Atti convegno aprile - Contrada della Tartuca

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Atti convegno aprile - Contrada della Tartuca
CONTRADA DELLA SELVA
16 APRILE 2010
1° incontro del “PERCORSO DI RIFLESSIONE CONTRADAIOLA”
ATTI DEL
DIBATTITO
Membri della Commissione:
Letizia Galli
Moreno Neri
Membri della Commissione:
Giorgio Bartali,Lorenzo Brenci,Fabio Centi,
Alessandro Giorgi, Gabriella Liccardo, Paolo
Lorenzini, Benedetta Mocenni, Fabrizio Stelo
Membri della Commissione:
Valeria Filippini
Fausto Magi
Membri della Commissione:
Gaia Grandi, Simone Sforza
Giorgio Vaselli
INDICE
Documento preparatorio…………………………………………………......
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Atti del Convegno………………………………………………….................
Saluto del Priore della Selva – Velio Cini……………………………….....
Apertura del lavori. Vicario Generale della Selva – Francesco Rinaldi…
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Interventi…………………………………………………...............................
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Daniela Bindi – Assessore Polizia Municipale e traffico…………………..
Roberto Martinelli – Rettore del Magistrato delle Contrade……………..
Fabio Pacciani – Rettore del Bruco…………………………………………
Senio Sensi – Direttore de “Il Carroccio” di Siena…...…………………..
Silvia Corbelli – Giovane contradaiola della Giraffa………………………
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Dibattito…………………..…………………..………………………………...
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Luca Giannini – Nobile Contrada del Bruco………………………………..
Franco Fontani – Imperiale Contrada della Giraffa………………………..
Romolo Semplici – Contrada del Leocorno…………………………………
Moreno Neri – Nobile Contrada del Bruco…………………..……………...
Carlo Avetta – Nobile Contrada del Bruco…………………..……………...
Paolo Faldoni – Contrada della Torre…………………..……………..........
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Interventi Conclusivi…………………..……………...…………………..…..
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Conclusioni del Vicario Generale della Selva – Francesco Rinaldi………
Paolo Neri – Priore della Contrada del Nicchio…………………..………..
Laura Dinelli – Priore dell’Imperiale Contrada della Giraffa…………….
Saluto del Priore della Selva – Velio Cini…………………..……………....
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Stampato in proprio. Contrada della Selva. Siena, settembre 2010
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CONTRADA DELLA SELVA
CONTRADE, 500 ANNI DI STORIA …E DOMANI?
Percorso di riflessione contradaiola
1° incontro
DOCUMENTO PREPARATORIO PER LA SERATA DI DIBATTITO
del 16 aprile 2010
PREMESSA
Il presente documento vuole essere un supporto allo sviluppo di un dibattito nel mondo contradaiolo
intorno ai temi connessi alla salvaguardia dell'originale modello di civitas che si è prodotto a Siena nel corso
dei secoli e che ha nelle 17 consorelle i suoi elementi fondanti.
I profondi e rapidi mutamenti sociali ed economici che la globalizzazione sta generando in tutta la
società italiana, e quindi anche a Siena e nelle contrade, richiedono, infatti, che queste riescano a sviluppare
una capacità di analisi e di confronto, che consenta loro di rispondere in maniera positiva e corale alle sfide
che gli stanno di fronte.
Percorso certo non facile, ma pure indispensabile, perché quanto più un contesto sociale ha
sviluppato in sé dinamiche di relazione articolate e profondamente sentite dai suoi membri, tanto più rischia
di non riuscire a comprendere appieno i cambiamenti che lo investono, finendo così per subirli e rischiando,
giorno dopo giorno, di vivere uno strisciante processo di omologazione e perdere così la sua identità.
La contrada della Selva, con questo documento, preparato con la fattiva collaborazione di
rappresentanti delle consorelle Bruco, Giraffa e Nicchio, e con l’iniziativa di dibattito pubblico ad esso
collegata, - 16 aprile, ore 17,30 nei locali del Museo di contrada - cerca di dare il suo supporto propositivo
alla nascita di un percorso di riflessione, nel quale tutte le consorelle abbiano la possibilità di portare il loro
originale contributo di idee e di proposte, per diventare insieme protagoniste, anche nel futuro, di un
“modello senese” di vita sociale. Un modello nel quale il Palio sia l’elemento vivificante di un
confronto/scontro fra popoli che, paradossalmente, quanto divide in occasione della corsa nel campo tanto
unisce nella difesa dei valori e del patrimonio comune.
I PROBLEMI SUL TAPPETO
Pur con tutte le sfumature possibili, quanti vivono la contrada avvertono in maniera sempre
più forte che qualcosa si sta incrinando nel modo di vivere la nostra festa e la nostra città. I segnali
vengono oramai avvertiti da molti ma in maniera ancora piuttosto indistinta, per cui mentre si
assiste al prodursi di un disagio crescente fra fasce sempre più ampie di cittadini, alimentato anche
dal clima di generale insicurezza che contraddistingue tutta la società italiana, non si riesce al
contempo a dare vita ad un processo di rigenerazione, che coinvolga tutte le forze sane del mondo
contradaiolo e, più in generale, cittadino.
Proviamo ad esempio a porre l’attenzione sui consistenti flussi migratori da e verso la città
murata, che da anni sta generando il tipo di sviluppo urbanistico che tutti conosciamo. Questo
fenomeno, già analizzato con passione in passato non ha mai trovato risposte adeguate alle necessità
di vita delle contrade e così, inesorabilmente, complice anche la crescita molto sostenuta dei prezzi
del mercato immobiliare, si è avuto un forte mutamento del tessuto sociale dei rioni e la riduzione
del numero dei contradaioli residenti, che ha generato una vistosa contrazione delle frequenze
giornaliere nella società di contrada ed una macroscopica presenza di persone in occasione di grandi
eventi, essenzialmente concentrati nel periodo dei pali.
Si sono rotti così schemi secolari di rapporto fra territorio di nascita ed appartenenza
contradaiola che, unitamente al ruolo omogenizzante svolto dai media televisivi ed ora dal web, ha
portato ad una ipertrofica crescita quantitativa dei popoli di quasi tutte le consorelle e la inevitabile
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diversità nel modo di concepire e vivere la contrada fra quanti vi vengono solo per le “feste
ricordate” e coloro che frequentano durante tutto l’anno.
Ma c’è ancora un altro fenomeno che si connette alla perdita di rapporti quotidiani propri
della vita tradizionale di rione: il fatto che manca quel rapporto di confidenzialità familiare, di
amicizia vissuta nel quotidiano, che fanno si che la contrada continui ad essere una grande famiglia
ed il territorio una casa allargata.
Specialmente fra i giovani, anche fra quelli che frequentano durante l’arco dell’anno, sempre
più spesso si dice “vado in contrada” e non “scendo in contrada”, evidenziando così, anche in modo
semantico, che le distanze fra il posto dove il contradaiolo vive e lavora ed il luogo dove si ritrova
con altri contradaioli sono cresciute. E immancabilmente aumentano anche le distanze con il
tradizionale modo di sentire la vita della contrada, in quanto i modelli socioculturali dominanti
finiscono per lasciare il segno.
Il dato più evidente è la crescente mancanza d’ interazione tra le persone, in quanto prevale
l’atteggiamento ad isolarsi in gruppi, in commissioni, in miniaggregazioni le più disparate, sia di
lavoro che generazionali, o anche di semplici cerchie di amici dove si ricerca una propria autonomia
(organizzativa e di pensiero), che gratifichi e faccia “riconoscere”. Tutto questo, ingigantito dalle
grandi potenzialità di collegamento on-line che consente il web, genera uno scambio sempre più
parcellizzato di sentimenti, di emozioni, di volontà e così s’interrompe il significato più autentico di
“essere contrada”, quale valore condiviso di unicità.
Innumerevoli sono state le iniziative messe in atto per assicurare comunque una vita sociale
ricca e dinamica: cene, gruppi teatrali, donatori di sangue, gruppi piccoli, gite e iniziative di ogni
tipo. E questo ha consentito di perpetuare in maniera dinamica il legame fra la storia passata ed il
presente, ma ora si avvertono dei sintomi accelerati di cambiamento, che rischiano di alterare in
maniera irreversibile il delicato equilibrio fra città e Palio, fra cittadini e contradaioli, fra
contradaioli frequentanti e protettori.
Non è saggio continuare a limitarsi a lamentazioni generiche, che accrescono semplicemente
il malessere, dando spesso l’occasione al manifestarsi di fratture macroscopiche sia nel senso di
comportamenti esibizionistici ed aggressivi, mutuati dai modelli della tifoseria sportiva, sia nel
senso di un’esasperata ricerca di visibilità personale, spesso anche a scapito della coesione sociale.
IL FOCUS DELLA SERATA
Il gruppo di lavoro, appositamente costituito dalla Selva per preparare l’evento per il 16
aprile, proseguendo nel solco di quanto già avviato dalla consorella Bruco, fra i vari temi sul
tappeto ha scelto d’incentrare la serata di dibattito su un argomento che si è ritenuto essere centrale
nel percorso di riflessione che si sta cercando di avviare:
la contrada e il suo territorio
E’ oramai evidente, infatti, che anche a Siena, come in ogni altra parte della società italiana,
si assiste al diffondersi di una marcata maleducazione nei comportamenti dei singoli e dei gruppi,
che porta ad atti d’inciviltà sempre più diffusi e che, in modo crescente, finiscono per coinvolgere
anche le attività delle contrade, specie in occasione di festeggiamenti che, aumentati in numero e
durata specie nei mesi estivi, vengono vissuti sempre più con disagio ed insofferenza da chi vive o
lavora nella città murata.
Si parla sempre più spesso dell’abuso di alcool, specie da parte dei giovani, di rumorosità
diffusa a tutte le ore della notte, di atti d’inciviltà per le strade, di risse e, per ora in maniera ancora
sussurrata, di circolazione di droga. Ma queste a ben guardare sono le degenerazioni del nostro
tempo, che la contrada come struttura sociale organizzata subisce piuttosto che generare, cerca di
contenere piuttosto che di alimentare. E’ il mondo che sta rapidamente cambiando e, senza
un’azione forte e consapevole, sarà sempre più difficile contenerne le contaminazioni negative.
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Anche il tanto discusso problema della sicurezza in realtà è soprattutto un disagio legato ai
fenomeni d’inciviltà suddetti, che ingigantiscono il senso di perdita di un contesto che, con i suoi
ritmi e dimensioni, offriva accoglienza ed ospitalità rafforzando il senso di identità.
D'altronde la perdita di forza “morale” dei rituali contradaioli- specie quelli religiosi - e lo
svilupparsi di nuove mode mutuate dai rituali del consumismo imperante, contribuisce a rendere
sempre più precario il senso di appartenenza a comunità, che vogliono proporsi ancora come un
modello di”grande famiglia” in un tempo in cui, fra l’altro, proprio l’istituto della famiglia mostra
ampi segnali di cedimento.
Su tutti questi fenomeni il benessere diffuso degli ultimi decenni ha innestato con prepotenza
nella vita delle contrade la necessità di attivare dei flussi economici crescenti, finalizzati sia alla
gestione di un Palio sempre più dispendioso che a rispondere ai bisogni di accoglienza direttamente
rapportati alla crescita delle presenze in occasione dei grandi eventi. Questo genera il nascere di
attività sempre più complesse e lo sviluppo e gestione di un patrimonio immobiliare importante, che
stanno erodendo il modello solidale e volontaristico proprio della vita di contrada, senza che si veda
la nascita di un nuovo modello. Si assiste così allo svilupparsi di una spirale d’impegni e
comportamenti, che nessuno sa come fermare né, tanto meno, si ha il coraggio di tentarne un
effettivo ridimensionamento e questo accresce,fra l’altro, un progressivo ridursi del numero dei
contradaioli disponibili a fare “lavori di fatica”.
Il quadro, insomma è estremamente complesso e richiede una riflessione più ampia e
approfondita di quanto è stato fatto finora ma, soprattutto, richiede che si provi a costruire fatti
concreti che, fuori dall'emotività generata da singoli episodi critici, segnino l'avvio di un percorso di
riaffermazione del ruolo delle contrade come strutture portanti di un modello agito di civitas.
Prima di passare a delineare i confini entro cui vorremmo che s'incardinasse il dibattito della
serata, riteniamo utile svolgere qualche breve considerazione su cosa vuol dire per noi “essere
senese”, provando a focalizzare l’attenzione su alcuni elementi, che tutti noi sentiamo dentro, ma
quasi sempre in modo indistinto.
VALORI E SIMBOLI
Nel bene come nel male la vita di ogni contesto sociale è caratterizzata dall’adesione dei
propri membri a valori relazionali e comportamentali, che sono tanto più forti quanto più sono
espressi attraverso simboli, che vengono riconosciuti dagli individui come caratterizzanti un loro
modo di essere e di “apparire”. Il senso di appartenenza è un sentimento che fa parte del vissuto
delle persone e che si fonda su elementi simbolici considerati oggettivi, ma in realtà tali simboli
sono essenzialmente dei valori soggettivi, che però producono un attaccamento tanto più forte e
duraturo quanto più sono collegati ad elementi di riconoscimento sociale. E’ il caso di un territorio
con le sue forme, colori, odori e frequentazioni, nel quale ognuno cerca di essere riconosciuto per il
suo fare e saper fare. E’ il caso di una bandiera, nella quale colori e simboli riassumono tutto il
vissuto di un gruppo e di ciascuno dei suoi aderenti con i propri ricordi, emozioni ed aspirazioni.
Se questo è il senso delle cose, le contrade e, pertanto la città di Siena, sono l’espressione
più alta di questi fenomeni, mostrando come i valori sociali e di solidarietà, che la comunità ha
saputo costruirsi attraverso lo scorrere dei secoli - riconoscibili in una ricca simbologia che li
semplifica e li esalta - sono riusciti a contenere le naturali spinte individualistiche ed egoistiche dei
suoi appartenenti. In questo modo è stato possibile che prendesse vita un grande paradosso, in base
al quale la ritualizzazione di forti contrapposizioni legate alla corsa del Palio ha generato al
contempo lo sviluppo di un diffuso e vissuto sentimento: l’orgoglio di far parte di un contesto
cittadino originale, anzi unico ed irripetibile.
L'ampiezza e la velocità dei cambiamenti che oggi sono in atto nella società, però, fa si che
questi valori e rituali simbolici, che si sono evoluti nel tempo adattandosi ai mutamenti generali,
siano messi a dura prova e se non vengono ripensati in termini dinamici e sostenuti con
comportamenti coerenti, per le contrade c’è il rischio di subire non tanto un processo di profonda
trasformazione, che è cosa naturale e sana, ma la perdita del proprio senso di essere.
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Senza scadere in mitologie per un passato che fu, dove il confine fra sogno e realtà diventa
spesso molto labile, occorre dunque avere presente dove siamo e che cosa vogliamo essere in
futuro, e lo possiamo fare solo se dialoghiamo tutte insieme attivando le nostre forze migliori.
PER CONCLUDERE
Veniamo dunque alla serata del 16 aprile.
A questo incontro parteciperanno alcuni relatori che, dal loro specifico angolo di
osservazione, affronteranno con brevi interventi i temi suddetti.
Il Prefetto di Siena, Gerarda Maria Pantalone
L’Assessore con delega alla Polizia Urbana e Traffico, Daniela Bindi
Il Rettore del Magistrato delle Contrade, Roberto Martinelli
Il Rettore della Nobile Contrada del Bruco, Fabio Pacciani
Il Direttore de “Il Carroccio di Siena”, Senio Sensi
La giovane contradaiola della Imperiale Contrada della Giraffa, Silvia Corbelli
I veri protagonisti della serata ci si augura però siano le persone presenti che, portando il loro
contributo di idee e di proposte, diano vita ad un dibattito ampio e schietto.
A conclusione dell’incontro speriamo di poter annunciare che una o più consorelle sono
pronte a prendere il testimone di questo nascente percorso di dialogo, impegnandosi a portare avanti
la riflessione con il coinvolgimento di altre contrade, per trovare insieme le soluzioni migliori per il
nostro futuro.
In ogni caso la commissione che ha preparato la serata ed il presente documento continuerà
il suo lavoro anche dopo il 16 aprile, producendo, oltre agli atti del dibattito, anche un documento
finalizzato a stimolare in ogni consorella momenti di analisi e spunti di riflessione su questi temi.
I membri della Commissione
Coordinatore: Francesco Rinaldi
Contrada del Bruco: Letizia Galli; Moreno Neri
Contrada della Giraffa: Gaia Grandi; Simone Sforza; Giorgio Vaselli
Contrada del Nicchio: Valeria Filippini; Fausto Magi
Contrada della Selva: Giorgio Bartali; Lorenzo Brenci; Fabio Centi; Alessandro Giorgi;
Gabriella Liccardo; Paolo Lorenzini; Benedetta Mocenni; Fabrizio Stelo
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ATTI DEL CONVEGNO
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SALUTO DI BENVENUTO
VELIO CINI – PRIORE DELLA CONTRADA DELLA SELVA
Buonasera a tutti Voi e benvenuti nella ns. Contrada. Un saluto ed un ringraziamento per la loro
partecipazione all’Assessore del Comune di Siena Daniela Bindi, al Rettore del Magistrato delle
Contrade Roberto Martinelli, agli amici On.di Priori, ai Capitani ed ai dirigenti delle consorelle, a
tutte le autorità civili e militari presenti, al presidente del Comitato Amici del Palio, ai
rappresentanti delle associazioni di volontariato ma, soprattutto, un grazie a tutti Voi che, così
numerosi, siete voluti intervenire a questa serata.
La nostra iniziativa è nata per cercare di parlare tutti insieme e, speriamo , in modo costruttivo di
tutte quelle problematiche che, ormai da tempo, attraversano tutte le ns. Contrade e che sono
oggetto di tante delle ns. discussioni in Contrada. Abbiamo pensato di proseguire un percorso
iniziato alcuni mesi fa dagli amici della Nobile Contrada del Bruco che hanno voluto
accompagnarci in questa ns. iniziativa e, in maniera, direi casuale, avendo avuto modo di scambiare
con loro alcune ns. valutazioni, insieme anche agli amici della Nobile Contrada del Nicchio e
dell’Imperiale Contrada della Giraffa. Quindi nessuna scelta da parte ns. ma una semplice
convergenza di idee su temi importanti per le ns. Contrade e per la ns. Città che, auspichiamo,
possano diventare oggetto di discussione anche all’interno di tutte le ns. Contrade con l’obbiettivo
di poter continuare il dibattito sulle tematiche che affronteremo questa sera. Voglio quindi
ringraziare anche la tutta Commissione che ha preparato questa serata composta da ragazzi e
ragazze di Bruco, Selva, Nicchio e Giraffa ottimamente coordinati dal ns. Vicario Generale
Francesco Rinaldi.
E non vogliamo neppure prevaricare il lavoro di quei soggetti, e mi riferisco in particolare al
Magistrato delle Contrade ed all’Amministrazione Comunale, che, naturalmente, dovranno portare
a conclusione un percorso che, in parte già iniziato, dovrà farci apprezzare meglio la ns. Festa. Noi,
con l’iniziativa di questa sera e, ripeto, con altre che speriamo possano venire in futuro, vogliamo
solo aiutare, speriamo in maniera importante, questo percorso.
Venendo al convegno di oggi, abbiamo scelto come tema principale il rapporto tra Contrada ed il
Suo territorio perché crediamo che questo possa essere proprio uno dei grandi problemi per le ns.
Contrade; problema che, con l’abbandono dei rioni da parte dei contradaioli, ormai da qualche
decennio occupa molto tempo nelle chiacchierate che facciamo in ognuna delle ns. Contrade. Ma
questa è solo una delle tematiche che dovremo affrontare. Un altro tema importante è riuscire a
ritrovare la misura di ciò che siamo e di ciò che stiamo facendo per cercare di abbandonare o ridurre
notevolmente quell’esasperazione che, ormai da tempo, accompagna gran parte della ns. vita in
Contrada ed in particolare tutte quelle situazioni legate alla gestione del Palio. Altro tema potrebbe
essere la riscoperta di una parola che ha sempre fatto parte del DNA di tutte le ns. Contrade: il
rispetto. Rispetto, naturalmente per la ns. Contrada, per i suoi dirigenti, per le persone meno
giovani; ma anche rispetto per la ns. Festa e per la ns. Città. Ricordarsi che a volte, il rispetto per la
Festa e per la Città, potrebbe non coincidere con l’interesse della propria Contrada. Altro ancora il
rapporto Palio-Contrada che, specialmente nell’ultimo decennio ha assunto aspetti molto rilevanti.
Voglio, a questo proposito, ricordare una frase che, uno dei grandi Priori Selvaioli, Valdo Ferrini,
purtroppo scomparso troppo prematuramente, mi ripeteva sempre quando avevamo l’occasione di
parlare di queste problematiche: vedi Velio – diceva – noi a Siena, molto probabilmente non ci
rendiamo neppure conto della grande fortuna che abbiamo avuto nel nascere in questa città e
poterci godere questa Festa meravigliosa che è il ns. Palio. Ma ricordati, se non ci fossero state le
Contrade il Palio non sarebbe esistito. Così era prima e così sarà sempre anche in futuro. Può
sembrare banale ma, se ci riflettiamo, non lo è affatto.
Concludo ringraziando ancora tutti i presenti sicuro di poter assistere ad un dibattito interessante e
costruttivo.
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APERTURA DEL DIBATTITO
FRANCESCO RINALDI – VICARIO GENERALE DELLA CONTRADA DELLA SELVA
Tenuto conto che siamo tantissimi e che sarebbe bello poter avere numerosi interventi da parte del
pubblico presente, passo a fare alcune considerazioni, rivolgendo innanzitutto un doveroso
ringraziamento alla mia contrada, che mi ha supportato e sopportato nel portare avanti questo tipo
d’iniziativa.
Benvenuti a tutti quindi e, soprattutto, proviamo a fare delle puntualizzazioni, che già, in una certa
misura, Velio ha riferito: vale a dire che il percorso che abbiamo voluto mettere in piedi non è ad
esclusione ma ad inclusione.
E’ un percorso che nasce e vive perché cerca di far partire un processo per il quale, le forze che
nelle contrade vogliono mettere in piedi un processo di coinvolgimento dei fattori più positivi in
esse presenti, per far rivivere la nostra forza tradizionale rendendola vitale nei tempi attuali, possano
realizzare tutto questo con una modalità che ci veda tutti partecipi.
Quindi, a scanso di equivoci, ripeto il modo in cui è nato il percorso.
Con il Bruco c’è un’amicizia che è nata proprio sul loro progetto: erano gli antesignani di questo
progetto e con loro stavamo andando a costruire un evento insieme.
Il destino gioca le sue carte e nel giorno della festa dei Vigili Urbani, mentre si stava aspettando
l’arrivo dell’Arcivescovo che era in ritardo, mi sono messo a sedere nella stupenda cappella del
Palazzo Comunale accanto al Priore del Nicchio: una persona amante del bello e dell’arte di Siena.
Ci siamo messi a chiacchierare e gli ho detto di sfuggita di questa iniziativa che stavo facendo con il
Bruco ed ho ricevuto una risposta immediata: ci voglio essere anche io. Ecco questa è la forza della
senesità. Costruire il progetto in positivo.
La sera si va al Garden e accanto a me al tavolo siede Laura Dinelli, priore della Giraffa; due
chiacchiere ed una nuova offerta spontanea: ci voglio essere anch’io. Ecco questo io credo debba
essere il futuro di questa iniziativa: che via via altre contrade, riconoscendosi in quello che stiamo
cercando di portare avanti, vogliano dare il loro apporto come abbiamo fatto noi quattro.
Io mi sono fermato lì, perché ho capito che forse poteva esserci ulteriore interesse, ma non ce
l’avrei fatta coordinare tutte le attività.
A questo punto è stata costituita una commissione con rappresentanti delle quattro consorelle, che
ha lavorato per alcuni mesi. Insieme abbiamo lavorato, ci siamo confrontati ed infine abbiamo
prodotto quel documento cha abbiamo voluto far conoscere a tutti
Un documento propositivo, di analisi e che rappresentasse una base da cui poi partire per
sviluppare una maggiore articolazione.
Veniamo ora alla serata, una serata impegnativa, alla quale speriamo che tutti vogliano dare il loro
contributo.
Per consentire di restare all’interno di un filone centrale, senza frammentarci in tanti rivoli, che pure
sono importanti e ci stanno a cuore, ma che ci farebbero disperdere, sottolineerò ora alcuni paletti.
Spero che tutti abbiate letto il documento, dove si sottolinea il tema “le contrade ed il loro
territorio”, per cui puntiamo a rimanere il più possibile sul tema..
Come sviluppare, come valorizzare il rapporto fra il cittadino contradaiolo e il territorio della città
storica. Evitare il più possibile i personalismi e dare il proprio contributo a valorizzare gli aspetti
positivi della realtà senese ed essere propositivi.
Soprattutto cerchiamo di fare interventi brevi, evitando di farci prendere la mano dal cuore, dalla
passione e scusatemi se dovessi intervenire per richiamare qualcuno che dovesse farsi prendere
dalla verve dall’intervento.
Per evitare uno “sfarfallamento” degl’interventi, invitiamo tutti coloro che fossero interessati ad
intervenire ad andare al tavolo della segreteria e ad iscriversi, per poi venire a parlare alla
postazione che abbiamo predisposto e che serve anche per consentire una buona ripresa televisiva.
Infatti, a dimostrazione di quanto sia vitale la “senesità”, gli amici di SIENA TV ci hanno contattato
agli inizi di questo percorso, dopo aver letto un mio articolo sul Corriere di Siena e ancora non si
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parlava nemmeno di un dibattito pubblico, e mi hanno detto di essere pronti a sostenermi per
portare avanti qualsiasi iniziativa avessi voluto realizzare.
Fra l’altro, oltre alla ripresa di stasera, faranno un archivio anche dei prossimi eventi e lo
metteranno a disposizione di tutte le contrade che volessero vedere queste registrazioni.
Ultima cosa, riguarda il dopo dibattito: tutti coloro che lo vorranno potranno fermarsi in contrada,
dove abbiamo preparato una cena a buffet, che ci consentirà di continuare a chiacchierare fra di noi
su questi temi.
A questo punto possiamo passare agli interventi previsti dal programma e cedo la parola a Daniela
Bindi, Assessore alla Polizia Municipale e Traffico.
INTERVENTI
DANIELA BINDI – ASSESSORE ALLA POLIZIA MUNICIPALE E TRAFFICO
Innanzitutto un saluto da parte del sindaco e della giunta per un’ iniziativa che troviamo
condivisibile e apprezzabile, ed è auspicabile che prosegua e veda il coinvolgimento di tutte le
consorelle.
Molti dei temi che con il documento preparatorio vengono posti all’attenzione del dibattito
riguardano il Comune e più in generale tutte le istituzioni cittadine, perché riguardano tutta la
società e sono al centro dell’iniziativa politica e amministrativa.
Entrerò ora nel merito d alcuni temi come amministratore e lo farò dicendo le cose con franchezza,
consapevole che questa talvolta è scomoda, ma ritengo che il rispetto per tutti voi e per questa
iniziativa lo richieda.
Vorrei subito entrare nel merito delle cose, partendo da un argomento affrontato nel documento,
vale a dire quello che riguarda i flussi migratori, nel quale si dice che uno dei problemi attuali per le
contrade è quello dell’allontanamento dal territorio di molti contradaioli.
Sicuramente questo è vero, ma vorrei che si evitasse, come talvolta facciamo, di mitizzare un
periodo aureo della nostra città, che però aureo non era ( vedi ad esempio le condizioni igieniche in
cui abitavano le famiglie nel centro storico e di quanti metri quadrati pro capite avevano a
disposizione). Le difficili situazioni abitative di molte famiglie è quindi uno dei motivi per cui si è
avuto il trasferimento nei nuovi quartieri di tante persone e questo è da considerare sicuramente un
progresso.
Oggi naturalmente bisogna aggiornare le strategie su questi temi e cercare un equilibrio diverso tra
le differenti esigenze delle varie categorie di cittadini, ma avendo presente che tale equilibrio non
può che essere dinamico, in quanto man mano che cambiano i bisogni devono cambiare anche le
risposte.
Ad esempio un aumento di ricchezza fra i cittadini senesi sta consentendo sempre più di acquisire e
ristrutturare appartamenti del centro storico e questo, unito alle scelte che l’Amministrazione
Comunale negli ultimi anni ha operato per mantenere il centro storico con una pluralità di funzioni
rivolte al sostegno della residenzialità, ha fatto si che gli abitanti del centro storico negli ultimi anni
sono aumentati, facendo registrare una notevole inversione di tendenza.
In questo senso vanno viste alcune scelte importanti, quali le abitazioni in Vallepiatta, la conferma
ad abitativo di alcuni grandi contenitori (S. Marco, Monna Agnese ed il Pendola, quando la
provincia lo lascerà libero), o il recupero dei contenitori privati (ad es. cinema Moderno) o ancora
prima il risanamento del Bruco, o in prospettiva Santo Spirito e Santa Chiara nel Nicchio.
Tutto questo deve continuare perché Siena non sia solo un luogo bellissimo da visitare ma deve
continuare ad essere un luogo dove esiste e continua nei secoli un particolare modello di vita
sociale.
Per consentire ciò bisogna però affrontare alcuni problemi ed alcune contraddizioni: ad es. il tema
dei prezzi elevati degli immobili e degli affitti. E’ una dimostrazione del pregio della città ma
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richiede una serie di interventi (già messi in atto) di sostegno come il contributo affitti, le soluzioni
per giovani coppie oltre, naturalmente, l’edilizia popolare.
Occorrono inoltre servizi efficienti per i bambini, per gli anziani e per le fasce deboli (e i nostri
sono tra i migliori), ma serve anche una moderna rete commerciale che preveda accanto ai negozi
storici o caratteristici anche dei supermercati per agevolare chi lavora e risiede in centro. E’
strumentale e antistorica la polemica di questi giorni sul piccolo supermercato al cinema Fiamma,
anche se si può comprendere il disagio di certi commercianti, ma come dicevamo il progresso
impone dei cambiamenti che devono andare nell’interesse di tutta la comunità.
Bisogna continuare a preoccuparci dei temi ambientali: siamo stati i primi ad introdurre la ZTL,
dobbiamo continuare a mantenerla ed estenderla. Bisogna accettare il fatto che abitare in centro o
frequentare la contrada comporta alcuni sacrifici rispetto alla mobilità, e dunque sacrifici che
bisogna accettare nell’interesse generale. Nello stesso tempo però non dobbiamo neppure esagerare
al contrario, se non consentiamo il rifornimento delle merci o la manutenzione degli edifici
favoriamo l’abbandono del centro o l’aumento dei prezzi.
Occorre inoltre mantenere in centro alcune attività economiche o che offrono possibilità di
occupazione, quali uffici pubblici o banche, per contribuire a trasformare in occasioni di sviluppo
economico le nostre straordinarie ricchezze artistiche e culturali.
Tutto questo riguarda le istituzioni, a partire dal Comune, ma anche le Contrade, perchè devono
preservare la tradizione aggiornandola alle nuove esigenze.
In tutto questo s’inserisce il tema di come conservare l’alto livello di qualità della vita, in termini di
sicurezza, di solidarietà e di vivibilità urbana e sul ruolo specifico che in questo tema devono avere
le contrade.
Non mi soffermo, altri lo faranno, sul tema Palio, ma a tal proposito il Sindaco mi ha autorizzato a
dire che Mociano è già abilitata e l’ordinanza Martini è alla sua attenzione; si tratta di un problema
molto delicato, sul quale bisogna lavorare con forza e determinazione, ma agendo con molta
discrezione, in quanto non è un tema né semplice e né scontato.
Il resto dei problemi del Palio stanno nelle mani delle contrade, non in quelle del Comune che è
sempre stato rispettoso dei diversi ruoli ed ha sempre cercato di trovare la composizione dei
conflitti con equità, e dovrà continuare a farlo anche in seguito chiunque abbia il consenso per
governare.
Le contrade devono continuare ad esercitare il ruolo, che sempre hanno avuto, del mantenimento e
trasmissione di valori (sempre più difficile – è vero), utilizzando anche una grande capacità di
autoregolamentazione per prevenire ed evitare gli eccessi: nel prolungarsi eccessivo dei
festeggiamenti (specie a tarda ora), nell’abuso di alcool ecc.
Tutto questo perché si sta sviluppando una sorta di risentimento, che è pericoloso perché deborda
spesso dalla legittima protesta verso gli abusi, cercando di instaurare un proibizionismo
generalizzato, che può minare l’esistenza stessa delle contrade, condizionandone l’attività sociale, il
vivere insieme ed il fare festa.
Ho visto sui giornali che sono stati raggiunti risultati importanti in tema di autoregolamentazione
dal Magistrato delle Contrade. Il Sindaco da tempo insisteva su questa strada, perché non è
possibile usare la rigida imposizione di norme, quando si parla delle contrade e della loro vita, che
si deve svolgere necessariamente anche nella strada.
Tra l’altro vi sono alcuni elementi di cui bisogna essere tutti consapevoli, perché se si dovessero
applicare le norme previste in generale per le attività aperte al pubblico, le condizioni sarebbero
ben più rigide, per cui è bene sottolineare sempre il fatto che le contrade hanno una natura
associativa, che le distingue nettamente da attività di tipo commerciale o di servizi.
Tutto questo è difficile da gestire, in quanto va di pari passo con il diffondersi di quel senso
d’insicurezza che, per quanto riguarda Siena, non è certamente legata ad un aumento della
criminalità vera e propria (non solo rispetto a qualche anno fa ma a molti anni fa), ma è
interiorizzata ed è legata ai cosiddetti indicatori di tensione fondamentali, quali le preoccupazioni
finanziarie conseguenti alla crisi economica. Certo non voglio sminuire gli episodi di criminalità
che anche da noi sono accaduti, ma voglio portare a riflettere sul fatto che questi colpiscono di più i
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cittadini in quanto vanno a sommarsi alla paura d’impoverimento dei ceti medi, alla perdita del
posto di lavoro, all’assillo dell’invasione da parte di popoli con culture diverse ecc. Ma è dimostrato
che la sensazione di insicurezza è legata anche ad indicatori di tensione secondari, generati da
fattori ambientali e di relazione sociale quali:
- Il deterioramento dell’arredo urbano
- il livello del rumore nelle ore notturne
- l’abbandono dei rifiuti
- la convivenza con la circolazione veicolare (traffico dei mezzi commerciali).
E qui risulta evidente quanto questi fattori incidano, anche per quello che stasera siamo venuti qui a
discutere.
Non dobbiamo però dimenticarci che, oltre ai suddetti fattori d’insicurezza, sui quali ritornerò
brevemente, a Siena non abbiamo le manifestazioni di gravi fattori di disturbo che sono presenti in
tutte le città quali:
- la prostituzione per strada
- l’accattonaggio molesto
- il traffico di droga per strada
- il commercio abusivo ecc.
Non li abbiamo ma non perché siamo fortunati, bensì perché nel tempo la combinazione tra
un’efficace azione amministrativa e un tessuto sociale, sostanzialmente sano e rappresentato in
massima parte dalle contrade, ha consentito di mantenere alto il livello di vivibilità.
Quindi non sottovalutiamo quello che siamo riusciti a fare, ma prendiamone forza per continuare a
costruire in questa direzione.
Questo non significa però che per migliorare non dobbiamo intervenire sugli altri fattori che citavo
prima. Ma su quei problemi non basta l’intervento della P.A., l’aumento dei controlli delle Forze
dell’Ordine ecc., anche se alcune cose le possiamo migliorare e lo faremo (telecamere, vigili urbani
più formati e dotati di mezzi di difesa, illuminazione ecc.), occorre l’impegno e la collaborazione
della popolazione.
Basti l’esempio dell’abuso dell’alcool. Io non credo che con l’aumento dei controlli dell’alcool test
si riuscirà mai a risolvere il problema senza la collaborazione della famiglia, della scuola e della
contrada.
La contrada in particolare deve conservare la capacità di essere un sensore dei problemi e da qui si
può puntare a migliorare le modalità d’intervento. A mio parere l’idea delle ronde non è altro che la
volgarizzazione di un sistema di controllo e segnalazione che a Siena c’è sempre stato in positivo;
questo è valido e vogliamo continuare ad andare in questa direzione.
E così anche il senso civico, il rispetto per i luoghi pubblici, per i diritti di chi ci sta vicino: non
basta imporli per legge, ma occorre trasformarli in valori condivisi. Se stiamo qua a ragionare di
vari problemi, vuol dire che già partiamo da un livello alto di sensibilità civica, per cui voglio
sottolineare che la nostra città, e la contrada in particolare, hanno bisogno di presidiare e recuperare,
ma soprattutto di respingere, due fenomeni pericolosi:
1) uno lo accennavo già prima, vale a dire una sorta di “risentimento” verso chi si pensa possa
generare un disturbo (il fatto che a segnalare problemi sono spesso abitanti-contradaioli).
Risentimento forse talvolta generato dalla sensazione che alla base dell’attività della società di
contrada non ci sia più l’obiettivo di socializzazione dei contradaioli o degli abitanti ma
esigenze di carattere più commerciale.
2) il prevalere di quel senso di insicurezza che porta la gente a chiudersi in casa. Un fattore da
non dimenticare, infatti, è che il senso di insicurezza è amplificato dalla rappresentazione della
realtà fatta dai media (lo dicono tutti gli esperti) e purtroppo la comunicazione è polarizzata
dai fatti a maggior impatto emozionale, nei quali la percezione del rischio risulta grandemente
distorta in senso pessimistico.
Non sottovaluterei poi che questo tema è facilmente strumentalizzabile dalla politica. Per esempio è
chiaro che in questo ultimo periodo sembrano aumentate le molestie e i danneggiamenti, ma sembra
quasi che qualcuno ne sia molto soddisfatto, perché è più facile e d’impatto sollevare questo
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problema che non affrontare le questioni di fondo che citavo prima. Vi invito però a riflettere sul
fatto che Siena ha affrontato le questioni di cui stiamo parlando in un certo modo ( esempio
favorendo l’integrazione e la partecipazione), e questo ha prodotto esiti certamente più positivi di
quelli raggiunti in molte città del nord.
Dobbiamo evitare che questa strumentalizzazione accada, perché quel modello sociale (citato nel
documento) si basa proprio sul contrario: alla base di tutto c’è la partecipazione, l’incontro, lo stare
insieme. La Contrada rappresenta questo e deve continuare a farlo. A farlo anche nella sua versione
gioiosa, di festa (anche con il vino nella giusta misura).
Nella prossima campagna elettorale risono ripromessa una cosa, quando qualcuno verrà a parlare di
sicurezza, gli chiederò che cosa pensa del Monte dei Paschi. Questo vi può sembrare una cosa
strana, ma credo che per il futuro di Siena sia molto più importante chiedere a chi si propone di
governare la città che cosa pensa di fare della banca, che non come s’interviene su questi altri
problemi.
Credo che il dibattito iniziato stasera potrà contribuire in maniera determinante a comprendere,
affrontare e correggere tutti questi temi, con l’obiettivo di mantenere ciò che questa città ha di
meglio.
ROBERTO MARTINELLI – RETTORE DEL MAGISTRATO DELLE CONTRADE
(a) Il tempo che abbiamo a disposizione non è molto e quindi cercherò di essere sintetico, per
quanto possibile. Perché invero qualche riflessione debbo pur farla, anche di carattere generale,
visto l’organismo che rappresento e considerate altresì le osservazioni di ampio respiro che
introducono l’argomento specifico dell’incontro.
E’ anche necessario che precisi una cosa. Il Magistrato ha già da tempo iniziato ad esaminare alcune
delle problematiche di questo incontro (e ne darò atto nel corso del mio intervento), individuando
anche l’iter da seguire; ma tale percorso non è ancora concluso. Quindi, a parte questo diretto
riferimento al Magistrato, quelle che esprimerò sono posizioni personali del Rettore del Magistrato,
non la posizione ufficiale del Magistrato stesso. Dico anche che molte di queste riflessioni ho già
avuto modo di esprimerle nell’arco della mia vita di contradaiolo e della mia attività di dirigente di
Contrada. E di questo mi scuserete. A mia parziale giustificazione, permettetemi peraltro di
applicare al nostro mondo delle Contrade e del Palio quello che scriveva Goethe nelle sue
“Memorie e riflessioni” e cioè che “tutti i pensieri sono stati pensati; occorre solo tentare di
ripensarli”.
(b) Si dice dei tempi che cambiano e di una certa difficoltà delle Contrade di adeguarsi alle nuove
situazioni; più nel profondo, si dice di un concreto rischio (che per alcuni è addirittura certezza) che
le Contrade possano venir meno alle loro funzioni e, per questa strada, anche ai propri valori
tradizionali. E allora parliamo un po’ di queste “funzioni” delle Contrade; molte volte tirate in ballo
ma talvolta in termini troppo generici.
Nel passato sono state svolte dalle Contrade anche funzioni “latamente” pubbliche seppur in
carenza di un conferimento formale della relativa competenza; tali funzioni nel tempo sono peraltro
venute progressivamente meno per intervenute trasformazioni istituzionali e legislative. Stabili
ormai, grazie al Bando di Violante di Baviera, nel loro numero, nel loro nome, nei loro colori e, con
l’eccezione di alcuni dubbi interpretativi, nei loro confini, le Contrade si pongono attualmente in
termini non del tutto comparabili con quanto avveniva nel passato, salvo l’elemento di continuità
rappresentato dal Palio. A mio giudizio, pertanto, è opportuno svolgere alcune riflessioni sull’ente
contrada “oggi”, ricordando da subito, ed in primo luogo, che il principale rapporto “istituzionale”
tra Comune ( ente pubblico di inderogabile riferimento) e Contrade rimane appunto quello della
partecipazione delle Contrade al Palio.
(c) La domanda ora è: al di là della loro partecipazione al Palio, come si pongono le Contrade nei
confronti del Comune e nell’ambito cittadino in generale? Intanto, direi che alcuni elementi
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valutativi li troviamo nello stesso Regolamento per il Palio, all’art. 9, la dove si statuisce che “le
Contrade sono enti autonomi e come tali provvedono alla loro amministrazione e svolgono la loro
attività in modo indipendente, conformandosi alle norme portate dai propri Capitoli o Statuti ed
ispirandosi alle antiche tradizioni”. Soffermiamoci dunque su questo aspetto: la Contrada come
ente autonomo, la cui attività è regolata dal proprio statuto.
Un primo punto su cui riflettere è la circostanza che, a ben guardare, non è scritto da alcuna parte,
con specificità, quale sia l’oggetto sociale, o scopo sociale che dir si voglia, di una contrada, come
invece è dato rinvenire per ogni associazione o ente o società. Certo: la Contrada, nel concreto,
svolge molte attività, ma nessuna di queste, singolarmente considerate, concretizza lo scopo sociale
della Contrada stessa. Neppure, al limite del ragionamento, la partecipazione al Palio (che pure è il
sale e il collante della nostra Festa): sul punto ha scritto Giulio Pepi che “ le Contrade non sono enti
associativi nati e prosperati per fare il Palio. Il Palio è molto, ma non è tutto né deve essere tutto”.
(d) Dunque: se le norme statutarie regolano la vita della Contrada ma non sentono il bisogno di
formalizzarne l’oggetto sociale, il ragionamento può allora provare a svilupparsi rivolgendo
l’attenzione al modo di porsi e di operare in concreto delle Contrade con riferimento alle proprie
caratteristiche strutturali. Al riguardo possiamo allora ricordare come le Contrade presentino
peculiari elementi costitutivi: popolo, normativa regolante, base territoriale.
Popolo
Sul punto ritengo di potermi limitare ad osservare che - come come si legge in un documento del
Comitato Amici del Palio - oggi la Contrada è invero– “un luogo di incontro intergenerazionale e
intersociale”( interpreto l’aggettivo “intersociale” come indicante l’incontro tra persone di ambienti
e ceti diversi: quindi, sostanzialmente equivalente a “interclassista”). Le Contrade muovono
migliaia di persone, di cui molti giovani e giovanissimi. Seguono proprie regole scritte cui i
contradaioli si devono attenere: ma molte sono anche le regole non scritte e che si tramandano per
tradizione. Direi anche che la Contrada è una “occasione” offerta a chi la sa e può cogliere: per i
nostri vecchi ha spesso rappresentato la possibilità di vivere meglio una vita altrimenti piuttosto
grama; per i nostri giovani può costituire un momento irripetibile di immediati rapporti
interpersonali. La Contrada, se la fai tua, è il filo che ti collega, ovunque tu sia, con un territorio e
con la gente che in detto territorio si muove.
Normativa regolante
Mi sembra di poter dire che, da questa angolazione, la nostra festa è fortemente regolamentata. Sia a
tal fine sufficiente ricordare:
(a) il Bando di Violante Beatrice di Baviera del 1730. vera e propria norma di legge tuttora in
vigore;
(b) la legge speciale per Siena, che ebbe formalmente ad indicare “le storiche Contrade di
Siena” quali dirette fruitrici dei finanziamenti pubblici;
(c) la recente normativa fiscale che esonera le Contrade dall’imposta sul reddito, nonché la
ancora più recente legge che vieta le scommesse sul Palio;
(d) il Regolamento per il Palio e tutte le altre disposizioni, variamente denominate, di
emanazione degli organi comunali;
(e) gli Statuti, le Costituzioni, i Regolamenti che ciascuna contrada adotta per disciplinare la
propria attività.
Base territoriale
Possiamo evidenziare i seguenti aspetti:
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(a) le Contrade hanno un proprio territorio definito dal Bando di Violante di Baviera;
(b) le Contrade tutelano concretamente questo loro territorio: intervenendo sugli immobili, sia
immobili strumentali (sede, società, oratorio), sia immobili a carattere abitativo (che di
norma vengono affittati ai contradaioli); e restaurando il proprio patrimonio storico, artistico
culturale;
(c) le Contrade colloquiano con il Comune in tema di strumenti urbanistici in relazione alle
proprie specifiche esigenze;
(d) le Contrade sottoscrivono con il Comune convenzioni per regolamentare l’utilizzo da parte
loro di certi spazi pubblici e, in alcuni casi, anche l’utilizzo pubblico di certe aree di
proprietà delle Contrade stesse.
Per concludere dunque sul punto delle “funzioni” delle Contrade. Alla luce di quanto sin qui detto
riterrei di poter sinteticamente affermare che oggigiorno le Contrade individuano le proprie funzioni
non con riferimento ad uno specifico oggetto sociale (che non è identificabile, salvo sempre
l’aspetto della preminenza della partecipazione al Palio), ma in coerenza alle proprie caratteristiche
strutturali che permettono una loro operatività in varie direzioni, regolamentata dall’Ente Comunale
o svolta sulla base dei rispettivi statuti ed ispirata altresì - come recita il Regolamento per il Palio –
alle antiche tradizioni. E se mi guardo intorno con uno sguardo critico ma fiducioso, mi sembra di
riscontrare che tali funzioni le Contrade le stiano svolgendo, pur con alterna assiduità e più o meno
coerenza a seconda dei momenti.
(e) Lo sappiamo. Ci sono stati sviluppi urbanistici sui quali ciascuno può avere la propria opinione,
ma che è indubbio che hanno avuto rilevanti effetti sulle Contrade. Uno di questi effetti, forse il più
incidente, è lo spopolamento dei rioni e la migrazione di molti contradaioli nelle nuove zone
periferiche. Ma, nonostante tutto, le Contrade hanno avuto la capacità di reagire e di cercare rimedi
che in una certa misura ostacolassero il fenomeno e, in un’altra direzione, ne contrastassero gli
effetti negativi.
E’ su questa prospettiva che si pone in primo luogo tutta la linea di interventi edilizi di cui abbiamo
prima dato atto, in particolare nella direzione del restauro di edifici abitativi poi affittati ai
contradaioli, di ricerca di nuovi spazi ricreativi e di svolgimento di nuove attività: e tutto ciò è
andato in definitiva a sostegno di un rione che da solo non riuscirebbe più a rappresentare un reale
centro comunitario e di aggregazione , svolgendo altresì l’essenziale funzione di richiamo dei
contradaioli verso il territorio di riferimento (quello stabilito dal Bando di Violante di Baviera), ove
tradizione e novità, storia e contemporaneità, traggono motivazioni e richiami profondi da quelle
strade e da quegli edifici che da luoghi fisici assumono la dimensione e il fascino di luoghi della
memoria e dei sentimenti: fari di riferimento e di attracco per tutti i contradaioli, ovunque abitino e
dovunque si trovino.
E mi trovo anche a riflettere che senza questa capacità di reazione delle Contrade, sia pur non
scevra di errori, forse non saremmo oggi a discutere di una qual certa crisi dei loro valori
tradizionali e sui possibili rimedi, ma potremmo anche trovarci a certificare la scomparsa di detti
valori oppure la loro sostituzione con altre e diverse categorie di valori.
(f) Il riconoscimento al territorio storico della capacità di attrarre i contradaioli dovunque essi siano,
permette di dare altresì atto di un altro fenomeno che è stato pure evidenziato: il rapporto, cioè, tra i
contradaioli che abitano nel rione ed i contradaioli che abitano altrove, nel documento preparatorio
individuati anche come quelli che “scendono in contrada” (i primi) e come quelli che “vanno in
Contrada” (i secondi).
Ora, al di là della oggettiva diversità di situazioni, che d’altronde deriva, come detto prima, da una
oggettiva situazione urbanistica, non è certo tra queste due categorie di contradaioli che deve farsi il
confronto, ma tra coloro che, indipendentemente da dove abitano, usano frequentare la contrada e
coloro che invece vengono in contrada praticamente solo nelle occasioni canoniche. Fenomeno
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anche quest’ultimo peraltro non evitabile, direi nella natura delle cose; ma il punto allora è questo: è
giusto che noi – che frequentiamo sempre e da sempre la contrada – si ponga questi ultimi sotto
una angolazione dubitativa o non piuttosto abbiamo il dovere e la responsabilità (che ci derivano
appunto dal privilegio di poter vivere la contrada) di fare il possibile perché questi contradaioli più
assenti si sentano comunque a casa loro quando vengono in contrada e continuino a coltivare nel
fondo del loro cuore quel lampo emotivo che li tiene comunque legati alla contrada seppur non
vivendola che sporadicamente e quindi non nel modo giusto?
(g) Certo. La società è cambiata e continua a cambiare; cambia conseguentemente anche il contesto
in cui la Contrada si trova ad operare e così pure l’ambito nel quale si trovano a dover essere
coniugati i suoi valori tradizionali quali, tra gli altri, la partecipazione alla vita della Contrada, lo
spirito di servizio, la cultura del rispetto, il rapporto anziani-giovani, la quotidianità delle relazioni
amicali, la solidarierà, i rituali contradaioli. Valori che - dobbiamo averne piena consapevolezza sono invero messi in discussione; anche - osserva qualcuno - per la necessità delle Contrade di
disporre di flussi economici crescenti soprattutto per la gestione del Palio. Pertanto è da convenire
in pieno quando si dice che dobbiamo prestare una vera attenzione a questi fenomeni, valutarne
l’ampiezza e gli effetti ed individuarne i possibili rimedi. Percorso di approfondimento che richiede
invero (e non mancheranno le occasioni per farlo) un esame non superficiale di ciascuno degli
aspetti ora richiamati; esame peraltro, che non possiamo fare oggi, in questa occasione ove, svolte
necessariamente riflessioni generali ed enunciate una serie di problematiche, gli organizzatori (direi
prudentemente, per non disperdere gli interventi in tanti rivoli) hanno individuato il tema
“specifico” del rapporto Contrada-territorio. Però una brevissima riflessione mi sia comunque
concessa.
Quando si parla dei “vecchi tempi”, non si pone quasi mai nel giusto rilievo - tra le altre cose - la
vastità delle suggestioni che, ai tempi di ora, viene proposta alla società civile ed in particolare ai
nostri giovani; e sono così tante queste suggestioni che talvolta mi chiedo se non sia un miracolo
laico e civico che tantissime persone, tantissimi giovani, continuino nonostante tutto a frequentare
la Contrada, con vivo senso di appartenenza.
E’ poi indubbio che i cambiamenti accennati abbiano comportato alcuni disequilibri e inconvenienti
ed abbiano anche provocato, o almeno facilitato, comportamenti - di singoli e di gruppi - sbagliati
quando non proprio inaccettabili in assoluto e soprattutto in un contesto che, come quello
contradaiolo, vive di volontarietà, gratuito impegno e passione. E così si dice ancora di atti di
maleducazione e di inciviltà, di abuso di alcol, di eccessiva rumorosità diurna e soprattutto notturna,
di strade troppe volte chiuse e quindi difficoltà negli spostamenti ed altro . Con le dovute distinzioni
e ponderazioni che potrebbero farsi, l’elencazione dei problemi è comunque sostanzialmente
corretta.
E lo dico proprio perché il Magistrato, alla luce di quanto sopra, ha iniziato già qualche da tempo –
come dicevo prima –a discuterne, fissando in un documento di lavoro, come tale provvisorio,
alcune brevi riflessioni in una prospettiva al momento ancora parziale rispetto al quadro di insieme,
ma certamente concreta rispetto al problema del rapporto Contrada-territorio; con la sottolineatura
altresì che se poi utilizziamo il plurale “Contrade-territorio” comprendiamo con immediatezza che
ciò significa interessare l’intero territorio della città murata. Il Magistrato ha, tra l’altro, osservato
(ovviamente sintetizzo) che
“se da una parte si può convenire che, per assecondare nuove tendenze e moderni bisogni, le
attività delle Contrade possano essere risultate un po’ sovradimensionate, non è accettabile che si
riconducano alle Contrade e alle loro iniziative le principali responsabilità per il preteso degrado
e la asserita minore vivibilità della città che ha cause ben diverse e molto più generali.
Le Contrade di Siena, peraltro, non intendono rifiutare il confronto e nemmeno lesinare l’impegno
a discutere possibilità e iniziative che contribuiscano a limitare certi eccessi, proprio nella piena
consapevolezza della loro presenza sociale, storicamente sperimentata, che comunque riconduce le
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attività predette in un ambito circoscritto e controllabile, dove gli eventuali inconvenienti possono
essere maggiormente prevenuti e limitati.
Saranno quindi oggetto di valutazione: (i) la durata e la frequenza delle iniziative pubbliche
esterne ed il livello del rumore degli esecutori musicali e degli impianti di riproduzione sonora;
(ii) la possibilità di interventi per il contenimento e, in certi casi, il divieto della vendita di alcolici e
superalcolici; (iii) la possibilità, per quanto riguarda i problemi collegati alla chiusura delle
strade, di limitare nel tempo e nello spazio l’utilizzazione del territorio, che imponga modificazioni
al traffico e alla sosta, privilegiando attività più consolidate rispetto alle occasioni episodiche e
contingenti; (iv) un maggior coordinamento delle iniziative delle Contrade, ad evitare
sovrapposizioni che possano provocare l’aggravamento dei disagi”.
Riusciremo ad andare avanti nel senso ora delineato? Voglio sperare di sì. Sarebbe un chiaro
segnale di consapevolezza ed una buona prima risposta alle problematiche che si pongono.
(h) Un ultimo accenno ad un aspetto che sta sempre più salendo all’attenzione della comunità
cittadina: il problema della sicurezza e dell’ordine pubblico. E ne faccio cenno perché ho letto da
qualche parte che da alcuni si ritiene di poter collegare Contrade e sicurezza anche affidando loro,
ufficialmente, precisi compiti in materia, d‘intesa con le autorità preposte e con le forze dell’ordine.
Da parte mia, mi sembra di poter osservare al riguardo che la Contrada è inevitabilmente immersa
nella società civile, risente dei suoi problemi, è colpita dai suoi sobbalzi, ma non è una entità che
abbia tra i suoi scopi quello di rispondere, direttamente e in termini generalizzati, a detti problemi o
sobbalzi; conseguentemente non può essere messa a raffronto, sotto questa angolazione, con gli
enti pubblici e gli organismi associativi di varia natura che, per compiti istituzionali e
meritoriamente, affrontano le varie esigenze della collettività.
Anche se poi l’anima popolare della Contrada, cui è connaturale, direi in via immediata, il principio
di solidarietà, giustifica appieno momenti di sensibilizzazione sociale, quali - per portare solo due
esempi - la preziosa attività dei Gruppi di donatori di sangue delle Contrade e il recente diretto
intervento delle Contrade, anche tramite le proprie Società, a favore delle popolazioni dell’Abruzzo
colpite dal terremoto. Per non parlare poi delle iniziative via via assunte a livello delle singole
Contrade.
Come ha scritto un amico ex dirigente di Contrada, “ le Contrade hanno già un ruolo importante
nella qualità urbana. Sono infatti un anello di quella lunga catena che lega un tessuto sociale, come
quello senese, ancora coeso perché capace di dialogo… con la loro presenza nelle strade e nelle
piazze contribuiscono a mantenere vivo, e per certi aspetti sorvegliato, il centro storico…
ovviamente resta ferma la piena collaborazione con le forze dell’ordine e gli organi dello Stato cui
soli peraltro spetta la competenza in tema di sicurezza e di ordine pubblico”.
D’altra parte, il rapporto tra funzioni delle Contrade e quello che, mutuando una espressione di
Aurora Savelli, possiamo chiamare “sistema di governo della città”, ha sempre presentato aspetti
mobili, non codificati, indeterminati: ciò che ha fatto dire ancora ad Aurora Savelli di “una forma
assai ambigua di istituzionalizzazione delle Contrade”, con una linea di continuità che unisce
passato e presente. Al tempo stesso, peraltro, la stessa Aurora Savelli fa una osservazione acuta ( e
per quanto mi riguarda condivisibile) quando afferma che “istituzionalizzazione ambigua e
incertezza di competenze hanno comunque posto le condizioni per una continuità di presenza delle
Contrade nel sistema di governo cittadino, consentendo loro di superare fasi di riformismo
istituzionale accentuato quale quella leopoldina”.
La cautela e l’attenzione sul punto sono pertanto, a mio giudizio, assolutamente d’obbligo.
(i) Conclusivamente. Ci sono stati e ci sono (né è escluso che ancora ci saranno) momenti in cui le
Contrade possano dare una qualche sensazione di non tenere il timone nella direzione che è loro
propria. Mi sembra peraltro di poter ancora osservare, in aggiunta a quanto sin qui detto, che
talvolta questi episodi si riscontrano negli approcci ad argomenti ed attività di carattere generale nei
quali la Contrada peraltro non si presenta nella sua specificità ma come una delle tante componenti
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della società civile cittadina, per di più trovandosi in tali casi a dover spesso confrontarsi con idee e
categorie valutative non di diretto bagaglio delle Contrade stesse. Le Contrade, pur con tutti i loro
difetti, hanno saputo affrontare con le proprie forze e con sostanziale successo sfide che avrebbero
potuto metterle in gravi difficoltà, addirittura in pericolo. Sono quindi fiducioso che le Contrade
sappiano farlo anche nel contingente e nel futuro e che possano così continuare a dare il loro
contributo alla costruzione della città pur restando fedeli a se stesse.
Grazie per l’attenzione.
FABIO PACCIANI – RETTORE DELLA NOBILE CONTRADA DEL BRUCO
Il vicario della Selva , Francesco Rinaldi , mi ha chiesto di fornire un contributo a questo dibattito in
virtù delle iniziative che la Contrada del Bruco ha intrapreso in questi ultimi anni sul rapporto
contrada territorio
E’ proprio da alcune riflessioni su questo rapporto che è nata la volontà di trattare argomenti quali
la sicurezza o lo smaltimento dei rifiuti nelle società di contrada e più recentemente il tempo fuori
dal Palio
Le stesse riflessioni che condivido con voi ma che sicuramente tutti in contrada avete già fatto, in
quanto sono legate alla nostra cultura , alla nostra tradizione e al fatto di essere senesi uomini e
donne di contrada.
Siamo partiti dal chiederci cosa ha rappresentato il Territorio, proprio nei 500 anni di storia citati
dal titolo del dibattito odierno, il territorio che ha forgiato i popoli delle nostre contrade,
definendone l’identità e le caratteristiche.
Nel tempo è stato alla base della maggior parte delle inimicizie ed è ancora oggi fonte di conflitti
fra consorelle per la sua definizione.
Inoltre, inteso come insieme di luoghi simbolo, scandisce la vita contradaiola di ognuno di noi nel
senso che ognuno ha nel territorio del proprio rione ricordi legati a momenti, esperienze della
propria crescita in contrada. (ricordi legati alle fonti di ovile, ai ferri di S. Francesco, in Piazza San
Francesco, dal Minelli. etc etc…).
A queste considerazioni si è aggiunta la volontà di spostare un po’ l’attenzione della Contrada dal
Palio e dalle sue problematiche, che sono diventate l’unico vero catalizzatore degli interessi
collettivi, anche per poter avere un confronto con le istituzioni cittadine su temi di respiro un po’
più ampio che non le solite e avvilenti contrattazioni per la chiusura delle vie.
Ci siamo chiesti perché, negli ultimi decenni, il territorio, pur continuando a mantenere un forte
significato simbolico, sia andato progressivamente perdendo significato nella vita quotidiana della
contrada ed è stato facile fare il collegamento tra la perdita di significato ed il suo graduale
spopolamento . Non ha senso infatti parlare di territorio, almeno per , come noi intendiamo quello
dei nostri rioni, senza analizzare e confrontarci con il popolo che lo vive e con le sue dinamiche.
Nel Bruco ad esempio mentre dagli anni 70 ad oggi i protettori sono quadruplicati attestandosi
intorno ai 3000, nel rione i brucaioli residenti sono solo 160, compresi coloro che abitano i 15
alloggi di proprietà della Contrada.
E nell’ultimo decennio vi è stata una la leggera inversione di tendenza , in parte per la politica
attenta delle dirigenze di Contrada, che hanno incrementato il patrimonio immobiliare , in parte per
il desiderio di alcuni giovani di tornare a vivere nel Bruco con le loro famiglie confermando come il
binomio contrada territorio abbia ancora il suo fascino e la sua forza di attrazione. anche, in un
rione come il nostro, dove gli alloggi spesso non hanno caratteristiche confacenti alle attuali
esigenze abitative in termini di luminosità, superficie, difficoltà di accesso.
L’aumento della presenza di contradaioli nel rione, oltre a conferire vitalità, per quella particolare
forma di relazioni sociali che si producono, migliora la qualità della vita all’interno del rione
stesso. Sono sicuro che ad esempio in un rione più popoloso di contradaioli anche i problemi di
oggi come la rumorosità o il protrarsi eccessivo delle feste avrebbero potuto trovare più facilmente
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una forma di auto regolamentazione cosi come sarebbe stato più facile mantenere e tramandare
alcuni valori che stanno alla base della vita di contrada come il rispetto e la solidarietà.
Comunque, dobbiamo fare i conti con questa situazione abitativa e su questa porci degli
interrogativi.
Il territorio è destinato a diventare solo luogo della memoria, luogo dei simboli?
Chi sono gli attuali abitanti dei nostri rioni?
Come si pone la Contrada nei confronti di coloro che vivono il territorio non essendo contradaioli
(la maggior parte)?
Ma dal momento che stasera siamo qui per parlare anche di cose concrete, convinto che la nostra
ricchezza siano la condivisione e l’ascolto reciproco e che dal confronto tra le nostre esperienze
possiamo trovare la soluzione ai reciproci problemi, cito proprio le nostre piccole concrete e
spontanee esperienze, legate al rapporto contrada-abitanti-territorio.
L’aggettivo spontanee è fondamentale perché vuol far capire che sono nate senza una
programmazione dall’alto ma per esigenze dei contradaioli residenti.
Una è dovuta alla fondamentale figura del custode di contrada del nostro Enzo che esercita la sua
funzione di sindaco di via del comune come scherzosamente viene chiamato nel
Bruco,impegnandosi, con altri contradaioli residenti a far rispettare l’ordinanza comunale sugli orari
di apposizione dei rifiuti fuori dalle abitazioni intervenendo con sollecitudine nei confronti dei
meno diligenti e mantenendo il decoro della via.
L’altra si è realizzata con l’allestimento da parte di un gruppo di contradaioli di un piccolo
laboratorio di falegnameria in via del Comune all’interno del quale si effettuano piccoli lavori di
riparazione alle numerose strutture in legno della Contrada.
Ebbene è diventato un punto di riferimento per gli abitanti della via dando la sensazione che
potrebbero ancora esserci spazi per attività artigianali e produttive naturalmente ben pensate e
programmate
Ma guardando fuori dalla mia contrada un bel segnale giunge dalla Nobil contrada del Nicchio che
ha realizzato proprio sul territorio iniziative concrete, legate alla riscoperta di tradizioni senesi, alla
valorizzazione della propria arte , i vasai fino alla più recente convenzione con il carcere .
In questo atteggiamento si comprende la volontà di alzare lo sguardo e di porsi in maniera diversa
proprio nei confronti dello spazio che la Contrada occupa e della gestione di esso, con prospettive
che possono avere ricadute concrete addirittura sull’economia e sull’occupazione.
In entrambi i casi , nel modo spontaneo e semplice del Bruco e nel modo più complesso e articolato
del nicchio non si tratta di far rivivere nostalgicamente i bei tempi passati, ma di trovare la strada
per gestire, in relazione ai rapidi mutamenti sociali ,i cambiamenti della Contrada e della sue forme
di aggregazione.
Contrada-Territorio-aggregazione termini interdipendenti tra di loro
Proprio sull’aggregazione in Contrada faccio le ultime considerazioni.
Quando nel Bruco all’ultimo convegno parlammo di questo argomento, lamentando minor
partecipazione nelle nostre società nei momenti fuori dal Palio, ricordo in particolare l’intervento
del Priore della Lupa che non concordava su chi lamentava questo calo di presenze .
In effetti credo sia più corretto dire che la presenza e conseguentemente l’aggregazione sono
cambiate anziché diminuite.
Anche qui faccio riferimento prevalentemente alla realtà che meglio conosco, al Bruco ,dove c’è un
continuo fiorire di gruppi e attività organizzate, iniziative,commissioni di lavoro permanenti o
estemporanee che si riuniscono quotidianamente. Cioè in Contrada oggi si va più per lavorare che
per trascorrere il tempo libero
E’ venuta meno quel tipo di presenza spontanea e rilassata che ha garantito nel tempo una efficace
trasmissione orale di comportamenti e di valori.
La contrazione di questa modalità di frequentazione nella vita semplice e quotidiana della Contrada
sostituita da questa invasione operosa genera, soprattutto in coloro che sono vissuti e cresciuti in
una contrada diversa una vera e propria crisi di identità e di rapporti all’interno della Contrada.
Quante volte sentiamo la frase , non mi ci riconosco più…, non mi ci diverto più…, quante volte le
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generazioni vengono accusate di non essere state riferimenti per coloro che sono venuti dopo o
lamentano di non aver avuto riferimenti da coloro che le hanno precedute.
Si assiste al paradosso che coloro che hanno una maggiore memoria storica della Contrada legata al
loro vissuto personale o familiare sono quelli che vivono la Contrada più passivamente talvolta
anche con lunghi periodi di assenza mentre coloro che possiedono minor retroterra si impegnano di
più mettendosi in gioco più facilmente.
Talvolta è come se esistessero due contrade. con attitudini diverse modi di esprimersi diversi e con
scarsa capacità di comunicazione tra di loro .
Credo che anche dalla comprensione di queste dinamiche e dalle capacità di interpretarle possano
venire le risposte sul presente ed il futuro della Contrada.
SENIO SENSI – DIRETTORE DE “IL CARROCCIO” DI SIENA
Sento il dovere di ricordare e rendere omaggio ad un grande senese, recentemente scomparso, che
con i suoi studi, i suoi scritti, il suo lavoro tanto fece per la nostra città. Mi riferisco a Giulio Pepi:
carattere forte, orgoglioso, deciso e talvolta testardo (in senso benevolo) come lo siamo tanti di noi.
Molte volte ha scritto per il nostro bimestrale (Il Carroccio, ormai ultraventicinquenne) con una
prosa accesa, riconoscibile, logica e difficilmente contestabile. In un saggio pubblicato in allegato al
n. 80 del Marzo 1999, dal titolo “Siena, quale futuro”, scriveva:
“il mondo sociale non è tenuto insieme dal profitto, ma dalle forze della solidarietà, della pietà,
dell’amore, della generosità. Assistiamo ad una impressionante caduta dei valori che molto spesso
sono annientati con l’impatto del nulla, con la volgarità, l’isolamento, con gli affaristi e i
faccendieri. L’omologazione culturale è una vera e propria catastrofe per l’umanità che crea
emarginazioni; la globalizzazione tende a sopprimere qualsiasi diversità nazionale, etnica,
linguistica, culturale. Gli uomini crescono e muoiono in uno spazio siderale creato dai peggiori.
Tutti presi dall’invenzione del futuro, abbiamo dimenticato il passato”.
Parole ancor oggi illuminanti, molto vicine alla sostanza del dibattito odierno: stiamo dimenticando
il passato, come senesi e come contradaioli, o al massimo ce ne serviamo per orgogliose
rivendicazioni di autonomia, mentre dovremmo ricordarlo per perpetuare un modello di vita sociale
che ci ha differenziato, in positivo, dai cittadini di tanta altra parte del mondo.
Rischiamo di essere “globalizzati”, appunto, come tanti nostri avversari/invidiosi vorrebbero,
desiderando che le Contrade fossero l’ allegoria di loro stesse, di cosa sono state.
Si potrebbe allora dire: Cinquecento anni di storia, senza domani?, parafrasando il titolo di questo
primo incontro. Se non vogliamo che questo avvenga occorre mantenere ben fermi i tre capisaldi di
ogni comunità, di ogni “patria” piccola o grande che sia: popolo, sovranità, territorio.
Le nostre piccole “patrie” hanno sicuramente un popolo, in quasi tutte cresciuto – talvolta a
dismisura – negli ultimi tempi. E questa ipertrofia non sempre è un bene. Occorre essere popolo più
per qualità che per quantità, concetto questo che non è classista come potrebbe apparire, ma
delimita una appartenenza che deve nascere e crescere con lo spirito di contrada e non con il tifo da
stadio, magari espresso – male – solo nel momento del…derby (leggi durante il palio). La sovranità
è intesa come insieme dell’ordinamento normativo che regola la vita di ogni comunità. Qui le
Contrade sono positive avendo Statuti e Regolamenti illuminati, moderni ma legati al diritto antico.
E’ sull’elemento costitutivo “territorio” che si incentra l’incontro di oggi, inteso come sfera o
ambito dentro il quale si esercita l’ordinamento, e cioè il potere di ogni comunità, ma anche come
oggetto di utilizzazione da parte dei membri del popolo.
Questo è il punto: come i contradaioli utilizzano il proprio territorio, come e quanto lo rispettano,
come e quanto lo proteggono, non dalle corazzate avversarie armate fino ai denti come avvenuto
agli albori, ma da un uso irrispettoso e non dignitoso.
Questo “percorso di riflessione” che viene iniziato oggi è stato paragonato al “1^ incontro dibattito
– Contrade e territorio” che si tenne nell’Ottobre del 1978. Molti gli aspetti toccati nei tre giorni di
lavoro, ma l’interesse fu incentrato soprattutto sul problema dello spopolamento del centro storico e
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quindi del rischio di perdita del rapporto contradaioli-contrada, soprattutto per le Consorelle chiuse
nel cuore della città. Fu ancora Giulio Pepi, per conto di una commissione di studio, che fornì tre
proposte per la discussione: lasciare intatta quella situazione con il rischio di un ridimensionamento
forse esiziale per alcune Contrade; creare Contrade nuove nel suburbio; dividere la periferia più
immediata in zone di influenza da assegnare, pro quota, ad ogni consorella. Su questo punto il
dibattito andò avanti per anni e ci volle anche il pronunciamento in 17 assemblee, che avvenne nel
giugno del 1994, in base al quale, a maggioranza (12 a 5), fu deciso di soprassedere, ma,
unanimemente di non abbandonare l’argomento ritenuto, come ancora oggi, fondamentale.
Nell’attualità il problema non è più quello della dimensione dei territori; e nemmeno quello dei
confini. Alcuni contenziosi sono ancora aperti e forse non si chiuderanno mai. Il popolo frequenta la
Contrada; i protettori ci sono ed anche le risorse economiche, almeno fino ad oggi. Feste titolari
grandiose, con cento e più monturati, oratori e patrimonio storico- culturale ben tenuto, iniziative
ludiche e solidaristiche di grande livello. Giardini e musei bellissimi, Società spaziose ed eleganti
adeguate ai bisogni.
E’ l’utilizzazione dei rispettivi territori che necessita di un ripensamento urgente, di una revisione
culturale del modo di “stare in Contrada”, di proposte condivise che recuperino quei valori di cui
parlavo all’inizio, senza i quali non esiste la comunità Contrada ma un insieme di persone, che
talvolta poco si conoscono o non si conoscono affatto, che si ritrovano in un luogo dove si
socializza al pari di ogni altro posto: discoteca, stadio, feste di compleanno, vacanze.
Difendere il territorio vuol dire non abusarne, non considerarlo proprietà esclusiva e quindi non
accettare limitazioni di sorta, vuol dire rifiutare immissioni di soggetti disgreganti o, almeno, fornire
loro il bagaglio culturale necessario per capire e vivere armonicamente. Vuol dire non contaminarlo
con comportamenti, messi in atto da chi dice di amarlo, invasivi e irrispettosi. Vuol dire vigilare
affinché non si offendano i monumenti e il verde che, preziosi, vi risiedono; vuol dire collaborare
con i responsabili dell’ordine pubblico per un controllo adeguato ai bisogni che purtroppo sono
tanti, visto l’imbarbarimento generale dei costumi. NON vuol dire formare le “ronde” che
proteggano, magari con la forza, la Contrada dagli “invasori”. La nostra civiltà rifiuta tali forme e
non vale la pena nemmeno parlarne.
Ricreare cioè un insieme di norme scritte e non scritte rispettate da tutti: dirigenti, popolo della
Contrada ed esterni. Vuol dire scendere in Contrada e ritrovare la propria strada e il prolungamento
della propria casa. Senza nostalgia o retorica: basta con le frasi ormai prive di significato e valore,
del tipo: “come era bello quando si poteva lasciare la chiave nell’uscio”; altri tempi e poi ho il
sospetto che questo avvenisse perché in casa l’unico “bene” presente era…la miseria. E quella non
era asportabile, tutti la possedevano in buona quantità! Bisogna non privatizzare la Contrada, non
ritenerla “cosa propria”, ma bene non infinito da condividere con gli altri appartenenti a parità di
diritti e doveri. Non aspettare sempre di AVERE ma imparare l’altro verbo, ormai desueto: DARE.
Dare senza niente pretendere, dare per il piacere di dare, che poi è un dare a se stessi in quanto
membri di quella comunità che si vuol beneficiare.
Credo che incontri come questo abbiano il compito di fornire proposte concrete; solo analisi, anche
come la mia, rischiano di diventare poco più che discorsi rituali. Credo che il dibattito stia
maturando, e ancor più maturerà se questi momenti di riflessione si moltiplicheranno per poi fornire
all’organo di coordinamento, il Magistrato delle Contrade, elementi concreti, provenienti dalla base,
su cui costruire indirizzi comportamentali e norme di fatto cogenti.
In caso contrario, se proseguirà cioè il menefreghismo, l’indolenza, la superficialità, l’utilizzo
sfrenato e senza limiti del bene territorio/Contrada si potrà anche determinare una sorta di autogenocidio che avrà gravi ripercussioni nel nostro modo di vivere, per la nostra città e in definitiva
per la cultura in ambito ben più vasto che locale. L’ottimismo che ci proviene da cinque secoli di
storia esaltante ci fa dire che anche questa volta amore, intelligenza e passione forniranno la giusta
soluzione ai problemi che stiamo vivendo.
SILVIA CORBELLI – GIOVANE CONTRADAIOLA DELLA IMPERIALE CONTRADA DELLA GIRAFFA
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Per prima cosa voglio dire che partecipare a questo progetto, che ha iniziato il suo percorso nella
Contrada della Selva, è stata per me una bella ed interessante occasione di riflessione. Ho avuto
modo di confrontarmi non solo con altre realtà legate al territorio della mia città ma anche di
approfondire alcuni temi, come ad esempio il rapporto tra generazioni. Proprio quest’ultimo in
particolar modo mi ha arricchita poiché talvolta, forse per la giovane età, siamo portati a dare un
po’ tutto per scontato, anche i rapporti sociali più solidi che si vivono in Contrada.
La Contrada, come la conosco e la vivo oggi, è un po’ diversa rispetto a quella di alcuni anni fa, che
mi è stata raccontata e che mi ricordo. Si è, diciamo così, evoluta nel tempo. E’ cambiata in
generale, è anch’essa, sembra una frase fatta ma rende bene l’idea, figlia dei tempi. Basti pensare al
fatto che la società di oggi si basa più su contatti virtuali che umani. Mail, Facebook e Messenger
permettono di parlare e confrontarsi su ogni argomento e di farlo anche a grande distanza,
standosene comodamente a casa e questo, purtroppo, anche se pratico, mina e sminuisce al tempo
stesso il vero contatto umano.
Questo processo di trasformazione, anche per noi senesi che viviamo in una realtà un po’ più
“romantica”, ci coinvolge e ci travolge e questo vale sopratutto per noi più giovani che, magari, la
sera invece di andare in contrada per stare con gli amici, parliamo con gli stessi davanti ad un
computer senza uscire di casa.
Ho detto “stare con gli amici”, ecco questo secondo me apre il discorso più importante, ovvero il
rapporto tra generazioni. La sensazione che percepisco è che si tenda sempre di più a confrontarsi e
parlare con i coetanei, dando sempre meno importanza al rapporto con le generazioni che non sono
la nostra ed in particolar modo al rapporto con gli anziani della Contrada; non gli chiediamo quasi
più niente di quello che succedeva in Contrada un tempo e raramente chiediamo loro cosa ne
pensano dell’ attuale vita in Contrada, mentre sarebbe estremamente importante secondo me trovare
meccanismi d’incontro ed organizzare con loro attività volte ad un dialogo, che ci possa raccontare
di come loro vivevano un tempo il rione. Questo potrebbe aiutare tutti a riportare ogni cosa nella
giusta prospettiva.
Per quanto mi riguarda ogni volta che scendo le scale di Provenzano o mi affaccio su Via delle
Vergini, sento un forte senso di appartenenza, come se in qualche modo quelle vie fossero mie, mi
sento a casa. Questo credo sia dovuto al fatto che sono una di quelle persone che sin da piccola, pur
non avendo mai abitato nel rione, ha avuto l’opportunità, grazie alla mia mamma, di viverlo
ugualmente tutto l’anno ma lo spopolamento del centro storico, che oggi è sempre più evidente,
porta al rischio di un minor senso di appartenenza e conoscenza del territorio proprio di ogni
Contrada. A tal proposito potrebbero essere organizzate da ogni Consorella delle giornate di studio
del territorio, alle quali dovrebbero partecipare tutte le fasce di età, mirate alla conoscenza del rione
tramite aneddoti e racconti di coloro che hanno vissuto e giocato per quelle strade; così facendo si
rinnoverebbe quel senso d’ appartenenza ai Rioni, alle strade ai vicoli che sono parte integrante
della vita e dei ricordi di ogni contradaiolo.
Per finire credo che, se ben gestiti ed organizzati, i sottogruppi in cui ogni Contrada struttura il
proprio organigramma possano risultare degli ottimi veicoli di apprendimento; ritengo per esempio
che sia il Gruppo Piccoli che il Gruppo Giovani siano strutture importantissime, che favoriscono ed
aiutano l’integrazione. Esse creano infatti, l’opportunità, anche a chi per ovvi motivi in contrada
viene solo accompagnato, di frequentare per tutto l’anno il Rione, la Contrada, la Società,
stimolando quella confidenza con il territorio che poi sfocia in amore, attaccamento e soprattutto
memoria per quei luoghi. I giovani che si dedicano a queste attività sono, a tutti gli effetti, un buon
modello ed un ottimo strumento per trasmettere a tutti , anche a coloro che possono avere delle
difficoltà ad assimilare con proprietà ed appieno i veri valori della Contrada, un modo corretto per
viverla e rispettarla. Il fatto che spesso a guidare questi Gruppi ci siano delle persone giovani
comporta, da un lato un approccio facilitato verso figure più vicine alla fascia d’età dedicata, ma
dall’altro ritengo positiva anche la collaborazione di persone più adulte e, perché no, anche di
anziani, in modo da favorire l’integrazione tra generazioni e per avere l’opportunità d’ insegnare e
garantire quella dose di rispetto che è giusto ci sia verso i riferimenti storici più importanti della
Contrada che sono il nostro passato e grazie ai quali ci troviamo a vivere questo patrimonio
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culturale unico, che con il tempo rischiamo di rendere superficiale e di non considerare nella sua
giusta rilevanza.
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APERTURA DEL DIBATTITO
RINALDI FRANCESCO – VICARIO GENERALE DELLA CONTRADA DELLA SELVA
Con l’intervento di Cinzia Corbelli abbiamo terminato i contributi che erano stati inseriti nel
programma della serata e diamo inizio al dibattito aperto a tutti coloro che fra il pubblico sono
interessati a parlare.
Ad ora abbiamo già quattro persone che si sono segnate per fare il loro intervento e questo mi fa
molto piacere. Ora le chiamerò uno per volta a parlare e chiedo la cortesia di rimanere, specialmente
se ci fossero altri interventi, in un tempo contenuto sui 5-7 minuti ma, soprattutto cerchiamo di
restare il più possibile focalizzati sul tema. Un tema che ha ricevuto notevoli spunti dagl’interventi
che ci sono stati e che a miao avviso, volendo cogliere un aspetto più simbolico che li raccoglie un
po’ tutti, possiamo prendere spunto da una frase che ha detto Senio Sensi: visto che c’è questa
enorme dilatazione di partecipazione alla vita delle contrade, bisogna sviluppare di nuovo
maggiormente il senso del dare alla contrada, piuttosto che il pretendere, il volere essere serviti, in
qualche modo come se si fosse in un ristorante o in un bar, dove si va per consumare.
Anna Carli, che vedo qui in sala, ha pubblicato un bellissimo articolo su “Il Carroccio” con il titolo
“I contradaioli del fare”, e credo che su questa linea potremo ricostruire insieme un modello di
civitas, che vedrà le contrade sempre più nel ruolo di artefici innovatori.
A questo punto chiamo a parlare il primo dei relatori iscritti: Luca Giannini, della Contrada del
Bruco.
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LUCA GIANNINI – NOBILE CONTRADA DEL BRUCO
Sarò brevissimo, ma mi sembra necessario e doveroso fare una puntualizzazione, perché credo che
correggere un errore primigenio possa poi permettere di vedere le cose nella prospettiva più
corretta.
Condividendo in larghissima parte le considerazioni fatte negli interventi precedenti, qui mi voglio
soffermare su due affermazioni. La prima è che l’urbanistica è in qualche modo responsabile di una
degenerazione del tessuto sociale della città, e la seconda, che questa ha portato come primaria
conseguenza lo spopolamento della città..
Io voglio solo introdurre due elementi di riflessione, negando queste due affermazioni, che ritengo
non corrette.
La prima che attribuisce all’urbanistica la causa del fenomeno è, permettetemi, un errore largamente
diffuso, che credo debba essere riconsiderato.
L’urbanistica segue le esigenze del mondo reale, segue le esigenze del mercato, accoglie le istanze
delle forze sociali, delle forze economiche, che rappresentano la parte viva di un tessuto connettivo
di una città, in sostanza, non è l’urbanistica che guida i processi, tutt’al più da loro forma.
Ed è importante ricordare che anche la forma che la città ha assunto negli anni è il prodotto di scelte
scientifiche o accademiche, ma è la forma più aderente ad una società che per risolvere un problema
complesso ha ritenuto corretto dividerlo in parti e risolvere ciascuna parte senza considerare le altre,
per risolvere problemi complessi è stata prodotta una parcellizzazione delle risposte.
Noi abbiamo trasformato una città complessa in una città che vive per parti.
Una città in cui c’è una parte dove si va a fare la spesa, una parte in cui si va a lavorare, una parte in
cui si va a trascorrere il tempo libero.
Purtroppo per la maggior parte dei senesi che abitavano dentro la città questo è ciò che rimane la
funzione determinante della contrada.
E questo è ciò che provoca le conseguenze di cui molto si è parlato stasera. Questo elemento ha
portato sì lo spopolamento del centro storico, ma lo spopolamento da parte di quei cittadini residenti
che hanno, liberamente o non liberamente ha poco significato, finito per uscire dal centro storico. E
non è vero che il centro storico è spopolato, perché abbiamo dentro il centro storico un numero
enorme di abitanti, che sono abitanti temporanei.
Perché noi abbiamo le case non sfitte, anche quelle che risultano all’ISTAT come vuote, noi
sappiamo tutti essere occupate, in forma corretta o non corretta, da altre componenti sociali, gli
studenti in primo luogo.
Allora mi soffermo su questo e vado a chiudere, perché voglio segnalare che se oggi noi
perorassimo una politica di reingresso della popolazione composta da quelli che ora stanno
all’Acqua Calda, al Petriccio, a San Miniato e così via, produrremmo o l’esplosione di questo
tessuto o un bando in cui partecipano in otto, rispetto ai cinquantaquattromila abitanti che conta il
comune di Siena.
Il problema è che la struttura urbana non è adatta alla filiera, al ciclo vitale di una famiglia dei nostri
giorni, di una famiglia che fa la spesa al supermercato, che manda i figli all’università, che si sposta
continuamente con l’auto per portare i figli a fare sport o in… contrada. Perché anche questo è un
meccanismo che funziona.
Credo che forse dobbiamo fare una riflessione di riapertura di questa nostra considerazione,
pensando un po’ meno a noi stessi – perché ci guardiamo sempre solo e soltanto dentro di noi – e
dovremmo fare uno sforzo per guardare fuori, per guardare gli altri che in questo momento abitano
la città. Forse più di quanto non fanno i nostri contradaioli.
Questo vuol dire che forse occorre fare una riflessione per possibili percorsi di accoglienza, di
riapertura, di trasporto dei valori e di contaminazione di quella popolazione che non se ne è andata
dal nostro centro storico, ma che è solo diversa da quella che c’era venticinque o trenta anni fa e che
non conosciamo.
Io credo che un meccanismo di apertura della contrada alla conoscenza del diverso, sia una delle
capacità che la contrada, se è vero che ha i valori che qui sono stati ricordati e che io condivido in
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pieno, come il rispetto, l’attenzione per l’altro, sia un percorso che diventa quasi obbligato, se non
vogliamo occuparci di sicurezza. Come se la contrada non fosse già sicura di per sé, se gli abitanti
che ci stanno sentissero quel territorio come proprio.
FRANCESCO RINALDI
Grazie a Luca Giannini che ha introdotto, per la verità, un tema piuttosto delicato.
Un tema che sicuramente ci porterà a fare riflessioni anche in futuro, perché questo aspetto di una
popolazione “migrata” all’interno delle mura e che noi non riusciamo a coinvolgere in qualche
modo nelle contrade, forse è uno degli aspetti che, come ha detto bene lui, va ad influire sul senso di
sicurezza, sulla convivenza all’interno dei rioni. E’ la non conoscenza del diverso.
FRANCO FONTANI – IMPERIALE CONTRADA DELLA GIRAFFA
Sarò brevissimo, ma siccome quando vidi apparire per la prima volta la notizia sui giornali – mi
sembra il Corriere, quando vidi il primo articolo ero per il corso e se qualcuno mi vide mi prese per
matto, perché dissi “finalmente! “. Dopo trentadue anni, dopo il Congressone, in questa città si
riparla di contrade, si riparla di problemi nostri.
Io ho scritto anche di recente un articolo per il giornalino della mia contrada e non fo’ pari a trovare
gente della mia età, che se si parla di Palio si parla sempre degli stessi argomenti e siamo tutti
d’accordo, poi li ritrovo dirigenti in qualche contrada e non succede niente.
Qui o ci si mette in mente di fare qualche cosa di concreto o si va poco lontano. Stasera l’impronta
mi piace, perché avevo sentito nelle due trasmissioni di preparazione organizzate da Senio Sensi un
po’ troppo parlare del passato e la dietrologia è l’errore più grosso che si può fare quando si
affrontano problemi come questi a distanza di tanti anni. Perché si finisce per piangersi addosso, ad
analizzare l’analisi delle analisi e non si arriva a niente.
Qui se si vuole fare qualcosa bisogna partire con proposte concrete; quindi giusta l’impronta, e
l’intervento precedente secondo me è stato molto concreto.
Il territorio è oramai definito, il Comune ha fatto alcune cose, si potrà fare qualche altra cosa
recuperando qualche appartamento, qualche contrada sarà più avvantaggiata perché avrà qualche
appartamento in più da dare, ma il territorio resterà questo, i negozi resteranno questi, anzi per le
persone più anziane sarà sempre peggio, perché ad una anziano che oggi gli si rompe un vetro dovrà
andare in Cerchiaia. Ma ci se ne rende conto?
Quindi questo è un problema che c’è e rimarrà, per cui noi bisogna agire sulle persone, perché il
lato umano della contrada è quello più importante. Oggi le contrade sono esasperate, nelle contrade
si vive come nei partiti politici:- o siamo al mestolo o siamo contro – e questo è un clima che non va
bene. Quello è contro quell’altro, in quella commissione c’è tizio e allora non c’entro io, insomma
si vive così.
Le persone di fuori……il mio priore mi sta guardando, perché io sono un ricercatore di giraffini,
come c’era Diogene,. Allora io cerco i giraffini e ne trovo tanti che mi dicono: ma io che ci vengo a
fare ? Quando vengo in contrada mi guardano come un alieno. Questo è il problema.
Noi bisogna recuperare l’aspetto umano della contrada, sentirsi una famiglia, e in questo i priori
hanno il ruolo più importante.
S’è voluto il priore popolare certo, che sta a cena, in cucina…ma deve avere la sua autorità, si deve
far rispettare e deve riportare i contradaioli nella contrada ed evitare che ci siano le cremerie, perché ci sono anche queste, gente che si sente …., il gruppettino che è ganzo, che si sentono i
folosi, che sono tutto loro e gli altri non sono niente. Diciamo le cose come stanno , siamo a Siena
se no si può andare a parlare a Firenze.
Questo è il problema: riportiamo un sano spirito in contrada, ricominciamo ad andarci di nuovo
volentieri. Io sto in Piazza Provengano, ma non vi nego che delle sere mi pesa scendere in contrada.
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e l’ho a cinquanta metri. Perché ? Perché magari non c’è niente da fare, perché se devo andare lì a
sentire due pettegolezzi o due cose inutili, non mi sta bene.
La contrada deve ritornare ad essere quello che era il più possibile.
Le persone di fuori si guardano spesso come degli alieni: “ma guada quello! Da dove è venuto?”
Quello, se è venuto ed ha scelto quella contrada non gli puoi dare un calcio, ma devi cercare di
renderlo più vicino al tuo modo di pensare. Questo è il lavoro che si deve fare.
Il territorio resterà sempre quello; magari potrà chiudere qualche altra bottega e ne sono sparite
tante, ma il territorio e quello. La contrada, invece la contrada la vivono le persone e le persone
devono fare il possibile per riportarla ad essere più vicina a come era prima, quando ci si conosceva,
quando passavi e c’era quello che alla finestra ti salutava.. questo purtroppo non succede più.
Grazie.
FRANCESCO RINALDI
Grazie mille, Franco, hai toccato, rafforzandoli, anche alcuni concetti che prima Luca aveva avviato
a porre alla nostra attenzione.
Credo che questo aspetto di sentire la positività della vita di contrada vada riconquistato sul fare, sul
progettare, sul riuscire a mettere in moto dei processi che consentano anche a coloro che, per motivi
di lavoro, per motivi di residenzialità vivono più distanti dalla contrada di non sentirsi, quando
vengono lì, come delle persone che ogni volta devono rifare l’esame del sangue per vedere se sono
contradaioli veri o non lo sono.
Probabilmente se riusciamo a dare un dinamismo diverso al nostro modo di stare in contrada, queste
persone incominceranno ad essere più facilmente inserite nel tessuto contradaiolo e, quindi, a dare il
loro contributo.
ROMOLO SEMPLICI – CONTRADA DEL LEOCORNO
Un breve intervento. Io faccio parte di un’associazione culturale “Pietra Serena” e più volte ci
siamo espressi su questi argomenti; abbiamo inviato alla stampa e al Magistrato stesso le nostre
riflessioni, i nostri documenti sul mondo delle contrade. Da cinque anni mandiamo questi
documenti e non abbiamo mai avuto risposta. Forse non abbiamo lo spessore o gli sponsor giusti
per creare un movimento e finalmente ora penso che qualcosa piano piano si stia consolidando .
L’importante , come ho sentito negli altri interventi, è che queste discussioni come ho sentito anche
nel Bruco, molto piacevoli si trasformino in fatti. Questo non è pessimismo ma una speranza,
perché non è facile condensare tutti i propositi e non è facile anche perché sento dire che bisogna
adeguarsi ai tempi; c’è questa frase un po’ fatta, che sembra impossibile non adeguarsi. Io invece
ho questa idea che le contrade e Siena si possono differenziare da questo mondo globale; tutto quel
valore che ci diamo, se siamo diversi, se siamo migliori - e io lo penso, come spero lo pensiate tutti
voi – dobbiamo fermare un po’ il tempo, dobbiamo tornare indietro e fare due filoni, secondo me.
Cerco di essere breve anche se non è facile condensare le cose in cinque minuti. Comunque questo è
un inizio e spero di poter partecipare anche ad altre riunioni o ad altre sessioni di lavoro, e questa è
una decisione che prenderà chi lo dovrà.
Secondo me ci sono due filoni: il primo è quello del rapporto interno fra le contrade ed il secondo
del rapporto con le istituzioni.
Su quello del rapporto fra le contrade, stasera ci sono state delle belle riflessioni L’amico Pacciani
del Bruco è una persona che io stimo tanto ha iniziato questo percorso, ha detto delle cose forti. Il
modo di tanti giovani di vivere la contrada è tale che anche io non mi ci riconosco. La contrada non
può pensare che c’è solo il palio, non può impegnare milioni nel palio e trascurare le sedi, trascurare
la solidarietà e trascurare il modo in cui la società era nata, vale a dire di praticare il mutuo soccorso
tra la gente, creare delle isole per far giocare i bambini, per attirarli in contrada, per dare impulso a
quello che era, secondo me, il vero senso della contrada.
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Perché questo voler impegnare tutto nel Palio ha fatto diventare nababbi delle persone e ha fatto
fare prestiti per il pagamento per il Palio,allora ragioniamoci e vediamo se siamo realistici o se
pure tutto questo ci ha portato alla deriva. Questo è un primo argomento che le contrade tra sé
dovranno un po’ chiarirselo., anche perché, sebbene io sia un fautore dell’indipendenza di ogni
contrada, in questo momento penso che si debba essere realistici. Penso che ci debba essere un
accordo per rispettare certi vincoli che le contrade si debbono mettere da sole, per guardare tutte
insieme al futuro di questo Palio, perché è cambiato un po’ il mondo.
E’ cambiato in tante cose, è cambiato nelle legislazioni, nella vita della città, nei rapporti con i
media; c’è tante situazioni in cui la contrada a dire “fo’ come mi pare” , ed io sono uno di quelli che
è su questa linea, purtroppo capisco che diventa difficile.
Le contrade tra sé devono trovare dei modi di vivere, di confrontarsi e di rispettare le decisioni che
verranno prese a maggioranza o in altro modo. Devono essere trovati dei modi per portare avanti un
progetto comune, un progetto forte per ritornare ad essere quelle che io ho conosciuto. Poi c’è
qualcuno che dice che prima erano anche peggio; può darsi, ma io ho fortunatamente vissuto il
periodo degli anni settanta e ottanta in cui mi sono divertito tanto e vedo che i giovani di oggi si
divertono in un altro modo, non dico di meno o di più ma in un altro modo che non era il nostro.
Poi c’è un altro problema , quello del rapporto con le istituzioni . Mi dispiace dirlo il comune usa le
contrade un po’ come soprammobile, per i ricevimenti, il Monte dei Paschi, la Fondazione.
Poi nel piano strutturale ad esempio c’è stato un primo approccio alle contrade, che si fa che non si
fa e poi non è stato fatto più niente. Un incontro per dirci che si sarebbero sentite e poi non si sono
sentite mai; si sono sentiti tutti meno che le contrade.
Il recupero dei rioni, il ripopolamento – sono del tutto in disaccordo con chi mi ha preceduto – è un
sistema sbagliato di gestire la città, che ci ha portato a questa situazione.. Fossero stati fatti dei
campus o delle residenze universitarie, fosse stato gestito meglio il flusso dello straniero, secondo
me si sarebbe potuto ovviare al sistema che c’è ora.
Mi rendo conto che personalizzo, ma contrade come la mia, dove al più tardi sabato ho rischiato di
essere coinvolto in una rissa perché c’era un vero blocco stradale, la gente non si sposta, mi blocca
la macchina e mi viene colpita la macchina e mi ci rovesciano la birra. Se questo è vivere civile in
una contrada, se questo una persona di oltre cinquanta anni lo deve accettare perché cambia il
mondo e bisogna aprire anche a questi le contrade, io sono completamente in disaccordo. Per carità,
le contrade devono essere ben educate, rispettose di tutti ma io prima, mi dispiace dirlo, guardo ai
miei contradaioli, dopo di che si guarderà anche agli altri..
Prima portiamo la contrada ad un livello di frequentazione, diamo più permessi perché per una
contrada come il Liocorno d’inverno per arrivare in Pantaneto è un problema con la macchina.
Il Comune però ci dice che più di tanti permessi non ce li possono dare e posso anche capirlo per
certi aspetti, ma le istituzioni devono fare il loro ruolo per favorire la cosa. Perché questa città ha
bisogno del rapporto con le istituzioni, come il Monte dei Paschi o la Fondazione per impegnare i
soldi. Per un progetto di ripopolamento. Noi avevamo fatto come associazione un progetto ma ora
parlare di soldi con la Fondazione, quando si sa tutti a che livello siamo arrivati…comunque
potrebbe essere una cosa per il futuro. Quindi .tante cose si possono fare.
Io non accetto di sentir dire che bisogna adeguarsi ai tempi, che questa è la realtà o bere o affogare;
siamo questi e non si migliora.
Noi dobbiamo recuperare, dobbiamo migliorare perché la contrada non è solo il Palio, non sono
quei quattro giorni ma è tutto l’anno; è u ‘amicizia, è una conoscenza che ora in parecchi abbiamo
perso
Ora un’ultima digressione, una provocazione un po’ politica: io non so a che si riferiva l’assessore
quando diceva della sicurezza, perché purtroppo si sono viste donne, ragazze di contrada molestate
per la strada, specialmente in una zona purtroppo come la nostra. Noi alla sicurezza ci guardiamo
molto, ma guardiamo anche al Monte dei Paschi,. Siamo i primi a guardarlo ed a fargli le pulci,
siamo anche gli unici perché quando parlo di queste cose mi danno del “gufo” e dare del gufo a me
mi sembra anche un controsenso.
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Questa città ha visto l’involuzione di due istituzioni quali sono l’Università ed il Monte dei Paschi
ed io spero che il Palio abbia degli anticorpi molto più grossi per combattere questa deriva. Bisogna
però che questa città questi problemi li capisca, li dica, abbia il coraggio di esporsi e si faccia
promotrice di una iniziativa che non finisca qui ma, dopo le belle parole, si passi ai fatti
concretamente.
MORENO NERI – NOBILE CONTRADA DEL BRUCO
“La contrada e il suo territorio” è il punto centrale del documento e sottolineo questo perché la
realtà di oggi ci consegna una contrada che non ha più il suo territorio, nel senso più autentico di
tessuto urbano, popolare, rionale, mentre invece 40 anni fa questo esisteva ancora, anche se magari
erano gli ultimi scampoli.
C'è stato un graduale e costante svuotamento da ogni rione fino all'esodo compiuto adesso. Ci
rimane, quale buon esempio di gestione contradaiola, qualche immobile/abitazione, consegnato con
bandi e regolamenti equi e di carattere solidale, a famiglie di contradaioli, che per condizioni
proprie di difficoltà, e anche per comportamenti meritori, hanno potuto godere e godono di un
affitto più che equo e, direi, giusto.
Mi domando, allora, cosa abbiamo fatto in questo scorcio di fine secolo e d'inizio del nuovo,
quando le abitazioni venivano gradualmente “requisite” dai potenti della città (sia famiglie danarose
che istituzioni/enti), soddisfacendo l'esigenza di fare parecchi soldi rispetto alla domanda fortissima
che proveniva dagli studenti universitari fuori sede e da quell'altra, che ha la stessa matrice
speculativa, di investire per lucrare e rivendere nel giro di qualche anno a 100 quello che si era
pagato 20 o 30. E allora mi domando, ancora, c'è stato un freno, è successa un'azione congiunta fra
le Contrade, la civica amministrazione, ed ogni soggetto preposto (in ruoli finanziari, politici e
governativi fondamentali) che doveva porsi la questione in un dibattito serio di ciò che andava
inesorabilmente degradandosi, cioè appunto il nostro territorio?
La risposta è nella coscienza di chi doveva fare e non ha fatto, di chi poteva ed ha semplicemente
ignorato. Tutto questo era ieri. E invece oggi?, mi domando... si perché forse il titolo del convegno
sarebbe da correggere! Come si fa a parlare del domani se invece non ripensiamo bene il nostro
presente? Da tali considerazioni penso che derivi la contrada attuale. Com'è??? Direi molto
“istituzionale”, assai strutturata, (aziendalista?!), vissuta in commissioni e sottocommissioni, in
codici comportamentali e statuti rivisti e ancora rivisti e magari, in qualche caso, persino stravolti o
quasi. E poi in eventi, in qualcosa insomma che è sempre organizzato, e inoltre qualche assemblea,
qualche seggio, le cariche da rinnovare e le discussioni infinite che le precedono, che dicono tutto e
il giorno dopo il contrario di tutto; la sedia, i maggiorenti.
E ancora, la “grande organizzazione della cena della prova generale”, (e le solite domande: quanti
siamo? chi sono gli Ospiti? e per i tavoli si fa allo stesso modo o no? e il tavolo della Signoria è
aumentato o diminuito?) e poi la frase che precede e conclude ogni “progetto di manifestazione”,
ma quant'è l'incasso? ...e io invece aggiungerei: ma quanto costa per il contradaiolo e per la sua
famiglia?
Infine c'è quale sintesi suprema e mirabile del fare contrada oggi la più celebre delle frasi: quanto
facciamo di sottoscrizione a questo Palio? oppure esiste anche la versione peggiore quella,
diciamocela, “maldicente” e cioè: ma lui (o quello o quelli) quanto hanno sottoscritto? E tutto
questo perché la Contrada non esiste più nella sua vera accezione storica e accanto al territorio,
senza più una fisionomia rionale, è mancato e manca una semplice quotidianità di viverla tra amici,
è mancato e manca spesso una ritualità fatta di reale appartenenza, di sentimenti condivisi, di
testimonianza, di “riconoscimento incondizionato dell'altro” di ogni generazione e di ogni
riferimento sociale, semplicemente perché è un contradaiolo come TE che faccia 10 o 100, che dia
10 o 100!
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Abbiamo allora zeppato la Contrada di Eventi, di appuntamenti, di aggregazioni le più disparate in
10, 100 gruppi e commissioni. Perché? Perché semplicemente ritenevamo e riteniamo che fosse e
sia la strada migliore, quella sostitutiva alla perdita d'identità attuale.
Avremmo potuto e dovuto fare meglio, credo; anziché badare molto alla quantità, ai grandi numeri
(e il riferimento non è casuale e limitato!) e ad inventare ed inventarci sempre e per forza qualcosa
di nuovo o chissacché, con risvolti non sempre positivi e attinenti al sentimento di Contrada.
Volevamo rivivere il rione, il nostro spazio di appartenenza di cui si è tanto scritto e detto, e così
oggi abbiamo inteso riempirlo di persone e di cose, per attirare ciò che non è possibile catturare con
la furbizia o la superficialità, vale a dire recuperare qualcosa di semplice che sta magari dietro
l'angolo e per questo non vediamo. Ci vorrebbe, senza presunzione, una nuova idea comune di
“stare in contrada” anche in modo semplice, per il gusto di ritrovarsi e bere insieme e re-imparare a
cantare. .Magari questo succederà, e qualche rara volta davvero succede, in una sera, in una nottata,
dove in società non ci saranno cartelli o tazebao che comunicano l'“evento” di turno.
Sul Corriere di Siena del 25 marzo (a firma di Susanna Guarino) ho letto un articolo interessante
(garbato) intitolato “barbone dorme in pieno centro “che mi ha dato spunti di riflessione.
Il nostro territorio gode di spazi unici e di una bellezza tale che nemmeno lo scempio morale di oggi
(no nel senso “bigotto” del termine ma in quello profondo della perdita di identità) e quello
urbanistico (nel senso più attinente alla perdita fisica e dunque all''abbandono del territorio/rione)
hanno saputo totalmente annientare.
E allora mi viene da pensare come quel “barbone” , da tempo rifugiato nella nicchia di un costone
degli Orbachi, per necessità e per sua disgrazia, abbia saputo interpretare, lui forestiero e
mendicante, in modo assolutamente autentico e non mediato il valore fondante di questa città e cioè
il sentimento dell'accoglienza assieme a quello della bellezza.
In un “...giaciglio” fatto di cartoni, di copertacce e magari anche dei nostri rifiuti e dei resti di
un’ultima vittoria, quel barbone viveva in una dimensione ancora umana e coerente alla
città,nonostante tutto.
Ripartiamo da queste considerazioni senza l' enfasi di un ordine illusorio e virtuale che appartiene
più ai nostri difetti e alle nostre coscienze. Riconoscendo, come detto in apertura, che il
territorio/rione classicamente inteso non esiste più; allora ripensiamolo, per i margini che ancora
rimangono, senza grandi progetti senza proclami senza una retorica autoreferenzialità di cui siamo
tanto capaci, ma semplicemente dentro ognuno di noi, con le nostre buone sensibilità e le nostre
buone consuetudini rimaste, e quelle ancora possibili da recuperare.
L'ordine che si dovrà fare è quello dentro noi stessi, dove non c'è differenza sostanziale tra
contradaiolo, protettore, consigliere di seggio e maggiorente, e dove la titolarità e l'appartenenza del
territorio e dei nostri simboli, in ogni senso anche ideale , saranno meglio comprese e, dunque,
reciprocamente condivise e responsabilmente riconosciute.
FRANCESCO RINALDI
Grazie a Moreno che, con la passione che sempre lo contraddistingue, ci ha fatto un’analisi, in
alcuni momenti anche spietata di quella che è la sua visione della realtà che sta sotto gli occhi di
tutti e l’ha proposta alla riflessione di tutti i presenti.
Tenete conto che Moreno era in commissione, per cui immaginate quanto in questa commissione
abbiamo riflettuto e dibattuto, tenuto conto che venivamo tutti da esperienze, da visioni che
osservavano i problemi sotto angolature diverse.
Questa è stata una grande ricchezza che ci ha permesso di andare avanti con creatività.
CARLO AVETTA – NOBILE CONTRADA DELBRUCO
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Il mio intervento nasce da una riflessione sulle proposte concrete che possono farsi per stimolare la
vita in contrada, rivitalizzandola in un’ottica rivolta non solo alla salvaguardia dei valori tradizionali
ma cercando possibili futuri spunti di aggregazione con una particolare attenzione rivolta ai giovani.
La riflessione si riferisce al fatto che tra 8 anni Siena, nel 2019, potrebbe divenire la capitale
europea della cultura. Tale auspicabile ipotesi rappresenta uno spunto significativo in direzione
dell’ottica di cui appena detto. 8 anni sembrano molti ma considerando le fasi delle scadenze
operative, il tempo si riduce di molto.
Il progetto per il riconoscimento del ruolo di capitale deve infatti essere presentato dalle città
italiane che intendono partecipare rispondendo ad un bando europeo. Questo sarà pubblicato fra due
anni, e sappiamo da ora che la procedura fissa al 2014 la data della presentazione della richiesta
consistente in un progetto completo. Entro un paio d’anni bisogna quindi avere idee abbastanza
chiare su come affrontare la candidatura e la stesura del progetto già valutato e definito nelle sue
linee.
Entrando nel merito del possibile progetto parto dal legame che unisce una città come Siena alle sue
contrade. E’ evidente che detto legame si basa sul patrimonio rappresentato dalla storia vissuta
come valore evolutosi progressivamente nell’ottica contradaiola: principio socio-culturale
rappresentato dalla storia e dalla evoluzione nel tempo di un rapporto con la città che parte dalle
esigenze dei cittadini. Accanto alla cultura propriamente detta, rivolta a fenomeni di eccellenza
come mostre ed eventi di alto livello, perdura a Siena una salvaguardia quotidiana dei valori
spontanei e popolari, che vedono da sempre l’attiva partecipazione di molto popolo nelle 17
contrade.
Si tratta, in altre parole di un dialogo e di una partecipazione legati alla propria storia insito nel
carattere di Siena. Questo non avviene solo qui ma, dove più e dove meno e sempre sotto forme
diverse, in tutti i paesi europei, perché risponde ad una esigenza di vita collettiva spontanea
espressione, ovunque, di radici storiche vissute, fortunatamente ancora oggi, come matrice
culturale.
Da tale situazione può nascere un dialogo tra Siena ed altre realtà geograficamente e storicamente
diverse, che può coinvolgere giovani contradaioli interessati a forme di comunicazione che aiutino a
mantenere viva la propria esperienza, coinvolgendo al tempo stesso altri giovani portatori di una
analoga esperienza che, anche se non espressa da un palio, viene comunque vissuta come valore
culturale.
Il Palio è una realtà unica che esprime il culmine dell’esperienza contradaiola. Ma mentre tutti in
Europa conoscono il palio come una corsa di cavalli ben pochi comprendono come ciò si leghi alla
vita di contrada. In molti casi non hanno neppure un’idea di che cosa sia la contrada anche se hanno
partecipato e vissuto fisicamente una carriera come spettatori.
Allargare tale base di conoscenza può essere molto stimolante e può rendere i giovani parte attiva in
un dialogo che può portarli ad un interscambio con altri paesi alla scoperta di punti di contatto
analoghi. Ciò avviene in parte già oggi quando gli studenti senesi utilizzano l’Erasmus per vivere al
di fuori degli schemi nazionali una esperienza europea. Si può però allargare l’interscambio che
caratterizza il successo delle esperienze Erasmus aprendolo ad un pubblico molto più vasto, non
limitato alla cultura universitaria del singolo ma basato su forme di conoscenza allargata che
partano dai valori della contrada intesi come elemento di dialogo culturale.
Approfondire come ciò sia realizzabile può essere il motore di un rinnovato interesse contradaiolo
in vista delle opzioni che una capitale della cultura mette a disposizione dei suoi cittadini e dei suoi
ospiti; un interesse nuovo a livello locale ed un valore aggiunto alla portata di tutti gli europei.
Il coinvolgimento di molti giovani in questa attività di reciproca conoscenza offrirebbe momenti di
contatto programmabile in un’ottica contradaiola e sarebbe un’indubbia pedina vincente sulla
scacchiera europea della valutazione comunitaria per l’assegnazione del ruolo di capitale della
cultura.
So per esperienza diretta che la visione europea della cultura è più portata a valorizzare il
coinvolgimento culturale dei molti più che la presentazione di eventi eccezionali rivolti dapprima
agli specialisti. E’ una visione nordica della cultura, spiegata dal fatto che il nord europeo pur
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essendo meno ricco di emergenze patrimoniali non per questo è meno interessato al dialogo rivolto
al patrimonio socio-culturale.
Le contrade di Siena dispongono delle competenze, dei mezzi e delle persone in grado di attivare
questo tipo di dialogo: E necessario studiare dapprima come avviarlo. Se si farà un lavoro
sufficientemente approfondito la risposta verrà da sola in quanto gli orizzonti giovanili si rivolgono
naturalmente alla ricerca di nuovi spazi entro cui portare la propria esperienza. Tali spazi sono
caratterizzati oggi da una continua evoluzione della comunicazione che dispone di mezzi un tempo
impensabili oggi alla portata di chiunque utilizzi le tecnologie informatiche. L’incidenza di tali
mezzi è stato oggi ripetutamente ricordato, anche sotto il suo aspetto negativo. Si tratta ora di
coglierne l’aspetto positivo e credo che ciò si possa fare nell’ottica che ho esposto.
Dicevo all’inizio che il tempo a disposizione non è poi così lungo perché le realtà europee
disponibili a tale discorso esistono ma non è così immediato individuarle aprendo poi un dialogo
che comporta un indubbio impegno.
PAOLO FALDONI – CONTRADA DELLA TORRE
Non ho preparato niente come è mio costume, ho soltanto preso dei brevissimi appunti.
Vorrei ringraziare il Dottor Sensi per aver ricordato la figura del Dottor Giulio Pepi. Sono stato il
primo a battere le mani, perché ritengo che una persona come lui meriti il più grande rispetto. E’
stato uno dei più grandi senesi dell’ultimo secolo.
Esprimo dei giudizi che potranno non essere condivisi, me ne assumo la responsabilità,
Sono arrivato in ritardo ed ho perso qualcosa, ma ho sentito la relazione del Retore del Bruco che
ritengo condivisibile, mentre non sono assolutamente d’accordo con il primo contradaiolo del Bruco
e non sto ad enumerare i motivi.
Io sono assolutamente contrario ai motivi che lui ritiene giusto portare avanti. Se un giorno ci sarà
la possibilità di parlare più ampiamente di queste cose io non mi tiro certo indietro perché queste
cose mi piacciono.
Approvo quello che ha detto Romolo Semplici; non sono d’accordo sul fatto che le ronde siano cose
negative, anche perché se si parla di ronde ci si domanda: ma le ronde che ci stanno a fare?
Ma un gruppo di cittadini che frequentano la contrada e che la sera possono liberamente girare e , se
notando qualcosa avvertono chi di dovere, credo sarebbe la cosa più logica. Tra l’altro questo a
Siena è sempre stato fatto, non è una cosa nuova; un gruppo di cittadini che vede che c’è qualcuno
che fa delle cose che non dovrebbe fare ha sempre avvertito.
Ora magari c’è un altro problema, c’è il menefreghismo; ognuno ha paura, non vuole farsi vedere,
ha paura di ritorsioni ed ecco che allora la ronda, in senso positivo non c’è più. Ma perché non c’è
più? Per un motivo molto semplice: perché mancano i contradaioli.
Ho sentito dall’ultimo intervento che il Palio è conosciuto ma le Contrade no. Io per esperienza
posso dire che è assolutamente vero, tanto è che il mio scopo come guida non è quello di spiegare il
Palio, ma quello di spiegare la contrada. Perché se noi si capisce la contrada, se si fa in modo che
essa sia forte e resistente il Palio è vivo, se invece si vuole che a Siena ci siano degli attori, pagati o
non pagati, allora mi vergogno di quello che è successo con l’ultimo film sul Palio, cioè il Palio del
film.
Cioè gente pagata per svolgere un ruolo che secondo me era assolutamente assurdo. Ma soltanto il
poter pensare che te mi paghi perché io sia contento e sventoli il mio fazzoletto, la cosa mi ha fatto
rabbrividire.
Io sono per carattere ottimista; da quel momento il mio carattere ha incominciato a cedere.
La proposta concreta; non mi ricordo chi l’ha detto, forse il moderatore..
Io ho una proposta concreta e l’ho già fatta varie volte, ma si glissa,. Vorrei poter chiedere a voi
tutti: ritenete giusto che il comune abbia (credo sia ancora in vigore, se non lo è tanto meglio) abbia
dato uno sgravio fiscale a chi affitta il proprio appartamento agli studenti, mentre la stessa cosa non
accade a chi affitta ad una famiglia?
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Questa la trovo la cosa più scandalosa che ci possa essere.
Si dice che non c’è più la contrada, che sono voluti andare fuori. Vorrei poter andare nei bar, nei
ristoranti, nelle scuole, nelle abitazioni e dire: ma te che stai all’Acqua Calda, se tu avessi la
possibilità torneresti in centro? Sono certo – perché ho fatto questa esperienza che mi direbbero di
si.
Allora quello che io chiedo alle autorità, ai cittadini, ai contradaioli è questo: facciamo in modo che
questa vergogna dell’ICI sia cambiata, che ci sia uno sgravio fiscale a chi affitta alle famiglie e ci
sia un aumento stratosferico a chi affitta agli studenti e sia compito dell’Università di fare il
campus. Se ne parlava negli anni sessanta e ancora non è stato fatto niente.
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INTERVENTI CONCLUSIVI
RINALDI FRANCESCO – VICARIO GENERALE DELLA CONTRADA DELLA SELVA
Visto che non ci sono altre persone iscritte a parlare, direi che possiamo incominciare a tirare le
conclusioni di questo primo evento, sul quale abbiamo speso grandi energie e passione, con la
speranza di riuscire ad avere un grande coinvolgimento.
Vedendovi qui stasera tanto numerosi ed interessati dico che di più non si poteva sperare, per cui a
questo punto passiamo al secondo atto, vale a dire che da questo momento il percorso incomincia a
prendere una nuova dimensione: la commissione che fino ad oggi ha lavorato per la realizzazione di
questo evento continuerà a riunirsi, c’impegneremo a fare rapidamente gli atti del convegno e
lavoreremo a produrre una relazione propositiva.
Quello che vi dico ora sono solo linee abbozzate su cui dovremo confrontarci in maniera più
approfondita, ma è nostra intenzione comunque realizzare una relazione nella quale proveremo ad
inserire una serie di ipotesi concrete di lavoro, da portare all’attenzione di tutte le altre consorelle.
• Innanzitutto potremmo lavorare ad una chiara definizione di cosa rappresenta oggi il
territorio del centro storico per ogni contrada e quindi provare a lanciare alcune proposte
circa le modalità con cui rivitalizzarlo, riprogettandone l’utilizzo. E’ chiaro che in questa
fase non possiamo tirare fuori proposte di immediata applicabilità, ma cercheremo
d’incominciare a tracciare delle linee, perché il nostro obiettivo principale è che altre
consorelle vadano avanti, approfondiscano, s’impadroniscano di certi temi e li sviluppino
secondo le loro modalità.
• Un altro punto è definire in qualche modo, grazie anche al grande lavoro che il Magistrato
delle Contrade sta portando avanti, le linee portanti di un modo di stare in contrada basato
soprattutto su una costante ricerca del rispetto reciproco. Questa è una condizione che
richiede si riesca a trovare di nuovo la forza perché si riaffermi nella contrada la cultura del
rispetto, sia fra contradaioli che con coloro che vivono all’interno del territorio.
• Ancora un argomento su cui potremmo incominciare a lavorare, e qualche scambio di idee
lo abbiamo già avviato mentre preparavamo il documento programmatico, riguarda la
possibilità di mettere giù una metodologia che consenta di fare una mappatura costante,
all’interno del territorio delle contrade, di quelli che sono i punti critici (tipo lo
spopolamento, l’arrivo d’inserimenti in grado di alterare la positiva tenuta del tessuto
sociale, aree di degrado, eccesso di circolazione di veicoli e cose del genere) e di quelli di
forza ( ad esempio dove ci sono attività artigianali, punti aggregativi, spazi socialmente
utili, ecc.). Grazie a questa mappatura vorremmo che fosse poi possibile anche trarre delle
indicazioni per sviluppare delle sinergie tra le contrade che hanno delle continuità
territoriali. Scusate se sottolineo questo punto, ma io ho una visione ecumenica
dell’esistenza, per cui sono convinto che le contrade confinanti dovranno trovare sempre di
più i modi per vivere e collaborare insieme per valorizzare il territorio, piuttosto che stare a
fare la difesa ad oltranza in termini negativi di certe situazioni;
• Infine proveremo a stabilire dei punti base per la nascita di una collaborazione fra
consorelle, fatta d’incontri diretti e contatti on-line, dalla quale scaturisca un’attività
puntuale di segnalazione alle istituzioni che le stimoli ad assicurare una buona gestione
delle aree verdi, la pulizia delle strade, l’eliminazione delle scritte sui muri, fino alla
segnalazioni alle strutture competenti di situazioni di disagio ed episodi di vandalismo, ecc.;
Io credo che la contrada abbia un grosso ruolo che può giocare positivamente: se vogliamo che la
cosiddetta “casa allargata” veramente viva, dobbiamo comportarci come si farebbe in casa nostra.
Essere attenti, puntuali, precisi a tutto ciò che interessa il territorio. Come diceva Fabio Pacciani,
nel Bruco hanno messo in atto questa concreta azione di valorizzazione e controllo sul territorio, ed
allora perché non mettere in atto ed estendere questo, in modalità, che potranno essere definite caso
per caso, anche in tutte le altre contrade.
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In sostanza, quello che ci proponiamo è di lavorare a fare in modo che, attraverso atti concreti, il
territorio del centro storico , pur nelle sue trasformazioni, sia la realtà alla quale devono guardare
tutti i contradaioli, ovunque essi vivano.
E questo è un punto chiave, che vorremmo sottolineare perché si tratta di un punto su cui abbiamo
dibattuto molto nel realizzare il documento preparatorio di questo incontro: il territorio del centro
storico è il cuore della contrada , il simbolo tangibile dell'entità contrada.
Ritornando al concetto prima citato di “contradaioli del fare”, dobbiamo allora riuscire a rovesciare
la tendenza che si sta affermando a causa dei cambiamenti demografici e culturali, quella del
chiedere e del “consumare”, ed affermare concretamente che il territorio va difeso, custodito e
valorizzato, per assicurarvi la crescita del senso civico e della solidarietà attiva.
Una realtà da custodire e valorizzare soprattutto fuori dei giorni del Palio, dando concreta
attuazione al principio di sentirlo come la realtà senza la quale viene meno il senso stesso di esistere
delle contrade e dove, all’interno del recupero di un modo più semplice e solidale di stare in
contrada – come ha sottolineato con forza Moreno Neri nel suo intervento- sia possibile ricreare una
vissuta quotidianità di relazioni umane.
A questo punto siamo arrivati alla fine di questa nostra chiacchierata ma, prima i lasciarci, ho il
grande piacere di annunciare a tutti voi che la contrada del Nicchio e la contrada della Giraffa,
dopo questa bella collaborazione che abbiamo avuto insieme per alcuni mesi, hanno deciso di
annunciare, e lo faranno direttamente, che anche loro partiranno ad organizzare altre iniziative su
argomenti che ritengono importanti da affrontare, dibattere per cercare nuove soluzioni, soluzioni
che ci aiutino ad essere sempre più padroni del nostro futuro.
A questo punto chiamo a fare ufficialmente il suo annuncio il priore del Nicchio Paolo Neri e poi
verrà il priore della Giraffa Laura Dinelli.
PAOLO NERI – PRIORE DELLA NOBILE CONTRADA DEL NICCHIO
Prima di tutto mi devo congratulare con la Contrada della Selva, la sua Dirigenza e l’Onorando
Priore per questa iniziativa significativa e ben riuscita.
Spesso quando si organizza un convegno, un dibattito, poi alla fine le considerazioni della gente
sono: si è fatto tante chiacchiere, ma poi stringi stringi non è venuto fuori niente.
Io, sarà forse per una formazione proveniente dal mio passato di ex scienziato, ricordo sempre una
frase di Leonardo da Vinci che dice: la scienza è il capitano e la pratica sono i soldati. Nel senso che
per risolvere i problemi, per trovare le soluzioni concrete che tutti auspichiamo, prima bisogna fare
le analisi, bisogna conoscere il territorio, perché è facile spacciare per delle soluzioni concrete
quelle che sono solamente delle buone intenzioni.
Quindi fare una buona analisi dei problemi, definirli bene e soprattutto ottenere una visione larga di
essi senza farli calare dall’alto, questa è una pratica molto efficace.
Da quello che è emerso oggi direi che su tanti problemi c’è una larga condivisione, pur con punti di
vista diversi sulle soluzioni, a cui corrispondono due erre: Reali e Rilevanti; una terza erre, quella
della Risolubilità, richiederà che ci si confronti molto attivamente, senza nascondersi che alcuni
problemi potrebbero non essere risolubili, almeno per questa nostra generazione.
Una parola usata largamente nel dibattito è stata quella del territorio. Questo è un istinto biologico
fondamentale, fin dagli organismi unicellulari e noi oggi non saremmo qui a parlare di contrade se
non ci fosse stata una definizione di territorio e, quindi è chiaramente un valore fondante. Poi su
questo è stato costruito tutto quello che è venuto dopo.
E’ chiaro che questo possesso del territorio era anticamente un possesso biologico, perchè ci si
viveva, ci si lavorava, ci si amava, mentre oggi è un possesso che, con un termine attuale, potremmo
definire virtuale.
Molti dei guai che oggi sono stati analizzati sono conseguenza dell’invasione del mondo esterno in
una realtà che era fino a non molti anni fa più ristretta di quello che è attualmente.
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Allora io ho immaginato due temi da proporre per il prossimo dibattito, che la contrada dovrà
scegliere come quello che può andare bene.
Il primo è spinoso ed è “La contrada di fronte all’occupazione del proprio territorio”- Occupazione
indebita talvolta proprio da parte della contrada stessa, ma talvolta occupazione da parte di culture
che sono estremamente lontane dalla nostra cultura corrente.
Lo studente considerato l’occupante del centro storico e che in molti casi lo è anche stato – cosa che
avrebbe potuto essere evitata con una politica universitaria diversa – era comunque una persona con
una cultura sostanzialmente italiana. C’è oggi invece la possibilità di vedere crescere
inevitabilmente, dal momento che Siena fa parte di un mondo globalizzato, delle città parallele al di
là di tutti gli sforzi che potranno essere fatti per impedirlo.
Questo è un pericolo concreto ed allora come ci rapporteremo con queste realtà che non hanno con
noi alcun contatto immediato?
Non credo che dobbiamo reagire con le ronde e con la forza, bensì dobbiamo rispondere con la
civiltà e la civiltà è la base della contrada, e la civiltà si fonda su dei principi ideali e morali, che
sono quelli che poi unificano. Perché se oggi ci sono delle divisioni nelle contrade è proprio perché
si sono perduti certi valori morali che sono fondanti nella contrada.
Quindi questo è un tema spinoso ed importante su cui meriterà fare delle riflessioni, anche per
evitare delle fughe in avanti che potrebbero non essere molto realistiche.
Il secondo tema che come contrada del Nicchio potremmo affrontare è invece più giocoso, ed è “La
riscoperta dell’allegria nel Palio”, cosa che io ho nel mio DNA per essere stato figlio di un capitano,
mio nonno era proprietario del famoso cavallo Folco ed io stesso, prima di essere priore ho fatto il
capitano in due periodi differenti ed ho quindi avuto la possibilità di veder sparire l’allegria.
Perché ?
Perché il Palio è diventato vittima della sua notorietà e della sua bellezza, perché è diventato
professionale; anche i cavalli sono diventati professionisti.
Folco, che ha vinto otto pali, e insieme al fratello Ruello su quindici pali corsi ne hanno vinti undici,
non erano cavalli da corsa, in quanto di “professione” tiravano il calesse. Ma non erano cavallacci.
Io ho il certificato di Folco che attesta che era figlio di un purosangue e di una cavalla arabina, era
un bellissimo cavallo anglo-arabo, che però non faceva il cavallo da corsa ma di servizio.
Anche i fantini non erano dei professionisti, chi faceva il trebbiatore, chi il guardia, poi
progressivamente è subentrata la professionalità.
Oggi vediamo cavalli splendidi, fantini alleatissimi, tutto insomma è professionale; con tutto il
rispetto per gli Stati Uniti, che io ammiro, oggi tutto è americanizzato, nel senso che tutto è di lusso.
Però il lusso fa perdere la spontaneità e la professionalità fa perdere l’allegria, e questo si vede
anche negli sport, come ad esempio nel calcio. Si toglie il sale alla ricetta. E’ come la pansanella:
quella fatta dalla nonna era buona, quella fatta dal ristorante tipico di lusso è un’altra faccenda., è
una panzanella artificiale.
Dunque questo è un altro tema su cui riflettere. Vale a dire quanto incide la professionalità nel
condizionare il Palio e non so se ci saranno delle soluzioni, perché i problemi talvolta sono molto
più grandi di noi. Però sono anche d’accordo su quello che è stato detto, che non si può accettare
tutto supinamente.
Il linguaggio delle contrade, l’ho ridetto, è un linguaggio potente, che i senesi capiscono bene
perché passa dal cuore e non dalle orecchie. Pertanto è in grado di portare messaggi forti e di farci
rinforzare la nostra identità. E l’identità forte è quella che non chiude le porte ma filtra, declina nel
suo specifico linguaggio le novità e le diversità.
Quindi ci sono molti spunti su cui si può riflettere e questo credo sia molto utile perchè è bene che
si allarghi il dibattito, in quanto non si può risolvere nulla pensandolo dall’alto. Di questo sono
fermamente convinto.
Ringrazio tutti.
LAURA DINELLI – PRIORE DELLA IMPERIALE CONTRADA DELLA GIRAFFA
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La partecipazione dell’Imperiale Contrada della Giraffa a questa iniziativa è scaturita da un
profondo interesse verso questi temi che, con gli amici della Selva, del Bruco e del Nicchio
abbiamo condiviso e sui quali ci siamo più volte confrontati anche all’interno di ognuna delle nostre
realtà.
Questo percorso comune ci ha stimolati a cogliere l’opportunità di proseguire in questo percorso di
riflessione, facendo sì che ognuno di noi, sulla base delle esperienze condivise, scegliesse un
ambito su cui incentrare e sviluppare l’evento da organizzare presso la propria Sede di Contrada.
In collaborazione con le altre Consorelle si è quindi ritenuto che, tra gli argomenti su cui porre
l’attenzione nelle prossime valutazioni, si potesse includere quello della “comunicazione” e l’idea
d'inserire questo tema all’interno del convegno da organizzare in Giraffa mi è subito sembrata di
grande attualità anche perché, alcuni fatti concreti vissuti dalla mia contrada hanno stimolato
dibattiti e riflessioni su questo aspetto del vissuto quotidiano che coinvolge, anche non volendo,
ciascuno di noi.
La comunicazione ci accompagna e cadenza le nostre giornate ed è un processo interiorizzato, che
si avvale di meccanismi spesso inconsapevoli e che attraversa in maniera profonda e varia la nostra
vita e la nostra formazione in modo incisivo e tale da produrre, talvolta, effetti inattesi.
La Contrada non è immune da tali implicazioni, dai relativi processi e connesse trasformazioni e
sono sempre più convinta che si debba riuscire, oggi più che mai, a coniugare molti aspetti legati
alla più solida tradizione contradaiola con quelli più moderni proposti dalle nuove generazioni:
come Internet, Facebook e quant’altro.
Proprio questo interesse per la comunicazione, intesa come momento di confronto e di conseguente
riflessione, fece nascere nel 1977 il nostro Giornale della Giraffa, il numero “0” del Biancorosso,
all’interno del quale il giovane Architetto Gianni Neri scrisse un articolo intuitivo dove si percepiva
l’inizio di un inarrestabile e preoccupante processo che ci avrebbe portati alle trasformazioni che
oggi ci troviamo ad affrontare.
Se volete potete prendere visione di questo scritto che troverete in copia presso il tavolo della
segreteria del Convegno, dove sarà inoltre possibile visionare la copia in originale del nostro
“attualissimo” Biancorosso.
Per affrontare il tema della Comunicazione, che è un tema difficile da svolgere perché c’è il rischio
di parlare di tutto e di niente, di dire tante cose astratte difficilmente gestibili poiché implicano
riferimenti anche esterni al nostro “mondo”, spero di poter contare sulla collaborazione di validi e
motivati compagni di viaggio, con cui confrontarsi per trovare una chiave di lettura consona ed atta:
• a stimolare una riflessione costruttiva su alcuni degli aspetti legati alla Comunicazione in
Contrada oggi;
• e soprattutto a trovare concrete possibilità di fare in modo che “Il comunicare” sia sempre
più a supporto della crescita delle relazioni fra i contradaioli, spingendoli a “scendere” giù in
contrada, magari spengendo i telefonini ed i computer
• ed inoltre per sensibilizzare i mezzi di comunicazione ad una particolare attenzione e
collaborazione nell’affrontare i molti temi sulle Contrade.
Ringrazio quindi Francesco Rinaldi, Velio Cini e la Contrada della Selva, Fabio Pacciani e la
Contrada del Bruco per aver dato l’avvio a questo importante progetto, dal quale ci siamo sentiti
subito attratti, auspicando che, con un buon lavoro di squadra, si possa riuscire con determinazione
e volontà, ad arricchire la nostra personale esperienza di contradaioli ed a stimolare ulteriori studi
ed approfondimenti in tutte le altre Consorelle per poter tornare ad essere padroni, difendere e
tutelare, il grande patrimonio socio culturale della nostra amata città.
Un arrivederci a tutti in autunno nella Contrada della Giraffa
SALUTO DEL PRIORE DELLA SELVA VELIO CINI
Scusate ancora un minuto. Due parole prima di salutarVi. L’andamento del dibattito ha dimostrato
quanto siano appassionanti i temi che abbiamo affrontato anche se, alcuni interventi, forse, non
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sono stati proprio in tema con le problematiche affrontate dal documento preparatorio. Credo che
sia importante ricordare un tema che ho posto nel mio saluto iniziale : avere la misura di ciò che
stiamo facendo e di ciò che stiamo discutendo. Le Contrade non possono essere il rimedio per tutti i
problemi della ns. Città. Certo, hanno un ruolo importantissimo e lo devono poter svolgere nel
migliore dei modi ma sempre, e lo ha spiegato molto bene nel Suo intervento il Rettore del
Magistrato delle Contrade, all’interno dei loro giusti limiti.
Abbiamo appreso con piacere che questa bella chiacchierata potrà proseguire, prima nella Contrada
del Nicchio e poi nella Contrada della Giraffa, e quindi saluto tutti sperando che molti di Voi
possano proseguire questa serata a cena nei locali della nostra Società di Contrada.
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