Tribunale di Roma, 3 marzo 2006 REPUBBLICA ITALIANA IN

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Tribunale di Roma, 3 marzo 2006 REPUBBLICA ITALIANA IN
Tribunale di Roma, 3 marzo 2006
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI ROMA
SEZ. IX
In persona del giudice unico
Dr. Giulia Iofrida ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa civile di 1° grado iscritta al n. 45073 del ruolo contenzioso generale dell' anno
2001 posta in deliberazione all'udienza del 16/11/2005 (con termine per il deposito di
comparse conclusionali e di memorie di replica di gg. 60 20) e vertente;
tra
Br. srl, in persona del legale rappresentante p.t., elett. dom.ta in Ro. via Fr. Sa. Ni. (...) presso
lo studio dell' avv. to St.Ga. che la rappresenta e difende per delega in atti;
attrice
e At.Sa. di Tr. Ma. sas, in persona del legale rappresentante p.t., elett. dom.ta in Ro. via
De.Qu.Fo. presso lo studio dell' avv. to Da.Ci. che la rappresenta e difende per delega in atti;
convenuta
OGGETTO:Marchio.
conclusioni
All'udienza del 16/11/2005 i procuratori delle parti così concludevano:
Per parte attrice: "Come da atto di citazione".
Per parte convenuta: "Come da comparsa di risposta, insistendo altresì per l' ammissione dei
capitoli di prova non ammessi".
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 27/6/2001, la Br. srl, in persona del legale rappresentante
p.t., società, con sede in Ro., costituita nel 1997 ed operante nel settore della produzione e del
commercio di articoli di abbigliamento, in particolare abiti da sposa, "ideati e fabbricati
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nell'esclusivo At. di via De.Ba. ", in Ro., e commercializzati, sul tutto il territorio nazionale,
sin dalla costituzione, con il marchio "Sa.Sp.", marchio anche registrato presso l'Ui. e ceduto,
con scrittura privata del 28/7/1999, ad essa attrice dall' allora titolare Me.Im., conveniva in
giudizio, dinnanzi al Tribunale di Roma, la At.Sa. di Tr.Ma. sas, in persona del legale
rappresentante p.t., per sentire - a conferma dell'ordinanza cautelare emessa dal Tribunale di
Roma, in data 24/5/2001, su ricorso ante cansam ex art. 700 c.p.c. presentato il 18/1/2001 da
essa Br. (ordinanza con la quale erano stati autorizzati, in danno della At.Sa., la descrizione ed
il sequestro dei prodotti e del materiale pubblicitario riproducesti il marchio "At.Sa.Le.Sp. ",
nonché era stata inibita, in via provvisoria, l'utilizzazione, in qualsiasi forma, del marchio
suddetto, con fissazione di una penale e pubblicazione del dispositivo su rivista del settore) accertata l'illegittimità dell'utilizzo, anche nella recente manifestazione fieristica "Ro.Sp.",
tenutasi dal 13 al 21/1/2001, ad opera della società convenuta, società, con sede in Roma,
costituita nel novembre 2000 ed operante nello stesso settore (produzione e
commercializzazione di abiti da sposa), del marchio "At.Sa.Le.Sp. ", in violazione degli artt. l
e 1 bis RD. 929/1942, 2598 ce, inibire alla At.Sa., in ogni forma e modo, anche ai fini
promozionali e pubblicitari, del segno distintivo "At.Sa.Le.Sp." e della ragione sociale
"At.Sa.", con condanna della stessa a) risarcimento dei danni, quantificati in misura non
inferiore a 500. 000. 000, distruzione di tutto il materiale commerciale e pubblicitario recante
impressa l'espressione "At.Sa. " ed ordine di ritiro, presso tutti i rivenditori e dettaglianti, dei
prodotti commercializzati e/o distribuiti con detto segno, fissazione di una somma a titolo di
penale, per ogni violazione della decisione di merito o per ogni ritardo nell'esecuzione dei
provvedimenti ivi contenuti, e pubblicazione dell'emananda sentenza.
Differita al giudice, ex art. 168 bis V" comma c.p. c, al 10/1/2002, la prima udienza di
comparizione delle parti ex art. 180 c.p. c, si costituiva, in data 21/12/2001, tempestivamente
ai sensi degli artt. 166 e 167 c.p. c, la società convenuta, contestando la pretesa attrice e
chiedendone il rigetto. La At.Sa. eccepiva; 1) la carenza di legittimazione attiva della Brides
srl, in quanto non titolare del marchio Sa.Sp. da epoca antecedente all'utilizzo ad opera di essa
convenuta, avendo la scrittura privata, non registrata, prodotta dall' attrice, anche nella fase
cautelare ante caitsam, di cessione del marchio, dalla Me. Me. srl alla Br., del 28/7/1999, data
certa, peraltro quanto alla sola sottoscrizione dell' atto, soltanto dal I°-6/3/2001, giusta
autentica delle firme ad opera del Notaio Fr.Ma. di Ro., e non risultando alPamministratore
all'epoca della Me.Im. (Tr.An., madre del Re.Sa. e sorella della Tr.Ma., amministratrice della
At. Sa. sas) di avere effettuato alcuna cessione o licenza d'uso del marchio suddetto in favore
della Br.; 2) l'insussistenza di alcun effetto confusorio tra i distinti segni distintivi e prodotti,
avendo, da un lato, essa convenuta cessato, dopo la proposizione del ricorso cautelare da parte
della Br., l'utilizzo del marchio "At.Sa.Le.Sp. " ed essendo stato il segno Sa., dall' altro lato,
utilizzato solo per evidenziare alla clientela che gli abiti da sposa, commercializzati dalla
Al.Sa., erano stati disegnati e realizzati dallo stilista Re.Sa., nipote dell' amministratore unico,
Tr. Ma., già collaboratore della Br. sino all' aprile 2000 (come da comunicazione dallo stesso
Sa. inviata a tutti gli operatori del settore in data 16/6/2000); 3) la recettività del marchio
"Sa.Sp. ", utilizzato abusivamente dalla Br. (la quale avrebbe anche creato i nuovi marchi
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"Sa.Bi. " e "Sa.St. "), in quanto volto esclusivamente ad ingannare la clientela facendo credere
alla stessa che gli abiti da sposa commercializzati dalla Br. fossero ancora creati dal Re.Sa.
All'udienza di prima trattazione, ex art. 183 c.p. c, del 17/4/2002, non comparivano le parti
personalmente e non potevano espletarsi né l'interrogatorio libero né il tentativo di
conciliazione.
In sede di memorie ex art. 183 V° comma c.p.c., l' attrice dava atto che, con ordinanza del
25/10/2001, nell' ambito del procedimento di reclamo ex art. 669 terdecies c.p.c., promosso
dalla At.Sa. contro l'ordinanza cautelare del 31/5/2001, con proposizione, da parte di essa
reclamata Br., anche di un reclamo incidentale, il Collegio aveva confermato l'ordinanza
cautelare ed aveva altresì inibito alla reclamante At.Sa., in accoglimento del reclamo
incidentale, di utilizzare il nome "Sa. " in funzione di ditta o ragione sociale. La convenuta
invece deduceva che, quand' anche fosse stato dimostrato dall' attrice l' acquisto del marchio
"Sa.Sp. ", la dante causa della Br. Me., aveva registrato il marchio "Sa.Sp. " nel 1996,
successivamente alla registrazione dei marchi "Re.Sa. " e "Savissimo by Re.Sa. ", effettuata
dallo stilista Re.Sa. nell' agosto 1989, con conseguente sua nullità, per carenza di novità.
La causa, concessi alle parti anche i termini richiesti ex art. 184 c.p. c, veniva istruita con l'
acquisizione di documenti (anche dei fascicoli d'ufficio della fase cautelare svoltasi ante
causam), l'espletamento di prova testimoniale e, sulle conclusioni di cui in epigrafe, veniva
trattenuta in decisione all'udienza del 16/11/2005 (con termine per il deposito dì comparse
conclusionali e repliche di gg. 60 20).
MOTIVI DELLA DECISIONE
Nel presente giudizio, si contende anzitutto sulla legittimità dell'uso del marchio
"At.Sa.Le.Sp. " e comunque del segno distintivo "Sa. ", anche come ditta o ragione sociale, da
parte della società convenuta, At.Sa. di Tr. Ma. sas, costituita nel novembre 2000, per
contraddistinguere prodotti ed attività inerenti la produzione e commercializzazione di abiti da
sposa, trattandosi di marchio identico, nel cuore, al marchio "Sa.Sp. ", utilizzato dalla Br.,
società operante nello stesso settore, dal 1997, prima di fatto e poi, dal luglio 1999, per effetto
della cessione a proprio favore, da parte della titolare, all'epoca, Me. Me. srl (come da
scrittura privata autenticata nelle firme, in data 1°-6/3/2001, prodotta dall' attrice, con la quale
la Me.Im., rappresentata dall' amministratore Fi.Em. "confermava" di avere ceduto, già dal
28/7/1999, detto segno alla Br.), la quale lo aveva registrato all'Ui. con domanda del
28/10/1996, con successiva concessione intervenuta nel settembre 1998, per la classe 25 (abiti
da sposa). La convenuta, nel contestare la pretesa attrice, ha eccepito la carenza di
legittimazione attiva della Br. e comunque la nullità e decadenza del marchio "Sa.Sp. ", per
carenza di novità ed uso decettivo dello stesso.
Ora, ai sensi dell'art. 20 c.p. I. (D.Lgs. 30/2005 entrato in vigore il 19/3/2005), lett. a e b
(vedasi artt. l e 12 L. M., RD. 929/1942), il titolare del marchio registrato ha il diritto di
vietare a terzi, salvo proprio consenso, di "utilizzare nell ' attività economica un segno
identico al marchio per prodotti o servizi identici a quelli per cui esso è registrato ovvero un
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segno identico o simile al marchio registrato, per prodotti o servizi identici o affini, se a causa
dell'identità o somiglianza fra i segni e dell'identità o affinità fra i prodotti o servizi, possa
determinarsi un rischio di confusione per il pubblico che può consistere anche in un rischio di
associazione fra i due segni" ed, ai sensi dell' art. 22, 1° comma, c.p. I. (vedasi art. 13 L. M.),
il titolare del marchio, anche non registrato, ha il "diritto di vietare a terzi di adottare, come
ditta, denominazione o ragione sociale, insegna e nome di dominio aziendale un segno uguale
o simile all' altrui marchio, se a causa dell'identità o dell' affinità tra le attività di impresa dei
titolari di quei segni ed i prodotti o servizi per i quali il marchio è adottato, possa determinarsi
un rischio di confusione per il pubblico che può consistere anche in un rischio di associazione
fra i due segni".
Già a seguito della Novella di cui al D.Lgs 198/1996, il marchio viene ancora considerato dal
legislatore principalmente come strumento con il quale si distinguono prodotti e servizi offerti
sul mercato dai diversi imprenditori concorrenti (ed. capacità distintiva del marchio, art. 1 lett.
a e b), la cui tutela presuppone quindi un rischio di contusione, per identità, somiglianza o
associazione tra segni, ed è limitata ai prodotti o ai servizi identici o affini (ed. principio di
specialità), ma è stata anche presa in considerazione la sua funzione di strumento di
trasmissione di informazioni (il marchio come "convettore di informazioni" o "collettore di
clientela"), sulla qualità, fonte di origine, etc, del prodotto, al consumatore, spesso con l'
ausilio della pubblicità o delle pratiche commerciali, ed il suo acquisito valore di avviamento,
laddove si è dettata una disciplina specifica per i marchi che abbiano raggiunto nello Stato,
attraverso la promozione, una notorietà o rinomanza (ed. capacità attrattiva o suggestiva del
marchio, art. l lette), tale che la loro tutela prescinde da un'eventuale confusione (estendendosi
anche ai prodotti o servizi non affini, con superamento del principio di specialità, ed. tutela
ultramerceologica) e può essere invocata quando l' appropriazione ingiustificata del marchio
altrui può determinare, per l'usurpatore, un indebito vantaggio o per il titolare del marchio
anteriore un pregiudizio.
L' art. l bis L. M., introdotto dalla L. 482/1992, in attuazione della Direttiva 89/104/CEE, sul
riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d'impresa,
stabiliva, al primo comma, che il titolare di un marchio registrato non può impedire a terzi
l'uso, nella propria attività economica, del loro nome o del "marchio di impresa (altrui) se esso
è necessario per indicare la destinazione di un prodotto o servizio", "purché l'uso sia conforme
ai principi della correttezza professionale " e quindi non in funzione di marchio ma solo in
funzione descrittiva, come originariamente indicato (vedasi art. 6 della Direttiva 89/104/CEE,
ove si parla di "uso conforme agli usi consueti di lealtà in campo industriale e commerciale"),
con conseguente generale liceità dell'uso di un marchio altrui, in funzione non distintiva o
indicativa della provenienza del prodotto ma di mera illustrazione ed informativa al
consumatore delle caratteristiche e qualità e degli impieghi del bene strumentale posto in
commercio, con conseguente inidoneità di ogni effetto confusorio per la clientela. La
disposizione corrisponde a quella dell' art. 21 del vigente C.P.I. del 2005.
Deve dunque osservarsi, in generale, con riguardo ai conflitti marchio/nome patronimico e
ditta/nome patronimico, che, a seguito della Direttiva CEE n. 104/1989 e del D.Lgs. 480/1992
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gli artt. 1 bis e 13 L. M. (oggi artt. 21 e 22 c.p. I.) sono stati inseriti ed innovati nella
disciplina dei marchi registrati, in quanto l' art. 13 della L. M. è stato modificato, una prima
volta, dalla ed. Le. n. 158/1967, prevedendosi che "coloro ai quali spetta il diritto al nome,
alla ditta, alla sigla o insegna hanno facoltà esclusiva di fame uso come marchio purché non
sia costituito da un nome, ditta, sigla, insegna uguale o simile a quello usato da altri in un
marchio anteriore per prodotti o merci dello stesso genere", cosicché si riteneva, vigente tale
normativa (c.c. 2396/1977; c.c. 8157/1992; c.c. 8157/1992; c.c. 9154/1997), che il nome
patronimico costitutivo di un altrui marchio anteriore non potesse essere utilizzato da altri
come marchio "neppure se unito ad elementi differenziatori ", presumendo la legge, in via
assoluta, l'inidoneità di qualsiasi differenziazione ad evitare la confondibilità dei marchi
incorporanti lo stesso nome patronimico (a. Bologna 12/3/1992, Ga., 1992, 2809); l' art. l bis,
introdotto dalla L. 482/1992, ha poi previsto che il titolare di un marchio registrato non può
impedire a terzi l'uso, nella propria attività economica, tra l' altro, del "loro nome purché l'uso
sia conforme ai principi della correttezza professionale e quindi non in funzione di marchio
ma solo in funzione descrittiva". La legge n. 482 del 1992 ha inoltre modificato l' art. 13 1°
comma, contemplando il divieto di adozione come ditta, denominazione o ragione sociale e
insegna, di un "segno uguale o simile all' altrui marchio, se a causa dell'identità o dell' affinità
tra l' attività di impresa dei titolari dì quei segni ed i prodotti o i servizi per i quali il marchio è
adottato possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico che può consistere anche
in un rischio di associazione tra i due segni". L'art. 22 c.p. I, ha inserito anche il "nome a
dominio aziendale".
Si è dunque passati da un regime di esclusività piena, a favore del pre-adottante nel conflitto
con il post-adottante omonimo, che non lasciava spazio all'uso del patronimico da parte del
post-adottante, se non come componente obbligatoria della ditta o ragione sociale, vigente la
Novella introdotta con la L. 158/1967 (ed. Le., che aveva introdotto modifiche al vecchio
testo dell' arti3 L. M.), ad un regime di esclusività ma con limiti: infatti l'uso del patronimico,
da parte del post-adottante, nel marchio, è lecito e conforme alla correttezza professionale,
solo se il marchio, oltre che necessario e veritiero, è complesso ed accompagnato comunque
da altre espressioni di fantasia o comunque distintive (vale a dire con funzione di indicazione
di provenienza del prodotto) e se non ha, nel segno che deve, si ribadisce, essere complesso,
una caratterizzazione o una evidenziazione maggiore degli altri elementi, aventi capacità
differenzianti sufficienti e destinati a prevalere nell' apprezzamento del pubblico (C.C.
10351/1996; T. Biella 21/6/1996, Ga.; 3497; T. Milano 31/10/1994, R. D. I, 1995, II, 166; T.
Milano 23/10/1995, ined.), cosicché l'eventuale uso da parte del post-adottante dì un
patronimico, identico al quello del preadottante, come "cuore" del marchio, cioè come
componente caratterizzante del segno capace di catalizzare l' attenzione del pubblico (e quindi
in funzione distintiva e non meramente descrittiva), confligge comunque ancora con gli usi
onesti e leali del commercio e deve essere ritenuto illecito. E l' art. 21 della L. M. (oggi art. 8
C. P. I.), rimasto sostanzialmente invariato pur dopo la No. del 1992, ove si leggeva, con
riguardo alla registrazione come marchi dei nomi di persona diversi da quello di chi chiede la
registrazione, che "in ogni caso la registrazione non impedirà a chi abbia diritto al nome di
farne uso nella ditta da lui prescelta", pur facendo riferimento genericamente sia alla ditta
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individuale sia alla ditta sociale, deve essere necessariamente letto ed interpretato in modo
coerente a quanto prevedono oggi gli artt. 13 ed 1 bis stessa Legge.
Venendo dunque all'esame delle eccezioni sollevate dalla convenuta, va detto che: 1) quanto
alla legittimazione attiva della Br. ad agire a tutela del segno distintivo "Sa.Sp. ", perché
titolare, il fatto della acquisizione, in capo a detta società, per cessione, del marchio in
questione, sin dal 1999, risulta oltre che dall' atto, prodotto dall' attrice, di "conferma"
dell'intervenuta cessione, sin dal luglio 1999, da parte della Me.Im. (all'epoca amministrata
dalla madre del Re.Sa., Tr.An.), alla Br. del marchio concesso il 1°/9/1998 con il n. 759-178,
per la classe 25 (abiti da sposa), anche, da un precedente ricorso cautelare, promosso dal
Re.Sa., in proprio (prodotto dalla At.Sa., in fase cautelare ante causam, strumentale al
presente giudizio, sub docto 8), il 15/9/2000, sempre dinnanzi a questo Tribunale, nel quale il
ricorrente dava atto di avere anch'egli prestato il proprio consenso, in vista di un possibile suo
inserimento futuro nella compagine sociale, "ali 'uso del marchio "Sa.Sp. " (facente evidente
riferimento al suo nome) " da parte della Br., società con la quale il Sa. ha effettivamente
collaborato, come stilista, nlla creazione di abiti da sposa, prodotti e commercializzati dalla
suddetta società e contraddistinti con detto marchio, dal 1998 e sino alla primavera del 2000;
2) l' attrice ha inoltre documentato il pacifico uso del marchio Sa.Sp., dal dicembre 1999 al
settembre 2000, in epoca dunque antecedente la stessa costituzione della società At. Sa. (docti
5,6,7 atti attrice); 3) quanto alla asserita nullità del marchio "Sa.Sp. ", in quanto anticipato dai
marchi "Savissimo by Re.Sa. " e "Re.Sa. ", registrati dallo stilista Re.Sa., dal 2/8/1989, parte
convenuta non ha dimostrato la perdurante validità di detti marchi, prima della registrazione
del marchio "Sa.Sp. " da parte della Metis Immobiliare srl, essendo stato anzi dalla stessa
At.Sa. documentato (docti 11-12 fase cautelare) che i marchi "Savissimo by Re.Sa. " e
"Re.Sa. ", utilizzati dalla impresa individuale "Savissimo by Re.Sa. " del Re.Sa., già prima del
fallimento, nel 1991, del Re.Sa., erano stati concessi in affitto alla Dimensione Donna srl, la
quale è stata a sua volta dichiarata fallita con sentenza del 23/11/1994; 4) quanto poi alla sua
decadenza, ex art. 14, comma 2° a, c.p. I. (artt. 41 lett. b L. M.), per sua sopravvenuta
ingannevolezza, circa la provenienza dei prodotti dallo stilista Re.Sa., quanto meno a partire
dall' aprile-giugno 2000, epoca di interruzione del rapporto di collaborazione tra lo stilista e la
Br., l'istruttoria espletata ha solo dimostrato che, per un certo arco temporale, tra la primavera
del 2000 ed il gennaio 2001, la Br. non chiarì immediatamente alla clientela lo stato dei suoi
rapporti con il Sa., dichiarando alle clienti che il Sa. era solo momentaneamente assente o
malato e che gli abiti erano ancora disegnati da lui (peraltro i testi De Giovanni, Pi., Co.Gi. e
Pi., Montelisciani hanno invece dichiarato che non veniva fornita una precisa spiegazione sull'
assenza del Sa., in quanto questi si era allontanato improvvisamente, senza spiegazioni, dalla
Br., e che veniva spiegato alla clientela che gli abiti erano realizzati da altra stilista, la Da. Pi.,
sia pure, a volte, con modifiche di bozzetti realizzati in precedenza dal Sa.), ma ciò non vale
ad integrare la eccepita decadenza, sia in quanto si è trattato di singoli episodi (che potrebbero
al più integrare un illecito civile ma nei riguardi non della At. Sa. sas) sia in quanto il Sa. non
era comunque il titolare del marchio "Sa.Sp. " (di cui risulta essere titolare per acquisto per
cessione o legittimo preuso la stessa Br.) ma soltanto lo stilista che aveva, per un certo
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periodo, collaborato con la Br. nella creazione di abiti da sposa, ormai da tempo (dal 1998 o
dal 1999) commercializzati dalla Br. con il marchio in questione.
Ora, il marchio "Sa.Sp. " ed il segno distintivo "At.Sa. " o "At.Sa.Le.Sp. ", utilizzato dalla
società convenuta come marchio, anche nella pubblicità, e come ditta e denominazione
sociale, si sovrappongono indubbiamente, quanto al cuore del primo segno, il nome "Sa. ",
avente effettiva valenza distintiva, determinando un effetto confusorio, anche perché sempre
di abiti da sposa si tratta, e sono stati utilizzati dalla At.Sa., società di persone cui il Sa.Re. è
estraneo, in violazione degli artt. l bis, 13 e 21 L. M. (oggi artt. 22, 21 e c.p. I.), in quanto
l'uso del patronimico (del proprio stilista, non socio) non è stato limitato ad una funzione
meramente descrittiva della provenienza degli abiti da sposa dalla creazione del Sa. (non
essendo sempre accompagnato dalla espressione "abiti disegnati da"), in conformità alla
correttezza e lealtà commerciale, ma al fine di attrarre la clientela, contraddistinguendo i
prodotti commercializzati.
Deve pertanto concludersi che l'impiego del nome "Sa. ", da parte della società At. Sa. sas,
come marchio, ditta e denominazione sociale, per contrassegnare gli abiti da sposa prodotti,
non appare legittimo, in quanto idoneo a creare confusione, stante il richiamo specifico al
cuore del marchio "Sa.Sp. ", utilizzato legittimamente, per cessione, dalla Br., e l'identità del
settore di abbigliamento delle due imprese concorrenti (realizzazione, produzione e
commercializzazione di abiti da sposa), nel pubblico, in ordine alla provenienza dei vestiti
contrassegnati con tali marchi, non essendo lo stesso segno utilizzato in funzione meramente
descrittiva, al fine di specificare lo stilista, Re.Sa., che ha realizzato gii abiti, contrassegnati,
nella commercializzazione.
Inoltre, con riguardo alla denominazione sociale della At.Sa. di Tr. Ma. sas, non essendo il
Re.Sa. neppure uno dei soci della società (costituita nel novembre 2000 tra i soci Tr.Ma.,
socia accomandataria e zia del Re.Sa., ed il Sb.Ad., socio accomandante, vedasi doc. to 17 atti
attrice, non smentito da documentazione contraria), trattandosi di una società di persone, non
vi era alcuna necessità dell'indicazione, nella ragione sociale, oltre al nome del socio
accomandatario (la Tr.), anche del nome "Sa. ", cognome di un soggetto estraneo alla
compagine sociale, laddove poi la corrispondente ditta sociale, ex artt. 2564 ce. e 13 L. M.
(oggi artt. 21 c.p. I.), non può essere utilizzata in modo confusorio.
Va pertanto, ex artt. 63 e 66 L. M., 124 c.p. I., inibito, in via definitiva, alla convenuta At. sas
la produzione, la commercializzazione e l'uso del segno "At.Sa. ", in qualunque forma e
modo, anche a fini pubblicitari, come marchio, ditta e ragione sociale, ed ordinata la
distruzione, alla presenza di incaricati dell' attrice, degli involucri, depliants e confezioni e di
ogni altro materiale commerciale o pubblicitario, recante detto segno (o meglio il segno
complesso "At.Sa.Le.Sp. ", come da provvedimento cautelare del 31/5/2001).
Deve invece essere respinta la domanda attrice di risarcimento dei danni, in difetto assoluto di
prova del pregiudizio subito, in termini di sviamento della clientela o di contrazione effettiva
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del fatturato della Br., per l' anno 2001 (in cui è stata emessa l'inibitoria cautelare),
eziologicamente ricollegabili alla condotta illecita della At.Sa.
Va invece accolta l'istanza di pubblicazione della sentenza, ex art. 65 L.M., oggi art. 126
C.P.I. (applicabile, in tema di contraffazione), nella parte dispositiva, su di una rivista del
settore e su di un quotidiano, a caratteri doppi, a scelta e cura dell' attrice ed a spese della
convenuta, entro il termine di un mese, assolvendo tale misura ad un' autonoma funzione
riparatoria dei danni già verificatisi ed ad una funzione preventiva rispetto a quelli che
potrebbero verificarsi in futuro, anche laddove gli effetti dell' atto dannoso siano già cessati e
non sussista il pericolo di una loro ripetizione (C.C. 5462/1982).
Non vi è poi necessità di irrogare una penale ai sensi dell' art. 63 L. M. (oggi art. 124 c.p. I.),
già applicata in sede cautelare.
Le spese, liquidate come in dispositivo, anche quelle della fase cautelare svoltasi ante causam,
forfetariamente in difetto di notula, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale di Roma, definitivamente pronunciando, in persona del giudice unico Dr. Giulia
lofrida, sulle domande promosse dalla Br. srl, in persona del legale rappresentante p. t., con
atto di citazione notificato il 27/6/2001, nei confronti della At.Sa. di Troiani Maria sas, in
persona del legale rappresentante p. t., nel contraddittorio delle parti, così provvede:
I) accertata l'illiceità della condotta della convenuta, consistita nell'uso del segno "At.Sa. ", in
quanto contraffazione del marchio registrato "Sa.Sp. ", inibisce alla convenuta At. di Troiani
Maria sas, in via definitiva, la produzione e commercializzazione nonché l'uso del segno
"At.Sa. ", in qualunque forma e modo, anche a fini pubblicitari, come marchio, ditta e ragione
sociale, ed ordina la distruzione, alla presenza di incaricati dell' attrice, degli involucri,
depliants e confezioni e di ogni altro materiale commerciale o pubblicitario, recante detto
segno (o meglio il segno complesso "At.Sa.Le.Sp. ", come da provvedimento cautelare del
31/5/2001);
II) ordina inoltre la pubblicazione dell'intestazione e del dispositivo della presente pronuncia,
a caratteri doppi del normale e per una sola volta, su di un quotidiano e su di una rivista del
settore, a cura e scelta dell' attrice ed a spese della convenuta;
III) respinge la domanda attrice di risarcimento danni;
IV) condanna la convenuta al rimborso delle spese processuali in favore dell' attrice, liquidate,
anche per le fase cautelare ante causam, in complessivi Euro 9.896,69, di cui Euro 6.850,00,
per onorari, Euro 2.646,69, per diritti, Euro 400,00 per esborsi oltre rimborso forfetario spese
generali, IVA e CAP come per legge.
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Giurisrudenza
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