Ministero
dell’interno possono ottenere l’autorizzazione alla somministrazione di alimenti e bevande riservata ai
soci del circolo ai sensi dell’art. 3 del d.P.R. 235/2001.
Tale autorizzazione può essere rilasciata dal Comune previo rispetto dell’art. 3, commi 4 e 5, della
legge 287/91, cioè nel rispetto dei criteri e parametri stabiliti ai sensi dell’art. 2 della legge 5 gennaio
1996, n. 25. Oggi dei nuovi requisiti previsti dall’art. 64 del d.lgs. 59/2010.
Il richiamo previsto dall’art. 2 della l.r. 14/2003 rispetto alle previsioni attuali del decreto del
Presidente della Repubblica 4 aprile 2001, n. 235 (regolamento recante semplificazione del
procedimento per il rilascio dell’autorizzazione alla somministrazione di alimenti e bevande da parte
dei circoli privati) precisa che si devono intendere applicabili, in luogo delle disposizioni di cui all’art.
3, commi 4 e 5 della legge n. 287 del 1991, richiamate all’art. 3, comma 5 del decreto, i criteri stabiliti
dai Comuni ai sensi dell’art. 4, comma 2, con ciò determinando che l’autorizzazione allo svolgimento
di questa attività è soggetta ai criteri di programmazione comunale di cui all’art. 4, comma 2, della l.r.
14/2003 che andrà rivista in coerenza con le disposizioni di cui all’art. 64 del d.lgs. 59/2010.
È perciò evidente che il presidente di circolo che voglia oggi attivare la somministrazione di
alimenti e bevande ai sensi dell’art. 3 del d.P.R. 235/2001 possa acquistare un’autorizzazio-ne ex lettera
a) o b) o d) da altro soggetto e richiederne il subingresso pur in assenza del requisito professionale.
B) Le disposizioni in materia di chiusura temporanea
L’art. 17 della l.r. 14/2003 regolamenta la chiusura temporanea degli esercizi di somministrazione
al pubblico di alimenti e bevande prescrivendo che la stessa è comunicata al pubblico mediante
l’esposizione di apposito cartello leggibile dall’esterno e, se di durata superiore a 30 giorni consecutivi,
anche al Comune. Viene fatta salva l’osservanza dei turni di apertura. Il Comune, infatti, al fine di
assicurare all’utenza idonei livelli di servizio, può predisporre, sentite le organizzazioni del commercio,
turismo e servizi, le associazioni dei consumatori e le organizzazioni sindacali più rappresentative a
livello comunale, programmi di apertura per turno degli esercizi di somministrazione al pubblico di
alimenti e bevande. Gli esercenti sono tenuti a osservare i turni predisposti e a rendere noto al pubblico,
anche durante il periodo di chiusura, il proprio turno, mediante l’esposizione di un apposito cartello
leggibile dall’eter-no dell’esercizio. Gli esercizi di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande
possono, a discrezione del titolare, osservare una o più giornate di riposo settimanale che debbono
essere indicate nel cartello di esposizione degli orari.
Lo stesso articolo prescrive che le disposizioni di cui ai commi precedenti non si applicano agli
esercizi di cui all’art. 4, comma 3, della presente legge, nonché ai circoli di cui all’art. 3 del decreto
del Presidente della Repubblica n. 235 del 2001.
La situazione che si viene a creare è assolutamente incomprensibile in quanto i circoli regolamentati
dal d.P.R. 235/2001 non dovrebbero essere soggetti alla l.r. 14/2003; poi continuamente si dispongono
delle prescrizioni al regime previsto dal citato d.P.R. Ad oggi perciò si avrebbe che i circoli non affiliati
ad un Ente nazionale riconosciuto dal Ministero dell’interno ed autorizzati ai sensi dell’art. 3 del d.P.R.
235/2001 non sono obbligati a sottostare ai vincoli in materia di chiusura temporanea previsti dal citato
art. 17 della l.r. 14/2003 mentre quelli dell’art. 2, che sono la maggioranza assoluta, dovrebbero?
Evidentemente no in quanto violerebbero le norme previste dal d.m. 564/92 in materia di
sorvegliabilità; si tratta pertanto di una disposizione inapplicabile.
C) La pubblicità dei prezzi
L’art. 18 della l.r. 14/2003 prescrive, fra l’altro, che per i prodotti destinati alla somministrazione
l’obbligo di esposizione dei prezzi è assolto:
a) per quanto concerne le bevande, mediante esposizione, all’interno dell’esercizio, di apposita
tabella;
b) per quanto concerne gli alimenti, con le stesse modalità di cui alla lettera a) cui si aggiunge, per
le attività di ristorazione, l’obbligo di esposizione della tabella anche all’esterno dell’esercizio o
comunque leggibile dall’esterno.
Qualora, nell’ambito dell’esercizio, sia effettuato il servizio al tavolo, il listino dei prezzi deve
essere posto a disposizione dei clienti prima dell’ordinazione e deve inoltre indicare l’even-tuale
componente del servizio.
Le modalità prescelte debbono essere tali da rendere il prezzo chiaramente e facilmente
comprensibile al pubblico, anche per quanto concerne eventuali aggiunte attribuibili al servizio.
Lo stesso articolo prescrive che le norme in materia di pubblicità dei prezzi non si applicano ai
circoli di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 235 del 2001.
È evidente che dal 10 agosto 2003 ai circoli privati si continua ad applicare l’art. 180 del reg.
d’esec. Tulps per il combinato disposto dell’art. 152 del reg. esec. Tulps in relazione all’art. 4, comma
1 del d.P.R. 235/2001 che richiama l’art. 86 del Tulps.
È infatti indiscutibile che non si può dire all’art. 2 che la legge regionale non si applica alle attività
disciplinate dal d.P.R. 235/2001 e poi inserire deroghe in maniera surrettizia nel testo.
Non vi è pertanto dubbio che nei circoli si continua ad applicare l’art. 180 del reg. d’esecuzione del
Tulps mentre la norma di cui all’art. 18 è inapplicabile.
Lombardia
Sui circoli privati gli interventi effettuati dalla normativa regionale, l.r. 30/2003, sono corretti in
quanto l’art. 21 esclude espressamente dalla legge i circoli privati regolamentati dal
d.P.R. 235/2001 che rimane l’unica fonte di riferimento ordina-mentale seppur con la modifica
dell’impianto sanzionatorio rivisto dalla l.r. che all’art. 23, pur confermando il richiamo all’art. 10 della
l. 287/91, di fatto assegna ai Comuni tutte le procedure e gli introiti in materia.
Toscana
La legge regionale n. 28 del 7 febbraio 2005 interviene sui circoli privati in modo scoordinato ed in
particolare:
.– l’art. 48 prevede che la somministrazione di alimenti e bevande nei circoli privati di cui all’art. 2
del d.P.R. 235/2001 sia esclusa dalla programmazione comunale e che l’avvio dell’atti-vità sia
consentito con la DIA ai sensi degli artt. 58 e 59 della l.r. 9/1995;
.– l’art. 81, comma 4 prescrive che nell’attività di somministrazione di alimenti e bevande tutti i
circoli privati del d.P.R. 235/2001 devono rispettare gli orari degli esercizi pubblici stabiliti dal Sindaco
fra un minimo di 5 e un massimo di 18 ore giornaliere;
.– l’art. 111, comma 9 introduce una modifica implicita agli artt. 2 e 3 del d.P.R. 235/2001
prevedendo che con la citazione “all’art. 3, commi 4 e 5 della legge 287/91” si deve intendere che si
applicano le disposizioni degli atti di programmazione comunale di cui all’art. 47.
Pertanto in Toscana rimane pienamente vigente il regime autorizzatorio del d.P.R. 235/2001 salvo
quella eccezione sugli orari che credo sia difficilmente applicabile.
È chiaro che il richiamo al Rec è sostituito anche per i circoli privati con il requisito professionale
oggi introdotto dall’art. 71 del d.lgs. 59/2010.
Sardegna
La legge regionale 18 maggio 2006 n. 5 – Riflessi sulla disciplina autorizzatoria e sanzionatoria dei
circoli privati
La Regione Sardegna ha fatto una scelta che è di completa disapplicazione del d.P.R. 235/2001 con
il risultato che fino all’emanazione dell’apposito regolamento regionale previsto dall’art. 22, comma 7
della l.r. 5/2006 il settore è regolamentato solo dalle seguenti norme:
a) art. 24 che prevede che la somministrazione nei circoli privati è ammessa a condizione che sia
effettuata in locali senza accesso diretto dalla pubblica via e privi di pubblicità esterna, a favore degli
iscritti ai circoli.
Il presidente del circolo deve presentare in allegato alla comunicazione:
1) l’atto costitutivo e lo statuto integrati dall’elenco delle cariche sociali;
2) l’elenco dei soci;
3) la documentazione relativa all’eventuale adesione ad enti od associazioni riconosciute
regionalmente o nazionalmente sulla base di finalità mutualistiche, assistenziali, culturali, sportive o
ricreative.
La comunicazione deve contenere una dichiarazione che attesti:
.– il possesso dei requisiti morali e professionali di cui all’art. 2 della l.r. 5/2006 (oggi sostituiti da
quelli dell’art. 71 del d.lgs. 59/2010);
.– l’ubicazione e la superficie dei locali adibiti alla somministrazione;
.– di avere rispettato i regolamenti locali di polizia urbana, annonaria e igienico-sanitaria, i
regolamenti edilizi e le norme urbanistiche, nonché quelle relative alla destinazione d’uso;
.– di rispettare i criteri di sorvegliabilità;
b) art. 35 nel caso di apertura di spacci di somministrazione di alimenti e bevande in circoli privati
la sanzione prevista è di € 5.000 e quella accessoria definita dal comma 10 è la chiusura immediata
dell’attività condotta in difetto di autorizzazione.
I problemi che si sono creati sono evidenti e possiamo così sintetizzarli:
a) si potranno attivare esercizi per la somministrazione riservata ai soci in tutti i circoli anche in
quelli privi dell’adesio-ne ad un ente nazionale riconosciuto;
b) si dovranno rispettare le norme in materia di destinazione d’uso dei locali in palese contrasto con
la previsione dell’art. 31 della legge 383/2000 che di fatto viene disapplicato in Sardegna;
c) nessuno riuscirà a spiegarci quale sia la norma che consente di pretendere l’elenco dei soci che,
ricordo, era previsto dal Tulps ma che la Corte Costituzionale ha cassato già negli anni ’50;
d) quali sono le modalità di adesione; il richiamo all’art. 148 del Tuir rimane valido solo per gli
aspetti fiscali ma non per quelli di polizia amministrativa;
e) in materia di sorvegliabilità è scomparso l’obbligo di effettuare la somministrazione solo in
locali.
È chiaro che fino all’entrata in vigore del regolamento regionale i circoli privati della Sardegna di
fatto possono fare quello che vogliono.
Valle d’Aosta
La legge regionale 3 gennaio 2006, n. 1 – Riflessi sulla disciplina autorizzatoria e sanzionatoria dei
circoli privati
La Regione Valle d’Aosta ha fatto una scelta molto positiva infatti l’art. 2 prevede che la
somministrazione nei circoli privati rimane compiutamente regolata dal d.P.R. 235/2001.
È chiaro che i richiami alla legge 287/91 fatti dallo stesso
d.P.R. 235/2001 saranno riferiti dal 18 gennaio 2006 alla legge regionale 1/2006 e che dall’8 maggio
2010 i requisiti richiamati sono quelli dell’art. 71 del d.lgs. 59/2010.
Friuli-Venezia Giulia
La legge regionale 5 dicembre 2005, n. 29 – Riflessi sulla disciplina autorizzatoria e sanzionatoria
dei circoli privati
La Regione Friuli-Venezia Giulia interviene in modo disorganico sulla materia, infatti la legge
regionale 29/2005 prevede:
.– art. 68, comma 3, lettera h), che la somministrazione nei circoli privati aderenti a enti e
organizzazioni nazionali con finalità assistenziali riconosciuti a norma di legge è soggetta a DIA
21
mentre per quelli non aderenti il rilascio dell’autorizzazio-ne è soggetto ai limiti numerici ( );
.– art. 66, non esclude i circoli dall’applicazione della legge regionale ma nulla dice rispetto al d.P.R.
235/2001;
.– art. 83, l’apertura abusiva è soggetta alla sanzione di cui al comma 3 cioè €600,00 ma non si
riscontrano sanzioni accessorie.
La situazione è più complessa che in altre Regioni in quanto qui il legislatore non parla neppure del
d.P.R. 235/2001 ma va oltre in quanto non specifica nulla su quali siano i criteri sia per accettare la
DIA che per la gestione.
Un mio parere che andrebbe validato dalla Regione è quello che in mancanza di qualsiasi
riferimento, ma vista la coerenza della normativa con il d.P.R. 235/2001, anche in Friuli si debba
continuare a fare riferimento al d.P.R. 235/2001 salvo che per le questioni definite dalla legge
regionale.
Marche
La legge regionale 9 dicembre 2005, n. 30 – Riflessi sulla disciplina autorizzatoria e sanzionatoria
dei circoli privati
La Regione Marche ha fatto una scelta molto positiva, infatti l’art. 17 prevede che la
somministrazione nei circoli privati rimane compiutamente regolata dal d.P.R. 235/2001.
È chiaro che i richiami alla legge 287/91 fatti dallo stesso
d.P.R. 235/2001 saranno riferiti alla legge regionale 30/2005 e per i requisiti all’art. 71 del d.lgs.
59/2010.
Piemonte
La Regione Piemonte è intervenuta sulla materia con la l.r.
n. 38 del 29 dicembre 2006; in tale contesto la materia della
21
) Tali limiti oggi devono essere riferiti a quelli previsti dall’art. 64 del d.lgs. 59/2010.
somministrazione di alimenti e bevande nei circoli privati ha visto la sua disciplina nell’art. 3 il quale
prevede che:
• continua ad applicarsi il d.P.R. 235/2001 ad eccezione per
le sanzioni previste dall’art. 4 dello stesso decreto che invece vengono sostituite dall’art. 21, comma 6
della l.r. 38/2006 che comunque richiama l’art. 17-bis del Tulps e tutto il sistema sanzionatorio del
Tulps (artt. 17-ter e 17-quater). Pertanto la sanzione amministrativa sarà di €1.032 inferiore
notevolmente a quella prevista dal novellato art. 10 della legge 287/91 (dopo la modifica del d.lgs.
59/2010).
• l’art. 3, comma 2 della l.r. 38/2006 dispone poi che “i rinvii
effettuati dal d.P.R. 235/2001 alle disposizioni della legge 287/91 devono intendersi riferiti alle
corrispondenti disposizioni della presente legge”.
Lazio
L’art. 2 della l.r. 29 novembre 2006, n. 21 prescrive che anche le attività di somministrazione dei
circoli privati non siano più assoggettate al d.P.R. 235/2001 bensì alla legge regionale stessa nonché al
suo regolamento attuativo n. 1 del 19 gennaio 2009
(B.U.R.L. 28 gennaio 2009, n. 4).
Pertanto per aprire un circolo privato/associazione occorre seguire le procedure di cui all’art. 4 del
succitato regolamento ed in particolare:
a) compilare la relativa istanza;
b) allegare l’atto costitutivo e non lo statuto;
c) planimetria dei locali destinati alla somministrazione;
d) dichiarazione da parte del Presidente di possesso dei requisiti di cui all’art. 8 della legge
regionale n. 21/2006;
L’autorizzazione viene rilasciata con le procedure del silenzio assenso entro 90 giorni dalla
presentazione ex art. 20 della legge 241/90.
La questione che non è chiara è il mancato richiamo nell’ar-ticolo 24 della disapplicazione del
d.P.R. 235/2001.
Pertanto la mia soluzione è la seguente:
a) i circoli di cui all’art. 2 del d.P.R. 235/2001 seguono anco
ra queste norme; b) i circoli di cui all’art. 3 del d.P.R. 235/2001 seguono la l.r. 29
novembre 2006, n. 21 ed il suo regolamento. Si tratta di una interpretazione che
dovrà essere supportata da un parere della Regione Lazio.
Veneto
La legge regionale 21 settembre 2007, n. 29 con l’articolo 2, comma 3 prevede che in Regione
Veneto si continua ad applicare il d.P.R. 235/2001 ad eccezione delle seguenti norme:
a) i circoli di cui all’art. 3 del d.P.R. 235/2001 sono assoggettati alla nuova legge regionale;
b) i circoli di cui all’art. 2 del d.P.R. 235/2001 sono invece assoggettati al d.P.R. 235/2001 però
vengono specificati i cosiddetti indici di pubblicità per determinare se l’attività di somministrazione è
pubblica o privata, la legge regionale li identifica nei seguenti:
1) pagamento del biglietto di ingresso effettuato di volta in volta anche da non soci o rilascio, senza
alcuna formalità particolare, di tessere associative a chiunque acquisti o meno il biglietto di ingresso;
2) pubblicità dell’attività di somministrazione o di singoli spettacoli o singoli trattenimenti a mezzo
di giornali, manifesti, internet o altri mezzi di diffusione destinati all’acquisto o alla visione della
generalità dei cittadini;
3) strutturazione del locale in cui si svolge l’attività tale da apparire prevalente la destinazione
dell’esercizio ad un’attività imprenditoriale di somministrazione di alimenti e bevande in ragione della
presenza di specifiche attrezzature quali, tra l’al-tro, cucine per la cottura dei cibi nonché di sale da
pranzo, personale addetto al servizio ai tavoli e attività di trattenimenti e similari;
4) ubicazione dei locali in cui si somministrano alimenti e bevande con accesso diretto dalla
pubblica via.
Il quadro che risulta è sconfusionato ed inapplicabile in quanto si confondono requisiti di
sorvegliabilità con indici di pubblicità e si applicano norme riferite agli spettacoli introducendole con
valenza sull’attività di somministrazione.
Sicuramente un quadro inapplicabile senza rischi di illegittimità ma tanto ... passa il convento.
Tutti i circoli privati sono assoggettati alle limitazioni di cui all’art. 6 della l.r. 29/2007 in materia di
alcolici che vieta la vendita e la somministrazione di tali prodotti dalle ore 01 alle ore 6,00 di ogni
giorno.
Abruzzo
L’articolo 1, comma 4 della legge regionale 16 luglio 2008, n. 11 alla lettera m) dispone che
rimangono esclusi dall’applica-zione di tali norme i circoli privati di cui all’art. 2 del d.P.R. 235/2001
pertanto quelli assoggettati alla nuova normativa sono solo quelli disciplinati dall’art. 3 dello stesso
d.P.R. n. 235/2001.
Liguria
Anche la Regione Liguria con l’art. 3 della legge regionale n. 1 del 20 gennaio 2007 ha determinato
che le nuove disposizioni si applicano esclusivamente ai circoli privati di cui all’art. 3 del
d.P.R. 235/2001 mentre rimangono completamente disciplinati dal d.P.R. 235/2001 quelli di cui all’art.
2.
12. La somministrazione nei circoli privati e la giurisprudenza
La somministrazione nei circoli privati affiliati ad un Ente nazionale avente finalità assistenziali
riconosciute dal Ministero dell’interno, dopo l’entrata in vigore del d.P.R. 235/2001, cioè dal 5 luglio
2001, è sicuramente soggetta al regime di cui all’art. 2 ed in particolare:
– le associazioni e i circoli che intendono svolgere direttamente attività di somministrazione di
alimenti e bevande a favore dei rispettivi associati presso la sede ove sono svolte le attività
istituzionali presentano al Comune nel cui territorio si esercita l’attività istituzionale una SCIA ai sensi
dell’art. 19 della l. 241/90 e succ. mod. dichiarando fra gli altri requisiti, che il circolo si trova nelle
condizioni previste dall’art. 148, commi 3, 5 e 8 del Tuir.
Proprio quest’ultimo richiamo rafforza la previsione del primo comma del citato art. 2 del d.P.R.
235/2001 che prevede che la somministrazione deve essere effettuata a favore dei soci; infatti il comma
5 dell’art. 148 Tuir conferma che l’attività di somministrazione deve essere effettuata nei confronti dei
soggetti indicati dal comma 3 dello stesso articolo, vale a dire gli iscritti al circolo stesso o
all’organizzazione nazionale di riferimento.
Ma lo stesso articolo con la lettera c) dell’ottavo comma precisa che le modalità associative devono
essere effettuate garantendo l’effettività del rapporto associativo, perciò introduce il divieto di
procedere ad un tesseramento senza formalità che deve perciò essere regolato da una disciplina
uniforme.
Lo statuto del circolo DEVE essere adeguato alle disposizioni dell’art. 148 Tuir in quanto la sua
non aderenza a tali prescrizioni comporta l’obbligo in capo al Comune di dichiarare la DIA irricevibile
ed emettere ordinanza di divieto di prosecuzione dell’attività di somministrazione.
Tale quadro deve poi essere messo in relazione con la disposizione di cui al comma 5 dell’art. 2 del
d.P.R. 235/2001 che prevede che se il circolo non si conforma alle clausole dell’art. 148, comma 8 del
Tuir l’attività si deve considerare svolta da un esercizio pubblico.
Il Tar del Lazio con sentenza del 21 aprile 2005, n. 2970 giunge invece ad una conclusione opposta
a quella precedente argomentando nel seguente modo:
.– l’estensione dei servizi di somministrazione prestati da circolo privato ad altri soggetti invitati da
soci non costituisce, di per sé, un elemento sufficiente per integrare la trasformazione del circolo stesso
in pubblico esercizio essendo in tal caso necessario che alle modalità di acquisizione delle iscrizioni al
circolo privato secondo criteri molto ampi si accompagni l’immediata fruibilità del servizio di
somministrazione di alimenti e bevande (Tar Veneto, sezione I, 3 giugno 1997, n. 957);
.– possono usufruire dei servizi di un circolo privato non solo coloro i quali sono in possesso della
tessera sociale del circolo stesso, ma anche coloro che sono muniti della tessera di appartenenza
all’associazione nazionale di categoria o di altri circoli aderenti alla stessa, nonché coloro che,
trovandosi in fase di ammissione al circolo, sono dotati di tessera provvisoria in quanto registrati
all’ingresso del locale per la domanda di tesseramento (nessun richiamo a giurisprudenza o norma!!
n.d.r.!);
– l’estensione del servizio di somministrazione di cibi e bevande a soggetti non soci,
occasionalmente presenti all’inter-no del circolo in quanto invitati dai soci e dagli stessi accompa
gnati, non configura, di per sé, gli estremi di una somministrazione al pubblico che possa
legittimamente dar luogo ad un provvedimento di revoca o di sospensione dell’autorizzazione
comunale alla somministrazione di alimenti e bevande (Tar Sardegna, 27 gennaio 1995, n. 81);
.– perché un circolo privato sia considerato pubblico esercizio non è sufficiente che in detto circolo
vengano somministra-ti ai soci ed occasionalmente a persone ad esse equiparate alimenti e bevande.
La trasformazione da circolo privato a esercizio pubblico si configura esclusivamente, afferma il
Tar del Lazio, nel caso in cui l’accesso al circolo sia consentito ad una indistinta generalità di persone,
le quali possano usufruire dei predetti servizi in seguito ad ammissione, che può avvenire a richiesta e
dietro pagamento di un canone annuo di importo minimo; in sostanza intende qualificarsi in tale
maniera al precipuo fine di eludere le limitazioni poste dalla legge e dai regolamenti locali all’aper-tura
di nuovi esercizi di somministrazione al pubblico.
Atteso che per somministrazione nei confronti di una pluralità di soggetti indiscriminati deve essere
intesa quella effettuata a soggetti sempre variabili, all’interno di pubblici esercizi qualificatisi
arbitrariamente circoli privati e non a soggetti non indiscriminati, in quanto uniti da un rapporto
variamente connotato, all’interno di locali effettivamente privati.
È evidente che è difficile comprendere come il Comune di Roma abbia potuto assumere
un’ordinanza in data 25 settembre 2003 senza fare riferimento all’art. 4 del d.P.R. 235/2001 che
avrebbe consentito di ordinare la cessazione dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande al
circolo in quanto la
P.S. aveva accertato il mancato rispetto di un requisito previsto dall’art. 2 dello stesso d.P.R. ed in
particolare aveva accertato la violazione del requisito richiamato dall’art. 148, commi 3 e 5 Tuir (ex art.
111) che precisa in modo assolutamente chiaro che la somministrazione di alimenti e bevande deve
essere effettuata nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti, anche di altre associazioni che
fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale e dei tesserati delle rispettive organizzazioni
nazionali.
È facile dedurre che persone che non hanno i succitati requisiti, cioè non soci, non possono
usufruire di tale servizio. È ancora più difficile da comprendere come il Tar del Lazio, sezione II-ter, in
data 21 aprile 2005, cioè dopo quasi quattro
anni dall’entrata in vigore del d.P.R. 235/2001, non ne rimandi nessun aspetto nella propria decisione,
anzi richiami:
a) l’art. 6 della legge 524/74 abrogato dall’art. 1, comma 3 della legge 287/91;
b) che la sanzione da applicare sarebbe dovuta essere quella prevista dall’art. 3, punto 10 della l.
287/91 quando il richiamo esatto è evidentemente l’art. 4 del d.P.R. 235/2001 e la sanzione è prevista
dall’art. 10 della l. 287/91;
c) le sentenza del Tar Veneto, sezione I, 3 giugno 1977, n. 957, Tar Sardegna, 27 gennaio 1995, n.
81, Tar Veneto 3 febbraio 1998, n. 114, Cassazione civile sezione I, 7 luglio 1999, n. 7059; si tratta di
giurisprudenza tutta precedente l’entrata in vigore del d.P.R. 235/2001 perciò assolutamente “datata” e
non applicabile al caso in parola in quanto i fatti sono accaduti in data 14 marzo 2003 e perciò in piena
vigenza del d.P.R. 235/2001.
Davanti a questo quadro è compito di chi scrive limitarsi a ricordare che in un circolo non può
essere consentito a persone non socie del circolo di usufruire del servizio di somministrazione senza
incorrere nelle sanzioni previste dall’art. 4 del d.P.R. 235/2001 ed in particolare nella sanzione
pecuniaria riportata dall’art. 10 della legge 287/91 e dalla sanzione accessoria riportata nell’art. 4,
comma 3 del d.P.R. 235/2001, cioè la cessazione dell’at-tività ogniqualvolta si riscontri la mancanza
dei requisiti necessari per lo svolgimento della stessa.
CAPITOLO 3
Gli spettacoli ed i trattenimenti nei circoli privati
1. Il quadro normativo di riferimento
A) Gli spettacoli nei circoli privati: regime autorizzatorio e sanzionatorio
L’effettuazione di spettacoli o di intrattenimenti destinati esclusivamente ai soci del circolo non
necessita di alcuna autorizzazione amministrativa (art. 118 reg. es. Tulps).
È perciò evidente che se si è in questa situazione non vi sono grossi problemi nell’attività di verifica
in quanto se non si svolgono attività illecite ma ci si limita a svolgere attività di spettacolo o
trattenimento tutto è consentito senza nessuna particolare autorizzazione di polizia.
Nel momento in cui, invece, vengano riscontrate le fattispecie previste dall’art. 118 reg. esecuzione
del Tulps ed in particolare:
a) accesso e partecipazione agli spettacoli anche di non soci;
b) accesso e partecipazione agli spettacoli anche di semplici invitati;
c) circostanze che escludano il carattere privato della rappresentazione o del trattenimento:
Il citato art. 118 del reg. es. Tulps testualmente impone che in tali casi lo svolgimento dell’attività
di spettacolo e trattenimento sia subordinata al rilascio di autorizzazione comunale ex art. 68 Tulps
che comporta l’osservanza delle norme di prevenzione incendi ed agibilità dei locali ex art. 80 Tulps.
Nel caso di piccoli trattenimenti solo l’autorizzazione prevista dall’art. 69 Tulps.
2. Le circostanze che escludono il carattere privato di tali attività
Le circostanze richiamate dall’art. 118 del reg. es. Tulps vengono definite dal Ministero dell’interno
con la seguente circolare:
Circolare n. 10. 15506/13500 del 19 maggio 1984: prescrive che devono ritenersi assoggettabili alla
normativa sugli spettacoli e trattenimenti pubblici i locali che, ancorché asseriti come privati,
presentino i seguenti elementi:
.– accesso al locale previo pagamento del biglietto d’ingresso e/o acquisto della tessera associativa
senza formalità;
.– pubblicità degli spettacoli o dei trattenimenti mediante messaggi o strumenti diretti alla generalità
dei cittadini (es. messaggi radiofonici, inserzioni su quotidiani, affissioni, ecc.);
.– complessità dei locali dove si svolge l’attività, tale da far ritenere l’attività di tipo imprenditoriale
ai sensi del codice civile (attività di natura palesemente imprenditoriale);
.– elevato numero di persone che accedono al circolo. Al riguardo si fa riferimento a n. 100 posti ex
d.m. 16 febbraio 1982.
Per quanto attiene alla pubblicità degli spettacoli mediante messaggi o strumenti diretti ad un
pubblico indiscriminato è intervenuto successivamente l’art. 31 della legge 383/2000 il quale prevede
che i circoli che abbiano i requisiti per essere inseriti negli elenchi delle associazioni di promozione
sociale possano fare questo tipo di pubblicità purché inseriscano la frase “pubblicità riservata ai soci
del circolo”.
Successivamente alla circolare il Governo emana il decreto d.P.C.M. 16 settembre 1999, n. 504
pubblicato sulla G.U. n. 305/99 il quale, richiamando esplicitamente l’art. 118 del reg. es. Tulps,
precisa ancora le “circostanze” che possono contribuire a definire il carattere privato della
rappresentazione o manifestazione ed in particolare:
.– art. 1, comma 3: la qualità di socio deve essere stata con-seguita da almeno 60 giorni prima della
manifestazione;
.– art. 2: sede della manifestazione può essere solo la sede legale del circolo;
.– art. 2: possono partecipare non più di 500 persone;
.– art. 3: gli artisti e gli esecutori non possono essere pagati ma devono farlo solo a fini di solidarietà.
La SIAE non può rilasciare le autorizzazioni di inizio attività e le relative agevolazioni in caso di
mancanza dei succitati requisiti.
La circolare n. 165 dell’autorità fiscale ha infine precisato che gli intrattenimenti organizzati a
favore dei propri soci prevedono comunque l’obbligo del rilascio a tutti i partecipanti del titolo di
accesso SIAE così come disposto dall’art. 2 del d.P.R. 30 dicembre 1999, n. 504.
Il presidente del circolo, ove ricorrano le condizioni previste dal d.P.C.M., deve presentare la
dichiarazione di effettuazione di attività alla SIAE dichiarando di possedere la licenza di cui agli artt.
68 e 69 Tulps. Pertanto gli operatori debbono richiedere alla SIAE tale documentazione prima
dell’accesso al circolo in modo che eventuali dichiarazioni mendaci possano essere subito contestate
(art. 483 c.p.).
La stessa circolare prevede che il presidente del circolo presenti alla SIAE, entro 10 giorni dalla fine
dell’anno, un’apposita dichiarazione contenente l’ammontare delle quote e dei contributi versati dai
soci,
nonché
la
specifica
delle
attività
di
intrattenimento
svolte.
3. Le attività di “pubblico” spettacolo nei circoli privati: regime autorizzatorio
Si è visto sopra che i casi in cui l’attività di spettacolo può ritenersi “privata” sono praticamente
inesistenti, perciò il regime al quale anche i circoli devono sottomettersi è quello degli spettacoli e
trattenimenti pubblici.
Il regime autorizzatorio perciò si rifà al quadro generale dei pubblici spettacoli; al fine di capire
qual è il regime autorizzatorio occorre ricordare che l’art. 19 della legge 241/90, così come sostituito
dalla legge di conversione del d.l. 78/2010 non dispone più che alla individuazione delle attività
soggette alla sola segnalazione certificata di inizio attività provveda il regolamento governativo, di
modo che la norma ha assunto la valenza di disposizione a carattere generale applicabile a tutti i casi in
cui non è previsto il silenzio-assenso o si tratta di attività escluse espressamente dall’applicazione
dell’art. 19, ad opera di apposito regolamento governativo.
Per quanto concerne i pubblici spettacoli (artt. 68 e 69 Tulps), il d.P.R. 9 maggio 1994, n. 411 (voce
53) ha escluso dal regime di cui all’art. 19 l’apertura e il trasferimento solo di quelli ex art. 68 Tulps,
attività che sono quindi soggette alla normativa di cui all’art. 20 della legge 241/90.
Per le attività disciplinate dall’art. 20 della legge 241 il d.P.R. 9 maggio 1994, n. 407 ha proceduto
ad una prima individuazione delle attività private, per le quali è ancora previsto un atto di consenso
della pubblica amministrazione, da adottare entro un determinato termine perentorio, trascorso il quale
senza che intervenga un atto di diniego da parte dell’autorità competente si verifica il silenzio-assenso
sulla domanda, salvo la sussistenza di ragioni di pubblico interesse che consiglino l’annullamen-to
dell’atto di consenso illegittimamente formato.
Si ha pertanto:
a) per i piccoli trattenimenti di cui all’art. 69 Tulps il regime della SCIA ad effetto immediato;
b) per gli spettacoli ed i trattenimenti di cui all’art. 68 Tulps il regime del silenzio-assenso a 60 gg.
ex
art.
20,
l.
241/90.
4. I requisiti per il rilascio di entrambe le autorizzazioni
I requisiti per il rilascio delle autorizzazioni di polizia sono tutti esplicitamente ed espressamente
previsti dalle disposizioni del Tulps e del relativo regolamento di esecuzione.
Per quanto attiene a quelli morali, secondo l’art. 11 del citato Tulps le autorizzazioni debbono
essere negate:
a) a chi ha riportato una condanna a pena restrittiva della libertà personale superiore a tre anni per
delitto non colposo e non ha ottenuto la riabilitazione (artt. 178-181 c.p. e art. 683 c.p.p.);
b) a chi è sottoposto all’ammonizione o a misure di sicurezza personale o è stato dichiarato
delinquente abituale, professionale o per tendenza;
c) alle persone che, avendone l’obbligo, non hanno provveduto all’istruzione elementare dei
fanciulli (art. 12 Tulps). Possono poi discrezionalmente essere non concesse a chi ha riportato
condanna per delitti:
1) contro la personalità dello Stato (artt. 241-313 c.p.);
2) contro l’ordine pubblico (artt. 414-421 c.p.);
3) contro le persone commessi con violenza o per furto (artt. 624 e 625 c.p.), rapina (art. 628 c.p.),
estorsione (art. 629 c.p.), sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione (art. 630 c.p.), o per
violenza o resistenza all’autorità (artt. 336, 337 c.p.);
4) a chi non può provare la sua buona condotta (tale certificato è stato abolito).
Fra quelli morali il legislatore ha previsto che devono essere verificati i seguenti requisiti:
.– che non siano stati dichiarati falliti;
.– che non abbiano riportato una condanna per delitto non colposo a pena restrittiva della libertà
personale superiore a tre anni;
.– che non abbiano riportato una condanna per i reati contro la moralità pubblica ed il buon costume o
contro l’igiene e la sanità pubblica, compresi i delitti di cui al libro II, titolo VI, capo II del c.p.;
.– che non abbiano riportato due o più condanne nel quinquennio precedente per delitti di frode nella
preparazione o nel commercio degli alimenti, compresi tutti i delitti di cui al libro II, titolo VIII, capo
II, del codice penale (artt. 513-517 c.p.), turbativa della libertà dell’industria o commercio, vendita di
sostanze alimentari non genuine come genuine, vendita di prodotti industriali con segni mendaci;
.– che non siano stati sottoposti ad una delle misure di prevenzione di cui all’art. 3 l. 1423/56 e nei
cui confronti non sia stata applicata una delle misure previste dalla legge 31 maggio 1965, n. 575
ovvero non sono (in quel momento) assoggettati a misure di sicurezza o non sono stati dichiarati
delinquenti abituali, professionali o per tendenza;
.– che non abbiano riportato condanna per delitti contro la personalità dello Stato (artt. 241-293 e
301-313 c.p.) o contro l’ordine pubblico (artt. 414-421 c.p.) ovvero delitti contro la persona commessi
con violenza o per furto, per rapina, per estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o estorsione;
.– assolvimento degli obblighi scolastici del richiedente, riferiti al periodo in cui il richiedente aveva
tali obblighi (attualmente tale obbligo prevede “il conseguimento della licenza elementare o la
frequenza sino al 14° anno delle scuole elementari oppure il conseguimento della licenza media o la
frequenza delle scuole sino al compimento del 15° anno di età”.
5. Il requisito della sorvegliabilità e conformità dei locali ai criteri stabiliti dal Ministero dell’interno
(quando l’attività di spettacolo è abbinata a quella di somministrazione)
L’art. 153 del regolamento di esecuzione del Tulps, r.d. n. 773/31, approvato con r.d. 6 maggio
1940, n. 635, tuttora vigente, stabilisce che “la licenza” (per gli esercizi pubblici) “può essere rifiutata
o revocata per ragioni di igiene o quando la località o la casa non si prestino ad essere
convenientemente sorvegliate”. Codesta prescrizione da molti Sindaci veniva ignorata e comunque non
applicata. Con l’entrata in vigore del decreto del Ministero dell’interno 12 settembre 1996, l’istituto ha
ripreso ad avere maggior vigore, rispetto ai precedenti periodi, anche perché la legge non soltanto
demanda al Sindaco, perentoriamente, di “accertare” l’adeguata sorvegliabilità dei locali destinati alla
somministrazione pubblica, ma stabilisce che i criteri di idoneità e quindi anche la sorvegliabilità siano
determinati con decreto del Ministero dell’interno e non lasciati alla libera determinazione dei singoli
Sindaci.
All’incombenza il Ministero ha provveduto con proprio decreto in data 12 settembre 1996, alle cui
prescrizioni necessita attenersi con scrupolosità.
Per sorvegliabilità si intende una serie combinata di norme poste a tutela dell’ordine e della
sicurezza pubblica e la sua verifica costituisce una condizione sia per il rilascio che per la validità
dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività.
Il concetto di sorvegliabilità risiede nella considerazione che i pubblici esercizi possano essere
facilmente utilizzabili quali punto di incontro di persone pericolose ovvero possano essere teatro della
consumazione di reati o di comportamenti criminosi e pertanto devono essere costruiti e gestiti
seguendo norme che hanno come finalità primaria la prevenzione del crimine.
Questi criteri ai quali si devono adeguare i locali destinati alle attività di spettacolo o trattenimento
rispondono anche all’esigenza di garantire la sicurezza e l’incolumità dei frequentatori seppur in via
sussidiaria rispetto alle norme già previste in materia di prevenzione incendi ed agibilità dei locali di
pubblico spettacolo.
I criteri a cui attenersi sono i seguenti:
a) La sorvegliabilità esterna. I locali e le aree adibiti ANCHE TEMPORANEAMENTE o per
attività stagionale devono avere vie d’accesso o d’uscita (TUTTE) costruite in modo da consentirne la
sorvegliabilità. Tutti gli accessi devono consentire l’ac-cesso diretto da strada, piazza o altro luogo
pubblico d’acces-so. Se i locali sono ubicati ad un livello o piano superiore a quello della strada, piazza
o altro luogo pubblico possono essere prescritti idonei sistemi di illuminazione e di segnalazione degli
accessi e la chiusura di ulteriori vie d’accesso o d’uscita.
Le porte o altri ingressi non possono essere utilizzati per l’accesso ad abitazioni private; l’unica
eccezione è quella dell’abitazione del portiere/custode.
b) Le modalità di gestione dei locali. Durante l’orario di apertura del locale è disposto il divieto
assoluto di frapporre ostacoli che possano, in qualsiasi modo, costituire impedimento per l’ingresso o
l’uscita dal locale. Occorre inoltre che la porta d’ac-cesso ai locali sia costruita in modo tale da
consentire in ogni momento l’apertura dall’esterno. Occorre cioè che il meccanismo di apertura sia
azionabile dall’esterno del locale nell’ovvio intento di evitare che chi si trovi all’interno possa
ostacolare o ritardare o impedire l’ingresso delle forze dell’ordine. La direzione di apertura della porta
può invece muoversi sia verso l’esterno che l’interno in modo da garantire la sicurezza e l’in-columità
dei frequentatori del locale.
c) La sorvegliabilità interna. Per sorvegliabilità interna si intende il divieto di munire i vani interni,
ad eccezione dei servizi igienici e dei locali non aperti al pubblico, di chiusure o serrature che ne
impediscano un immediato accesso, nonché l’obbligo per l’esercente di indicare, al momento della
richiesta di rilascio dell’autorizzazione o, successivamente, al momento del controllo, l’esistenza di
vani non aperti al pubblico. Tutti i vani interni dell’esercizio e le vie di uscita devono essere
contrassegnati da targhe od altri idonei sistemi visivi, anche luminosi.
d) Norma speciale: i locali di pubblico spettacolo, le discoteche e le scuole di ballo. I locali di
pubblico spettacolo, di sale e scuole da ballo e comunque di autorizzazioni rilasciate ai sensi dell’art.
68 Tulps, a partire dal 12 settembre 1996, devono prestarsi “ad essere convientemente sorvegliati”;
devono inoltre rispettare alcuni specifici criteri e segnatamente:
1) possono avere collegata ai locali dell’esercizio l’abitazione del custode;
2) qualora siano dotati di servizio bar pubblico, devono essere dotati di uscite dirette su pubblica via
o piazza;
3) sono consentiti allestimenti di spazi per l’esposizione e/o la vendita di prodotti a condizione che
tale attività sia rivolta esclusivamente al pubblico ammesso al locale, l’esposizione sia ubicata nell’area
di pertinenza dell’atrio di ingresso e disposta in modo tale da non costituire ostacolo al deflusso del
pubblico e abbia una superficie complessiva non superiore a 200 mq.
In caso di non rispetto di tali prescrizioni per questi esercizi non è prevista sanzione
amministrativa pecuniaria alcuna ma la revoca della licenza ai sensi dell’art. 10 del Tulps.
6. Gli spettacoli ed i trattenimenti pubblici svolti in circoli privati in “cui si acceda da non soci con
biglietto di invito o quando per altre circostanze sia da escludere il carattere privato” (art. 118 r.d. 6
maggio 1940, n. 635): prontuario e quadro di sintesi
Il singolo regime autorizzatorio previsto per le tipologie di spettacolo o trattenimento che si svolgono
in forma “pubblica” nel circolo privato
IL SISTEMA SAnZIOnATORIO
Comportamento illecito
Spettacolo/intrattenimento
abusivo in circolo privato che
per le circostanze di cui
all’art. 118 del reg. es. Tulps
svolge attività pubblica
Il quadro attuale (post d.lgs. 507/99)
sanzione principale
art. 68 Tulps sanzionato dall’art. 666, comma 1 c.p. (così
come mod. dall’art. 49 del d.lgs. 507/99) – violazione
amministrativa da € 258 a € 1.549 – Autorità competente ad
irrogare la sanzione SINDACO in quanto il pagamento in
misura ridotta non è ammesso; e art. 80 Tulps sanzionato
dall’art. 681 c.p., informativa di reato ai sensi dell’art. 347
c.p.p. alla Procura della Repubblica
sanzione accessoria
art. 10 Tulps sospensione o revoca
attività (facoltativa) – SINDACO;
art. 666, comma 3 c.p. (così come
mod. dall’art. 49 del d.lgs. 507/99) –
ordinanza di sospensione obbligato
ria dell’attività condotta in difetto di
autorizzazione (Sindaco)
provvedimenti interdittivi
sequestro preventivo ex art. 321-bis
c.p.p.
ordinanza di sospensione ex art. 100
Tulps del Questore
Comportamento illecito
Il quadro attuale (post d.lgs. 507/99)
sanzione principale
art. 68 Tulps sanzionato dall’art. 666, comma 2 c.p. (così
Spettacolo od
come mod. dall’art. 49 del d.lgs. 507/99) – violazione
intrattenimento “pubblico”
in circolo privato al quale era amministrativa da € 413 a € 2.479 – Autorità competente ad
irrogare la sanzione: Sindaco; art. 80 Tulps sanzionato dall’art.
stata negata autorizzazione
681 c.p., informativa di reato ai sensi dell’art. 347 c.p.p. alla
ex artt. 68 e 80 Tulps
Procura della Repubblica
sanzione accessoria
art. 10 Tulps sospensione o revoca
attività (facoltativa) – SINDACO;
art. 666, comma 3 c.p. (così come
mod. dall’art. 49 del d.lgs. 507/99) –
Ordinanza di sospensione obbligato
ria dell’attività condotta in difetto di
autorizzazione
Trattenimenti e spettacoli
abusivi in circolo privato
autorizzato anche per la
somministrazione di alimenti
e bevande o altra attività
(art. 86 Tulps/d.P.R.
235/2001)
provvedimenti interdittivi
sequestro preventivo ex art. 321-bis
c.p.p.
ordinanza di sospensione attività ex
art. 100 Tulps
sanzione principale
art. 68 Tulps sanzionato dall’art. 666, comma 2 c.p. (così
come mod. dall’art. 49 del d.lgs. 507/99) – violazione
amministrativa da € 413 a € 2.479 – Autorità competente ad
irrogare la sanzione: Sindaco; art. 80 Tulps sanzionato dall’art.
681 c.p., informativa di reato ai sensi dell’art. 347 c.p.p. alla
Procura della Repubblica
sanzione accessoria
art. 10 Tulps sospensione o revoca
attività (facoltativa) – SINDACO;
art. 666, comma 3 c.p. (così come
mod. dall’art. 49 del d.lgs. 507/99)
– Ordinanza di sospensione obbliga
toria dell’attività condotta in difetto
di autorizzazione. nel caso di reite
razione della violazione o di licen
za negata è prevista la chiusura
obbligatoria anche dell’altra atti
vità (la somministrazione) per un
periodo non superiore a sette
giorni (SIndACO)
provvedimenti interdittivi
sequestro preventivo ex art. 321-bis
Comportamento illecito
c.p.p.;
ordinanza di sospensione attività ex
art. 110 Tulps del Questore
Il quadro attuale (post d.lgs. 507/99)
sanzione principale
art. 17 Tulps – informativa ai sensi dell’art. 347 c.p.p. alla
Procura della Repubblica – informativa al Sindaco
Mancato rispetto delle
prescrizioni contenute nelle
autorizzazioni ex artt. 68 e 69
Tulps rilasciate al presidente
del circolo
Esempio: orari di apertura e
sanzione accessoria
chiusu
ra, gestione dei parcheggi
esterni
art. 10 Tulps sospensione o revoca
attività di intrattenimento (facoltativa)
SINDACO
In particolare sono soggette a questo titolo autorizzativo:
.– le rappresentazioni teatrali;
.– le accademie;
.– le feste da ballo;
.– le corse di cavalli;
.– le scuole di ballo;
.– le sale pubbliche di audizione.
L’elenco delle attività non è comunque tassativo; infatti, lo stesso art. 68 del Tulps stabilisce
l’obbligo della licenza per tutti gli spettacoli o i trattenimenti simili a quelli sopra elencati.
L’elenco potrebbe estendersi all’infinito, ma caratteristica indispensabile perché il trattenimento o
lo spettacolo sia sottoposto alla disciplina dell’art. 68 del Tulps è che l’attività sia esercitata in un
circolo con le caratteristiche previste dall’art. 118 del reg. es. Tulps.
Sono pertanto da escludere tutte quelle attività con finalità puramente sportive ed educative; quando
queste attività sono a carattere sportivo, però, i promotori devono darne preventivo avviso all’autorità
di pubblica sicurezza almeno tre giorni prima di quello fissato per la manifestazione (art. 123 del reg.
d’es. del Tulps).
La stessa Corte Costituzionale è intervenuta in materia stabilendo l’illegittimità costituzionale
dell’art. 68 limitatamente alla parte in cui vieta di dare feste da ballo in luogo esposto al pubblico (sent.
n. 142 del 15 dicembre 1967) e alla parte in cui stabilisce l’obbligo della licenza per i trattenimenti da
tenersi in luoghi aperti al pubblico e non indetti nell’esercizio di un’attività imprenditoriale (sent. n. 56
del 15 aprile 1970).
La licenza inoltre viene richiesta, ai sensi dell’art. 69 del Tulps, anche per:
.– dare anche temporaneamente pubblici trattenimenti;
.– esporre alla pubblica vista rarità, persone, animali, gabinetti ottici o altri oggetti di curiosità;
.– dare audizioni all’aperto.
Anche in questo caso l’elenco non è tassativo; l’art. 124 del reg. d’es. del Tulps infatti estende
l’obbligo della licenza, a termine dell’art. 69 della legge, anche ai piccoli trattenimenti che si danno in
pubblico, anche temporaneamente, in baracche o in locali provvisori, o all’aperto, da commedianti,
burattinai, tenitori di giostre, di caroselli, di altalene, bersagli e simili.
Il testo unico delle leggi di pubblica sicurezza e il relativo regolamento prevedono inoltre numerose
disposizioni che disciplinano gli spettacoli e i trattenimenti pubblici; tra le più significative possiamo
ricordare:
– obbligo di dare il preventivo avviso al Sindaco per le riprese in luogo aperto o esposto al pubblico
di azioni destinate ad essere riprodotte col cinematografo (art. 76 del Tulps). Tale articolo è stato
abrogato dall’art. 164, comma 1, lettera b) del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112; è rimasto fermo solo
23
l’obbli-go di informazione preventiva all’autorità di pubblica sicurezza ( );
– divieto di concedere licenza per l’apertura di un teatro o di un luogo di pubblico spettacolo, prima
di aver fatto verificare da una commissione tecnica la solidità e la sicurezza dell’edifi-cio e l’esistenza
di uscite pienamente adatte a sgombrarlo prontamente in caso di incendio (art. 80 del Tulps).
L’art. 19 del d.P.R. 616/77 – ai punti 5 e 6 – ha assegnato ai Comuni le funzioni relative al rilascio
delle licenze di cui agli artt. 68 e 69 del Tulps.
8. Le attività di spettacolo ed intrattenimento accertate nei circoli privati ed il conseguente regime
autorizzato-rio nei circoli privati nei quali si accertino le circostanze di cui all’art. 118 del reg.
di es. Tulps
Si veda di seguito la tabella che evidenzia le tipologie richieste a seconda dell’attività da svolgere:
Tipologia di attività
PIANO BAR con carattere di prevalenza rispetto all’attività di pubblico
esercizio
PIANO BAR senza particolare rilievo
KARAOKE installato in sale appositamente attrezzate e con la presenza
di un animatore
KARAOKE utilizzato alla stessa stregua di un juke-box
FESTE DA BALLO E GARE DI BALLO
organizzate in forma imprenditoriale
SCUOLE DI BALLO
Preavviso o licenza
Occorre licenza ex art. 68 Tulps, agibilità dei locali ex art. 80 Tulps pre
vio parere C.P.V.L.P.S.
Occorre autorizzazione ex art. 69
Tulps
Occorre licenza ex art. 68 Tulps, agi
bilità dei locali ex art. 80 Tulps previo
parere C.P.V.L.P.S.
Occorre presentare la denuncia di
inizio attività (art. 19 legge 241/90)
Occorre licenza ex art. 68 Tulps, licenza di agibilità
dei locali ex art. 80 Tulps previo parere
C.P.V.L.P.S. (24)
FESTE DA BALLO a carattere privato o BALLI IMPROVVISATI dai clienti di un albergo o di un ristorante
senza intrattenitore od organizzazio
ne d’impresa a scopo di lucro
NUMERI ISOLATI DI ARTE VARIA
O SU PEDANA
Non occorre licenza (v. sentenza
Corte Costituzionale n. 142/67)
ESIBIZIONI DI CANTANTI, BALLERINI, CANTASTORIE, GIOCOLIE-
Occorre licenza ex art. 69 Tulps. Se
l’attività viene svolta in locali o se si
L’attività deve essere svolta in locali
in possesso di licenza ex art. 68 e
agibilità ex art. 80 Tulps.
RI, BURATTINAI, ESPOSIZIONE
DI RARITà, PERSONE, ANIMALI,
CURIOSITà
fa uso di palchi, tribune, ecc. occorre
licenza di agibilità ex art. 80 Tulps,
previo parere C.P.V.L.P.S. (24)
MANIFESTAZIONI SPORTIVE E
GARE a scopo di intrattenimento
pubblico e fine di lucro
Occorre licenza ex art. 68 Tulps, agibilità dei locali e parere C.P.V.L.P.S.
(24). Si deve comunicare il regola
mento della gara
Occorre preavviso al Sindaco tre gior
ni prima della manifestazione (art. 123 del
regolamento al Tulps). Nel caso in
cui si ravvisi il carattere di pubblico
spettacolo è richiesta la licenza ex art.
68 Tulps (licenza agibilità e parere
C.P.V.L.P.S.) (24)
Completamente liberalizzata; è necessaria
l’autorizzazione ex art. 69
Tulps quando si tratta di pay-tv con aumento dei
prezzi delle consumazioni; ex art. 68 Tulps previo
rilascio agibilità ex art. 80 Tulps quando oltre alla
presenza della pay-tv vi è il pagamento di un
biglietto di ingresso ed una sala appositamente
attrezzata
MANIFESTAZIONI SPORTIVE a carattere educativo e senza scopo di lucro
DETENZIONE DI APPARECCHI
RADIO-TELEVISIVI
9. L’attività circolistica in relazione alla normativa in materia di prostituzione e atti osceni
Il quadro di riferimento di questa materia è il seguente:
a) art. 527 e ss. del codice penale in materia di atti osceni;
b) la legge 20 febbraio 1958, n. 75 in materia di prostituzione.
a) Il capo II del titolo IX del codice penale tratta i reati delle offese al pudore ed all’onore sessuale;
in particolare con l’art. 529 definisce che cosa si intende per atti “osceni”, cioè gli atti e gli oggetti che,
secondo il comune sentimento, offendono il pudore.
L’art. 527 definisce imputabile del reato di atti osceni chiunque, in luogo pubblico o aperto o
esposto al pubblico, compie atti osceni.
Tale fattispecie è sanzionata con la reclusione da tre mesi a tre anni.
L’art. 528 prevede che chiunque dà pubblici spettacoli teatrali o cinematografici ovvero audizioni o
recitazioni pubbliche che abbiano carattere di oscenità è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni e
con la multa non inferiore a € 103. Se lo spettacolo è dato nonostante il divieto dell’Autorità la pena è
aumentata.
b) La legge 20 febbraio 1958, n. 75
L’art. 3 al comma 1, capoverso 3) prevede che “chiunque, essendo proprietario, gerente o preposto
a un albergo, casa mobiliata, pensione, spaccio di bevande, circolo, locale da ballo, o luogo di
spettacolo o loro annessi e dipendenze o qualunque locale aperto al pubblico vi tollera
abitualmente la presenza di una o più persone che all’interno del locale stesso si danno alla
prostituzione” è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da € 258 a € 10.329.
Il capoverso 4) prevede le stesse pene per chiunque recluti una persona al fine di farle esercitare la
prostituzione o ne agevoli a tal fine la prostituzione oppure chiunque in qualsiasi modo favorisca o
sfrutti
la
prostituzione
altrui.
10. La giurisprudenza in materia
È stato accertato che nei “circoli privati in cui si effettuano spettacoli di lap dance e nei quali si
svolge l’attività di spogliarello e servizio privé” si è configurato il reato di cui all’art. 3 della legge
75/58.
La Corte di Cassazione penale, sezione III, è intervenuta recentemente con alcune sentenze che
hanno tracciato con chiarezza i profili di illegalità di tali attività che si svolgono in questi club privati.
In particolare:
.– la sentenza n. 35776/2004 ha visto condannare per sfruttamento della prostituzione il presidente
del circolo che consentiva che “dietro la maschera dell’esibizione artistica e dell’in-nocente
trattenimento si concretizzasse l’acquisto di favori femminili da parte dei clienti. Le giovani donne,
praticamente svestite, acconsentivano ad appartarsi con chi pagava una sorta di ticket aggiuntivo (250
euro) rispetto agli altrettanti soldi sborsati all’ingresso del circolo. Una volta nel privé i clienti si
spingevano in arditi preliminari pur rimanendo vestiti”.
.La Cassazione pur non essendoci l’atto sessuale ha ritenuto sussistere il reato;
.– la sentenza n. 13039/2003 della stessa Corte Suprema ha sottolineato come tra gli atti sessuali
rientrino tutti quelli riguardanti “zone del corpo note come erogene, secondo la scienza medica,
psicologica, antropologico-sociologica”, compresi gambe e glutei, quindi è la stessa evoluzione del
sistema normativo (art. 609-bis e seguenti del codice penale) a suggerire che “per atto sessuale devono
intendersi tutte quelle attività che danno origine a eccitazione e al soddisfacimento dell’istinto sessuale
con appagamento della propria libido, valutate in relazione ad un criterio oggettivo”.
.Pertanto il comportamento tenuto nei privé non si può ridurre ad un voyeurismo qual è la
trasmissione televisiva pornografica in quanto “il bene protetto non è la tutela della salute pubblica
dalla diffusione di malattie veneree, ma la libertà di determinazione della donna, anche nel prostituirsi:
bene tutelabile solo in quanto siano perseguiti i terzi che dalla prostituzione intendano lucrare”;
.– la sentenza n. 36157 del 10 settembre 2004 sempre della III sezione penale della Corte di
Cassazione conferma che si è ravvisato il reato di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione
nella condotta del presidente di un circolo dove le ballerine svolgevano detta attività consistente nel
ballare denudate davanti ai clienti che potevano in luogo appartato accarezzarle su fianchi, braccia e
gambe in cambio di denaro. Il reato si è configurato anche nella fattispecie nella quale non era
consentito ai clienti, almeno tendenzialmente, un “contatto fisico” con le ballerine;
.– la sentenza n. 45785 del 26 novembre 2004 sempre della III sezione penale afferma che la
condotta di un gestore di un locale ove vengono organizzati spettacoli di spogliarello riservato a singoli
clienti e realizzati in appositi box (cosiddetti privé) nel corso dei quali le ballerine si spoglino ed i
clienti, contro il pagamento di una somma in denaro, possano toccarle e palpeggiarle configura il reato
di cui all’art. 3 della legge 20 febbraio 1958, n. 75.
11. La giurisprudenza contrastante
È stato accertato che nei “circoli privati in cui si effettuano spettacoli di lap dance e nei quali si
svolge l’attività di spogliarello e servizio privé” NON si configura il reato di cui agli artt. 527 e 529
del codice penale.
La Corte di Cassazione penale, sezione III, è intervenuta recentemente con alcune sentenze che
hanno tracciato con chiarezza i profili di legalità di tali attività che si svolgono in questi club privati.
In particolare:
– la sentenza n. 48532/2004 depositata il 17 dicembre 2004 afferma che gli spettacoli di lap dance,
anche se lascivi, non integrano il delitto di atti osceni se si svolgono in locali cui può accedere soltanto
un pubblico adulto, consenziente e consapevole della natura dell’intrattenimento.
La stessa sezione che configurava con nitidezza i reati connessi allo sfruttamento della prostituzione
in fattispecie analoga per non dire uguale afferma che quando la condotta accertata è del tutto inidonea
a ledere il bene giuridico tutelato dalla norma astratta essa è penalmente irrilevante.
La cosa simpatica è che si giustifica la non esistenza del reato in quanto seppur la polizia giudiziaria
avesse accertato il carattere licenzioso dello show contemporaneamente si era accertata la sua
particolare riservatezza in quanto lo spettacolo avveniva in un circolo privato in cui si poteva accedere
solo tramite tessera a pagamento (!!!! n.d.r.) ed il tipo di esibizione era chiaramente indicato ed il locale
era, per così dire, destinato solo a simili performance. Al momento dell’irruzione della polizia
giudiziaria, inoltre, nessuno nel locale palesava disagio, disturbo, disgusto o soltanto sorpresa per il
contenuto erotico della rappresentazione. I presenti mostravano anzi vivo interesse ed entusiasmo
fornendo così la più concreta prova del fatto che tutti gli avventori avevano inteso assistere proprio a
quella forma di spettacolo.
La Cassazione ha perciò prosciolto definitivamente tutti i concorrenti dai reati contestati definendo
che la lap dance contempla, ed addirittura presuppone, il coinvolgimento degli spettatori persino con
contatti e toccamenti fra le ballerine ed il pubblico e ciò determina che tali situazioni non possono
essere ritenute estranee ai frequentatori del locale; perciò, siccome il pudore è il turbamento e la
repulsione che si provano nei confronti di manifestazioni erotiche esplicite, ciò non si accerta nel caso
in cui gli atti avvengano sotto gli occhi di persone mature che liberamente si sono recate ad assistere
allo spettacolo conoscendone la natura e dunque senza pericolo di esserne turbati. Perciò lo spettacolo
di lap dance è privo di concreta offensività.
CAPITOLO 4
Le attività di intrattenimento e spettacolo in esercizi pubblici
1. Gli spettacoli ed i trattenimenti pubblici
1.1. Il sistema sanzionatorio
Con l’entrata in vigore del d.lgs. 507/99 ed in particolare con le modifiche apportate dall’art. 49
dello stesso decreto, il sistema sanzionatorio degli spettacoli è stato parzialmente depenalizzato e si può
così sinteticamente rappresentare:
Comportamento illecito
Spettacolo/
Intrattenimento abusivo
norme
precedenti
1°.1.2000
sanzione
principale
artt. 68 e 80
Tulps sanzionati
dagli artt. 666 e
681 c.p. •
informativa ai
sensi del-l’art.
347 c.p.p. alla
Procura della
Repubblica •
informativa al
Sindaco
sanzione
accessoria
art. 10 Tulps
sospensione o
revoca attività
(facoltativa) SINDACO
Il quadro attuale (post d.lgs.
507/99)
sanzione principale
art. 68 Tulps sanzionato dall’art.
666, comma 1 c.p. (così come
mod. dall’art. 49 del d.lgs. 507/99)
-violazione amministrativa da €
258,00 a € 1.549,00 -autorità
competente ad irrogare la
sanzione: SINDACO art. 80
Tulps sanzionato dall’art. 681 c.p.
-informativa di reato ai sensi
dell’art. 347 c.p.p. alla Procura
della Repubblica
sanzione accessoria
art. 10 Tulps sospensione o
revoca attività (facoltativa) SINDACO art. 666, comma 3 c.p.
(così come mod. dall’art. 49 del
d.lgs. 507/99) ordinanza di
sospensione obbligatoria
dell’attività condotta in difetto di
autorizzazione (Sindaco)
Spettacolo od
intrattenimento
con licenza NEGATA
provvedimenti
interdittivi
sequestro
preventivo ex art.
321-bis c.p.p.
ordinanza di
sospensione
ex art. 100 Tulps
del que
store
sanzione
principale
artt. 68 e 80
Tulps sanzionati
dagli artt. 666 e
681
c.p.
provvedimenti interdittivi
sequestro preventivo ex art. 321bis
c.p.p.
ordinanza di sospensione ex art.
100 Tulps del questore
sanzione principale
art. 68 Tulps sanzionato dall’art.
666, comma 2 c.p. (così come
mod.
dall’art. 49 del d.lgs. 507/99) violazione amministrativa da € 413,00
a € 2.478,00 - autorità competen-
• informativa ai
sensi dell’art. 347 c.p.p. te ad irrogare la sanzione: SIN
alla Procu
ra della
DACO
Repubblica;
• informativa al
art. 80 Tulps sanzionato dall’art.
Sindaco
681 c.p. -informativa di reato ai
sensi dell’art. 347 c.p.p. alla Pro
cura della Repubblica
sanzione
sanzione accessoria
accessoria
art. 10 Tulps sospensione o
art. 10 Tulps
sospensione o
revoca attività (facoltativa) revoca attività
SINDACO art. 666, comma 3 c.p.
(facoltativa) (così come
SINDACO
mod. dall’art. 49 del d.lgs. 507/99)
-ordinanza di sospensione obbli
gatoria dell’attività condotta in
difetto di autorizzazione
Trattenimenti e
spettacoli abusivi in locale
autorizzato per la
somministrazione
provvedimenti
interdittivi
sequestro
preventivo ex art.
321-bis c.p.p.
ordinanza di
sospensione
attività ex art. 100
Tulps del
questore
sanzione
principale
artt. 68 e 80
Tulps sanzio
nati dagli artt.
666 e 681
c.p.
provvedimenti interdittivi
sequestro preventivo ex art. 321bis
c.p.p.
ordinanza di sospensione attività
ex art. 100 Tulps del questore
sanzione principale
art. 68 Tulps sanzionato dall’art.
666, comma 2 c.p. (così come
mod. dall’art. 49 del d.lgs. 507/99)
-violazione amministrativa da €
• informativa ai
413,00 a € 2.478,00 -autorità
sensi
dell’art. 347 c.p.p. competente ad irrogare la sanzio
alla
Procura della ne: SINDACO
Repubblica
• informativa al
Sindaco
sanzione
accessoria
art. 10 Tulps
sospensione o
revoca attività di
intrattenimento
(facoltativa) –
SINDACO
art. 80 Tulps sanzionato dall’art.
681 c.p. informativa di reato ai
sensi dell’art. 347 c.p.p. alla
Procura della Repubblica
sanzione accessoria
art. 10 Tulps sospensione o
revoca attività (facoltativa) –
SINDACO art. 666 comma 3 c.p.
(così come mod. dall’art. 49 del
d.lgs. 507/99) – ordinanza di
sospensione obbligatoria
dell’attività condotta in difetto di
autorizzazione. nel caso di
reiterazione della violazione o di
licenza negata è prevista la
chiusura obbligatoria anche
dell’altra attività per un periodo
non superiore a sette giorni
(SIndACO)
Mancato rispetto delle
prescrizioni nelle
autorizzazioni ex artt. 68 e
69 Tulps
provvedimenti
interdittivi
sequestro
preventivo ex art.
321-bis c.p.p.
ordinanza di
sospensione
attività ex art. 100
Tulps del
questore
sanzione
principale
art. 17 Tulps •
informativa ai
sensi del-l’art.
347 c.p.p. alla
Procura della
Repubblica •
informativa al
Sindaco
sanzione
accessoria
art. 10 Tulps
sospensione o
revoca attività di
intrattenimento
(facoltativa) –
SINDACO
provvedimenti interdittivi
sequestro preventivo ex art. 321bis c.p.p. ordinanza di sospensione
attività ex art. 100 Tulps del
questore
sanzione principale
art. 17 Tulps • informativa ai
sensi dell’art. 347 c.p.p. alla
Procura della Repubblica •
informativa al Sindaco
sanzione accessoria
art. 10 Tulps sospensione o
revoca attività di intrattenimento
(facoltativa) – SINDACO
2. definizione e regime autorizzatorio degli spettacoli e dei trattenimenti
Tutte le attività esercitate, in luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico, per divertire le persone
con fini culturali, di ricreazione o di insegnamento sono disciplinate dall’art. 68 del Tulps che stabilisce
l’obbligo della licenza, rilasciata dal Sindaco, ai sensi del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616.
L’esercizio di locali di pubblico trattenimento rientra tra le attività disciplinate dall’art. 20 della
legge 241/90 e pertanto, in caso di silenzio della pubblica amministrazione, la domanda per esercitare
l’attività si intende accolta decorsi 60 gg. dalla sua presentazione.
In particolare sono soggetti a questo titolo autorizzativo:
.– le rappresentazioni teatrali;
.– le accademie;
.– le feste da ballo;
.– le corse di cavalli;
.– i circoli;
.– le scuole di ballo;
.– le sale pubbliche di audizione.
L’elenco delle attività non è comunque tassativo; infatti, lo stesso articolo 68 del Tulps stabilisce
l’obbligo della licenza per tutti gli spettacoli o trattenimenti simili a quelli sopra elencati.
L’elenco potrebbe estendersi all’infinito, ma caratteristica indispensabile perché il trattenimento o
lo spettacolo sia sottoposto alla disciplina dell’art. 68 del Tulps è che l’attività sia esercitata in luogo
pubblico o aperto o esposto al pubblico nell’esercizio di una attività imprenditoriale.
Sono pertanto da escludere tutte quelle attività con finalità puramente sportive ed educative; quando
queste attività sono a carattere sportivo, però, i promotori devono darne preventivo avviso all’autorità
di pubblica sicurezza almeno tre giorni prima di quello fissato per la manifestazione (art. 123 del reg.
d’es. del Tulps).
La stessa Corte Costituzionale è intervenuta in materia stabilendo l’illegittimità costituzionale
dell’art. 68 limitatamente alla parte in cui vieta di dare feste da ballo in luogo esposto al pubblico (sent.
n. 142 del 15 dicembre 1967) e alla parte in cui stabilisce l’obbligo della licenza per i trattenimenti da
tenersi in luoghi aperti al pubblico e non indetti nell’esercizio di un’attivi-tà imprenditoriale (sent. n. 56
del 15 aprile 1970).
L’obbligo della licenza inoltre è previsto anche, ai sensi dell’art. 118 del reg. d’es. del Tulps, per:
.– i circoli privati a cui si acceda da non soci con biglietto di invito, quando, per il numero delle
persone invitate, o per altre circostanze, sia da escludere il carattere privato della rappresentazione o del
trattenimento (la Cassazione penale ha stabilito che un locale dove siano dati degli spettacoli ai quali
tutti possano assistere acquistando contemporaneamente al botteghino la tessera da socio e il biglietto
di ingresso non è da considerarsi circolo privato, ma luogo aperto al pubblico, sottoposto alla disciplina
degli spettacoli pubblici ... – sez. I, sent. n. 10997 del 13 settembre 1978, Fiorenza –);
.– le rappresentazioni o i trattenimenti dati al pubblico nel recinto delle esposizioni artistiche,
industriali e simili.
La licenza inoltre viene richiesta, ai sensi dell’art. 69 del Tulps, anche per:
.– dare anche temporaneamente pubblici trattenimenti;
.– esporre alla pubblica vista rarità, persone, animali, gabinetti ottici o altri oggetti di curiosità;
.– dare audizioni all’aperto.
Anche in questo caso l’elenco non è tassativo; l’art. 124 del reg. d’es. del Tulps infatti estende
l’obbligo della licenza, a termine dell’art. 69 della legge, anche ai piccoli trattenimenti che si danno in
pubblico, anche temporaneamente, in baracche o in locali provvisori, o all’aperto, da commedianti,
burattinai, tenitori di giostre, di caroselli, di altalene, bersagli e simili.
In tale caso l’attività è soggetta a SCIA.
Il testo unico delle leggi di pubblica sicurezza e il relativo regolamento prevedono inoltre numerose
disposizioni che disciplinano gli spettacoli e i trattenimenti pubblici; tra le più significative possiamo
ricordare:
– obbligo di dare il preventivo avviso al Sindaco per le riprese in luogo aperto o esposto al pubblico
di azioni destinate ad essere riprodotte col cinematografo (art. 76 del Tulps). Tale articolo è stato
abrogato dall’art. 164, comma 1, lettera b) del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112; è rimasto fermo solo
l’obbli-go di informazione preventiva all’autorità di pubblica sicurezza;
– divieto di concedere licenza per l’apertura di un teatro o di un luogo di pubblico spettacolo, prima
di aver fatto verificare da una commissione tecnica la solidità e la sicurezza dell’edifi-cio e l’esistenza
di uscite pienamente adatte a sgombrarlo prontamente in caso di incendio (art. 80 del Tulps);
– obbligo per il concessionario o il direttore della sala cinematografica di pubblicare l’avviso di
spettacolo eventualmente vietato ai minori sul manifesto dello spettacolo e provvedere rigorosamente
all’esecuzione del divieto (art. 5 della legge 21 aprile 1962, n. 161).
– obbligo di esporre cartello di avviso del divieto di introdurre, installare o utilizzare dispositivi o
apparati che consentono la registrazione, la riproduzione, la trasmissione o la fissazione, in tutto o in
parte, su supporto audio, video od audio-video, delle opere dell’ingegno (art. 85-bis Tulps) (vedi
cartello di seguito).
L’art. 19 del d.P.R. 616/77 – ai punti 5 e 6 – ha assegnato ai Comuni le funzioni relative al rilascio
delle licenze di cui agli artt. 68 e 69 del Tulps dal 1° gennaio 1978.
3. Le attività di spettacolo ed intrattenimento ed il conseguente regime autorizzatorio
Si veda qui di seguito la tabella che evidenzia le tipologie di autorizzazioni richieste a seconda
dell’attività da svolgere:
TIPOLOGIA dI ATTIVITà
PIANO BAR con carattere di prevalenza
rispetto all’attività di pubblico esercizio
PIANO BAR senza particolare rilievo
KARAOKE installato in sale appositamente
attrezzate e con la presenza di un animatore
KARAOKE utilizzato alla stessa stregua di un
juke-box
FESTE DA BALLO E GARE DI BALLO
organizzate in forma imprenditoriale SCUOLE
DI BALLO
PREAVVISO O LICEnZA
Occorre licenza ex art. 68 Tulps, agibilità dei
locali ex art. 80 Tulps previo parere
C.P.V.L.P.S.
Occorre autorizzazione ex art. 69 Tulps
Occorre licenza ex art. 68 Tulps, agibilità dei
locali ex art. 80 Tulps previo parere
C.P.V.L.P.S.
Occorre presentare SCIA (art. 19 legge
241/90)
Occorre licenza ex art. 68 Tulps, licenza di
agibilità dei locali ex art. 80 Tulps previo
parere C.P.V.L.P.S.
FESTE DA BALLO a carattere privato o
BALLI IMPROVVISATI dai clienti di un
albergo o di un ristorante senza intrattenitore
od organizzazione d’impresa a scopo di lucro
Non occorre licenza (v. sentenza Corte
Costituzionale n. 142/67)
SCUOLE DI DANZA CLASSICA (1) con
riconoscimento del Ministero della pubblica
istruzione
Il pretore di Napoli con sentenza del 30
maggio 1975 ha decretato che non occorre
licenza essendo prevalente il carattere
artistico e scolastico e perché manca il
carattere della pubblicità
Occorre dare preavviso all’autorità di P.S.
(art. 68 Tulps)
RIUNIONI in luogo pubblico
Si rammenta che la presa d’atto deve pervenire esclusivamente dagli organi centrali e periferici
dell’amministrazione e nulla rilevano quelli rilasciati da amministrazioni locali (risoluzione Min.
finanze n. 35/E del 5 maggio 1998).
TIPOLOGIA dI ATTIVITà
PREAVVISO O LICEnZA
RIUNIONI in luogo aperto o esposto al
In virtù della sentenza della Corte
pubblico
Costituzionale n. 142 del 15 dicembre 1967
non occorre alcun preavviso o licenza
TRATTENIMENTI E SPETTACOLI in luogo
aperto al pubblico
TRATTENIMENTI E SPETTACOLI nei
circoli privati
PICCOLI TRATTENIMENTI in locali adibiti
ad altre attività
NUMERI ISOLATI DI ARTE VARIA (nei
night club) O SU PEDANA
ESIBIZIONI DI CANTANTI, BALLERINI,
CANTASTORIE, GIOCOLIERI,
BURATTINAI, ESPOSIZIONE DI RARITà,
PERSONE, ANIMALI, CURIOSITà
TRATTENIMENTI DATI IN FORMA
AMBULANTE DA GIOCOLIERI,
SUONATORI, CANTANTI, MIMI E SIMILI
Occorre la licenza ex art. 68 Tulps solo se
l’at-tività di intrattenimento o spettacolo è
esercitata nell’esercizio di una attività
imprenditoriale (v. sentenza Corte
Costituzionale n. 56 del 15 aprile 1970)
Se gli spettatore sono unicamente i soci non
occorre licenza ex art. 68 Tulps. Se ricorre
una delle seguenti circostanze il circolo perde
il carattere “privatistico” e necessita della
licenza ex art. 68 Tulps: a) possibilità per
chiunque di entrare con contemporaneo
acquisto della tessera di socio (Cassazione 26
gennaio 1973); b) pubblicità degli spettacoli
effettuata in luoghi pubblici o aperti al
pubblico senza l’evidente indicazione che
l’ingresso è riservato ai soci (escluso circoli
ex art. 31 l. 383/2000); c) numero eccessivo
dei soci anche rispetto alla capienza del
locale; d) numero degli spettacoli e loro
periodicità in analogia con quella dei locali di
pubblico spettacolo; e) assenza di una forma
associativa di tipo culturale consolidata nel
tempo e struttura aziendale (Vedi anche
d.P.C.M. 504/99)
Secondo la prassi instaurata occorre la licenza
ex art. 69 del Tulps. (Secondo la Prefettura di
Modena - v. nota prot. 151 dell’1 febbraio
1995 occorre la licenza ex art. 68 Tulps solo
se la manifestazione assume carattere di
prevalenza rispetto all’attività di P.E. oppure
se l’attività di intrattenimento assume un
rilievo tale per cui il pubblico vi assiste in
modo diretto e non incidentale o causale)
L’attività deve essere svolta in locali in
possesso di licenza ex art. 68 e agibilità ex art.
80 Tulps
Occorre licenza ex art. 69 Tulps. Se l’attività
viene svolta in locali o se si fa uso di palchi,
tribune, ecc. occorre licenza di agibilità exart.
80 Tulps, previo parere C.P.V.L.P.S. o
C.C.V.L.P.S.
Occorre che l’artista sia in possesso dell’autorizzazione ex art. 69 Tulps in quanto mestiere
girovago
SPETTACOLI CIRCENSI -SPET-TACOLI
VIAGGIANTI -LUNA PARK - PARCHI
DIVERTIMENTI
FESTIVAL -CONCERTI MANIFESTAZIONI POPOLARI (tornei,
giochi tradizionali, ecc.) - SFILATE DI
CARRI ALLEGORICI -MASCHERATE
COLLETTIVE (generalmente tollerate) tutti
organizzati con fine di lucro
GARE CON VEICOLI A MOTORE su strada
MANIFESTAZIONI SPORTIVE E GARE a
scopo di intrattenimento pubblico e fine di
lucro
MANIFESTAZIONI SPORTIVE a carattere
educativo e senza scopo di lucro
GARE AERONAUTICHE (compresi
deltaplani)
TIPOLOGIA dI ATTIVITà
PISCINE NATATORIE
INSTALLAZIONE DI APPARECCHI DA
TRATTENIMENTO (jukebox,
elettrogrammofoni) NEI P.E.
SALA GIOCHI
Occorre licenza ex art. 69 del Tulps previa
autorizzazione della Presidenza del Consiglio
dei Ministri -Dipartimento dello spettacolo (v.
legge 18 marzo 1968, n. 337) Il Comune deve
fissare le aree disponibili per l’installazione di
dette attività; in mancanza deve comunque
concedere il suolo pubblico. Al medesimo
Dipartimento si devono presentare le istanze
per l’esibizione di artisti extracomunitari (v.
d.lgs. n. 391/91)
Occorre autorizzazione ex art. 68 Tulps
(licenza di agibilità dei locali ex art. 80 Tulps)
previo parere C.P.V.L.P.S. o C.C.V.L.P.S.
Occorre autorizzazione del prefetto (da
chiedere 30 giorni prima) sentite le
federazioni nazionali sportive e previo nulla
osta del Ministero dei lavori pubblici e nulla
osta dell’ente proprietario della strada
Occorre licenza ex art. 68 Tulps, agibilità dei
locali e parere C.P.V.L.P.S. o C.C.V.L.P.S. Si
deve comunicare il regolamento della gara
Occorre preavviso al Sindaco tre giorni prima
della manifestazione (art. 123 del
regolamento al Tulps). Nel caso in cui si
ravvisi il carattere di pubblico spettacolo è
richiesta la licenza ex art. 68 Tulps (+ licenza
agibilità e parere C.P.V.L.P.S. o
C.C.V.L.P.S.)
Occorre licenza del prefetto (art. 183 r.d. 11
gennaio 1925, n. 709)
PREAVVISO O LICEnZA
Occorre la licenza ex art. 68 del Tulps previo
parere della C.P.V.L.P.S. o C.C.V.L.P.S. Per i
requisiti IGIENICO-SANITARI e l’obbli-go
della presenza di un responsabile v. normativa
regionale (accordo Stato-Regioni)
Se previsto dal regolamento comunale è
sufficiente semplice SCIA
I locali in cui si esercita esclusivamente l’attività di “sala giochi” sono soggetti alla licenza
ex art. 86 del Tulps ed alle norme fissate dal
regolamento comunale
VIDEOGIOCHI
DETENZIONE DI APPARECCHI RADIOTELEVISIVI
INSTALLAZIONE ED EFFETTUZIONE DI
GIOCHI LECITI NEI P.E. (gioco delle carte bigliardo -videogiochi -calcio balilla apparecchi e congegni automatici ed elettronici
da trattenimento e da gioco di abilità (art. 110
Tulps)
I locali in cui si installano “VIDEOGIOCHI”
sia che si tratti di circoli privati nei locali di
somministrazione che di esercizi pubblici
sono soggetti alla licenza ex artt. 86 e 88 del
Tulps ed alle norme fissate dal regolamento
comunale previo ottenimento del nulla osta
dell’Ammini-strazione dei Monopoli di Stato
sia per la distribuzione che per la messa in
esercizio
Completamente liberalizzata, è necessaria
l’autorizzazione ex art. 69 Tulps quando si
tratta di pay-tv con aumento delle
consumazioni e della licenza; ex art. 68 Tulps
previo rilascio agibilità; ex art. 80 Tulps
quando oltre alla presenza della pay-tv vi è il
pagamento di un biglietto di ingresso ed una
sala appositamente attrezzata
Occorre specifica autorizzazione del Sindaco
ai sensi dell’art. 86 del Tulps (escluse le
norme regionali)
4. Strumenti operativi per il controllo
La maggiore efficacia negli interventi di repressione dei fenomeni conseguenti all’effettuazione di
spettacoli od intrattenimenti abusivi o per il mancato rispetto della capienza la si ottiene utilizzando
lo strumento penale, vale a dire il sequestro preventivo ex art. 321, comma 3-bis c.p.p. in relazione
all’art. 681 c.p. od in alternativa un provvedimento del questore ex art. 100 Tulps.
In tale contesto non si modifica il quadro di riferimento in quanto l’entrata in vigore del d.lgs.
507/99 nulla ha innovato rispetto alla possibilità di utilizzo di questi strumenti che, nella pratica
operativa, si sono sempre dimostrati efficaci in quanto i locali, abusivi o che non avevano rispettato le
prescrizioni di cui all’art. 80 Tulps in materia di sicurezza, sono stati chiusi immediatamente con
interruzione dell’attività illecita.
5. I “buttafuori”
5.1. Il nuovo quadro normativo nazionale
Per quanto concerne le figure dei cosiddetti “buttafuori” la materia è stata fortemente innovata con
l’entrata in vigore lo scorso 24 ottobre 2009 del decreto ministeriale 6 ottobre 2009 (pubblicato sulla
G.U. n. 235/2009 serie ordinaria).
Infatti questo personale addetto ai servizi di controllo dell’attività di intrattenimento e di spettacolo
aveva una disciplina nazionale che era stata riassunta nella direttiva del Dipartimento della pubblica
sicurezza – Direzione centrale per gli affari generali – Divisione I Sezione II del Ministero dell’interno
il quale con la nota prot. 559/C 17338.10089.D. del 20 settembre 1999 ref.to 1099/99 in materia di
“vigilanza e tutela dei beni mobili ed immobili all’interno di discoteche e sale da ballo” precisa quanto
segue suddividendo il regime autorizzatorio nelle seguenti tre categorie:
a) l’agevolazione dell’accesso del pubblico e il controllo dei titoli di ingresso al locale sono attività
del tutto irrilevanti ai fini di pubblica sicurezza e possono essere espletate da chiunque, senza la
necessità di apposite autorizzazioni di pubblica sicurezza; lo scrivente ritiene che se questa attività
viene svolta da personale dipendente da agenzia esterna questa deve essere autorizzata ad effettuare
un’attività di servizio conto terzi ex art. 115 Tulps, in mancanza occorre procedere ai sensi dell’art. 17bis Tulps – sanzione amministrativa di euro 1.032,00, autorità competente a ricevere il rapporto:
Prefetto, introiti allo Stato modello F23;
b) la salvaguardia dell’integrità delle strutture, degli arredi e delle attrezzature dei locali, dei beni
della clientela: questa è una vera e propria attività di vigilanza privata su beni mobili ed immobili per
conto terzi che necessita, per il suo espletamento, della licenza prevista dall’articolo 134 Tulps con la
conseguenza che gli incaricati di tale servizio dovranno essere in possesso della qualifica di guardia
particolare giurata; in mancanza procedere con l’elezione di domicilio per il reato di cui all’art. 140
Tulps;
c) la salvaguardia dell’incolumità delle persone fisiche e la tutela dell’ordine pubblico: trattasi di
attività demandate in via esclusiva alle Forze di polizia con la conseguenza che la prestazione di tale
servizio “realizza di per sé un’intrusione nella sfera di attribuzioni della pubblica autorità e
l’assunzione o lo svolgimento da parte di privati delle funzioni riconducibili a queste autorità
configurano gli estremi del reato di cui all’art. 347 c.p., usurpazioni di pubbliche funzioni”. In
mancanza procedere con l’elezione di domicilio per il reato di cui all’art. 347 c.p.
In tale materia era intervenuto anche il protocollo di intesa Ministero dell’interno SILB firmato il 28
febbraio 2001 che precisa “ove si ritenga di impiegare addetti alla sicurezza si faccia ricorso
esclusivamente a figure riconosciute dall’ordina-mento giuridico, quali le guardie particolari giurate
opportunamente formate ed aggiornate dipendenti da istituti di vigilanza o dagli stessi proprietari anche
tra loro consorziati munite della licenza ex artt. 133 e 134 del Tulps che dovranno esercitare l’attività di
salvaguardia delle strutture nel rispetto delle competenze e delle attribuzioni che la vigente legislazione
riconosce loro”.
Occorre poi segnalare che la legge 23 febbraio 2001, n. 29, articolo 5, comma 5, ha previsto che al
fine di contribuire alle spese sostenute dai titolari ed utilizzatori di sale adibite a pubblico spettacolo per
le spese di vigilanza e sicurezza in occasione di pubblici spettacoli a decorrere dall’anno 2002 è
autorizzata la concessione di contributi con le modalità che il Ministero dei beni culturali e dello
spettacolo stabilirà.
La nuova disciplina è invece stata introdotta ai commi da 7 a 13 dell’articolo 3 della legge 15 luglio
2009, n. 94 (decreto Maroni) che per la prima volta disciplina specificamente l’im-piego di personale
addetto ai servizi di controllo delle attività di intrattenimento e di spettacolo in luoghi aperti al pubblico
o in pubblici esercizi, anche a tutela dell’incolumità dei presenti. Tale regolamentazione si inserisce in
un quadro che conferma quanto previsto dall’articolo 134 del testo unico delle leggi di pubblica
sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni.
Viene autorizzato l’impiego di personale addetto ai servizi di controllo delle attività di
intrattenimento e di spettacolo in luoghi aperti al pubblico o in pubblici esercizi, anche a tutela
dell’incolumità dei presenti, ed è questa la vera “rivoluzione”. La norma prevede che l’espletamento di
tali servizi non comporta l’attribuzione di pubbliche qualifiche e vieta l’uso di armi, di oggetti atti ad
offendere e di qualunque strumento di coazione fisica. Il richiamo all’art. 134 del Tulps conferma
alcuni limiti che ancora sono richiesti nell’espletamento di questa attività:
a) senza licenza del prefetto è vietato ad enti o privati di prestare opere di vigilanza o custodia di
proprietà mobiliari od immobiliari e di eseguire investigazioni o ricerche o di raccogliere informazioni
per conto di privati;
b) anche con la licenza non può essere conceduta per operazioni che importano un esercizio di
pubbliche funzioni o una menomazione della libertà individuale.
Le nuove disposizioni trovano applicazione:
a) nei luoghi aperti al pubblico ove si effettuano attività di intrattenimento e di pubblico spettacolo
(artt. 68 e 69 Tulps);
b) nei pubblici esercizi (artt. 86 e 88 Tulps);
c) negli spazi parzialmente e temporaneamente utilizzati a fini privati, ma comunque inseriti in
luoghi aperti al pubblico (circoli privati che non rispettano gli indici di pubblicità).
Nell’esercizio dei compiti di controllo, il personale iscritto nell’elenco della Prefettura di
competenza territoriale procede alle seguenti attività:
a) controlli preliminari:
a.1) osservazione sommaria dei luoghi per verificare la presenza di eventuali sostanze illecite o
oggetti proibiti, nonché di qualsiasi altro materiale che possa essere impropriamente utilizzato
mettendo a rischio l’incolumità o la salute delle persone, con obbligo di immediata comunicazione alle
Forze di polizia e alle altre Autorità o strutture pubbliche competenti;
a.2) adozione di ogni iniziativa utile ad evitare che sia creato ostacolo o intralcio all’accessibilità
delle vie di fuga e comunque a garantire il regolare svolgimento delle attività di intrattenimento;
b) controlli all’atto dell’accesso del pubblico:
b.1) presidio degli ingressi dei luoghi destinati al pubblico e regolamentazione dei flussi di
pubblico;
b.2) verifica dell’eventuale possesso di un valido titolo di accesso qualora previsto e, nel caso di
biglietto nominativo o di un’età minima prevista per l’accesso, verifica del documento di
riconoscimento, e del rispetto delle disposizioni che regolano l’accesso;
b.3) controllo sommario visivo delle persone, volto a verificare l’eventuale introduzione di sostanze
illecite, oggetti proibiti o materiale che comunque possa essere pericoloso per la pubblica incolumità o
la salute delle persone, con obbligo di immediata comunicazione alle Forze di polizia ed alle altre
autorità o strutture pubbliche competenti;
c) controlli all’interno del locale:
c.1) attività generica di osservazione per la verifica del rispetto delle disposizioni, prescrizioni o
regole di comportamento stabilite da soggetti pubblici o privati;
c.2) concorso nelle procedure di primo intervento, che non comporti l’esercizio di pubbliche
funzioni, né l’uso della forza
o di altri mezzi di coazione o l’esposizione a profili di rischio, volto a prevenire o interrompere
condotte o situazioni potenzialmente pericolose per l’incolumità o la salute delle persone. Resta fermo
l’obbligo di immediata segnalazione alle Forze di polizia e alle altre autorità o strutture pubbliche
competenti, cui, a richiesta, deve essere prestata la massima collaborazione.
Nell’espletamento delle succitate attività, gli addetti al servizio di controllo, pur se titolari di licenza
per il porto d’armi, non possono portare armi, né oggetti atti ad offendere e qualunque altro strumento
di coazione fisica e devono essere muniti di idoneo documento di identità e tenere esposto un tesserino
di riconoscimento, con le caratteristiche di cui all’al-legato A del decreto, di colore giallo, recante la
dicitura «Assistenza» in caratteri facilmente leggibili.
In ciascuna Prefettura-Ufficio territoriale del Governo è istituito l’elenco del personale addetto ai
servizi di controllo delle attività di intrattenimento e di spettacolo in luoghi aperti al pubblico o in
pubblici esercizi anche a tutela dell’incolumità dei presenti.
I requisiti previsti per l’iscrizione nell’elenco del personale addetto ai servizi di controllo delle
attività di intrattenimento e di spettacolo in luoghi aperti al pubblico o in pubblici esercizi anche a
tutela dell’incolumità dei presenti dall’art. 1 del citato decreto sono i seguenti:
a) età non inferiore a 18 anni;
b) buona salute fisica e mentale, assenza di daltonismo, assenza di uso di alcool e stupefacenti,
capacità di espressione visiva, di udito e di olfatto ed assenza di elementi psicopatologici, anche
pregressi, attestati da certificazione medica delle autorità sanitarie pubbliche;
c) non essere stati condannati, anche con sentenza non definitiva, per delitti non colposi;
d) non essere sottoposti né essere stati sottoposti a misure di prevenzione, ovvero destinatari di
provvedimenti di cui all’art. 6 della legge 13 dicembre 1989, n. 401;
e) non essere aderenti o essere stati aderenti a movimenti, associazioni o gruppi organizzati di cui al
decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito dalla legge 25 giugno 1993, n. 205;
f) diploma di scuola media inferiore;
g) superamento del corso di formazione di cui all’art. 3.
L’iscrizione nell’elenco è condizione per l’espletamento dei servizi predetti. In caso di perdita, da
parte di uno dei soggetti, di uno o più requisiti previsti, ovvero qualora lo stesso ponga in essere
comportamenti in contrasto con quanto previsto dall’art. 3, commi 7, 8, 9, 10, 11 e 12 della legge 15
luglio 2009, n. 94, ovvero con quanto stabilito dalle disposizioni di cui al decreto 6 ottobre 2009, il
Prefetto comunica l’avvenuta cancellazione dall’elenco all’interessato, al gestore delle attività di
intrattenimento e di pubblico spettacolo o al titolare dell’istituto al fine di determinare il divieto di
impiego nei servizi di cui al d.m. 6 ottobre 2009.
I gestori delle attività di cui al comma 1 possono provvedere ai servizi di controllo direttamente con
proprio personale o avvalendosi di personale dipendente da istituti autorizzati a norma dell’art. 134 del
testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773. La
domanda di iscrizione nell’elenco è presentata al prefetto competente per territorio a cura del gestore
delle attività di pubblico esercizio o pubblico spettacolo ovvero del titolare dell’istitu-to di vigilanza o
di investigazione. Il prefetto, competente per territorio, provvede ogni due anni alla revisione
dell’elenco, al fine di verificare il permanere dei requisiti di cui alle lettere b), c), d) ed e) degli addetti
al controllo. A tal fine i soggetti iscritti almeno un mese prima della revisione biennale, depositano,
presso il prefetto, la documentazione comprovante l’attualità dei requisiti. Il mancato deposito della
documentazione suddetta nel termine sopra indicato comporta la cancellazione dell’iscrizione del
personale interessato dall’elenco provinciale e il divieto di svolgimento dei compiti di cui al decreto.
Il corso di formazione per il personale addetto ai servizi di controllo, da organizzarsi a cura delle
regioni, ha ad oggetto le seguenti aree tematiche:
1) area giuridica, con riguardo in particolare alla materia dell’ordine e della sicurezza pubblica, ai
compiti delle Forze di polizia e delle polizie locali, alle disposizioni di legge e regolamentari che
disciplinano le attività di intrattenimento di pubblico spettacolo e di pubblico esercizio;
2) area tecnica, con particolare riguardo alla conoscenza delle disposizioni in materia di
prevenzione degli incendi, di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, di nozioni di primo soccorso
sanitario;
3) area psicologico-sociale, avuto riguardo in particolare alla capacità di concentrazione, di
autocontrollo e di contatto con il pubblico, alla capacità di adeguata comunicazione verbale, alla
consapevolezza del proprio ruolo professionale, all’orien-tamento al servizio e alla comunicazione
anche in relazione alla presenza di persone diversamente abili.
Il personale che, alla data di entrata in vigore del decreto (24 ottobre 2009), già svolge servizi di
controllo delle attività di intrattenimento o di spettacolo può continuare a espletare la propria attività,
con le modalità ed i limiti di cui allo stesso decreto, prima dell’iscrizione nel citato elenco e comunque
per un periodo non superiore a sei mesi dalla data del presente decreto (24 aprile 2010). È chiaro che si
tratta di personale che rispettava già i canoni e le regole di cui alla circolare 559/C 17338.10089.D. del
20 settembre 1999 ref.to 1099/99 in materia di “vigilanza e tutela dei beni mobili ed immobili
all’interno di discoteche e sale da ballo” del Ministero dell’interno o che, per l’Emilia-Romagna, aveva
acquisito la qualifica di referente per la sicurezza ai sensi dell’art. 9 della legge regionale 24/2003.
Il nuovo apparato sanzionatorio (art. 3, comma 13, della legge 15 luglio 2009, n. 94) prevede che:
“Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque svolge i servizi di cui al comma 7 in difformità da
quanto previsto dai commi 7, 8, 9, 10, 11 e 12 e dal decreto di cui al comma 9 è punito con la sanzione
amministrativa da euro 1.500 a euro 5.000. Alla stessa sanzione soggiace chiunque impiega per le
attività di cui al comma 7 soggetti diversi da quelli iscritti nell’elenco tenuto dal prefetto od omette la
preventiva comunicazione di cui al comma 11”.
CAPITOLO 5
La disciplina dei giochi leciti e degli apparecchi e congegni automatici, semiautomatici ed
elettronici da trattenimento e da gioco d’abilità dopo la legge comunitaria 2008 (legge 88/2009)
1. Il quadro normativo di riferimento
Dal 29 luglio 2009 questo quadro è stato integrato in quanto l’esercizio e la raccolta dei tornei di
poker sportivo, non a distanza, sono consentiti solamente ai soggetti titolari di concessione per
l’esercizio e la raccolta di uno o più giochi previsti dal comma 11 della legge 88/2009, nonché ai
soggetti che rispettino i requisiti e le condizioni di cui al comma 15, previa autorizzazione
dell’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato.
Pertanto i pubblici esercizi, i circoli privati, le associazioni e chiunque voglia effettuare o
continuare ad effettuare tornei di poker sportivo, dal 29 luglio 2009 deve essere in possesso della
concessione rilasciata dall’Amministrazione dei Monopoli di Stato.
La mancanza di tale autorizzazione prevede la sanzione penale della reclusione da sei mesi a tre
anni.
1.1. Il regime autorizzatorio amministrativo per l’installa-zione dei videogiochi
Il regime autorizzatorio è oggi il risultato dei seguenti interventi normativi principali:
a) la legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Finanziaria 2003) che, all’articolo 22, comma 2, 3, 4 e 5, ha
riformato completamente la disciplina degli apparecchi da gioco integrando le novità già previste dalla
legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Finanziaria 2001) con gli artt. 37, 38 e 39 che aveva dettato la nuova
disciplina del settore degli apparecchi e congegni automatici, semiautomatici ed elettronici da
trattenimento e da gioco;
b) articolo 39, comma 8, 9, 10, 11 e 12 del d.l. 30 settembre 2003, n. 269 convertito nella legge 24
novembre 2003, n. 326;
c) art. 4, comma 195 della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Finanziaria 2004);
d) art. 1, comma 286, 287, 290, 291, 292, 495, 501, 502 legge 30 dicembre 2004, n. 311
(Finanziaria 2005);
e) art. 7 del d.l. 14 marzo 2005, n. 35 convertito nella legge 14 maggio 2005, n. 80;
f) art. 11-quinquiesdecies del d.l. 30 settembre 2005, n. 203 convertito nella legge 2 dicembre 2005
n. 248;
g) art. 1, commi 535, 536, 537, 538, 544, 545, 546 della legge 23 dicembre 2005, n. 266
(Finanziaria 2006).
Le norme di riferimento sono pertanto:
.– artt. 86 e 110 Tulps;
.– art. 14-bis, comma 4, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 640 e succ. modificazioni;
.– art. 38, legge 23 dicembre 2000, n. 388 e succ. modificazioni;
.– decreto interdirettorile 4 dicembre 2003 e succ. modificazioni – giochi 110 comma 6;
.– decreto interdirettorile 8 novembre 2005 e succ. modificazioni – giochi 110 comma 7;
.– decreto direttoriale AAMMS 18 gennaio 2007 e succ. modificazioni – giochi 110 comma 6.
La competenza generale in questa materia è stata attribuita all’AAMS dal d.P.R. 24 gennaio 2002,
n. 33 in attuazione dell’art. 12 della legge 18 ottobre 2001, n. 383.
R.d. 18 giugno 1931, n. 773 Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza
(G.U. 26 giugno 1931, n. 146)
Art. 110. - 1. In tutte le sale da biliardo o da gioco e negli altri esercizi, compresi i circoli privati,
autorizzati alla pratica del gioco o all‘in-stallazione di apparecchi da gioco, è esposta in luogo visibile
una tabella, predisposta ed approvata dal questore e vidimata dalle autorità competenti al rilascio della
licenza, nella quale sono indicati, oltre ai giochi d’azzardo, anche quelli che lo stesso questore ritenga
di vietare nel pubblico interesse, nonché le prescrizioni ed i divieti specifici che ritenga di disporre.
Nelle sale da biliardo deve essere, altresì, esposto in modo visibile il costo della singola partita ovvero
quello orario.
1.
2. Nella tabella di cui al comma 1 è fatta espressa menzione del divieto delle scommesse.
3. L’installazione degli apparecchi di cui ai commi 6 e 7 è consentita esclusivamente negli
esercizi commerciali o pubblici o nelle aree aperte al pubblico ovvero nei circoli privati ed associazioni
autorizza
ti ai sensi degli articoli 86 o 88 ovvero, limitatamente agli apparecchi di cui al comma 7, alle
attività di spettacolo viaggiante autorizzate ai sensi dell’articolo 69, nel rispetto delle prescrizioni
tecniche ed amministrative vigenti.
2.
4. L’installazione e l’uso di apparecchi e congegni automatici, semiautomatici ed elettronici da
gioco d’azzardo sono vietati nei luoghi pubblici o aperti al pubblico e nei circoli ed associazioni di
qualunque specie.
3.
5. Si considerano apparecchi e congegni automatici, semiautomatici ed elettronici per il gioco
d’azzardo quelli che hanno insita la scommessa o che consentono vincite puramente aleatorie di un
qualsiasi premio in denaro o in natura o vincite di valore superiore ai limiti fissati al comma 6, escluse
le macchine vidimatrici per i giochi gestiti dallo Stato e gli apparecchi di cui al comma 6.
4.
6. Si considerano apparecchi idonei per il gioco lecito:
a) quelli che, dotati di attestato di conformità alle disposizioni vigenti rilasciato dal Ministero
dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato e obbligatoriamente
collegati alla rete telematica di cui all’articolo 14-bis, comma 4, del decreto del Presidente della
Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640, e successive modificazioni, si attivano con l’introduzione di
moneta metallica ovvero con appositi strumenti di pagamento elettronico definiti con provvedimenti
del Ministero dell’economia e delle finanze
– Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato, nei quali insieme con l’elemento aleatorio sono
presenti anche elementi di abilità, che consentono al giocatore la possibilità di scegliere, all’avvio o nel
corso della partita, la propria strategia, selezionando appositamente le opzioni di gara ritenute più
favorevoli tra quelle proposte dal gioco, il costo della partita non supera 1 euro, la durata minima della
partita è di quattro secondi e che distribuiscono vincite in denaro, ciascuna comunque di valore non
superiore a 100 euro, erogate dalla macchina. Le vincite, computate dall’apparecchio in modo non
predeterminabile su un ciclo complessivo di non più di 140.000 partite, devono risultare non inferiori al
75 per cento delle somme giocate. In ogni caso tali apparecchi non possono riprodurre il gioco del
poker o comunque le sue regole fondamentali;
a-bis) con provvedimento del Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma
dei Monopoli di Stato può essere prevista la verifica dei singoli apparecchi di cui alla lettera a);
b) quelli, facenti parte della rete telematica di cui all’articolo 14-bis, comma 4, del decreto del
Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972,
n. 640, e successive modificazioni, che si attivano esclusivamente in presenza di un collegamento ad un
sistema di elaborazione della rete stessa. Per tali apparecchi, con regolamento del Ministro
dell’economia e delle finanze di concerto con il Ministro dell’interno, da adottare ai sensi dell’articolo
17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono definiti, tenendo conto delle specifiche
condizioni di mercato:
1) il costo e le modalità di pagamento di ciascuna partita; 2) la percentuale minima della raccolta da
destinare a vincite;
3) l’importo massimo e le modalità di riscossione delle vincite;
4) le specifiche di immodificabilità e di sicurezza, riferite anche al sistema di elaborazione a cui tali
apparecchi sono connessi;
5) le soluzioni di responsabilizzazione del giocatore da adottare sugli apparecchi;
6) le tipologie e le caratteristiche degli esercizi pubblici e degli altri punti autorizzati alla raccolta di
giochi nei quali possono essere installati gli apparecchi di cui alla presente lettera.
7. Si considerano, altresì, apparecchi e congegni per il gioco lecito:
a) quelli elettromeccanici privi di monitor attraverso i quali il giocatore esprime la sua abilità fisica,
mentale o strategica, attivabili unicamente con l’introduzione di monete metalliche, di valore
complessivo non superiore, per ciascuna partita, a un euro, che distribuiscono, direttamente e
immediatamente dopo la conclusione della partita, premi consistenti in prodotti di piccola oggettistica,
non convertibili in denaro
o scambiabili con premi di diversa specie. In tal caso il valore complessivo di ogni premio non è
superiore a venti volte il costo della partita;
b) [quelli automatici, semiautomatici ed elettronici da trattenimento o da gioco di abilità che si
attivano solo con l’introduzione di moneta metallica, di valore non superiore per ciascuna partita a 50
centesimi di euro, nei quali gli elementi di abilità o trattenimento sono preponderanti rispetto
all’elemento aleatorio, che possono consentire per ciascuna partita, subito dopo la sua conclusione, il
prolungamento o la ripetizione della partita, fino a un massimo di dieci volte. Dal 1° gennaio 2003, gli
apparecchi di cui alla presente lettera possono essere impiegati solo se denunciati ai sensi dell’articolo
14-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640, e successive modificazioni,
e se per essi sono state assolte le relative imposte. Dal 1° gennaio 2004, tali apparecchi non possono
consentire il prolungamento o la ripetizione della partita e, ove non ne sia possibile la conversione in
uno degli apparecchi per il gioco lecito, essi sono rimossi. Per la conversione degli apparecchi restano
ferme le disposizioni di cui all’articolo 38 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive
modificazioni];
c) quelli, basati sulla sola abilità fisica, mentale o strategica, che non distribuiscono premi, per i
quali la durata della partita può variare in relazione all’abilità del giocatore e il costo della singola
partita può essere superiore a 50 centesimi di euro.
7-bis. Gli apparecchi e congegni di cui al comma 7 non possono riprodurre il gioco del poker o,
comunque, anche in parte, le sue regole fondamentali. Per gli apparecchi a congegno di cui alla lettera
b) dello stesso comma e per i quali entro il 31 dicembre 2003 è stato rilasciato il nulla osta di cui
all’articolo 14-bis, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640, e
successive modificazioni, tale disposizione si applica dal 1° maggio 2004.
8. L’utilizzo degli apparecchi e dei congegni di cui al comma 6 è vietato ai minori di anni 18.
8-bis. Con la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 3.000 euro e con la chiusura
dell’esercizio per un periodo non superiore a quindici giorni è punito chiunque, gestendo apparecchi di
cui al comma 6, ne consente l’uso in violazione del divieto posto dal comma 8.
2.
9. In materia di apparecchi e congegni da intrattenimento di cui ai commi 6 e 7, si applicano le
seguenti sanzioni:
a) chiunque produce od importa, per destinarli all’uso sul territorio nazionale, apparecchi e
congegni di cui ai commi 6 e 7 non rispondenti alle caratteristiche ed alle prescrizioni indicate nei
commi 6 o 7 e nelle disposizioni di legge ed amministrative attuative di detti commi, è punito con la
sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 6.000 euro per ciascun apparecchio;
b) chiunque produce od importa, per destinarli all’uso sul territorio nazionale, apparecchi e
congegni di cui ai commi 6 e 7 sprovvisti dei titoli autorizzatori previsti dalle disposizioni vigenti, è
punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 3.000 euro per ciascun apparecchio;
c) chiunque sul territorio nazionale distribuisce od installa o comunque consente l’uso in luoghi
pubblici od aperti al pubblico od in circoli ed associazioni di qualunque specie di apparecchi o
congegni non rispondenti alle caratteristiche ed alle prescrizioni indicate nei commi 6 o 7 e nelle
disposizioni di legge ed amministrative attuative di detti commi, è punito con la sanzione
amministrativa pecunia-ria di 4.000 euro per ciascun apparecchio. La stessa sanzione si applica nei
confronti di chiunque, consentendo l’uso in luoghi pubblici od aperti al pubblico o in circoli ed
associazioni di qualunque specie di apparecchi e congegni conformi alle caratteristiche e prescrizioni
indicate nei commi 6 o 7 e nelle disposizioni di legge ed amministrative attuative di detti commi,
corrisponde a fronte delle vincite premi in danaro o di altra specie, diversi da quelli ammessi;
d) chiunque, sul territorio nazionale, distribuisce od installa o comunque consente l’uso in luoghi
pubblici o aperti al pubblico o in circoli ed associazioni di qualunque specie di apparecchi e congegni
per i quali non siano stati rilasciati i titoli autorizzatori previsti dalle disposizioni vigenti, è punito con
la sanzione amministrativa pecunia-ria da 500 a 3.000 euro per ciascun apparecchio;
e) nei casi di reiterazione di una delle violazioni di cui alle lettere a), b), c) e d), è preclusa
all’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato la possibilità di rilasciare all’autore delle
violazioni titoli autorizzatori concernenti la distribuzione e l’installazione di apparecchi di cui al
comma 6 ovvero la distribuzione e l’installazione di apparecchi di cui al comma 7, per un periodo di
cinque anni;
f) nei casi in cui i titoli autorizzatori per gli apparecchi o i congegni non siano apposti su ogni
apparecchio, si applica la sanzione amministrativa da 500 a 3.000 euro per ciascun apparecchio.
9-bis. Per gli apparecchi per i quali non siano stati rilasciati i titoli autorizzatori previsti dalle
disposizioni vigenti ovvero che non siano rispondenti alle caratteristiche ed alle prescrizioni indicate
nei commi 6 o 7 e nelle disposizioni di legge ed amministrative attuative di detti commi, è disposta la
confisca ai sensi dell’articolo 20, quarto comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689. Nel
provvedimento di confisca è disposta la distruzione degli apparecchi e dei congegni, con le modalità
stabilite dal provvedimento stesso.
9-ter. Per la violazione del divieto di cui al comma 8 il rapporto è presentato al prefetto
territorialmente competente in relazione al luogo in cui è stata commessa la violazione. Per le
violazioni previste dal comma 9 il rapporto è presentato al direttore dell’ufficio regionale
dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato competente per territorio.
9-quater. Ai fini della ripartizione delle somme riscosse per le pene pecuniarie di cui al comma 9 si
applicano i criteri stabiliti dalla legge 7 febbraio 1951, n. 168.
1.
10. Se l’autore degli illeciti di cui al comma 9 è titolare di licenza ai sensi dell’articolo 86,
ovvero di autorizzazione ai sensi dell’articolo 3 della legge 25 agosto 1991, n. 287, le licenze o
autorizzazioni sono sospese per un periodo da uno a trenta giorni e, in caso di reiterazione delle
violazioni ai sensi dell’articolo 8-bis della legge 24 novembre 1981, n. 689, sono revocate dal Sindaco
competente, con ordinanza motivata e con le modalità previste dall’articolo 19 del decreto del
Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, e successive modificazioni. I medesimi
provvedimenti sono disposti dal questore nei confronti dei titolari della licenza di cui all’articolo 88.
2.
11. Oltre a quanto previsto dall’articolo 100, il questore, quando sono riscontrate violazioni di
rilevante gravità in relazione al numero degli apparecchi installati ed alla reiterazione delle violazioni,
sospende la licenza dell’autore degli illeciti per un periodo non superiore a quindici giorni,
informandone l’autorità competente al rilascio. Il periodo di sospensione, disposto a norma del presente
comma, è computato nell’esecuzione della sanzione accessoria.
d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 640 Imposta sugli spettacoli
(G.U. 11 novembre 1972, n. 292, s.o. n. 2)
Art. 14-bis. Apparecchi da divertimento e intrattenimento.
1. Per gli apparecchi e congegni per il gioco lecito di cui all’articolo 110 del testo unico delle leggi
di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, il
pagamento delle imposte, determinate sulla base dell’imponibile medio forfetario annuo di cui ai
commi 2 e 3, è effettuato in unica soluzione, con le modalità stabilite dall’articolo 17 del decreto
legislativo 9 luglio 1997,
n. 241, e successive modificazioni, entro il 16 marzo di ogni anno ovvero entro il giorno 16 del mese
successivo a quello di prima installazione per gli apparecchi e congegni installati dopo il 1° marzo. A
decorrere dal 1° gennaio 2004, le disposizioni di cui al precedente periodo si applicano,
esclusivamente, agli apparecchi e congegni per il gioco lecito di cui all’articolo 110, comma 7, del
citato testo unico. Entro il 21 marzo 2003 gli apparecchi e congegni automatici, semiautomatici ed
elettronici per il gioco lecito, come definiti ai sensi dell’articolo 110, comma 7, del predetto testo unico,
installati prima del 1° gennaio 2003, devono essere denunciati, con apposito modello approvato con
decreto dirigenziale, al Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei
Monopoli di Stato, che rilascia apposito nulla osta, per ciascun apparecchio, a condizione del
contestuale pagamento delle imposte dovute previa dimostrazione, nelle forme di cui all’articolo 38
della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni, della sussistenza dei requisiti tecnici
previsti dal citato articolo 110. In tal caso, nell’ipotesi di pagamento entro la predetta data del 21 marzo
2003 degli importi dovuti per l’anno 2003, nulla è dovuto per gli anni precedenti e non si fa luogo al
rimborso di eventuali somme già pagate a tale titolo. In caso di inadempimento delle prescrizioni di cui
al secondo e terzo periodo, gli apparecchi ivi indicati sono confiscati e, nel caso in cui i proprietari e
gestori siano soggetti concessionari dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato ovvero
titolari di autorizzazione di polizia ai sensi dell’articolo 88 del testo unico delle leggi di pubblica
sicurezza, si provvede al ritiro del relativo titolo.
1.
2. Fino alla attivazione della rete per la gestione telematica di cui al comma 4, per gli
apparecchi e congegni per il gioco lecito di cui all’articolo 110, comma 6, del testo unico delle leggi di
pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, è
stabilito, ai fini dell’imposta sugli intrattenimenti, un imponibile medio forfetario annuo di 10.000 euro
per l’anno 2003.
2.
3. Per gli apparecchi e congegni di cui all’articolo 110, comma 7, del testo unico delle leggi di
pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, ai fini
dell’imposta sugli intrattenimenti la misura dell’imponibile medio forfetario annuo, per essi previsto
alla data del 1° gennaio 2001, è per l’anno 2001 e per ciascuno di quelli successivi fino all’anno 2003:
a) di 1.500 euro, per gli apparecchi di cui alla lettera a) del predetto comma 7,
dell’articolo 110; b) di 4.100 euro, per gli apparecchi di cui alla lettera b) del predetto
comma 7, dell’articolo 110; c) di 800 euro, per gli apparecchi di cui alla lettera c) del
predetto comma 7, dell’articolo 110.
3-bis. Per gli apparecchi e congegni di cui all’articolo 110, comma 7, del testo unico delle leggi di
pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni e
integrazioni, ai fini dell’imposta sugli intrattenimenti la misura dell’imponi-bile medio forfetario annuo
è, per l’anno 2004 e per ciascuno di quelli successivi, prevista in:
a) 1.800 euro, per gli apparecchi di cui alla lettera a) del predetto comma 7 dell’articolo 110;
b) 2.500 euro, per gli apparecchi di cui alla lettera b) del predetto comma 7 dell’articolo 110;
c) 1.800 euro, per gli apparecchi di cui alla lettera c) del predetto comma 7 dell’articolo 110.
1.
4. Entro il 30 giugno 2004 sono individuati, con procedure ad evidenza pubblica nel rispetto
della normativa nazionale e comunitaria, uno o più concessionari della rete o delle reti
dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato per la gestione telematica degli apparecchi di
cui all’articolo 110, comma 6, del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto
18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni e integrazioni. Tale rete o reti consentono la
gestione telematica, anche mediante apparecchi videoterminali, del gioco lecito previsto per gli
apparecchi di cui al richiamato comma 6. Con uno o più decreti del Ministro dell’economia e delle
finanze, adottati ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive
modificazioni ed integrazioni, sono dettate disposizioni per la attuazione del presente comma.
2.
5. Con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, adottato entro il 31 gennaio
dell’anno cui gli stessi si riferiscono, possono essere stabilite variazioni degli imponibili medi forfetari
di cui ai commi 2 e 3, nonché stabilita forfetariamente la base imponibile per gli apparecchi meccanici
o elettromeccanici, in relazione alle caratteristiche tecniche degli apparecchi medesimi.
Legge 23 dicembre 2000, n. 388 disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato (legge finanziaria 2001)
(G.U. 29 dicembre 2000, n. 302, S.O.)
Art. 38. Nulla osta rilasciato dall’Amministrazione finanziaria per gli apparecchi da divertimento e
intrattenimento.
1. [Il Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato
rilascia nulla osta ai produttori e agli importatori degli apparecchi e congegni di cui all’articolo 110,
comma 7, del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n.
773, e successive modificazioni, nonché ai loro gestori.
A questo fine, con la richiesta di nulla osta per la distribuzione di un numero predeterminato di
apparecchi e congegni, ciascuno identificato con un apposito e proprio numero progressivo, i produttori
e gli importatori autocertificano che gli apparecchi e i congegni sono conformi alle prescrizioni stabilite
dall’articolo 110, comma 7, del predetto testo unico, e che gli stessi sono muniti di dispositivi che ne
garantiscono la immodificabilità delle caratteristiche tecniche e delle modalità di funzionamento e di
distribuzione dei premi, con l’impiego di misure, anche in forma di programmi o schede, che ne
bloccano il funzionamento in caso di manomissione o, in alternativa, con l’impiego di dispositivi che
impediscono l’accesso alla memoria. I produttori e gli importatori autocertificano altresì che la
manomissione dei dispositivi ovvero dei programmi o delle schede, anche solo tentata, risulta
automaticamente indicata sullo schermo video dell’apparecchio o del congegno ovvero che essa è dagli
stessi comunque altrimenti segnalata. I produttori e gli importatori approntano, per ogni apparecchio e
congegno oggetto della richiesta di nulla osta, un’apposita scheda esplicativa delle caratteristiche
tecniche, anche relative alla memoria, delle modalità di funzionamento e di distribuzione dei premi, dei
dispositivi di sicurezza, propri di ciascun apparecchio e congegno. I produttori e gli importatori
consegnano ai cessionari degli apparecchi e dei congegni una copia del nulla osta e, sempre per ogni
apparecchio e congegno ceduto, la relativa scheda esplicativa. La copia del nulla osta e la scheda sono
altresì consegnate, insieme agli apparecchi e congegni, in occasione di ogni loro ulteriore cessione].
1.
2. [I gestori degli apparecchi e dei congegni di cui al comma 1 prodotti o importati dopo il 1°
gennaio 2003 richiedono il nulla osta previsto dal medesimo comma 1 per gli apparecchi e congegni
dagli stessi gestiti, precisando per ciascuno, in particolare, l’appartenenza ad una delle tipologie di cui
all’articolo 110, comma 7, del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18
giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni].
2.
3. Gli importatori e i produttori degli apparecchi e dei congegni di cui all’articolo 110, commi 6
e 7, del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e
successive modificazioni, presentano un esemplare di ogni modello di apparecchio o congegno che essi
intendono produrre o importare al Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione
autonoma dei Monopoli di Stato per la verifica tecnica della loro conformità alle prescrizioni stabilite
con l’articolo 110, commi 6, lettera a), e 7, del predetto testo unico, e della loro dotazione di dispositivi
che ne garantiscono la immodificabilità delle caratteristiche tecniche e delle modalità di funzionamento
e di distribuzione dei premi, con l’impiego di programmi
o schede che ne bloccano il funzionamento in caso di manomissione o, in alternativa, con l’impiego di
dispositivi che impediscono l’acces-so alla memoria. La verifica tecnica vale altresì a constatare che la
manomissione dei dispositivi ovvero dei programmi o delle schede, anche solo tentata, risulta
automaticamente indicata sullo schermo video dell’apparecchio o del congegno ovvero che essa è dagli
stessi comunque altrimenti segnalata. La verifica tecnica vale inoltre a constatare la rispondenza delle
caratteristiche tecniche, anche relative alla memoria, delle modalità di funzionamento e di distribuzione
dei premi, dei dispositivi di sicurezza, propri di ciascun apparecchio e congegno, ad un’apposita scheda
esplicativa fornita dal produttore o dall’importatore in relazione all’apparecchio o al congegno
sottoposto ad esame. Dell’esito positivo della verifica è rilasciata apposita certificazione. Il Ministero
dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato può stipulare
convenzioni per l’effet-tuazione della verifica tecnica.
1.
4. Il Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei Monopoli di
Stato rilascia nulla osta ai produttori e agli importatori degli apparecchi e dei congegni di cui
all’articolo 110, commi 6, lettera a), e 7, del citato testo unico di cui al regio decreto n. 773 del 1931,
nonché ai loro gestori. A questo fine, con la richiesta di nulla osta per la distribuzione di un numero
predeterminato di apparecchi e congegni, ciascuno identificato con un apposito e proprio numero
progressivo, i produttori e gli importatori autocertificano che gli apparecchi e i congegni sono conformi
al modello per il quale è stata conseguita la certificazione di cui al comma 3. I produttori e gli
importatori dotano ogni apparecchio e congegno, oggetto della richiesta di nulla osta, della scheda
esplicativa di cui al comma 3. I produttori e gli importatori consegnano ai cessionari degli apparecchi e
dei congegni una copia del nulla osta e, sempre per ogni apparecchio e congegno ceduto, la relativa
scheda esplicativa. La copia del nulla osta e la scheda esplicativa sono altresì consegnate, insieme agli
apparecchi e congegni, in occasione di ogni loro ulteriore cessione.
.5. I gestori degli apparecchi e dei congegni di cui al comma 3 prodotti o importati dopo il 1° gennaio
2003 richiedono il nulla osta previsto dal medesimo comma 3, precisando in particolare il numero
progressivo di ogni apparecchio o congegno per il quale la richiesta è effettuata nonché gli estremi del
nulla osta del produttore o dell’im-portatore ad essi relativo.
.5-bis. Fatta eccezione per gli apparecchi e congegni di cui all’arti-colo 110, commi 6, lettera b), e 7,
del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e
successive modificazioni, il nulla osta, rilasciato ai sensi del comma 5 del presente articolo dal
Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato, decade
automaticamente quando i relativi apparecchi e congegni risultino, per un periodo superiore a sessanta
giorni, anche non continuativi, non collegati alla rete telematica prevista dall’articolo 14-bis, comma 4,
del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640, e successive modificazioni.
2.
6. Ai fini del rilascio dei nulla osta di cui ai precedenti commi, è necessario il possesso delle
licenze previste dall’articolo 86, terzo comma, lettera a) o b), del testo unico di cui al regio decreto 18
giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni.
.7. Gli ufficiali e gli agenti di pubblica sicurezza, secondo le direttive del Ministero dell’internoDipartimento della pubblica sicurezza, nonché il Ministero dell’economia e delle finanze e gli ufficiali
ed agenti di polizia tributaria effettuano il controllo degli apparecchi, anche a campione e con accesso
alle sedi dei produttori, degli importatori e dei gestori degli apparecchi e dei congegni di cui ai commi
1
.e 3 ovvero di coloro che comunque li detengono anche temporaneamente, verificando altresì che, per
ogni apparecchio e congegno, risulti rilasciato il nulla osta, che gli stessi siano contrassegnati dal
numero progressivo e dotati della relativa scheda esplicativa. In caso di irregolarità, è revocato il nulla
osta al produttore o all’importatore ovvero al gestore, relativamente agli apparecchi e congegni
irregolari, e il relativo titolo è ritirato, ovvero dallo stesso sono espunti gli identificativi degli
apparecchi e congegni irregolari.
3.
8. Il Corpo della Guardia di finanza, in coordinamento con gli uffici finanziari competenti per
l’attività finalizzata all’applicazione delle imposte dovute sui giochi, ai fini dell’acquisizione e del
reperimento degli elementi utili per la repressione delle violazioni alle leggi in materia di lotto, lotterie,
concorsi pronostici, scommesse e degli altri giochi amministrati dallo Stato, procede, di propria
iniziativa o su richiesta dei predetti uffici, secondo le norme e con le facoltà di cui agli articoli 32 e 33
del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, ed
agli articoli 51 e 52 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive
modificazioni.
1.2. Il nuovo regime autorizzatorio dei giochi di cui all’art. 110, comma 6 Tulps (vincite in denaro)
Tali giochi possono, dal 1° gennaio 2006, essere installati negli esercizi pubblici di cui agli artt. 86
e 88 Tulps, negli esercizi commerciali o pubblici, nelle aree aperte al pubblico ovvero nei circoli privati
ed associazioni autorizzati ex art. 86 Tulps.
Il regime autorizzatorio può essere così sintetizzato. La competenza a rilasciare le licenze per i
giochi leciti è stata attribuita ai Comuni – dalla Questura – dall’art. 19 del
d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616.
L’art. 86 del Tulps sancisce che, relativamente agli apparecchi e congegni automatici,
semiautomatici ed elettronici di cui all’art. 110, comma 6 e 7, la licenza è necessaria:
a) per attività di produzione o di importazione;
b) per attività di distribuzione e di gestione, anche indiretta;
c) per l’installazione in esercizi commerciali o pubblici
diversi da quelli già in possesso di altre licenze di cui al primo
o secondo comma o di cui all’art. 88 ovvero per l’installazione in altre aree aperte al pubblico od in
circoli privati.
La licenza suddetta è stata sostituita da una denuncia di inizio attività (di seguito denominata SCIA)
e questo per effetto dell’art. 48-quater, comma 4-bis della legge di conversione del d.l. 78/2010, che ha
modificato l’articolo 19 della legge 7 agosto 1990 n. 241, che prevedeva che in tutti i casi in cui
l’esercizio di un’at-tività provata sia subordinato ad autorizzazione, licenza, nullaosta o altro atto di
consenso … il cui rilascio dipenda esclusivamente dall’accertamento dei presupposti e dei requisiti di
legge, senza l’esperimento di prove a ciò destinate che comportino valutazioni tecniche discrezionali e
non sia previsto alcun limite o contingente complessivo per il rilascio degli atti stessi, l’atto di
consenso si intende sostituito da una denuncia di inizio attività da parte dell’interessato alla pubblica
amministrazione competente, attestante l’esistenza dei presupposti e dei requisiti di legge….
L’interessato poteva iniziare l’attività economica contestualmente alla presentazione della denuncia,
permanendo comunque in capo all’Amministrazione procedente la possibilità di svolgere la relativa
istruttoria e di inibire, in caso negativo, l’esercizio dell’attività stessa.
L’istituto della denuncia di inizio attività di cui all’art. 19 della legge 241/90 è stato recentemente
modificato dall’art. 85, d.lgs. 59/2010, che ne ha ripristinato l’effetto immediato.
Il procedimento del nuovo art. 19 risulta modificato dalla previsione di una dichiarazione e da una
comunicazione che l’interessato deve indirizzare alla P.A. competente.
Nel nuovo schema previsto dal novellato art. 19, il cittadino
o l’impresa deve dichiarare l’intenzione di iniziare l’attività con SCIA, segnalazione certificata inizio
attività, che contiene l’atte-stazione del possesso dei requisiti.
L’art. 19 della legge 241/90, prevede che l’Amministrazione competente, in caso di accertata
carenza delle condizioni, modalità e fatti legittimanti, nel termine di trenta giorni dal ricevimento della
comunicazione adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e la rimozione dei
suoi effetti, salvo che l’interessato provveda a conformare alla normativa vigente detta attività entro un
termine fissato dall’Am-ministrazione (non inferiore a trenta giorni).
La SCIA deve essere presentata:
1) dal titolare dell’omonima ditta individuale;
2) dal legale rappresentante della società/associazione.
Nella dichiarazione devono essere indicati:
1) i locali dove intende esercitare l’attività di cui all’art. 86 del Tulps;
2) i dati anagrafici;
3) le dichiarazioni antimafia (che dovranno essere effettuate
da tutti i componenti il consiglio di amministrazione nel caso di società di capitali, da tutti i soci nel
caso di s.n.c., dai soci accomandatari nei casi di s.a.s., con relativa fotocopia del documento di identità
e, in caso di cittadini extracomunitari, fotocopia del permesso di soggiorno in corso di validità);
4) di non aver riportato condanne penali ostative allo svolgimento dell’attività;
5) l’ottemperanza agli obblighi di cui all’art. 12 del Tulps (istruzione dei figli).
Alla dichiarazione dovrà essere allegato:
1) l’elenco dei giochi leciti (bigliardo, bigliardino da tavolo, bocce, birilli, freccette, giochi di
società, carte, scacchi, dama, calcetto, flipper …);
2) l’elenco degli apparecchi e congegni automatici, semiautomatici ed elettronici, tenuto conto del
rapporto superficie locali/numero apparecchi per quanto riguarda il comma 6 art. 110 Tulps;
3) copia del nulla-osta per la distribuzione e nulla-osta per la messa in esercizio rilasciati
dall’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato, relativi agli apparecchi di cui ai commi 6 e 7,
lett. a) e c);
4) autorizzazione ai sensi art. 88 del Tulps rilasciata dalla Questura (solo per le Agenzie di raccolta
scommesse ed esercizio di raccolta scommesse).
La firma del richiedente NON DEVE essere autenticata. Essa può essere apposta in presenza di un
funzionario presso l’ufficio competente a ricevere la documentazione OPPURE è possibile allegare alla
domanda una fotocopia di un documento di identità del sottoscrittore.
Le dichiarazioni suddette devono essere prodotte in duplice copia. Una è presentata
all’Amministrazione e l’altra, timbrata per ricevuta, dovrà essere tenuta dall’interessato in quanto
sostitutive dei titoli autorizzativi.
La denuncia sostituisce la relativa licenza di P.S. pertanto deve essere conservata nel locale e deve
essere esposta al pubblico, unitamente all’allegata TABELLA dei giochi proibiti ex art. 110 Tulps,
tabella predisposta ed approvata dal Questore e vidimata dall’autorità competente al rilascio della
licenza, nella quale sono indicati, oltre ai giochi d’azzardo, anche quelli che lo stesso Questore ritenga
di vietare nel pubblico interesse, nonché le prescrizioni ed i divieti specifici che ritenga di disporre.
La mancata esposizione della licenza/SCIA (obbligatoria in quanto prevista dall’art. 180 del Tulps)
è punita ai sensi dell’art. 221-bis con sanzione amministrativa accessoria di cui all’art. 17-quater Tulps.
La mancata esposizione della tabella dei giochi proibiti comporta una sanzione penale (arresto fino
a tre mesi o ammenda fino a 206 euro).
L’Ufficio responsabile dell’istruttoria provvede ad effettuare le verifiche di cui:
1.
1. all’art. 11 del Tulps che stabilisce le condizioni per le quali le autorizzazioni di polizia
devono essere negate (condanna superiore a tre anni per delitto non colposo senza riabilitazione, chi è
sottoposto a sorveglianza speciale, condanna per delitti contro l’ordine pubblico, contro lo Stato);
2.
2. all’art. 92 del Tulps che stabilisce che la licenza di esercizio pubblico non può essere data a
chi sia stato condannato per reati contro la moralità pubblica e il buon costume… e per giochi
d’azzardo…
Le variazioni nel numero e nel tipo di apparecchi nell’eser-cizio devono essere comunicate con
apposita SCIA che produce i suoi effetti in modo immediato.
Nel caso di subingresso per cessione o per affitto d’azienda
o variazione societaria deve essere presentata nuova denuncia.
Nella SCIA dovrà essere indicata la superficie del locale in rapporto alla quale è stabilito il limite
degli apparecchi che dovranno essere installati.
Pertanto nel concreto occorre che:
• Produttori/importatori
Devono richiedere la verifica tecnica dell’esemplare di modello dell’apparecchio che vogliono
produrre od importare al fine di accertare la conformità alle prescrizioni normative. Tale richiesta va
presentata all’AAMS utilizzando il modello RVC e contestualmente inoltrando l’apparecchio per la
verifica tecnica ad un organismo di certificazione convenzionato con AAMS.
Successivamente devono richiedere il nulla osta di distribuzione all’Ispettorato AAMS
territorialmente competente.
Se l’apparato è conforme l’AAMS rilascia il nulla osta di distribuzione valido per l’installazione e
la gestione degli apparecchi come previsto dall’art. 38, comma 4, della legge 23 dicembre 2000, n. 388.
Il modello proposto deve obbligatoriamente prevedere un costo unico e predeterminato della partita,
cioè tutti gli apparecchi devono recare il medesimo costo fisso per singola partita.
Ogni esemplare deve essere contrassegnato da una denominazione commerciale e da una sigla
alfanumerica immodificabile dopo l’approvazione.
Perciò ogni modello dopo la verifica tecnica sarà dotato di certificato di conformità e di un codice
modello che saranno allegati al nulla osta di distribuzione.
Dal 30 agosto 2004 deve essere collegato alla rete telematica nazionale così come previsto dal
decreto Ministero dell’econo-mia e delle finanze 12 marzo 2004, n. 86.
• nulla osta per la distribuzione
L’art. 38, comma 4, della legge n. 388/2000 dispone che per la distribuzione sul territorio nazionale
di tali apparecchi occorre possedere un nulla osta che viene rilasciato dall’Ispetto-rato compartimentale
competente per territorio.
Tale nulla osta è rilasciato per ogni apparecchio e contiene il codice modello di cui al certificato di
conformità e fornisce il “codice identificativo” che deve essere visualizzato sul video o display
dell’apparecchio medesimo (art. 2, comma 1, del decreto interdirettorile 4 dicembre 2003).
Se il nulla osta di distribuzione è richiesto da un soggetto diverso da colui al quale è stato rilasciato
il certificato di conformità (esempio un produttore estero) deve richiedere il nulla osta allegando copia
autentica dello stesso certificato all’AAMS.
Come previsto dall’art. 38 della legge 388/2000 il produttore/ importatore deve inserire un numero
seriale identificativo univoco relativo a ciascun modello.
Il decreto i.d. del 4 dicembre 2003 è in fase di sostanziale modifica in quanto gli apparecchi attuali
comma 6 devono essere riconvertiti nelle nuove Newslot di cui alla lettera a), pertanto non appena
l’Unione europea avrà rivisto il decreto di modifica gli attuali apparati dovranno essere adeguati nel
termine massimo di 360 giorni dalla data di entrata in vigore delle modifiche stesse.
• nulla osta per la messa in esercizio
A partire dal 26 luglio 2004 tali nulla osta sono rilasciati esclusivamente ai soggetti affidatari delle
concessioni (vedi decreto del d.g. di AAMS del 1° luglio 2004, n. 1015 e la circolare AAMS del 19
luglio 2004, n. 3/COA/DG/2004) così come previsto dal combinato disposto dell’art. 38, comma 5
della legge 388/2000 e dell’art. 3, comma 5, del decreto del Ministero dell’economia e delle finanze 12
marzo 2004, n. 86.
L’art. 14-bis del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 640 e succ. mod. prevede l’obbligo per i gestori di
richiedere il nulla osta per la messa in esercizio all’Ispettorato AAMS competente per territorio; a tal
fine devono presentare una dichiarazione di installazione. Il gestore, una volta ottenuto il nulla osta,
deve comunicare entro lo stesso mese della data di prima installazione la messa in esercizio ed il luogo.
In tal caso il gestore, già titolare di concessione, deve autocertificare il possesso della licenza di
polizia di cui all’art. 86 Tulps, comma 3, o di non trovarsi in alcuna delle seguenti situazioni:
a) aver riportato una condanna a pena restrittiva della libertà personale superiore a tre anni per
delitto non colposo e non aver ottenuto la riabilitazione;
b) essere sottoposto all’ammonizione o a misura di sicurezza personale o essere stato dichiarato
delinquente abituale, professionale o per tendenza;
c) aver riportato condanna per delitti contro la personalità dello Stato o contro l’ordine pubblico
ovvero per delitti contro le persone commessi con violenza, o per furto, rapina, estorsione, sequestro di
persona a scopo di rapina o di estorsione, o per violenza o resistenza all’autorità e di non poter provare
la propria buona condotta;
d) essere stato destinatario, con provvedimento definitivo, di una misura di prevenzione che
impedisce il rilascio di licenza o autorizzazione di polizia e di commercio ai sensi dell’art. 10 della
legge 31 maggio 1965, n. 575 e succ. mod. ed int.
Il presupposto per il rilascio è il pagamento della prima rata di PREU e, come tale, il relativo
versamento è effettuato contestualmente alla richiesta di rilascio del nulla osta stesso.
Il decreto del direttore generale di AAMS il 1° luglio 2004 con determina n. 1015 disponeva che a
far tempo dal 26 luglio 2004 i “nulla osta per la messa in esercizio” sono rilasciati esclusivamente ai
soggetti affidatari delle concessioni.
Il gestore, ottenuto dal competente Ispettorato il “nulla osta per la messa in esercizio”
dell’apparecchio, è tenuto a far pervenire allo stesso Ufficio, contestualmente all’installazione, la
dichiarazione contenente l’indicazione del luogo e della data di avvenuta installazione.
Tale comunicazione deve essere corredata da un elenco analitico degli apparecchi installati. I cambi
di ubicazione devono essere comunicati nello stesso giorno in cui vengono effettuati utilizzando
l’apposita modulistica e l’apposito codice PIN.
I moduli F24 di pagamento del PREU (Prelievo erariale unico) devono essere intestati al titolare del
nulla osta per la messa in esercizio.
• Caratteristiche giochi di cui al comma 6 (con vincite in denaro)
Si considerano apparecchi e congegni automatici, semiautomatici ed elettronici da trattenimento e
da gioco di abilità, come tali idonei per il gioco lecito, quelli che si attivano solo con l’introduzione di
moneta metallica, nei quali gli elementi di abilità o trattenimento sono preponderanti rispetto
all’elemen-to aleatorio, il costo della partita non supera 1 euro, la durata di ciascuna partita non può
essere inferiore a 4 secondi e che distribuiscono vincite in denaro, ciascuna comunque di valore non
superiore a 100 euro, erogate dalla macchina subito dopo la sua conclusione ed esclusivamente in
monete metalliche. In ogni caso tali apparecchi non possono riprodurre il gioco del poker o comunque
anche in parte le sue regole fondamentali.
A far tempo dal 30 agosto 2004 tutti questi apparecchi e congegni devono essere collegati alla rete
telematica nazionale.
• Prescrizioni introdotte dal decreto interdirettorile 27 ottobre 2003 in relazione ai giochi del
comma 6
In ciascun bar ed esercizio assimilabile è installabile un apparecchio o congegno di cui all’art. 110,
comma 6, ogni 15 metri quadrati di superficie destinata alla somministrazione.
Il numero di tali apparecchi o congegni non può essere superiore a 2 fino a 50 metri quadrati di
superficie, elevabile di una unità per ogni ulteriori 50 metri quadrati, fino ad un numero massimo pari a
4.
In ciascun ristorante ed esercizio assimilabile è installabile un apparecchio o congegno di cui all’art.
110, comma 6, ogni 30 metri quadrati di superficie destinata alla somministrazione. Il numero di tali
apparecchi o congegni non può essere superiore a 2 fino a 100 metri quadrati di superficie, elevabile di
una unità per ogni ulteriori 100 metri quadrati, fino ad un numero massimo pari a 4.
In ciascuno stabilimento balneare è installabile un apparecchio o congegno di cui all’art. 110,
comma 6, ogni 1.000 metri quadrati di superficie di concessione demaniale. Il numero di tali
apparecchi o congegni non può essere superiore a 2 fino a 2.500 metri quadrati di superficie, elevabile
di una unità per ogni ulteriori 2.500 metri quadrati, fino ad un numero massimo pari a 4.
In ciascun albergo ed esercizio assimilabile è installabile un apparecchio o congegno di cui all’art.
110, comma 6, ogni 20 camere. Il numero di tali apparecchi o congegni non può essere superiore a 4
fino a 100 camere, elevabile di una unità ogni ulteriori 100 camere, fino ad un numero massimo pari a
6.
In ciascuna sala pubblica da gioco è installabile un apparecchio di cui all’art. 110, comma 6, ogni
10 metri quadrati di superficie del locale.
In ciascuna agenzia di raccolta delle scommesse ed in ciascun altro esercizio titolare di
autorizzazione ai sensi dell’art. 88 del Tulps è installabile un apparecchio o congegno di cui all’art.
110, comma 6, ogni 15 metri quadrati di superficie del locale. Il numero di tali apparecchi o congegni
non può essere superiore a 6 fino a 100 metri quadrati di superficie, elevabile di una unità per ogni
ulteriori 100 metri quadrati, fino ad un numero massimo pari a 8.
In ciascun esercizio che raccoglie scommesse su incarico di concessionari di giochi, titolari di
autorizzazione ai sensi dell’art. 88 del Tulps, è installabile un apparecchio o congegno di cui all’art.
110, comma 6, ogni 15 metri quadrati di superficie del locale. Il numero di tali apparecchi o congegni
non può essere superiore a 2 fino a 50 metri quadrati di superficie, elevabile di una unità per ogni
ulteriori 50 metri quadrati, fino ad un numero massimo pari a 4.
Per i circoli privati, organizzazioni, associazioni ed enti collettivi assimilabili di cui all’art. 1,
comma 2, lettera f), si osservano le disposizioni dei precedenti commi 1 e 2, con esclusivo riferimento
all’area destinata alla somministrazione.
Prescrizioni generali
Gli apparecchi o congegni di cui all’art. 110, comma 6, del Tulps, non possono, in alcun caso,
essere installati negli esercizi pubblici, qualora gli stessi si trovino all’interno di ospedali, luoghi di
cura, scuole od istituti scolastici ovvero all’interno delle pertinenze di luoghi di culto.
Negli esercizi di cui ai commi 1, 2, 3, 4, 7 e 8 dell’art. 2 del decreto interdirettorile 27 ottobre 2003,
l’offerta complessiva di gioco tramite apparecchi o congegni non deve riguardare esclusivamente
l’installazione, nei limiti quantitativi di cui agli stessi commi, degli apparecchi o congegni previsti
all’art. 110, comma 6, del Tulps. Negli esercizi di cui al comma 5, il numero di apparecchi o congegni
di cui all’art. 110, comma 6, non può, comunque, essere superiore al numero complessivo delle altre
tipologie di apparecchi o congegni presenti nell’esercizio stesso.
Negli esercizi di cui ai commi 1, 2, 3, 7 e 8 dell’art. 2 del succitato decreto i.d. 27 ottobre 2003, gli
apparecchi o congegni di cui all’art. 110, comma 6, del Tulps non possono essere contigui agli
apparecchi di altre tipologie. Negli esercizi di cui ai commi 4 e 5 dello stesso art. 2, gli apparecchi o
congegni previsti all’art. 110, commi 6 e 7, lettera b), sono collocati in aree specificamente dedicate.
In tutti gli esercizi pubblici, circoli privati o punti di raccolta di altri giochi autorizzati, il titolare
della relativa autorizzazione è tenuto a far osservare il divieto di utilizzo ai minori di anni 18 di cui
all’art. 110, comma 8, del Tulps.
• Le modifiche introdotte dal decreto direttoriale 18 gennaio 2007
In ciascun punto di vendita “agenzia di scommesse”, è installabile un apparecchio di cui all’art.
110, commi 6 o 7, del Tulps ogni 5 metri quadrati dell’area di vendita, fino ad un massimo di 24
apparecchi. Nel caso in cui l’area di vendita sia inferiore a 40 metri quadrati è comunque possibile
installare fino ad 8 apparecchi.
In ciascun punto di vendita “sale Bingo”, è installabile un apparecchio di cui all’art. 110, commi 6 o
7, ogni 20 metri quadrati dell’area di vendita, fino ad un massimo di 75 apparecchi. Nel caso in cui
l’area di vendita sia inferiore a 600 metri quadrati è comunque possibile installare fino a 30 apparecchi.
In ciascun punto di vendita “sale giuoco”, è installabile un apparecchio di cui all’art. 110, commi 6
o 7, del Tulps ogni 5 metri quadrati dell’area di vendita. Il numero di apparecchi da intrattenimento di
cui all’art. 110, comma 6, del Tulps installati per la raccolta di gioco non può comunque superare il
doppio del numero di apparecchi da intrattenimento di tipologie diverse installati presso lo stesso punto
di vendita.
Nuove prescrizioni generali
In applicazione del divieto generale di partecipazione ai giochi, scommesse o concorsi che
consentono vincite in denaro ai soggetti di minore età, l’ingresso e la permanenza nelle aree di ciascun
punto di vendita (agenzia di scommesse, sale bingo, sale giuoco, nelle quali sono offerti i giochi di cui
all’art. 110, commi 6 e 7, scommesse o concorsi) sono vietati ai suddetti soggetti. Il punto di vendita è
tenuto ad assicurare il rispetto del divieto anche mediante richiesta di esibizione di un documento di
riconoscimento valido.
In ciascun punto di vendita sale Bingo, gli apparecchi da intrattenimento sono collocati in locali
separati da quelli nei quali si svolge il gioco di cui al decreto del Ministro delle finanze 31 gennaio
2000, n. 29.
Nel caso in cui in un punto di vendita sale gioco e agenzia di scommesse siano installati sia
apparecchi di cui all’art. 110, comma 6, del Tulps, che apparecchi di tipologie diverse, gli stessi sono
collocati in aree separate, specificamente dedicate.
Relativamente agli apparecchi di cui all’art. 110, comma 6, del Tulps, costituisce condizione
imprescindibile per l’installa-zione degli apparecchi, ai fini della raccolta di gioco, la dotazione, presso
l’esercizio od il locale, di punti di accesso alla rete telematica di cui all’art. 14-bis del decreto del
Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640 e successive modificazioni ed integrazioni.
I punti di accesso di cui al comma 4 sono predisposti secondo le disposizioni tecniche definite da
AAMS e con modalità tali da garantire:
a) la continuità del collegamento tra apparecchio e rete telematica;
b) il rispetto delle prescrizioni definite dalle disposizioni in materia di sicurezza degli impianti e
delle tecnologie elettroniche;
c) la protezione fisica degli apparati per evitare manomissioni, danneggiamenti ovvero il verificarsi
di condizioni che possano comprometterne il corretto funzionamento.
In nessun caso è consentita l’installazione di apparecchi per la raccolta di gioco all’esterno dei
locali o delle aree oggetto di autorizzazione.
• Tipologia dei giochi leciti con vincite in denaro
Art. 110, comma 6: si considerano apparecchi e congegni automatici, semiautomatici ed elettronici
da trattenimento o da gioco di abilità, come tale idonei per il gioco lecito, quelli che si attivano solo con
l’introduzione di moneta metallica, nei quali gli elementi di abilità o trattenimento sono preponderanti
rispetto all’elemento aleatorio, il costo della partita non supera 50 centesimi di euro, la durata della
partita è compresa tra 7 e 13 secondi, che distribuiscono vincite in denaro, ciascuna comunque di valore
non superiore a 50 euro, erogate dalla macchina subito dopo la sua conclusione ed esclusivamente in
monete metalliche. In ogni caso tali apparecchi non possono riprodurre il gioco del poker o comunque
anche le sue regole fondamentali… modificato dalla Finanziaria 2006 anche se ancora non applicato in
quanto gli apparecchi di cui alle lettere a) e b) non sono ancora stati costruiti.
Art. 110, comma 7: si considerano, altresì, apparecchi e congegni per il gioco lecito:
lettera a): quelli elettromeccanici privi di monitor attraverso i quali il giocatore esprime la sua
abilità fisica, mentale o strategica, attivabili unicamente con l’introduzione di monete metalliche, di
valore complessivo non superiore, per ciascuna partita, a un euro, che distribuiscono, direttamente o
immediatamente dopo la conclusione della partita, premi consistenti in prodotti di piccola oggettistica,
non convertibili in denaro o scambiabili con premi di diversa specie. In tal caso il valore complessivo
di ogni premio non è superiore a venti volte il costo della partita;
lettera c): quelli, basati sulla sola abilità fisica, mentale o strategica, che non distribuiscono premi,
per i quali la durata della partita può variare in relazione all’abilità del giocatore e il costo della singola
partita può essere superiore a 50 centesimi di euro.
Art. 110, comma 7-bis: gli apparecchi e congegni di cui al comma 7 non possono riprodurre il gioco
del poker o, comunque, anche in parte, le sue regole fondamentali.
1.3. Il nuovo regime autorizzatorio dei giochi di cui all’art. 110, comma 7 Tulps
Tali giochi possono, dal 1° gennaio 2006, essere installati negli esercizi pubblici di cui agli artt. 86
e 88 Tulps, negli esercizi commerciali o pubblici, nelle aree aperte al pubblico ovvero nei circoli privati
ed associazioni autorizzati ex art. 86 Tulps e nello spettacolo viaggiante dotato di autorizzazione ex art.
69 Tulps.
Il regime autorizzatorio può essere così sintetizzato:
• Produttori/importatori
Devono richiedere la verifica tecnica dell’esemplare di modello dell’apparecchio che vogliono
produrre od importare al fine di accertare le conformità alle prescrizioni normative.
Tale richiesta va presentata all’AAMS utilizzando il modello RVC e contestualmente inoltrando
l’apparecchio per la verifica tecnica ad un organismo di certificazione convenzionato con AAMS.
Successivamente devono richiedere il nulla osta di distribuzione all’Ispettorato AAMS
territorialmente competente.
Se l’apparato è conforme l’AAMS rilascia il nulla osta di distribuzione valido per l’installazione e
la gestione degli apparecchi come previsto dall’art. 38, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388.
Il modello proposto deve obbligatoriamente prevedere un costo unico e predeterminato della partita,
cioè tutti gli apparecchi devono recare il medesimo costo fisso per singola partita.
Ogni esemplare deve essere contrassegnato da una denominazione commerciale e da una sigla
alfanumerica immodificabile dopo l’approvazione.
Perciò ogni modello dopo la verifica tecnica sarà dotato di certificato di conformità e di un codice
modello che saranno allegati al nulla osta di distribuzione.
La circolare n. 2004/44882/COA/ADI del 5 agosto 2004 dell’AAMS prescrive che tali apparecchi
devono essere caratterizzati da due parametri fondamentali:
a) la denominazione commerciale del modello;
b) la denominazione della scheda di gioco che integra il suddetto modello di apparecchio.
Le schede di gioco non possono essere superiori a tre per ciascun modello di apparecchio.
• nulla osta per la messa in distribuzione
L’art. 38, comma 4 della legge n. 388/2000 dispone che per la distribuzione sul territorio nazionale
di tali apparecchi occorre possedere il nulla osta che viene rilasciato dall’Ispettorato compartimentale
competente per territorio.
Tale nulla osta è rilasciato per ogni apparecchio e contiene il codice modello di cui al certificato di
conformità e fornisce il “codice identificativo” che deve essere visualizzato sul video o display
dell’apparecchio medesimo (art. 2, comma 1, del decreto 4 dicembre 2003).
Se il nulla osta di distribuzione è richiesto da un soggetto diverso da colui al quale è stato rilasciato
il certificato di conformità (esempio un produttore estero) deve richiedere il nulla osta allegando copia
autentica dello stesso certificato all’AAMS.
Come previsto dall’art. 38 della legge 388/2000 il produttore/ imprenditore deve inserire un numero
seriale identificativo univoco relativo a ciascun modello.
La circolare n. 2004/44882/COA/ADI del 5 agosto 2004 dell’AAMS prescrive che il
produttore/importatore è tenuto ad indicare la denominazione commerciale del modello di apparecchio,
nonché la denominazione della scheda di gioco collegata all’apparecchio per cui si richiede il nulla
osta.
Inoltre il produttore/imprenditore assegna al modello di apparecchio, nonché a ciascuna delle
schede di gioco, eventualmente inserite nella richiesta di nulla osta, un opportuno codice identificativo
in modo da definire in modo univoco sia il modello, sia le schede.
• nulla osta per la messa in esercizio
L’art. 14-bis del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 640 e succ. mod. prevede l’obbligo per i gestori di
richiedere il nulla osta per la messa in esercizio all’ispettorato AAMS competente per territorio; a tal
fine devono presentare una dichiarazione di installazione. Il gestore, una volta ottenuto il nulla osta,
deve comunicare entro lo stesso mese della data di prima installazione la messa in esercizio ed il luogo.
La circolare n. 2004/44882/COA/ADI del 5 agosto 2004 dell’AAMS prescrive che il gestore deve
indicare il codice identificativo dell’apparecchio riportato sul “nulla osta di distribuzione”.
Il gestore deve autocertificare il possesso della licenza di polizia di cui all’art. 86 Tulps, comma 3, o
di non trovarsi in alcuna delle seguenti situazioni:
a) aver riportato una condanna a pena restrittiva della libertà personale superiore a tre anni per
delitto non colposo e non aver ottenuto la riabilitazione;
b) essere sottoposto all’ammonizione o a misura di sicurezza personale o essere stato dichiarato
delinquente abituale, professionale o per tendenza;
c) aver riportato condanna per delitti contro la personalità dello Stato o contro l’ordine pubblico
ovvero per delitti contro le persone commessi con violenza, o per furto, rapina, estorsione, sequestro di
persona a scopo di rapina o di estorsione, o per violenza o resistenza all’autorità e di non poter provare
la propria buona condotta;
d) essere stato destinatario, con provvedimento definitivo, di una misura di prevenzione che
impedisce il rilascio di licenza o autorizzazione di polizia e di commercio ai sensi dell’art. 10 della
legge 31 maggio 1965, n. 575 e succ. mod. ed int.
Il presupposto per il rilascio è il pagamento della prima rata di PREU e, come tale, il relativo
versamento è effettuato contestualmente alla richiesta di rilascio del nulla osta stesso.
Il gestore ottenuto dal competente Ispettorato il “nulla osta per la messa in esercizio”
dell’apparecchio è tenuto a far pervenire allo stesso ufficio, contestualmente all’installazione, la
dichiarazione contenente l’indicazione del luogo e della data di avvenuta installazione.
Tale comunicazione deve essere corredata da un elenco analitico degli apparecchi installati. I cambi
di ubicazione devono essere comunicati nello stesso giorno in cui vengono effettuati utilizzando
l’apposita modulistica e l’apposito codice PIN.
I moduli F24 di pagamento del PREU (Prelievo erariale unico) devono essere intestati al titolare del
nulla osta per la messa in esercizio.
• Caratteristiche dei giochi di cui al comma 7 (senza vincite
in denaro)
Le caratteristiche sono specificate dal decreto inter-diretto-rile 8 novembre 2005 del Ministero
dell’economia e delle finanze (G.U. n. 262 del 10 novembre 2005). In ogni caso tali apparecchi non
possono riprodurre il gioco del poker o comunque anche in parte le sue regole fondamentali.
Lettera A)
Quelli elettromeccanici privi di monitor attraverso i quali il giocatore esprime la sua abilità fisica,
mentale o strategica, attivabili unicamente con l’introduzione di monete metalliche, di valore
complessivo non superiore, per ciascuna partita, a un euro, che distribuiscono, direttamente e
immediatamente dopo la conclusione della partita, premi consistenti in prodotti di piccola oggettistica,
non convertibili in denaro o scambiabili con premi di diversa specie. In tal caso il valore complessivo
di ogni premio non è superiore a venti volte il costo della partita.
Lettera C)
Quelli, basati sulla sola abilità fisica, mentale o strategica, che non distribuiscono premi, per i quali
la durata della partita può variare in relazione all’abilità del giocatore e il costo della singola partita può
essere superiore a 50 centesimi di euro.
2. Le prescrizioni generali
Cosa deve essere presente sul posto al momento del controllo sia sui giochi del comma 6 che del
comma 7.
A) SUI GIOCHI
Per il combinato disposto dell’art. 38, comma 4 della legge 388/2000 e dell’art. 110, comma 9,
lettera f) Tulps per entrambe le categorie sono obbligatorie:
a) la copia autentica del nulla osta di distribuzione;
b) la copia non autenticata del nulla osta per la messa in esercizio.
Per i giochi del comma 6 l’art. 2 del decreto interdirettorile 4 dicembre 2003 e succ. mod. impone
inoltre un cartello nel quale sia previsto:
.– il costo della partita;
.– le regole del gioco;
.– la descrizione della combinazione e delle sequenze vincenti;
.– il divieto di utilizzo ai minori di 18 anni;
.– ed inoltre di mantenere sul posto la scheda esplicativa del gioco;
c) il registro delle manutenzioni straordinarie; mentre per i giochi del comma 7 gli artt. 4, 5 e 6 del
decreto interdirettorile dell’8 novembre 2005 impongono inoltre un cartello nel quale sia
previsto:
.– il costo della partita;
.– le regole del gioco;
.– l’età minima del giocatore consigliata per l’utilizzo del gioco.
Prevedono inoltre che col singolo apparecchio devono essere consegnati:
d) la scheda esplicativa del gioco;
e) il registro delle manutenzioni straordinarie.
La circolare 2004/11097/COA/UDC del d.g. AAMS del 26 febbraio 2004 al punto 3 prescrive che
“la copia del nulla osta di distribuzione e del nulla osta per la messa in esercizio e la copia della scheda
esplicativa devono essere permanentemente apposte su ciascun apparecchio in modo visibile al
pubblico”.
La circolare n. 2004/44882/COA/ADI del 5 agosto 2004 dell’AAMS prescrive che il nulla osta di
distribuzione deve contenere la denominazione commerciale del modello di apparecchio, nonché la
denominazione della scheda di gioco collegata all’apparecchio.
Dal 30 agosto 2004 il nulla osta per la messa in esercizio può essere sostituito per gli apparati del
comma 6 dalla richiesta di sostituzione dei vecchi nulla osta da parte del concessionario della rete (art.
6 decreto 8 aprile 2004, n. 516 del Ministero dell’economia e delle finanze).
B) NEI LOCALI
a) Esposizione nei locali dove si installano i giochi della tabella dei giochi vietati, prevista
dall’articolo 110, comma 1, Tulps, estesa a tutti gli esercizi compresi i circoli privati a far tempo dal 1°
gennaio 2001;
b) l’utilizzo degli apparecchi di cui al comma 6 dell’art. 110 Tulps è consentito solo ai maggiori di
anni 18; l’obbligo di fare rispettare la disposizione ricade sul titolare dell’autorizzazione dell’art. 86
Tulps;
c) nei bar, ristoranti, stabilimenti balneari, alberghi, punti scommessa e circoli privati l’offerta di
apparecchi di cui al comma 6 non deve essere esclusiva;
e) nelle sale gioco, circoli, bar e ristoranti il numero degli apparecchi di cui al comma 6 non può,
comunque, essere superiore al numero complessivo delle altre tipologie di apparecchi
o congegni presenti nell’esercizio di cui al comma 7, lettere a) e b) o di altri giochi leciti;
f) nei bar, ristoranti, stabilimenti balneari, punti scommesse, circoli privati gli apparecchi del
comma 6 non possono essere contigui agli apparecchi di altre tipologie;
g) negli alberghi e nelle sale gioco gli apparecchi del comma 6 sono collocati in aree specificamente
dedicate e l’offerta di tali giochi deve essere euquivalente a quella di cui al comma 7.
3. Inquadramento sistema sanzionatorio
Nel caso in cui dopo il 1° gennaio 2006 siano accertate violazioni all’art. 110 Tulps è evidente che
contestualmente si è nel caso in cui si riscontra anche una violazione di norma tributaria per la quale la
competenza è della Guardia di finanza e degli Uffici delle entrate; ai Corpi e Servizi di polizia
municipale spetta però obbligatoriamente effettuare gli adempimenti/ segnalazioni ai sensi dell’art. 36
del d.P.R. 600/73 al nucleo di polizia tributaria provinciale.
• Circoli privati
L’installazione dei giochi leciti nei circoli privati fino all’en-trata in vigore della legge 23 dicembre
2000, n. 388 (1° gennaio 2001) era di fatto libera in quanto una circolare del Ministero dell’interno (n.
10.9401/12000.a del 19 febbraio 1972) prescriveva solamente la necessità dell’autorizzazione ex art. 86
Tulps per le installazioni dei giochi nei locali destinati alla somministrazione lasciando completamente
non soggetti ad alcuna autorizzazione quelle effettuate nei locali privi di somministrazione.
L’entrata in vigore dell’art. 38 della citata legge 388/2000 ha previsto l’obbligo del nulla osta anche
per gli apparecchi installati nei circoli privati senza distinguere fra quelli installati in locali dotati di
somministrazione o che ne siano privi; inoltre l’art. 37 della citata legge, modificando l’art. 110 Tulps,
estendeva ai circoli privati anche l’obbligo di esporre la tabella dei giochi proibiti ed anche in questo
caso senza specificare ulteriormente se i circoli fossero o meno autorizzati anche alla
somministrazione.
È pertanto evidente che dal 1° gennaio 2001 tutti i giochi leciti installati nei circoli privati dovevano
essere autorizzati ex art. 86 Tulps ed essere in possesso di nulla osta ex art. 38 della legge 388/2000.
L’entrata in vigore il 18 novembre 2003 del decreto Ministero delle finanze 27 ottobre 2003
modifica ulteriormente la situazione in quanto, esclusivamente per i giochi regolati dall’art. 110,
comma 6, si ripristina la vecchia situazione, vale a dire l’art. 2, comma 8 prevede che i limiti di
apparecchi per i circoli privati “si osservano con esclusivo riferimento all’area destinata alla
somministrazione”.
Perciò avremo che per quanto attiene all’autorizzazione ex art. 86 Tulps la stessa è necessaria
ovunque mentre i limiti di installazione per quel tipo di videogiochi, comma 6, sono limitati solo alle
aree di somministrazione.
La situazione cambia ancora il 1° gennaio 2006 quando l’art. 1, comma 534, della legge 23
dicembre 2005, n. 266 sostituisce il terzo comma dell’art. 86 Tulps e prevede che l’installa-zione dei
giochi leciti di cui ai commi 6 e 7 dell’art. 110 Tulps nei circoli privati (senza distinzione fra quelli
autorizzati alla somministrazione o meno) è subordinata all’autorizzazione di cui allo stesso art. 86
Tulps.
Ciò comporta che da tale data qualsiasi circolo privato può installare tale tipo di giochi ma mentre
quelli dotati della somministrazione devono rispettare i vincoli di cui al decreto interdirettorile 27
ottobre 2003 gli altri non hanno nessun vincolo di numero e di offerta del servizio se non quelli previsti
dalla legge e dai decreti inter-direttorili relativi ai singoli giochi.
Situazione dal 1° maggio 2004 per i circoli privati dotati di autorizzazione per la somministrazione
ai soci ex artt. 2 o 3 del
d.P.R. 235/2001
Con l’entrata in vigore del decreto del Ministero delle finanze 27 ottobre 2003 (G.U. 255 del 3
novembre 2003) si hanno i seguenti nuovi limiti riferiti agli apparecchi di cui all’art. 110, comma 6,
validi per tutte le categorie di circoli:
• articolo 3 (in vigore dal 18 novembre 2003):
a) tali apparecchi non possono essere contigui agli apparecchi di altra tipologia;
b) non possono mai essere installati all’esterno dei locali;
c) l’offerta non deve essere esclusiva;
d) il presidente deve fare osservare il divieto di gioco ai minori di anni 18;
• articoli 1, 2 e 4 (in vigore dal 1° maggio 2004):
a) il presidente è tenuto a comunicare i giochi del comma 6 installati fino al collegamento in rete;
b) solo con riferimento all’area destinata alla somministrazione dove vi è un bar è installabile un
apparecchio ogni 15 mq di superficie destinata alla somministrazione ed il numero di tali apparecchi
non può essere superiore a 2 fino a 50 mq eleva-bile di una unità per ogni ulteriori 50 mq fino ad un
massimo pari a 4. Se si è in presenza di un ristorante è installabile un apparecchio ogni 30 mq e 2 fino a
100 mq elevabili di una unità per ogni ulteriori 100 mq fino ad un massimo di 4.
Situazione al 1° gennaio 2006 per tutti i circoli privati privi dell’autorizzazione alla
somministrazione
Con l’art. 22 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Finanziaria 2003) la situazione si era
ulteriormente complicata in quanto dal 1° gennaio 2003 si presentava nel seguente modo:
a) i circoli privati autorizzati ex artt. 2 o 3 del d.P.R. 235/2001 ad effettuare la somministrazione di
alimenti e bevande possono installare giochi leciti sia del comma 6 che del comma 7 dell’art. 110 Tulps
con i limiti di cui sopra;
b) i circoli privati privi di autorizzazione alla somministrazione possono installare solo gli
apparecchi di cui al comma 7, lettere a) e c); non possono mai essere autorizzati ad installare giochi di
cui al comma 6 e al comma 7, lettera b) art. 110 Tulps.
Il problema si è risolto con la finanziaria 2006 che modificando l’art. 86 Tulps consente ai comuni
di autorizzare tutti i circoli privati sia i giochi di cui al comma 6 che 7.
L’installazione dei giochi leciti nei circoli privati è sicuramente soggetta a licenza di cui all’art. 86
Tulps sia nei locali di cui alla lettera a) che a quelli della lettera b) ma con i limiti suesposti solo per i
locali destinati alla somministrazione.
Il nuovo art. 110 Tulps introdotto dalla legge 266/2005 fuga ogni ulteriore dubbio in quanto
prevede espressamente che gli apparecchi automatici di cui ai commi 6 e 7 sono consentiti nei circoli
ed associazione di qualsiasi specie.
La circolare del Ministero dell’interno dell’11 marzo 2003, prot. 557/B 2334.12001 prima, poi il
decreto 27 ottobre 2003 hanno poi specificato che il limite di installazione in quelli privi di
somministrazione si riferisce solo agli apparati di cui al comma 6 e non agli altri.
La circolare del Ministero delle finanze del 15 gennaio 2003,
n. 1/E conferma che l’intento del legislatore è quello di riservare agli apparecchi e congegni automatici
da divertimento o da intrattenimento “ovunque installati” lo stesso trattamento sia ai fini della
normativa di pubblica sicurezza sia ai fini tributari.
Perciò anche quelli installati nei circoli dovranno possedere i due nulla osta e pagare le relative
imposte.
• Esercizi commerciali
Il nuovo articolo 110, comma 3, Tulps consente l’installabi-lità sia dei giochi del comma 6 che di
quelli del comma 7 negli esercizi commerciali, è evidente che il richiamo è sia agli esercizi di cui al
d.lgs. 114/1998 che ai laboratori artigianali ed ai tabacchini in quanto nella dizione esercizi
commerciali e pubblici ci può stare tutto.
Perciò i comuni devono predisporre ai sensi dell’art. 86, Tulps, comma 3, apposite SCIA per
l’autorizzazione a favore di questi soggetti di tali installazioni.
Si ricorda come fino alla modifica del decreto inter-diretto-rile 27 ottobre 2003 in tali esercizi non
vi sono né limiti numerici né limiti gestionali rispetto all’offerta.
• Aree aperte al pubblico
Il nuovo articolo 110, comma 3, Tulps consente l’installabi-lità sia dei giochi del comma 6 che di
quelli del comma 7 nelle aree aperte al pubblico; cosa rientri in tale locuzione è difficile da definire
anche se è chiaro che sono autorizzabili sia le aree esterne pertinenti ad esercizi pubblici e commerciali
ma anche quelle riferite a circoli privati ed associazioni.
Perciò i comuni devono predisporre ai sensi dell’art. 86 Tulps, comma 3, apposite SCIA per
l’autorizzazione a favore di questi soggetti di tali installazioni.
Si ricorda come fino alla modifica del decreto inter-diretto-rile 27 ottobre 2003 in tali aree non vi
sono né limiti numerici né limiti gestionali rispetto all’offerta in quanto i vincoli attuali si riferiscono
esclusivamente a locali.
È del tutto evidente che la prescrizione del decreto i.d. del 27 ottobre 2003, che vieta le installazioni
esterne dei giochi del comma 6, è superata dalla legge.
4. Il poker sportivo: esame ed inquadramento di una nuova tipologia di gioco, le diverse
fattispecie, le possibilità di autorizzazione
• L’autorizzazione
Per quanto attiene il gioco delle carte l’art. 1 della legge 27 dicembre 2006 n. 296 con la modifica
introdotta all’art. 38 del
d.l. 223/2006 convertito nella legge 248/2006 prevede che i giochi di carte di qualsiasi tipo qualora
siano organizzati sotto forma di torneo e nel caso in cui la posta di gioco sia costituita esclusivamente
dalla sola quota di iscrizione sono considerati giochi di abilità.
Dal 29 luglio 2009 questo quadro è stato completamente sostituito in quanto l’esercizio e la
raccolta dei tornei di poker sportivo non a distanza sono consentiti solamente ai soggetti titolari di
concessione per l’esercizio e la raccolta di uno o più giochi previsti dal comma 11 della legge 88/2009,
nonché ai soggetti che rispettino i requisiti e le condizioni di cui al comma 15, previa autorizzazione
dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato.
Pertanto i pubblici esercizi, i circoli privati, le associazioni e chiunque voglia effettuare o
continuare ad effettuare tornei di poker sportivo, dal 29 luglio 2009 deve essere in possesso della
concessione rilasciata dall’Amministrazione dei Monopoli di Stato.
La mancanza di tale autorizzazione prevede una sanzione penale della reclusione da sei mesi a tre
anni.
Il parere del Consiglio di Stato n. 3237/2008 del 22 ottobre 2008
VISTA la relazione del 19 settembre 2008, pervenuta il 22 settembre successivo, con la quale il
Ministero dell’interno – Dipartimento della pubblica sicurezza – ha chiesto il parere sul quesito in
oggetto;
ESAMINATI gli atti e udito il relatore-estensore consigliere Mario Luigi
Torsello; RITENUTO
1. Riferisce l’Amministrazione che il decreto-legge 4 luglio 2006,
n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, sembra aver introdotto
rilevanti modifiche alla legislazione vigente con particolare riferimento alle disposizioni contenute
nel codice penale in materia di gioco d’azzardo.
In particolare, il comma 1 dell’art. 38 dispone che, al fine di contrastare la diffusione del gioco
irregolare ed illegale, l’evasione e l’elusione fiscale nel settore del gioco, nonché di assicurare la
tutela del giocatore, con regolamenti sono disciplinati, entro il 31 dicembre 2006 “i giochi di abilità a
distanza con vincita in denaro, nei quali il risultato dipende, in misura prevalente rispetto
all’elemento aleatorio, dall’abilità dei giocatori. L’aliquota d’imposta unica è stabilita in misura pari
al 3 per cento della somma giocata; i giochi di carte di qualsiasi tipo, qualora siano organizzati sotto
forma di torneo e nel caso in cui la posta di gioco sia costituita esclusivamente dalla sola quota di
iscrizione, sono considerati giochi di abilità” (comma 1, lett. b), dell’art. 38, come modificato
dall’art. 1, comma 93, della legge 27 dicembre 2006, n. 296).
Il tenore del citato comma 1 ha indotto talune associazioni private di giocatori di poker, nella
variante denominata “texas hold’em”
o “poker sportivo”, a ritenere che ogni gioco di carte realizzato “dal vivo”, anche se d’azzardo,
qualora venga praticato con le modalità rappresentate nel menzionato art. 38, perde la connotazione
illecita, divenendo un gioco di abilità.
Alcune di queste associazioni che, nel frattempo, sono proliferate su tutto il territorio nazionale,
hanno prodotto istanze alle questure al fine di ottenere il nulla osta per lo svolgimento di tornei di
poker “texas hold’em”.
2. Il fenomeno si è rapidamente sviluppato sull’intero territorio nazionale, assumendo
considerevoli dimensioni in relazione alle somme di danaro messe in gioco ed alle connesse
problematiche di ordine e sicurezza pubblica.
Da un esame d’insieme emerge che gli organizzatori dei tornei di poker presentano un’istanza alla
questura competente per territorio e, richiamato il decreto-legge 223/2006, rappresentano che
intendono svolgere un torneo di poker in un determinato esercizio pubblico, ad una data prestabilita,
evidenziando anche che la partecipazione al torneo sarà consentita a quanti verseranno una quota di
iscrizione, anch’essa predeterminata e destinata all’acquisto di premi da distribuire ai giocatori meglio
classificati. Le quote di partecipazione risultano essere di valore variabile, generalmente attestate sui
50 euro, benché siano stati rilevati anche casi in cui la quota di iscrizione è stata fissata in 1500 euro.
Nominalmente tali quote sono prestabilite e, di fatto, in nessun caso interamente destinate all’acquisto
dei premi da attribuire ai vincitori, atteso che una parte delle stesse, in valore variabile dal 10 al 20%,
verrebbe destinata al ristoro dei costi sostenuti dagli organizzatori che non vengono in nessun caso
documentati.
È stato altresì riscontrato che anche con quote di partecipazione modeste, quando il numero di
giocatori è rilevante, si ha una crescita esponenziale del montepremi ed ovviamente del cosiddetto
rimborso spese, come pure, in alcuni casi, i regolamenti di gioco hanno consentito l’acquisizione di
ulteriori fiches (c.d. rebuy) o la riammissione in gioco del giocatore eliminato tramite la
partecipazione, nel corso dello stesso torneo, ad una nuova partita, previa ulteriore acquisizione della
quota di ammissione.
Tale circostanza, apparentemente irrilevante, determina, da una parte, l’impossibilità di
predeterminare con esattezza la somma totale delle quote raccolte e, dall’altra, consente la distrazione
di denaro che teoricamente dovrebbe affluire interamente nel monte-premi.
3. Secondo l’Amministrazione dell’interno il legislatore con il d.l.
n. 223/2006 (c.d. decreto Bersani) si è preoccupato di chiarire la portata della norma, introducendo
unicamente alcune importanti novità nella disciplina del gioco lecito, istituendo i giochi di abilità a
distanza con vincita in denaro gestiti dallo Stato, consentendo a persone fisiche e/o giuridiche
legittimate dall’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato l’acquisizione di una concessione a
gestire il mercato del gioco pubblico on-line con i c.d. skill game.
Diversamente argomentando, dovrebbe addivenirsi all’inverosi-mile ipotesi che il citato decretolegge 223/2006 abbia tacitamente abrogato le disposizioni codicistiche contenute negli artt. 718 e
segg. del codice penale relative al gioco d’azzardo.
Al contrario, la collocazione sistematica e la natura eminentemente finanziaria della norma pare
idonea a suffragare l’interpreta-zione per cui le “Misure di contrasto al gioco illegale” di cui all’art. 38
riguardano la disciplina pubblicistica dei giochi on-line, rimanendo esclusi da qualsivoglia
regolamentazione i tornei di carte realizzati tra persone fisiche “dal vivo”.
Posto dunque che il poker “dal vivo” non è in alcun modo regolamentato dal “decreto Bersani”,
resta da esaminare se tale gioco di carte debba qualificarsi come d’azzardo o come gioco lecito e,
dunque, verificare se il suo esercizio deve essere sottoposto a restrizioni ed eventualmente in quale
misura.
Secondo l’Amministrazione il poker nella variante “texas hold’em”, nella misura in cui
rappresenta uno svago, può esprimere un’utilità sociale; diversamente va qualificato come gioco
d’azzardo e, perciò, vietato se, in considerazione delle sue regole come concretamente applicate dagli
organizzatori, esso palesi gli elementi tipici del reato.
4. Conseguentemente il Ministero passa a delineare le condizioni affinché sia possibile riconoscere
il carattere di gioco lecito.
Si tali questioni, ed in particolare sulle soluzioni prospettate, chiede il parere di questo Consiglio di
Stato.
CONSIDERATO
1. Il gioco d’azzardo (dal francese hasard e dall’arabo volgare azzahr “dado” e quindi “gioco
d’azzardo, rischio”) ha origini lontanissime e da sempre i sistemi giuridici lo hanno sottoposto a
divieti e limitazioni.
Tradizionalmente l’atteggiamento di disfavore viene ricondotto alla necessità di incoraggiare e
tutelare il risparmio (art. 47 Cost.). Si richiama, anche, il valore fondamentale del lavoro (art. 4 Cost.).
D’altro canto si rileva che il gioco d’azzardo spesso induce all’utilizzazione di mezzi illeciti ed in
particolare all’usura per procurarsi le risorse economiche, agevola il riciclaggio e fa nascere situazioni
contenziose extragiurisdizionali.
Inoltre, sotto un profilo più squisitamente soggettivo – e nei limiti entro i quali l’ordinamento può
interessarsi di tali aspetti – l’elemento essenziale dell’alea fa sì che arricchimento ed impoverimento
siano circostanze imprevedibili, con conseguente diminuzione delle capacità di auto-limitazione da
parte del giocatore.
Tali, in definitiva, le ragioni giustificatrici degli artt. 718 e ss. cod. pen. che prevedono il divieto
del gioco d’azzardo.
2. Invero la coerenza del sistema, che già aveva già subìto un vulnus da una serie di provvedimenti
che, nonostante tale divieto, avevano istituito quattro case da gioco, ha ricevuto un ulteriore
ridimensionamento nell’ultimo decennio da quando, cioè, il legislatore ha intrapreso una politica
espansiva del fenomeno delle scommesse, gestite anche in regime di monopolio, in cui l’elemento
aleatorio, se non esclusivo, risulta predominante.
Con l’effetto di riservare allo Stato lo svolgimento di attività di gioco che presentano, in larga
parte, i caratteri dell’azzardo.
In altri termini, si è verificata un’inarrestabile crescita del fenomeno dei giochi gestiti anche in
forma monopolistica dallo Stato, nei quali la componente dell’alea assume un rilievo predominante,
crescita determinata anche dall’esigenza di “fare cassa” a beneficio della finanza pubblica (Cons.
Stato, sez. VI, n. 4321/2008).
Di qui la rilevata contraddittorietà, da un lato, della criminalizzazione del gioco d’azzardo e,
dall’altro, della tendenza dello Stato ad incentivare la diffusione di giochi che si fondano
essenzialmente sul medesimo meccanismo.
3. Parallelamente si è andato sviluppando, come in altri paesi europei, un ulteriore fenomeno – cui
è possibile solo accennare – idoneo ad introdurre nuovi elementi di incertezza del sistema.
Il settore dello scommesse, che aveva caratteri prevalentemente nazionali, è divenuto di grande
interesse per gli operatori economici stranieri, per i quali il nostro Paese rappresenta un mercato
importante.
La materia è stata oggetto di numerose pronunce da parte di giurisdizioni supreme, sia nazionali
che comunitarie.
L’attuale punto d’arrivo è costituito dalla cd. sentenza Placanica (cause n. 338/04, 359/04 e 360/04
del 6 marzo 2007), nella quale la Corte di giustizia – tra l’altro – verificato che il legislatore italiano
persegue una politica espansiva nel settore dei giochi d’azzardo allo scopo di incrementare le entrate
fiscali, ha ritenuto che nessuna giustificazione della normativa italiana può essere fatta derivare dagli
obiettivi di limitare la propensione al gioco dei consumatori o di limitare l’offerta di giochi e che, in
astratto, l’obiettivo della prevenzione dell’esercizio delle attività di gioco d’azzardo per fini criminali
o fraudolenti, canalizzandole in circuiti controllabili – obiettivo che viene identificato come lo scopo
reale della normativa italiana – può giustificare le limitazioni alle libertà comunitarie. Lascia però al
giudice nazionale la verifica del rispetto del criterio della proporzionalità con cui queste misure sono
state adottate.
A tale pronuncia è poi seguita – tra le altre – la sentenza della Corte di Cassazione, sez. III penale,
n. 16928/2007.
La linea di tendenza che si profila – come è stato notato – è dunque quella della trasformazione del
settore delle scommesse in un vero e proprio mercato, passando da un regime di monopolio a forme di
regolamentazione, pur se intensa, sempre più aperte.
4. La più recente evoluzione giurisprudenziale – anche comunitaria – tende quindi a sottolineare
che l’ordine pubblico e la prevenzione della criminalità – che spesso si avvale di questo tipo di attività
per riciclare il cd. denaro sporco – sono le ragioni giustificatrici della normativa in materia di
scommesse.
In definitiva, quindi, la politica espansiva in tale settore, pur contraddicendo lo scopo sociale di
limitare la propensione al gioco è, tuttavia, coerente con quello di evitarvi, per quanto possibile, le
infiltrazioni criminali e di canalizzare le attività del gioco in circuiti controllabili (Cons. Stato, sez. VI,
n. 5644/2006; idem, 4321/2008).
Più in particolare, è stato precisato che le citate esigenze di ordine pubblico sono connesse alla
necessità di mantenere il controllo pieno e unitario sui flussi economici e finanziari rivenienti dalla
gestione del gioco (Cons. Stato, sez. IV, n. 4115/2008).
Pare, quindi, che parte delle ragioni ispiratrici della punibilità del gioco d’azzardo – con particolare
riferimento alla necessità “sociale” di limitare la propensione al gioco – stiano affievolendo e si
enfatizzino piuttosto ragioni di tutela della sicurezza pubblica e dell’ordine pubblico, inteso in senso
stretto, e quindi identificato con riferimento ai compiti di polizia e sicurezza dello Stato.
Tale è del resto l’orientamento in materia della Corte Costituzionale che, con la sentenza n. 185 del
2004 – richiamata dall’Ammini-strazione riferente – ha ritenuto come “la ratio dell’incriminazione
non risieda nel disvalore che il gioco d’azzardo esprimerebbe in sé, come pure talvolta si è sostenuto.
Anche in esso si manifestano infatti propensioni individuali (impiego del tempo libero, svago,
divertimento) che appartengono di norma ai differenti stili di vita dei consociati; stili di vita, i quali, in
una società pluralistica, non possono formare oggetto di aprioristici giudizi di disvalore. Le fattispecie
penali di cui agli artt. 718 e ss., rispondono invece all’interes-se della collettività a veder tutelati la
sicurezza e l’ordine pubblico in presenza di un fenomeno che si presta a fornire l’habitat ad attività
criminali. La stessa preoccupazione è stata del resto avvertita anche a livello comunitario: la Corte di
giustizia, in più di una occasione (sentenza 21 ottobre 1999, causa C-67/98 e sentenza 24 marzo 1994,
causa C-275/92), ha affermato che spetta agli Stati membri determinare l’ampiezza della tutela
dell’impresa con riferimento al gioco d’azzardo ed ha fondato la discrezionalità di cui devono godere
le autorità nazionali, oltre che sulle sue dannose conseguenze individuali e sociali, proprio sugli
elevati rischi di criminalità e di frode che ad esso si accompagnano”.
5. La internazionalizzazione del mercato delle scommesse è, ovviamente, strettamente conseguente
allo sviluppo delle nuove tecnologie e, in particolare, all’uso diffuso dei canali telematici (Internet,
telefono cellulare e TV digitale).
I paesi dell’Unione sono dunque impegnati a governare il fenomeno del gioco – in tutte le sue
manifestazioni – nei nuovi scenari offerti dallo sviluppo tecnologico, come si dirà di seguito a
proposito dei giochi on-line.
Fenomeno che, indubbiamente, pone problemi nuovi e seri, come si desume anche da talune
iniziative legislative di disciplina del settore (es. d.d.l. n. 284, Baio e altri, XVI legislatura, Senato) che
partono dalla constatazione che è ormai in atto un passaggio verso forme di gioco sempre meno
“sociali”, cioè sempre più solitarie e quindi prive di controllo e che, in taluni casi, possono sfociare in
vere e proprie psico-patologie.
6. In tale quadro complessivo si colloca il quesito proposto dal Ministero dell’interno, le cui
perplessità ermeneutiche costituiscono un sintomo evidente delle difficoltà in cui si muove oggi
l’interprete alle prese con una legislazione che sta perdendo i caratteri di organicità e unitarietà.
Per tale ragione copia del presente parere verrà trasmesso alla Presidenza del Consiglio dei ministri
– Segretariato generale – per l’assunzione delle eventuali iniziative di coordinamento normativo.
Da più parti, difatti, si richiede l’emanazione di una legge di settore in materia.
7. Il dubbio interpretativo concerne dunque il comma 1, lett. b), dell’art. 38, come modificato
dall’art. 1, comma 93, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, con particolare riferimento alla parte
introdotta da tale ultima legge.
Secondo quanto riferisce l’Amministrazione dell’interno, infatti, alcune associazioni private di
giocatori di poker, nella variante denominata “texas hold’em” o “poker sportivo”, sono state indotte a
ritenere che ogni gioco di carte realizzato dal vivo, anche se d’azzar-do, qualora venga praticato con le
modalità previste dall’art. 38, verrebbe a configurarsi quale gioco di abilità.
La questione posta non riguarda, pertanto, la liceità del poker “texas hold’em” realizzato on line,
cui comunque si applica la disciplina del decreto del Ministero dell’economia e delle finanze 17
settembre 2007, n. 186, di cui si dirà.
8. Al riguardo occorre in primo luogo evidenziare che l’art. 1, comma 93, della legge 27 dicembre
2006, n. 296, («i giochi di carte di qualsiasi tipo, qualora siano organizzati sotto forma di torneo e nel
caso in cui la posta di gioco sia costituita esclusivamente dalla sola quota di iscrizione, sono
considerati giochi di abilità;») deve essere interpretato secondo un criterio sistematico e, pertanto,
tenendo conto del plesso normativo in cui si inserisce la disposizione (incivile est, nisi tota lege
perspecta ecc.).
Tale considerazione rimanda, quindi, alla ratio complessiva che ha ispirato l’art. 38, comma 1, del
d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.
Tale ratio è normativamente – e chiaramente – espressa sia nella rubrica dell’articolo (“Misure di
contrasto del gioco illegale”) sia nell’alinea (“contrastare la diffusione del gioco irregolare ed illegale,
l’evasione e l’elusione fiscale nel settore del gioco, nonché di assicurare la tutela del giocatore”).
Con la conseguenza che, come osserva anche il Ministero, la ragione giustificatrice di tali
disposizioni si sostanzia – e si esaurisce – nella disciplina normativa dei c.d. skill games, cioè dei
giochi di abilità a distanza con vincita in denaro gestiti dallo Stato, al fine di consentire a taluni
soggetti di gestirli tramite la rete Internet.
Che tale sia, del resto, la ratio delle disposizioni citate consegue anche dalla successione degli
enunciati normativi secondo il seguente ordine logico: 1) previsione di regolamenti per contrastare la
diffusione del gioco irregolare ed illegale, etc.; 2) determinazione oggettiva del regolamento (i giochi
di abilità a distanza con vincita in denaro nei quali il risultato dipende, in misura prevalente rispetto
all’elemento aleatorio, dall’abilità dei giocatori); 3) assimilazione a tali giochi di abilità a distanza,
normativamente sancita – ma pur sempre ai fini previsti dalla norma – dei giochi di carte di qualsiasi
tipo, qualora siano organizzati sotto forma di torneo e nel caso in cui la posta di gioco sia costituita
esclusivamente dalla sola quota di iscrizione.
Con la conseguenza che – per quanto qui rileva – l’ambito della norma è limitato alla disciplina dei
giochi a distanza e l’assimilazio-ne della specifica tipologia prevista di giochi di carte ai giochi di
abilità avviene ai soli fini di tale disciplina.
A tali previsioni normative, del resto, sono coerentemente seguiti il decreto del Ministero
dell’economia e delle finanze 17 settembre 2007, n. 186, con il quale è stato adottato il regolamento
per la disciplina dei giochi di abilità a distanza con vincita in denaro, e il successivo decreto del
medesimo Ministero del 17 aprile 2008, contenente misure per la sperimentazione di tali giochi.
9. Nessun indizio ermeneutico, pertanto, induce a ritenere che il novum introdotto dall’art. 1,
comma 93, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, possa interpretarsi nel senso che il gioco di carte
“texas hold’em” o “poker sportivo”, realizzato dal vivo, abbia perduto la caratterizzazione di illiceità
che prima lo contraddistingueva, nei casi in cui era ascritto tra i giochi d’azzardo.
La conclusione avversata, del resto, sarebbe in evidente contraddizione con la finalità della legge
che non può essere diretta – come detto – a contrastare la diffusione del gioco irregolare ed illegale
(così come testualmente prevede) e, nel contempo, ad abrogare in parte qua le disposizioni repressive
del gioco d’azzardo.
Del resto, anche sotto un profilo teleologico nulla induce a ritenere che – per tale gioco di carte e
qualora presenti le caratteristiche del gioco d’azzardo – sia venuta meno la ragione giustificatrice del
divieto, sopra detta, consistente prevalentemente nella necessità di tutelare la sicurezza pubblica e
l’ordine pubblico.
Anzi tale esigenza, semmai, per quanto sopra detto, è sempre più imperiosa.
10. Una volta chiarito – secondo l’iter logico-giuridico suggerito dall’Amministrazione – che il
gioco di carte “texas hold’em” non è disciplinato dal decreto-legge n. 223/2006, occorre verificare se
esso si qualifichi come gioco d’azzardo o meno.
È noto che la nozione di gioco d’azzardo è data dall’art. 721 del codice penale che stabilisce che è
tale quello nel quale ricorre il fine di lucro e la vincita o la perdita è interamente o quasi interamente
aleatoria. Sicché per aversi giuoco d’azzardo è necessario il concorso di due elementi, l’uno di
carattere oggettivo, l’aleatorietà della vincita o della perdita, inerente al giuoco stesso, l’altro di
carattere soggettivo, il fine di lucro delle persone partecipanti ed interessate.
È vero che non esiste una catalogazione normativa dei giochi considerati d’azzardo e che pertanto
l’individuazione degli stessi è affidata all’elaborazione giurisprudenziale.
In questo senso – come avverte la stessa Amministrazione – la giurisprudenza prevalente è
dell’avviso che il poker debba essere considerato gioco d’azzardo. In effetti, in base all’argomento che
– se anche la scelta di entrare o meno in gioco, dopo la distribuzione delle carte, dipende dalla
decisione del giocatore – l’ulteriore sviluppo della partita, che porta sino alla sua vittoria, è
determinato, in prevalenza, dal caso.
È stato peraltro da tempo autorevolmente sottolineato che il semplice riferimento al nomen del
gioco potrebbe portare ad un’er-ronea ricostruzione, in quanto un gioco può subire delle modifiche in
relazione alle modalità concrete di svolgimento. In sostanza la valutazione del carattere aleatorio del
gioco deve effettuarsi con riguardo alla natura dello stesso ed alle regole che lo governano, onde
accertare quanta parte dell’esito, positivo o negativo, è rimessa al caso e quanta, invece, dipende
dall’abilità e dalla perizia del giocatore.
A ragione, pertanto, l’Amministrazione sostiene che il poker, in via astratta qualificabile come
gioco d’azzardo, potrebbe divenire lecito in relazione alle specifiche modalità di svolgimento.
11. Il Ministero dell’interno ritiene che la realizzazione di tali manifestazioni debba essere vietata
qualora la partecipazione ai tornei sia consentita previo versamento di una quota di iscrizione di valore
“tutt’altro che modesto”.
Tali conclusioni sono da condividere, con la precisazione che il fine di lucro sussiste anche quando
la posta ha un valore minimo (Cass. n. 33253 del 2 agosto 2007; sez. III, n. 4271 del 26 febbraio 1991)
ovvero modesto (sez. III, n. 1722 del 7 febbraio 1986; sez. III,
.n. 1784 del 5 dicembre 1984) o di scarsa entità (sez. VI, n. 693 del 13 aprile 1967) o tenue (sez. III,
n. 1026 del 3 marzo 2000; sez. VI, n. 455 del 24 febbraio 1970; sez. VI, n. 693 del 13 aprile 1967; sez.
IV,
.n. 1106 del 18 aprile 1966).
Va escluso invece quando tale valore sia del tutto irrilevante (Cass. Penale n. 33253 del 2 agosto
2007; sez. III, n. 4271 del 26 febbraio 1991) o quando la posta sia talmente tenue da indurre a ritenere
non sussistente lo scopo di conseguire un guadagno economicamente apprezzabile (sez. III, n. 7144
del 6 maggio 1998).
Sembra invece recessivo, invece, l’orientamento secondo cui il fine di lucro, ancorché associato ad
altri fini, si ha tutte le volte che il giuoco è esercitato per conseguire vantaggi economicamente
valutabili, salvo che la posta sia esigua, tenuto conto delle modalità del giuoco e della celerità delle
partite, sicché si possa affermare che essa serva esclusivamente a dare maggior vivacità al giuoco; in
tal caso lo scopo del giuoco è il solo divertimento e il lucro non si prospetta né come fine prossimo od
ultimo, né come fine concorrente (sez. III, n. 10750 dell’11 giugno 1986).
In definitiva la giurisprudenza prevalente della Corte di Cassazione sembra escludere il fine di
lucro non se la posta ha un valore minimo (o modesto o di scarsa entità o tenue) ma solo essa sia del
tutto irrilevante o quando sia talmente tenue da indurre a ritenere non sussistente lo scopo di
conseguire un guadagno economicamente apprezzabile.
A tale fattispecie il Ministero aggiunge il caso in cui “la quota di iscrizione è tale da non essere
interamente destinata all’acquisizione dei premi nonché distratta per trarne un vantaggio economico,
ovvero nel caso in cui, per le modalità di organizzazione e svolgimento del gioco, indipendentemente
dalla posta in palio, i fini siano tutt’altro che trasparenti ed eccedano i limiti della legalità”. Tali ultime
limitazioni (“i fini siano tutt’altro che trasparenti ed eccedano i limiti della legalità”) dovrebbero
essere, peraltro, ulteriormente approfondite dall’Amministrazione, al fine di evitare formule preclusive
di incerta determinazione effettiva.
Inoltre, sempre secondo l’Amministrazione:
• “L’importo massimo deve trovare giustificazione unicamente
nello svolgimento delle fasi finali dei tornei di carte dal vivo a carattere nazionale, mentre negli stadi
preliminari o intermedi gli importi delle quote di partecipazione dovrebbero essere sensibilmente
inferiori e stabiliti in rapporto alla tipologia e rilevanza del torneo e, comunque, non superiori ad euro
30.”. Ciò è conforme all’orienta-mento dottrinale e giurisprudenziale secondo cui il fine di lucro non
deve essere inteso in senso assoluto, ma relativo e può essere diversamente valutato in relazione alle
circostanze del caso e al contesto specifico in cui si svolge il gioco. Con la conseguenza che il fine di
lucro è ravvisabile, nonostante la tenuità della posta, quando la stessa posta sia ripetuta più volte, sì da
portare ad una somma che, complessivamente considerata, non può ritenersi economicamente
irrilevante.
• “Quando le partite sono svolte contemporaneamente su più
tavoli, il giocatore che abbia esaurito la dotazione iniziale di fiches assegnate deve essere escluso dalla
competizione, non potendo consentirsi che partecipi ad ulteriori partite nel corso della medesima
manifestazione versando nuove quote di partecipazione.”. E ciò sempre in relazione alla necessità,
sopra detta, di individuare le modalità concrete di svolgimento del gioco ai fini della valutazione della
liceità o meno dello stesso.
• “La persona fisica o giuridica organizzatrice della manifestazione non potrà essere autorizzata a
svolgere nella medesima serata e nella stessa località più di un torneo.”. Si conviene anche su tale
ultima limitazione.
Capitolo VI
Commercio di cose antiche ed usate
1. Le autorizzazioni dopo la riforma del 2001
1
La persona che intende porre in vendita cose antiche od usate ( ) deve presentare al Sindaco una
dichiarazione preventiva, ex art. 126 Tulps, oggi sostituita da una segnalazione certificata di inizio
attività che l’interessato deve presentare ai sensi dell’art. 19 della l. 241/90 (SCIA, ex art. 48-quater,
comma 4-bis della legge di conversione del d.l. 78/2010).
Tale dichiarazione deve contenere:
1) l’indicazione della sede dell’esercizio;
2) l’indicazione della specie del commercio;
– oggetti aventi valore storico od artistico;
oppure
– commercio di oggetti usati di nessun pregio;
L’obbligo della denuncia sussiste anche se tale attività è sussidiaria ad un’altra attività di vendita (si
veda Cass. pen., 17 aprile 1968).
Rimane poi l’obbligo di comunicare al Sindaco il trasferimento od il trapasso dell’azienda (art. 242,
comma 2 reg. Tulps) sanzionato dall’art. 221-bis, secondo comma – € 308,00, autorità competente a
ricevere rapporto prefetto, introiti Comune, mod. F23 – misura interdittiva della cessazione immediata
dell’attività ex art. 17-ter fino a ripristino delle prescrizioni violate. Pertanto nel caso in cui fosse
omessa la presentazione della SCIA scatta la chiusura fino alla presentazione della stessa.
Per gestire un esercizio commerciale per la vendita di cose usate occorre distinguere due fattispecie:
a) compravendita di cose aventi valore storico o artistico intestate al venditore (esempio, cassettoni
di proprietà di antiquario);
b) compravendita di cose usate in procura a vendere (esempio, veicoli che rimangono intestati al
proprietario di origine fino all’individuazione del nuovo compratore, cioè con procura a vendere).
Caso a)
Per essere autorizzati ad effettuare tale attività occorre:
1) avere presentato, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. 114/98, la comunicazione al Sindaco (servizio
commercio), oggi SCIA ad effetto immediato. Nella dichiarazione si deve attestare di essere in
possesso dei requisiti morali prescritti, di aver rispettato i regolamenti locali di polizia urbana,
annonaria ed igienico-sanitaria, i regolamenti edilizi, le norme urbanistiche nonché quelle relative alla
destinazione d’uso, il settore merceologico, l’ubicazione, la superficie di vendita dell’esercizio. La
mancanza della SCIA comporta la chiusura del locale e la sanzione amministrativa pecuniaria di euro
5.164,00 che può raddoppiare nel caso di assenza dei requisiti prescritti per svolgere l’attività;
2) avere presentato, sempre al Sindaco (servizio commercio), la segnalazione certificata di inizio
attività ai sensi dell’art. 126 Tulps, che ha effetti immediati (ex art. 19, l. 241/90) nella quale deve
essere indicata l’ubicazione dell’esercizio, la specie del commercio, e cioè che si tratta di oggetti usati e
non di cose antiche aventi valore storico e artistico. La mancanza di detta denuncia comporta la
chiusura del locale e la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 308,00 ai sensi dell’art. 17-bis
Tulps.
Caso b)
Per essere autorizzati alla compravendita di beni di terzi o in procura a vendere, occorre essere in
possesso dell’autorizza-zione prevista dall’art. 115 Tulps che è rilasciata dal Sindaco a mezzo di SCIA
presentata con le modalità di cui all’art. 19, l. 241/90, pertanto con efficacia immediata. La mancanza
della dichiarazione comporta la chiusura del locale e la sanzione amministrativa pecuniaria di euro
1.032,00, autorità competente a ricevere il rapporto il Sindaco, introiti al Comune, prevista dall’art. 17bis Tulps con la conseguente applicazione della misura interdittiva di cui all’art. 17-ter Tulps della
cessazione
immediata
dell’attività
condotta
in
difetto
di
autorizzazione.
1.1. Cose antiche o cose usate
La definizione di cose antiche od usate può essere desunta dall ’art. 10, comma 4 del d.lgs. 22
gennaio 2004, n. 42 che definisce cose antiche:
a) le cose che interessano la paleontologia, la preistoria e le primitive civiltà;
b) le cose di interesse numismatico;
c) i manoscritti, gli autografi, i carteggi, i documenti notevoli, gli incunaboli nonché i libri, le
stampe e le incisioni aventi carattere di rarità e di pregio;
d) le carte geografiche e gli spartiti musicali aventi carattere di rarità e di pregio artistico o storico;
e) le fotografie con relativi negativi e matrici, aventi carattere di rarità e di pregio artistico o storico.
Definisce poi cose usate quelle che non sono comunque soggette alla particolare tutela delle cose di
interesse artistico e storico e le opere degli autori viventi o la cui esecuzione non risalga ad oltre
cinquanta anni, nonché quelle cose mobili che non possiedono i requisiti delle cose antiche ma che, pur
essendo già state utilizzate nel tempo e quindi consumate o deteriorate, possiedono ancora un valore
commerciale.
L’altra definizione di “cose antiche” la si può recuperare dall’art. 40-bis del d.P.R. 633/72
introdotto dal d.l. 41/95 (detto Dini) che definisce:
– oggetti d’arte:
a) quadri, collage e quadretti simili, pitture e disegni eseguiti interamente a mano dall’artista, ad
eccezione dei piani di architetti, di ingegneri e degli altri progetti e disegni industriali, commerciali,
tipografici e simili, degli oggetti manifatturati decorati a mano, delle tele dipinte per scenari di teatro,
sfondi di studi d’arte o per usi simili;
b) incisioni, stampe e litografie originali, precisamente gli esemplari ottenuti in numero limitato
direttamente in nero o a colori da una o più matrici interamente lavorate a mano dall’ar-tista, qualunque
sia la tecnica o la materia usata, escluso qualsiasi procedimento meccanico e fotomeccanico;
c) opere originali dell’arte statuaria e dell’arte scultoria, di qualsiasi materia, purché siano eseguite
interamente dall’arti-sta; fusioni di sculture a tiratura limitata a otto esemplari (per sculture anteriori
all’1 gennaio 1989 è possibile superare il limite di otto, controllato dall’artista e dagli aventi diritto);
d) arazzi e tappeti murali eseguiti a mano da disegni originali forniti da artisti, a condizione che non
ne esistano più di otto esemplari;
e) esemplari unici in ceramica, interamente eseguiti dall’ar-tista e formati dal medesimo;
f) smalti di rame, interamente eseguiti a mano, nei limiti di otto esemplari numerati e firmati
dall’artista;
g) fotografie eseguite dall’artista, tirate da lui stesso o sotto il suo controllo, firmate e numerate nei
limiti di trenta esemplari, di qualsiasi formato.
Per gli oggetti d’arte di artisti viventi occorre soltanto la SCIA ex art. 7 del d.lgs. 114/98 se la
vendita viene effettuata da terzi mentre se è effettuata dagli stessi artisti la vendita è libera;
– oggetti da collezione:
a) francobolli, marche da bollo, marche postali, buste primo giorno di emissione, interi postali e
simili, obliterati o non obliterati ma non aventi corso né destinati ad avere corso;
b) collezioni ed esemplari per collezioni di zoologia, di botanica, di mineralogia, di anatomia o
aventi interesse storico, archeologico, paleontologico, etnografico o numismatico;
– oggetti di antiquariato: beni diversi dagli oggetti d’arte e da collezione aventi più di cento anni di
età.
È vietato il commercio di “cose antiche” su aree pubbliche. Gli operatori di “cose antiche” sono
antiquari mentre quelli di “cose usate” sono rigattieri. Sono soggetti alla disciplina del d.lgs. 114/98.
Devono pertanto possedere i requisiti previsti dall’art. 5 del d.lgs. 114/98 e presentare l’apposita
SCIA al Comune dove ha sede l’attività. L’attività può avere avvio immediatamente ex art. 19 l.
241/90.
Gli artigiani orafi non sono più soggetti al rilascio dell’auto-rizzazione prevista dall’articolo 127 del
Tulps, infatti l’articolo 16 del d.lgs. 112/98 ha modificato l’articolo in oggetto del Tulps esonerando “i
cesellatori, gli orafi, gli incastratori di pietre preziose e gli esercenti industrie o arti affini” dall’obbligo
di ottenere questa autorizzazione. Il Ministero degli interni con nota
n. 559 del 30 dicembre 1999 ha però precisato che gli artigiani sono comunque soggetti a tenere il
registro delle operazioni previsto dall’articolo 128 Tulps.
Dopo la modifica introdotta dall’art. 10, comma 1, lettera a) legge 28 novembre 2005, n. 246 non è
più previsto l’obbligo di registrazione delle operazioni relative alla vendita di preziosi nuovi.
2
2. Registri obbligatori ( )
Occorre distinguere i registri obbligatori per le due tipologie sopracitate ed in particolare:
a) compravendita di cose antiche aventi valore artistico di proprietà dell’esercente: il registro è
quello previsto dall’art. 128 Tulps e vi devono essere registrate:
1) le generalità di coloro con i quali siano compiute le operazioni;
2) la data dell’operazione;
3) la specie della merce venduta o comprata;
4) il prezzo pattuito.
La mancanza del registro, il compimento di operazioni con persone sprovviste di documenti,
l’omessa esibizione o l’omessa conservazione sul posto in cui è esercitata l’attività determinano la
contestazione della violazione amministrativa prevista dall’art. 17-ter del Tulps, comma 3 (sanzione di
€ 308,00, Sindaco autorità competente, introiti al Comune) senza la previsione di misure interdittive di
cui all’art. 17-ter, primo comma Tulps ma solo dell’eventuale sanzione accessoria ex art. 17-quater
Tulps. Mentre per quanto attiene all’errata compilazione dello stesso (art. 247 reg. di esecuzione
Tulps) la stessa rimane reato e comporta pertanto il deferimento all’autorità giudiziaria per il reato
3
previsto dall’art. 221 Tulps (arresto fino a due mesi o ammenda fino a € 103,00) ( );
b) compravendita di cose usate in procura a vendere: il registro è quello previsto dall’art. 115 Tulps
e vi devono essere registrate:
1) le generalità del committente;
2) la data;
3) la natura della commissione;
4) il premio pattuito;
5) l’esito dell’operazione.
Nel caso di mancanza del registro è prevista una violazione amministrativa pecuniaria di € 1.032,00
(art. 17-bis Tulps), mentre l’irregolare tenuta del registro comporta l’applicazione di una sanzione
amministrativa pecuniaria di € 308,00 (art. 221-bis Tulps). Autorità competente Sindaco, introiti al
Comune.
3. I prezzi
La legge prevede l’obbligo per gli esercenti di cui alla lettera a) del punto 1 di esporre il cartellino
prezzi, o con altre modalità idonee allo scopo, nelle vetrine esterne, all’ingresso del locale, nelle
immediate adiacenze dell’esercizio, in modo chiaro e ben leggibile. La mancata esposizione,
l’esposizione non chiara o non ben leggibile è sanzionata con € 1.032,00 ai sensi del d.lgs. 114/98,
autorità competente Sindaco, introiti al Comune.
4. Tabella merceologica
Per gli esercizi di cui al capo a) del punto 1 possono essere posti in vendita solamente i generi
compresi nel settore merceologico indicato nella comunicazione e nella denuncia di inizio attività (non
alimentare e solo mobili antichi). La vendita di generi diversi comporta la stessa sanzione prevista per
la mancata autorizzazione, vale a dire € 5.164,00 ai sensi del d.lgs. 114/98, autorità competente
Sindaco, introiti al Comune.
Per quelli di cui al capo b) del punto 71 possono essere intermediati solo le merci od i beni
autorizzati in licenza. La vendita di prodotti diversi comporta una sanzione di € 1.032,00 ai sensi degli
artt. 9 e 17-bis Tulps, autorità competente Sindaco, introiti al Comune.
5. Orari
L’orario dell’esercizio di vendita è stabilito dal Sindaco nella fascia oraria 7,00-22,00.
L’inosservanza o il non rispetto comportano una sanzione di € 1.032,00. Si rammenta l’obbligo di
rendere noto al pubblico l’orario di effettiva apertura e chiusura e la mezza giornata di chiusura
infrasettimanale mediante cartelli o altri mezzi idonei di informazione; in caso di inosservanza è
prevista una sanzione di € 1.032,00 (artt. 9 e 17-bis Tulps). Si ricorda, inoltre, che nelle domeniche e
nei giorni festivi gli esercizi devono rimanere chiusi, ad eccezione delle date previste dal Sindaco nelle
quali è consentita l’apertura straordinaria; anche per questa fattispecie il mancato rispetto è sanzionato
con € 1.032,00 ai sensi del d.lgs. 114/98, Sindaco autorità competente, introiti al Comune.
6. Prevenzione incendi
È richiesto il certificato di prevenzioni incendi quando si tratta “materiale cartaceo, stracci e fibre”
(Tabella n. 43, d.m. 16 febbraio 1982, l. 966/65).
In mancanza di tale certificato è prevista la sospensione dell’autorizzazione (art. 2, l. 966/65) oltre
alla denuncia all’auto-rità giudiziaria ex art. 5 l. 818/84.
7. Obblighi a carico degli operatori di polizia
L’articolo 16 del regolamento di esecuzione del Tulps prescrive che i registri di polizia devono
essere esibiti ad ogni richiesta degli ufficiali e degli agenti di pubblica sicurezza i quali devono apporre
la data e la firma ogniqualvolta procedono al loro esame.
La mancata esibizione del registro è sanzionata penalmente dall’art. 221 del Tulps (arresto fino a
due mesi o con l’ammenda fino a € 103,00).
Capitolo VII
I controlli igienico-sanitari negli spacci di somministrazione dei circoli e nei pubblici esercizi
1. Fonti normative
.– Art. 6 del regolamento CE n. 852/2004;
.– le normative speciali specifiche sulla qualità igienica di particolari prodotti o segmenti della
produzione alimentare;
.– le normative di tutela delle “denominazioni di origine” od altre ad esse equivalenti.
2. Il regolamento CE n. 852/2004
Qualora occorra aprire locali destinati alla somministrazione di alimenti e bevande non si deve più
presentare domanda volta ad ottenere la vecchia e oramai superata autorizzazione sanitaria ma, come
disposto dall’articolo 6 del regolamento CE
n. 852/2004, notificare all’Autorità sanitaria competente, secondo le disposizioni regionali, ciascun
locale/stabilimento in cui si esegua ciascuna delle fasi di produzione, trasformazione e distribuzione di
alimenti ai fini della registrazione dello stesso stabilimento.
La notifica deve essere presentata tramite comunicazione nella forma dell’autocertificazione
mediante la quale l’impren-ditore dichiara che l’esercizio possiede i requisiti minimi prestabiliti dalla
norma in funzione dell’attività svolta.
Spetta poi agli operatori dell’Azienda Usl verificare la rispondenza di tali dichiarazioni.
Il regime sanzionatorio per la mancata presentazione della notifica sanitaria è stato introdotto con
l’art. 6 del d.lgs. 193/2007.
3. Legge 283/62
Tale normativa è la legge quadro in materia di igiene dei prodotti alimentari.
• Art. 18, questa disposizione non contiene ipotesi di reato, ma introduce una clausola di riserva a
favore delle ipotesi penali più gravi a fronte delle infrazioni agli artt. 5, 9, 10, 11, 12, e 17.
Invero la norma così dispone: “Le disposizioni di cui agli artt. 5, 9, 10, 11, 12, e 17 si applicano
quando i fatti ivi contemplati non costituiscono reato più grave ai sensi di altre disposizioni”.
La volontà del legislatore espressa in questa norma è di tutta chiarezza e volge nel senso di dare
precedenza comunque “ad illeciti penali più gravi” rispetto a quelli previsti nei sei articoli sopra
elencati.
In altri termini, per espressa volontà del legislatore, in questi casi è inoperante il “principio di
specialità” di cui all’art. 9 della legge n. 689/81 regolante i rapporti tra illecito amministrativo ed
illecito penale.
4. I collegamenti con il d.lgs. 155/97 in tema di autocontrollo
Il d.lgs. 155/97, intitolato “Attuazione delle direttive 93/43/ CEE e 96/3/CEE concernenti l’igiene
dei prodotti alimentari”, mira a conseguire la qualità della “sicurezza igienica” dei prodotti alimentari
attraverso l’attuazione del principio dell’auto-controllo aziendale fondato sul sistema c.d. HACCP
(Hazard Analysis and Critical Control Points).
Il sistema sanzionatorio è stato introdotto con il d.lgs. 193/2007.
Per quanto attiene all’ipotesi di infrazione, non depenalizzata, di cui all’articolo 5, lettera d)
(“sostanza alimentare ... comunque nociva”) della legge n. 283/62: ipotesi di reato, quest’ultima, che
l’articolo 3 della legge della depenalizzazione non solo non scalfisce, ma che, come si ricorderà,
mantiene anche come “privilegiata” nel sottrarla all’applicazione del principio di specialità rispetto ad
un concorrente illecito amministrativo.
Peraltro, è il caso ancora di ricordare, oltre all’applicazione della norma penale di cui all’articolo 5,
lett. d), suddetta, si potrà in concorso contestare anche la violazione dell’articolo 444 del codice penale
(in caso di “dolo”) o dell’articolo 452 dello stesso codice (in caso di “colpa”).
5. Gli esercizi pubblici ed il nuovo sistema sanzionatorio in materia di igiene degli alimenti e
bevande alla luce delle modifiche introdotte sia dalla legge 25 giugno 1999, n. 205 che dal
decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507
Il primo tema da affrontare è quello relativo alle tecniche che il legislatore ha introdotto per operare
la depenalizzazione delle principali norme igienico-sanitarie di riferimento:
a) depenalizzazione generale
Art. 1 del d.lgs. 507/99: “Sono trasformate in illeciti amministrativi, soggetti alle sanzioni stabilite
dagli artt. 2 e 3, le violazioni previste come reato dalle leggi comprese nell’elenco allegato al presente
decreto legislativo e da ogni altra disposizione in materia di produzione, commercio e igiene degli
alimenti, nonché di tutela della denominazione di origine dei medesimi”.
b) depenalizzazione specifica
È l’art. 70 del decreto che provvede a depenalizzare gli artt. 201 e 221 del Tullss (r.d. 1265/34).
Le ipotesi di reato, in materia, sottratte alla depenalizzazione si possono distinguere in:
• Casi espliCiti
Artt. 5, 6 e 12 l. 283/62 anche in deroga al principio di specialità dell’art. 9 della l. 689/81: le
disposizioni e le sanzioni penali di questi articoli di legge saranno pertanto applicabili e preferite anche
quando sulla stessa vicenda concreta sarebbe configurabile l’applicazione di una norma amministrativa.
• Casi impliCiti
Art. 8 d.lgs. 155/97
Si segnalano inoltre le modifiche alla legge 283/62 (artt. 5, 6, 12) (attuazione delle modifiche
apportate dall’art. 6 del d.lgs. 507/99), che hanno rese alternative, da congiunte che erano, le pene
dell’arresto e dell’ammenda con ciò determinando (art. 3, comma primo, lettera b) l. 205/99):
a) che l’autore del reato può ottenere il proscioglimento previo pagamento di un’oblazione pari alla
metà del massimo dell’ammenda ed ottenere l’ulteriore beneficio previsto dalla legge 479/99 in materia
di oblazione (riammissione in termini automatica);
b) che di fatto si consente di mantenere al soggetto la “verginità processuale” dato che potrà fare un
ricorso infinito all’oblazione;
c) che il massimo imputabile di € 46.481,00 è inferiore a € 92.962,00 somma prevista per gli illeciti
amministrativi introdotti dalla riforma nella materia.
6. Le sanzioni accessorie (art. 3, lett. f) l. 205/99, art. 3 d.lgs. 507/99)
Le sanzioni accessorie vengono definite richiamando un’im-postazione del vecchio regime penale
ed in particolare si ha:
.– le pene accessorie previste in materia penale sono trasformate in sanzioni amministrative
accessorie;
.– le pene accessorie previste nei casi di recidiva oggi si applicano nei casi di reiterazione (ex art. 8bis l. 689/81 introdotto dall’art. 94 del d.lgs. 507/99).
Le sanzioni amministrative accessorie (disposte dall’autori-tà amministrativa con l’ordinanzaingiunzione).
SANZIONI ACCESSORIE ex art. 3 d.lgs. 507/99:
– nel caso di reiterazione specifica:
a) chiusura dello stabilimento o dell’esercizio da un minimo
di 5 giorni ad un massimo di 3 mesi;
b) sospensione fino ad un massimo di tre mesi;
c) revoca della licenza, dell’autorizzazione o dell’analogo
provvedimento amministrativo che consente l’esercizio dell’at-tività;
– per i fatti di particolare gravità (pericolo per la salute): a) chiusura definitiva dello stabilimento o
dell’esercizio; b) revoca della licenza, dell’autorizzazione o dell’analogo
provvedimento amministrativo che consente l’esercizio dell’at-tività;
SANZIONI ACCESSORIE SPECIFICHE (art. 7 d.lgs. 507/99): per una violazione in materia di
produzione, commercio e igiene degli alimenti e delle bevande o di tutela della denominazione di
origine dei medesimi.
Affissione o pubblicazione del provvedimento che accerta la violazione a spese del soggetto: quando
è applicata una sanzione amministrativa pecuniaria non inferiore a € 7.746,00: è disposta dal giudice o
dall’autorità amministrativa in sede di ordinanza-ingiunzione con le modalità di cui all’art. 36 c.p.
In tutti i casi in cui possono essere applicate sanzioni amministrative accessorie non è ammesso il
pagamento in misura ridotta (art. 3, comma 3 d.lgs. 507/99).
7. La reiterazione amministrativa
L’art. 8-bis l. 689/81 definisce il concetto di reiterazione amministrativa ed in particolare precisa
che: salvo quanto previsto da speciali disposizioni di legge (vedi art. 22, comma 2 d.lgs. 114/98: “La
recidiva si verifica qualora sia stata commessa la stessa violazione per due volte in un anno, anche se si
è proceduto al pagamento della sanzione mediante oblazione”) si ha reiterazione quando:
a) nei 5 anni successivi alla commissione di una violazione amministrativa, accertata con
provvedimento esecutivo, lo stesso soggetto commette un’altra violazione della stessa indole;
b) quando più violazioni della stessa indole, commesse nel quinquennio, sono accertate con unico
provvedimento esecutivo.
Si considerano della stessa indole:
a) le violazioni della medesima disposizione; REITERAZIONE SPECIFICA;
b) quelle di disposizioni diverse che, per la natura dei fatti che le costituiscono o per le modalità
della condotta, presentano una sostanziale omogeneità o caratteri fondamentali comuni.
La reiterazione non opera:
a) nel caso di pagamento in misura ridotta;
b) se le violazioni amministrative successiva alla prima sono commesse in tempi ravvicinati e
riconducibili ad una programmazione unitaria.
Gli effetti della reiterazione:
a) possono essere sospesi sino a quando il provvedimento
che accerta la violazione precedentemente commessa sia divenuto definitivo;
b) cessano di diritto nel caso in cui il provvedimento che accerta la precedente violazione sia
annullato.
8. Competenza a ricevere ricorsi a ordinanze-ingiunzioni
L’art. 98 d.lgs. 507/99 introduce l’art. 22-bis l. 689/81 precisando che l’opposizione all’ordinanzaingiunzione in materia di igiene degli alimenti e delle bevande si propone davanti al Tribunale.
Occorre pertanto ricordarsi di prevedere nelle singole ordinanze di segnalare questa autorità.
9. Effetti dell’entrata
in vigore del regolamento CE n. 852/2004 selezionati per i casi
riferentisi agli esercizi pubblici ed ai circoli privati
Qualora occorra aprire locali destinati alla somministrazione di alimenti e bevande non si deve più
presentare domanda volta ad ottenere la vecchia e oramai superata autorizzazione sanitaria ma, come
disposto dall’articolo 6 del regolamento CE
n. 852/2004, notificare all’Autorità sanitaria competente, secondo le disposizioni regionali, ciascun
locale/stabilimento in cui si esegua ciascuna delle fasi di produzione, trasformazione e distribuzione di
alimenti ai fini della registrazione dello stesso stabilimento.
La notifica deve essere presentata tramite comunicazione nella forma dell’autocertificazione
mediante la quale l’impren-ditore dichiara che l’esercizio possiede i requisiti minimi prestabiliti dalla
norma in funzione dell’attività svolta.
Spetta poi agli operatori dell’Azienda Usl verificare la rispondenza di tali dichiarazioni.
Il regime sanzionatorio per la mancata presentazione della notifica sanitaria è stato introdotto con
l’art. 6 del d.lgs. 193/2007.
10. Principali reati penali ancora in vigore
Art. 5 legge 283/62
I divieti dell’art. 5 riguardano:
a) i prodotti alimentari “finiti”;
b) le materie prime;
c) gli ingredienti per la loro preparazione.
(Contrasto con d.lgs. 155/97)
Questi divieti non presuppongono il fine di lucro ma operano sempre anche in caso di gratuità o di beneficenza.
Dispositivo:
“È vietato impiegare nella preparazione di alimenti o bevande, vendere, detenere per vendere o
somministrare come mercede ai propri dipendenti, o comunque distribuire per il consumo
sostanze alimentari:
a) private anche in parte dei propri elementi nutritivi o mescolate a sostanze di qualità inferiore o
comunque trattate in modo da variarne la composizione naturale...”.
Si richiama il concetto di “genuinità”, cioè di composizione “tradizionale” che deve corrispondere a
determinati parametri di qualità;
b) in cattivo stato di conservazione.
Si tratta di una norma di prevenzione generale che sanziona
le cattive “modalità” di conservazione, cioè: 1) senza il rispetto della data di scadenza; 2) senza il
rispetto delle regole prescritte (temperatura ecc.); 3) senza una idonea forma di protezione da
possibili conta
minazioni ambientali.
Basta solo il pericolo, non necessita che siano già avvenuti il degrado bio-chimico del prodotto o la
sua effettiva contaminazione;
c) con cariche microbiche superiori ai limiti che saranno stabiliti dal regolamento di esecuzione o da
ordinanze ministeriali.
Limiti mai stabiliti; solo pochi alimenti hanno questi valori (latte e derivati, ovoprodotti, molluschi
eduli lamellibranchi);
d) insudiciate, invase da parassiti, in stato di alterazione o comunque nocive, ovvero sottoposte a
lavorazioni o trattamenti diretti a mascherare un preesistente stato di alterazione.
Due sono le situazioni che vengono sanzionate: a) l’impiego o la distribuzione al consumo di
sostanze alimentari “comunque nocive” – ovvero di sicura incidenza sfavo
revole del consumo dell’alimento sulla condizione di benessere psico-fisico del consumatore (Pezzo di
vetro in una coppa gelato è lettera d) – capello in un brodo è lettera b));
b) la sottoposizione della sostanza alimentare “a lavorazioni
o trattamenti diretti a mascherare un preesistente stato di alterazione”
– lettera g)
“con aggiunta di additivi chimici di qualsiasi natura non autorizzati con decreto del Ministero
della sanità o, nel caso che siano stati autorizzati, senza la osservanza delle norme prescritte per il
loro impiego”.
Si tratta della sofisticazione chimica, cioè dell’uso di additivi alimentari che non sono autorizzati.
Spesso si applica anche l’art. 516 c.p., vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine.
– lettera h)
“che contengono residui di prodotti, usati in agricoltura per la protezione delle piante ed a difesa
delle sostanze alimentari immagazzinate, tossici per l’uomo ...”.
Contaminazione di derrate alimentari per azione di “pesticidi” o di “fitofarmaci”.
Reati in concorso: art. 6 l. 283/62 e art. 444 c.p., commercio di sostanze alimentari contraffatte o
adulterate.
Art. 6 legge 283/62
La norma contiene disposizioni concernenti le autorizzazioni per i produttori ed i commercianti di
fitofarmaci e pesticidi, nonché norma a sanzionare la “frode tossica o comunque dannosa alla salute”
con pene accessorie che si riassumono:
a) esclusione del beneficio della “sospensione condizionale della pena”;
b) esclusione del beneficio della non menzione della condanna nel certificato penale;
c) pubblicazione annuale a cura del Ministero della sanità dell’elenco dei condannati per frodi e
sofisticazioni alimentari le cui sentenze siano divenute irrevocabili.
L’art. 6, comma 1 del d.lgs. 507/99 modifica il comma 3 dell’art. 6, l. 283/62 prevedendo
l’alternanza della pena dell’arre-sto fino ad un anno con l’ammenda da € 309,00 a € 30.987,00
per le violazioni di cui agli artt. 6 e 5, lettere a), b), c), g). Mentre per le lettere d) e h) si applicano le
pene dell’arresto da tre mesi ad un anno o dell’ammenda da € 2.582,00 a € 46.481,00 (aggravando le
previsioni
per
la
lettera
d)).
Art. 12 legge 283/62
“È vietata l’introduzione nel territorio della Repubblica di qualsiasi sostanza destinata alla
alimentazione non rispondente ai requisiti prescritti dalla presente legge”.
I contravventori sono puniti con le pene previste dall’artico-lo 6 se le sostanze sono destinate al
commercio. Negli altri casi si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da € 516,00 a € 3.098,00
(modifica introdotta dall’art. 6, comma 1, lettera b) d.lgs. 507/99).
Tali disposizioni pongono a carico dell’importatore l’obbligo di introdurre in Italia solo sostanze
destinate all’alimentazione rispondenti ai requisiti prescritti dalla l. 283/62.
La giurisprudenza subordina la configurabilità di una responsabilità anche a solo titolo di colpa a
carico dell’importatore ad una reale possibilità di manipolazione o alterazione e con la possibilità di
procedere
al
controllo
della
merce
attraverso
appropriate
analisi.
Art. 12-bis legge 283/62
Introdotto dall’art. 6, comma 1, lettera c) prevede:
– le pene accessorie della chiusura definitiva o della revoca della licenza per i reati di cui agli artt.
5, 6 e 12 della l. 283/62 disposte dal giudice quando si sono accertati la particolare gravità ed il
pericolo per la salute.
Tali pene possono essere applicate, indipendentemente dal pericolo o dalla gravità dei fatti, se il
fatto è commesso da persona già condannata con sentenza irrevocabile per reato commesso con
violazione delle norme in materia di produzione, commercio e igiene degli alimenti e delle bevande.
Tali pene accessorie si applicano anche quando i fatti previsti dagli artt. 5, 6 e 12 costituiscono un
più
grave
reato
ai
sensi
di
altre
disposizioni
di
legge.
Codice penale
Si elencano di seguito i reati per manipolazioni o frodi alimentari tuttora vigenti:
.– 439 (avvelenamento di acque o di sostanze alimentari);
.– 440 (adulterazione e contraffazione di sostanze alimentari prima della distribuzione, rendendole
pericolose per la salute pubblica);
.– 441 (adulterazione o contraffazione di altre cose a danno della salute pubblica);
– 442 (commercio di sostanze alimentari contraffatte o adulterate);
.– 444 (commercio di sostanze alimentari nocive);
.– 452 (delitti colposi contro la salute pubblica).
Reati contro la protezione della genuinità degli alimenti e contro la buona fede dei consumatori:
.– 515 (frode nell’esercizio del commercio);
.– 516 (vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine);
.– 517 (vendita di prodotti industriali con segni mendaci).
A tali disposizioni si applica il principio di prevalenza sugli illeciti amministrativi in materia
alimentare così come enunciato dal punto 2.22 della relazione al d.lgs. 507/99.
L’articolo 5 del d.lgs. 507/99 introduce il nuovo articolo 517-bis:
“Le pene stabilite dagli artt. 515, 516 e 517 sono aumentate se i fatti da essi previsti hanno ad
oggetto alimenti o bevande la cui denominazione di origine geografica o le cui specificità sono protette dalle norme vigenti”.
“Negli stessi casi, il giudice, nel pronunciare condanna, può disporre, se il fatto è di particolare
gravità o in caso di recidiva specifica, la chiusura dello stabilimento o dell’esercizio in cui il fatto è
stato commesso da un minimo di 5 giorni ad un massimo di tre mesi, ovvero la revoca della licenza,
dell’autorizzazione o dell’ana-logo provvedimento amministrativo che consente lo svolgimento
dell’attività commerciale nello stabilimento o nell’esercizio stesso”.
Occorre rammentare che quando le Procure della Repubblica rinviano i fascicoli relativi ai reati
oggi depenalizzati e per i quali non è ammesso il pagamento in misura ridotta, solo in questo caso, è
obbligatorio applicare la violazione amministrativa in misura ridotta (art. 102, comma 5 d.lgs. 507/99).
Capitolo VIII
Il procedimento sanzionatorio amministrativo del Tulps
Il testo unico delle leggi di pubblica sicurezza è stato approvato con un regio decreto, il n. 773,
pubblicato sul supplemento alla G.U. 26 giugno 1931, n. 146; di pari passo, il relativo regolamento di
esecuzione, n. 635, è stato approvato con analogo decreto reale (pubblicato nella G.U. n. 149 del 26
giugno 1940), posto che per l’art. 7 dello “Statuto del Regno” solo il Re sanziona(va) le leggi e le
promulga(va).
I due testi risentono ovviamente del sistema giuridico nel quale si vengono a collocare e, più in
particolare, del clima politico che contraddistingue il c.d. ventennio fascista. Alla carta fondamentale
del Regno (costituita, di fatto, da una legge ordinaria), succede quindi, l’attuale Costituzione
Repubblicana (rigida), relativamente alla quale l’individuo, da suddito e servitore dello Stato, acquista
la dignità di persona.
Rispetto a tali principi fondamentali si deve conformare l’or-dinamento giuridico, vigente e
previgente ed in tal senso anche il t.u. del 1931 ed il relativo regolamento del 1940 hanno subito nel
tempo questa sorta di adeguamento alla Carta costituzionale, anche se la “schizofrenia” legislativa l’ha
reso di fatto incoerente in più punti.
Il sistema sanzionatorio rimane di natura penale di fatto fino al 1994 quando con la legge delega
561/93 il Parlamento delega il Governo ad una profonda depenalizzazione del Tulps che si concretizza
con il d.lgs. 480/94.
Il sistema sanzionatorio amministrativo prevede l’individua-zione delle fattispecie depenalizzate
inserite nell’art. 17-bis e 221-bis del Tulps rispettivamente per la depenalizzazione delle fattispecie
previste dal Tulps e dal Regolamento di esecuzione.
Essendo la procedura sanzionatoria per le violazioni di tipo esclusivamente amministrativo, la
normativa di riferimento per una corretta applicazione della stessa è la legge 24 novembre 1981, n. 689
e gli artt. 17-ter e quater del Tulps così come introdotti dal d.lgs. 480/94 per l’applicazione delle
misure interdittive e della sanzione amministrativa accessoria.
La normativa che disciplina la materia, come detto sopra, richiama gli artt. 17-bis e 221-bis del
Tulps che definiamo le norme sanzionatrici contenenti cioè le sanzioni amministrative alle disposizioni
della stessa legge e che richiamano il sistema sanzionatorio introdotto dal d.lgs. 480/94 nel Tulps.
1. Le norme di riferimento
R.d. 18 giugno 1931, n. 773
Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza
17-bis. – 1. Le violazioni alle disposizioni di cui agli articoli 59, 60, 75, 75-bis, 76, se il fatto è
commesso contro il divieto dell’autorità; 86, 87, 101, 104, 111, 115, 120, comma 2, limitatamente alle
operazioni diverse da quelle indicate nella tabella; 121, 124 e 135, comma 5, limitatamente alle
operazioni diverse da quelle indicate nella tabella, sono soggette alla sanzione amministrativa del
pagamento di una somma da lire un milione a lire sei milioni.
1.
2. La stessa sanzione si applica a chiunque, ottenuta una delle autorizzazioni previste negli
articoli indicati nel comma 1, viola le disposizioni di cui agli articoli 8 e 9.
2.
3. Le violazioni alle disposizioni di cui agli articoli 76, salvo quanto previsto nel comma 1, 81,
83, 84, 108, 113, comma 5, 120, salvo quanto previsto nel comma 1, 126, 128, 135, escluso il comma 3
e salvo quanto previsto nel comma 1, e 147 sono soggette alla sanzione amministrativa del pagamento
di una somma da lire trecentomila a lire due milioni.
17-ter. – 1. Quando è accertata una violazione prevista dall’art. 17-bis, commi 1 e 2, e dall’art. 221bis il pubblico ufficiale che vi ha proceduto, fermo restando l’obbligo del rapporto previsto dall’art. 17
della legge 24 novembre 1981, n. 689, ne riferisce per iscritto, senza ritardo, all’autorità competente al
rilascio dell’autorizzazione o, qualora il fatto non concerna attività soggette ad autorizzazione, al
questore.
1.
2. Nei casi in cui è avvenuta la contestazione immediata della violazione, è sufficiente, ai fini
del comma 1, la trasmissione del relativo verbale. Copia del verbale o del rapporto è consegnata o
notificata all’interessato.
3. Entro cinque giorni dalla ricezione della comunicazione del pubblico ufficiale, l’autorità di
cui al comma 1 ordina, con provvedimento motivato, la cessazione dell’attività condotta con difetto di
autorizzazione ovvero, in caso di violazione delle prescrizioni, la sospensione dell’attività
autorizzata per il tempo occorrente ad uniformarsi alle prescrizioni violate e comunque per un periodo
non superiore a tre mesi. Fermo restando quanto previsto al comma 4 e salvo che la violazione riguardi
prescrizioni a tutela della pubblica incolumità o dell’igiene, l’ordine di sospensione è disposto trascorsi
trenta giorni dalla data di violazione. Non si dà comunque luogo all’esecuzione dell’ordine di
sospensione qualora l’interessato dimostri di aver sanato le violazioni ovvero di aver avviato le relative
procedure amministrative.
2.
4. Quando ricorrono le circostanze previste dall’art. 100, la cessazione dell’attività non
autorizzata è ordinata immediatamente dal questore.
3.
5. Chiunque non osserva i provvedimenti previsti dai commi 3 e 4, legalmente dati dall’autorità,
è punito ai sensi dell’art. 650 del codice penale.
17-quater. – 1. Per le violazioni previste dall’art. 17-bis e dall’art. 221-bis consistenti
nell’inosservanza delle prescrizioni imposte dalla legge o impartite dall’autorità nell’esercizio di
attività soggette ad autorizzazione, l’autorità amministrativa con l’ordinanza-ingiunzione può applicare
la sanzione amministrativa accessoria della sospensione dell’attività per un periodo non superiore a tre
mesi.
1.
2. La sanzione accessoria è disposta dal giudice penale con la sentenza di condanna nell’ipotesi
di connessione obiettiva della violazione amministrativa con un reato di cui all’art. 24 della legge 24
novembre 1981, n. 689.
2.
3. Nell’esecuzione della sanzione accessoria, si computa l’eventua-le periodo di sospensione
eseguita ai sensi dell’art. 17-ter.
221-bis. – 1. Le violazioni alle disposizioni di cui agli articoli 156, 187 e 225 del regolamento di
esecuzione del presente testo unico, approvato con r.d. 6 maggio 1940, n. 635, sono soggette alla
sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire un milione a lire sei milioni.
2. Le violazioni alle disposizioni di cui agli articoli 121, 131, 146, 149, 180, 181, 185, 186, 192,
196, 199, 211, 219, 220, 221, 222, 229, 230, commi da 1 a 3, 240, 241, 242, limitatamente alle attività
previste dall’art. 126 del presente testo unico, e 260 del regolamento di esecuzione, approvato con r.d.
6 maggio 1940, n. 635, sono soggette alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire
trecentomila a lire due milioni.
2. Sintesi del procedimento sanzionatorio amministrativo del Tulps
Sanzioni amministrative principali (art. 17-bis Tulps):
• primo e secondo comma
da € 516,00 a € 3.098,00
pagamento in misura ridotta € 1.032,00
• terzo comma
da € 154,00 a € 1.032,00
pagamento in misura ridotta € 308,00
Sanzioni amministrative principali (art. 221-bis Tulps):
• primo comma
da € 516,00 a € 3.098,00
pagamento in misura ridotta € 1.032,00
• secondo comma
da € 154,00 a € 1.032,00
pagamento in misura ridotta € 308,00
Sanzioni amministrative accessorie (art. 17-quater Tulps):
• terzo comma
sospensione dell’attività per un periodo non superiore ai 3 mesi eventualmente applicata dal
Prefetto o dalla Regione o da organo delegato (sindaco) con ordinanza-ingiunzione.
Misure interdittive (art. 17-ter Tulps):
• terzo comma
.– cessazione dell’attività condotta in difetto di autorizzazione
.– sospensione dell’attività autorizzata per il tempo occorrente ad uniformarsi alle prescrizioni violate
e comunque per un periodo non superiore a tre mesi.
Termini previsti dalla legge:
.– contestazione: immediatamente se possibile
.– notifica: entro 90 giorni dall’accertamento
.– pagamento in misura ridotta: entro 60 giorni dalla conte-stazione/notifica della violazione
.– trasmissione al sindaco del rapporto (17-ter, comma 1): senza ritardo
.– adozione del provvedimento interdittivo: entro 5 giorni dal ricevimento del rapporto della p.m.
occorre avviare il procedimento
.– presentazione degli scritti difensivi: entro 30 giorni dalla contestazione/notificazione della
violazione
.– pagamento dell’ordinanza-ingiunzione: entro 30 giorni dalla notificazione della stessa
– opposizione all’ordinanza-ingiunzione: entro 30 giorni dalla notifica della stessa
– termine di prescrizione per adozione ordinanza ingiunzione/ sanzione amministrativa accessoria
(17-quater): entro 5 anni dalla data di accertamento.
3. La titolarità del procedimento sanzionatorio
Il Ministero dell’interno – Ufficio affari legislativi e relazioni parlamentari con nota del 23
novembre 2004 – Ufficio V Area legislazione speciale di pubblica sicurezza e polizia amministrativa –
prot. n. 27-1/A-21 ha diffuso la seguente posizione in risposta ad un quesito della Prefettura di Ancona:
“In relazione, alla nota sopraindicata concernente l’oggetto, si rappresenta, sentito anche il
Dipartimento della pubblica sicurezza, quanto segue.
Con la sentenza del 7 aprile 1995, n. 115, la Corte Costituzionale ha già dichiarato l’illegittimità
costituzionale dell’art. 17-quinquies in parola, nella parte in cui prevede che sia presentato al Prefetto,
anziché all’Ufficio regionale competente, il rapporto relativo alle violazioni delle disposizioni di cui
agli artt. 84, 111 (limitatamente alle imprese artigiane), 123 e 124, comma 2, Tulps nonché all’art. 180
del relativo regolamento, in quanto il legislatore che ha introdotto il predetto articolo 17-quinquies
(d.lgs. n. 115/94) ha omesso di considerare che talune materie precedentemente disciplinate unicamente
dal Tulps, erano state già regolamentate con apposita legislazione speciale, che aveva trasferito le
funzioni alle regioni (leggi n. 443/85 e n. 217/83).
Atteso che il predetto art. 17-quinquies non è stato dichiarato incostituzionale con riferimento, in
particolare, alle violazioni di cui agli artt. 86 e 115 Tulps, secondo l’Avvocatura distrettuale,
risulterebbe confermato il principio della permanenza della funzione sanzionatoria in capo al Prefetto,
benché le competenze amministrative siano state trasferite all’ente locale.
La ratio, essa soggiunge, si individuerebbe nella permanenza allo Stato della competenza legislativa
nella materia disciplinata dalle predette norme e, conseguentemente, ed a maggior ragione anche della
funzione sanzionatoria.
Contro la tesi suindicata potrebbe obiettarsi che la decisione circoscritta dalla Suprema Corte non
implica necessariamente una valutazione affermativa della competenza statuale su disposizioni di legge
non contestate, tanto più che recenti modifiche costituzionali (legge cost. n. 3/2001), nel rivedere la
ripartizione delle competenze fra Stato e Regione, hanno conferito alle regioni competenza legislativa
in molte delle materie precedentemente disciplinate dalla legislazione di pubblica sicurezza, e,
particolarmente, in quelle di polizia amministrativa locale, pur facendo salvi gli aspetti di ordine e
sicurezza pubblica riservati alla competenza esclusiva dello Stato.
L’esame va, quindi, portato, in concreto, sulla legislazione statuale di settore. In tale ambito
rientrano le disposizioni della legge 5 giugno 2003, n. 131, soprattutto nella parte in cui esse prevedono
(art. 1, comma 2) che, anche nelle materie di competenza legislativa regionale, continuano ad applicarsi
le disposizioni normative statali fino a quando la Regione interessata non disciplini diversamente la
materia fatti salvi gli effetti delle pronunce della Corte Costituzionale.
Rimane, nondimeno, un consistente margine di dubbio circa gli effetti devolutori del decreto
legislativo n. 112 del 1998, precedente sia alla legge costituzionale n. 3 del 2001, che alle disposizioni
di attuazione della legge n. 131 del 2003. Proprio l’art. 1, d.lgs. 112/98 appare espressamente rifarsi al
principio della devoluzione generale delle potestà amministrative alle regioni ed agli enti locali, salvo
che le attribuzioni statali espressamente indicate.
Per quanto specificamente attiene la materia della polizia amministrativa locale, gli artt. 158 e
seguenti dello stesso decreto sanciscono il principio secondo il quale la delega di funzioni
amministrative dello Stato alle regioni e da queste ultime agli enti locali, comprende necessariamente,
l’esercizio “delle connesse funzioni e compiti di polizia amministrativa” (art. 158).
Il successivo articolo 159 d.lgs. cit. proprio con riferimento alle funzioni ed ai compiti
amministrativi relativi all’ordine pubblico e alla sicurezza pubblica – di cui all’articolo 1, comma 3,
lettera l), della legge 15 marzo 1997, n. 59 e successive modificazioni – specifica al comma 2 che
quelle stesse funzioni concernono le misure preventive e repressive dirette al mantenimento dello
stesso ordine pubblico. D’altro canto la stessa Corte Costituzionale nella citata sentenza n. 115 del
1995 ribadisce il concetto a suo tempo espresso nella sentenza n. 60 del 1993 secondo il quale “la
ripartizione tra Stato e regioni del potere di irrogare sanzioni amministrative ricalca perfettamente la
ripartizione delle competenze in relazione alle materie cui quelle sanzioni si riferiscono”: spetta
pertanto alle regioni individuare i propri uffici competenti a ricevere il rapporto relativo alle sanzioni
amministrative per le violazioni di norme attinenti a materie di competenza regionale propria o
delegata. Unico limite rimane la circostanza che nelle singole fattispecie non siano riscontrabili profili
di pubblica sicurezza, la cui competenza è riservata allo Stato: per pubblica sicurezza deve intendersi
(v. sentt. nn. 162 del 1990, 1034 e 218 del 1998, 77 del 1987) la funzione inerente al mantenimento
dell’ordine pubblico, cioè alla tutela dei beni giuridici fondamentali o degli interessi pubblici primari su
cui si regge la civile convivenza.
La stessa Corte Costituzionale chiarisce altresì che la “polizia urbana e rurale” non si configura
come materia autonoma ma ha carattere accessorio e strumentale rispetto alle singole materie cui di
volta in volta si riferisce.
Proprio quest’ultimo argomento indurrebbe lo scrivente a propendere in senso conforme alle
argomentazioni prospettate da codesto Ufficio, tenuto conto oltre che della disciplina legislativa
vigente, anche dell’orientamento espresso dalla Corte Costituzionale”.
Pertanto il quadro che si è venuto a definire è il seguente:
Autorità amministrativa competente ad adottare le sanzioni pecuniarie e a ricevere gli scritti
difensivi (17-bis e 221-bis Tulps):
Le sanzioni pecuniarie e accessorie previste dal Tulps sono irrogate dal Prefetto o dalla Regione o
organo delegato (per la Regione Emilia-Romagna è il Comune) a seconda dell’autorità competente al
rilascio dell’autorizzazione in coerenza con il sopracitato parere del Ministero.
Autorità amministrativa competente ad adottare le misure interdittive (17-ter):
Le misure interdittive previste dall’art. 17-ter del Tulps sono adottate dall’autorità che è titolare del
potere autorizzatorio e nei casi di attività illecite da parte del Questore pertanto normalmente sarà il
Sindaco (dirigente) con ordinanza motivata o il Questore (es. art. 86 Tulps, – Sindaco; art. 75-bis Tulps
– Questore).
Devoluzione dei proventi (17-bis e 221-bis Tulps): I proventi delle sanzioni pecuniarie sono
devoluti allo Stato se l’autorità competente è il Prefetto, alla Regione o organo
delegato, nel caso dell’Emilia-Romagna al Comune, per quanto attiene alle attività autorizzate da
queste autorità.
4. Profili problematici nell’applicazione del sistema sanzionatorio
Il principale problema che si deve segnalare è quello relativo all’applicazione della misura
interdittiva prevista dall’art. 17-ter Tulps ed in particolare a quanto il comma 3 prescrive:
“Entro cinque giorni dalla ricezione della comunicazione del pubblico ufficiale, l’autorità di cui al
comma 1 ordina, con provvedimento motivato, la cessazione dell’attività condotta con difetto di
autorizzazione ovvero, in caso di violazione delle prescrizioni, la sospensione dell’attività autorizzata
per il tempo occorrente ad uniformarsi alle prescrizioni violate e comunque per un periodo non
superiore a tre mesi. Fermo restando quanto previsto al comma 4 e salvo che la violazione riguardi
prescrizioni a tutela della pubblica incolumità o dell’igiene, l’ordine di sospensione è disposto trascorsi
trenta giorni dalla data di violazione. Non si dà comunque luogo all’esecuzione dell’ordine di
sospensione qualora l’interessato dimostri di aver sanato le violazioni ovvero di aver avviato le relative
procedure amministrative”.
Si segnala come l’autorità competente, normalmente il dirigente del Comune o della Questura
competente al rilascio dell’autorizzazione, debba tener conto che l’ordine di sospensione deve essere
disposto con efficacia differita di trenta giorni rispetto alla data di accertamento della violazione.
Inoltre che l’ordine di sospensione dell’attività non sia eseguito se l’interes-sato dimostri di aver sanato
le violazioni ovvero di aver avviato le relative procedure amministrative.
Ciò determina che il soggetto destinatario del provvedimento nel momento in cui presenta l’istanza
per ottenere l’autoriz-zazione che va a sanare la prescrizione inottemperata al momento
dell’accertamento non debba dare esecuzione al provvedimento interdittivo dell’attività.
Sempre in relazione alle competenze dell’autorità incaricata di assumere i provvedimenti interdittivi
è da segnalare l’obbligo statuito dallo stesso art. 17-ter Tulps di adottare “entro cinque giorni dalla
ricezione della comunicazione del pubblico ufficiale” il provvedimento. È chiaro che da più parti si è
interpretato che il termine di cui sopra si riferisse all’emanazione del provvedimento, ma se si legge la
norma in via sistematica con la parte finale dello stesso comma che prevede un effetto differito di trenta
giorni è evidente che i cinque giorni si riferiscono all’ob-bligo di avviare il procedimento ai sensi
dell’art. 8 della legge 241/90 e non alla definizione dello stesso. Se infatti il legislatore avesse voluto
definire un termine al procedimento che porta alla sospensione dell’attività o alla cessazione di quella
condotta in difetto di autorizzazione avrebbe scritto entro cinque giorni l’autorità conclude il
procedimento e dispone la misura interdittiva.
L’altra questione rilevante che riguarda invece gli organi di controllo è riferita all’obbligo, sempre
previsto dall’art. 17-ter del Tulps, della tempestiva comunicazione all’autorità competente. Infatti
l’agente accertatore è tenuto a riferire “per iscritto, senza ritardo, all’autorità competente al rilascio
dell’autorizzazione o, qualora il fatto non concerna attività soggette ad autorizzazione, al questore”
della contestazione delle violazioni all’art. 17-bis Tulps, primo e secondo comma, ed all’art. 221-bis
Tulps.
Si segnala infine come l’art. 17-ter Tulps escluda dall’appli-cazione della misura interdittiva le
violazioni sanzionate dal terzo comma dell’art. 17-bis Tulps; è inspiegabile come mai l’aver aperto
abusivamente un’attività di commercio di cose antiche o usate o addirittura non avere il registro delle
cose antiche e usate esoneri l’autorità competente dall’assumere le misure interdittive previste dall’art.
17-ter Tulps.
È chiaro che l’ordinamento consente alla stessa autorità di applicare le sanzioni accessorie previste
dall’art. 10 Tulps ma il problema rimane in quanto quest’ultime possono essere comminate solo dopo
che il procedimento sanzionatorio principale si è concluso perciò o dopo il pagamento in misura ridotta
o dopo la definizione dell’eventuale procedura giudiziaria di opposizione all’ordinanza-ingiunzione.
5. Il nuovo sistema sanzionatorio del Tulps dopo la riforma del titolo V della Costituzione (legge
cost.
3/2001)
5.1. Il quadro normativo di riferimento
La riforma del titolo V della Costituzione introdotta dalla legge costituzionale n. 3/2001 si basa su
tre principi: la sussidiarietà, l’adeguatezza e la differenziazione.
In base al principio di sussidiarietà la funzione deve essere in capo all’ente più vicino ai cittadini
destinatari della funzione stessa, nel cui contesto acquista rilevanza a parte la sussidiarietà orizzontale.
Questo principio viene integrato rendendolo più mitigato dal principio di adeguatezza che, rendendo
il sistema coerente, prescrive una valutazione comparativa tra funzione ed organizzazione, in relazione
alla quale, ove l’ente non sia adeguato al suo svolgimento, la funzione passa all’ente superiore.
In un’analisi ancora più approfondita del principio di sussidiarietà si introduce il principio di
differenziazione che consente di disegnare un sistema che garantisce una diversificazione nell’ambito
della stessa tipologia di ente locale garantendo l’af-fidamento di determinate funzioni ad uffici diversi.
In tale contesto applicativo dei succitati principi si deve riscontrare il venir meno del vecchio
principio del parallelismo fra funzioni legislative e funzioni amministrative che ha guidato il
precedente sistema di relazioni fra Stato centrale ed autonomie locali.
In tale contesto si inserisce il nuovo riparto di potestà legislativa disciplinato dall’art. 117 della
Costituzione che viene così ridistribuito:
a) lo Stato ha riconosciuto una potestà legislativa esclusiva in una serie di materie espressamente
elencate al comma 2 dell’art. 117;
b) vi sono una serie di materie in cui vi è una potestà legislativa concorrente delle regioni e nelle
quali alla legislazione statale è riservata “la determinazione dei principi fondamentali” (comma 3
dell’art. 117);
c) una norma di chiusura riconosce infine alle regioni la spettanza di una potestà legislativa generale
e residuale “in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato”
(comma 4 dell’art. 117).
Questo nuovo quadro viene interessato da diversi interventi della Corte Costituzionale, fra questi si
deve segnalare la sentenza n. 376/2002 la quale afferma il seguente principio: “il rinnovato assetto delle
competenze legislative potrà essere fatto valere dallo Stato e dalle Regioni tramite nuovi atti di
esercizio delle medesime, attraverso i quali essi possono prendere ciò che la Costituzione dà loro, senza
necessità di rimuovere previamente alcun impedimento normativo”.
In sostanza le norme sia statali che regionali ormai “incompetenti” alla stregua del nuovo riparto di
competenza legislativa e regolamentare non sono invalidate ma acquisiscono invece, in via postuma, un
carattere “cedevole” essendo destinate a cessare la loro validità nel momento in cui l’ente oggi
competente si approprierà, esercitandola concretamente, della sua nuova competenza.
In tale contesto l’art. 1, comma 2, della legge 131/2003 conferma che “le disposizioni normative
statali vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge nelle materie appartenenti alla
legislazione regionale continuano ad applicarsi, in ciascuna regione, fino alla data di entrata in vigore
della disposizione regionale in materia...”.
Rimane però la previsione del comma 3 dell’art. 117 della Costituzione che prevede che nelle
materie di legislazione concorrente, come quella di cui discutiamo, l’esclusione di funzioni
amministrative di spettanza statale non può essere affermata (si veda anche sentenza Consulta 30
dicembre 2003, n. 376) ben potendo il legislatore statale, nel definire i principi fondamentali della
materia, stabilire che questi impongano anche di riservare all’amministrazione statale una o più
funzioni amministrative a presidio di interessi il cui soddisfacimento può essere adeguatamente
perseguito solo assicurando al livello statale l’esercizio unitario di dette funzioni.
L’art. 7 della legge 131/2003, nei commi da 2 a 6, indica le procedure, invero assai complesse, per
il conferimento delle funzioni statali ed il trasferimento delle occorrenti risorse, prevedendo con
chiarezza, al comma 6, che fino all’entrata in vigore dei provvedimenti con cui si attua il conferimento
ed il trasferimento delle relative risorse, “le funzioni amministrative continuano ad essere esercitate
secondo le attribuzioni stabilite dalle disposizioni vigenti, fatti salvi gli effetti di eventuali pronunce
della Corte Costituzionale”. La disposizione conferma, in pratica, come, oltre che sul piano normativo,
si veda art. 1, comma 2, e art. 4, comma 6, della legge 131/2003, il principio di continuità
dell’ordinamento operi, con riguardo al nuovo quadro post riforma costituzionale, anche in ordine
all’eserci-zio delle potestà amministrative.
Nel caso in argomento il Ministero dell’interno si richiama ad alcuni principi ripresi dalla sentenza
del 7 aprile 1995, n. 115, della Corte Costituzionale che, essendo precedente alla riforma
costituzionale, difficilmente può garantire il necessario supporto giuridico ed all’art. 1 d.lgs. 112/98 che
in coerenza con il quadro precedente appare espressamente rifarsi al principio della devoluzione
generale delle potestà amministrative alle regioni ed agli enti locali, salvo le attribuzioni statali
espressamente indicate dalla Costituzione.
È evidente che il Ministero nel definire la sua posizione si rifà alle previsioni prima dell’art. 159 del
d.lgs. 31 marzo 1998,
n. 112 che dispone:
“Le funzioni ed i compiti amministrativi relativi alla polizia amministrativa regionale e locale
concernono le misure dirette ad evitare, danni o pregiudizi che possono essere arrecati ai soggetti
giuridici ed alle cose nello svolgimento di attività relative alle materie nella quali vengono esercitate le
competenze, anche delegate, delle regioni e degli enti locali, senza che ne risultino lesi o messi in
pericolo i beni e gli interessi tutelati in funzione dell’ordine pubblico e della sicurezza pubblica”.
Poi alle previsioni di cui all’art. 1 comma 2 della legge 131/2003 che, come sopra illustrato,
prevede che le disposizioni normative statali vigenti alla data di entrata in vigore della legge (11 giugno
2003) nelle materie appartenenti alla legislazione regionale, come nel caso in parola, continuano ad
applicarsi, in ciascuna Regione, fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni regionali in
materia.
Il risultato chiaro è che nelle regioni in cui si è già provveduto a legiferare in materia di esercizi
pubblici (Emilia-Roma-gna, Lombardia e Toscana) sicuramente il quadro sanzionato-rio è quello
indicato dal Ministero dell’interno cioè la competenza è passata alle regioni ed agli enti dalle stessi
delegati ma nelle altre regioni credo che la conclusione sia esattamente quella della vigenza ancora
delle competenze statali di cui all’art. 17-quinquies Tulps che prevede il Prefetto quale autorità
competente.
È chiaro che in un contesto gerarchico quale quello ministeriale il fatto che la singola prefettura non
si attenga ad una disposizione dell’organo superiore mi fa presumere che anche le prefetture inserite
nelle regioni che non hanno legiferato in materia propenderanno per una devoluzione automatica di
tutte le pratiche riferite agli artt. 86 e 115 Tulps (unica eccezione quelle riferite alle attività oggetto di
autorizzazione da parte dei questori).
È evidente che il trasferimento delle competenze in materia sanzionatoria comporta la necessità di
ridefinire il quadro del sistema sanzionatorio degli esercizi pubblici di cui all’art. 115 e 86 Tulps
nonché delle norme regolamentari correlate.
A) L’art. 115 Tulps
Con l’art. 163 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 sono state trasferite ai comuni le competenze per il
rilascio della licenza con
cernente le agenzie di affari del settore delle esposizioni, mostre e fiere campionarie di cui all’art. 115
del Tulps nonché il rilascio delle licenze concernenti le agenzie di affari di cui all’art. 115 del Tulps
con esclusione di quelle relative all’attività di recupero crediti, pubblici incanti, agenzie
matrimoniali e di pubbliche relazioni che continuano a rimanere di esclusiva competenza
dell’autorità provinciale di pubblica sicurezza.
Tale trasferimento è stato reso esecutivo il 1° gennaio 2001 con d.P.C.M. 12 settembre 2000 che ha
dato piena applicazione alle previsioni dell’art. 163, comma 2, del d.lgs. 31 marzo 1998,
n. 112.
La Corte Costituzionale con sentenza 25 luglio 2001, n. 290 in merito a tale trasferimento afferma
che “il conferimento ai comuni delle funzioni e dei compiti amministrativi relativi alle agenzie di affari
ai sensi dell’art. 163 fa venir meno le competenze in materia dell’autorità provinciale di pubblica
sicurezza”.
È perciò evidente che la competenza di cui all’art. 17-quin-quies Tulps della Regione si trasferisce
per tutte le licenze dell’art. 115 Tulps ad esclusione di quelle relative alle attività rimaste di
competenza del Questore e per le quali la competenza sanzionatoria dell’art. 18 della legge 689/81
richiamate dall’art. 17-quin-quies del Tulps rimarrà di riferimento al Prefetto.
Le licenze dell’art. 115 Tulps si differenziano in due grandi categorie:
a) le agenzie pubbliche di affari;
b) le esposizioni temporanee di merci e le mostre e fiere. Per la prima categoria il riferimento è
l’art. 205 del regolamento di esecuzione che precisa che sotto la denominazione di agenzie pubbliche di
affari sono incluse le imprese che assumono, professionalmente e con finalità di lucro, un’attività di
intermediazione a favore di terzi ovvero la trattazione di affari altrui prestando la propria opera a favore
di chiunque ne faccia richiesta.
Le agenzie di affari sono quelle imprese che si offrono come intermediari nella trattazione di affari
altrui fornendo il servizio a chiunque lo richiede.
L’elenco delle attività soggette alla licenza dell’art. 115 Tulps
di cui al punto a) può essere così riassunto: 1) i mandatari; 2) i piazzisti; 3) i ricercatori di merci, di
clienti e di affari;
4) le agenzie di pubblicità;
5) le agenzie per il disbrigo di pratiche amministrative;
6) le agenzie di vendita di beni usati altrui;
7) le agenzie di onoranze funebri;
8) le agenzie di informazioni;
9) le agenzie di recupero crediti;
10) le gallerie di vendite all’asta;
11) le agenzie matrimoniali;
12) le agenzie teatrali;
13) le agenzie di spedizioni e trasporti esclusi spedizionieri
e autotrasportatori di cose e persone; 14) le agenzie di recupero crediti; 15) le autorizzanti di pubblici
incanti; 16) le agenzie di abbonamenti a giornali, riviste e periodici; 17) le agenzie teatrali; 18) le
agenzie per la trattazione di pratiche infortunistiche; 19) le agenzie di investigazione e di vigilanza
escluse quelle
autorizzate ex artt. 133 e 134 Tulps; 20) le agenzie di prestito su pegno. Per tali succitate attività è
sempre obbligatorio mantenere il
registro di polizia di cui all’art. 120 Tulps con le modalità di cui all’art. 219 del regolamento di
esecuzione Tulps. Per la seconda categoria l’art. 208 del regolamento di esecuzione Tulps definisce le
esposizioni di vendita, di esposizione temporanea di merci e le mostre per le attività nelle quali si
effettua l’esposi-zione, anche temporanea, di merci anche a scopo di pubblicità
o di commissione senza procedere alla vendita delle cose esposte. L’esposizione deve essere sempre
effettuata con finalità di lucro.
Sono trasferite alle regioni ai sensi dell’art. 41 del d.lgs. 112/98 tutte le competenze in materia di
manifestazioni fieristiche e di mercati.
B) L’art. 86 Tulps
L’art. 86 Tulps è formato oggi da tre commi; è evidente che le modifiche al sistema sanzionatorio di
cui stiamo trattando si debbono necessariamente riferire esclusivamente al primo ed al terzo
comma in quanto è acclarato sia in giurisprudenza che in dottrina che il secondo comma (che si
riferisce alla vendite di bevande alcoliche nei circoli privati) ha come norma sanzionatoria di
riferimento l’art. 686 c.p. depenalizzato dall’art. 53 del d.lgs. 507/99.
Pertanto limitandoci al primo ed al terzo comma il riferimento va agli esercizi pubblici richiamati
dall’art. 174 del regolamento di esecuzione del Tulps che sono i seguenti:
a) alberghi, pensione e locande – si veda art. 9 legge 135/2001;
b) dormitori privati;
c) ristoranti e trattorie – si veda legge 287/91 e leggi regionali in relazione all’art. 152 del reg.
esecuzione Tulps;
d) caffe e bar – vedi il punto precedente;
e) osterie e osterie con cucina – vedi nota al punto c);
f) spacci di bevande non alcoliche e di cibi cotti con consumo sul posto – vedi nota al punto c);
g) sale pubbliche di biliardo ed altri giochi leciti;
h) alberghi diurni e bagni pubblici. Il problema affrontato nell’analisi dell’art. 115 del Tulps in
merito all’autorità competente al rilascio dell’autorizzazioni succitate non esiste in quanto l’art. 19 del
d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 ha devoluto tutte le competenze ai comuni dal lontano 1° gennaio 1978,
pertanto il riferimento all’organo competente di cui all’art. 17-quinquies del Tulps rimane sempre il
presidente della Regione o dell’ente delegato.
C) L’art. 186 regolamento esecuzione Tulps
Il richiamo all’art. 186 del regolamento di esecuzione del Tulps da parte della circolare ministeriale
fa sì che ogni norma regolamentare che si riferisca alle attività autorizzate ai sensi dell’art. 86 Tulps
rientri nella nuova competenza sanzionatoria regionale.
L’articolo in commento prevede che “con la chiusura dei pubblici esercizi all’ora stabilità deve
cessare ogni servizio o somministrazione agli avventori ed effettuarsi lo sgombero del locale”; è
evidente che il riferimento alle attività di cui all’art. 86 Tulps fa sì che anche questa sanzione segua
l’iter già delineato nel caso in cui l’attività fosse priva del titolo autorizzatorio.
Lo stesso ragionamento va fatto in relazione agli artt. 180, 185, 187 del regolamento esecuzione
Tulps che regolamentano sempre aspetti collegati alle attività autorizzate ai sensi dell’art. 86 Tulps.
d) Gli artt. 8 e 9 in relazione agli artt. 86 e 115 Tulps
Analogo ragionamento può essere fatto in relazione alle due fattispecie generali di cui agli artt. 8 e
9 Tulps, cioè quando si accertano violazioni in materia rappresentanza e di prescrizioni riferite alle
autorizzazioni di cui agli artt. 86 e 115 Tulps rilasciate dal Sindaco, la competenza sanzionatoria di cui
all’art. 17-quinquies Tulps diviene prerogativa del presidente della Regione o dell’ente delegato e non
più del prefetto.
1.
2.
6. Prontuario violazioni post legge costituzionale 3/2001
7. La posizione del Ministero dell’interno
Fattispecie
Apertura di una
Sanzione
pecuniaria
Artt. 86 e
Sanzione
accessoria
Misura
Autorità
competente
Presidente
attività
soggetta
all’autorizzazione di cui
all’art. 86
Tulps
17-bis
Tulps €
1.032,00
Apertura di una
agenzia
di affari o di una
esposizione abusiva
(escluse le
agenzie
matrimoniali,
pubblici incanti,
recu
pero crediti,
pubbliche
relazioni)
Apertura di una
agenzia
di affari
matrimoniali,
pubblici incanti,
recupero crediti,
pubbliche
relazioni
Artt. 115 e
17-bis
Tulps €
1.032,00
Artt. 115 e
17-bis
Tulps €
1.032,00
interdittiva di
cui all’art. 17ter Tulps
Accessoria di
cui all’art. 17-quater
Tulps
Misura
interdittiva di
cui all’art. 17ter Tulps
Accessoria di
cui all’art. 17-quater
Tulps
Regione o ente
delegato
Introiti
Regione o
ente
delegato
Presidente
Regione o ente
delegato
Introiti
Regione o
ente
delegato
Misura
interdittiva di
cui all’art. 17ter Tulps
Accessoria di
cui all’art. 17-quater
Tulps
Prefetto
Mod F23
Introiti allo
Stato
Il Ministero dell’interno – Ufficio affari legislativi e relazioni parlamentari con nota del 23
novembre 2004 – Ufficio V Area legislazione speciale di pubblica sicurezza e polizia amministrativa –
prot. n. 27-1/A-21 ha diffuso la seguente posizione in risposta ad un quesito della Prefettura di Ancona:
“In relazione, alla nota sopraindicata concernente l’oggetto, si rappresenta, sentito anche il
Dipartimento della pubblica sicurezza, quanto segue.
Con la sentenza del 7 aprile 1995, n. 115, la Corte Costituzionale ha già dichiarato l’illegittimità
costituzionale dell’art. 17-quinquies in parola, nella parte in cui prevede che sia presentato al Prefetto,
anziché all’Ufficio regionale competente, il rapporto relativo alle violazioni delle disposizioni di cui
agli artt. 84, 111 (limitatamente alle imprese artigiane), 123 e 124, comma 2,Tulps nonché, all’art. 180
del relativo regolamento, in quanto il legislatore che ha introdotto il predetto articolo 17-quinquies
(d.lgs. n. 115/94) ha omesso di considerare che talune materie precedentemente disciplinate unicamente
dal Tulps, erano state già regolamentate con apposita legislazione speciale, che aveva trasferito le
funzioni alle regioni (leggi n. 443/85 e n. 217/83).
Atteso che il predetto art. 17-quinquies non è stato dichiarato incostituzionale con riferimento, in
particolare, alle violazioni di cui agli artt. 86 e 115 Tulps, secondo l’Avvocatura distrettuale,
risulterebbe confermato il principio della permanenza della funzione sanzionatoria in capo al Prefetto,
benché le competenze amministrative siano state trasferite all’ente locale.
La “ratio”, essa soggiunge, si individuerebbe nella permanenza allo Stato della competenza
legislativa nella materia disciplinata dalle predette norme e, conseguentemente, ed a maggior ragione
anche della funzione sanzionatoria.
Contro la tesi suindicata potrebbe obiettarsi che la decisione circoscritta dalla Suprema Corte non
implica necessariamente una valutazione affermativa della competenza statuale su disposizioni di legge
non contestate, tanto più che recenti modifiche costituzionali (legge cost. n. 3/2001), nel rivedere la
ripartizione delle competenze fra Stato e regione, hanno conferito alle regioni competenza legislativa in
molte delle materie precedentemente disciplinate dalla legislazione di pubblica sicurezza, e,
particolarmente, in quelle di polizia amministrativa locale, pur facendo salvi gli aspetti di ordine e
sicurezza pubblica riservati alla competenza esclusiva dello Stato.
L’esame va, quindi, portato, in concreto, sulla legislazione statuale di settore. In tale ambito
rientrano le disposizioni della legge 5 giugno 2003, n. 131, soprattutto nella parte in cui esse prevedono
(art. 1, comma 2) che, anche nelle materie di competenza legislativa regionale, continuano ad applicarsi
le disposizioni normative statali fino a quando la Regione interessata non disciplini diversamente la
materia fatti salvi gli effetti delle pronunce della Corte Costituzionale.
Rimane, nondimeno, un consistente margine di dubbio circa gli effetti devolutori del decreto
legislativo n. 112 del 1998, precedente sia alla legge costituzionale n. 3 del 2001, che alle disposizioni
di attuazione della legge n. 131 del 2003. Proprio l’art. 1, d.lgs. 112/98 appare espressamente rifarsi al
principio della devoluzione generale delle potestà amministrative alle regioni ed agli enti locali, salvo
che le attribuzioni statali espressamente indicate.
Per quanto specificamente attiene la materia della polizia amministrativa locale, gli artt. 158 e
seguenti dello stesso decreto sanciscono il principio secondo il quale la delega di funzioni
amministrative dello Stato alle regioni e da queste ultime agli enti locali, comprende necessariamente,
l’esercizio “delle connesse funzioni e compiti di polizia amministrativa” (art. 158).
Il successivo articolo 159 d.lgs. cit. proprio con riferimento alle funzioni ed ai compiti
amministrativi relativi all’ordine pubblico e alla sicurezza pubblica – di cui all’articolo 1, comma 3,
lettera l), della legge 15 marzo 1997, n. 59 e successive modificazioni – specifica al comma 2 che
quelle stesse funzioni concernono le misure preventive e repressive dirette al mantenimento dello
stesso ordine pubblico. D’altro canto la stessa Corte Costituzionale nella citata sentenza n. 115 del
1995 ribadisce il concetto a suo tempo espresso nella sentenza n. 60 del 1993 secondo il quale “la
ripartizione tra Stato e regioni del potere di irrogare sanzioni amministrative ricalca perfettamente la
ripartizione delle competenze in relazione alle materie cui quelle sanzioni si riferiscono”: spetta
pertanto alle regioni individuare i propri uffici competenti a ricevere il rapporto relativo alle sanzioni
amministrative per le violazioni di norme attinenti a materie di competenza regionale propria o
delegata. Unico limite rimane la circostanza che nelle singole fattispecie non siano riscontrabili profili
di pubblica sicurezza, la cui competenza è riservata allo Stato: per pubblica sicurezza deve intendersi
(v. sentt. nn. 162 del 1990, 1034 e 218 del 1998, 77 del 1987) la funzione inerente al mantenimento
dell’ordine pubblico, cioè alla tutela dei beni giuridici fondamentali o degli interessi pubblici primari su
cui si regge la civile convivenza.
La stessa Corte Costituzionale chiarisce altresì che la “polizia urbana e rurale” non si configura
come materia autonoma ma ha carattere accessorio e strumentale rispetto alle singole materie cui di
volta in volta si riferisce.
Proprio quest’ultimo argomento indurrebbe lo scrivente a propendere in senso conforme alle
argomentazioni prospettate da codesto Ufficio, tenuto conto oltre che della disciplina legislativa
vigente, anche dell’orientamento espresso dalla Corte Costituzionale”.
8. Il parere della Regione Emilia-Romagna
Parere in merito alla definizione dell’organo competente ad irrogare le sanzioni amministrative
nei casi previsti dagli artt. 86 e 115 del T.U. delle leggi di P.S. ed art. 186 del regolamento di
esecuzione del Tulps (prot. n. 1046/RC del 5 aprile 2005)
Con la nota di cui l’oggetto, la Scuola Regionale Specializzata di Polizia Locale chiede un parere in
merito all’individuazione del soggetto competente a ricevere il rapporto previsto dall’art. 17 della legge
n. 689 del 1981 in caso di violazione di due disposizioni contenute nel Testo Unico delle Leggi di
Pubblica Sicurezza (r.d. 18 giugno 1931, n. 733) che prevedono l’obbligo della licenza per poter
esercitare determinate attività. L’ampia argomentazione del quesito implica altresì la richiesta di una
più vasta ricognizione delle competenze regionali in materia sanzionatoria.
Benché entrambe le disposizioni, contenute negli articoli 86 e 115 del Tulps, non abbiano subìto nel
corso del tempo delle modifiche testuali, la disciplina e la procedura relative all’applicazione di
sanzioni nel caso di violazione delle prescrizioni in essi contenute sono state oggetto di modifiche sia
dirette sia indirette ad opera del legislatore e dell’attività interpretativa della Corte Costituzionale. Le
fattispecie in essi contemplate non sono tra loro equiparabili e pertanto i due articoli verranno analizzati
distintamente. Il presente parere infine precisa le modalità applicative anche degli artt. 8 e 9 del Tulps,
nonché dell’art. 186 del regolamento di esecuzione del Tulps, a cui il testo del quesito fa un breve
riferimento.
•
Art.
86
del
Tulps
1) natura e genesi della problematica
L’art. 86 del Tulps stabilisce che “non possono esercitarsi, senza licenza del Questore, alberghi,
compresi quelli diurni, locande, pensioni, trattorie, osterie, caffè o altri esercizi in cui si vendono al
minuto o si consumano vino, liquori od altre bevande anche non alcooliche, né sale pubbliche per
bigliardi o per altri giuochi leciti o stabilimenti di bagni, ovvero locali di stallaggio e simili.
La licenza necessaria anche per lo spaccio al minuto o il consumo di vino, di birra o di qualsiasi
bevanda alcolica presso enti collettivi o circoli privati di qualunque specie, anche se la vendita o il
consumo siano limitati ai soli soci.
La licenza è altresì necessaria per l’attività di distribuzione di apparecchi e congegni automatici,
semiautomatici ed elettronici di cui al quinto comma dell’articolo 110, e di gestione, anche indiretta,
dei medesimi apparecchi per i giochi consentiti. La licenza per l’esercizio di sale pubbliche da gioco in
cui sono installati apparecchi o congegni automatici, semiautomatici ed elettronici da gioco di cui al
presente comma e la licenza per svolgimento delle attività di distribuzione o di gestione, anche
indiretta, di tali apparecchi, sono rilasciate previo nulla osta dell’Amministrazione finanziaria,
necessario comunque anche per l’in-stallazione degli stessi nei circoli privati”.
La licenza per l’esercizio delle attività elencate nell’art. 86 del Tulps era dunque rilasciata dal
Questore. L’art. 19 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega di cui all’art. 1 della l. 22
luglio 1975, n. 382), ha trasferito tale podestà ai Comuni disponendo testualmente: “Sono attribuite ai
Comuni le seguenti funzioni di cui al testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio
decreto 18 giugno 1931, n. 733. e successive modificazioni: [...omissis...] 8) la licenza per gli alberghi,
compresi quelli diurni, locande, pensioni, trattorie, osterie, caffè o altri esercizi in cui si vendono o
consumano bevande non alcooliche, sale pubbliche per biliardi o per altri giochi leciti, stabilimenti di
bagni, esercizi di rimessa di autoveicoli o di vetture e simili, di cui all’art. 86”.
Per quanto riguarda la podestà sanzionatoria, la relativa disciplina, dettata dall’art. 17 del Testo
Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza, è stata modificata dal d.lgs. 13 luglio 1994, n. 480 (Riforma
della disciplina sanzionatoria contenuta nel testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con
regio decreto 18 giugno 1931, n. 733) sulla base della delega conferita al Governo con legge 28
dicembre 1993, n. 562. Il legislatore delegato ha aggiunto dopo l’art. 17 quattro ulteriori articoli, due
dei quali – l’art. 17-bis e l’art. 17-quinquies – hanno specificato per alcune fattispecie l’entità della
sanzione e il destinatario del rapporto. L’art. 17-bis del Tulps stabilisce che “le violazioni alle
disposizioni di cui agli articoli 59, 60, 75-bis, 76, se il fatto è commesso contro il divieto dell’autorità,
86, 87, 101, 104, 111, 115, 120, comma secondo, limitatamente alle operazioni diverse da quelle
indicate nella tabella, [...omissis...], sono soggette alla sanzione amministrativa del pagamento di una
somma da lire un milione a lire sei milioni”. L’art. 17-quinquies prevede che “il rapporto relativo alle
violazioni previste dagli articoli 17-bis e 221-bis presentato al Prefetto”.
Occorre altresì tenere presente che con la legge n. 689 del 24 novembre 1981 (Modifiche al sistema
penale) il legislatore aveva già posto una disciplina generale per l’applicazione delle sanzioni
amministrative pecuniarie e, in particolare, in merito all’autorità competente a ricevere il rapporto e ad
irrogare la sanzione; l’articolo 17 aveva già stabilito che “nelle materie di competenza delle Regioni e
negli altri casi, per le funzioni amministrative ad esse delegate, il rapporto è presentato all’ufficio
regionale competente” (comma terzo), mentre “per le violazioni dei regolamenti provinciali e
comunali il rapporto è presentato, rispettivamente, al Presidente della Giunta provinciale o al
Sindaco” (comma quarto).
Come anticipato, nel 1994 il legislatore delegato ha invece espressamente ribadito con il combinato
disposto degli artt. 17-bis e 17-quinquies la competenza del Prefetto a ricevere il rapporto in una
molteplicità di ipotesi alcune delle quali già attribuite o delegate alle Regioni e ai Comuni dal d.P.R. n.
616 del 1997.
Sulla legittimità di detta sopravvenuta previsione in relazione alle fattispecie previste negli artt. 60,
76, 84, 86, (e 180 del regolamento di esecuzione), 108, 111 (nonché 199 del regolamento di
esecuzione), 123, 124, secondo comma, del Tulps, è stata chiamata a pronunciarsi la Corte
Costituzionale che con la nota sentenza n. 115 del 1995 ha affermato alcuni importanti principi ed ha
dichiarato illegittimo l’art. 17-quinquies del Tulps nella parte in cui prevede che è presentato al
Prefetto, anziché all’ufficio regionale competente, il rapporto relativo alle violazioni delle disposizioni
di cui agli artt. 84, 111 (limitatamente alle imprese artigiane), 123 e 124, secondo comma, del testo
unico menzionato, nonché l’art. 180 del regolamento per l’esecuzione del medesimo testo unico,
approvato con r.d. 6 maggio 1940, n. 635.
In particolare nel punto 3 del Considerato in diritto la Corte ha richiamato sinteticamente alcuni
principi generali affermati in precedenti pronunce. La Corte innanzitutto ha ribadito il generale
principio dell’accessorietà delle sanzioni amministrative rispetto alla materia sostanziale, sostenendo
che “la ripartizione tra Stato e Regioni del potere di irrogare le sanzioni amministrative ricalca
perfettamente la ripartizione delle competenze in relazione alle materie cui quelle sanzioni si
riferiscono (sentenza n. 60 del 1993 e precedenti ivi richiamati); da ciò discende che – conformemente
al criterio stabilito dall’art. 17, terzo comma, della legge n. 689 del 1981 – spetta alle Regioni
individuare i propri uffici competenti a ricevere il rapporto relativo alle sanzioni amministrative per
la violazioni di norme attinenti a materie affidate alla competenza regionale, propria o delegata
(sentenza n. 1034 del 1988 e precedenti ivi richiamati)”. La Corte ha inoltre introdotto un ulteriore
importante criterio: “Occorre, tuttavia, che nelle singole fattispecie non siano ravvisabili profili di
pubblica sicurezza, la cui competenza è riservata allo Stato ex art. 4 del
d.P.R. n. 616 del 1977” spiegando che “va altresì chiarito, infine, che ...[omissis]... la polizia locale
urbana e rurale non configura di per sé una materia autonoma (se non nel senso della istituzione ed
organizzazione dei servizi di politica municipale: v. legge 7 marzo 1986, n. 65), bensì a carattere
accessorio e strumentale rispetto alle singole materie cui di volta in volta inerisce; ne consegue, in
particolare, che le funzioni di polizia amministrativa attribuite ai Comuni dall’art. 19 del d.P.R. n. 616
del 1977 non rientrano per ciò solo nelle competenze regionali, dato che soltanto alcune di esse sono
riferibili alle materie di cui all’art. 117 della Costituzione, mentre altre non sono connesse a tali
materie e rientrano pertanto nelle attribuzioni dello Stato, che le ha assegnate ai Comuni ai sensi
dell’art. 128 della Costituzione”. La Corte ha proceduto quindi, alla stregua dei principi enunciati, a
valutare quali tra le sin
gole fattispecie trasferire ai Comuni dall’art. 19 del d.P.R. n. 616 del 1977 e oggetto di impugnazione
siano dirette alla tutela di interessi di sicura competenza statale.
Con riguardo in particolare all’art. 86 del Tulps e all’art. 180 del regolamento di esecuzione, che
stabilisce che “i pubblici esercenti debbono tenere esposte nel locale dell’esercizio, in luogo visibile al
pubblico, la licenza e l’autorizzazione e la tariffa dei prezzi. Hanno pure l’obbligo di tenere in luogo
visibile al pubblico l’elenco delle bevande alcoliche indicate nell’art. 89 della legge che trovansi in
vendita nell’esercizio, nonché la riproduzione a stampa degli artt. 96, 97 e 101 della legge e 173, 176 a
181 e 186 del presente regolamento”, la Corte (punto 4.5 del Considerato in diritto) ha precisato che
“tuttavia al di là della formale indicazione, nel ricorso si fa riferimento soltanto al citato contenuto
prescrittivo dell’art. 180 (richiamando altresì sul punto la sent. n. 1034 del 1988), mentre non vi è
alcun cenno al diverso e ben più complesso oggetto dell’art. 86; la censura deve ritenersi circoscritta
al menzionato art. 180 del regolamento di esecuzione. Così intesa, la questione è fondata per i
medesimi motivi indicati nella citata sent. n. 1034 del 1988, in cui questa Corte affermò che la norma
de qua mira a garantire la regolarità e la sicurezza della vendita e del consumo di alimenti e bevande:
e poiché le relative funzioni rientrano nella polizia amministrativa connessa alle funzioni delegate alle
Regioni ad opera dell’art. 52 lett. a), del
d.P.R. n. 616 del 1977, la determinazione dell’ufficio competente a ricevere il rapporto di cui all’art.
17 della legge n. 689 del 1981 non può che spettare alla Regione a titolo di competenza delegata, ai
sensi dell’art. 9, secondo comma, del medesimo d.P.R. n. 616”.
Vale la pena osservare che, poiché la ratio dell’art. 86 del Tulps è la medesima dell’art. 180 del
regolamento di esecuzione, è facile dedurre che se la ricorrente avesse impugnato l’art. 86 la Corte
sarebbe giunta alle medesime conclusioni, risolvendo definitamente ogni questione interpretativa sulla
competenza a sanzionare la violazione. Ma non è ovviamente possibile né corretto fondare una sicura
competenza del Sindaco su questa deduzione.
Si deve invece considerare in primo luogo che né la legge di delega
(l. n. 562 del 1993) né la legge delegata (d.lgs. n. 480 del 1994) hanno introdotto modifiche ai criteri
generali individuati per la procedura di accertamento e di irrogazione delle relative sanzioni, fissata
nella sez. II, capo I, della legge 24 novembre 1981, n. 689, ed in particolare dall’art. 17, comma terzo,
di questa legge che – lo si ricorda – ha stabilito che “nelle materie di competenza delle Regioni e negli
altri casi, per le funzioni amministrative ad esse delegate, il rapporto è presentato all’ufficio regionale
competente”.
Come noto, il riparto di competenze normative tra lo Stato e le Regioni è stato profondamente
modificato dalla legge costituzionale
n. 3 del 2001 di riforma della parte seconda, titolo V, della Costituzione. Sulla base del nuovo art. 117
della Costituzione alcune delle materie precedentemente di esclusiva competenza statale o di
competenza legislativa concorrente sono ora di competenza regionale residuale, quali le materie del
“commercio” e del “turismo”. Ora, non vi è dubbio che le attività contemplate nell’art. 86 del Tulps
siano da inquadrare proprio in queste materie su cui la Regione ha una potestà legislativa piena.
2) La normativa della Regione Emilia-Romagna
Per quanto riguarda la Regione Emilia-Romagna, entrambe le materie sono state recentemente
oggetto di intervento legislativo con la legge n. 26 luglio 2003, n. 14 (Disciplina dell’esercizio delle
attività di somministrazione di alimenti e bevande) e la legge 28 luglio 2004,
n. 16 (Disciplina delle strutture ricettive dirette all’ospitalità). Le due leggi complessivamente
considerate disciplinano sostanzialmente l’eser-cizio delle attività contemplate nell’art. 86 del r.d. n.
773 del 1931 stabilendone il regime autorizzatorio e sanzionatorio.
In particolare la legge n. 14 del 2003 disciplina tutte le attività di vendita di alimenti e bevande per
il consumo sul posto in tutti i casi in cui gli acquirenti consumano i prodotti in locali o superfici aperti
al pubblico, o mediante distributori automatici in locali esclusivamente adibiti a tali attività, quelle
svolte al domicilio del consumatore e quelle svolte in locali non aperti al pubblico. Si tratta di una
casistica di attività estremamente ampia che la normativa regionale assoggetta all’autorizzazione da
parte del Comune competente per territorio, il quale per espressa disposizione dell’art. 19 (“Sanzioni”)
“è competente a ricevere il rapporto di cui all’art. 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche
al sistema penale), applica le sanzioni amministrative ed introita i proventi”.
La legge n. 16 del 2004 demanda, in applicazione dell’art. 118, comma primo, della Costituzione, al
Comune l’esercizio di “tutte le funzioni amministrative connesse all’apertura, all’esercizio e alla
classificazione delle strutture ricettive dirette all’ospitalità” (art. 2, comma 1) e precisa (comma 2) che
“l’apertura e la gestione delle strutture ricettive alberghiere e all’aria aperta sono soggette a
autorizzazione rilasciata dal Comune in cui le strutture sono ubicate”. In merito all’aspet-to
sanzionatorio, viene infine specificato (comma 5) che “le Province ed i Comuni esercitano le attività di
vigilanza relative alle funzioni di competenza. Il procedimento per l’applicazione delle sanzioni è
regolato dalla legge regionale 28 aprile 1984, n. 21 (Disciplina dell’applicazione delle sanzioni
amministrative di competenza regionale) e dalla legge regionale 24 marzo 2004, n. 6 (Riforma del
sistema amministrativo regionale e locale. Unione europea e relazioni internazionali. Innovazione e
semplificazione. Rapporti con l’università)”. Si precisa che la legge regionale n. 21 del 1984 dà diretta
attuazione per quanto riguarda le sanzioni di competenza regionale alle procedure di irrogazione della
legge n. 689.
In conclusione si deve quindi sostenere che nella regione Emilia-Romagna esistono delle normative
che con riguardo agli aspetti autorizzatori e sanzionatori relativi alle attività riconducibili all’art. 86 del
Tulps espressamente affermano una competenza in capo al Sindaco (la legge regionale n. 14 del 2003)
o rinviano ad altre normative regionali che tale competenza prevedono (la legge regionale n. 16 del
2004).
3) Le competenze delle Regioni in generale
Un ulteriore approfondimento richiede la questione posta nel quesito, se si possa giungere alle
medesime conclusioni anche in quelle Regioni che non hanno ancora legiferato nelle materie di
propria competenza. La questione, di carattere generale, può essere sintetizzata nel seguente modo:
è ipotizzabile un’applicazione generalizzata dell’art. 17, comma 3, della legge n. 689 del 1981, sulla
base dell’attri-buzione della meteria in assenza di una disciplina sostanziale regionale? Oppure, in
forza del principio di cedevolezza contenuto nell’art. 1, comma 2, della legge 5 giugno 2003, n. 131
(Disposizioni per l’ade-guamento dell’ordinamento della Repubblica alla l. cost. n. 18 ottobre 2001,
n. 3) (“Le disposizioni normative statali vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge
nelle materie appartenenti alla legislazione regionale continuano ad applicarsi, in ciascuna
Regione, fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni regionali in materia, fermo quanto
previsto al comma 3, fatti salvi gli effetti di eventuali pronunce della Corte Costituzionale”) deve
ritenersi che continui ad applicarsi l’art. 17-quinques del Tulps?
In relazione al valore da attribuire all’art. 1, comma 2, della legge
n. 131, il principio di cedevolezza in esso contenuto è finalizzato a colmare un vuoto normativo di
disciplina. Una volta affermato il principio che la competenza normativa in materia sanzionatoria
appartiene al soggetto al quale è rimessa la predeterminazione della fattispecie da sanzionare, in
attesa che la Regione intervenga con un proprio provvedimento legislativo, in virtù dell’art. 1,
comma 2, della legge n. 131 del 2003, continua ad applicarsi la normativa esistente, quella statale,
che individua le fattispecie, mentre per quanto riguarda la competenza sanzionatoria questa è per il
principio di accessorietà già di competenza della Regione.
Si tenga infine presente, in relazione al ruolo suppletivo della legge statale, che tra le due
normative, quella di cui all’art. 17-quin-quies del Tulps e quella dell’art. 17, comma 3, della legge
n. 689 del 1981, deve sicuramente considerarsi prevalente quest’ultima.
La legge n. 689 ha posto infatti una disiciplina generale per l’ap-plicazione delle sanzioni
amministrative pecuniarie ed ha dettato una serie di norme procedimentali che si ispirano ai principi
propri dell’illecito civile e penale (e ne mutano alcuni istituti tipici) e analogamente a questi e a
quelli dettati dalla legge n. 241 del 1990 sul
giusto procedimento assurgono a principi fondamentali; sono, in altre parole, principi
procedimentali. Con riguardo all’ambito di applicazione, l’art. 12 della legge statale stabilisce che
“le disposizioni di questo capo si osservano, in quanto applicabili e salvo che non sia diversamente
stabilito, per tutte le violazioni per le quali è prevista la sanzione amministrativa del pagamento di
una somma di denaro, anche quando questa sanzione non è prevista in sostituzione di una sanzione
penale. Non si applicano alle violazioni disciplinari”. Con riguardo all’estensione dell’applicabilità
del procedimento della legge
n. 689 si ritiene che “mentre con la prima locuzione «in quanto applicabili», il legislatore abbia
fatto riferimento ad ipotesi di incompatibilità intrinseca tra un tipo particolare di sanzione
pecuniaria e la disciplina contenuta nel capo I della legge, con l’altra («salvo che non sia
diversamente stabilito») abbia, invece, preso in considerazione deroghe disposte da singole norme
e contenute tanto in leggi diverse quanto nella stessa legge n. 689 del 1981” (R. Galli, Corso di
diritto amministrativo, 2ª ed., pag. 701). Sul valore e sulla portata della legge n. 689 rispetto alle
materie di competenza legislativa regionale ha peraltro avuto occasione di pronunciarsi anche la
Corte Costituzionale. In un giudizio di legittimità sollevato contro la legge regionale dell’EmiliaRomagna n. 4 del 1987 (Applicazione di sanzioni amministrative a carico dei viaggiatori dei servizi
pubblici sprovvisti di valido documento di viaggio), la Corte ha affermato che “la disciplina
generale delle sanzioni amministrative è contenuta nella suddetta legge n. 689 del 1981, anche per
quel che riguarda le competenze sanzionatorie delle Regioni. Rispetto alla competenza legislativa
regionale in materia, essa opera da legge contenente i principi fondamentali (sent. n. 28 del
1996)”.
117
In conclusione affinché i principi procedimentali contenuti nella legge n. 689 e in particolare
l’art. 17, comma 3, trovino una diretta e immediata applicazione nei singoli ordinamenti regionali
occorre che le Regioni legiferino traducendoli in un’espressa previsione legislativa.
• Art. 115 del Tulps
L’art. 115, primo comma, del Tulps prevede l’obbligo della licenza del Questore per aprire o
condurre agenzie di prestiti su pegni o altre agenzie di affari, quali che siano il loro oggetto o la loro
durata; l’art. 205 del relativo regolamento di esecuzione (r.d. 6 maggio 1940, n. 635), invece, ne
chiarisce la natura e ne fornisce un’elencazione casistica, ovviamente non esaustiva. L’art. 205
stabilisce infatti che, “sotto la denominazione di «agenzie pubbliche o uffici pubblici di affari»
usata dall’articolo 115 della legge, si comprendono le imprese, comunque organizzate, che si
offrono come intermediarie nell’assunzione o trattazione di affari altrui, prestando la propria
opera a chiunque ne faccia richiesta. Ricadono sotto il disposto del citato articolo i commissionari,
i mandatari, i piazzisti, i sensali, i ricercatori di merci, di clienti o di affari per esercizi od agenzie
autorizzati; le agenzie per abbonamenti ai giornali; le agenzie teatrali; le agenzie di viaggi, di
pubblici incanti; gli uffici di pubblicità e simili”. Per espressa esclusione normativa (art. 207 del
regolamento di esecuzione) l’art. 115 del Tulps non si applica alle attività di mediazione. La legge
21 marzo 1958, n. 253 (Disciplina della professione di mediatore) stabilisce (art. 3) che “per
l’esercizio dell’at-tività disciplinata dai precedenti articoli non è richiesta la licenza prevista
dell’art. 115 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con regio decreto 18
giugno 1931, n. 773”. Infine per espressa disposizione normativa (art. 206 del regolamento di
esecuzione) non sono soggette alla disciplina dell’articolo 115 le agenzie di trasporto di merci
mediante autoveicoli, di cui alla legge 20 giugno 1935, n. 1349 e, in genere, le agenzie e gli uffici di
enti o di istituti soggetti alla vigilanza di autorità diversa da quella della pubblica sicurezza, come i
cambiavalute, le agenzie di emigrazione, le agenzie di recapito di corrispondenza, di pacchi e simili.
Dette agenzie vengono individuate in una casistica che comprende, oltre alle agenzie di trasporto di
merci mediante autoveicoli, le attività di liberi professionisti, alla condizione che tutte le attività
esplicate rientrino nell’esercizio della libera professione, i raccomandatari marittimi disciplinati
dalla legge 4 aprile 1977, n. 135, gli spedizionieri doganali, i commissionari di prodotti
ortofrutticoli di cui al r.d. 21 agosto 1937, n. 1982, le agenzie di viaggio e turismo (la materia
“turismo” era stata devoluta alla competenza delle Regioni, ancorché nei limiti dei principi
fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato, dalla legge 17 maggio 1983, n. 217 “legge-quadro per
il turismo”, di recente sostituita dalla legge 29 marzo 2001, n. 135 – “Riforma della legislazione
nazionale del turismo”). Altre attività analoghe alle agenzie d’affari sono invece disciplinate in
maniera autonoma da disposizioni di legge speciali. Ne sono un esempio le attività di agenzia di
cambio o di borsa; le attività di agenzia marittima; le attività di “broker”; le attività di perito
assicurativo; le attività di agenzia per disbrigo di pratiche automobilistiche e nautiche, nonché per
consulenza nella circolazione dei mezzi di trasporto in genere.
Per quanto concerne la titolarità del potere di autorizzazione, l’esercizio di attività di agenzia è
assoggettato al rilascio di apposita licenza, valevole, secondo quanto disposto della normativa, per i
soli locali in essa indicati.
Con riguardo all’individuazione del soggetto titolare del potere autorizzatorio, il potere di
rilascio della relativa licenza, originariamente di competenza del Questore, con il d.lgs. 31 marzo
1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle Regioni ed agli
enti locali, in attuazione del capo I della l. 15 marzo 1997, n. 59) è stato trasferito in via generale ai
Comuni (art. 163, comma 2, lett. b) e d) con l’eccezione di alcune tipologie di agenzie pubbliche,
ovvero, specificamente, quelle aventi ad oggetto attività di recupero crediti, pubblici incanti,
agenzie matrimoniali e di pubbliche relazioni, rimaste nella competenza del Questore. In relazione
al trasferimento di competenze il d.P.C.M. 12 settembre 2000 (Individuazione delle risorse
finanziarie, umane, strumentali e organizzative da trasferire alle Regioni ed agli enti locali per
118
l’esercizio delle funzioni e dei compiti amministrativi in materia di polizia amministrativa) all’art.
2, comma 3, ha stabilito che “a decorrere dal 1° gennaio 2001 i Comuni provvedono alle attività
amministrative di cui all’articolo 163, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, ed
ai relativi controlli”.
Con riguardo alla disciplina sanzionatoria conseguente all’accer-tamento di attività di agenzia
senza la prescritta licenza, originari-mente la violazione dell’art. 115 del Tulps era sanzionata
dall’art. 665 c.p., che conteneva la relativa ipotesi contravvenzionale. Con il d.lgs. 13 luglio 1994,
n. 480, di riforma della disciplina sanzionatoria contenuta nel Testo Unico delle Leggi di Pubblica
Sicurezza, l’art. 665 c.p. è stato espressamente abrogato ed è stato coerentemente inserito l’art. 17bis, comma 1 del Tulps che richiama anche la violazione dell’art. 115 Tulps, oltre all’art. 86 e ad
altre disposizioni, tra quelle assoggettate alla fascia sanzionatoria più grave nel sistema degli illeciti
amministrativi di nuova istituzione previsti dal medesimo Tulps.
In merito alla procedura, l’art. 17-quinquies del Tulps stabilisce che il rapporto relativo alla
violazione di cui all’art. 17-bis del Tulps deve essere inoltrato al Prefetto competente per territorio.
Come per l’art. 86, anche in relazione alla potestà sanzionatoria dell’art. 115 si è in presenza di
due difformi disposizioni, l’art. 17-quinquies del Tulps e l’art. 17, comma 3, della legge n. 689 del
1981, e il quesito chide di stabilire, nell’ambito del quadro normativo vigente, quale delle due
previsioni si debba applicare.
Il problema interpretativo si pone ovviamente solo per le attività trasferite alla competenza dei
Comuni; sono invece escluse quelle attività – di recupero crediti, pubblici incanti, agenzie
matrimoniali e di pubbliche relazioni – per il cui esercizio occorre il rilascio della licenza da parte
del Questore. Peraltro sono attività la cui disciplina sostanziale è tuttora, anche a seguito della
riforma costituzionale del 2001, di pertinenza statale.
Applicando i principi che regolano gli aspetti applicativi delle sanzioni, ovvero il principio di
accessorietà e il principio procedimentale di cui all’art. 17 della legge n. 689 del 1981, entrambi già
analizzati nella parte precedente del presente parere, non si può non sostenere che anche per queste
attività il rapporto sull’eventuale violazione delle disposizioni che le regolano deve essere inoltrato
al Sindaco.
La non sussistenza nelle singole fattispecie di quei profili attinenti alla tutela della sicurezza ed
ordine pubblico, quale condizione per poter procedere nel senso sopra indicato, è per queste attività
– a differenza di quelle trasferite ad opera del d.P.R. n. 616 del 1977 – da escludere per definizione.
È infatti l’art. 1, comma 3, lett. l) della legge delega n. 59 del 1997, che, nello stabilire principi e
criteri per il generale trasferimento di funzioni a Regione ed enti locali, ha escluso dal conferimento
le funzioni e i compiti riconducibili alla materia dell’or-dine pubblico e della sicurezza pubblica. Al
fine di individuare esattamente cosa dovesse intendersi per ordine pubblico e sicurezza, il d. lgs. n.
112 ha per la prima volta fornito una definizione normativa delle funzioni e dei compiti
amministrativi relativi all’“ordine pubblico e alla sicurezza pubblica” e quelli relativi alla “polizia
amministrativa regionale e locale”. L’art. 159, comma 1, superando le definizioni contenute del
d.P.R. 616 del 1977, ha sancito infatti che le funzioni e i compiti di polizia amministrativa regionale
e locale concernono “le misure dirette ad evitare danni o pregiudizi che possono essere arrecati ai
soggetti giuridici e alle cose nello svolgimento di attività relative alle materie nelle quali vengono
esercitate le competenze, anche delegate, delle Regioni e degli enti locali”. Il comma 2 ha definito
le funzioni e i compiti relativi all’ordine pubblico e alla sicurezza pubblica come l’insieme delle
“misure preventive e repressive dirette al mantenimento dell’ordine pubblico, inteso come il
complesso dei beni giuridici fondamentali e degli interessi pubblici primari sui quali si regge
l’ordinata e civile convivenza nella comunità nazionale, nonché alla sicurezza delle istituzioni, dei
cittadini e dei loro beni”.
L’art. 163, comma 2, lett. d), del d.lgs. n. 112 del 1998, si è basato proprio sulla distinzione tra
ordine e sicurezza pubblica e polizia amministrativa, disponendo espressamente il trasfermento ai
Comuni delle funzioni e dei compiti per i quali, benché previsti nel Tulps, non era o non era più
ravvisabile un profilo di pubblica sicurezza.
119
Questa pecularietà del trasferimento delle funzioni operato dal d.lgs. n. 112 rispetto a quello
avvenuto nel 1977 è stata rilevata anche dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 290 del 2001,
che nel rigettare la questione di legittimità costituzionale dell’art. 163, comma 2, lett. d), d.lgs. 31
marzo 1998, n. 112 sollevata in relazione all’art. 77, primo comma, della Costituzione, ha appunto
sostenuto (punto 2 del Considerato in diritto) quanto sopra affermato, e cioè che “l’art. 163, comma
2, lett. d), del d.lgs. n. 112 del 1998, nel disporre il trasferimento ai Comuni delle funzioni e dei
compiti relativi al rilascio delle licenze concernenti le agenzie di affari di cui all’art. 115 del r.d. 18
giugno 1931,
n. 773 si è basato proprio sulla distinzione tra ordine e sicurezza pubblica come sopra interpretati,
da un lato, e polizia amministrativa, come funzione accessoria ai compiti spettanti alle Regioni e
agli enti locali nelle materie di loro competenza, dall’altro”. Entrando poi nel merito della
questione sottoposta, la Corte si è espressa per la non permanenza del potere provvedimentale del
Prefetto in relazione alle fattispecie di cui all’art. 115 del Tulps, approfondendo le motivazioni
sostanziali alla base di detto orientamento. Di questa ampia trattazione si riportano alcuni dei
passaggi più significativi. Al punto 4 del Considerato in diritto si legge: “Una volta accertata
l’intervenuta soppressione di ogni
residuo potere provvedimentale del Prefetto in tema di agenzie di affari, la questione sollevata dal
tribunale amministrativo regionale del Lazio si risolve nell’interrogativo se nell’attività di tali
agenzie sicurezza e ordine pubblico – rispetto ad ogni altro interesse pubblico e segnatamente
rispetto allo sviluppo economico delle comunità locali, in direzione del quale sono prevalentemente
orientati i trasferimenti e i conferimenti che si basano sulla legge di delegazione n. 59 del 1977 –
assumano un rilievo talmente preminente da imporre, come soluzione costituzionalmente obbligata,
che le funzioni e i compiti in materia siano attribuiti non all’autorità locale, ma a quella di
pubblica sicurezza o che comunque in capo a questa debba essere mantenuto il potere di disporre
sospensioni, revoche o annullamenti. Ove la risposta a questo interrogativo dovesse essere
affermativa, prolungando il ragionamento alle sue conseguenze logiche, ogni potestà
amministrativa in campo economico, nell’attuale contesto, nel quale larghi settori dell’economia
sono esposti alle insidie della criminalità, dovrebbe essere espressione diretta dell’autorità di
pubblica sicurezza o posta sotto la tutela di questa. E così non si riuscirebbe a scorgere la ragione
per la quale le sole agenzie di affari dovrebbero essere attratte all’area dei poteri provvedimentali
del Prefetto e non anche gli esercizi commerciali, i quali, non diversamente da quelle, in base alla
stessa legge di delegazione, attuata con d.lgs. 31 marzo 1998, n. 114 (Riforma delle disciplina
relativa al settore del commercio, a norma dell’art. 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59), ricadono
nella gestione dell’autorità amministrativa locale o regionale, con esclusione in ogni caso dei
poteri dell’autorità di pubblica sicurezza, discrezionali o meno che essi siano. Quando venga in
considerazione l’attività dei privati a contenuto economico, nelle svariate forme giuridiche nelle
quali essa può manifestarsi, la scelta di larga massima compiuta dal legislatore, salvo talune
eccezioni contenute nello stesso art. 163 del d.lgs. n. 112 del 1998, che qui non rilevano e che non
sono tali da contraddire l’ispirazio-ne di fondo, è stata quella di rimettere ogni valutazione agli
orgini che sono espressione diretta o indiretta della comunità locale, sulla non irragionevole
premessa che siano in primo luogo questi, per la loro maggiore vicinanza alle popolazioni
amministrate, ad averne a cuore lo sviluppo economico, in applicazione del principio di
sussidiarità, la cui realizzazione costituisce uno dei principali obbiettivi della legge di delegazione.
Ciò non significa che l’ambito delle competenze statali nel rapporto tra attività economica e
sicurezza pubblica sia stato interamente soppresso; esso, nel confine mobile segnato dalle opzioni
del legislatore in materia di controlli sullo svolgimento delle attività economiche, si è tuttavia
considerevolmente ridotto. È infatti rimasto integro il potere generale di prevenzione e repressione
dei reati, ma si è venuta ridimensionando quella sua proiezione provvedimentale, che si esprimeva
in misure direttamente incidenti sull’attività economica, per dar luogo a un nuovo equilibrio di
poteri tra Stato ed autonomie che vede riservato al primo l’adozione di misure ablatorie, preventive
e repressive, sulla base peraltro di procedimenti interamente giurisdizionalizzati in ossequio ad
120
un’accezione più rigorosa del principio dello Stato di diritto, nei soli casi in cui l’attività
economica sia così strettamente compenetrata con la criminalità organizzata da esserne essa
medesima espressione (si veda, in particolare, la legge 31 marzo 1965, n. 575 «Disposizioni contro
la mafia» e successive modificazioni). E l’esito normativo del bilanciamento compiuto dal
legislatore delegato tra istanze di sviluppo economico delle comunità locali ed esigenze di ordine
pubblico non contrasta con le direttive contenute nella legge di delegazione, ma risulta anzi in
queste già potenzialmente racchiuso”.
• Artt. 8 e 9 del Tulps e art. 186 del regolamento di esecuzione del Tulps
Con riguardo alla competenza a ricevere il rapporto delle violazioni di cui agli artt. 8 e 9 del
Tulps, alla luce del parere espresso in relazione agli artt. 86 e 115, occorre valutare caso per caso
chi debba essere il destinatario del rapporto (cioè il soggetto competente ad irrogare la sanzione).
Tale valutazione non può infatti prescindere dall’at-tività oggetto dell’autorizzazione stessa.
La competenza all’irrogazione delle sanzioni per la violazione delle prescrizioni contenute
nell’art. 186 del r.d. n. 635 del 1940 è quella individuata per le fattispecie contenute negli articoli
del Tulps a cui le prescrizioni del regolamento danno esecuzione. Detto criterio è valido anche per
altri articoli del regolamento di esecuzione del Tulps.
121
Capitolo IX
La disciplina degli esercizi pubblici di telecomunicazioni
1. Il quadro normativo di riferimento
Il regime sanzionatorio degli esercizi pubblici (internet point, phone center, ecc.) è previsto
dall’art. 7 del d.l. 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005,
n. 155.
In Italia il sistema autorizzatorio è il seguente mentre per gli esercizi aperti nella Regione
Lombardia (l.r. 3 marzo 2006, n. 6) e nella Regione Emilia-Romagna (l.r. 21 maggio 2007, n. 6),
dove sono state approvate leggi specifiche che regolamentano la materia, occorre avere anche
l’autorizzazione comunale che si aggiunge a quelle di seguito indicate.
2. La licenza
La legge n. 155/2005 ha introdotto fino al 31 dicembre 2010 (termine posticipato
successivamente) l’obbligo della licenza di
p.s. per “chiunque intende aprire un pubblico esercizio o un circolo privato di qualsiasi specie, nel
quale sono posti a disposizione del pubblico, dei clienti o dei soci apparecchi terminali utilizzabili
per le comunicazioni anche telematiche”.
La licenza si intende rilasciata trascorsi sessanta giorni dall’inoltro della domanda qualora non
vi sia uno specifico atto di diniego (art. 7, comma 3, d.l. n. 144/2005).
Pertanto a far data dal 17 agosto 2005 chiunque intenda intraprendere un’attività primaria o
secondaria di phone center, internet point, servizio fax che utilizza tecnologia VOIP, dovrà chiedere
apposita licenza al questore.
Chi è già attivo con questi servizi prima dell’entrata in vigore della legge, doveva chiedere la
citata licenza al questore entro il 26 settembre 2005.
Dalla lettura della normativa si evince come questa nuova fattispecie autorizzatoria sia
assimilabile alla disciplina generale degli esercizi pubblici regolamentata dal testo unico delle leggi
di p.s., per espressa indicazione dell’art. 7 della legge in argomento, e non anche alla disciplina
degli esercizi commerciali regolamentati dal d.lgs. n. 114/98.
Le attività che si intendono regolamentare sono pertanto le seguenti:
a) accesso alla rete internet, internet point;
b) comunicazioni telefoniche vocali, phone center e non call center che sono cosa del tutto
diversa;
c) servizio telefax, solo con tecnologia a commutazione dati di pacchetto (VOIP).
Sono esplicitamente esclusi dalla regolamentazione i telefonici pubblici a pagamento abilitati
solamente alla telefonica locale ovvero le normali cabine telefoniche installate in strada, in esercizi
pubblici, ospedali, caserme, uffici, ecc.
In sostanza l’imprenditore che, a scopo di lucro, affitta o compra da gestori di telefonia linee e
tempo di comunicazione (Min/com) per rivenderli, in appositi locali, ai cittadini a prezzi inferiori a
122
quelli delle normali cabine telefoniche o delle linee di abitazioni private, deve chiedere la licenza di
p.s.
Il suddetto imprenditore dovrà anche adempiere all’obbligo di adottare idonee misure fisiche e
tecnologiche per adempiere agli obblighi di identificazione dell’utente e monitoraggio delle attività
così come previsto dal d.m. interno del 16 agosto 2005 (registro informatico oppure cartaceo
vidimato dall’autorità locale di p.s., ma solo per esercizi o circoli con meno di tre postazioni).
Questi obblighi, (licenza e registro) per espressa indicazione della legge, sono prescritti anche
per i circoli privati, sia affiliati a enti nazionali che non, che mettono a disposizione dei soci i servizi
di comunicazione elettronica di cui si tratta.
Anche i titolari di esercizi ricettivi (alberghi, pensioni, …) o pubblici (bar, ristoranti, …) o
commerciali (negozi) che, come attività secondaria, mettono a disposizione della propria clientela i
servizi di cui si tratta, hanno bisogno della licenza e del registro di p.s. (cartaceo, se hanno fino a tre
apparati, o informatico).
Rimane l’obbligo per tutti coloro che forniscono, in via primaria, un servizio di
telecomunicazione ai sensi dell’art. 6 del
d.P.R. n. 318/97 (internet point, phone center, ecc.) di effettuare la denuncia dei terminali al
Ministero delle comunicazioni al fine di ottenere l’autorizzazione generale di quel Ministero, ai
sensi all’art. 25, comma 4 del Codice delle comunicazioni elettroniche (d.lgs. n. 259/2003).
Sono esclusi da questo obbligo tutti gli esercenti di attività commerciali, pubblici esercizi,
attività ricettive o circoli privati che non hanno, come oggetto sociale principale, l’attività di
telecomunicazioni, limitandosi a mettere a disposizione della clientela terminali di rete come
servizio aggiunto (delibera dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni Cons. n. 102 del 15
aprile 2003).
Per quanto attiene agli enti e uffici pubblici (comuni, scuole, università, biblioteche, ecc.) che
mettano a disposizione dei dipendenti, studenti o cittadini tali servizi per agevolare l’ap-proccio alle
tecnologie e comunicazioni informatiche, il Ministero degli interni con propria circolare del 20
ottobre 2005 ha stabilito che “non trova applicazione” la norma nella parte che concerne la
necessità della licenza di p.s. ma solamente quella relativa all’adozione delle misure fisiche e
tecnologiche occorrenti per impedire l’accesso agli apparecchi terminali.
3. Il sistema autorizzatorio
dichiarazione per l’offerta al pubblico di reti e servizi di comunicazione elettronica di cui
all’art. 25, comma 4 del Codice delle comunicazioni elettroniche (decreto legislativo n. 259 del 1°
agosto 2003).
La dichiarazione, redatta sulla base del modello Allegato 9.doc esclusivamente per i servizi di
internet point – phone center – fax va indirizzata all’Ispettorato territoriale competente per regione
di residenza, per la Lombardia, ad esempio, al seguente indirizzo:
Ministero delle Comunicazioni
Ispettorato Territoriale Lombardia
Via Principe Amedeo, 5
20121 Milano
Alla dichiarazione va acclusa, in originale, la seguente documentazione:
1.
1. originale certificato di iscrizione della Camera di commercio (il certificato deve riportare
l’attività per cui si richiede il servizio) comprensivo di nullaosta antimafia; per le associazioni copia
conforme all’originale statuto societario;
2.
2. casellario giudiziale del titolare dell’impresa o di tutti i
componenti del CDA o del legale rappresentante con allegata fotocopia del documento di identità.
Per coloro che non sono in grado di produrre in prima istanza la Camera di commercio devono
allegare copia del permesso di soggiorno.
123
Il titolare deve conservare le copie dell’Allegato 9 e della documentazione presentata presso
l’Ufficio ITL competente, coloro che presentano la richiesta di autorizzazione a mezzo posta
devono conservare anche i bollettini A/R della corrispondenza.
I soggetti titolari di autorizzazione sono tenuti all’iscrizione nel registro degli operatori di
comunicazione (ROC) tenuto dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ai sensi dell’art. 1
della legge n. 249/97.
Dal sito dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, tenutaria del registro, sarà possibile
scaricare la modulistica occorrente.
Per quanto riguarda l’Allegato 9 si rammenta che per ogni servizio richiesto va redatto un
modello, si precisa inoltre che va compilato in tutte le sue parti:
1.
1. alla sezione relativa alla descrizione e tipologia di rete va inserita la tipologia di linee
utilizzate per il servizio (es. rete fissa linee commutate ISDN, ADSL, RTG, …);
2.
2. alla sezione descrizione sistemi/apparati di rete utilizzati e relativa ubicazione, va riportata
l’informazione relativa all’ap-parecchiatura (marca nome del produttore, modello) e l’indiriz-zo
dove viene svolto il servizio.
Qualora la linea telefonica è collegata in modo diretto alla cabina, per apparecchiatura s’intende
il telefono in cabina.
Qualora le linee telefoniche sono collegate ad un centralino prima dell’apparecchio in cabina,
per apparecchiatura s’inten-de il centralino. Per i fornitori dei servizi di comunicazione elettronica
(phone center, internet point, fax) qualora ne ricorrano le condizione previste dal d.m.
Allacciamenti e collaudi degli impianti telefonici interni: l’impianto telefonico interno deve
essere installato, collaudato, allacciato e sottoposto a manutenzione da ditte autorizzate dal
Ministero delle comunicazioni.
L’albo è consultabile sul sito del Ministero.
I casi che si possono prefigurare sono i seguenti:
Esempio 1:
Descrizione tipologia di rete:
Rete fissa linee commutate
Descrizione tipologia di servizio: Phone center
Descrizione sistemi/apparati di rete e relativa ubicazione:
marca e modello degli apparecchi telefonici ............................ o
marca e modello del centralino ....................................................
indirizzo dove viene svolto il servizio ..........................................
Esempio 2:
Descrizione tipologia di rete:
Rete fissa linee Adsl
Descrizione tipologia di servizio: Internet point
Descrizione sistemi/apparati di rete e relativa ubicazione:
apparato Router o Modem
Nome del Produttore ..................... Modello ................................
indirizzo dove viene svolto il servizio ..........................................
.
Esempio 3:
Descrizione tipologia di rete:
Rete fissa linee commutate
Descrizione tipologia di servizio: Fax
Descrizione sistemi/apparati di rete e relativa ubicazione: ........
124
.........................................................................................................
apparato Fax
Nome del Produttore ..................... Modello ................................
indirizzo dove viene svolto il servizio ..........................................
Per i servizi (internet service provider, rivendita di traffico telefonico, ecc.) la dichiarazione va inviata al seguente indirizzo:
Ministero delle comunicazioni
Direzione generale Concessioni e Autorizzazioni
– Divisione II, Viale America, 201 00144 Roma
4. Prescrizioni ed orari di esercizio
Esiste il problema di regolare l’orario di apertura, funzionamento e chiusura di questi nuovi esercizi.
Come è noto il d.lgs. n. 267/2000 prevede che siano i sindaci a stabilire i normali orari di
funzionamento degli esercizi commerciali, pubblici e ricettivi.
Esiste però la facoltà per il Questore e Prefetto di intervenire, anche in questo settore, quali autorità
provinciali di p.s., a mezzo di “prescrizioni, ordinanze, ecc.”, in caso di pregiudizio per
l’ordine o la sicurezza pubblica od in fase di rilascio delle autorizzazioni inserendo apposite
prescrizioni.
Per i classici internet point e/o phone center, che si possono assimilare agli esercizi pubblici, non
sembrano esserci particolari problemi pratici o legislativi per tale regolamentazione a mezzo di
prescrizioni da inserire nei titoli autorizzatori.
In questo caso parrebbe opportuno adottare un unico orario di apertura, funzionamento e
chiusura valido per tutta la provincia, a mezzo di apposita direttiva del Prefetto concordata con il
Questore.
Queste autorità provinciali di p.s. hanno comunque la facoltà di intervenire, ulteriormente, con
propri atti limitativi (prescrizioni, ordinanze), in caso di necessità, per salvaguardare l’ordine
pubblico, la sicurezza dei cittadini, il riposo delle persone, la viabilità stradale, la tutela dei minori,
ecc.
Si è potuto invece notare che molti punti di accesso internet
o postazioni di telefonia sono in promiscuità con esercizi commerciali (negozi di alimentari o di
oggettistica, ricevitorie), esercizi pubblici (bar) o esercizi ricettivi (alberghi), quali servizi secondari
ed aggiuntivi.
In questo caso i provvedimenti comunali già prevedono un orario di funzionamento per l’attività
principale alla quale, ne consegue, si deve adeguare quella secondaria di telecomunicazione.
Nel caso degli esercizi ricettivi (alberghi) ovviamente la facoltà di utilizzo delle postazioni andrà
riservata ai soli clienti della struttura stessa, peraltro già identificati ai sensi dell’art. 109 del Tulps.
Anche i circoli privati hanno l’obbligo di fornire i propri servizi solamente ai soci rispettando
l’orario di funzionamento già stabilito o che si andrà a determinare.
Appare opportuno che la regolamentazione degli orari venga adottata già nei modelli di
presentazione delle domande alle questure perché, nel caso la stessa questura fosse impossibilitata a
rilasciare la licenza entro 60 giorni dalla domanda, la stessa si intende acquisita dal richiedente
(silenzio-assenso) pertanto occorre evidenziare già, ai sensi dell’art. 9, la prescrizione nella
richiesta.
Se così non si facesse il gestore eserciterebbe l’attività senza indicazioni sugli orari proprio
perché non in possesso dell’auto-rizzazione di p.s. che contiene necessariamente, quale
“prescrizione”, l’orario di funzionamento.
5. Sorvegliabilità ed igiene dei locali
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Al punto 3 dell’art. 7 della legge in questione si ribadiscono le disposizioni vigenti in materia di
sorvegliabilità dei locali adibiti a pubblici esercizi, ovvero l’art. 153 del regolamento del Tulps.
Visto il tenore della norma succitata è evidente che l’unico richiamo in generale è riferibile al
d.m. interno 17 dicembre 1992, n. 564 e succ. mod. per gli esercizi di somministrazione.
Per le altre materie richiamate occorre fare riferimento alla regolamentazione degli enti locali in
materia (es. igiene e sanità, urbanistica, destinazione d’uso, polizia locale).
Si ritiene, pertanto, che per tutti gli esercizi di telefonia e internet già esistenti alla data di entrata
in vigore della legge, abbinati ad esercizi pubblici, ricettivi, circoli privati, in qualità di attività
secondaria, il requisito della “sorvegliabilità” sia già stato verificato dalle autorità comunali
analogamente a quelli di propria competenza, in particolar modo a quelli igienicosanitari.
Per gli esercizi commerciali (negozi), alla luce della nuova normativa che ha introdotto questa
nuova fattispecie autorizzatoria, andrà verificata la compatibilità tra le due attività soprattutto per
garantire l’igiene e la sanità degli ambienti spesso in comunione.
Pertanto le questure dovranno provvedere alla verifica del requisito della sorvegliabilità, ai sensi
dell’art. 153 del regolamento del Tulps, per:
a) tutti gli esercizi pubblici di telefonia e internet (phone center e internet point) quale attività
unica o principale, nuovi
o già esistenti; b) tutti gli esercizi pubblici, ricettivi, circoli privati di nuova
costituzione;
c) tutti gli esercizi commerciali anche già esistenti.
Le autorità locali provvederanno per l’accertamento dei requisiti di loro competenza con
particolare attenzione agli aspetti igienico-sanitari.
Si è del parere che gli esercizi pubblici di telefonia e internet possono adeguatamente convivere
con altri gli esercizi pubblici, ricettivi o circoli privati debitamente autorizzati e verificati.
Perplessità sorgono sulla commistione ambientale tra esercizi commerciali, soprattutto quelli
alimentari, in particolare per quel che concerne l’aspetto igienico-sanitario, ed i nuovi esercizi
pubblici di telefonia ed internet.
Si ritiene in proposito, e salvo diversa e più profonda interpretazione delle diverse autorità
interessate, che le due attività debbano avere una netta separazione fisica tra loro stesse, ovvero da
altri ambienti con destinazione d’uso ritenuta non compatibile.
Un discorso a parte vale per gli esercizi aperti nella Regione Lombardia (l.r. 3 marzo 2006, n. 6)
e nella Regione Emilia-Romagna (l.r. 21 maggio 2007, n. 6) dove sono state approvate leggi
specifiche che regolamentano la materia.
6. Monitoraggio dei dati e identificazione dell’utente
La legge generale ed il d.m. di regolamentazione prescrivono l’obbligo per tutti i titolari o
gestori di un esercizio di qualsiasi specie nel quale sono posti a disposizione del pubblico, dei
clienti o dei soci, apparecchi terminali utilizzabili per le comunicazioni anche telematiche, di
impedire l’accesso a dette apparecchiature a persone non preventivamente identificate.
L’identificazione prevede, oltre all’acquisizione dei dati anagrafici riportati sul documenti di
identità e le credenziali di accesso al servizio, anche la riproduzione del documento presentato
dall’utente che potrà avvenire per fotocopia, scannerizzazione, riproduzione fotografica digitale o
altro sistema, non ponendo vincoli tecnici a tale incombenza.
Dovranno essere anche monitorate le attività, ovvero memorizzati e mantenuti i dati relativi alla
data ed ora della comunicazione, alla tipologia del servizio utilizzato abbinabile al terminale usato
dall’utente, escludendo comunque i contenuti delle comunicazioni.
Tali dati dovranno essere raccolti e conservati con modalità informatiche fino al 31 dicembre
2010.
Per gli esercizi aventi non più di tre apparecchi terminali a disposizione del pubblico, i predetti
dati potranno essere registrati su di un apposito registro cartaceo con le pagine preventivamente
126
numerate e vidimate dall’autorità locale di pubblica sicurezza ove viene registrato anche
l’identificativo dell’appa-recchiatura assegnata all’utente e l’orario di inizio e fine della fruizione
dell’apparato.
Anche nel caso di accesso alle reti telematiche attraverso postazioni non vigilate si applicano
le citate disposizioni di identificazione che potranno, comunque, essere assolte a mezzo di
abbonamenti o altre credenziali di accesso prepagate
o gratuite.
Dette credenziali non potranno avere validità superiore ai dodici mesi dall’ultima operazione di
identificazione.
I soggetti che offrono accesso alle reti telematiche utilizzando tecnologia senza fili in aree di
libero accesso per il pubblico (sale d’attesa di aeroporti, stazioni, ecc.) sono comunque tenuti ad
adottare misure fisiche o tecnologiche idonee ad impedire l’uso di apparecchi terminali che non
consentano l’identificazione dell’utente ovvero ad utenti non identificati secondo quanto prescritto.
Anche per coloro che predispongono le sopraindicate modalità di accesso alle reti telematiche
serve la licenza di p.s., a meno di nuove e diverse indicazioni da parte degli organi ministeriali.
L’accesso a questi dati sensibili è riservato agli organi giudiziari o di polizia giudiziaria nonché
al personale della polizia postale e delle comunicazioni, secondo le norme del codice di procedura
penale.
Però l’art. 16 del regolamento del Tulps, modificato dall’art. 2 del d.P.R. 28 maggio 2001, n.
311, nonché le circolari ministeriali emesse in materia, prevedono che i registri, sia quelli cartacei
che informatici, collegati ad attività soggette ad autorizzazioni di p.s., come nel caso, siano esibiti
ad ogni richiesta di ufficiali ed agenti di p.s.
Lo stesso art. 7 della legge prevede l’applicazione delle norme del Tulps, e quindi del relativo
regolamento di esecuzione, alla fattispecie autorizzatoria in esame.
Quindi sulla questione “accesso ai registri” occorre che sia l’autorità garante della privacy a
dare un’ulteriore indicazione identificando quali siano i dati accedibili dagli agenti di p.s. senza
nessuna particolare autorizzazione.
Nei pubblici esercizi l’accesso ai locali destinati all’esercizio dell’attività in questione per
effettuarvi controlli e verifiche è certamente riservato agli ufficiali ed agenti di pubblica sicurezza,
ai sensi dell’art. 16 del Tulps.
Differente è la questione se si riferisce ai circoli privati in quanto è chiaro che l’accesso ad un
circolo già autorizzato dal Questore ai sensi dell’art. 7 del d.l. n. 144/2005 è consentito ai sensi
dell’art. 16 Tulps e allo stesso articolo ci si può riferire per l’accesso nei circoli privati dotati di
autorizzazione alla somministrazione alimenti e bevande ai sensi del d.P.R. n. 235/2001.
Il problema si riferisce al caso in cui il circolo privato sia completamente privo di titoli
autorizzatori, in tal caso è necessaria sempre l’autorizzazione della procura della Repubblica per
l’accesso ai luoghi privati.
7. Il sistema sanzionatorio
L’art. 7 del d.l. n. 144/2005 non prevede in modo esplicito le sanzioni in caso di apertura
abusiva di pubblico esercizio o di circolo privato di qualsiasi specie, nel quale sono posti a
disposizione del pubblico, dei clienti o dei soci apparecchi terminali utilizzabili per le
comunicazioni anche telematiche.
Il richiamo fatto dal comma 3 del citato art. 7 del d.l. n. 144/2005 che richiama l’applicazione,
in quanto compatibili, delle disposizioni del capo IV del titolo I del Tulps fa sì che il Ministero
dell’interno con circolare n. 557/PAS/12982D(22) del 29 agosto 2005 definisca che l’esercizio
abusivo di dette attività è da assoggettare alla procedura penale richiamata dall’art. 17 Tulps e
quindi ad un reato di tipo contravvenzionale.
Il Ministero si spinge oltre: “conseguentemente, la polizia giudiziaria adotterà le misure previste
dal codice di procedura penale per l’interruzione delle attività costituenti reato”.
È da segnalare che le eventuali mancanze accertate rispetto alle prescrizioni definite sia dall’art.
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7 del d.l. n. 144/2005 che del decreto ministeriale 16 agosto 2005 siano sanzionate, sempre
penalmente, dal combinato disposto degli artt. 9 e 17 Tulps.
Secondo la circolare ministeriale succitata del 29 agosto 2005, l’esercizio delle attività in
argomento in assenza di licenza o in violazione degli obblighi inerenti è sanzionato penalmente ai
sensi dell’art. 17 del Tulps.
Questa interpretazione, di fatto, inibisce il potere interdittivo del Questore il quale, in caso di
accertamento di esercizio non autorizzato, non potrà disporre l’applicazione di sanzioni
amministrative pecuniarie, art. 17-bis del Tulps, né adottare l’atto amministrativo autonomo,
immediato e cogente, denominato “Cessazione o sospensione dell’attività”, art. 17-ter del Tulps,
per impedire l’attività non autorizzata ed, infine, non potrà disporre i sequestri amministrativi
delle apparecchiature ai sensi dell’art. 13 e seguenti della legge n. 689/81.
Egli potrà solo attenersi alle valutazioni dell’a.g. (informativa ed eventuale sequestro penale
delle apparecchiature, art. 321 c.p.p., se concesso o convalidato) o, peggio, attendere l’esito
dell’eventuale lunghissimo ed incerto procedimento penale.
Potrà adottare il provvedimento cautelare di cui all’art. 100 del Tulps, ma solo in caso di
sussistenza di turbative per l’ordi-ne pubblico, la sicurezza dei cittadini, la moralità pubblica e non
anche per la semplice mancanza dell’autorizzazione o per inosservanza delle prescrizioni in essa
contenute.
L’art. 10 del Tulps, ovvero la revoca o sospensione delle autorizzazioni di polizia in caso di
abuso della persona autorizzata, qualora sanzionato penalmente, di fatto non permette di intervenire
con un provvedimento interdittivo basato sulla semplice informativa all’a.g. poiché, anche in questo
caso, come ogni avvocato ben sa, bisogna attendere l’esito del procedimento penale.
Questa interpretazione ministeriale collide con il d.lgs. 13 luglio 1994, n. 480 (Riforma della
disciplina sanzionatoria del Tulps) e con la precedente circolare applicativa n. 559/ LEG/200.112bis del 3 ottobre 1994 che prevede, invece, un particolare e più efficace sistema sanzionatorio
amministrativo-pecuniario, da applicarsi per determinate attività soggette ad autorizzazioni di
polizia, tra le quali proprio quelle di esercizio pubblico.
Si rileva, infatti, che il legislatore della nuova norma in questione, all’art. 7, ha espressamente
denominato gli esercizi in questione come “esercizi pubblici di telefonia e internet” intendendo
fare ricadere, esplicitamente, la nuova fattispecie autorizzatoria nella casistica degli “esercizi
pubblici” di cui all’art. 86 del Tulps, con l’applicazione di tutte le disposizioni di cui ai capi III e
IV del titolo I e del capo II del titolo III del Tulps riguardo alla sorvegliabilità dei locali adibiti a
pubblici esercizi (art. 153 del regolamento del Tulps).
Gli esercizi pubblici, capo II titolo III, art. 86 e seguenti del Tulps, in virtù del d.lgs. n. 480/94,
vengono disciplinati e sanzionati, quindi, in via amministrativa ai sensi degli artt. 17-bis, ter,
quater, quinques e sexies del Tulps e non anche in via penale ai sensi dell’art. 17 del Tulps.
In tale circostanza l’autorità competente a ricevere il rapporto ai sensi dell’art. 18 della legge n.
689/81 sarebbe il Prefetto ai sensi dell’art. 17-quinquies del Tulps e gli introiti sono da versare allo
Stato a mezzo del modello F23.
È da segnalare che le eventuali mancanze accertate rispetto alle prescrizioni definite sia dall’art.
7 del d.l. n. 144/2005 che del decreto ministeriale 16 agosto 2005 sono sanzionate, sempre in via
amministrativa, dal combinato disposto degli artt. 9 e 17-bis Tulps.
Stante le indicazioni del Ministero dell’interno diviene difficile per chi come noi riveste la
qualifica di agente di p.s. e che deve accedere presso un esercizio pubblico la cui autorizzazione è
rilasciata dal Questore non tenere conto di quanto la circolare del 29 agosto 2005 prevede.
Tale disposizione, che assume per noi la valenza di un atto di indirizzo dell’autorità di polizia, è
chiaro che sarà strumento al quale fare riferimento nella nostra attività operativa e pertanto nel
procedere con l’informativa alla procura della Repubblica ai sensi dell’art. 347 c.p.p.
Per quanto attiene all’eventuale sequestro preventivo, visto l’orientamento di alcune procure
della Repubblica che trasmettono le informative alle prefetture per l’applicazione della violazione
amministrativa dell’art. 17-bis Tulps, è meglio procedere nel seguente modo: prima richiedere al
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p.m. l’emissione del decreto di sequestro preventivo ai sensi dell’art. 321 c.p.p., il quale, se lo
riterrà opportuno, lo richiederà al GIP e la polizia giudiziaria si limiterà alla semplice notificazione
ed esecuzione.
In quanto è evidente che gli ufficiali di p.g. potrebbero procedere di iniziativa ma è altrettanto
vero che, viste le difficoltà interpretative, è più opportuno seguire le previsioni dell’inizia-tiva di
p.g. delegata.
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