Confini più netti tra annullamento e integrazione dell`ordinanza

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Confini più netti tra annullamento e integrazione dell`ordinanza
Processo penale e giustizia n. 2 | 2016
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MARIA VITTORIA PAPANTI-PELLETIER
Dottoranda in Diritto pubblico – Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”
Confini più netti tra annullamento e integrazione
dell’ordinanza cautelare genetica
A new balance between Court of re-examination’s overruling and
amending powers over precautionary measures
La legge n. 47/2015, recependo recenti arresti giurisprudenziali, impone al giudice cautelare di esplicitare nella motivazione – oltre alla già prescritta «esposizione» – anche la propria «autonoma valutazione» in ordine alle esigenze
cautelari, agli indizi e agli elementi forniti dalla difesa. La prescrizione è presidiata dall’obbligo del tribunale del riesame, il quale ne verifichi la violazione, di procedere all’annullamento dell’ordinanza impugnata. La novella spiega
effetti sul potere di annullamento, reso più ampio rispetto al passato, quando era limitato ai soli casi di motivazione assente (o meramente apparente); per contro, l’esercizio dei poteri di integrare la motivazione viene ora circoscritto alle sole ordinanze che presentino comunque un “contenuto minimo”, dal quale emerge l’autonoma valutazione compiuta dal primo giudice.
In accordance with the amendments introduced by the law n. 47 of 2015, the judge is now compelled to provide
within the grounds of a precautionary measure his own assessment over the conditions that authorise the order.
Lacking this requirement, the Court of re-examination can now only overrule the precautionary measure under appeal, with no chance to integrate into its lacking reasoning any additional themes. Integrations by the Court of reexamination are now only admitted if the reasoning of the precautionary measure includes an independent assessment provided by the judge who had adopted the order, even if the reasoning is deficient under other aspects.
LA QUESTIONE AFFRONTATA
Nel periodo di assestamento seguìto all’ultima riforma in ambito cautelare 1, la pronuncia annotata, ha
prospettato l’interpretazione che si renderebbe necessaria in merito ad aspetti nodali della materia, ridefiniti dalla novella.
Precisamente, la Corte, nel confermare la decisione del tribunale del riesame in ordine all’annullamento
dell’ordinanza genetica, ha delineato i caratteri che oggi si impongono nella motivazione del provvedimento cautelare, nonché i requisiti che, al contrario, la riforma non avrebbe previsto; in altri termini, la pronuncia in esame ha definito gli esatti confini, sia in positivo sia in negativo, dell’«autonoma valutazione»
da parte del giudice che – ai sensi del novellato art. 292 c.p.p. – l’ordinanza cautelare deve presentare.
Va detto, in ogni caso, che la Corte sembra muoversi perlopiù in un’ottica di ridimensionamento
della novella, anzitutto, per quanto concerne il quantum novi che questa prescrive.
Secondo tale impostazione, la lettura dell’odierno assetto normativo si impone, infatti, non già per la
cesura che, rispetto al passato, la riforma prospetta, bensì in virtù del recepimento legislativo della giurisprudenza, ormai costante in materia; la novella del 2015, anche 2 per ciò che attiene al tema dell’autonoma valutazione, avrebbe, insomma, natura meramente ricognitiva di un condiviso orientamento.
1
Si tratta della legge di riforma 16 aprile 2015, n. 47 (pubblicata in G.U. 23 aprile 2015, n. 94 ed entrata in vigore l’8 maggio
2015, dopo l’ordinaria vacatio legis), recante «Modifiche al codice di procedura penale in materia di misure cautelari personali. Modifiche
alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di visite a persone affette da handicap in situazione di gravità».
2
Secondo la pronuncia in esame, anche altri aspetti, quali l’attualità del pericolo e la necessità di elementi ulteriori, oltre alla gravità
astratta del reato, ai fini della valutazione della sussistenza delle esigenze cautelari, sarebbero stati già pacifici in giurisprudenza.
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La Corte mostra poi una certa “resistenza” in sede ermeneutica, ove si è trattato di individuare concretamente il contenuto delle disposizioni interpolate. In particolare, la previsione esplicita del requisito di
“autonoma valutazione” non implicherebbe anche l’obbligo di operare un’analisi specifica su ciascuna
circostanza di fatto che assume rilievo nella vicenda cautelare 3; né resterebbe precluso al giudice di motivare per relationem, richiamando argomentazioni contenute in altri atti.
Insomma, le cifre caratterizzanti della novella parrebbero limitarsi alla codificazione di princìpi già
immanenti alla disciplina cautelare, escludendo «formalismi» in materia, i quali renderebbero «inutilmente incerta la validità delle ordinanze».
Inaspettatamente, tuttavia, nell’ultima parte della pronuncia, si assiste al recupero della portata anche espositiva della valutazione del giudice: quest’ultima non potrebbe, infatti, evincersi «(solo) implicitamente», dovendo l’ordinanza cautelare manifestare chiaramente «un contenuto indicativo della concreta
valutazione» operata.
LA MOTIVAZIONE CAUTELARE TRA INNOVAZIONE E ANTICHI RILIEVI
Occorre, in primo luogo, una ricognizione degli orientamenti emersi in letteratura sulla portata dell’«autonoma valutazione» presente nel rimodulato art. 292 c.p.p. e, più in generale, sul contenuto della
motivazione cautelare; si procederà, quindi, all’analisi dei nuovi confini del potere d’annullamento in
sede di riesame, ridisegnati dalla novella.
È noto che il tema della motivazione dei provvedimenti penali coinvolge anzitutto il diritto di difesa
e, per questa via, l’inviolabilità personale, consentendo al destinatario di conoscere la ratio decidendi del
provvedimento e di predisporre, quindi, un’efficace intervento. Il diritto di “reagire” contro l’esercizio
del potere giudiziario, naturalmente, sarebbe privo di contenuto ove la motivazione mancasse o fosse
solo apparente 4. Peraltro, in tema di misure cautelari, l’obbligo di motivazione – previsto dalla Costituzione, dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritto dell’uomo e dal codice di rito penale 5
– assume contenuti ancora più pregnanti.
In materia, ha già fortemente inciso la legge n. 332/1995 6 che, prescrivendo nuovi requisiti diretti ad
integrare il contenuto dell’ordinanza cautelare, ne ha reso «la motivazione più puntuale, articolata e
cogente» 7; il quadro è stato ora completato dalla legge n. 47/2015, nella prospettiva di garantire contenuti ancora più solidi alle garanzie difensive 8. Tale ultima riforma ha, infatti, imposto «un più approfondito e rigoroso vaglio critico sui diversi contenuti della motivazione cautelare» 9, enfatizzando – per
quanto qui d’interesse – il dovere del giudice di rationem reddere: il novellato art. 292 c.p.p. richiede ora
una valutazione che si presenti «autonoma» 10, rispetto agli argomenti del pubblico ministero, in ordine
alle esigenze cautelari, agli indizi e alle ragioni per i quali sono stati ritenuti non rilevanti gli elementi
forniti dalla difesa, con l’obbligo di spiegare il perché le esigenze cautelari non possano essere soddisfatte con misure diverse dalla custodia cautelare in carcere.
3
È sempre la Corte a sostenere qui che «la disposizione novellata [art. 292 c.p.p.] non impone affatto che ciascuna singola circostanza
di fatto, ciascun punto rilevante debba essere nuovamente “scritto” ed autonomamente valutato senza possibilità di rinvio ad altri atti».
4
Sulla funzione della motivazione dei provvedimenti penali, nonché sulle motivazioni apparenti, implicite o sommarie, v.,
per tutti, E. Amodio, voce Motivazione della sentenza penale, in Enc. Dir., vol. XXVII, p. 181 ss. Si è detto anche della funzione
extra-procedimentale della motivazione, che consente «alla collettività un controllo sul delicato esercizio del potere
giurisdizionale», così E. Aprile, La motivazione delle ordinanze cautelari e l’impiego della tecnica informatica del copia-incolla: usi e abusi
nella prassi giudiziaria, in Proc. pen. giust., 2012, 6, p. 106.
5
Si tratta, come noto, rispettivamente delle disposizioni di cui agli artt. 111, comma 6; 13, comma 2, Cost.; 5, § 2, Cedu; 125,
comma 3; 292, comma 2, c) e c-bis), c.p.p.
6
Si allude alla legge 8 agosto 1995 n. 332 (pubblicata in G.U. 8 agosto 1995, n. 184), recante «Modifiche al codice di procedura
penale in tema di semplificazione dei procedimenti, di misure cautelari, di diritto di difesa».
7
Così, E. Turco, La motivazione dell’ordinanza di riesame: limiti al potere di integrazione, in Cass. pen., 2001, 11, p. 3102 ss.
8
R. Del Coco, La motivazione del provvedimento applicativo, in T. Bene (a cura di), Il rinnovamento delle misure cautelari. Analisi
della l. n. 47 del 16 aprile 2015, Torino, 2015, p. 76.
9
10
Così, R. Del Coco, La motivazione del provvedimento applicativo, cit., p. 76.
Si vedano i novellati artt. 292, comma 2, lett. c) e c-bis) e 309, comma 9, c.p.p.
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La linea trasversale della riforma può, insomma, essere individuata nella volontà di dar vita a un
«rinforzato onere della motivazione» 11 cautelare, presidiato da poteri di controllo 12 più ampi rispetto al
passato in sede di riesame, e verosimilmente destinato a riverberare effetti anche in tema di responsabilità civile dei magistrati 13.
Non sono, d’altra parte, mancate voci dirette ad evidenziare che il contenuto “pregnante” della motivazione cautelare, oggi inequivocabilmente prescritto, non fosse previsione estranea al precedente assetto normativo 14, tra l’altro già novellato, proprio nella medesima prospettiva, dalla riforma del 1995.
Dunque, l’accento posto dal legislatore sull’autonomia valutativa del giudice altro non sarebbe se non
un rinnovato sforzo di reagire ad una sorta di «rinuncia [all’] interpretazione» 15 di regole già vigenti e
desumibili, del resto, anche dall’esegesi del tessuto costituzionale 16.
In altri termini, ad avviso di alcuni 17, l’espressione «autonoma valutazione», che si è ritenuto di aggiungere al corpo dell’art. 292 c.p.p., nulla di nuovo prevedrebbe rispetto al passato, bastando il termine «esposizione», già presente nella norma, ad imporre al giudice il dovere di argomentare la decisione
assunta 18. In tale prospettiva, è parso, anzi, eccessivamente ottimistico, se non fuorviante, ritenere che
la garanzia contro gli abusi del potere cautelare possa risolversi mediante una sorta di «aritmetica degli
aggettivi» 19, che finisce solamente per complicare, nuovamente, l’ordito della norma 20.
Non si manca di rilevare, in tal senso, che l’obbiettivo del rafforzamento delle garanzie difensive,
nonché la risoluzione del connesso problema del sovraffollamento carcerario, emerso con lampante urgenza nella sentenza Torreggiani 21, siano primariamente questioni «di cultura giuridica […] e soprattutto di rispetto dei valori fondamentali» 22 e solo in via eventuale e subordinata di tecnica normativa. Il
11
Così, G. Spangher, Brevi riflessioni sistematiche sulle misure cautelari dopo la l. n. 47 del 2015, in www.penalecontemporaneo.it., 6
luglio 2015, p. 3.
12
Si allude alla modifica che ha investito anche l’art. 309, comma 9, c.p.p. (v. infra).
13
Per questo rilievo, v. G. Spangher, Brevi riflessioni sistematiche sulle misure cautelari dopo la l. n. 47 del 2015, cit., p. 2.
14
V. E. Turco, La riforma delle misure cautelari, in Proc. pen. giust., 2015, 5, p. 106. La medesima osservazione, già con
riferimento alla riforma del 1995, era espressa da G. Giostra, Sul vizio di motivazione dell’ordinanza cautelare, in Cass. pen., 1995, 9,
p. 2429 e, nello stesso senso, E. Turco, La motivazione dell’ordinanza di riesame: limiti al potere di integrazione, cit., p. 3103.
15
Così, G. Illuminati, Commento all’art. 9 l. 8 agosto 1995 n. 332, in AA.VV., Modifiche al codice di procedura penale. Nuovi diritti
della difesa e riforma della custodia cautelare, Padova, 1995, p. 66. L’espressione citata, che oggi torna attuale, veniva riferita dallo
Studioso all’assetto ancora antecedente alla riforma del 1995.
16
Il richiamo è alle prescrizioni, contenute negli artt. 111, comma 6 e 13, comma 2, Cost., relative all’obbligo di motivazione
dei provvedimenti giurisdizionali. La ratio sottesa alle norme in esame avrebbe già dovuto imporre l’obbligo di una
motivazione esauriente. Il tema è destinato a sortire effetti indiretti anche sul problema delle inaccettabili condizioni di
detenzione, generate dal sovraffollamento carcerario, cui contribuisce anche il ricorso abnorme allo strumento della custodia
cautelare in carcere (v. infra).
17
V. E. Turco, La riforma delle misure cautelari, cit., p. 116 e R. Del Coco, La motivazione del provvedimento applicativo, cit., p. 59.
Nello stesso senso, V. Pazienza-G. Fidelbo, Le nuove disposizioni in tema di misure cautelari, R. n. III/3/2015, in www.cortedicassa
zione.it, p. 22.
18
V. E. Turco, La riforma delle misure cautelari, cit. p. 116.
19
L’espressione, riferita alla tecnica normativa impiegata all’art. 274 c.p.p., è presa in prestito da E. Amodio, Inviolabilità della
libertà personale e coercizione cautelare minima, in Cass. pen., 2014, 1, p. 17.
20
V. R. Del Coco, La motivazione del provvedimento applicativo, cit., p. 59.
21
Corte e.d.u., sent. 8 gennaio 2013, Torreggiani e altri c. Italia. In risposta alla condanna emessa dalla Corte e.d.u. nei
confronti dell’ordinamento italiano per le sistematiche violazioni dell’art. 3 Cedu, è stato emanato il d.l. 1° luglio 2013, n. 78,
convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 94. Nel contesto di tale legge, tendente a far fronte alla inadeguatezza
delle strutture penitenziarie e al sovraffollamento carcerario, si segnalano le modifiche agli artt. 280 e 274, lett. c), c.p.p., che
hanno elevato ad anni cinque la soglia della pena massima fissata per i reati ai quali può conseguire l’applicazione della
custodia cautelare in carcere, e l’interpolazione del comma 1 bis dell’art. 275 c.p.p., che ha escluso la custodia cautelare in carcere
in caso di prognosi di condanna a una pena inferiore ad anni tre. Relativamente a questi profili, tuttavia, «è facile intuire come,
di fatto, la motivazione sugli aspetti prognostici affrontati in sede cautelare – soprattutto quando gli argomenti a sostegno
superano la prova di resistenza dinanzi alla Corte di cassazione – influisca sulle scelte finali relative al giudizio sulla pena» Così,
A. Scalfati, Scaglie legislative sull’apparato cautelare, in A. Diddi-R.M. Geraci (a cura di), Misure cautelari ad personam in un triennio
di riforme, Torino, 2015, p. 7.
22
Così, R. Del Coco, La motivazione del provvedimento applicativo, cit., p. 61. Viene in rilievo, oltre all’art. 13 Cost, anche la
prescrizione dell’art. 27, comma 2, Cost. in tema di trattamento penitenziario, la quale non può che trovare applicazione anche
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fatto che non si tratti di questione di articolazione formale delle norme sarebbe testimoniato anzitutto
dalla scarsa efficacia delle riforme 23 che si sono succedute ciclicamente in materia, le quali, dirette tutte
ad arginare gli abusi dello strumento cautelare, hanno tentato e tentano di perseguirne il risultato solo
attraverso «ridondanza di aggettivazione e reiterazione […] di prescrizioni normative» 24, quasi che la
partita si giocasse nel delineare, in modo sempre più preciso, i requisiti della motivazione 25.
Si è rilevato, invece, che l’effettività delle garanzie difensive in materia cautelare – e la messa al bando delle motivazioni apparenti, insufficienti, quando non del tutto assenti 26 – sono obbiettivi da perseguire, non mediante riforme legislative di breve respiro, bensì attraverso la correzione delle prassi 27;
l’apparato cautelare, infatti, non sarebbe oggi carente sotto il profilo strutturale, né avrebbe presentato
particolari défaillances nell’assetto ante-novella: in tal senso, molte sono le disposizioni volte ad escludere in via perentoria la discrezionalità del giudice 28. Il punctum dolens sembra risiedere, piuttosto, nel
momento applicativo, ove ancora «l’eredità inquisitoria fa sentire tutto il suo peso» 29: il ricorso eccessivo, talvolta illegittimo, alle misure cautelari, e in particolare alla custodia in carcere, è, a ben vedere, il
frutto dell’idea che in fase di indagini preliminari non si debba interferire nelle strategie dell’accusa, la
quale, per parte propria, sovente pare avvalersi dello strumento cautelare per ottenere dall’indagato
una collaborazione 30. Insomma – si è sostenuto – l’idea dominante è che «la fase delle indagini [debba]
essere uno spazio dominato dall’interesse della società ad accertare la verità, anzitutto estraendola dalle
labbra del protagonista della vicenda giudiziaria» 31. Gli abusi del potere cautelare e il ricorso abnorme
alle misure coercitive (in specie alla custodia cautelare in carcere), divengono, così, il necessario costo
da pagare a questa prospettiva 32.
Appare chiaro, allora, che finché continuerà a prevalere l’idea di fondo incline «all’impiego (eterodosso) dello strumento cautelare in chiave di “risposta” istituzionale a fenomeni criminali» 33, difficilmente l’intervento legislativo sarà in grado di «ricondurre il potere cautelare nella sua dimensione fisiologica» 34. Forse solo una prospettiva più ampia, di ripensamento complessivo della materia de libertate,
sarebbe capace di contenere realmente l’impiego delle misure cautelari, e specialmente la custodia in
carcere, all’interno dei confini della stretta necessità e della strumentalità all’accertamento, conformemente ai princìpi costituzionali della presunzione di innocenza e della inviolabilità della libertà personale 35.
per le misure cautelari e in special modo per la custodia in carcere; questa, pur non configurandosi come pena detentiva, non ne
differisce relativamente al modo in cui viene espiata dal punto di vista pratico.
23
In passato, oltre alla già menzionata legge di riforma n. 332/1995, la materia de libertate è stata interessata anche dalla l. 7
dicembre 2000, n. 397 e, più recentemente, dal d.l. n. 78/2013, convertito con modificazioni dalla legge n. 94/2013.
24
Così, G. Giostra, Sul vizio di motivazione dell’ordinanza cautelare, cit., p. 2428, già a proposito degli innesti della riforma del
1995 eseguiti nell’art. 292 c.p.p. Nello stesso senso, ma con riferimento alla novella del 2015, anche E. Turco, La riforma delle
misure cautelari, cit., p. 116, nonché R. Del Coco, La motivazione del provvedimento applicativo, cit., p. 59.
25
V. R. Del Coco, La motivazione del provvedimento applicativo, cit., p. 60.
26
Sul punto, v. infra.
27
E. Amodio, Segreti e bugie. La libertà dell’indagato nel cappio della cultura inquisitoria, in Proc. pen. giust., 2013, 3, p. 3.
28
V. E. Amodio, Segreti e bugie. La libertà dell’indagato nel cappio della cultura inquisitoria, cit., p. 2.
29
Così, E. Amodio, Segreti e bugie. La libertà dell’indagato nel cappio della cultura inquisitoria, cit., p. 2.
30
V. ancora E. Amodio, Segreti e bugie. La libertà dell’indagato nel cappio della cultura inquisitoria, cit., p. 2.
31
Così, E. Amodio, Segreti e bugie. La libertà dell’indagato nel cappio della cultura inquisitoria, cit., p. 2.
32
La Corte europea dei diritti dell’uomo rileva che quel trattamento inumano e degradante, frutto del sovraffollamento
carcerario, e per il quale lo Stato italiano è stato condannato, annovera tra le sue cause prime il numero rilevantissimo dei
detenuti in attesa di giudizio. Questi sfiorano la cifra del 40 % rispetto ai detenuti condannati (v. sent. Corte e.d.u., 8 gennaio
2013, Torreggiani e altri c. Italia, cit.). In proposito, v. le riflessioni di E. Amodio, Inviolabilità della libertà personale e coercizione
cautelare minima, cit., p. 12 ss., nonché i rilievi di A. Diddi-R.M. Geraci, Introduzione, in A. Diddi-R.M. Geraci (a cura di), Misure
cautelari ad personam in un triennio di riforme, cit., p. XIII.
33
Così, A. Scalfati, Scaglie legislative sull’apparato cautelare, in A. Diddi-R.M. Geraci (a cura di), Misure cautelari ad personam
in un triennio di riforme, cit., p. 10.
34
Così, ancora A. Scalfati, Scaglie legislative sull’apparato cautelare, cit., p. 12.
35
De jure condendo, si è pensato a una riforma che incida sulla disciplina dei termini di durata delle misure custodiali, su di
una nuova articolazione del rapporto tra cautele de libertate e interdittive, con preferenza per queste ultime, sulla previsione
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CONFINI PIÙ AMPI DEL POTERE DI ANNULLAMENTO IN SEDE DI RIESAME
Accolta con entusiasmo 36 è stata, invece, la riedizione a opera della legge n. 47/2015 dei poteri di
controllo a disposizione del tribunale del riesame a fronte di motivazioni cautelari prive dei requisiti
richiesti ex art. 292, comma 2, lett. c) e c-bis), c.p.p.
La novella ha, infatti, per larga parte risolto l’annosa querelle in merito ai confini che separano
l’esercizio, da parte del tribunale del riesame, dei poteri d’integrazione da quelli d’annullamento.
Per anni, invero, la norma che, già originariamente, al comma 1 dell’art. 292 c.p.p., prevedeva la sanzione di nullità dell’ordinanza per vizi di motivazione 37, non ha potuto spiegare la potenzialità di tutti i
propri effetti: l’accertamento della nullità e il conseguente annullamento del provvedimento in sede di
riesame era, di fatto, limitato dall’esercizio del potere-dovere di integrare la motivazione che risultasse
carente 38. In altri termini, la coesistenza nell’art. 309, comma 9, c.p.p. del potere d’annullamento e del
potere di «conferma anche per ragioni diverse», rispetto all’ordinanza che presentasse défaillances in
motivazione, si risolveva nella prevalenza assoluta dell’opera di integrazione, intervenendo l’annullamento solo ove la motivazione fosse stata del tutto assente.
Così, quelle motivazioni che, viziate da nullità per mancato rispetto dei requisiti indicati alle lett. c) e
c-bis) dell’art. 292 c.p.p., avrebbero dovuto essere travolte, ad opera del collegio del riesame, da nullità
«rilevabile anche d’ufficio», finivano per trovare proprio in quella sede un salvifico accomodamento 39.
Un paradosso, questo, di cui faceva con tutta evidenza le spese il destinatario del provvedimento cautelare, il quale era nella sostanza privato di un grado di giudizio 40: la denuncia del vizio di motivazione
che si assumeva proprio dell’ordinanza genetica avrebbe potuto trovare accoglimento solo mediante
ricorso per cassazione.
Il sistema de libertate mostrava, insomma, una «duplice distorsione: la restrizione della libertà personale [talvolta disposta] in assenza di un provvedimento motivato e la vanificazione, di fatto, di un grado di controllo» 41.
Tale meccanismo, d’altronde, ha trovato in un primo momento l’avallo della giurisprudenza di legittimità. Si è, infatti, sostenuto 42 che, attesa la natura interamente devolutiva del riesame, il tribunale, in
alternativa alla riforma del provvedimento 43, avrebbe potuto solo integrare le eventuali lacune argomentative del primo giudice (mediante conferma per ragioni diverse), pur quando esse avessero dato
luogo a nullità ex art. 292, comma 2, lett. c) e c-bis) c.p.p. 44. La nullità derivante da difetti di motivazione, sarebbe stata, insomma, rilevabile solo dalla Corte di cassazione, nella sua qualità di giudice di legittimità 45.
della libertà su cauzione. V., in tema, A. Scalfati, Scaglie legislative sull’apparato cautelare, cit., p. 12, nonché E. Amodio, Segreti e
bugie. La libertà dell’indagato al cappio della cultura inquisitoria, cit., p. 3.
36
V. G. Spangher, Un restyling per le misure cautelari, in Dir. pen. proc., 2015, 5, p. 531 ss.; E. Turco, La riforma delle misure
cautelari, cit., p. 117 ss.; R. Del Coco, La motivazione del provvedimento applicativo, cit., p. 58.
37
Questi ricorrevano ove non fossero stati rispettati i requisiti di cui alle lett. c) e c bis) dell’art. 292 c.p.p.
38
V. G. Spangher, Un restyling per le misure cautelari, cit., p. 532.
39
V. R. del Coco, La motivazione del provvedimento applicativo, cit., p. 58.
40
V. R. Del Coco, La motivazione del provvedimento applicativo, cit., p. 71.
41
Così, R. Del Coco, La motivazione del provvedimento applicativo, cit. p. 71.
42
Ex plurimis, Cass., sez. II, 20 aprile 2012, n. 30696, in CED Cass., n. 253326; Cass., sez. III, 30 novembre 2011, n. 15416, in
CED Cass., n. 250306.
43
Prevista anch’essa, come noto, al comma 9 dell’art. 309 c.p.p.
44
La lett. c bis) del comma 2, art. 292, c.p.p. è stata aggiunta ex novo dalla riforma del 1995. Questa ha anche integrato il
disposto della lett. c) del medesimo articolo.
45
V. di recente Cass., n. 15416/2011, cit . Anche parte della dottrina era inizialmente schierata nell’escludere in capo al
tribunale del riesame il potere di annullamento del provvedimento genetico in presenza di un vizio di motivazione (tra gli altri,
F. Cordero, Procedura penale, Milano, 1995, p. 508; R. Orlandi, Riesame del provvedimento cautelare privo di motivazione, in Cass. pen.,
1996, p. 1521.) Tale orientamento era maturato in vigenza del codice abrogato, sul presupposto che il provvedimento impugnato
e quello successivo fossero tra loro complementari, il che avrebbe consentito al secondo giudice di sanare i vizi di legittimità
dell’atto genetico (una teoria di fondo, della fattispecie complessa ed unitaria, enunciata da G. Conso, I fatti giuridici processuali
penali. Perfezione ed efficacia, Milano, 1955, p. 113 ss.). Nel senso, invece, di ritenere che l’indagine del tribunale del riesame si estendesse tanto al merito, quanto alla legittimità dell’ordinanza impugnata, v. M. Ceresa-Gastaldo, Il riesame delle misure
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Come noto, invece, in tempi più recenti tale orientamento è stato superato da una giurisprudenza
più rigorosa. Questa ha espressamente chiarito che il potere-dovere, attribuito al tribunale del riesame
di confermare le ordinanze impugnate «per ragioni diverse da quelle indicate nella motivazione del
provvedimento stesso» ex art. 309, comma 9, c.p.p., non è esercitabile qualora la motivazione di quest’ultimo sia radicalmente assente o meramente apparente, dovendo, in tali casi, essere rilevata la nullità dell’ordinanza impugnata per violazione di legge 46.
La soluzione ermeneutica esposta ha cercato il proprio fondamento anzitutto nel sistema delle competenze funzionali delineate dal codice in materia de libertate. Infatti, legittimare il giudice del riesame a
motivare ex novo un’ordinanza priva del tutto di motivazione avrebbe significato affidare ad esso, in via
arbitraria, poteri-doveri funzionalmente attribuiti al primo giudice. In secondo luogo, emerge un presupposto a carattere logico: perché si possa, in sede di controllo, confermare o, al contrario, riformare il
contenuto di una motivazione (sia pure mediante argomentazioni differenti), è necessario che una motivazione giuridicamente apprezzabile esista 47.
Inoltre, in tempi ancor più recenti, la giurisprudenza ha precisato che il tribunale del riesame deve
procedere ad annullamento anche qualora l’ordinanza coercitiva impugnata non presenti un contenuto
dimostrativo circa l’effettivo esercizio di un’autonoma valutazione 48; dunque, l’ordinanza cautelare valida (eventualmente integrabile in sede di riesame) deve fondarsi su di un iter argomentativo completo
che emerga dal contenuto dall’ordinanza stessa.
Ebbene, la legge n. 47/2015 ha recepito e codificato proprio tali recenti arresti, aggiungendo l’«autonoma valutazione» quale requisito indefettibile per la validità dell’ordinanza cautelare. Pertanto, in caso di motivazione insufficiente, perché il collegio del riesame possa esercitare il potere di integrazione o
di riforma, è oggi necessario che la motivazione, per quanto carente, contenga, in ogni caso, l’autonoma
valutazione del primo giudice. In diversa ipotesi, il collegio dovrà procedere ad annullamento ai sensi
del novellato comma 9 dell’art. 309 c.p.p.
Come si è rilevato in letteratura, definiti i criteri del contenuto minimo della motivazione in mancanza dei quali l’ordinanza deve essere annullata, «resta, tuttavia, all’interprete il compito di individuare i vizi dell’ordinanza cautelare che [invece] possono essere “sanati”» 49: è, infatti, sopravvissuta alla
riforma la facoltà del tribunale di confermare l’ordinanza, dotandola di una motivazione fondata su ragioni diverse da quelle enunciate nel provvedimento impugnato 50. A tale riguardo, dovrebbero, venire
in soccorso le soluzioni elaborate da quel filone della giurisprudenza che, nel corso del tempo, aveva
posto condizioni e divieti alle frequenti tipologie di difetti dell’apparato argomentativo cautelare, non
coercitive nel processo penale, Milano, 1993, p. 183 ss. e M. Ferraioli, Il riesame “anche nel merito”. Origine e natura di un rimedio,
Torino, 2012, p. 106 ss.; Id., Legalità e merito nel procedimento di riesame, in Proc. pen. giust, 2013, 1, p. 86 ss.
46
Cass., sez. II, 4 dicembre 2013, n. 12537, in CED Cass., n. 259554.
47
Si vedano sul punto, le riflessioni di E. Aprile, La motivazione delle ordinanze cautelari e l’impiego della tecnica del “copia
incolla”: usi e abusi nella prassi giudiziaria, cit., p. 105 ss. Tra le questioni affrontate dall’Autore, vi è quella dell’indagine sulla
legittimità o meno dell’esercizio dei poteri integrativi da parte del tribunale del riesame a fronte di ordinanze la cui la motivazione, pur sussistendo dal punto di vista giuridico, sia il frutto di un acritico recepimento delle argomentazioni altrui, tale
da non consentire l’individuazione della ratio decidendi seguita dal giudice. Se, infatti, ancora nel 2012 la giurisprudenza dominante ammetteva ormai l’annullamento, in sede di riesame, dell’ordinanza la cui la motivazione fosse assente dal punto di vista
grafico, ovvero si risolvesse in una mera clausola di stile, si presentava minoritario l’indirizzo favorevole all’annullamento a
fronte di una motivazione giuridicamente completa, pur se “copiata” da atti predisposti da terzi [per l’indirizzo all’epoca
minoritario, v. Cass., sez. VI, 24 maggio 2012, n. 22327, in Proc. pen. giust, 2012, p. 91 ss., con nota critica di E. Mariucci].
48
Cass., sez. VI, 13 marzo 2014, n. 12032, in CED Cass., n. 259462.
49
Così, E. Turco, La riforma delle misure cautelari, cit., p. 118.
50
A tale proposito, si è sostenuto, da parte di alcuni, che il tribunale del riesame resterebbe in ogni caso titolare di ampi
poteri di merito, rispetto ai quali il potere d’annullamento avrebbe natura di eccezione. Secondo tale impostazione, ad esempio,
i poteri di integrazione non sarebbero preclusi qualora la motivazione risultasse carente, non già dell’«autonoma valutazione»,
ma solo dell’«esposizione» degli elementi indicati nell’art. 292 c.p.p.: tale interpretazione sarebbe imposta dalla lettera dell’art.
309, comma 9, c.p.p. (V. Pazienza-G. Fidelbo, Le nuove disposizioni in tema di misure cautelari, cit., p. 21 ss.). In merito, occorre
ricordare che una proposta circa la completa eliminazione dei poteri di integrazione in capo al collegio del riesame era stata
avanzata (Commissione Canzio, istituita, con decreto ministeriale il 10 giugno 2013, presso l’Ufficio legislativo del Ministero
della Giustizia). In termini contrari, E. Marzaduri, Verso una maggiore tutela dell’imputato nel procedimento di riesame: luci ed ombre
della nuova disciplina, in www.lalegislazionepenale.eu, p. 12 ss.; secondo l’Autore, qualora il giudice fornisca un’esposizione carente
degli elementi indicati all’art. 292 c.p.p., non potrebbe poi prospettare una valutazione conforme al nuovo dettato normativo.
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Processo penale e giustizia n. 2 | 2016
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emendabili in sede di riesame 51 (motivazioni meramente apparenti fondate sulla tecnica del “copiaincolla” 52, motivazioni esclusivamente per relationem 53, riedizioni dei compendi investigativi assunti
come auto-evidenti 54, trascrizioni del contenuto di intercettazioni telefoniche 55, meri rinvii a schede
personali della polizia giudiziaria 56, etc.).
La novella del 2015, perseguendo una sempre maggiore effettività della giurisdizione cautelare, ha
inteso mettere al bando l’acritico recepimento di valutazioni e descrizioni predisposte in altre sedi, tanto da far dubitare anche della perdurante legittimità delle motivazioni per relationem 57.
Infine, è stato evidenziato 58 che la novella del 2015 risulta coerente anche con il cammino tendente al
«giusto processo cautelare», epilogo di un percorso che ha visto nel tempo sfumare parte delle differenze tra decisione cautelare e decisione di merito 59. In proposito, già la riforma del 1995 aveva tratteggiato
per l’ordinanza cautelare uno schema di motivazione assimilabile a quello della sentenza, sia pur nelle
manifeste differenze tra giudizio prognostico e giudizio di responsabilità: con l’intervento legislativo
della legge n. 332/1995, l’art. 292 c.p.p. ha ormai imposto al giudice della misura coercitiva di giustificare sia l’esito positivo della valutazione relativa agli elementi a carico, sia le ragioni della ritenuta non
rilevanza degli elementi a difesa, secondo cadenze simili a quelle previste ex art. 546, comma 1, lett. e),
c.p.p. per la sentenza dibattimentale. Tale obbiettivo appare perseguito anche dalla riforma del 2015,
che, a riguardo, prescrivendo uno sforzo argomentativo maggiore in sede cautelare, unitamente alla verifica da parte del giudice del riesame circa l’autonoma valutazione compiuta dal primo, sembra «fare
del riesame uno strumento di stabilità e solidità del provvedimento restrittivo» 60, ancor più capace di
determinare un’anticipazione del giudizio di merito 61; tale esito, pur generato da una condivisibile finalità, andrebbe tuttavia scongiurato per la perdita di garanzie cui si andrebbe incontro negli sviluppi
processuali successivi (su tutti, prognosi dibattimentale e richiesta di riti premiali) 62.
BREVI RILIEVI FINALI
La sentenza annotata, sembra doversi apprezzare sotto il profilo delle conclusioni cui perviene, ritenendo insufficiente ai fini della validità dell’ordinanza che l’autonoma valutazione del giudice possa
desumersi per implicito o per facta concludentia (e, in particolare, secondo l’argomentazione del pubblico
ministero ricorrente, sulla base dello stralcio, da parte del giudice per le indagini preliminari, di talune
posizioni rispetto a tutte quelle per le quali la parte pubblica aveva richiesto un provvedimento di custodia cautelare in carcere). La pronuncia valorizza, quindi, l’indirizzo giurisprudenziale più recente 63:
i poteri di integrazione del tribunale del riesame incontrano un limite al loro esercizio dinanzi alla motivazione priva di un contenuto dimostrativo autonomo.
51
Per una completa casistica, qui riportata solo per sommi capi, v. L. Semeraro, Non solo taglia e incolla – parte prima, in Gli
speciali di Questione giustizia, 2015, p. 4 ss.
52
Cass., sez.VI, 13 marzo 2014, n. 12032, in CED Cass., n. 259462.
53
Cass., sez. un., 21 giugno 2000, n. 17, in CED Cass., n. 216664, ove la Cassazione ha indicato espressamente le condizioni
alle quali l’ordinanza cautelare può operare la relatio a un atto formato in altra sede.
54
Cass., sez. VI, 14 giugno 2013, n. 27928, in CED Cass., n. 256262.
55
Cass., sez. III, 15 luglio 2010, n. 33753, in CED Cass., n. 249148.
56
Cass., sez. VI, 1° febbraio 2007, n. 35823, in CED Cass., n. 237841.
57
Lo esclude nettamente G. Spangher, Un restyling per le misure cautelari, cit., p. 529; Id., Le impugnazioni cautelari si
rinnovano, in G.M. Baccari-K. La Regina-E.M. Mancuso (a cura di), Il nuovo volto della giustizia penale, Padova, 2015, p. 461 ss. In
senso dubitativo, R. Del Coco, Il rinnovamento delle misure cautelari, cit., p. 75. Sul punto è possibilista E. Turco, La riforma delle
misure cautelari, cit., p. 118 ss. Quanto alla sentenza annotata, essa ritiene niente affatto precluso il rinvio a valutazioni altrui.
58
V. L. Semeraro, Non solo taglia e incolla – prima parte, cit. p. 5.
59
Cass., sez. un., 30 maggio 2006, n. 36267, in CED Cass., n. 234598.
60
Così G. Spangher, Brevi riflessioni sistematiche sulle misure cautelari dopo la l. n. 47 del 2015, cit., p. 4.
61
In questo senso, ancora G. Spangher, Un restyling per le misure cautelari, cit., p. 535.
62
In questo senso, G. Spangher, Un restyling per le misure cautelari, cit., p. 535; Id., Brevi riflessioni sistematiche sulle misure
cautelari dopo la l. n. 47 del 2015, cit., p. 4. Nello stesso senso, R. Del Coco, Il rinnovamento delle misure cautelari, p. 63 ss.
63
Cass., 13 marzo 2014, n. 12032, cit.
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Alla luce del rinforzato obbligo di motivazione, e dei connessi poteri d’annullamento in sede di riesame, non sembra, invece, potersi condividere il rilievo – che, per la verità, nella pronuncia figura solo
tra gli obiter dicta – secondo il quale la novella non imporrebbe al giudice anche un’autonoma valutazione su ogni circostanza di fatto, ancorché rilevante, consentendogli anzi il rinvio ad altri atti. In proposito, la recente novella intende recidere proprio la prassi dell’acritico e deresponsabilizzante rinvio ad atti
formati in altre sedi, ribadendo la necessità di una motivazione esauriente sui temi pertinenti all’adozione della misura. Il maggiore sforzo argomentativo richiesto al giudice non potrebbe allora non investire «ciascun punto rilevante» della vicenda cautelare: la relatio alle argomentazioni del pubblico ministero o alle informative della polizia, perlomeno nei casi in cui la circostanza si presenti importante per
l’adozione della misura, non dovrebbe più essere ammessa.
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