UNA BUONA FORMULA
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UNA BUONA FORMULA
KURSK UNA BUONA FORMULA Moderno battello con un buon equipaggio, il Kursk è stato forse vittima delle difficoltà economiche in cui versano le FFAA russe, che hanno impedito il buon funzionamento dei sistemi di emergenza di Michele Cosentino L A TRAGEDIA CONSUMATASI A PARTIRE DAL 12 AGOSTO SUL SOTTOMARINO A PROPULSIONE NUCLEARE LAN- ciamissili Kursk della Marina russa, penultimo esemplare della classe “Oscar II”, si presta ad alcune considerazioni sulla qualità dei battelli realizzati presso le infrastrutture di quella che fino a non molto tempo fa si poteva considerare una grande potenza, in grado di contrastare sugli oceani il potere marittimo degli Stati Uniti. Prima di esaminare in dettaglio i battelli classe “Oscar II”, è importante considerare breve- @lfabravocharlie mente lo stato di salute della Marina russa, a cui non ha giovato sicuramente la perdita del Kursk e del suo equipaggio. ✒ LA MARINA RUSSA La Marina della Federazione Russa (Rossiyskiy Voennomorskoiy Flot) è tuttora suddivisa in quattro flotte (Mar Nero, Baltico, Pacifico e Nord) e nella Flottiglia del Mar Caspio, un’eredità che risale ai tempi dell’Unione Sovietica; nonostante la profonda crisi che si protrae da un 1 decennio, il ruolo ormai secondario della Flotta del Baltico, la spartizione della Flotta del Mar Nero e della Flottiglia del Caspio, le fonti ufficiali della Marina russa continuano ad affermare che essa mantenga ancora il secondo posto nella graduatoria internazionale. È d’altronde vero che si trova a fronteggiare la stessa crisi che attanaglia le altre Forze Armate russe, crisi che abbraccia compiti, risorse e personale ma che allo stesso tempo richiede di sviluppare e acquisire nuovi e più moderni materiali e piattaforme, facendo quindi sì che non settembre 2000 KURSK: UNA BUONA FORMULA ità al Attu L’incrociatore ✔ portaeromobili Admiral Gorshkov, classe “Kiev”, fotografato alcuni anni fa quando portava ancora il nome di Baku. Questa unità, a differenza delle portaerei americane, ha un potente armamento missilistico sia offensivo che difensivo. In apertura un battello classe “Oscar II”, probabilmente il Kursk, ormeggiato in banchina in una base sul Mare di Barents. si debbano trascurare le potenziali capacità tecniche ed operative. In generale, il ruolo della Marina russa è quello di garantire la deterrenza nucleare marittima e di supportare gli interessi politici e strategici nazionali; circa un terzo del personale in servizio è destinato all’imbarco su unità d’altura di superficie e subacquee, mentre il resto è assegnato ad altri settori quali l’aviazione navale, l’addestramento, la difesa costiera, le comunicazioni, il supporto tecnico logistico e la sorveglianza delle acque costiere. Mentre la componente strategica subacquea è in corso di ridimensionamento (circa 25-30 unità a propulsione nucleare lanciamissili balistici, suddivise in varie classi più o meno anziane), gli sforzi principali sono indirizzati nel potenziamento quantitativo della componente subacquea d’attacco, in cui i battelli classe “Akula II” e, in un futuro peraltro incerto, classe “Severodvinsk” stanno gradualmente sostituendo i più anziani tipi “Victor”. Per contro la costruzione di unità di superficie @lfabravocharlie appare estremamente rallentata e limitata a naviglio peraltro in grado di svolgere compiti di scorta d’altura. In tempi recenti, i dirigenti politici si sono dimostrati consapevoli della necessità di mantenere un certo livello di credibilità in ambito navale; nel novembre 1999, l’allora Primo Ministro Vladimir Putin annunciò un decreto per l’ammodernamento della Marina e il rischieramento in Mediterraneo dell’unica portaerei russa, l’Admiral Kuznetsov, un segnale di indubbio valore, a cui è seguita una crescente attività navale che ha visto unità russe operare in Mediterraneo e nel Pacifico orientale, effettuando anche attacchi simulati contro formazioni navali americane. Nonostante ciò, il potenziale navale russo è stato seriamente ridimensionato, con un ridotto numero di unità di superficie e subacquee in condizioni operative analoghe agli standard occidentali. La Marina russa ha indubbiamente pagato il suo scarso peso politico nell’ambito delle Forze Armate e non è stata in 2 grado di contribuire adeguatamente alle più pressanti esigenze di sicurezza nazionale, come ad esempio il conflitto in Cecenia, trovandosi per questo svantaggiata nella lotta per la ripartizione delle scarse risorse finanziarie per la Difesa. Tutto ciò ha portato all’adozione di una strategia incentrata sulla sopravvivenza e sulla negazione delle potenzialità navali avversarie (“survival and denial”) e concentrata sul mantenimento di una modesta forza di superficie e di una relativamente potente forza subacquea con cui proteggere le acque russe e negare alle altre potenze navali l’accesso alle aree che la stessa Marina russa non è in grado di controllare. Comunque, la decisione di mantenere in servizio i tre grandi incrociatori da battaglia classe “Kirov” riflette in qualche modo il concetto del potere navale russo all’inizio del XXI secolo, ancora orientato verso operazioni d’altura con unità di grandi dimensioni inserite in un contesto di difesa stratificata in cui le forze navali avversarie devono essere settembre 2000 KURSK: UNA BUONA FORMULA ità al Attu mantenute quanto più lontano possibile dai bacini marittimi costieri. L’esercitazione in cui era coinvolto il Kursk dimostra in sostanza il tradizionale modus operandi russo, che sfrutta le capacità di naviglio di diverso tipo per opporsi a formazioni navali incentrate su grandi unità portaerei. CLASSE ✒ I SOTTOMARINI “OSCAR II” La realizzazione di piattaforme subacquee in grado di contrastare, mediante missili da crociera con testata nucleare o convenzionale, bersagli navali di un certo valore, era iniziata in URSS già negli anni Cinquanta in risposta al massiccio spiegamento del potenziale aeronavale USA in aree marittime avanzate quali il Mar di Norvegia, il Mediterraneo centro-orientale e il Pacifico nord-occidentale, da cui si potevano compiere incursioni aeree contro obiettivi all’interno del territorio sovietico. Questa strategia è stata perseguita secondo un doppio approccio concettuale, relativo cioè alle piattaforme e agli stessi sistemi missilistici, portando alla realizzazione di due famiglie di ordigni, utilizzabili in immersione sia da battelli d’attacco a propulsione nucleare sia da battelli dedicati, di cui gli “Oscar II” (nome russo Antey e numero del progetto 949A) rappresentano l’evoluzione più recente. Il programma “Oscar” è iniziato nella seconda metà degli anni Settanta, in due fasi distinte: ai primi due battelli in seguito denominati “Oscar I” ed entrati in linea nella prima metà degli anni Ottanta, ha fatto seguito una versione con scafo più lungo di circa 10 metri, designata “Oscar II” e riprodotta in 11 esemplari, di cui 2 in riserva, rispetto ad una programmazione originaria che ne prevedeva 16 distribuiti fra la Flotta del Nord e quella del Pacifico. Il Kursk era uno degli esemplari più moderni, in quanto impostato nel 1992 ed entrato in servizio nel 1995, un arco di tempo ragionevolmente ridotto se si pensa alle dimensioni del battello e ai gravi problemi delle costruzioni navali russe nell’ultimo decennio. Come tutte le unità subacquee sovietiche prima e russe dopo, gli “Oscar II” sono piattaforme dotato di doppio scafo, ossia in cui lo scafo resistente (quello che deve resistere alla pressione esterna) è totalmente circondato da uno scafo portante; nell’intercapedine che si viene a for- mare fra le due strutture vengono quindi ricavate le casse zavorra, il cui allagamento ed esaurimento permette al battello, rispettivamente, di immergersi e di tornare in superficie. Ma a differenza di tutte le altre classi di unità russe, l’intercapedine degli “Oscar II” ne rappresenta l’elemento peculiare che, grazie ai suoi circa 4 metri di ampiezza per lato, permette l’alloggiamento di una batteria di 24 missili da crociera SS-N19, disposti a coppie su due file di 12 armi; i contenitori/lanciatori dei missili da crociera, accessibili soltanto dall’esterno del battello, sono resistenti alla massima pressione idrostatica, inclinati verso prora di circa 40° ed occupano una lunghezza di circa 40 metri. La sistemazione di questi missili all’esterno dello scafo resistente ha permesso di ottenere un volume interno molto superiore a quello dei battelli lanciamissili balistici, aumentando al contempo il grado di protezione passiva intrinseca nell’adozione del doppio scafo. Di grosse dimensioni è anche la falsatorre, alta circa 6 metri e lunga circa 27, un espediente costruttivo necessario per innalzare il più possibile i sensori destinati alla localizzazione e designazione dei bersagli, e Una immagine ✔ anche se parziale del Kursk mostra il battello in navigazione. Questi battelli sono i più grandi sottomarini nucleari d’attacco mai realizzati, superati in dimensione solo dai lanciamissili intercontinentali russi classe “Typhoon” e dagli americani “Ohio”. @lfabravocharlie 3 settembre 2000 KURSK: UNA BUONA FORMULA ità al Attu Questa rara immagine dell’interno della camera di lancio di un sottomarino classe “Oscar II (almeno così vie✔ ne definita dalla Marina russa) mostra l’estremo locale prodiero nel quale, ma più probabilmente alla spalle del quale, dovrebbe essere avvenuta l’esplosione fatale. per ospitare le altre antenne necessarie alle operazioni. A poppavia della falsatorre sono sistemati due portelloni rettangolari, probabile copertura del recesso che ospita le boe filabili delle antenne per comunicazioni nelle bande ELF/VLF. Lo scafo prosegue con la cosiddetta “poppa Hoegner”, formata da due corpi simmetrici da cui fuoriescono gli assi portaeliche; il governo dell’unità è assicurato da una coppia di timoni orizzontali prodieri (sistemati sullo scafo a proravia della batteria missilistica ), da una coppia di timoni orizzontali poppieri (dove comincia la poppa Hoegner) e da un grosso timone verticale sulla cui sommità è sistemato un contenitore sagomato al cui interno si trova il sonar rimorchiato a elementi lineari. L’interno dello scafo resistente, realizzato in acciaio speciale e avente un diametro di circa 10 metri, è suddiviso in 10 compartimenti: cin- @lfabravocharlie que nella zona di centropoppa, di cui quello più a prora contenente i due reattori nucleari da 190 MWatt ciascuno, e altrettanti in quella di centroprora in corrispondenza delle batteria missilistica e quasi fino a prora estrema. La presenza di una compartimentazione molto più estesa rispetto alle analoghe unità subacquee occidentali indica l’enfasi accordata dai progettisti russi alla protezione passiva, peraltro strettamente associata all’adozione della struttura a doppio scafo presente anche sui più recenti progetti di naviglio subacqueo. Questi accorgimenti, amplificati sugli “Oscar II” dalla presenza di un’intercapedine di 4 metri che nella zona centro poppiera è inoltre occupata dai contenitori-lanciatori dei missili, farebbero scartare la teoria dell’incidente per collisione con un’altra unità subacquea o, ancor più, con una nave di superficie. Per produrre nello scafo lo squar- 4 cio riportato dai mezzi di informazione, la collisione fra il Kursk in immersione, avente quindi un dislocamento di circa 20.000 tonnellate, si sarebbe dovuta verificare con un battello di dimensioni sostanzialmente analoghe e con una velocità relativa molto elevata. Le attività di intelligence subacqueo vengono però in genere svolte a velocità ridotta per evitare l’insorgere di rumore, mentre è altrettanto verosimile che, su un fondale di 108 metri, anche il Kursk navigasse ad una velocità di circa 10 nodi e ad una quota non superiore ai 50 metri, se non addirittura inferiore. Ma oltre ai 24 missili SS-N-19, gli “Oscar II” sono armati con 6 tubi lanciasiluri (due da 650 mm e quattro da 533 mm), sistemati nel compartimento prodiero su due file verticali di tre; da questi tubi è possibile lanciare fino ad un massimo di 24 fra i numerosi tipi di siluri tradizionali e missili antisommergibili tipo SS-N-16. settembre 2000 KURSK: UNA BUONA FORMULA ità al Attu Uno scorcio del locale reattore di un “Oscar II” (sono visibili le barre di controllo) visto da uno dei portello✔ ni di accesso situati nel corridoio principale. I due reattori nucleari dei quali questi battelli sono dotati sono in grado di erogare una potenza di 75.000 HP (55.000 KW). ✒ NEL CAMPO DELLE IPOTESI Dando per scontata l’assenza di SS-N-19 e SS-N-16 dotati di testate nucleari, un’opzione prevista da tutti i progettisti di armamenti navali russi, è pertanto verosimile che la tragedia potrebbe essere stata provocata dall’esplosione di una o più testate convenzionali, un’ipotesi suffragata dalle almeno due registrazioni effettuate proprio il 12 agosto da sensori sismici norvegesi e dai sensori acustici per Elint (Electronic Intelligence) a suo tempo dispiegati dalla Marina USA sui fondali dell’Atlantico settentrionale costituen- @lfabravocharlie ti la rete SOSUS (Sound Surveillance Under Sea System, sistema di sorveglianza sonora sottomarina). In particolare le fonti norvegesi hanno registrato scosse sismiche corrispondenti all’esplosione di almeno una tonnellata di tritolo e occorre a tal proposito ricordare che gli SS-N16 Stallion e diversi tipi di siluri pesanti russi hanno una testa in guerra che può arrivare a 900 kg. Le esplosioni potrebbero di conseguenza aver provocato una frattura nello scafo resistente tale da causare l’allagamento della camera lancio e forse dei compartimenti a poppavia, fra cui anche la camera di manovra. 5 Viste le dimensioni del Kursk, l’allagamento potrebbe aver determinato l’incontrollato appruamento del battello, provocandone quindi la rapida discesa verso il fondo. E’ probabile che al momento dell’esplosione le paratie stagne di separazione fra i vari compartimenti non fossero chiuse; questo assetto è normalmente adottato in un battello che non si trova in condizioni particolari (posto di combattimento, esercitazioni relative al sistema di combattimento e/o ai sistemi di sicurezza, lancio di siluri e missili da esercitazione, ecc.), anche sulle unità subacquee occidentali, per facilitare il transito dell’equipaggio fra un comsettembre 2000 KURSK: UNA BUONA FORMULA ità al Attu partimento e l’altro. Oltre a squarciare lo scafo resistente, l’esplosione avrebbe quindi potuto dare vita ad un’onda di pressione interna che si sarebbe forzatamente propagata verso i compartimenti centrali e poppieri, causando altri danni e vittime. I tentativi di riportare il battello in assetto orizzontale potrebbero verosimilmente essere stati frustrati da questi ulteriori inconvenienti, che avrebbero quindi provocato l’allagamento di tutti i compartimenti centro-prodieri, favorendo la discesa verso il fondale e lo sbandamento del Kursk sul lato dritto. E’ possibile che il personale di guardia nei compartimenti a poppavia dei reattori si sia reso conto del grave incidente e, dopo aver spento i reattori, abbia tentato di isolare la zona poppiera. Ammettendo che le cose siano andate in tal modo, questo personale potrebbe essere sopravvissuto all’incidente ed aver forse cercato di accedere ad una delle garitte per la fuoriuscita di emergenza, ma questi tentativi non avrebbero avuto esito favorevole. Quella dell’esplosione interna ri- marrebbe quindi l’ipotesi più probabile quale causa innescante del processo che avrebbe portato alla drammatica fine di un battello considerato, unitamente al suo equipaggio, una delle punte di diamante della Marina russa. ✒ BUON BATTELLO E BUON EQUIPAGGIO Ferme restando le gravissime deficienze dimostrate dall’organizzazione russa per il soccorso alle unità subacquee sinistrate, dovute sia alla scarsa qualità dei materiali ma, più probabilmente, all’assenza di adeguate capacità operative, peraltro impossibili da ottenere senza un continuo addestramento che richiede una notevole disponibilità di fondi, attribuire la perdita del Kursk e del suo equipaggio alla scarsa qualità delle costruzioni subacquee russe sarebbe errato ed ingiusto. Già negli ultimi anni della Guerra Fredda la tecnologia sovietica aveva ridotto il divario esistente con le realizzazioni subacquee occidentali, dimostrando di essere all’avanguardia in alcuni settori particolari qua- L’immagine del manipolatore impiegato dai sommozzatori norvegesi per ✔ tentare l’apertura di uno dei portelli del Kursk. Per riuscire dovranno studiare il sistema di chiusura di un sottomarino della stessa classe (Foto AP). @lfabravocharlie 6 li l’adozione e la lavorazione dei materiali (acciai ad elevata resistenza e titanio in primo luogo), lo studio e l’adozione di forme di scafo idonee a minimizzare la resistenza al moto (e quindi ad ottenere velocità subacquee più elevate), la sperimentazione di tecnologie per la riduzione della segnatura acustica (tutti i macchinari degli “Oscar” sono sistemati su doppie sospensioni elastiche) e lo sviluppo di numerosi sistemi d’arma imbarcati (famiglie di siluri, missili e mine). Anche nel settore della sicurezza i progettisti di naviglio subacqueo hanno escogitato alcune particolarità; oltre ad almeno due garitte per la fuoriuscita di emergenza (una a poppa all’inizio della carenatura del timone verticale, e una a proravia della falsatorre) e probabilmente a una terza a poppavia di questa, sulla stessa falsatorre è presente un compartimento di salvataggio di forma troncoconica capace di accogliere una ventina di uomini, in grado di sganciarsi e salire verso la superficie; un dispositivo analogo è presente anche su alcune classi di naviglio a propulsione convenzionale. Ma il rapido succedersi degli eventi non ha permesso agli uomini del Kursk di poterlo utilizzare, né di poter fuoriuscire dalle garitte di emergenza con l’impiego delle maschere per la “free ascent” individuale, certamente fattibile considerando il fondale relativamente basso. La drammatica fine del battello e del suo equipaggio presenta dunque numerosi punti da chiarire; a differenza delle squadre di soccorso russe il team norvegese che è potuto intervenire soltanto dopo una settimana dall’incidente è riuscito ad aprire il portello poppiero e ha constatato che il compartimento corrispondente, e quindi tutto il battello, era allagato. Perciò soltanto dopo un’accurata ispezione esterna e interna del battello, eseguibile forse con l’impiego di mezzi subacquei telecomandati, sarà possibile trarre delle conclusioni più certe e definitive sulla tragedia che ha colpito la Russia, la sua Marina e il suo popolo. ■ settembre 2000