POLITICHE SOCIALI E WELFARE IN CALABRIA: DALLE

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POLITICHE SOCIALI E WELFARE IN CALABRIA: DALLE
POLITICHE SOCIALI E WELFARE IN CALABRIA: DALLE
DIFFICOLTA’ ALLE OPPORTUNITA’.
LE PROPOSTE DELLA CISL
INTRODUZIONE di Raffaele Blandino – Segretario Regionale
Il momento particolare di crisi che vive il nostro Paese, dove registriamo con sempre maggiore
apprensione l’allargamento delle fasce di cittadini in situazione di grave bisogno, impone un
impegno straordinario per la riconversione del sistema di welfare, superando quella visione
puramente assistenzialistica e risarcitoria e puntando su investimenti consistenti delle Istituzioni
per promuovere in concreto la tutela dei diritti di cittadinanza.
Sulla manovra economica e finanziaria del Governo il Sindacato ha ribadito la necessità del
rifinanziamento del FONDO Nazionale per le politiche sociali, proponendo la priorità della
NONAUTOSUFFICIENZA, in coerenza con i LIVEAS, attraverso la fiscalità generale che
garantisca un flusso costante di risorse commisurate alle esigenze di tutto il territorio nazionale,
tenendo conto della crescente richiesta delle fasce deboli interessate, con particolare riferimento agli
anziani. L’altra priorità a cui si deve fare fronte è la povertà e l’esclusione sociale, recuperando
strumenti come quelli della sperimentazione del REDITO MINIMO DI INSERIMENTO che in
Calabria ha registrato positive ricadute in termini occupazionali.
Con l’iniziativa del 4 ottobre a Roma e nel Consiglio generale del 14 ottobre la CISL ha rilanciato
la realizzazione di un PATTO SOCIALE , all’interno del quale la tutela delle fasce deboli
rappresenta, assieme alle politiche per la famiglia, l’esigenza primaria di adeguati interventi per far
fronte ad una situazione di sempre più grande disagio.
La famiglia, un bene prezioso, centro dei cambiamenti e del welfare, è stato il tema del Convegno
della Cisl a Roma il 15 marzo 2007, dove è stato tracciato un percorso per rafforzare l’impegno
concreto per valorizzare il nucleo familiare e contrastare il triste fenomeno della povertà..
Le indagini Istat forniscono dati sui redditi familiari che indicano le famiglie più a rischio quelle
con anziani, specie se soli, quelle con più figli, in particolare minori, con rischio più elevato al Sud.
Le indagini annuali sulla povertà, elaborate sempre dall’Istat, confermano queste tendenze,
aggiungendo alle tipologie familiari già citate quelle con persone in cerca di lavoro o con bassi
profili professionali.
La povertà si presenta in maniera difforme sul territorio nazionale. Al Nord e nel Centro sono
povere il 5,2% e il 6,9% delle famiglie, mentre la percentuale al Sud è pari al 22,6%.
Se poi guardiamo i fattori importanti che determinano situazioni di povertà, nel Mezzogiorno per
le famiglie in cui la persona di riferimento è esclusa dal mercato del lavoro raggiungono il 38,2%.
Oltre che per la famiglia il nostro Paese spende poco per combattere la disoccupazione, per le
politiche della casa e per l’esclusione sociale. L’Italia infatti è fanalino di coda dei paesi europei,
con la percentuale più bassa di PIL investita nel sociale. Da qui l’idea del sindacato di istituire una
nuova prestazione, la dote fiscale, erogata senza distinzione di posizione lavorativa, prendendo a
riferimento un Isee riformato.
Anci, CGIL-CISL-UIL, Forum nazionale del terzo settore, Legautonomie, Upi, hanno costituito
l’osservatorio nazionale sulla legge quadro, con sede presso il CNEL, come ALLEANZA PER IL
WELFARE tra istituzioni e parti sociali e come strumento permanente per attivare ogni utile
iniziativa per la concreta attuazione della normativa della legge 328/2000.
In questa direzione va interpretata la ricerca sui diritti sociali e i livelli essenziali delle prestazioni
promossa dall’osservatorio e presentata recentemente a Roma., utilissima per tutti come momento
di approfondimento dello stato dell’arte dell’erogazione delle prestazioni sociali, con le criticità e le
diversità di leggi regionali che devono fare i conti con la scarsezza delle risorse finanziarie
disponibili, il ritardo nella definizione dei Leas e il disegno di legge sul federalismo fiscale.
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Sempre dalla ricerca vengono evidenziate le prestazioni sociali individuate dalle Regioni.
Per la Calabria le prestazioni dei livelli essenziali, individuate anche dalla proposta di nuovo piano
sociale, sono:
-informazione e consulenza alle persone e alle famiglie per favorire la consapevole fruizione dei
servizi (SEGRETARIATO SOCIALE);
-servizi e interventi a sostegno della domiciliarità, rivolti a persone che non riescono a provvedere
autonomamente alle esigenze della vita quotidiana;
-servizi e interventi RESIDENZIALI E SEMIRESIDENZIALI volti all’accoglienza di anziani e
disabili i cui bisogna di cura, tutela ed educazione non possono trovare adeguata risposta a
domicilio;
-le misure di sostegno alle responsabilità familiari (legge regionale sulla famiglia senza
finanziamenti!),
-interventi a sostegno dei minori in situazioni di disagio tramite il sostegno del nucleo familiare o
l’inserimento presso famiglie (affido), persone, strutture comunitarie di accoglienza di tipo
familiare;
- misure di contrasto alla povertà e di sostegno al reddito;
-le misure di sostegno alle donne in difficoltà;
-interventi di sostegno all’inserimento e reinserimento lavorativo di persone disabili in stato di
svantaggio;
-accoglienza e integrazione delle persone senza dimora;
-le misure per favorire l’armonizzazione del tempo del lavoro e di cura familiare;
-iniziative di promozione sociale di gruppi sociali, quartieri e comunità locali (legge reg. sugli
Oratori);
-progetti sociali connessi con l’economia civile e le imprese sociali.
Il Sindacato considera le politiche sociali, le politiche sanitarie e l’integrazione del socio-sanitario
fondamentali per lo sviluppo sociale, civile ed economico dei territori e delle Comunità della
regione.
In particolare la consistenza, l’efficacia e la qualità degli interventi sociali sono condizione
necessaria per la realizzazione di un sistema integrato di servizi alle persone e alle famiglie per
garantire la qualità della vita, assicurare le pari opportunità, rimuovere le discriminazioni, prevenire,
eliminare o ridurre le condizioni di bisogno e di disagio.
Nelle Istituzioni, e in particolare nei loro organismi di diretta espressione della volontà popolare,
ritroviamo la sede dove con piena titolarità può avvenire il confronto, la negoziazione e si possono
trovare le intese sui programmi che meglio interpretano domande e richieste dei diversi attori e
portatori di interesse.
Con la legge 328/2000 sostanzialmente si registra uno spostamento del baricentro delle funzioni
amministrative dal centro al territorio e un ridimensionamento dei compiti di gestione affidati ai
poteri pubblici, con un nuovo assetto delle competenze sia nella programmazione che nella gestione
delle politiche sociali. Nell’ambito di questo mutato scenario, modificato tra l’altro dalla riforma del
titolo V della Costituzione, le Amministrazioni regionali, vista l’esclusiva competenza loro
assegnata, hanno avviato costruzioni di sistemi di welfare per l’inclusione e la lotta alle povertà, la
valorizzazione del terzo settore, la stabilizzazione dei servizi.
Il governo di una società complessa come quella calabrese esige l’individuazione di momenti e
luoghi dove porre il confronto fra le parti (formazioni sociali che esprimono interessi presenti e
diffusi delle comunità); percorsi di partecipazione definiti e previsti in ambito istituzionale dalla
legislazione ai vari livelli che chiedono tutt’ora di essere declinati nella dimensione regionale.
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È infatti auspicabile un’intesa fra Organizzazioni Sindacali e Organizzazioni di Terzo Settore per
sollecitare l’istituzione di sedi permanenti nel cui ambito definire un modello di governo per le
politiche pubbliche, con le conseguenti procedure di determinazione delle scelte e i processi di
composizione dei conflitti, adeguato sia a rispondere alla complessità dei bisogni, sia a cogliere la
volontà di partecipare di chi abita in Calabria, vive i vincoli del territorio e del suo sistema
economico e civile, ha il diritto di godere delle opportunità.
Come Cisl più volte si è sostenuto un modello di governance capace di tenere presenti le posizioni
della pluralità di attori che attualmente partecipano e determinano le scelte e il futuro dei territori e
delle comunità calabresi, con l'obiettivo primo della costruzione di un sistema di welfare più
adeguato a rispondere ai nuovi bisogni sociali presenti nella nostra società . Ecco perché la
sussidiarietà è un concetto alto che non può ridursi alla esternalizzazione dei servizi a basso costo,
alla privatizzazione pura e semplice, allo scarico delle responsabilità del settore pubblico. La
sussidiarietà deve essere un concetto per difendere e allargare le prestazioni del welfare per
qualificare e rafforzare le prestazioni pubbliche, per valorizzare le capacità del terzo settore e del
privato in un quadro di regole condivise, per rendere la gestione della spesa più trasparente ed
efficiente più vicina ai territori e alle esigenze dei cittadini.
Nel territorio calabrese la riforma complessiva del sistema sociale rappresenta la logica
conseguenza della legge quadro 328/2000, fatta propria dalla Regione con legge di recepimento
n.23 del 5.12.2003., nell’ottica di un processo di riorganizzazione complesso come quello richiesto
al nostro welfare, attraverso una serie di adempimenti che la stessa legge rimanda e che tardano a
venire, pregiudicando la definizione chiara delle competenze, delle risorse, della struttura
organizzativa della rete dei servizi del territorio.
La legge 23, nata, come più volte affermato dal nostro Segretario generale Gigi Sbarra, da
una forte pressione sociale del Sindacato verso la Giunta Regionale ed il suo Consiglio, anche
se non ha realizzato il massimo di partecipazione concertata e partecipata, ha fatto si
comunque che la regione Calabria abbia acquistato autonomia decisionale e responsabilità
andando a rappresentare, come già successo a livello sanitario, il nucleo centrale in materia di
programmazione, indirizzo e coordinamento delle attività sociali, mentre ai Comuni singoli o
in associazione viene delegata la regia effettiva della rete di protezione sociale, la titolarità
delle funzioni amministrative e la progettazione locale dei servizi.
Del resto anche il Piano triennale, in parte, costruito attraverso un lavoro comune con le forze
sociali e sindacali (D.G.R. .n .1/2005), la Regione ha avuto la possibilità di impostare la rete dei
servizi:
- determinando ambiti territoriali, modalità e strumenti di gestione del sistema;
- favorendo la concertazione e la cooperazione tra enti locali, soggetti del terzo settore ed
elementi del volontariato;
- stimolando l’integrazione tra varie aree di intervento socio-sanitario e promuovendo modelli
innovativi di coordinamento dei servizi.
L’istituzione del Sistema informativo dei Servizi Sociali, previsto dal nuovo piano sociale,
dovrebbe facilitare la lettura dei bisogni e favorire il processo decisionale ad ogni livello.
Non possiamo tuttavia realisticamente riconoscere nelle sedi istituzionali attualmente previste dalla
normativa regionale (Conferenza regionale delle autonomie, Conferenza permanente per la
programmazione sanitaria e socio-sanitaria regionale, Conferenza di sindaci) un luogo come
quello di cui avvertiamo il bisogno.
Il CRES (Centro regionale per l’economia sociale, previsto nel progetto operativo regionale 20002006 e finanziato dal FONDO SOCIALE EUROPEO, rilanciato nel nuovo piano sociale, dovrebbe
divenire una sede permanente e plurale di incontro, di confronto effettivo ed efficace per la
programmazione, il monitoraggio e la riprogettazione del sistema di servizi e interventi sociali,
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realizzando quella SUSSIDARIETA’ VERTICALE e ORIZZONTALE che la legge 23/2000 vuole
siano pienamente attuate..
Inoltre una seria politica di programmazione e sviluppo del sistema integrato di servizi e interventi
sociali richiede da parte della Regione l’adeguamento del quadro normativo regionale alle
disposizioni costituzionali e ai principi fondamentali della legge 328 del novembre del 2000; ciò
anche attraverso la produzione di uno specifico testo unico regionale in materia di politiche sociali.
Pertanto il terzo settore rappresenta ormai anche in Calabria un vitale fattore di sviluppo per il
territorio, un riferimento alto di erogazione dei servizi ed un importante elemento di crescita
occupazionale.
Da questi brevi premesse si evince l’importanza e la delicatezza del compito che si assume la
Regione, la scelta di allargare la partecipazione alla definizione delle linee programmatiche, agli
altri attori coinvolti nel processo di cambiamento: ANCI, UPI, Sindacati Confederali e di categoria,
terzo settore.
Solo così l’assistenza non si configura come una attività risarcitoria, bensì come sistema integrato di
interventi economici e servizi sociali, nel quale i cittadini possono partecipare in modo attivo
convogliando esperienze, conoscenze e professionalità in una rete unica di assistenza.
All’interno di questa rete ogni attore, sia esso pubblico, privato o appartenente al volontariato
sociale, deve poter giocare un ruolo indipendente, ma integrato e coordinato verso il comune
obiettivo, puntando allo sviluppo di un WELFARE DELLE RESPONSABILITA’ ovvero a un
sistema sociale plurale e pluralistico basato e sorretto da responsabilità condivise.
Coerentemente con quanto affermato e con il sistema di interventi e servizi sociali auspicato la
CISL CALABRESE VUOLE EVITARE LA QUASI TOTALE ASSENZA DI PROGRAMMAZIONE DEL
PASSATO, CHE SPESSO HA PRIVILEGIATO L’EROGAZIONE DI CONTRIBUTI ECONOMICI A PIOGGIA E
DI CHIARO STAMPO CLIENTELARE, RESPINGERE UNA SORTA DI NEOCENTRALISMO REGIONALE E
DARE PIÙ POTERI ALLE ISTITUZIONI LOCALI, ATTUARE UN SISTEMA INTEGRATO DI SERVIZI SOCIOSANITARI ATTRAVERSO LA REALIZZAZIONE COMPIUTA DEI DISTRETTI E DEI PIANI SOCIALI DI
ZONA. CHIEDIAMO, INOLTRE, CON FORZA IL RIPRISTINO DELLA PROGRESSIVITÀ DELLA
SOVRIMPOSTA REGIONALE IRPEF, NELL’OTTICA DI RIDURRE LA PRESSIONE FISCALE
AGGIUNTIVA PER LE FASCE PIÙ DEBOLI E A BASSO REDDITO, TENENDO CONTO CHE LA NOSTRA
REGIONE APLICA L’ALIQUOTA MASSIMA, UNITAMENTE AL BOLLO AUTO TRA I PIÙ SALATI DEL
PAESE.
MA OLTRE ALLE DIFFICOLTÀ VI SONO TANTE OPPORTUNITA’ DA COGLIERE PER AVVIARE UN
VIRTUOSO MODELLO DI SERVIZI A RETE PER L’UTENZA.
DOBBIAMO INFATTI RICONOSCERE CHE ALCUNE NOTE IN POSITIVO SI REGISTRANO
NELL’ATTIVITÀ DELLA GIUNTA REGIONALE CON LA PRESENTAZIONE IN CONSIGLIO DEL NUOVO
PIANO SANITARIO REGIONALE E NUOVO PIANO REGIONALE DEGLI INTERVENTI E DEI SERVIZI
SOCIALI.
Abbiamo già presentato in sede di audizione in terza commissione le nostre articolate proposte sul
Piano Sanitario , così come abbiamo fatto pervenire all’Assessore Maiolo le nostre osservazioni sul
Piano Sociale regionale, di cui vi parlerà il Segretario generale dei pensionati.
Abbiamo salutato con favore il finanziamento triennale di interventi a contrasto del fenomeno della
povertà, nella logica di aiuti concreti alle famiglie e ai soggetti svantaggiati.
La stessa legge legge regionale di accreditamento delle strutture private per i servizi socio-sanitari,
seppur non concertatata con le OO.SS., può rappresentare una positiva novità nel rapporto delicato
pubblico-privato, attraverso i decreti attuativi che dovranno regolamentare efficacemente l’utilizzo
di questo istituto, in passato frutto di politiche clientelari e di interessi e appetiti di diverse lobbies,a
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danno della qualità del servizio erogato e con grandi speculazioni e inadempienze contrattuali per
gli operatori
Positive reazioni registriamo anche sulla recente legge di programma dell’edilizia sociale (ottobre
2008) che prevede interventi concreti per le fasce più deboli (giovani coppie, studenti universitari,
anziani, lavoratori extracomunitari e ragazze madri), con riserva di consistenti quote di alloggi in
proprietà o locazione.
Il 20 u.s. la Giunta Regionale, su proposta dell’Assessore Maiolo, ha approvato la programmazione
di interventi e consenso ai criteri e modalità di erogazione dei finanziamenti nell’ambito delle spese
per la realizzazione di prestazioni e servizi assistenziali a favore di persone non autosufficienti,
criteri per l’attivazione di servizi assistenziali domiciliari a supporto delle famiglie nel cui nucleo
siano comprese una o più persone anziane non autosufficienti, ai sensi dell’art.80 della legge
328/2000).
Del resto la programmazione dei fondi comunitari 2007/2013 vede impegnate considerevoli risorse
per le politiche sociali, come sentiremo nell’intervento dell’Assessore Maiolo, che però vogliamo
siano aggiuntive rispetto a quelle nazionali e regionali.
L’ASSE III – INCLUSIONE SOCIALE del POR FES è così articolato:
-Obiettivo specifico G., finalizzato a sviluppare percorsi di integrazione e reinserimento dei soggetti
svantaggiati;
-Obiettivo operativo Gg1 per sviluppare
L’inserimento lavorativo delle categorie in condizioni di svantaggio occupazionale e di marginalità
sociale;
-obiettivo operativo G2 per rafforzare i diritti dei minori e valorizzare la condivisione delle
responsabilità familiari e costruire nuove opportunità di crescita, sviluppo e realizzazione per i
giovani;
-obiettivo g3 per sostenere la centralità della famiglia nella cura e nell’assistenza ai diversamente
abili e favorire la domiciliarità dei diversamente abili che vivono fuori dal nucleo familiare;
-Obiettivo operativo G4 per contrastare la povertà e migliorare la qualità della vita dei senza fissa
dimora;
-obiettivo operativo g5 per prevenire e contrastare la dipendenza delle droghe con priorità alle
nuove generazioni;
-obiettivo operativo g6 per prevenire e contrastare la violenza intra ed extrafamiliare;
-obiettivo operativo g.7 per sostenere gli interventi di formazione per gli operatori e i volontari che
operano nelle imprese sociali e nelle organizzazioni di volontariato;
-obiettivo operativo g.8 per contrastare e ridurre i livelli di insicurezza e di illegalità nella Regione
anche attraverso la crescita del capitali sociale della comunità calabrese.
Avviandomi alla conclusione, come CISL calabrese:
riteniamo urgente aprire un confronto di merito con la Giunta Regionale, gli Assessori
alla Sanità e alle Politiche Sociali nel quale declinare strumenti di governance e
d’integrazione delle politiche sanitarie e sociali;
auspichiamo un TAVOLO DEL TERZO SETTORE SANITARIO E SOCIOSANITARIO in ogni ASP, che si caratterizza: A) quale occasione strutturata per
affrontare problematiche inerenti il terzo settore, attraverso un percorso di confronto e
riflessione sulle esperienze di solidarietà e partecipazione espresse a livello territoriale;
B) ambito per l’elaborazione di proposte e raccordo tra ASP ed organismi sociali
rappresentati;
C) osservatorio privilegiato per la lettura e l’approfondimento dei fenomeni emergenti in
termini di bisogni e dei fattori di sviluppo e cambiamento;
rilanciamo la promozione dell’associazionismo intercomunale, attraverso incentivi
economico-finanziari, destinati allo sviluppo del sistema sociale;
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- rivendichiamo la piena integrazione delle politiche sociali con le politiche della scuola, della
formazione e del lavoro, finalizzate al reinserimento nel ciclo formativo o nel mondo del
lavoro di soggetti in condizioni di svantaggio;
- sollecitiamo l’adozione della CARTA DEI SERVIZI sociali per l’esercizio di quella
cittadinanza attiva di cui abbiamo tanto parlato e che può costituire di fatto il PATTO tra
Comune e cittadino.
In definitiva bisognerebbe puntare a relazioni e azioni capaci di interpretare, dare voce e
quindi risposta ai bisogni delle donne e degli uomini, promuovere l’autonomia e favorire il
ruolo attivo di cittadini.
Un Welfare insomma in cui i servizi sono la connessione fra bisogni e diritti, riconosciuti e
affermati dalla Carta Costituzionale e fondanti la coesione, la solidarietà e la convivenza nel
Paese.
Un sistema di servizi e interventi pubblici incardinato su un patto triangolare fra i cittadini ,
che ne sono i destinatari , Enti erogatori pubblici e privati, che ne sono i produttori, e
Istituzioni, cui compete garantirne la qualità e universalità.
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