credito, un nuovo rapporto tra banche e pmi il nuovo

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credito, un nuovo rapporto tra banche e pmi il nuovo
IL NUOVO RINASCIMENTO È L'IMPRESA
LUGLIO 2015
CREDITO, UN NUOVO RAPPORTO
TRA BANCHE E PMI
I L C E R C H I O D E L L’ E F F I C I E N Z A
Gestione
del
credito
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in Academy
Selezione e
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al lavoro
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Sommario
IL NUOVO RINASCIMENTO È L'IMPRESA
LUGLIO 2015
L’Imprenditore Luglio 2015
Editoriale
CREDITO, UN NUOVO RAPPORTO
4
TRA BANCHE E PMI
Ripresa economica, segnali ancora deboli
di Carlo Robiglio
Credito
LUGLIO 2015
7
Maggiore attenzione ai parametri qualitativi
Intervista a Vincenzo Boccia di Emanuela Cherubini
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Direttore responsabile
Giuseppe Magrì
Vogliamo più trasparenza dalle imprese
A colloquio con Antonio Patuelli di Giulia Avallone
14 Direttore
Carlo Robiglio
Far conoscere il programma Elite
Intervista a Luca Peyrano
Vice direttore
Romano dalla Chiesa
Servizi
Comitato di direzione
Renato Abate, Sebastiano Bongiovanni, Maria Angela Spezia
16 Un settore che chiede più sostegno
di Gianni Luciani
Coordinamento redazionale
Paola Centi
18
Opinioni
Vito Ruggieri Fazzi, Gianni Luciani, Sebastiano Vassalli
Hanno collaborato
Giulia Avallone, Federica Bandini, Patrizia Caridi,
Emanuela Cherubini, Gloria Ciarpella, Francesca De Silvestri,
Gianluca Fiorindi, Irene La Rosa, Pietro Mambriani,
Martina Mondelli, Massimiliano Pillon, Fabio Poles,
Silvia Tartamella, Chiara Santarelli,
Eugenio Staltari-Ferraro, Sergio Torrisi
Expo 2015
20 27
Eccellenze da imitare
La parola a...
Stampa
Arti Grafiche Boccia SpA
Via Tiberio Claudio Felice, 7
84131 Salerno
29
Foto
Agenzia Sintesi, Contrasto, Studio Franceschin, Agf, Infophoto.
La foto di Sebastiano Vassalli a pag. 68 è tratta
da un fotogramma del video “Dal riso al rosa”
(©Butterflu Cinematografica).
Cesare Azzali e Nicola Calzolaro
Europa
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Per un’Europa più connessa
di Pietro Mambriani
Finito di stampare
Luglio 2015
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Scommessa vincente
Intervista a Gianpiero Lotito
L’Imprenditore online
L’Imprenditore è sfogliabile anche in versione digitale
su tutte le piattaforme tablet, smartphone e desktop.
Industria 4.0, il nuovo presente
A colloquio con Gianluigi Viscardi di Gianluca Fiorindi
Progetto grafico e impaginazione
Crea Identity srl
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www.limprenditore.com
Occasioni da non perdere
di Patrizia Caridi con il contributo di Federica Bandini,
Irene La Rosa, Massimiliano Pillon ed Eugenio Staltari-Ferraro
26 [email protected]
Bloccati dalle procedure
di Sergio Torrisi
@L_Imprenditore
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L’Europa recuperi il suo spirito originario
Intervista a Massimiliano Salini
PI
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Non esiste prodotto senza comunicazione
Intervista a Lorenzo Sassoli de Bianchi di Silvia Tartamella
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Innovare per creare ricchezza
Startup
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Insieme si cresce
Intervista a Marco Cantamessa
50
Tecnologia al servizio del welfare
A colloquio con Stefano Casati di Martina Mondelli
Piccole imprese grandi storie
Editore
Servizio Italiano Pubblicazioni
Internazionali SIPI spa
Viale Pasteur, 6 - 00144 Roma
tel. 065920509 - fax 065924819
52
56
Imprenditoria immigrata
Amministratore Delegato
Luigi Paparoni
58
Aut. Tribunale di Roma n.138
del 29 gennaio 1949
Gli inserzionisti di questo numero
Arti grafiche Boccia, Inaz, La Veneta Servizi,
Liquigas, Mapei, Pedrollo, Progetto Lavoro,
Rem Tech.
Made in Italy per piccoli lord
di Chiara Santarelli
Presidente
Antonella Mansi
Concessionaria di pubblicità
H.P. 10 Srl
Milano - Via A. Verga 12 - tel. 0248003799
Innovazione e responsabilità binomio di un successo
Intervista a Salvatore Amitrano
Importante ponte culturale
A colloquio con Natale Forlani di Francesca De Silvestri
60
L’altra faccia dell’immigrazione
Mercati esteri
62
Ripartire da Dakar
Intervista a Giulio Saccardi
Innovarea
ABBONAMENTI
PER 10 NUMERI Euro 37,00
PER L'ESTERO Euro 47,00
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64
Germogli per il futuro
di Fabio Poles
Turismo
64
Destinazione Italia
di Vito Ruggieri Fazzi
Letteratura d ’ impresa
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Se uno scrittore ragiona sulla coltivazione del riso
di Sebastiano Vassalli
Dal territorio
70
Crescita e competitività, lavori in corso
Editoriale
Ripresa economica
segnali ancora deboli
CARLO ROBIGLIO
Richiamando le recenti dichiarazioni del Presidente Squinzi, il quale ha ancora ricordato come occorra
procedere con urgenza alle riforme per risolvere i problemi strutturali del Paese, è di tutta evidenza
come i segnali di ripresa siano ancora deboli e per questo sia necessario quanto prima favorire le
precondizioni per aumentare la fiducia e gli investimenti. Più volte, nelle sedi istituzionali e non solo,
abbiamo sottolineato come occorra puntare ad una crescita del pil con valori pari o superiori al 2%
affinché si possa creare stabilmente occupazione. In tale direzione dobbiamo quindi riconoscere al
governo, di aver lanciato negli ultimi mesi un importante segnale nella giusta direzione, attraverso
il Jobs Act, del quale non possiamo non dare, soprattutto come Piccola Industria, un giudizio complessivamente positivo.
Ancora a margine della recente presentazione a Bologna, dei dati sugli “Scenari economici”, elaborati
dal Centro Studi di Confindustria, il vice presidente Carlo Pesenti è ritornato sull’importanza per il
Paese di realizzare le riforme attese da anni. Dai dati elaborati appare chiaro come l’economia italiana
stia lentamente risalendo ma non si tratta di una vera ripresa; per una serie di elementi congiunturali
dovuti a diversi fattori, l’attività economica sta migliorando, ma l’obiettivo fondamentale è quello
di ricolmare un gap pesante rispetto agli altri paesi. In tale direzione il vice presidente Pesenti ha
ricordato come il momento sia favorevole e si renda quindi necessaria una riforma del sistema dei
contratti di lavoro e della distribuzione del reddito legata alla produttività, elemento imprescindibile
per ritornare a crescere.
È quanto mai evidente oggi una forte aspettativa, che ci induce a ritenere che gli effetti benefici del
Jobs Act si dispiegheranno dalla seconda metà del 2015; a seguito di una attenta analisi infatti, appare
chiaro come gli attuali esiti positivi, con la ripresa delle assunzioni a tempo indeterminato, dipendano
in larga parte dalle riduzioni contributive introdotte dalla Legge di Stabilità. Gli auspicati effetti del Jobs
Act si vedranno più avanti e dovrebbero portare prevedibilmente ad alcune immediate ricadute sul
nostro sistema economico. In primo luogo se ne dovrebbero vedere i benefici su quelle aziende che
4
Luglio 2015
producendo beni di alta tecnologia, saranno incentivate così a produrre nel nostro Paese. In seconda
battuta ne dovrebbero derivare forti incrementi degli investimenti in ricerca e sviluppo, in innovazioni
di processo e in formazione del personale. Verso tale direzione, riteniamo che il Jobs Act possa agevolare il percorso, creando nuovi posti di lavoro e aiutando una ripresa ancora estremamente debole.
In conclusione, non possiamo non condividere un timido ottimismo per il futuro prossimo. Molti dati
confermano che, dopo anni di crisi, dalle imprese arrivano finalmente segnali positivi. Per il secondo
trimestre consecutivo si registra un consolidamento del clima di fiducia. Ora la maggioranza delle
aziende manifatturiere si attende per i prossimi mesi un aumento, sia pure senza esprimere grandi
numeri, di produzione, ordini e occupazione: non accadeva da tempo.
È anche vero che, dal confronto con molti colleghi imprenditori, arriva la conferma che molte aziende,
maggiormente legate al mercato nazionale e prive di sbocchi naturali verso l’export, soffrono ancora
il perdurante periodo di stallo nei consumi interni.
L’effetto Jobs Act sta facendosi sentire in molte aree del Paese e quindi bisogna dare atto all’azione
del governo ed in particolare al ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Giuliano Poletti, del percorso intrapreso, ma occorre portare a termine sia la riforma del lavoro sia le altre riforme sul tavolo.
I prossimi passaggi necessari, nell’ambito del Jobs Act, riguardano la rilettura complessiva degli attuali
ammortizzatori sociali che oggi offrono un sostegno economico ai lavoratori che hanno perso il
posto di lavoro ma che, di fatto, non aiutano il loro effettivo reinserimento.
In estrema sintesi si potrebbe concludere rammentando al governo che: innovazione, crescita
dimensionale delle pmi, incentivi sulla ricerca ma anche riforme su burocrazia, giustizia, fisco ed
appalti, dovranno rappresentare per i prossimi mesi la rotta verso la quale ci si dovrà muovere senza
riserve. Le Imprese tutte, a incominciare dalle pmi, sapranno fare, come sempre, la propria parte; ci
aspettiamo ovviamente altrettanto da chi ha l’importante e non semplice compito della gestione
della “cosa pubblica”! Luglio 2015
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Credito
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INTERVISTA A VINCENZO BOCCIA, PRESIDENTE COMITATO TECNICO CREDITO E FINANZA CONFINDUSTRIA
Maggiore attenzione
ai parametri qualitativi
Imprese e liquidità: questo il binomio chiave. Liberare le imprese da un’eccessiva dipendenza
dal credito bancario, portarle a utilizzare strumenti di finanziamento alternativi, dai minibond
al private equity, rafforzare il rapporto con le banche puntando a dare maggiore valore agli
elementi qualitativi. Tutti aspetti su cui Confindustria si sta impegnando molto, per sostenere le aziende, soprattutto le pmi, in una fase ancora difficile: dalle moratorie (la prima è del
2009), all’Agenda per il credito, dal progetto Elite, al tavolo di dialogo con le banche previsto
dall’ultimo accordo di marzo 2015.
Il credito è sempre stato un vulnus per le imprese, soprattutto quelle di più piccola dimensione, e per questo terreno di grande impegno per Confindustria.
Assolutamente sì, soprattutto in questi lunghi anni di crisi nei quali, da un lato, abbiamo contribuito alla messa a punto di strumenti importanti per dare ossigeno e liquidità alle imprese,
dall’altro ci siamo mossi per costruire un approccio strutturale, organico di politica del credito,
con una serie di soluzioni che si incastrano tra loro come le tessere di un puzzle utile a migliorare non solo la situazione delle aziende, rendendole più strutturate, forti e competitive, ma
anche quella del paese. La crescita, infatti, è un obiettivo cui deve tendere non solo il sistema
produttivo, ma il paese intero. È un traguardo che va raggiunto dentro le imprese, vero, ma
anche fuori, nei fattori di contesto, altrimenti abbiamo macchine efficientissime che corrono
su strade piene di buche, non ha molto senso.
E come vi siete mossi?
Lungo due direttrici: la prima, affrontare l’emergenza per sostenere quell’area “grigia” di imprese che dovevano superare le difficoltà della crisi e mettersi nelle condizioni di agganciare
la ripresa. La seconda, sostenere la crescita di quelle aziende che invece hanno retto agli urti
della crisi, hanno i fondamentali a posto e per svilupparsi di più hanno ora bisogno di una vera
strategia finanziaria. Le faccio l’esempio delle moratorie, dalla prima che abbiamo firmato nel
2009 molte cose sono cambiate. In 6 anni sono state sospese rate per 24 miliardi di euro.
L’impostazione allora era dare un po’ di fiato alle aziende a corto di liquidità. Oggi l’accordo
per la moratoria esce dalla dimensione originaria di emergenza e diventa strategia finanziaria
e anche chi ne ha usufruito in passato, può farne richiesta. >
Luglio 2015
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LE IMPRESE DEVONO DIVENTARE
BRAVE A RACCONTARE I LORO
PUNTI DI FORZA E LE LORO
POTENZIALITÀ E LE BANCHE
DEVONO DIVENTARE PIÙ BRAVE
A VALUTARLI.
Credito
Le banche vi hanno dato ascolto?
Sì, abbiamo sempre perseguito il dialogo,
il confronto utile a trovare soluzioni. Mai lo
scontro o il conflitto. Il tavolo banche-imprese
che partirà prossimamente punta proprio a
proseguire il rapporto proficuo che siamo stati
capaci di creare in questi anni con le banche,
cercando di dare valore maggiore agli elementi
qualitativi rispetto ai parametri quantitativi. Le
imprese devono diventare brave a raccontare
i loro punti di forza e le loro potenzialità, e le
banche devono diventare più brave a valutarli.
C’è già qualche esempio positivo: alcuni istituti
si stanno muovendo con successo proprio in
questa direzione.
Bastano le banche a dare credito?
No. Anzi. La strada è andare verso una minore
dipendenza dal credito bancario, grazie all’utilizzo di strumenti diversi di finanziamento,
come il private equity o i minibond. Nel 2014 le
emissioni di minibond sono state 48 per circa
465 milioni. Nella prima parte del 2015 sono
state 17 per 109 milioni. Un altro strumento
per stimolare il mercato dei capitali è il Fondo
Italiano d’Investimento, promosso nel 2010 da
Confindustria con Mef, Cdp, Abi e le principali
banche italiane.
Si muove in questa logica anche il progetto
Elite, che volete allargare.
Abbiamo lanciato Elite in Italia nel 2012 insieme a Borsa Italiana e finora vi hanno aderito
quasi 200 aziende. Già allora l’obiettivo che
ci eravamo entrambi posti era di diffonderlo il
più possibile. Oggi questo obiettivo è diventato
realtà: a giugno abbiamo firmato con Borsa
Vincenzo Boccia
Italiana un protocollo che prevede la nascita degli Elite desk, sportelli distribuiti presso
le sedi delle nostre associazioni territoriali e
settoriali per diffondere una nuova cultura
finanziaria.
Qui gli imprenditori potranno ricevere informazioni sull’attività e l’evoluzione del programma. Le imprese devono avere maggior
consapevolezza delle opportunità offerte dai
mercati finanziari, con cui devono imparare a
dialogare, e allo stesso tempo essere consce
anche delle loro potenzialità per capire come
valorizzarle al meglio.
L’obiettivo finanza strategica era uno dei
tasselli dell’Agenda per il credito.
Perché la finanza può effettivamente diventare
elemento strategico per lo sviluppo dell’imprenditoria italiana, fatta soprattutto di piccole
e medie imprese. Il rapporto degli imprenditori
con il mondo della finanza va trasformato da
un punto di vista culturale, perché l’apertura
del capitale non deve fare più paura, ma anche
in termini di mera convenienza economica.
È un bacino di liquidità enorme che oggi abbiamo a disposizione: non utilizzarla sarebbe
grottesco. EMANUELA CHERUBINI
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A COLLOQUIO CON ANTONIO PATUELLI, PRESIDENTE ABI
Vogliamo
più trasparenza
dalle imprese
I PROTOCOLLI D’INTESA E GLI ACCORDI SIGLATI NEGLI ULTIMI ANNI DA ABI E CONFINDUSTRIA
HANNO PORTATO POSITIVI RISULTATI, SOPRATTUTTO GRAZIE ALLE MISURE CHE HANNO CONSENTITO
DI SOSPENDERE I DEBITI DELLE PMI VERSO IL SISTEMA CREDITIZIO. IL RECENTE ACCORDO
PER IL CREDITO 2015, SIGLATO LO SCORSO 31 MARZO, PERMETTE ANCHE ALLE PMI
CHE NE HANNO GIÀ USUFRUITO DI PRESENTARE UNA NUOVA RICHIESTA.
Gli sforzi messi in campo sono sufficienti per aiutare le imprese ad agganciare la ripresa?
Le banche operanti in Italia hanno fatto e faranno la loro parte, cercando sempre soluzioni
comuni ai problemi con l’obiettivo di individuare, nell’ambito di un costante confronto con il
mondo produttivo, gli strumenti più efficaci per intervenire. I risultati sinora conseguiti premiano questo approccio: dal 2009 ad oggi le misure messe a punto dall’Abi e dalle associazioni
imprenditoriali hanno consentito a oltre 450mila piccole e medie imprese di sospendere o
allungare la durata dei finanziamenti in essere, per un totale di 120 miliardi di debito residuo
sospeso e circa 6 miliardi di debiti riscadenzati. Questo ha dato respiro alla parte sana del
mondo imprenditoriale nella fase più acuta della crisi. Passata la tempesta, da parecchi mesi
registriamo i primi timidi ma concreti segnali di inversione del ciclo: le possibilità di sviluppare
la ripresa sono concrete e in tal senso il mondo bancario sta compiendo tutti gli sforzi possibili per accompagnare questo processo. Un’impresa che si indebita per avviare progetti di
investimento può godere, nell’attuale frangente, di tassi d’interesse mai così bassi nella storia
dell’Italia unita. Le banche chiedono di finanziare progetti imprenditoriali sani: ora è il turno
degli imprenditori.
10
Luglio 2015
Il tavolo di dialogo banche-imprese, previsto dall’Accordo per il
credito 2015, dovrebbe aprire una stagione di maggiore attenzione
ai parametri qualitativi nell’erogazione del credito. Quanto conta
che le imprese imparino a raccontarsi meglio e a spiegare quelli
che sono i parametri intangibili?
Alle micro, piccole e medie imprese è senza dubbio richiesto uno
sforzo di sempre maggiore trasparenza e chiarezza nella relazione
con le banche.
La puntuale descrizione della struttura aziendale e dell’andamento del
settore in cui opera l’azienda, la definizione di politiche di gestione
dell’impresa coerenti, la credibilità dei progetti di sviluppo futuro sono
senza dubbio parametri qualitativi che rileveranno sempre più nei
processi di selezione ed erogazione del credito. A ciò si aggiungono
altri fattori caratterizzanti, come una netta separazione tra patrimonio
personale dell’imprenditore e patrimonio dell’impresa, la presenza
nei quadri societari di professionisti dedicati alle questioni finanziarie
e, soprattutto, la trasparenza della gestione amministrativa e fiscale.
Già oggi la stessa normativa di vigilanza prevede un ruolo delle informazioni qualitative all’interno dei sistemi di rating interni.
Tale ruolo va rafforzato.
Quali altri strumenti possono essere messi in campo per favorire il
dialogo banche-imprese e rendere le aziende più “attraenti”?
Migliorare la relazione è prioritario e credo che i mezzi per meglio
dialogare siano numerosi. Mi lasci tuttavia riprendere il concetto
accennato al termine della precedente risposta: la legalità fiscale è la
premessa fondamentale per determinare il merito di credito. Inoltre,
non è possibile finanziare imprese che non partecipano al rischio, ma
dipendono solo dal credito bancario. Se le imprese – metabolizzata la
fase di ripresa in cui le esportazioni stanno crescendo, con la speranza
che ciò avvenga anche per i consumi interni – vorranno investire di più,
troveranno nel mondo bancario degli interlocutori attenti e interessati.
A patto che la domanda di credito giunga da aziende sane, con una
struttura patrimoniale rafforzata e in grado di assicurare trasparenza
della propria condizione fiscale e reddituale.
Le imprese per ripartire hanno bisogno di carburante, l’ampliamento
del ventaglio delle modalità di finanziamento diventa sempre più
urgente. In che modo il sistema bancario può venire incontro alle
imprese nel reperimento di strategie e canali di credito alternativi
e innovativi?
Le pmi, che costituiscono la gran parte del tessuto imprenditoriale
italiano, presentano spesso una struttura finanziaria squilibrata e
troppo dipendente dal canale bancario. Allo stesso tempo soffrono
frequentemente di una generalizzata fragilità patrimoniale che le rende
deboli e ostacola il loro sviluppo. >
Credito
Antonio Patuelli
Luglio 2015
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PAROLA
d’impresa
A
PA’imRpOrLesa
d
2015
Premio al miglior progetto pubblicitario
su carta stampata e new media per le PMI
Piccola Industria e UPA promuovono la cultura della comunicazione
nelle piccole e medie imprese di Confindustria.
Alle aziende vincitrici un budget media complessivo
di 500.000 euro*
IscRIzIOnI APeRte fInO AL 4 setteMbRe 2015
Con il sostegno di:
In collaborazione con:
*Per maggiori dettagli consultare il regolamento sul sito: paroladimpresa.confindustria.it
Alla luce di tutto ciò, appare indifferibile l’avvio di virtuosi percorsi di crescita, tesi al consolidamento del tessuto imprenditoriale e alla trasformazione di una parte delle micro e piccole imprese in medie e, in parte, anche in grandi imprese.
Forme alternative di finanziamento, dai minibond all’ingresso di fondi specializzati nella compagine azionaria, sino alla
quotazione su segmenti dedicati di Borsa italiana, potrebbero favorire questo processo: in tale ottica le banche sono
fondamentali alleate delle imprese, cui potrebbero offrire servizi qualificati di consulenza e assistenza.
Il Quantitative Easing (QE) ha immesso sui mercati enorme liquidità: le banche sono riuscite e riescono a trasferirla
realmente alle imprese?
Il QE si sta trasmettendo all’economia reale. Il suo misurabile effetto è un’ulteriore riduzione dei tassi, oggi ai minimi
storici. Questo spiega anche l’incremento delle nuove erogazioni di prestiti, ad esempio per l’acquisto delle abitazioni,
cresciuti nel primo trimestre 2015 del 50,4% annuo.
Ma anche guardando ai finanziamenti alle imprese, +8,1% annuo nel periodo gennaio-marzo, lo scenario che emerge
è quello di uno stretto legame tra l’attuale livello dei tassi e i dati di flusso.
Confidiamo che la tendenza si consolidi nei prossimi mesi, finendo con l’impattare positivamente anche sulle consistenze, ovvero l’ammontare totale dei finanziamenti, tutt’oggi ancora in leggera contrazione sebbene il dato di maggio
2015 (-0,8%) rappresenti il miglior risultato da tre anni a questa parte. GIULIA AVALLONE
> Il Tableau de Bord® di Istituto Piepoli per L’Imprenditore <
L’indagine evidenzia un indicatore di fiducia degli imprenditori nei confronti della propria banca abbastanza positivo (87% hanno
fiducia). Tuttavia secondo gli intervistati i rapporti tra le banche e le pmi nel corso degli ultimi anni sono peggiorati per il 46%. Le aree
critiche del rapporto tra le pmi e il sistema bancario risultano principalmente i tassi di interesse e l’accesso al credito: rispettivamente
con il 29% e il 23% delle citazioni. Da segnalare al terzo posto, con il 15%, il poco supporto alla crescita dell’azienda.
Roberto Baldassari
Presidente Istituto Piepoli
Quanto ha fiducia nella sua banca?
Secondo Lei i rapporti fra le banche e le pmi
negli ultimi tre anni sono ...
13%
non hanno fiducia
9%
Molto peggiorati
45%
Rimasti uguali
87%
7%
Migliorati
hanno fiducia
Molto migliorati
peggiorati 46%
37%
Peggiorati
migliorati 9%
2%
In quale servizio in particolare trova carente la sua banca?
29%
Tassi di interesse
23%
Facilità ad ottenere il credito
15%
Poco supporto alla crescita dell’azienda
12%
Competenza del personale allo sporrtello
Poca trasparenza
Altro
7%
4%
(Nessuno 10%)
Tableau de Bord® è un marchio regolarmente registrato presso il Mise - Ministero per lo Sviluppo Economico, Direzione Generale per la lotta alla contraffazione
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Credito
INTERVISTA A LUCA PEYRANO
RESPONSABILE PRIMARY MARKETS CONTINENTAL EUROPE BORSA ITALIANA
Far conoscere
il programma Elite
Negli ultimi anni Borsa italiana e Confindustria
hanno collaborato per supportare la crescita delle aziende italiane. All’inizio di giugno
hanno firmato un accordo che prevede la
nascita degli Elite desk, info-point distribuiti
su tutto il territorio nazionale nelle sedi delle
associazioni territoriali e settoriali del sistema
confindustriale. Presso gli Elite desk le aziende
potranno ricevere informazioni dettagliate su
attività e evoluzione del programma. Figure
chiave degli Elite desk saranno i referenti territoriali, che potranno proporre a Borsa Italiana
le candidature di una o più società.
le non si ferma ma va anzi ad un livello più
profondo. Il recente accordo per l’istituzione
degli Elite desk vuole facilitare ancor di più la
conoscenza a livello locale delle opportunità
del programma Elite per tutte le imprese ambiziose e con obiettivi di crescita, rivolgendosi
a quelle aziende che vogliono intraprendere
un percorso di avvicinamento agli investitori
e al mercato dei capitali. Distribuiti su tutto il
territorio nazionale nelle sedi delle associazioni
territoriali e settoriali del sistema confindustriale, presso gli Elite desk le aziende potranno
ricevere informazioni dettagliate su attività
ed evoluzione del programma. Figure chiave
degli Elite desk saranno i referenti territoriali, che potranno proporre a Borsa Italiana le
candidature di una o più società.
Quali sono gli obiettivi ed i risultati che si
propone?
La collaborazione fra Confindustria e Borsa
Italiana nasce dalla volontà comune di supportare le piccole e medie imprese nel proprio
percorso di crescita. Quando nel 2012 abbiamo
lanciato il programma Elite, Confindustria è
stata tra i primi partner nel progetto, credendo fortemente insieme a noi nella necessità
di un cambiamento culturale per le imprese
italiane. Oggi che quel progetto è diventato
un programma di successo, esportato in tutta
Europa con più di 200 imprese partecipanti,
il dialogo con l’associazione confindustria-
A suo avviso esiste davvero un interesse degli
investitori nei confronti delle piccole e medie
imprese italiane?
Le piccole e medie imprese italiane costituiscono la vera spina dorsale della nostra
economia. Siamo leader mondiali in oltre 240
nicchie di settore e il made in Italy è internazionalmente riconosciuto come sinonimo
di eccellenza e qualità. Borsa italiana crede
molto nelle piccole e medie imprese e oltre
14
Luglio 2015
Luca Peyrano
al programma Elite, di cui ho già parlato, offre
a queste aziende una serie di strumenti che
vanno dal debito all’equity.
Nel 2009 abbiamo avviato Aim Italia, il mercato dedicato alle pmi, che oggi è in pieno
sviluppo. Uno degli aspetti cruciali legati all’ulteriore consolidamento di questo mercato è
l’ampliamento della fascia degli investitori.
Al momento le pmi quotate su Aim Italia intercettano investitori focalizzati sulla qualità
delle aziende e interessati alle potenzialità di
sviluppo del business.
Quali sono i requisiti principali per quotarsi
su Aim Italia?
Aim Italia è nato sul modello dell’omonimo
mercato inglese con alcuni adattamenti al contesto domestico. L’obiettivo è quello di offrire
alle aziende un percorso più semplificato e
meno oneroso rispetto al mercato principale.
Il requisito numero uno che una società deve
soddisfare per l’ammissione su Aim Italia è
quello di dotarsi di un Nomad che la deve
accompagnare e seguire a partire dalla fase di
ammissione e per tutto il successivo periodo
di permanenza sul mercato con un’attività
di tutoring continua, affinché la società sia
sempre in grado di rispettare gli adempimenti
previsti dal regolamento del mercato.
In fase di ammissione, la società deve predisporre soltanto il documento di ammissione, che riporta le informazioni utili per gli
investitori relative all’attività della società, al
management, agli azionisti e ai dati economico-finanziari.
Una volta quotata, la società non deve presentare i resoconti trimestrali di gestione, ma
solo il bilancio e la relazione semestrale e
non deve pubblicare altra documentazione
per effettuare aumenti di capitale successivi.
E quali quelli per partecipare a Elite?
Elite è stato pensato per le aziende eccellenti
che non si sentono ancora pronte per il passo
della quotazione. Elite è una piattaforma unica
di servizi integrati pensata per aiutare le piccole
e medie imprese a realizzare i loro progetti
di crescita. Attraverso Elite le società accedono alle competenze industriali, finanziarie
e organizzative giuste per vincere le sfide dei
mercati internazionali.
Le aziende selezionate sono eterogenee per
fatturato e settore di attività ma sono accomunate da un forte orientamento alla crescita;
si tratta di aziende virtuose e ambiziose che
puntano all’internazionalizzazione e all’apertura del capitale.
Oltre a ciò, sono stati fissati alcuni requisiti economici in termini di ricavi, risultato operativo
sul fatturato e tasso di crescita. Vorrei precisare
che le società sono state tutte selezionate
da un comitato di valutazione indipendente
Quanto conta per le imprese saper rintracciare dei canali alternativi al credito bancario
per il reperimento di liquidità?
È sicuramente fondamentale. La dimostrazione
l’abbiamo avuta in questi ultimi anni. Il mercato
dei capitali ha avuto un ruolo centrale nel
periodo del cosiddetto credit crunch. Il nostro
mercato si è posto come canale alternativo
per eccellenza.
Questo ha favorito di certo anche un cambio
culturale e di mentalità tra gli imprenditori, che
per la prima volta hanno guardato alla Borsa
in modo naturale. (G.A.)
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Un settore
che chiede
più sostegno
di Gianni Luciani, Presidente FISE – Federazione Imprese di Servizi
In Italia ormai da diversi anni il settore dei
servizi, nel suo complesso, è in forte ed evidente crescita. Lo testimoniano i dati forniti
dall’Autorità sui contratti pubblici, ora Anac,
che registrano un valore doppio degli appalti
pubblici di servizi rispetto alle opere; lo conferma il grande sviluppo di settori come il Facility
management dei patrimoni immobiliari che
conta 135 miliardi di fatturato potenziale stimato e oltre 2,5 milioni di lavoratori impiegati;
lo attesta la crescente industrializzazione di
tutti i servizi ambientali e di gestione e recupero dei rifiuti, nonché la progressiva apertura
alla concorrenza di quelli che erano i grandi
monopoli pubblici nazionali nei servizi di interesse generale.
In termini più generali, sottolineo che la quota di valore aggiunto nel settore dei servizi
“vendibili” (cioè esclusa la Pubblica amministrazione), che nel 1970 era pari al 37,1%,
nel 2014 è salita al 53,3%; parimenti, nello
stesso periodo di tempo, la quota di occupati
a tempo pieno negli stessi servizi è cresciuta
dal 24,5% al 42,3%.
Negli ultimi anni di crisi economica (20082014) nell’industria si sono persi più di un
milione di posti di lavoro, mentre nei servizi
il dato sull’occupazione ha fatto registrare un
significativo incremento (+100.000).
Crescono le dimensioni di mercato, crescono
le aziende, cresce la percezione dell’importanza economica, industriale ed occupazionale
dei servizi; le più recenti analisi del Centro Studi
di Confindustria attestano l’importanza di un
legame stringente tra attività manifatturiera
e servizi, anche sotto il profilo della localizzazione, e come i servizi operino in maniera
integrata, e non subalterna, rispetto alla stessa
produzione industriale.
Contro l’equazione “appalti = corruzione”, che
negli ultimi mesi sembra essersi radicata nei
mezzi di informazione e nell’opinione pubblica,
è oggi necessaria per gli appalti di servizi una
normativa di riferimento chiara e certa, che
eviti i diffusi fenomeni di illegalità.
Sotto questo profilo, la preannunciata riforma
del Codice dei contratti pubblici sembra andare nella direzione giusta, soprattutto se sarà
adeguatamente semplificato e reso flessibile
l’attuale quadro normativo.
Va decisamente qualificato il livello di attenzione per il settore dei servizi (in considerazione delle peculiarità che lo distinguono dal
manifatturiero come dall’edilizia), attraverso la
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Servizi
Luglio 2015
OCCORRE CONSIDERARE I SERVIZI NON COME
UN COSTO DA TAGLIARE, MA COME UN FATTORE
PRODUTTIVO IN GRADO DI GENERARE
Gianni Luciani
EFFICIENZA E QUALITÀ PER CITTADINI E PUBBLICA
AMMINISTRAZIONE, SE SUPPORTATO DA UN
ADEGUATO QUADRO NORMATIVO CHE VALORIZZI
LE CAPACITÀ IMPRENDITORIALI IN UN AMBIENTE
CONCORRENZIALE SANO E REGOLATO.
creazione di un tavolo permanente di confronto istituzionale che sappia affrontare le sfide,
le criticità e le ampie possibilità di crescita del
settore. Su questo punto, abbiamo ricevuto
un importante e positivo riscontro da parte
del Ministero dello Sviluppo economico e
contiamo di raggiungere primi risultati concreti
entro l’autunno.
Un vice ministro con delega specifica al vasto
mondo dei servizi rappresenterebbe il naturale
compimento di quella nuova cultura politica
verso il mercato e l’economia che questo
governo ha dimostrato di avere, oltre ad essere una prova di coraggiosa testimonianza
verso un comparto economico nel quale è
racchiuso un elevato “contenuto di futuro”
del nostro paese.
Più in generale, occorre considerare i servizi
non come un costo da tagliare, ma come un
fattore produttivo in grado di generare efficienza e qualità per cittadini e Pubblica amministrazione, se supportato da un adeguato
quadro normativo di sostegno che valorizzi
le capacità imprenditoriali in un ambiente
concorrenziale sano e regolato che contribuisca a rendere più efficiente e moderna la
spesa pubblica.
Luglio 2015
E, in questo contesto, vanno certamente portati a termine i processi di razionalizzazione
della spesa pubblica, che non passano solo
attraverso lo sviluppo delle Centrali di acquisto,
e più in generale di una adeguata qualificazione di tutte le Stazioni appaltanti, ma anche
attraverso adeguati processi di semplificazione
delle procedure che garantiscono certezza
del diritto. Diverse le sfide da affrontare per
raggiungere questi ambiziosi obiettivi.
La prima e più importante è il contrasto del
massimo ribasso (in favore dell’offerta economicamente più vantaggiosa) che troppo
spesso costituisce un finto risparmio per la
Pubblica amministrazione e nasconde invece lievitazione dei costi, pratiche scorrette di subappalto, diffusione di lavoro nero,
quando non fenomeni di corruzione, come
le vicende di cronaca degli ultimi mesi stanno
ampiamente testimoniando. Dopo decenni
in cui i servizi sono stati relegati ad un ruolo
subalterno rispetto al manifatturiero, qualcosa
si sta finalmente muovendo in questa direzione anche sul fronte normativo. Nel testo del
nuovo Codice degli appalti, che scaturirà dal
disegno di legge delega per il recepimento
delle Direttive europee sugli appalti pubblici
17
e concessioni, registriamo una nuova, importante attenzione al tema degli appalti pubblici
di servizi. Accanto ad un rafforzamento degli
strumenti di controllo, si prevede il tendenziale
superamento del massimo ribasso, l’individuazione di strumenti di qualificazione delle
Stazioni appaltanti e delle imprese, l’attenzione alle specifiche peculiarità dei servizi, con
particolare riguardo a quelli labour intensive.
Non si può non accogliere positivamente
anche le previsioni che intendono limitare il
ricorso indiscriminato agli affidamenti diretti
tra enti pubblici in una logica di salvaguardia
della concorrenza e, quindi, dell’efficienza della
spesa pubblica. Confidiamo che questo sia il
primo passo per riprendere i processi di liberalizzazione dei servizi pubblici o di interesse
pubblico, contrastando l’eccessiva “invadenza”
delle aziende promosse e partecipate dalle
amministrazioni che operano in condizioni di
monopolio in attività che potrebbero essere affidate alla concorrenza del mercato, favorendo
così lo sviluppo di imprese competitive anche
a livello internazionale e, soprattutto, portando significativi risparmi alla finanza pubblica
insieme ad altrettanto evidenti miglioramenti
della qualità dei servizi erogati. Bloccati dalle procedure
I RISULTATI DI UNO STUDIO PROMOSSO DALLA FEDERAZIONE IMPRESE DI SERVIZI DI CONFINDUSTRIA
IN COLLABORAZIONE CON IL CENSIS ILLUSTRA IL PUNTO DI VISTA DEGLI OPERATORI DEL SETTORE
SU TEMATICHE QUALI CONCORRENZA, TRASPARENZA, APPALTI E OCCUPAZIONE.
Il mercato dei servizi è oggi troppo contratto e appesantito dalle procedure, ma con notevoli potenzialità inespresse, contraddistinto da
una competizione che si gioca ancora troppo sul costo del lavoro, con
processi di liberalizzazione bloccati da una “lobby pubblica” attenta a
non modificare gli assetti esistenti. Al contempo sono forti i progressi
compiuti negli ultimi anni sul piano della trasparenza, dell’innovazione
tecnologica e della reputazione.
Dalle norme contenute nel Jobs Act ci si aspetta benefici effetti sull’occupazione: il 40% delle imprese prevede nuove assunzioni.
È questo lo scenario che emerge dallo studio Censis-Fise “Il Valore
del Servizio - Concorrenza e trasparenza nel mercato dei servizi”,
presentato recentemente a Roma, che illustra il punto di vista degli
operatori del settore su tematiche di stretta attualità, quali concorrenza,
trasparenza, appalti e occupazione.
“A fronte di una non indifferente crescita del valore economico dei
servizi, della massiccia modernizzazione del settore e della costante
qualificazione delle imprese”, si legge nello studio, “non si intravede
nel paese e nelle istituzioni quel salto culturale che permetta di considerare i servizi come una componente essenziale per la crescita, un
mercato che merita una politica industriale come gli altri”.
“Una maggiore cultura aziendale nel settore dei servizi”, evidenzia il
presidente del Censis Giuseppe De Rita, che ha seguito personalmente
i diversi step della ricerca “farà traino per la ripresa e da esempio nel
miglioramento della trasparenza”. Diversi i temi approfonditi dall’analisi.
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Luglio 2015
Giuseppe De Rita
Servizi
Concorrenza
Quando si parla di concorrenza e dei problemi ad essa connessi,
oltre un terzo delle aziende (il 36%) non ha esitazioni nel dire che il
vero problema riguarda l’esasperata competizione sul solo costo del
lavoro; altre criticità, come l’estensione incontrollata dei monopoli
legali in ambiti di mercato (16,8%) o la farraginosità delle procedure
(13%), sono sì importanti, ma non così determinanti.
L’85,3% del campione ritiene che il processo di liberalizzazione dei
mercati sia bloccato o fortemente condizionato da lobby pubbliche
che cercano di mantenere gli attuali equilibri.
Tale chiusura del mercato in favore del cosiddetto in house è giudicata
dal 70% del campione inaccettabile, anche se solo la metà di questi
pensa che sia aumentata negli ultimi 10 anni.
Eppure, anche in presenza dei fenomeni descritti e della perdurante
situazione di crisi, il 36,2% ritiene che negli ultimi 2-3 anni si siano
aperti per il proprio settore dei nuovi spazi di mercato. Un dato decisamente positivo.
Per il raggiungimento di un mercato più dinamico le complesse procedure amministrative (da snellire) restano il principale ostacolo per il
50,3% delle imprese di servizi; significativo il fatto che meno del 20%
creda invece che sia necessario un incentivo diretto al lavoro. Se ne
deduce che, a giudizio delle imprese, il mercato ci sia, ma è bloccato
in un recinto normativo da cui le risorse non riescono ad uscire.
Gare d’appalto
La maggior parte degli intervistati ritiene che rispetto a 10 anni fa le gare
di appalto siano più corrette (52,1%). Resta però maggiore diffidenza
per quel che riguarda l’intera procedura di affidamento: solo il 44,8%
ritiene che negli ultimi 10 anni la trasparenza sia aumentata, un dato
che si spiega col fatto che le insidie maggiori sembrano annidarsi, o
almeno questa è l’opinione degli imprenditori, più nelle pieghe delle
decisioni collaterali all’affidamento, che non nella gara vera e propria.
Altro tema di forte interesse per le aziende di servizi sono le gare al
massimo ribasso. Un disagio che traspare fortemente nelle risposte
date dalle imprese: l’82,3% ritiene che esse penalizzino la qualità e
gli investimenti; una situazione non sostenibile, visto che solo il 7,3%
pensa che ormai tutti abbiano imparato a fare offerte “all’osso”.
Occupazione
Malgrado un mercato non pienamente dinamico, le previsioni sull’occupazione sembrano positive; più del 40% dei responsabili delle
imprese ritiene che il Jobs Act avrà effetti benefici sull’occupazione,
generando un aumento delle assunzioni.
Innovazione tecnologica
L’innovazione tecnologica del settore dei servizi ha un ruolo sempre
più forte. Per il 52,1% dei rispondenti la tecnologia cambia giorno dopo
giorno il modo di prestare servizi, mentre per un altro 21% l’innovazione
è già avvenuta e le aziende hanno saputo adeguarsi. Infine, un quarto
del campione ritiene che la tecnologia abbia un ruolo marginale,
perché il grosso del lavoro viene compiuto con metodi tradizionali
Prospettive per le pmi
Nel settore dei servizi gli scenari futuri per le piccole imprese, invece,
sembrano essere assai complicati; per il 37,2% del campione infatti le
PMI sono spinte fuori dal mercato dalle grandi imprese, per il 10,4%
dalle imprese pubbliche e parapubbliche, mentre solo poco più del 10%
ritiene che per le piccole imprese non ci siano particolari preclusioni.
Più sfumato invece il giudizio sulle aziende ex monopoliste; solo il
32,1% le ritiene elemento inaccettabile nel mercato, mentre il 29,1%
pensa che non ostacolino poi così tanto il mercato, il 35,2% pensa
che siano nocive solo per alcune attività, evidentemente non quelle
che li riguardano.
La reputazione
Quello della scarsa reputazione delle imprese di servizi è un vecchio
problema, su cui però negli ultimi anni sono stati fatti sforzi notevoli,
sforzi che sembrano essere stati premiati, visto che per quasi un terzo
del campione la reputazione del settore è in aumento, in parte perché
adeguatamente compreso, in parte perché ci si è accorti che i servizi
creano ricchezza e occupazione. Ancora migliore il giudizio sulla
reputazione della propria azienda: per il 37,8% è in miglioramento e
solo l’11% la considera in calo. Luglio 2015
SERGIO TORRISI
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Occasioni da non perdere
REPORTER PER CENTOTTANTA GIORNI. QUATTRO DEI 50 RAGAZZI SELEZIONATI PER IL PROGETTO GIOVANI DI CONFINDUSTRIA
EXPO 2015 SONO IMPEGNATI NELLA PROMOZIONE DEL SITO, TRA PALAZZO ITALIA, LA CASA DEGLI ITALIANI E FAB FOOD,
LA MOSTRA DI CONFINDUSTRIA SULL’ALIMENTAZIONE INDUSTRIALE SOSTENIBILE.
ECCO COME CI INVITANO A VISITARLI SENZA LASCIARCI SFUGGIRE LE EMOZIONI PIÙ GRANDI.
Expo 2015
20
Luglio 2015
L’avventura dei ragazzi in Expo è iniziata già da quasi due mesi e per molti di loro si sta rivelando
un’esperienza unica e irripetibile, dall’alto valore professionale ma anche dalla grande portata
emozionale “ ... essere parte attiva di un team pronto ed efficiente, capace di lavorare in squadra
e di gestire con impegno e attenzione le criticità che si presentano per il buon funzionamento
di un meccanismo imponente come quello dell’Esposizione, non può che farci crescere”.
Ogni giorno vissuto sul sito regala loro nuove conoscenze e tante interazioni con migliaia di
visitatori – italiani e stranieri, famosi e non – attirati e incuriositi dal Bel Paese e dal tema “Nutrire
il pianeta, energia per la vita“. Saranno proprio 4 di questi neolaureati, vincitori dell’edizione
2015 del progetto formativo confindustriale, ad accompagnarci nel racconto del percorso di
visita di due attrazioni di Padiglione Italia che si stanno rivelando tappe imperdibili di quest’edizione milanese della kermesse. PATRIZIA CARIDI
FAB FOOD.
LA GRANDE BELLEZZA DEL CIBO ITALIANO
di Federica Bandini e Irene La Rosa
Passeggiando sul Cardo, una grande bocca
rossa, allegra e colorata cattura i visitatori di
Expo e incuriosisce su Fab Food. Sembra la
porta di un vecchio Luna Park stile anni ’60,
spalancata e pronta a ingoiarvi. Un pit stop
d’obbligo per tutti: chiunque, si ferma là davanti e si inventa pose divertenti per scattare
la classica foto ricordo, magari facendo finta
di essere mangiato o di essere così alto da
riuscire a toccare l’enorme ugola. Che ci sarà
dietro la bocca?
Entriamo e siamo subito ammaliati da grandi
piatti bianchi che ruotano al centro della sala,
mostrando in modo giocoso la preparazione
di alcune eccellenze culinarie rigorosamente
made in Italy: lasagne, ravioli, caprese, tiramisù, etc.
I visitatori si avvicinano ai piatti come a voler
prendere una porzione di ogni pietanza, mentre sulle pareti scorrono le immagini di salumi,
frutta e verdura che viene affettata e succhi e
bevande che vengono lentamente versati. La
grande bellezza del cibo italiano. Impossibile
non farsi venire l’acquolina in bocca.
Continuiamo a camminare e ci troviamo ai
Luglio 2015
Juke Box dei desideri, dove ognuno può scegliere il proprio cibo preferito tra una vasta
gamma di alimenti e bevande. Per circa 40
secondi i visitatori, soprattutto i più piccoli,
osservano con stupore la preparazione virtuale della loro scelta raccontata attraverso
le immagini di un simpatico cartone animato.
Normalmente dobbiamo precisare loro, a
malincuore, che il cibo o la bevanda selezionati non si materializzeranno e non ci sarà
nulla da mangiare o da bere. In compenso
però, al termine della preparazione virtuale,
si stampa un adesivo con un codice a barre
che andrà tenuto fino alla fine. E per ora non
vi diciamo il perché.
Lasciamo invece il piano terra, quello del
gusto, con alcune domande che ci invitano
a riflettere: il cibo che mangiamo è sano? È
sicuro? Ne mangiamo troppo? È sostenibile?
Saliamo le scale e al piano di sopra ci troviamo
di fronte a Nutrire il pianeta, l’attrazione che
mette in risalto l’importanza della cooperazione tra i diversi attori per risanare e riequilibrare
il pianeta. È interessante ascoltare i commenti
positivi sulla struttura del gioco, scelta per >
21
sensibilizzare le persone su temi che possono
rappresentare vie di non ritorno.
Arriva poi il turno di Crescere giusto, la postazione sicuramente più apprezzata.
Il tema trattato è quello dell’efficienza: produrre di più scegliendo le giuste risorse ed
evitando gli sprechi, vestendo per 120 secondi
i panni dell’agricoltore o dell’allevatore. Si è
chiamati a far crescere in modo sano ed efficiente una pianta o un animale attraverso il
lancio di alcune palline con cui fare centro in
una buca illuminata. Dagli imprenditori alle
diverse autorità che hanno visitato la mostra,
dai professori agli alunni, dai genitori ai figli,
tutti si sono messi in gioco nel vero e proprio
senso della parola e si sono divertiti nella prova
di abilità con grande entusiasmo. Se pensate
che i giochi siano conclusi, vi sbagliate.
FabFood continua con Obiettivo sicurezza: qui
bisogna riordinare le diverse fasi di lavorazione
della filiera agro-alimentare. Una prova che
serve a far capire come l’industria operi in
sicurezza e quali siano le fasi che dalla materia
prima portano al prodotto finito che arriva sulle
nostre tavole. Nonostante un po’ di difficoltà
nella guida di un “muletto” digitale, ancora
una volta ci si mette nei panni dell’industria
provando a ordinare le diverse fasi di lavorazione di un determinato prodotto alimentare
scelto, divertendosi, ma stando attenti anche
a non sbagliare perché, come ricorda la scritta
che appare alla fine del gioco: “l’industria non
ammette errori!”. Una volta ottenuto il prezioso
“bollino sicurezza”, che garantisce cibi sani e di
qualità sulle nostre tavole, i visitatori possono
giocare con una fila di specchi e vedere il loro
fisico deformarsi – virtualmente, si intende
– per spiegare però quanto importanti siano,
per una buona forma fisica, le nostre scelte
alimentari e lo stile di vita che conduciamo.
Dovreste vedere quanta gente si guarda allo
specchio, ridendo e scherzando sulle proprie
immagini deformate, più alte, più basse, ma
soprattutto più larghe o più sottili. E qui, il
selfie è d’obbligo: un click, e le simpatiche
foto vengono postate subito sui social per
condividerle con gli amici.
Dagli specchi, al passato. Per far comprendere infatti al meglio quanto l’innovazione e la
tecnologia – in campo medico, scientifico e
alimentare – abbiano contribuito a migliorare
il nostro stile di vita, alcuni personaggi del
passato si raccontano nella giostra Riflessi di
tecnologia. Dalla pastorizzazione, alla conservazione degli alimenti, a tutte quelle tecniche
e scoperte che hanno reso le nostre vite più
longeve e di qualità superiore.
Riscendiamo le scale e troviamo l’ultima gio-
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DAGLI IMPRENDITORI ALLE DIVERSE AUTORITÀ
CHE HANNO VISITATO LA MOSTRA, TUTTI SI
SONO DIVERTITI NELLA PROVA DI ABILITÀ
CON GRANDE ENTUSIASMO.
Luglio 2015
Expo 2015
stra: Ricette di innovazione. Qui le associazioni
di Confindustria coinvolte nel progetto di mostra
presentano le loro “ricette” alle sfide presenti e
future dell’alimentazione sostenibile, mettendo
la ricerca al centro dell’industria e integrandone
i risultati nello sviluppo di prodotti e processi.
Non è finita. Vi ricordate lo sticker del Juke Box?
Adesso è il suo momento.
Scansionandolo sotto i lettori di codice a barre
presenti alla fine del percorso ci vengono regalate delle chicche sul cibo scelto: chi vuole, per
simboleggiare l’equilibrio del sistema e lasciare
un segno della visita, può attaccarlo alla Bilancia
dell’equilibrio, la grande bilancia d’argento che
porta i segni dei quasi 50mila visitatori che sono
passati di qua in questi primi due mesi di apertura.
A detta delle tante persone che hanno visto la
mostra, Fab Food spicca per originalità e spessore
scientifico grazie alla forza dei messaggi che sono
dietro a ogni attrazione. È bello vedere come,
giorno dopo giorno, grazie anche all’impegno
di tutto lo staff, nel padiglione Confindustria si
mescolano condivisione, cambiamento, relazioni,
energia, entusiasmo e tecnologia.
Un mix di ingredienti che rendono Fab Food divertente, simpaticissima, pop, innovativa e formativa,
tappa imperdibile sul Cardo per grandi, piccini,
famiglie e istituzioni.
Voi che idea vi siete fatti? Venite a vederla dal
vivo: vi aspettiamo! Luglio 2015
ORGOGLIO ITALIA, PAESE
DI ECCELLENZE E CONTRADDIZIONI
di Massimiliano Pillon ed Eugenio Staltari-Ferraro
Appena varcati i tornelli di Expo si ha subito la sensazione di uscire dai confini
dell’Italia per entrare in una realtà unica. È Milano, ma siamo al centro del mondo.
Colori, profumi, stili architettonici, tutto condensa le peculiarità dei singoli Stati ed
esalta l’atmosfera tipica di ogni paese presente. Palazzo Italia non delude.
Già da fuori, la sua sagoma bianca e brillante, rende perfettamente l’idea del saper
fare italiano: un cemento a prova di ambiente, capace di assorbire l’inquinamento
atmosferico. Dentro, la mostra delle identità Italiane, ci porta nel cuore delle tradizioni regionali e delle eccellenze che riassumono le componenti del nostro essere
nazione. La mostra, organizzata in quattro filoni narrativi – le “Potenze” del Saper
fare, della Bellezza, del Limite, del Futuro – è un’esperienza cognitiva e sensoriale
apprezzata già da centinaia di migliaia di persone, che sin dal mattino si mettono
in coda per vedere ciò che il genio italiano produce.
“All’inizio ero scettico, ma ne è valsa davvero la pena, anche se abbiamo fatto due
ore di fila”. È la frase che si sente con più ricorrenza lungo la mostra di Palazzo
Italia, ed è anche l’affermazione che al meglio riassume lo spirito con cui i visitatori
si approcciano al nostro Padiglione. Lo scetticismo dell’inizio si fonde alla soddisfazione e all’orgoglio della fine. Due facce della stessa medaglia, che ci legano
inestricabilmente a un paese pervaso da bellezze e contraddizioni.
L’Italia a Expo si è voluta raccontare partendo proprio da questo contrasto, invitando
il visitatore a un’esperienza di riflessione e presa di coscienza.
La mostra si sviluppa su tre piani, dove vengono illustrate le quattro potenze dell’Italia. Il primo impatto è la sala del saper fare, dove le voci di 22 imprenditori italiani,
in rappresentanza di 19 regioni, 2 province autonome e Roma Capitale, raccontano
le loro storie, impegnati come sono ogni giorno a rendere la nostra terra ricca e
produttiva, anche con occasioni limitate e in condizioni di contesto non favorevoli.
Questi “eroi del saper fare” rappresentano le eccellenze del made in Italy, mettendo
in risalto la loro abilità e il loro intuito nel coniugare arte, creatività, capacità, innovazione e sostenibilità.
Salendo al secondo piano si va incontro alla potenza della bellezza. Tuttavia,
prima di godere di questo spettacolo tutto italiano, si passa attraverso la chaos room, una sala con pavimento instabile, luci stroboscopiche e forti rumori, che crea una sensazione di disagio, con l’intento di rappresentare la crescita
senza regole. Un passaggio con tanto di informativa sui rischi appesa all’entrata:
“Attenzione: alcuni soggetti potrebbero manifestare senso di disorientamento …”.
Una volta usciti da questo spazio di confusione e malessere, ci troviamo di fronte
a 21 monitor raffiguranti incidenti e disastri naturali. L’obiettivo è quello di dimostrare come l’uomo, con azioni non controllate, sia in grado di rovinare il delicato
equilibrio che sorregge la bellezza. Abbiamo compreso quindi le conseguenze di
un mondo senza regole? >
23
Expo 2015
Acquisita questa consapevolezza arriviamo nel punto della mostra in
cui le persone si soffermano più tempo, creando i maggiori ingorghi:
21 panorami e 21 capolavori architettonici – grazie a pareti fatte interamente di specchi – raccontano il Bel Paese facendo letteralmente
immergere il visitatore nei gioielli della penisola, nelle sue magnificenze
artistiche, culturali e paesaggistiche.
Orgoglio ed estasi pervadono le sale della bellezza per lasciare poi
spazio ad una riflessione: cosa sarebbe il mondo senza l’Italia? Proseguendo il percorso infatti ci si imbatte in un plastico dell’Europa
con un grande vuoto al centro del Mediterraneo: la penisola è stata
rimossa dalle mappe. Il tema dell’influenza italiana brillantemente
spiegato da personalità di fama internazionale tra cui Ferran Adrià,
chef spagnolo, Philippe Starck, architetto francese e Kengo Kuma,
designer giapponese. Segue poi un corridoio gestito dall’Istituto dei
Ciechi di Milano, in cui c’è buio totale.
Qui i visitatori, accompagnati da una persona non vedente, vengono
bruscamente gettati nella sensazione della perdita della vista, percependo il mercato solo attraverso il tatto, l’udito e l’olfatto. Questo è il
punto più toccante dell’intera esposizione, dove molte persone, entrando in empatia con il loro accompagnatore, arrivano a commuoversi.
La vista viene poi ritrovata nel migliore dei modi, godendo ancor di
più del grande impatto visivo di un quadro simbolo dell’arte italiana:
La Vucciria di Guttuso, che simboleggia il mercato come elemento
fondante dell’identità italiana e come creatore di relazioni sociali
attraverso l’unione di cibo, territorio e persone.
Con gli occhi pieni di tutte le meraviglie che abbiamo e che troppo
spesso dimentichiamo, entriamo nella Potenza del Limite. Limite inteso
non come ostacolo ma come opportunità.
Solo se si incontrano degli ostacoli si possono cercare e trovare soluzioni e solo attraverso l’innovazione, si può andare verso il futuro,
innescando quella scintilla che ci separa dalle fangose acque del
passato, sfruttando il nostro bagaglio culturale, paesaggistico e sociale. Ventidue storie di imprese agricole, agroalimentari, artigianali
sottolineano la più specifica delle grandezze italiane, la nostra capacità
di esprimere il meglio di noi stessi nelle circostanze più proibitive, la
potenza più vicina alla virtù del limite.
21 PANORAMI E 21 CAPOLAVORI ARCHITETTONICI, GRAZIE A PARETI FATTE
INTERAMENTE DI SPECCHI, RACCONTANO IL BEL PAESE FACENDO
LETTERALMENTE IMMERGERE IL VISITATORE NEI GIOIELLI DELLA PENISOLA,
NELLE SUE MAGNIFICENZE ARTISTICHE, CULTURALI E PAESAGGISTICHE.
24
Luglio 2015
Queste storie, raffigurate con ologrammi ai lati della sala, vengono
simbolicamente raccolte dalle radici dell’Albero della vita, il quale le
trasmette con le sue fronde all’intera umanità in senso di condivisione.
Ad essere maggiormente affascinati da queste meraviglie tecnologiche,
sono proprio i giovani, incuriositi da ciò che le menti dei loro coetanei
sono riuscite a concepire.
Il limite poi fa da passerella al futuro, la quarta ed ultima potenza della
mostra. Qui l’Italia si propone in un duplice “vivaio”. Prima fisico, con
una grande “vasca” a forma di stivale, dove ogni regione ha scelto una
pianta rappresentativa del proprio territorio per celebrare la grande
biodiversità che caratterizza il nostro territorio. Poi un vivaio intellettuale, il “Vivaio-Scuola”, che ospita ogni giorno quattro appuntamenti
in cui gli studenti presentano i progetti sviluppati in classe. Uno spazio
fondamentale della mostra che permette di valorizzare i protagonisti
del futuro: i ragazzi.
L’Italia di Expo si è voluta raccontare così. Con un percorso denso di
pathos e di emozioni. Regalando al visitatore un’esperienza unica.
Per non dimenticare che il pianeta, le persone, i cittadini, si nutrono
anche dello stare insieme, pervasi dal saper fare, dalla bellezza, e,
grazie alla capacità di innovazione, anche dalla voglia di andare verso
il futuro in maniera sostenibile. Luglio 2015
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Piccola Industria a Expo
INDUSTRIA 4.0, IL NUOVO PRESENTE
Il progresso nelle tecnologie digitali sta rivoluzionando il modo di fare impresa e con esso gli attuali
equilibri economici. Non è più “futuro”, ma un “nuovo presente” che l’Italia deve riuscire a vivere
da protagonista, una “quarta rivoluzione industriale” che le imprese italiane dovranno trasformare
da rischio in opportunità. A settembre Piccola Industria Confindustria dedicherà a questo tema un
incontro in Expo. Abbiamo chiesto a Gianluigi Viscardi, vice presidente Piccola Industria e promotore
dell’iniziativa, quali saranno le sinergie tra pmi e Cluster e tanto altro.
Lei è stato da poco nominato presidente del Cluster tecnologico nazionale Fabbrica Intelligente. Cosa intendiamo per “fabbrica intelligente”? È un’opportunità per le
pmi italiane?
Intanto sono davvero onorato di questa nomina, che mi consente di mettere in campo l’esperienza
di anni di lavoro in prima linea, in azienda come nelle varie associazioni, per diffondere la cultura
dell’innovazione. Tutto nasce con il Cluster tecnologico nazionale Fabbrica Intelligente (CFI) e con
l’Associazione Fabbrica Intelligente a livello lombardo (AFIL). L’obiettivo è mettere intorno allo stesso
tavolo enti di ricerca, università, centri di trasferimento tecnologico e il mondo delle imprese per
creare una visione del futuro tecnologico del paese, in un vero spirito di Open Innovation.
Con il bando del Miur del 2012, abbiamo proposto un piano strategico che ha portato Fabbrica Intelligente tra gli 8 Cluster nazionali. Ne sono seguite attività di coordinamento e la stesura di un documento di Road Map divenuto riferimento imprescindibile per Miur e Mise in fase di stesura del loro Piano
Nazionale della Ricerca per i prossimi anni.
La “fabbrica intelligente” del futuro sarà completamente interconnessa, ruoterà attorno ai Big Data, alla robotica, alla sensoristica
avanzata e sistemi di visione, tutte innovazioni che stanno rivoluzionando i processi manifatturieri, rendendoli più flessibili, tracciabili, per lotti produttivi sempre più piccoli e personalizzati. Sarà inoltre una fabbrica “a misura d’uomo”: al centro specializzazioni
e creatività, quindi capitale intellettuale. Verranno eliminati i lavori usuranti. Dobbiamo tuttavia pensare che le pmi italiane soffrono
di una debolezza storica: sono fortemente dinamiche e ingegnose ma non ricevono supporto, né economico né di sistema, per
stimolare il proprio processo innovativo. Il Cluster, in tal senso, rappresenta quindi un’opportunità concreta.
Perché i Cluster possono aiutare le imprese a vincere la sfida dell’innovazione?
Il Cluster oggi costituisce per le imprese una delle principali leve per mettere in moto il “circolo virtuoso” dell’innovazione. Abbiamo
bisogno che le piccole e medie imprese, con le loro competenze e creatività, partecipino attivamente ai Cluster, per portare a casa
un valore aggiunto per le proprie attività.
L’evento di Piccola Industria si rivolgerà con particolare attenzione alle nuove generazioni. Ritiene importante coinvolgere
gli studenti e perché in Expo?
Intanto credo che una realtà come quella dei Cluster vada promossa per raggiungere e coinvolgere più imprese possibili tra quelle
che fanno dell’innovazione il loro spirito promotore. Per questo abbiamo pensato a Expo come ad un palcoscenico di rilievo, sia
per un coinvolgimento delle pmi che per la risonanza internazionale dell’evento. Il mondo delle imprese deve “guardare avanti”, ma
lo deve fare a 360°. Quindi tecnologia da un lato, ma anche future risorse dall’altro, quindi gli studenti di oggi. L’evento Expo è una
vetrina attrattiva per le giovani generazioni. Si è pensato quindi di inserire proprio in questo contesto il tema del Cluster, perché è
una forma di collaborazione che aggrega imprese dello stesso settore (come per i Cluster del food), e che si prefigge di migliorare
la qualità di vita di persone e lavoratori, e che per sua natura va oltre i confini nazionali.
In Italia “innovazione” è ormai una parola d’ordine trasversale, che vede l’impresa in prima linea. Quale è la prima cosa, a suo
avviso, su cui intervenire per poter davvero cogliere la sfida della “Industria 4.0”?
Mi sento di dare una risposta che, probabilmente, è un po’ controcorrente. Per cogliere la sfida è innanzitutto necessario impostare
un metodo di lavoro, cioè far convergere tutte le risorse disponibili, le diverse associazioni settoriali e il mondo industriale verso
il comune obiettivo di un nuovo modello di fabbrica, evitando dispersioni di energie, cercando di scrivere un unico spartito che
permetta a tutti di suonare la stessa musica.
La compattezza strutturale intorno a questo progetto renderebbe più efficace tutte le iniziative che poi ne nascerebbero, a partire da
una forte politica industriale che abbia a cuore questi temi e che sostenga quindi le attività dei Cluster. Non possiamo permetterci
di perdere questa occasione. GIANLUCA FIORINDI
26
Luglio 2015
ECCELLENZE DA IMITARE
Il Consiglio Centrale Piccola Industria dello scorso giugno a Expo è stato il
primo dei quattro eventi programmati da Piccola Industria all’interno della
kermesse milanese.
L’incontro è stato occasione per approfondire un tema caro a Piccola Industria
e che ha portato al recepimento nell’Investment Compact della figura delle
pmi innovative, imprese che hanno i requisiti per poter competere e vincere
nel mondo.
Al riguardo si è avuto il contributo di Federico Visconti, da poco nominato ordinario
di strategia aziendale dell’Università Liuc di Castellanza, che ha presentato i risultati
dell’Osservatorio sulla competitività delle pmi della Sda Bocconi da lui coordinato. Si tratta
di un osservatorio che ha analizzato, tra il 2008 e il 2013, i bilanci delle aziende dai 5 ai 50
milioni di euro di fatturato, circa 45.000 italiane che rappresentano il 5,7% del totale, occupano
2.317 milioni di addetti ma che riescono a produrre il 37,7% del pil. Sono prevalentemente
di piccola dimensione: il 53,7% ha un fatturato tra i 5 e i 10 milioni di euro e il 34,6% tra i 10
e i 25 milioni; solo l’11,7% supera i 25 milioni di euro. Nel corso dell’incontro è emerso che
il 2013 è stato finalmente un anno di ripresa e in questa fase la dimensione aziendale non
risulta rilevante. In un contesto di crescita irregolare sono state infatti proprio le imprese
più piccole a reagire meglio alla crisi e a riprendendersi anche più velocemente. Al crescere
della dimensione aziendale vi è infatti una minor redditività degli investimenti, accompagnata comunque da un aumento della redditività delle vendite e della solidità patrimoniale.
Funzionale alla crescita è la struttura proprietaria: l’osservatorio evidenzia infatti come la
condizione ottimale per crescere sia un’equilibrio tra frammentazione e concentrazione. In
Italia. il 60% delle pmi rimane caratterizzato da una proprietà molto concentrata (un singolo
azionista detiene un controllo diretto superiore al 50%) e, se queste aziende sono cresciute
di più fino al 2011, hanno poi rallentato rispetto alle altre.
Tra le imprese analizzate esiste un sottoinsieme definito come “pmi di successo”, che si
distingue per una solidità finanziaria superiore alla media. Nel dettaglio, hanno registrato
un tasso di crescita dell’8,2% rispetto al 3,1% delle altre, sono caratterizzate da una redditività
significtiva: il loro Roi medio è risultato del 15,7% rispetto al 7,2% delle altre.
Ma sono ancora poche e si tratta di aziende con meno di 25 milioni di fatturato, localizzate
nel Nord Italia e con un età che va dai 10 ai 50 anni.
Rappresentano un potenziale di sviluppo per l’intero paese che deve essere imitato dalle
altre imprese e diventare sempre più ampio.
A tal proposito, Visconti ha sottolineato che “risulta necessario accettare una logica selettiva.
Occorre perciò iniziare a mettere in discussione alcuni modi di fare impresa e sopratutto
prendere spunto dalle eccellenze.”
Per questo il dibattito che ha concluso l’evento si è focalizzato sulle possibili misure da
introdurre per poter contare su un sistema produttivo composto da molte
più imprese di successo, che diventino campioni su cui contare per trainare
la ripresa italiana.
“La staticità attuale è il vero momento di difficoltà – ha commentato il presidente di Piccola Industria Alberto Baban – e sta a noi impegnarci in prima
linea. Circa il 69% del pil italiano è fatto da pmi, e sono queste, siamo noi, a
doverci attivare. Chi può far bene, deve crederci, divenire capo filiera e trainare
la ripresa.”
(G.F.)
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La parola a...
PROSEGUIAMO IL VIAGGIO NELLE ASSOCIAZIONI DEL SISTEMA CONFINDUSTRIA
PER CAPIRE, DALLE NOSTRE “SENTINELLE“ SUL TERRITORIO, LO STATO DI SALUTE
DELLE ECONOMIE LOCALI, TRA SEGNALI DI SPERANZA E CALI DI ORDINATIVI,
TRA RIPRESA DELL’EXPORT E RIDUZIONE DEI CONSUMI. UNA FOTOGRAFIA DI
COME STA CAMBIANDO IL SISTEMA PRODUTTIVO, NELLA QUALE SI INSERISCE
UN’IMPORTANTE TRASFORMAZIONE DELLA NOSTRA CONFEDERAZIONE: LA
RIFORMA PESENTI. IN QUESTO NUMERO ABBIAMO ASCOLTATO UNA VOCE DEL
NORD E UNA DEL SUD: CESARE AZZALI, DIRETTORE UNIONE PARMENSE DEGLI
INDUSTRIALI, E NICOLA CALZOLARO, DIRETTORE DI CONFINDUSTRIA SALERNO.
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La parola a...
Cesare Azzali
Azzali Rispetto alle difficoltà iniziate a fine 2011, nel secondo semestre 2014 l’attività economica della nostra provincia ha mostrato piccoli segnali di ritorno alla
crescita. Secondo Unioncamere-Prometeia, il pil della provincia di Parma nel 2014
ha registrato un incremento dello 0,3% in linea con il dato regionale e le attese
per il futuro vanno verso un progressivo miglioramento con un + 1,2% nel 2015 e
un +1,8% per il 2016. Sono dati che trovano riscontro tra gli imprenditori associati.
Infatti, come rileva il nostro Ufficio Studi, il giudizio portafoglio ordini relativo a
questi ultimi mesi evidenzia per l’industria un saldo positivo che migliora, passando
in sei mesi dal +7% al +16%.
In generale, il sentimento di fiducia tra gli imprenditori che hanno risposto all’indagine risulta ai massimi livelli rispetto agli ultimi anni, trainato dal successo delle
produzioni parmensi sui mercati internazionali. Vi sono anche timidi segnali di
ripresa dell’occupazione: dopo sette semestri, il saldo giudizi relativo alle previsioni
per l’occupazione è tornato positivo.
Quale la situazione dell’economia locale?
Calzolaro Registriamo timidi segnali di ripresa. Il sentiment tra i nostri imprenditori
indica, in alcuni settori, un arresto della caduta di ordini e fatturato, una prospettiva
di ampliamento dei mercati esteri, una percezione sostanzialmente positiva rispetto
agli anni bui della crisi.
Secondo le rilevazioni del nostro Ufficio Relazioni Industriali il ricorso agli ammortizzatori sociali cui assistiamo ormai da diversi anni si mantiene ancora su ritmi
sostenuti, ma con qualche accenno di diminuzione rispetto allo scorso anno.
Emerge, infatti, una tendenziale diminuzione del ricorso alla Cigo tra i primi cinque
mesi del 2015 rispetto ad analogo periodo del 2014. Per quel che riguarda la Cigs
si evince un trend in leggera diminuzione del ricorso allo strumento straordinario.
Nicola Calzolaro
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Luglio 2015
Azzali Parma vanta una consolidata tradizione di produzioni alimentari di qualità elevata, molte delle quali
Dop, che affondano le radici nel tempo ed hanno saputo
innovarsi nel rispetto delle proprie peculiarità e della
propria origine. Sono queste stesse produzioni che i
mercati internazionali apprezzano.
Non solo: il settore alimentare è il primo a livello provinciale per fatturato estero, ma la percentuale di produzione
destinata all’esportazione è ancora bassa.
Esistono quindi grandi potenzialità di crescita internazionale. In termini di vocazione all’export e di straordinaria
capacità innovativa, al settore alimentare si affiancano
poi quello dell’impiantistica e della chimica-farmaceutica, con tante realtà che, al di là della dimensione, sono
conosciute in ogni parte del mondo.
Azzali La situazione presenta una forte eterogeneità, sia
tra settori diversi che all’interno di uno stesso settore. In
generale però a soffrire di più sono le aziende che non
hanno saputo esprimere capacità innovativa, così come
quelle legate al mercato domestico che stenta a ripartire.
Tra queste, il settore delle costruzioni è quello che,
anche a Parma, ha pagato il prezzo più alto per la crisi
iniziata nel 2007, trascinando con sé i settori collegati,
quali i materiali per l’edilizia e il settore del legno-arredo. Il 2014 sembra mostrare un’inversione di tendenza;
le compravendite di immobili ad uso abitativo sono
cresciute del 5% rispetto al 2013, ma è ancora difficile
comprendere se si tratta di un dato temporaneo o se si
può parlare di ripresa del settore.
Quali i punti di forza del vostro
sistema imprenditoriale?
Calzolaro Il settore agro-alimentare è sicuramente un
fiore all’occhiello del nostro sistema economico, attraverso la produzione delle conserve di pomodoro,
della mozzarella di bufala e delle tante eccellenze del
territorio. Anche la meccanica di precisione e il settore
della plastica fanno registrare ottime performance sia
sui mercati nazionali che internazionali.
Un altro comparto trainante è sicuramente il turismo:
la costiera Amalfitana richiama turisti da tutto il mondo,
Paestum è una meta di interesse storico culturale riconosciuto e la stessa città di Salerno, negli anni, è divenuta meta dei flussi turistici nazionali. A ciò si aggiunga
la presenza di uno scalo portuale che registra ottime
performance sia per lo scalo merci che passeggeri.
Quali invece i settori che presentano
maggiori criticità?
Calzolaro Tutti i settori hanno risentito in maniera trasversale della crisi. Alcuni hanno trasformato la crisi in
opportunità, rafforzando la loro presenza sui mercati
internazionali. Molti hanno investito in ricerca ed innovazione concentrando gli sforzi sul perfezionamento
di un nuovo processo, un prodotto e una nuova forma
di organizzazione. Probabilmente il comparto che oggi
ha più difficoltà a ripartire è il settore delle costruzioni,
oltre ai comparti che, per la peculiarità della loro attività,
interagiscono con il sistema pubblico. >
Salerno
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Fiera di Parma
Azzali L’Associazione ha recentemente deliberato un investimento di 5 milioni di euro per la ricapitalizzazione della società
di gestione dell’Aeroporto Giuseppe Verdi, infrastruttura ritenuta
strategica dagli imprenditori.
L’Unione ha contribuito a far nascere il polo fieristico di Parma
e ne continua a sostenere l’attività. Fin dalla sua fondazione poi,
sostiene il Collegio europeo di Parma nella sua azione formativa
post-universitaria di giovani provenienti da tutto il mondo.
Più di recente, ha promosso e coordinato un tavolo che rappresenta l’intero sistema istituzionale e produttivo parmense ed ha
l’obiettivo di promuovere l’immagine di Parma nei confronti delle
delegazioni straniere presenti a Expo Milano 2015.
Azzali Un tema sicuramente decisivo per lo sviluppo economico di Parma è costituito dal completamento di alcune
dotazioni infrastrutturali che risultano ampiamente in ritardo
rispetto all’epoca in cui sono state individuate come motore
della crescita del territorio.
La prima in ordine di importanza è la realizzazione della
TI-BRE; subito dopo vengono il completamento dell’adeguamento della linea ferroviaria pontremolese, la realizzazione di un collegamento, attraverso una metropolitana
di superficie sfruttando le linee ferroviarie già esistenti, tra
le Fiere di Parma, l’Aeroporto Giuseppe Verdi e la stazione
medio padana e, infine, la realizzazione di un intervento
che renda navigabile il Po.
Vi sono particolari iniziative avviate dalla
vostra associazione a sostegno del Sistema?
Quali interventi sarebbero necessari?
Calzolaro Sul versante del credito, siamo stati la prima Associazione del Mezzogiorno a lanciare un bond di territorio, un prestito
obbligazionario dal valore di 7,5 milioni di euro, la cui liquidità
è stata interamente destinata alle aziende nostre iscritte. Sono
stati così finanziati investimenti nei settori alimentare, packaging,
edile, imballaggi flessibili, automotive, impianti industriali.
Abbiamo anche puntato molto sull’internazionalizzazione, organizzando momenti formativi che hanno avuto un ottimo riscontro
in termini di partecipazione degli associati, oltre a numerosi B2B
realizzati per i singoli comparti con gli operatori commerciali dei
mercati di maggiore riferimento per ogni settore.
In tema di relazioni industriali, poi, abbiamo avviato un percorso
di confronto con le organizzazioni sindacali provinciali finalizzato
ad individuare dei punti di contatto sul tema della contrattazione
di II livello.
Calzolaro Condividiamo le priorità individuate da Confindustria. Anche noi, a livello locale, abbiamo ribadito più
volte l’insostenibilità della pressione fiscale: la Campania
ad esempio è una delle Regioni con l’aliquota Irap più alta.
Poi c’è la scure della burocrazia che paralizza le aziende, la
lentezza della giustizia amministrativa che ostacola l’iniziativa
imprenditoriale. Ma, al di là del solito “cahier de doléances“,
riteniamo necessario un cambio di mentalità: non chiediamo
interventi per le imprese ma interventi con le imprese, in
un’ottica che, rispettosa del ruolo delle parti, inauguri una
stagione collaborativa tra aziende ed istituzioni.
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Luglio 2015
Azzali Credo che un aspetto su cui sarebbe
stato utile un maggiore approfondimento sia
quello di dare all’organizzazione interna di
Confindustria un assetto in grado di rafforzare
la capacità delle diverse articolazioni centrali
dell’organizzazione di fornire supporto operativo alle attività delle territoriali e delle categorie,
rafforzando quindi la dotazione organica e di
competenza dei servizi di Confindustria.
Azzali L’aspetto sicuramente più rilevante della
Riforma confindustriale è costituito dallo sforzo che è stato attuato per adeguare il sistema
della rappresentanza e dei servizi ai mutamenti
istituzionali in atto e per adeguare la capacità
di risposta delle associazioni al cambiamento,
peraltro sempre in corso, delle esigenze e delle
aspettative che sono proprie delle aziende
associate.
Quali quelli dove invece sarebbe
stato necessario uno sforzo in più?
Calzolaro Un’organizzazione grande e complessa come la nostra deve avere sempre
presente le differenze territoriali oltre a considerare che l’ossatura del nostro sistema è
costituita essenzialmente da piccole e medie
imprese. >
Parliamo ora della Riforma di
Confindustria. Quali sono gli aspetti
a suo giudizio più importanti?
Calzolaro La riforma è un tentativo di dare una
risposta ai mutamenti in atto al fine di avere
un’organizzazione snella, dinamica, capace di
rappresentare in maniera adeguata gli interessi
imprenditoriali, fornendo al contempo i servizi
alle aziende per supportarle nella crescita.
La parola a...
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Azzali Premesso che l’adesione al processo di aggregazione favorito dalla Riforma è competenza
esclusiva degli imprenditori associati, mi pare di
poter cogliere grande interesse nella base associativa
dettato dalla prospettiva di un rafforzamento della
capacità di rappresentanza e di servizio mediante il
rafforzamento delle relazioni esistenti fra le diverse
associazioni, sia territoriali che di categoria, con
evidente priorità per quelle più vicine.
Quanto ad una più stretta integrazione, anche istituzionale, con altre associazioni, il percorso deciso dal
nostro Consiglio direttivo è quello di una costruzione
dal basso, ampiamente condivisa dagli associati, di
modalità organizzative che possano salvaguardare
l’identità e la capacità di rappresentanza e servizio
delle singole associazioni - che proprio dal loro
radicamento sul territorio traggono il principale
punto di forza, nel rapporto costante e realmente
utile con le aziende associate – e nel contempo
individuino la dimensione ottimale di rappresentanza
e di servizio legata ai cambiamenti del mercato e
che risulterà necessaria per adeguarsi ai mutamenti
istituzionali ancora in atto.
Azzali Credo che la dimensione regionale possa
e debba essere presidiata con grande attenzione.
Vi è infatti la necessità di favorire politiche che sappiano integrare le singole visioni regionali, realizzando quell’uniformità di approccio ai problemi e
di formulazione di norme e procedure il più possibile standardizzabili, che è una delle principali
esigenze delle aziende che operano nei diversi
ambiti regionali.
Occorre evitare il rischio che si riproduca l’esperienza
per cui ciò che è legge su un lato di un fiume non
lo sia dall’altra sponda, o ciò che viene richiesto su
un versante dell’Appennino venga richiesto in un
modo diverso nell’altro versante.
Credo pertanto che l’operatività del Comitato potrà essere molto utile per favorire un processo di
approccio e crescita uniforme delle condizioni
operative ed istituzionali con cui le aziende sono
chiamate a confrontarsi.
Con la Riforma nasce il Consiglio delle
Rappresentanze regionali e per le
Politiche di coesione territoriale. Cosa
ne pensa?
Favorire i processi di aggregazione fra
le componenti del Sistema è uno dei
punti nevralgici della Riforma. Prevede
con la sua associazione di aderire nel
breve periodo a questo processo?
Calzolaro Credo che l’ampio dibattito che su questo
tema ha preceduto l’approvazione della Riforma
contenga tutti gli elementi di valutazione e riflessione in merito.
Calzolaro La nostra Associazione, in Campania, è
stata la prima a proporre un’aggregazione, ma poi
questo discorso si è intrecciato con il rinnovo della
presidenza di Confindustria Campania. Il nostro
auspicio, una volta rinnovati gli organi, è che nei
tempi e nei modi più opportuni, si possa riprendere
il discorso aggregativo.
La parola a...
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Luglio 2015
Azzali Credo che la necessità sia quella di rafforzare
contemporaneamente ed in modo equilibrato e realistico
tutte e tre le funzioni. Solo in questo modo Confindustria potrà continuare a svolgere, e auspicabilmente
rafforzare e accrescere, il proprio ruolo di rappresentanza degli interessi delle aziende e delle necessità degli
imprenditori, mantenendo il suo ruolo di forte capacità
di rappresentazione e stimolo a che nel paese aumenti
la consapevolezza della centralità degli imprenditori e
delle aziende nella creazione del benessere. È questa,
infatti, la condizione da cui ogni comunità non può
prescindere, per gli effetti che genera sulla possibilità
di realizzare, mantenere e accrescere le libertà civili,
culturali e politiche.
Azzali È necessaria una premessa: l’etica dei comportamenti
nasce nella coscienza dei singoli e non credo sia utile moltiplicare le sovrastrutture che si attribuiscono il compito di
determinare dall’alto o di sostituirsi alla responsabile libertà
di scelta sul modo di partecipare all’ethos, tempo per tempo
ritenuto più adeguato dalla maggioranza dei componenti
di una comunità in questo caso fondata su interessi economico-aziendali condivisi. Ciò premesso, credo che questo
Consiglio potrà svolgere un’utile funzione di analisi, orientamento e supporto alla funzione di indirizzo, anche etico,
per il raggiungimento dell’obiettivo di fare bene impresa,
inteso in tutte le sue molteplici e ben note implicazioni.
Identità, rappresentanza e servizi sono le
tre funzioni principali di Confindustria.
Alla luce dell’attuale scenario economico
del paese, quale ritiene sia la più urgente
da rafforzare?
Tra le novità Confindustria istituisce il
Consiglio di indirizzo etico e dei valori
associativi. Qual è la sua esperienza
su questo fronte?
Calzolaro Indubbiamente viviamo un periodo di crisi
della rappresentanza. Sono in molti a pensare che sia
venuta meno la funzione dei corpi intermedi che, invece,
rivestono un ruolo fondamentale. La rappresentanza
è fortemente legata all’identità di un’organizzazione.
Ad esse vanno affiancati i servizi in quanto le aziende,
soprattutto le piccole e medie, oltre a necessitare di
una forte rappresentanza dei loro interessi hanno bisogno di un supporto costante in termini di assistenza e
informazioni. >
Calzolaro La nostra territoriale annovera il “Club delle Imprese
Etiche”, un raggruppamento di aziende che possiedono la
cosiddetta certificazione etica o che, semplicemente, vantano
”buone pratiche” in materia di responsabilità sociale d’impresa. Proprio a luglio ospiteremo una tappa del Road Show
territoriale del Gruppo tematico Cultura di Confindustria in
cui evidenzieremo come l’etica possa divenire addirittura
un fattore di competitività per le aziende.
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La parola a...
Parma, Piazza Garibaldi
Azzali Devo, voglio e soprattutto posso essere ottimista sul
futuro dell’economia di Parma.
In questi anni non sono mancati, e ancora sono presenti, fattori
di rallentamento e indebolimento dell’attività delle aziende.
Tuttavia, negli anni precedenti e anche in questo momento,
gli imprenditori hanno manifestato la ferma determinazione e
la convinta volontà di reagire a questa fase di stagnazione e di
crisi con rinnovato impegno, nuovi investimenti e nuove idee.
Da tutto questo, sono certo che la nostra economia, che
fortunatamente già registra segnali incoraggianti di ripresa,
potrà imboccare presto la via della crescita.
Per concludere, come vede il futuro
dell’economia locale?
Calzolaro Il nostro territorio è abituato a combattere e “risalire
la china”. Storicamente abbiamo vissuto momenti difficili che,
con ingegno e determinazione, abbiamo superato.
Credo che il peggio della crisi sia oramai alle spalle: gli imprenditori hanno saputo cogliere le opportunità offerte dai
mercati esteri, hanno investito in innovazione, si sono messi
in rete e hanno scelto di rimanere qui e non abbandonare il
nostro territorio.
Sono tutti segnali importanti.
Il porto di Salerno
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News dall'Europa
L’UNIONE EUROPEA HA UN RUOLO SEMPRE PIÙ RILEVANTE, CON CRESCENTI POTERI NORMATIVI
VINCOLANTI PER GLI STATI MEMBRI, LE IMPRESE, LE ORGANIZZAZIONI E I CITTADINI. OLTRE IL 70%
DELLA NORMATIVA NAZIONALE OGGI DERIVA – DIRETTAMENTE O INDIRETTAMENTE – DALL’UNIONE
EUROPEA. CONOSCERE COME FUNZIONANO LE SUE ISTITUZIONI È DUNQUE FONDAMENTALE PER
INFLUENZARNE LE SCELTE E COGLIERNE LE OPPORTUNITÀ.
CON L’OBIETTIVO DI AIUTARE LE IMPRESE IN QUESTO COMPITO NASCE QUESTA RUBRICA IN COLLABORAZIONE CON LA DELEGAZIONE DI CONFINDUSTRIA A BRUXELLES. UNO SPAZIO DI APPROFONDIMENTO PER ESSERE INFORMATI SULLE PROPOSTE, LE DECISIONI E L’ATTUALITÀ DEL DIBATTITO
POLITICO EUROPEO.
A FIANCO DELLA RUBRICA EUROPA ANCHE LA NUOVA NEWSLETTER “UE PER LE PMI”, REALIZZATA
INSIEME A PICCOLA INDUSTRIA, RACCOGLIE INFORMAZIONI UTILI ALLE PICCOLE E MEDIE IMPRESE.
CONSULTABILE SIA VIA EMAIL CHE SULLE PAGINE DEDICATE DEI SITI DE L’IMPRENDITORE E DELLA
DELLA DELEGAZIONE DI CONFINDUSTRIA A BRUXELLES.
BUONA LETTURA!
WWW.LIMPRENDITORE.COM WWW.CONFINDUSTRIA.EU
Europa
Per un'Europa più connessa
La Commissione europea ha recentemente presentato una comunicazione con le direttive
prioritarie sulle quali l’Esecutivo europeo si concentrerà nel periodo 2015-2016 per creare un
mercato unico digitale.
La strategia, espressa nel documento “A Digital Single Market Strategy for Europe”, si basa su
3 pilastri e 16 azioni chiave, ognuna delle quali richiederà la definizione di iniziative legislative e non-legislative, da attuare secondo una tabella di marcia precisa. Più nel dettaglio i tre
pilastri sono:
• favorire un migliore accesso ai consumatori e alle imprese ai beni e ai servizi online in
Europa con l’obiettivo di rimuovere il più possibile le differenze tra il mondo online e offline,
favorendo il libero movimento di prodotti e servizi;
• creare le giuste condizioni per lo sviluppo delle reti digitali e dei servizi, per attrarre maggiori investimenti, stimolare la competitività e assicurare condizioni di parità (level-playing
field) tra i vari attori della catena del valore;
• massimizzare il potenziale di crescita dell’economia digitale europea. Questo pilastro ha
come primo destinatario l’industria europea e la sua trasformazione digitale e ha l’obiettivo
di aumentare la competitività industriale europea intervenendo sia sul settore pubblico
che sulla diffusione di competenze digitali.
Per il terzo pilastro, in particolare, la Commissione propone tre azioni. La prima riguarda la
libera circolazione dei dati. In questo contesto, la Commissione affronterà diverse questioni,
dalla proprietà dei dati, alle restrizioni non giustificate all’accesso, all’archiviazione o al trattamento dei dati, fino al loro utilizzo nel contesto business-to-business e machine-to-machine.
La seconda azione sarà di adottare un Piano integrato per gli standard Ict, con l’obiettivo di
identificare e definire standard settoriali essenziali in aree quali l’e-health, il trasporto e l’energia.
Lo scopo principale del piano sarà quello di promuovere la competitività industriale europea
attraverso l’interoperabilità e la standardizzazione, con l’obiettivo di connettere meglio i differenti
settori industriali, e i servizi. Infine, sempre all’interno del terzo pilastro, l’Esecutivo europeo
ha intenzione di pubblicare un Piano d’azione per l’e-government nel periodo 2016-2020.
Lo scopo è quello di contribuire a creare una “e-society” a beneficio di cittadini e imprese.
Tale piano, tra le altre cose, vuole rendere obbligatorie entro il 2017 le interconnessioni tra i
registri delle imprese, lanciare un’iniziativa sul principio “Once-Only” – secondo il quale vengono eliminati gli oneri amministrativi che si sostanziano quando l’amministrazione pubblica
richiede due volte le stesse informazioni agli utenti (cittadini e imprese) – e creare un “Single
Digital Gataway” al fine di realizzare un sistema user friendly per le imprese e i cittadini, accelerando l’adozione da parte delle amministrazioni pubbliche degli stati membri di procedure
di e-procurement e e-signature. PIETRO MAMBRIANI
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Luglio 2015
Scommessa vincente
UNO DEI MOTORI DI RICERCA PIÙ USATI DALLE GRANDI AZIENDE EUROPEE
È LA PIATTAFORMA DI FACILITYLIVE, STARTUP ITALIANA NATA NEL 2010.
ABBIAMO INTERVISTATO GIANPIERO LOTITO, FOUNDER E CEO DELL’AZIENDA.
Com’è nata FacilityLive e che strumenti offre
alle imprese?
FacilityLive nasce dall’idea che un accesso
alle informazioni più aderente al senso della
domanda rispetto alle tecnologie precedenti,
potesse essere una scommessa vincente. Questa idea nasce dopo vent’anni di esperienza
nel trattamento delle informazioni nel mondo
editoriale con Mariuccia Teroni, co-founder
e presidente di FacilityLive. Oggi FacilityLive
è una piattaforma software che fornisce alle
aziende gli strumenti per strutturare tutte le
loro informazioni, spesso provenienti da decine di sistemi fonte che si sono sedimentati nel
tempo e che non riescono a parlare tra loro.
In questo modo, grazie alla nostra tecnologia,
che ha ottenuto brevetti in 43 paesi nel mondo, le aziende clienti possono avere un unico
punto di accesso a ogni tipo di informazione,
indipendentemente dal sistema di provenienza, con una user experience estremamente
innovativa, che consente di accedere a tutte
queste informazioni senza mai spostarsi dalla
pagina dei risultati, caratteristica invece comune a tutti gli altri motori di ricerca.
Cosa ne pensa della nuova strategia per un
Mercato unico digitale della Commissione?
La strategia per la creazione di un mercato
unico digitale è un elemento fondamentale
della costruzione di un futuro europeo.
Un mercato così ampio e così ricco, composto
da oltre 500 milioni di persone contro i 300
degli Usa, può diventare un terreno fertile per
la nascita di piattaforme finalmente europee
e di un’industria tecnologica continentale.
Noi di FacilityLive stiamo propugnando questa
strategia già da tempo.
Due anni fa abbiamo deciso di non seguire il
cammino, che all’epoca sembrava naturale,
verso la Silicon Valley, ma di far crescere la
nostra azienda in Europa a partire dall’Italia,
dove vogliamo fortemente che rimanga tanto l’azienda quanto lo sviluppo “core” della
tecnologia.
Il nostro obiettivo per medio-lungo termine
è quello di quotarci alla Borsa di Londra dove
siamo già membri dell’Elite Programme come
prima azienda della storia che è stata ammessa
a questo prestigioso programma senza essere
nata in UK. >
live
Luglio 2015
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Gianpiero Lotito
Europa
mercato. Dal punto di vista finanziario apriremo
il capitale anche ai grandi investitori internazionali visto che il capitale raccolto fino a oggi
è stato tutto italiano. Da un punto di vista di
mercato invece, passeremo dal modello “on
premises”, ossia dall’installazione della nostra
tecnologia presso le grandi aziende, alla disponibilità in “cloud” per ampliare, scalandola
sensibilmente, la quantità di strutture e persone
che la potranno usare in futuro.
In particolare quale impatto potrà avere sulle
startup?
L’impatto del mercato unico digitale sulle
startup potrà inoltre essere quello di offrire
occasioni di adozione di tecnologia europea
da parte delle grandi imprese e delle grandi
amministrazioni pubbliche europee.
Questo è quello che sta succedendo a noi:
l’adozione è il più grande volano per lo sviluppo per una startup. Il fatto che una grande
azienda europea adotti una tecnologia europea è ancora più importante di qualsiasi altro
tipo di legge, sovvenzione o supporto che una
startup possa avere. L’adozione valida e certifica la tecnologia sul mercato permettendo
alle aziende di crescere e di diventare delle
grandi realtà del futuro.
Quali sono gli ambiti da migliorare, a livello
nazionale ed europeo, per creare un contesto
favorevole alle startup?
Sicuramente l’ecosistema, ossia avere delle
regolamentazioni fiscali, sulla creazione di
posti di lavoro, sulla protezione dell’intellectual
property, sul fund raising che siano tali da
mettere le startup nelle condizioni di essere
competitive.
Gli esempi ci sono, la storia c’è, e tutto questo
può diventare nei prossimi anni realtà anche
grazie alla volontà delle istituzioni. La creazione
di questo ecosistema, che comprenda anche
investitori europei, strutture che siano in grado
di aiutare le startup e università pronte a supportarle, è comunque un cammino obbligato
per creare questo tipo di opportunità.
Quali sono state le vostre principali fonti di
finanziamento e come intendete mantenere
la vostra linea per il futuro?
A oggi il nostro fund raising proviene da capitale privato: industriali, manager, amici, una
parte dei dipendenti dell’azienda ci hanno
permesso di raccogliere 12 milioni di euro a
una valorizzazione che nell’ultimo aumento
di capitale è arrivata a 225 milioni di euro.
Per il futuro intendiamo ovviamente fare tutti
i passaggi che ci consentano di far scalare
l’azienda dal punto di vista finanziario e di
Il polo tecnologico presso cui riside l’azienda
è a Pavia, ma la vostra attitudine è europea
e internazionale. Avete collaborazioni con
altre imprese a livello europeo?
Come ho già detto, siamo nell’Elite Programme
del London Stock Exchange e stiamo lavorando con alcune multinazionali europee, con
firme globali come ad esempio Accenture,
alla creazione di opportunità di business in
tutto il mondo, non solo in Europa.
E stiamo avendo i primi incoraggianti segnali
di richieste di collaborazione più ravvicinata
da alcune di esse, poiché noi rappresentiamo
per le grandi corporation un punto di vista
prezioso sul futuro, dove le informazioni saranno il nuovo “petrolio”.
Il Commissario Oettinger ha annunciato la
creazione di una piattaforma europea per
l’Industria 4.0. Credete sia importante entrare
a far parte di un cluster tecnologico, magari
di livello nazionale, per provare a giocare un
ruolo in questa nuova partita?
Oggi non ci sono vie da precludere.
È importante capire quale sarà il modo per
creare questo ecosistema e per sviluppare
delle aziende globali del software, e della
tecnologia più in generale, a partire anche
da piccole città di paesi europei come nel
caso della nostra Pavia. Per questo motivo
bisogna esaminare ogni tipo di strada nella
sua possibilità di essere percorsa. (P.M.)
40
Luglio 2015
INTERVISTA A LORENZO SASSOLI DE BIANCHI,
PRESIDENTE UPA – UTENTI PUBBLICITÀ ASSOCIATI
Non esiste prodotto
senza comunicazione
“La comunicazione non è una spesa ma un
investimento”. È questa la prima cosa che Lorenzo Sassoli de Bianchi, presidente di Upa
– Utenti Pubblicità Associati, direbbe a un piccolo imprenditore per ribaltare la convinzione,
peraltro molto diffusa, secondo la quale far
conoscere il proprio brand è la conseguenza
di alti fatturati piuttosto che la premessa per
accrescerli. E invece non solo la comunicazione pubblicitaria non è esclusivo appannaggio
delle grandi aziende ma, sottolinea de Bianchi,
“oggi in nessun settore può esistere un’impresa
che non comunichi”.
Da questa premessa concettuale nasce il premio Parola d’impresa, il riconoscimento al miglior progetto pubblicitario su carta stampata
e new media promosso da Piccola Industria
Confindustria e Upa con il sostegno del Sole
24 Ore e in collaborazione con questa rivista.
L’obiettivo dell’iniziativa – di cui quest’anno si
svolge la seconda edizione – è sensibilizzare
le piccole e medie imprese verso la comunicazione attraverso la messa in palio di spazi
pubblicitari sulle testate del gruppo Sole 24
Ore per un valore complessivo di 500mila
euro. Proprio le Pmi, infatti, sembrano ancora
non cogliere le opportunità di crescita legate
agli investimenti pubblicitari.
Perché le pmi sono poco presenti nel mercato pubblicitario?
Partiamo dai numeri: in Italia abbiamo circa
250mila imprese con più di 10 dipendenti e
di queste soltanto 15mila investono in comunicazione. Se consideriamo il tessuto imprenditoriale nel suo insieme – poco più di
cinque milioni di imprese, il 60% delle quali
unipersonali – ci rendiamo conto di come i
margini di miglioramento siano molto ampi.
A frenare lo sviluppo del mercato pubblicitario
di questo target contribuiscono vari fattori: in
primo luogo, l’azienda italiana tipo nasce con
una configurazione molto semplice, spesso
da un’idea, una famiglia, un distretto nei casi più maturi; in secondo luogo, la maggior
parte delle imprese lavora nel B2B, per cui si
42
PI
Luglio 2015
concentra sul prodotto reputando la comunicazione non strategica per i propri obiettivi;
infine, in molte zone del paese manca ancora
la banda larga, le aziende non sono connesse
come dovrebbero, sicché non riescono a far
conoscere prodotti e/o tecnologie avanzate
che pure esistono.
Quali media sono più adatti alla comunicazione delle pmi?
Carta stampata e web. In entrambi i casi si tratta
di media ai quali si accosta l’utente che è alla
ricerca di informazioni. Chi legge e naviga su
Internet appartiene, infatti, a una fetta di pubblico mediamente più curiosa e la pubblicità
ama i curiosi. Cosa diversa è la televisione, più
appropriata alla promozione di beni di largo
consumo e nella quale lo spettatore è passivo.
Ci sono aspetti che i piccoli imprenditori
dovrebbero migliorare nell’approccio alla
comunicazione?
In generale gli imprenditori nutrono un’eccessiva fiducia nel loro prodotto e ritengono che,
una volta innovato e perfezionato quello, si
venda da solo. Non è così. La comunicazione
è parte strutturale del prodotto, anzi, direi che
non esiste prodotto senza comunicazione.
Sussiste poi una certa ritrosia a destinare risorse
economiche a questa funzione, così come un
pizzico di presunzione da parte degli impren-
ditori nel reputarsi in grado di promuovere il
proprio prodotto. Dimenticando, però, che la
comunicazione è un mestiere a tutti gli effetti
e che per ottenere buoni risultati occorre avvalersi di professionisti del settore.
Queste valutazioni vanno tenute presenti
anche dalle imprese che operano nel BtoB,
le quali a mio avviso devono imparare ugualmente a “narrare” la propria attività, adottando
linguaggi che non siano puramente descrittivi
ma anche emotivi. Suggerisco inoltre di impostare collaborazioni di lunga durata con la
propria agenzia o con chi curerà la propria
comunicazione. La conoscenza reciproca
facilita il lavoro e va ricordato che la pubblicità
genera identità e affidabilità solo se utilizzata
con costanza.
Qual è la situazione del mercato pubblicitario?
Fermo restando che oggi l’attenzione ai costi
da parte delle aziende è aumentata, le nostre previsioni sugli investimenti pubblicitari
per il 2015 restano positive: +1-2% sull’anno
precedente. In questo dato includiamo anche il cosiddetto “search”, ovvero il fatturato
derivante da Google e Facebook, che Nielsen
non monitora. Possiamo dire che il peggio è
passato, la pubblicità è un buon termometro
dei consumi e per molti versi anticipatore delle
tendenze. Lorenzo Sassoli de Bianchi
SUSSISTE UNA CERTA RITROSIA
A DESTINARE RISORSE ECONOMICHE
ALLA PUBBLICITÀ, COSÌ COME UN
PIZZICO DI PRESUNZIONE DA PARTE
DEGLI IMPRENDITORI NEL REPUTARSI
IN GRADO DI PROMUOVERE
IL PROPRIO BRAND.
SILVIA TARTAMELLA
UNA VETRINA PER LE PMI
Parola d’impresa è il premio al miglior progetto pubblicitario su carta
stampata e new media promosso da Piccola Industria Confindustria e
da Upa – Utenti Pubblicità Associati, con il sostegno del Sole 24 Ore e
de L’Imprenditore, destinato alle pmi associate a Confindustria.
L’iniziativa, giunta alla seconda edizione, è stata lanciata il 4 giugno
a Milano in Assolombarda durante il seminario “Comunicare il valore
delle Pmi” e promossa sul territorio con due successivi incontri il 6 e l’8
luglio, rispettivamente presso Confindustria Vicenza e Confindustria
Bari e Bat. I termini per partecipare scadono il 4 settembre.
Le imprese vincitrici saranno premiate il 6 ottobre nel corso di una
cerimonia che si terrà in Expo Milano all’Auditorium di Palazzo Italia.
Informazioni e regolamento su www.paroladimpresa.confindustria.it
L’hashtag su Twitter è #paroladimpresa.
Luglio 2015
43
A
V
I
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A
V
NNO
I
I
M
P
Innovare
per creare ricchezza
PARTITO DA NAPOLI UN ROADSHOW SUL TERRITORIO REALIZZATO DA PICCOLA INDUSTRIA, INTESA SANPAOLO, MEF E MISE
E LE ASSOCIAZIONI DEL SISTEMA PER PROMUOVERE E MIGLIORARE LE MISURE PREVISTE DALL’INVESTMENT COMPACT
PER LE PMI INNOVATIVE.
Opportunità da cogliere, fiducia nel Paese,
lavorare in filiera per raggiungere un obiettivo
comune: avere pmi competitive e capaci di
attrarre liquidità per la crescita.
Queste le parole che hanno contraddistinto
l’incontro “Puntiamo sulle imprese. Per una
ripresa oltre le aspettative” che si è tenuto a
Napoli il 15 giugno scorso. Un’iniziativa realizzata da Piccola Industria in collaborazione con
l’Unione Industriali Napoli e Intesa Sanpaolo,
quale occasione per condividere finalità e
contenuti della policy sulle pmi innovative
prevista dall’Investment Compact. Che sia
un tema sentito lo confermano i numeri: l’evento ha richiamato 200 partecipanti, tra cui
le migliori aziende del territorio e non solo.
Ospite d’onore Pier Carlo Padoan, Ministro
dell’Economia e delle Finanze, che ha fornito
un quadro della situazione congiunturale e
delle linee guida della politica economica
del Governo focalizzando l’attenzione sulla
necessità di avere più fiducia nel paese e di
sfruttare quanto più possibile la finestra di
opportunità che – grazie a condizioni macroeconomiche favorevoli – si è aperta per
l’Italia. In quanto “come tutte le finestre non
saranno aperte per sempre.”
È indispensabile promuovere gli investimenti –
i più penalizzati durante la crisi – quale veicolo
principale per innovare, ovvero per sfruttare al
massimo la chiave principale che può permettere di produrre ricchezza, aumentare il livello
di tecnologia e creare benessere. Questo a
maggior ragione in un paese come l’Italia che
invecchia rapidamente e le cui fonti di crescita
saranno sempre più legate alla produttività e
quindi all’innovazione.
Per questo nel corso dell’incontro è emersa
ampia sintonia da parte degli attori, nel dare concretezza a soluzioni per lo sviluppo
e nella metodologia di lavoro adottata negli
ultimi mesi: un dialogo continuo tra ministeri,
agenzie e stakeholder. Il provvedimento sulle
pmi innovative è un caso esemplare.
Esemplare perché è stato realizzato con il
lavoro congiunto tra Mise e Mef e la collabo-
44
razione di Confindustria. Esemplare in quanto
punta tutto sull’innovazione delle pmi e, in un
periodo storico in cui non vincono i territori
che posseggono le materie prime ma vince
la fabbrica che innova, questo può risultare determinante. Esemplare perché crea dei
casi da emulare, le pmi innovative, con cui
aumentare il livello di competitività del sistema imprenditoriale e far crescere le imprese
rendendole anche più attrattive nei confronti
di soggetti terzi anche esteri.
Un fenomeno quest’ultimo determinate per
le pmi vista la liquidità presente a livello globale, mai così elevata, ma che sono ancora
poco adatte, proprio per la loro dimensione,
a rispondere all’entusiasmo che anima gli investitori esteri.
In pratica l’Investment Compact prevede il
riconoscimento della figura di pmi Innovativa. Per ottenerlo è necessario autocertificare
il rispetto di alcuni requisiti tra cui, solo per
citarne alcuni, un determinato tasso di spesa
in ricerca e innovazione, il possesso di brevetti
Luglio 2015
PI
o di personale qualificato, la certificazione
di bilancio e iscriversi alla sezione speciale
del Registro delle imprese delle Camere di
Commercio.
Oltre ad avere una maggiore visibilità agli occhi
di soggetti terzi, la norma prevede dei vantaggi
regolatori, come la deroga alla disciplina societaria ordinaria, o semplificazioni come quelle
per accedere al Fondo di garanzia. Importanti
sono poi le agevolazioni fiscali destinate a chi
investe in queste imprese.
Il dibattito ha comunque fatto emergere alcune criticità legate alla ristrettezza dei requisiti
richiesti per poter essere una pmi innovativa,
alla non convenienza fiscale nel capitalizzare
le spese in innovazione e alla mancata operatività di alcune agevolazioni che di fatto
riducono fortemente il numero dei beneficiari
delle policy.
L’obiettivo condiviso è il massimo utilizzo delle
policy previste e pertanto è emersa la piena
disponibilità del Mef nel rivedere, nei prossimi
mesi, alcuni aspetti regolatori e agevolativi
Luglio 2015
con cui rimuovere tali criticità. Il Mef stesso
ha confermato che, in caso di un suo elevato
utilizzo, si potrebbero rafforzare le agevolazioni
fiscali previste.
Che si stia collaborando per poter contare su
un sistema imprenditoriale del futuro più forte
e competitivo è emerso anche delle iniziative
di Intesa Sanpaolo relative all’innovazione.
In particolare quelle della quantificazione e
valorizzazione degli aspetti intangibili collegati
all’innovazione nella valutazione del merito
di credito tra cui quelli posseduti dalle pmi
innovative, quali brevetti, R&S, profili professionali dei dipendenti.
Importante anche il lavoro svolto dalla banca
sul contratto di filiera. In pratica è un contratto
firmato da 90 aziende capo-filiera che condividono con la banca le informazioni legate
alla propria catena. In tal modo il capo filiera
e i suoi fornitori sono considerati un’entità
unica concreta e strutturata anche ai fini della
valutazione del merito di credito. (M.M)
45
PNICUBE RIUNISCE GLI INCUBATORI E LE BUSINESS PLAN COMPETITION ACCADEMICHE,
RIFERIMENTO PER LE STARTUP INNOVATIVE CHE VENGONO SUPPORTATE NEL LORO PROCESSO DI CRESCITA DAGLI INCUBATORI
DEGLI ATENEI ITALIANI. NE PARLIAMO CON IL PRESIDENTE MARCO CANTAMESSA.
Insieme si cresce
Come è nata PNICube e con quali obiettivi?
L’associazione è nata più di dieci anni fa, a Torino, quando le persone che si occupavano
di startup nelle università hanno capito l’importanza di associarsi e di mettere a fattor
comune le reciproche esperienze, con l’obiettivo di stimolare la nascita e accompagnare
al mercato nuove imprese di provenienza universitaria ad alto contenuto di conoscenza.
Siamo nati come un circuito di business plan competition a livello regionale e poi, negli
anni, siamo diventati un punto di riferimento nazionale per gli incubatori universitari.
Oggi l’associazione conta 38 associati tra università e incubatori accademici. Inoltre,
abbiamo partnership con banche, gruppi di business angel, società di venture capital,
imprese, e ambasciate straniere in Italia, consapevoli che è illusorio pensare di poter far
crescere un progetto imprenditoriale senza portare risorse complementari.
46
Luglio 2015
IL PREMIO NAZIONALE PER L’INNOVAZIONE 2015
Associazione Italiana
degli Incubatori Universitari
e delle Business Plan Competition
Sarà Cosenza a ospitare, il 3 e 4 dicembre prossimi, l’evento di chiusura del PNI 2015,
organizzato dall’Associazione PNICube in collaborazione con l’università della Calabria
e con il sostegno della Regione Calabria.
A contendersi gli ambiti riconoscimenti, i vincitori delle StartCup, business plan
competition che si svolgono ogni anno a livello regionale. Quattro i premi settoriali:
Premio IREN Cleantech & Energy – offerto da IREN, main sponsor PNI per il secondo
anno consecutivo – Premio Industrial, Premio ICT e Premio Life Sciences.
A questi si aggiungono due menzioni speciali “trasversali”: una per il miglior progetto
di “Innovazione sociale” e l’altra per il miglior progetto di “Impresa sociale in ottica
di pari opportunità”, nata dalla collaborazione con la Presidenza del Consiglio dei
Ministri – Dipartimento Pari Opportunità. Tra i quattro vincitori dei Premi settoriali
verrà eletto il vincitore assoluto del “Premio Nazionale per l’Innovazione 2015“ e verrà
consegnata la Coppa dei Campioni PNI all’istituzione accademica (università o E.P.R.)
che ha espresso la startup vincitrice.
I nostri obiettivi sono sensibilizzare e promuovere l’incubazione d’impresa e favorire la creazione di startup innovative a partire dalla ricerca.
Inoltre, promuoviamo due importanti iniziative: il Premio Nazionale
per l’Innovazione, che seleziona le migliori idee d’impresa innovative,
e l’evento Italian Master Startup Award. Startup
Uno di questi premi è stato assegnato da poco, chi ha vinto?
A giugno si è tenuta a Milano la IX edizione dell’Italian Master Startup
Award (ex Start Up dell’Anno), un riconoscimento, unico in Italia, che
premia i risultati conseguiti sul mercato da parte di giovani imprese
hi-tech nei primi anni dalla costituzione. Vince questo premio la giovane impresa hi-tech che ha avuto concretamente maggior successo.
Per assegnare il riconoscimento non ci basiamo infatti su un business
plan, ma sugli effettivi risultati. Quest’anno, questo successo è stato
riconosciuto a Jusp, un’azienda che si occupa di mobile payment,
nata nel 2013 all’interno di Polihub del Politecnico di Milano. Jusp ha
ideato un mobile pos per ricevere pagamenti in mobilità attraverso
un dispositivo e una applicazione ad esso correlata.
Con l’Italian Maser Startup Award andiamo quindi a premiare la concretezza industriale. Ad esempio, nell’edizione dello scorso anno, il
premio è stato assegnato a Ennova, una startup del Politecnico di Torino, che ha realizzato un innovativo modello di assistenza remota per
device mobili, e che in pochi anni ha raggiunto più di 400 dipendenti.
A dicembre invece, a Cosenza, verrà assegnato il Premio Nazionale
per l’Innovazione. Anche questa è una manifestazione a cui teniamo
molto, in quanto si tratta della business plan competition italiana
con maggiore partecipazione. Lo scorso anno hanno partecipato più
di 3.000 aspiranti imprenditori, con più 1.219 idee di impresa e 503
business plan. >
Luglio 2015
Marco Cantamessa
47
Startup
Quale rapporto c’è oggi tra startup e università?
Stimiamo che un quarto delle startup innovative iscritte alle Camere di Commercio nascano
dentro le università come spinoff della ricerca,
o accompagnate da incubatori associati a
PNICube. È evidente quindi l’apporto che il
mondo accademico fornisce allo sviluppo di
soggetti economici innovativi nel nostro paese. Il numero è importante, e sono realtà che
tendono ad avere un profilo tecnico elevato e,
quindi, un maggiore potenziale di sviluppo. Gli
atenei e gli incubatori al loro interno cercano
di acquisire risorse e di indirizzarle alle attività
di creazione di imprese anche e soprattutto
attraverso i soci e i partner che li aiutano nelle
collaborazioni nazionali e internazionali.
innalzare il livello dei servizi che i nostri soci
possono offrire alle startup che nascono in
ambito universitario.
In Italia il vincolo maggiore alla crescita delle
startup è, a mio parere, la debolezza della
domanda per beni e servizi innovativi. Per
questo motivo, uno dei principali obiettivi per
il futuro consiste nell’intensificare i legami con
le imprese di grandi e medie dimensioni, che
hanno respiro innovativo più ampio e vedere
queste imprese, che hanno le spalle più robuste, come clienti o come acquisitrici delle
startup. Anche le imprese più piccole possono
essere un interessante interlocutore per le
startup perché, se è vero che hanno minore
disponibilità di capitali, è più facile riuscire
ad arrivare a istituire un dialogo con il vertice
aziendale. Per questo vediamo con grande
favore le iniziative dei Giovani Imprenditori
e della Piccola Industria di Confindustria a
favore delle startup, perché ci consentono
di ampliare il panorama delle partnership e ci
permettono di affiancare e supportare le idee
d’impresa che nascono a livello accademico.
Cosa offre PNICube alle startup e quali sono
gli obiettivi per il futuro?
I bisogni delle startup cambiano nel tempo e,
più si va avanti, più hanno bisogno di servizi a
valore aggiunto sofisticati. Il nostro obiettivo
è quello di far crescere i nostri partner per
(C.S.)
Luglio 2015
49
Startup
DOUBLEYOU: CREARE FORME INNOVATIVE DI RETRIBUZIONE
PER AUMENTARE MOTIVAZIONE, SENSO DI APPARTENENZA E PRODUTTIVITÀ
DETERMINANDO NOTEVOLE RISPARMIO PER IL DATORE DI LAVORO.
Tecnologia
al servizio del welfare
DoubleYou, startup milanese, ha sviluppato una tecnologia per governare i processi
di welfare in azienda in maniera innovativa,
attraverso una piattaforma web AltheA che
mette in contatto il proprio dipendente con
una serie di servizi presenti su tutto il territorio
nazionale. Con vantaggi sia per i collaboratori
che per l’azienda stessa. Ne parliamo con
Stefano Casati responsabile Sviluppo Business
della startup.
Cominciamo dal nome: “DoubleYou”, cosa
significa?
DoubleYou, in inglese, significa “due volte
te”, come persona e come lavoratore. Ma è
anche la lettera iniziale della parola “Welfare”!
È un nome scelto per sottolineare la nostra
mission: creare soluzioni innovative per aumentare motivazione, senso di appartenenza
e produttività.
Com’è nata questa idea?
L’idea nasce dalla nostra esperienza lavorativa
come dipendenti: grandi sacrifici per raggiungere gli obiettivi richiesti e per ottenere un
premio monetario, certamente interessante se
calcolato sul lordo, ma che in imposte perdeva
quasi la metà del suo valore. Una situazione
che potrebbe penalizzare anche chi è più
determinato. Per questo abbiamo studiato
forme alternative di retribuzione da proporre
in maniera concreta sul mercato e pensiamo
di avere trovato un’ottima soluzione.
Potete spiegarci in cosa consiste e come
funziona la vostra applicazione?
Il nostro modello sfrutta le possibilità di defiscalizzazione concesse dagli articoli 51 e 100
del Testo Unico delle Imposte sui Redditi che
identificano il paniere di beni e servizi che se
concessi al lavoratore non costituiscono reddito da lavoro dipendente e non sono soggetti
a contribuzione per il datore.
Il paniere è davvero ampio: spese di istruzione
per i figli, interessi sui mutui, pacchetti sanitari, trasporto pubblico, spese di ricreazione
e formazione, spese mediche, per baby sitter
e molto altro. Sono opportunità che ancora
oggi vengono sfruttate solo in parte, principalmente per erogare buoni pasto. In realtà
si può fare molto di più. Solo un esempio: il
datore di lavoro apre un piano benefit di 1.000
euro per i suoi 50 collaboratori.
Chi ha un figlio può sfruttare questo credito
per ottenere il rimborso delle rette dell’asilo
nido, chi ha un mutuo per farsi rimborsare la
quota interessi delle rate fino ad acquistare un
buono spesa o un abbonamento alla palestra.
E il risparmio per il datore di lavoro è consistente: 60.000 euro di contributi in tre anni.
50
La parola chiave è flessibilità: non è il datore di
lavoro che offre uno specifico benefit al lavoratore, ma è il lavoratore che sceglie il benefit
che più gli interessa in un ampio pacchetto.
Tecnicamente come supportate questa flessibilità?
La scelta dei benefit e la loro erogazione verso
il lavoratore vengono governate interamente
dal nostro servizio, che si avvale di una piattaforma tecnologica semplice da utilizzare
e che aderisce ai principi fiscali descritti nel
Testo Unico. In pratica, abbiamo creato il primo
“Welfare Marketplace” in Italia: è come avere
un e-commerce aziendale dove il lavoratore
spende i crediti concessi dall’azienda!
La conseguenza è che i lavoratori hanno più
potere di acquisto, mentre l’azienda ottiene
un risparmio contributivo, che può decidere
di condividere con propri collaboratori. Sono
benefit già utilizzati nel Regno Unito, in Francia
e Spagna come istituto retributivo. In Italia
siamo ancora agli inizi ma, grazie alla nostra
tecnologia, contiamo di colmare il gap nei
prossimi anni.
Nel mondo delle startup quello che fa la
differenza, al di là del progetto, è il team
che lo anima. Che tipo di esperienza avete?
Il nostro punto di forza è la multidisciplina-
Luglio 2015
rietà: pur con una distinta specificità di ruolo,
ognuno è potenzialmente in grado di seguire
i clienti, gestire i processi di backend, parametrizzare la piattaforma e fare assistenza.
Leggevo un articolo sugli “8 segreti del successo di Amazon” e uno in particolare mi ha
colpito: Jeff Bezos sa fare il magazziniere.
Crediamo fortemente che in azienda tutti
debbano comprendere il lavoro degli altri
perché così si velocizzano comunicazione,
processi e risposte al cliente.
È un principio che ci ha ispirato molto e con il
quale siamo riusciti in un solo anno a sviluppare un importante vantaggio competitivo tecnologico, a integrare nella nostra piattaforma più
di 200 fornitori, a vincere due bandi regionali
di finanziamento e a ottenere importanti linee
di credito. E il mercato ha risposto: aziende
di tutte le dimensioni ci hanno selezionato
per pianificare, sviluppare e governare piani
di flexible benefit in completo outsourcing.
Nell’ambito delle finalità del progetto di Piccola Industria AdottUp avete stretto una
partnership con Assolombarda per diffondere le buone pratiche di welfare. In cosa
consiste questa collaborazione e qual’è il
suo valore aggiunto?
Con Assolombarda abbiamo una partnership
tecnico-commerciale per la diffusione del
servizio tra le aziende del territorio.
Il welfare si inserisce in maniera armoniosa
tra le attività già erogate dall’associazione,
come l’assistenza sindacale e fiscale. Il valore
aggiunto è nell’integrazione di questi servizi,
perché così l’azienda ha la sicurezza di un
interlocutore completo e la serenità di una
soluzione che rispetta la normativa fiscale.
Con Assolombarda abbiamo anche costruito
un pacchetto ad hoc per le pmi.
Siamo onorati di essere stati selezionati tra i
partner di Assolombarda e tra le migliori startup
di AdottUp. La collaborazione è stata sancita anche a livello societario: Alvise Biffi, vice
presidente di Piccola Industria Confindustria,
ci ha “adottato” entrando nella compagine
societaria.
Stefano Casati
E i prossimi passi?
Al momento siamo impegnati nel promuovere
il servizio tra le aziende rendendolo ancora più
accessibile sul territorio a costi competitivi.
Come visto le opportunità sono grandi ma
ancora poco conosciute. Ma abbiamo anche due linee di sviluppo: l’arricchimento dei
servizi alle imprese e lo sviluppo del welfare
territoriale. Al riguardo abbiamo vinto il bando
“Startup per Expo” con un progetto di welfare
territoriale, per armonizzare le politiche sociali
e fiscali con la rete di servizi alla persona.
Per ora, però, non posso dire di più… altrimenti
ci copiano! MARTINA MONDELLI
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51
INTERVISTA A SALVATORE AMITRANO,
DIRETTORE TECNICO INDUSTRIALE DEL GRUPPO PASELL
Innovazione
e responsabilità
binomio di un successo
UN’AZIENDA A CONTROLLO FAMIGLIARE CON UNA STRUTTURA
E UN MANAGEMENT IN LINEA CON IL MERCATO. UNO SGUARDO
APERTO AL FUTURO E ALL’INNOVAZIONE, UNA FORTE VOCAZIONE
ALL’INTERNAZIONALIZZAZIONE CHE SI CONIUGA CON IL RISPETTO
DEL TERRITORIO E UN GRANDE SENSO DELLA COMUNITÀ.
52
Dai manufatti in cemento ai contrappesi per
elettrodomestici: il gruppo PASELL ha storia
lunga alle spalle. Quanto conta la flessibilità
in una realtà come la vostra?
Moltissimo. La capacità di adeguarsi al cambiamento fa parte del nostro dna. Ci ha permesso di affrontare le molte sfide incontrate
in oltre quarant’anni di attività e di entrare in
settori nuovi come la gomma e la plastica
fino ad arrivare alla scelta di internazionalizzarci. Sottolineo scelta perché nel 2001
non era ancora una necessità come oggi. Il
settore degli elettrodomestici in Italia in quegli anni era ricco di risultati importanti. Noi,
però, abbiamo spinto lo sguardo oltre e visto
una possibilità di crescita in mercati come la
Slovacchia, in cui siamo sbarcati nel 2001, la
Gran Bretagna dove siamo arrivati nel 2003 e
in Russia nel 2004. In questi ultimi due paesi
gli stabilimenti ora sono chiusi, ma nel 2012
siamo entrati in Turchia, dove il settore degli
elettrodomestici è in grande espansione sia
per il mercato interno che come ponte verso
i mercati asiatici. Qui siamo fornitori di Arcelik,
primo gruppo industriale del paese, conosciuto
Luglio 2015
Piccole
imprese
grandi
storie
in Europa attraverso il marchio internazionale
di elettrodomestici Beko dove è uno dei primi
tre player per quote di mercato.
A partire dalla prima generazione, con mio
padre, alla fine degli anni ’60, lo sviluppo dell’azienda è andato di pari passo con quello della
famiglia. Siamo tre fratelli: io, Francesco e Roberto. Francesco segue la Pasell Slovacchia,
Roberto la Amiflex Italia – una delle aziende del
gruppo – io la Pasell Turchia e quella italiana.
Francesco si occupa di vendite e acquisti, Roberto di finanza e amministrazione, mentre io
seguo la parte industriale. Nostro padre Angelo
è il presidente, il nostro punto di riferimento. Il
capitalismo famigliare, a mio parere, è vincente
se sa strutturarsi, organizzarsi su potenzialità e
competenze. Con un uomo solo al comando
non si riesce a rispondere alle esigenze di un
settore come il nostro, molto competitivo e
tecnologicamente avanzato. Mio padre ha
avuto la lungimiranza di guardare avanti, responsabilizzando noi figli – lasciandoci anche
sbagliare – e sapendosi mettere, con grande
sacrificio, in secondo piano per farci crescere
nella gestione dell’azienda.
Il settore degli elettrodomestici ormai da
diversi anni sta vivendo una profonda crisi.
Quali sono, invece, gli ingredienti che vi hanno permesso di continuare ad espandervi,
anche all’estero?
Come ho detto prima, aver colto in tempo
l’opportunità di andare all’estero ci ha permesso di continuare a crescere. Anche perché
la nostra internazionalizzazione non è stata
una delocalizzazione. Al contrario, attraverso
Luglio 2015
53
Salvatore Amitrano
l’apertura degli stabilimenti esteri siamo riusciti
a rendere solide e a far sviluppare le aziende
italiane. In un periodo in cui il mercato interno
subisce una forte contrazione noi continuiamo
a espanderci perché gli stabilimenti italiani
producono semilavorati, forniscono tecnologia, attrezzatura e know how a quelli esteri.
Inoltre, ci siamo inventati nuove produzioni,
come il metal stamping nel 2009, e abbiamo
iniziato a produrre internamente componenti
prima acquistati dai fornitori slovacchi.
Questo ci ha permesso di creare un nuovo
reparto e mantenere stabili i livelli di occupazione. In Italia siamo anche riusciti ad avere un
incremento di 15 unità negli ultimi 5 anni su
un totale di 220 dipendenti, di cui 70 italiani,
100 slovacchi e 55 turchi.
Quanto conta la qualità quando si producono
componenti per oggetti indispensabili che
fanno parte della vita quotidiana di tutti noi?
Conta molto, al di là della certificazione. Abbiamo iniziato a seguire gli standard di qualità
sin dal 1989, prima ancora che diventassero di
“moda”. I nostri principi sono il miglioramento >
È QUANDO TI SENTI PICCOLO CHE SAI DI ESSERE DIVENTATO GRANDE.
A volte gli uomini riescono a creare qualcosa più grande di loro. Qualcosa che prima non c’era. È questo che noi intendiamo per innovazione
ed è in questo che noi crediamo.
Una visione che ci ha fatto investire nel cambiamento tecnologico sempre e solo con l’obiettivo di migliorare il valore di ogni nostra singola
produzione.
È questo pensiero che ci ha fatto acquistare per primi in Italia impianti come la rotativa Heidelberg M600 B24. O che oggi, per primi in
Europa, ci ha fatto introdurre 2 rotative da 32 pagine Roto-Offset Komori, 64 pagine-versione duplex, così da poter soddisfare ancora più
puntualmente ogni necessità di stampa di bassa, media e alta tiratura.
Se crediamo nell’importanza dell’innovazione, infatti, è perché pensiamo che non ci siano piccole cose di poca importanza.
L’etichetta di una lattina di pomodori pelati, quella di un cibo per gatti o quella di un’acqua minerale, un catalogo o un quotidiano, un
magazine o un volantone con le offerte della settimana del supermercato, tutto va pensato in grande.
È come conseguenza di questa visione che i nostri prodotti sono arrivati in 10 paesi nel mondo, che il livello di fidelizzazione dei nostri clienti
è al 90% o che il nostro fatturato si è triplicato.
Perché la grandezza è qualcosa che si crea guardando verso l’alto. Mai dall’alto in basso.
continuo dei dipendenti e dei processi e la
condivisione delle competenze per raggiungere l’obiettivo delle “zero defects“ e del “right
first time“. Nel nostro gruppo c’è una Corporate
Quality centrale e delle strutture qualità che
operano in ogni singolo stabilimento. Questa
organizzazione consente un’uniformità di
applicazione, una standardizzazione e una
customizzazione dei processi produttivi.
Un obiettivo ancora più ambizioso se si pensa
alle diversità culturali e di contesto tra i vari
stabilimenti. Il nostro sforzo è quello di avere
un “linguaggio aziendale comune” per far
dialogare tutte le culture presenti all’interno
della nostra organizzazione.
Innovazione, ricerca, armonia, responsabilità.
Cosa significano queste parole per la Pasell?
L’innovazione è prima di tutto organizzativa,
ovvero miglioramento degli standard aziendali e dei processi, e innovazione di prodotto,
ovvero progettazione in collaborazione con le
esigenze dei clienti. Il che significa soprattutto
ridurre l’impatto ambientale e migliorare la
qualità di lavoro dei dipendenti. Questo approccio ci ha consentito di depositare all’inizio
di giugno un brevetto congiunto con Whirpool.
La ricerca, invece, è aziendale e industriale
in collaborazione con le università italiane
ed estere. Lo scorso mese abbiamo firmato
un protocollo per la creazione di una facoltà
di ingegneria industriale in partnership con
l’Università di Poprad e altre aziende slovacche. L’obiettivo è creare figure professionali
realmente in linea con le esigenze produttive
del territorio. In Italia, portiamo avanti diversi
progetti con l’Università di Napoli e Salerno
per ridurre l’impatto ambientale dei materiali
utilizzati nei cicli produttivi.
Per quanto riguarda l’armonia ci teniamo a
mantenere vivo un senso di comunità tra soci,
famiglia, dipendenti e fornitori. Cerchiamo di
organizzare momenti conviviali in cui vivere l’azienda non solo come luogo di lavoro.
Questo è possibile anche perché il management non è mai lontano dalla base e c’è uno
sforzo continuo per mantenere vivi i rapporti
umani. Il cliente Arçelik ci ha dato di recente il
riconoscimento di “fornitore più collaborativo
ed efficiente” per il 2014 nel settore lavatrici.
Sul tema della responsabilità sociale siamo
membri del Global Compact dal 2004.
Per noi la responsabilità è ambientale, di prodotto, ma anche sociale. In Slovacchia, per
esempio, abbiamo avviato da diversi anni un
progetto per l’integrazione della comunità
rom. Lo scorso aprile, in occasione della giornata nazionale della comunità rom, abbiamo
ricevuto la visita del Presidente della Repubblica Andrej Kiska che ha riconosciuto la Pasell
come caso di integrazione positiva. Nel 2013
abbiamo ricevuto il “Productivity Awards” un
importante riconoscimento nazionale del Ministero dell’Economia della Repubblica Slovacca.
Quali sono le nuove sfide che intendete
affrontare?
In Italia dipende molto dagli sviluppi della
integrazione tra Whirpool e Indesit e dalla
successiva riorganizzazione degli stabilimenti
italiani. Per l’estero, dobbiamo consolidare il
mercato turco attraverso nuovi clienti e strizziamo l’occhio alla Cina, il più grande mercato
di elettrodomestici del mondo dove potremmo
aprire uno stabilimento nei prossimi anni.
Per il futuro il nostro sogno è riuscire a produrre e immettere nel mercato un prodotto
con nostro brand. (G.A.)
Fase di produzione
dei contrappesi in calcestruzzo
Made in Italy
per piccoli lord
INNOVAZIONE E TRADIZIONE SI FONDONO
NELLA CREAZIONE DI ABITI RAFFINATI
PER I BAMBINI INGLESI, APPREZZATI PERCHÉ
PRODOTTI NEL NOSTRO PAESE.
UN’IDEA CHE CI RACCONTA TIZIANA GIANNICO,
FONDATRICE PUPE & CAVALIERI.
È nata a Bari, ha studiato economia alla Luiss Guido Carli a Roma e allo
University College a Dublino e poi è volata a Londra per un master in
finanza, ha trovato lavoro nella capitale inglese dove, per diversi anni,
ha lavorato nel ramo dell’Investment Banking.
Fin qui, quella di Tiziana Giannico, sembrerebbe una storia di fuga
dei cervelli come se ne sentono tante, invece è un’esperienza tutta
particolare, di fuga e poi ritorno, anche se non fisico, nel Bel Paese.
Ma andiamo in ordine.
“La nascita dei miei tre bambini è stato un grande cambiamento nella
mia vita, ho dovuto ricercare un diverso equilibrio tra lavoro e famiglia”
– ci racconta la Giannico – “cercavo un contesto più flessibile e nello
stesso tempo nuovi interessi e così nell’aprile del 2014 ho fondato a
Londra Pupe & Cavalieri, una nuova casa di moda per bambini”.
Complici una grande spinta alla digitalizzazione, la caduta – per i
nuovi progetti imprenditoriali – delle barriere all’ingresso sul mercato
e infrastrutture particolarmente efficienti, il contesto nella City era particolarmente favorevole alla nascita di nuove startup. Così, già a luglio
dello scorso anno, ha partecipato con una prima collezione estiva ad
una fiera, il Bubble London (l’equivalente dell’italiano Pitti Bimbo, ndr)
dove è stata nominata finalista come miglior marchio debuttante e
come migliore fashion house emergente nella moda bambini.
Ma come si passa dalla finanza a disegnare abiti per bambini?
“Ogni volta che tornavo a Londra da un viaggio in Italia, riportavo valigie
piene di vestiti per i miei figli. I marchi italiani hanno una attenzione
alla qualità e alla comodità che in Inghilterra avevo difficoltà a trovare”
spiega la Giannico “e così, dalla mia esperienza di mamma e cliente
e grazie alle mie conoscenze di finanza, mi sono lanciata in questo
nuovo progetto”.
Da allora Tiziana Giannico debutta nel settore moda, come direttore
creativo di questo nuovo brand, mettendo in piedi un ufficio style con
sede a Londra, dove designer freelance inglesi creano nel rispetto
dello stile italiano.
In poco più di una settimana ha costituito una startup con un impianto
estremamente flessibile, senza una sede né dipendenti, ma con creativi
specialisti che la affiancano nelle attività di realizzazione dei modelli
56
Luglio 2015
Piccole
imprese
grandi
storie
TIziana Giannico
degli abitini, nel web designing e nell’attività
di marketing su social media. “Ho capito che
non avevo necessità di una struttura fissa, e
questo mi ha consentito anche di ridurre i
costi di impianto della startup, ma allo stesso
tempo avevo la consapevolezza che la forza
di un progetto nasce dalla capacità di mettere
insieme le forze per creare delle sinergie”.
Partita con il nuovo progetto è stato il momento di trovare chi realizzasse la produzione.
“In tanti anni vissuti all’estero ho capito quanto
la qualità e l’artigianalità italiana siano apprezzate nel mondo” – ci racconta – “per questo
motivo ero convinta di far realizzare tutti i
prodotti in Italia, nel Sud per la precisione,
dove ho scoperto solo una volta imbarcata
in questa avventura, esistere un distretto di
eccellenza per la moda bambino”.
È così che questa storia continua con un parziale ritorno in Italia, per produrre il bello e
ben fatto, e portarlo all’estero.
“All’inizio non è stato facile trovare un partner
per la mia piccola produzione” – continua
l’imprenditrice – “ma con il tempo si sono
instaurate delle collaborazioni proficue, ho
trovato persone che hanno voglia di puntare
sulla mia idea”.
La produzione in Italia dà un valore aggiunto
alle collezioni della casa di moda per bambini,
l’eccellenza sartoriale e i valori di qualità legati
al made in Italy sono riconosciuti ed apprezzati
a Londra ma, grazie alle fiere internazionali cui
ha partecipato il brand, in paesi lontani come
Medio Oriente, Cina e Giappone.
Quella di Pupi & Cavalieri è un’idea che fonde innovazione e tradizione, coniugando il
design londinese con le tecniche sartoriali
italiane, per prodotti classici e raffinati che
rispecchiano i valori del made in Italy. Tutti gli
abiti delle tre collezioni fin’ora realizzate sono
fatti di fibre naturali come il cotone, il lino, la
seta e la lana, il packaging è completamente
biodegradabile e c’è una forte attenzione alla
sostenibilità e all’impegno sociale. Caratteristiche che accomunano il brand ai valori di
Expo 2015 tanto che Pupe & Cavalieri è stata
selezionata come “contributor” al programma
Made of Italians che l’esposizione universale ha
concepito per incoraggiare gli italiani residenti
all’estero a tornare nel proprio paese di origine
in occasione di questa importante occasione.
E così siamo arrivati al presente, allora abbiamo chiesto a questa giovane startupper cosa
avesse in mente per il futuro.
“Ho investito tempo, impegno e risorse personali in questo progetto che ha richiesto dedizione costante e senza limiti, ci sono stati alti
e bassi, ma i buoni risultati finora ottenuti mi
fanno avere entusiasmo per andare avanti. In
poco tempo siamo riusciti ad essere presenti
su due punti vendita plurimarca in Inghilterra
e su piattaforme online di nicchia” ci risponde
Tiziana Giannico. “Sono convinta, però, che i
risultati migliori sono quelli che si ottengono
attraverso le sinergie, con le persone che credono in questo progetto. Stiamo definendo in
questi giorni una collaborazione con un’altra
società italiana che stampa su seta disegni di
artisti italiani, una bella sfida”. Sembrerebbe,
in fin dei conti, che cambiare lavoro non le
abbia permesso di riposarsi di più e di stare
più tempo a casa. Ce lo conferma: “Ho meno
tempo per i miei figli, ma sono bambini più
contenti, perché si sentono meno esclusi dalla vita della loro mamma, sono infatti ottimi
modelli, creativi e i miei giudici più severi!” CHIARA SANTARELLI
Luglio 2015
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Imprenditoria
inmmigrata
A COLLOQUIO CON NATALE FORLANI,
DIRETTORE GENERALE IMMIGRAZIONE E POLITICHE DI INTEGRAZIONE DEL MINISTERO DEL LAVORO
Importante
ponte culturale
Quanto vale l’impresa nei processi di integrazione?
Vale molto, sia in termini economici sia sociali. Se guardiamo in particolare
la cosiddetta imprenditoria immigrata basta ricordare che questa contribuisce a circa l’8% del pil nazionale ed è destinata a crescere ulteriormente.
Nel valore sociale rientra invece non solo l’integrazione in senso stretto,
ma anche la capacità dei migranti di divenire soggetti proattivi della nostra
società, mettendo a frutto le proprie idee e i propri talenti e diventando
essi stessi dei testimonial dell’integrazione.
Natale Forlani
Quale è la percezione nei confronti di questo processo?
È una consapevolezza crescente che è importante valorizzare e che
acquisisce sempre maggiore visibilità economica rispetto ad altri paesi
anche europei che hanno registrato questo fenomeno da 40-50 anni, e
che oggi inizia ad avere una sua consistenza. Pertanto le potenzialità di
crescita dell’imprenditoria immigrata sono ancora notevolissime.
Va ricordato che anche la Commissione europea ha invitato i paesi membri
alla promozione dell’integrazione attraverso l’imprenditorialità e la cultura
d’impresa, creando le condizioni affinchè i migranti possano accedere
facilmente alle informazioni utili per la realizzazione del proprio progetto
d’impresa.
Chi sono gli imprenditori immigrati?
In genere sono persone arrivate nel nostro paese in condizioni di necessità
e che nel tempo hanno acquisito competenze e sviluppato relazioni tali
da accrescere il lavoro autonomo e imprese. Molti di loro cominciano nel
promuovere i prodotti del loro Paese o a sostituire gli italiani nell’ambito
dei mestieri che vengono trascurati dai nostri giovani.
58
Luglio 2015
Altri ancora hanno fatto un ulteriore salto di qualità inventando imprese che promuovono
all’estero i prodotti italiani.
Le stime ci dicono che sono quasi 600 mila i titolari stranieri di imprese iscritte alle camere
di commercio del nostro paese.
Si tratta tuttavia di un numero che raggruppa tipologie di imprese molto diverse fra loro. Possiamo ritenere che in realtà siano circa 150 mila quelle più strutturate e integrate con il nostro
mondo imprenditoriale e che generano, a loro volta, nuovi occupati. Questi imprenditori hanno
comunque , in particolare, un tratto comune, ovvero la capacità di legare le potenzialità del
made in Italy con la loro conoscenza dei mercati esteri. In questo rappresentano un ponte
culturale importante per il presente e per il futuro.
Il nostro paese registra oggi un fenomeno di emigrazione di giovani italiani che vanno
all’estero per trovare lavoro, mentre molti immigrati trovano successo nel nostro paese e
realizzano progetti anche ambiziosi....
Negli ultimi venti anni, in coincidenza con l’aumento medio del livello di scolarizzazione, c’è
stata una svalutazione culturale del lavoro manuale creando di fatto una significativa mancanza
di turnover a livelli di operai specializzati e di lavoratori artigiani, con uno spazio lavorativo che
sempre più viene lasciato a persone straniere. Anche attraverso questo fenomeno gli immigrati
acquiscono know how ed esperienza che poi in alcuni casi sono fondamentali per creare la
loro impresa. Questo fenomeno esiste anche negli altri paesi sviluppati, ma da noi ha assunto
una dimensione a mio avviso eccessiva, e che deve far riflettere riguardo la validità del nostro
sistema di orientamento al lavoro.
Quali sono le potenzialità dell’imprenditoria immigrata nei prossimi anni?
Ci sono potenzialità di crescita almeno doppie rispetto ad oggi. Va poi ricordato che il potenziale
delle seconde generazioni – con ragazzi che si sono formati nel nostro paese e si sentono
italiani a tutti gli effetti – è di fatto ancora inespresso, con un trend di crescita qualitativo e di
integrazione che sarà molto importante. FRANCESCA DE SILVESTRI
IMMIGRAZIONE E INTEGRAZIONE
ATTRAVERSO L’IMPRENDITORIALITÀ
DI QUANTI VENUTI DA ALTRI PAESI
SCELGONO DI REALIZZARE IN ITALIA
AZIENDE CHE HANNO UN TRATTO
COMUNE, QUELLO DI LEGARE LE
POTENZIALITÀ DEL MADE IN ITALY CON
LA CONOSCENZA DEI MERCATI ESTERI.
Luglio 2015
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IL MAROCCHINO ABDERRAHIM NAJI È IL VINCITORE DEL MONEYGRAM AWARD 2015
L'altra faccia
dell'immigrazione
portano a svolgere i lavori più vari in diversi
paesi europei. Nel 1989 raggiunge l’Italia e
comincia a lavorare proprio per la CS Stampi,
azienda che nel 1997 acquisterà dal proprietario italiano investendo la sua liquidazione,
cui aggiungerà una serie di rate da pagare
nel tempo.
La CS Stampi, azienda che al momento dell’acquisto fatturava 250 milioni di vecchie lire
e impiegava 4 persone, oggi è cresciuta a
livelli esponenziali, occupa 38 addetti, grazie
anche a investimenti mirati per macchinari
innovativi e tecnologicamente avanzati, e nel
2014 ha registrato un fatturato di 6,6 milioni
di euro, con una crescita del 38% del volume
di vendite rispetto all’anno precedente e con
una previsione di un fatturato di 10 milioni di
euro per l’anno in corso, puntando al mercato
nazionale ed estero.
“Nonostante le difficoltà economiche che mi
Si è conclusa lo scorso 25 giugno, con la
cerimonia che si è svolta a Roma presso il
Museo dell’Ara Pacis, la settima edizione del
MoneyGram Award, il premio dedicato all’eccellenza dell’imprenditoria immigrata in Italia,
cui Piccola Industria collabora sin dalla prima
edizione del 2009.
Quest’anno il vincitore assoluto è l’imprenditore di origine marocchina Abderrahim Naji,
titolare della CS Stampi, azienda manifatturiera di Piazzola sul Brenta che si occupa dello
stampaggio di materiale plastico e costruzione
di stampi per l’industria automobilistica ed
elettrodomestica.
Una storia originale la sua. Classe 1967, a
22 anni lascia il Marocco e la sua famiglia di
origine. Si reca inizialmente in Francia, dove
intraprende studi di fisica che è costretto a
interrompere per questioni economiche, poi
inizia una lunga serie di peregrinazioni che lo
60
Luglio 2015
STORIE CORAGGIOSE DI UOMINI E DONNE VENUTI DA PAESI
LONTANI CHE HANNO REALIZZATO IL LORO SOGNO
IMPRENDITORIALE NEL NOSTRO PAESE.
Abderrahim Naji
Imprenditoria
inmmigrata
Luglio 2015
hanno spinto a lasciare il mio paese di origine,
gli anni di grande sacrificio in fabbrica e un accesso al credito tutt’altro che agevole, in Italia
ho trovato le condizioni per far nascere e prosperare la mia idea di impresa. Il MoneyGram
Award, in quanto Premio all’Imprenditoria Immigrata in Italia, è testimonianza dell’apporto
fornito dagli immigrati all’economia italiana,
oltre che del fatto che fare impresa in questo
paese è possibile, a dispetto della congiuntura economica sfavorevole” ha dichiarato
Abderrahim Naji.
Di storie di rivincita e di ingegno, di orgoglio,
di riconoscenza e amore per il nostro paese
hanno parlato anche gli altri 14 finalisti del
Premio, titolari di imprese, per lo più pmi, attive
nell’ambito della manifattura, del commercio,
della ristorazione, della consulenza, dei servizi
e della comunicazione.
Fra queste ci sono anche quelle degli imprenditori cui sono stati assegnati i premi di
categoria. A Damian Ranasinghe, imprenditore
di origini cingalesi e fondatore della catena
di ristoranti Soho Restaurant & Fish Work è
stato attribuito il riconoscimento per la crescita dell’Occupazione; a Joanna Grunt, dalla
Polonia, che insieme alla sua socia ha creato
la boutique di bra fitting Pati Jò, è andato il
premio per l’innovazione; ad Evelyne Sarah
Afaawua, ventisettenne di origini ghanesi che
è cresciuta nella provincia di Monza e Brianza,
che nel 2014 ha creato Nappytalia, il primo
portale in italiano sulla cura dei capelli Afro al
naturale, il premio per l’imprenditoria giova-
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nile; a Lenka Kosikova, giovane donna della
repubblica ceca che vive in Italia da 20 anni,
è andato il riconoscimento per la categoria
crescita del profitto per il risultato raggiunto
con la sua Kvetna 1794 che si occupa della
produzione e della distribuzione di cristalleria
di alta gamma anche per prestigiosi marchi
italiani ed esteri; alla tunisina Sihem Zrelli il
premio alla responsabilità sociale per la casa
famiglia per anziani Villa Sihem che ha fondato nel 2013 ad Aprilia; Marco Wu, di origini
cinesi e con accento romano, che dopo aver
lavorato a lungo nell’attività di famiglia legata
alla distribuzione di generi alimentari cinesi dal
2008 è titolare di una enoteca che esporta vini
italiani, ha ricevuto il premio speciale per gli imprenditori immigrati di seconda generazione.
Stefano Zapponini, che ha partecipato alla
premiazione in rappresentanza di Piccola Industria, oltre a ribadire l’importanza e il valore
che l’imprenditoria immigrata riveste per l’Italia
sia in termini sociali che economici – con oltre
600 mila imprese operanti nel nostro paese,
con un peso dell’8,3% sul totale delle imprese
esistenti in Italia – ha sottolineato come in
una logica di rappresentanza sia importante
creare sempre maggiori sinergie e aperture,
favorendo una interazione sempre più efficace.
L’appuntamento è ora all’ottava edizione,
per scoprire nuove storie di talenti, coraggio
e ambizione, di imprenditori che vogliono
essere protagonisti del Made in Italy e che
rappresentano un ponte tra culture. (F.D.S.)
Mercati
esteri
INTERVISTA A GIULIO SACCARDI, AMMINISTRATORE DELEGATO NUOVA BRUNENGO
Ripartire da Dakar
La Nuova Brunengo è una piccola impresa
con sede a Genova specializzata nella progettazione, costruzione e manutenzione di
impianti di elevazione industriale e civile.
Fondata nel 1965, all’inizio degli anni Novanta
viene rilevata da Guglielmo Saccardi, oggi
consulente dell’azienda guidata dal figlio Giulio
in qualità di amministratore delegato. Tredici
i dipendenti e un milione e mezzo di euro
l’attuale fatturato; numeri piccoli che tuttavia non hanno impedito a questa azienda di
spiccare il volo all’estero, intessendo solide
relazioni commerciali nel Nordafrica e in Libia
in particolare.
Con lo scoppio della guerra civile nel 2011 e la
perdurante difficoltà dei governi provvisori nel
ristabilire condizioni di sicurezza e stabilità per
il paese, si è reso necessario volgere la sguardo
altrove. E Giulio Saccardi oggi racconta come
il Senegal sembri offrire all’azienda buone
prospettive di sviluppo.
Come nasce la decisione di investire in Senegal?
L’ingegnere marocchino con il quale lavoravamo in Libia si trasferisce a Dakar segnalandoci
che si stanno aprendo molte opportunità di
lavoro nel campo dell’edilizia. Con lui, che può
assicurare una presenza costante sul luogo,
e insieme a un broker sudcoreano, che può
occuparsi degli aspetti amministrativi e finanziari, decidiamo di costituire una società,
la Hanil, in grado di proporsi come general
contractor per la realizzazione di complessi
edilizi che vanno dai centri commerciali agli
alberghi a cinque stelle.
Qual è esattamente il know how italiano
che offrite?
Grazie alla nostra attività abbiamo sviluppato
relazioni con fornitori soprattutto di materiale
edile. Dall’Italia pertanto porteremo rivestimenti e arredi, molto richiesti quando si parla delle
rifiniture estetiche degli appartamenti. Per i
materiali da costruzione, invece, utilizzeremo
fornitori locali; tenga presente che il Senegal
è un grande produttore di cemento.
Al momento stiamo partecipando a un tender
internazionale lanciato dal governo e relativo a
un gruppo di edifici destinati a ospitare la sede
del ministero della Difesa a Dakar. Il progetto
prevede l’abbattimento e la ricostruzione di
palazzi tra i 15 e 18 piani e per il quale abbiamo
già contattato un’azienda italiana specializzata
nelle implosioni di edifici.
Di lavoro in prospettiva ce n’è molto, ma è fondamentale entrare con un progetto grosso per
dimostrare l’affidabilità e la serietà del gruppo.
In questi paesi funziona molto il passaparola e
opportunità potrebbero aprirsi anche in Mali
62
Giulio Saccardi
Luglio 2015
e in Ciad. Il Senegal resta uno snodo fondamentale, tutta l’area francofona infatti vi fa
riferimento perché è l’unico paese dotato di
porti adatti alla movimentazione delle merci.
Qual è l’impressione complessiva?
C’è tanta povertà, ma è un paese con una
grande voglia di emergere. Ci sono anche
molti imprenditori italiani attivi sul posto, in
particolare nella pesca. E colgo l’occasione
per sottolineare come la meccanica italiana
sia sempre apprezzata all’estero.
E invece, per quanto riguarda la Libia, ritiene
la vostra esperienza conclusa?
In Libia abbiamo lavorato per 15 anni: siamo
partiti con una prima commessa per l’aeroporto di Tripoli dove abbiamo realizzato un
bell’ascensore panoramico. Anche il quel caso
l’input era stato chiaro: cercavano un’azienda
affidabile, ma soprattutto italiana.
Lo ribadisco perché credo che prendiamo
coscienza di quanto vale il nostro made in Italy
soltanto quando andiamo all’estero. Successivamente abbiamo cominciato a lavorare con
ambasciate, supermercati, per poi approdare
alle raffinerie petrolifere di Marsa al Brega.
Oggi la nostra attività in Libia è in stand by,
operiamo solo come fornitori in virtù di rapporti con i nostri partner che negli anni sono
diventati degli amici. Ma la situazione è difficile
SPINTA DALLA INSTABILITÀ IN LIBIA
LA NUOVA BRUNENGO HA DECISO
DI PUNTARE SUL SENEGAL, UN
PAESE CON BUONE PROSPETTIVE
DI SVILUPPO, NODO
FONDAMENTALE NELL’AREA
FRANCOFONA DEL NORD AFRICA.
Luglio 2015
63
e non ci sono le condizioni per operare sul
territorio in sicurezza.
Quanto valeva per voi il mercato libico?
Circa il 50% del fatturato. Motivo per il quale
la chiusura di questo mercato ha significato
mettersi intorno a un tavolo, ridurre gli sprechi, parlare con i collaboratori e invitare tutti
a lavorare meglio e di più. Ma non abbiamo
toccato un posto di lavoro.
Oltre al Senegal quali altri paesi potrebbero
interessarvi?
Una volta aperto il mercato qui a Dakar, dove si
è trasferito mio padre Guglielmo di 70 anni – “a
farsi le ossa” gli dico scherzosamente – siamo
interessati al Marocco, che con il Senegal ha
ottimi rapporti, e alla Tunisia.
Fondamentale è scegliere paesi che abbiano un orizzonte politico stabile per almeno
i prossimi 10/15 anni. Per farlo consultiamo
anche i report di Confindustria Assafrica e
Mediterraneo.
Credo però che per lavorare bene in Africa,
specie quella subsahariana, sia necessario
entrare nella loro cultura. I ritmi sono più lenti
e anche le trattative seguono dinamiche del
tutto diverse da quelle occidentali. Trasferire
la nostra impostazione di lavoro qui sarebbe
fallimentare. (S.T.)
Innovarea
Germogli per il futuro
AD UN ANNO E MEZZO DAL SUO LANCIO E AVVIANDOSI VERSO LA PROPRIA CONCLUSIONE, COSA
LASCIA IN EREDITÀ INNOVAREA? CARLO BAGNOLI, DOCENTE DI INNOVAZIONE STRATEGICA A CA’
FOSCARI E DIRETTORE SCIENTIFICO DEL PROGETTO, FA UN BILANCIO DELL’INIZIATIVA, PARTITA IN
VENETO NELL’OTTOBRE 2013 PER SOSTENERE E PROMUOVERE UN NUOVO CONCETTO DI IMPRESA.
“È stata prima di tutto una grande esperienza di amicizia tra persone ed istituzioni” spiega Carlo
Bagnoli. “In questi mesi con Alberto Baban, presidente di Piccola Industria, e Isi Coppola, già
assessore regionale per le pmi e l’innovazione, abbiamo consolidato il rapporto personale
contribuendo ad avvicinare tra di loro istituzioni come Confindustria, Università Ca’ Foscari di
Venezia e Regione del Veneto che troppo spesso stentano a fare sistema.
In secondo luogo – continua Bagnoli – il nostro progetto lascerà molte realizzazioni concrete
e pratiche a favore degli imprenditori veneti ed in prospettiva almeno di quelli italiani.”
Il cuore del progetto è l’impresa “antifragile”, quella che negli anni della crisi – dal 2007 al
2012 – non solo è stata in grado di mantenere le proprie posizioni sul mercato ma è addirittura
riuscita a migliorare la performance.
Per Innovarea un’impresa di questo tipo può anche essere “significante” se cioè è capace di
generare valore simultaneamente per se e per la società in cui opera.
“Un’impresa che non solo sa valorizzare i beni privati ma sa anche vedere i beni relazionali e
custodire i beni comuni in chiave di sostenibilità e sviluppo” dice ancora Bagnoli.
Le realizzazioni concrete cui fa riferimento Bagnoli hanno tutte come scopo quello di generalizzare quanto più possibile le maggiori abilità delle imprese significanti al tessuto economico
e sociale della Regione del Veneto prima e dell’intero paese poi.
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LUGLIO 2015
Tra queste realizzazioni c’è sicuramente Trendlab, il primo portale
gratuito e in italiano in grado di fornire informazioni e nuove idee
rispetto al mondo dei trend (www.trendlab.innovarea.eu). Capire e
anticipare le tendenze del futuro prossimo e a medio-lungo termine
è un fattore chiave di successo che le imprese significanti hanno
sicuramente saputo valorizzare.
Ibm metterà poi a disposizione di Trendlab esperti e ricercatori nel
campo dell’innovazione, le sue fonti d’informazione sui trend tecnologici globali, i suoi studi sull’industria del futuro e a fornire in icloud la
piattaforma per l’accesso a tali contenuti. “Trendlab non vuole diventare
l’ennesimo player nel settore bensì essere selezionatore, secondo una
logica attenta di contenuto in linea con le esigenze della piccola e
media industria, di “buone idee” da condividere. L’obiettivo è ispirare
le piccole e medie aziende italiane – spiega Bagnoli – informando
ma anche creando una cultura d’impresa legata ad un taglio molto
concreto”.
E proprio la capacità di “cavalcare” i trend ambientali più favorevoli,
secondo una ricerca condotta da Marco Vedovato dell’Università Ca’
Foscari, è una delle principali caratteristiche che contribuiscono a
spiegare le performance eccellenti delle imprese significanti.
Questo però insieme ad alcune particolarità relative all’imprenditore.
Quali? Secondo Fabrizio Gerli, direttore del Competency Centre di
Ca’ Foscari, gli imprenditori più innovativi si contraddistinguono per
il possesso di un insieme di soft skills legate alla capacità di gestire
relazioni, di realizzare progetti con tenacia, di pensare fuori dagli schemi
e di interrogarsi costantemente su cosa cambiare. Soprattutto però,
una volta osservati i trend, è l’accoppiata pensiero strategico-pensiero diagnostico, cioè la capacità di capire lucidamente le cause e
contemporaneamente definire una risposta strategica, a fare la differenza mettendo in grado l’imprenditore di riconoscere e sfruttare le
opportunità fonti di potenziali business.
IL PROGETTO IN NUMERI
1 milione di € il finanziamento da parte di Regione del Veneto
2 osservatori permanenti
1.329 imprese performanti di cui 500 imprese
“antifragili” e 100 “significanti”
51 analisti, ricercatori e docenti gli studiosi coinvolti
9 eventi per un totale di oltre 1.400 imprenditori partecipanti
1 Master in Digital & Design Strategy Innovation nel 2016
Ma gli imprenditori-innovatori e le imprese significanti sanno
anche usare bene il denaro, cioè selezionare gli impieghi per
concentrare gli investimenti dove c’è capacità di remunerare i
rischi d’impresa – come ha messo in luce Giorgio Bertinetti che
a Ca’ Foscari insegna finanza aziendale – e internazionalizzare
incarnandosi nella cultura locale. Passando cioè dal “fare” all’
“essere” internazionali secondo una dinamica che gli studiosi
Andrea Pontiggia e Tiziano Vescovi chiamano di mirroring e
mirroring-back.
Ma il processo di disseminazione dei risultati di Innovarea, oltreché
sulle pubblicazioni su quali altri strumenti potrà contare? “Nel
2016 inizieranno le lezioni di un nuovo Master, in Digital & Design
Strategy Innovation, voluto da Ca’ Foscari e Ibm principalmente,
proprio per trasmettere ai decisori aziendali molte delle conoscenze acquisite grazie ad Innovarea. Gli insegnamenti vogliono
mettere insieme contenuti di tipo tecnico e di tipo umanistico
secondo il credo di Innovarea: che il nuovo Rinascimento italiano
è l’Impresa” conclude Bagnoli. Carlo Bagnoli
FABIO POLES
LUGLIO 2015
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Turismo
ACCRESCERE LA CAPACITÀ DI PROMOZIONE DEL NOSTRO STRAORDINARIO PATRIMONIO CULTURALE.
Destinazione Italia
di Vito Ruggieri Fazzi, Delegato Piccola Industria per turismo e beni culturali
Ovunque nel mondo c’è gente che sogna di
trascorrere una vacanza in Italia o di tornarci
ancora. Il nostro straordinario e variegato patrimonio culturale diffuso sull’intero territorio
nazionale, fatto di storia e tradizioni, monumenti, musei, teatri, siti archeologici, palazzi,
paesaggi, eventi, itinerari religiosi, rappresenta
un elemento identitario forte e altamente distintivo e ci rende un paese interessante per
persone anche molto diverse fra loro. Tale
diversità alimenta anche un interesse fra turisti
italiani che, viaggiando fra le città e le regioni,
possono scoprire ogni volta un paese diverso.
Ma sfruttiamo a pieno questa opportunità?
La domanda è retorica e alimenta numerosi dibattiti, ma si tratta di una questione che
come sistema paese dobbiamo continuare
a porci e alla quale dobbiamo sforzarci di
trovare sempre nuove risposte. L’obiettivo è
fare in modo che attorno all’esperienza di chi
soggiorna in Italia, per turismo o per lavoro,
si sviluppi la capacità di creare filiere e contesti ampi, facendogli vivere un’esperienza a
360 gradi. In questo percorso rientrano tutti
i settori del nostro made in Italy, anche quelli
apparentemente più lontani dal segmento
turistico. Le nostre imprese sono testimonial
eccellenti della cultura italiana, di cui sono al
tempo stesso anche protagoniste e promotrici. Si tratta di un rapporto bi-direzionale,
un dare-avere che merita visibilità e che va
sostenuto. Secondo l’ultimo rapporto Symbola,
nel biennio 2012-2014 le imprese che hanno
investito in creatività, e dunque in cultura, hanno visto crescere il proprio fatturato del 3,2%
e hanno registrato un incremento dell’export
del 4,3%. Questo dato ci conferma che anche
attraverso la cultura passano le logiche della
crescita e dell’internazionalizzazione delle nostre aziende. Va dunque rafforzato il binomio
turismo-cultura, facendo rientrare in esso non
soltanto ciò che appartiene per definizione a
questi due ambiti della nostra economia, ma
utilizzandolo piuttosto come volano di sviluppo anche di altri settori. Si tratta di costruire
circuiti virtuosi su cui distribuire quell’effetto
moltiplicatore che può derivare dalla specificità
di un evento o di un luogo. Sempre lo stesso
rapporto Symbola ha stimato che per ogni
euro prodotto dalla cultura se ne attivano 1,7
in altri settori. Un effetto moltiplicatore che
non possiamo sottovalutare. Molti sono gli
ambiti su cui possiamo e dobbiamo lavorare
e in cui le nostre pmi possono giocare un
66
LUGLIO 2015
ruolo importante: una gestione efficiente di
tutti gli elementi di cui si compone il nostro
patrimonio, anche attraverso forme innovative
di partenariato pubblico-privato.
Un rafforzamento della rete dei servizi turistici per una facile fruizione dei vari siti e una
interconnessione fra diverse realtà territoriali
secondo logiche di integrazione sistemica
(reti, percorsi, itinerari, temi), una formazione
tecnica e manageriale con focus specifico
alla promozione di sistemi integrati e alternativi che consentano di pensare ad un’offerta
quanto più esaustiva, il coinvolgimento e l’emersione di imprese che sappiano liberare le
energie e l’entusiasmo di nuove generazioni
di imprenditori, il rafforzamento della capacità del patrimonio culturale italiano di essere
promosso sui circuiti e i mercati internazionali
non soltanto per il tramite dei grandi attrattori
culturali ma anche attraverso la messa in rete e
l’adeguata promozione dell’immenso e diffuso
patrimonio “nascosto” che caratterizza l’Italia.
E forse questo lavoro sinergico e condiviso di
riscoperta e valorizzazione della nostra cultura,
delle nostre bellezze, delle nostre tradizioni,
del nostro saper fare ci aiuterebbe ad accrescere il nostro orgoglio di mostrare al mondo
la voglia di Italia. Con questa convinzione
Piccola Industria Confindustria intende riunire un gruppo di imprenditori ed esperti per
promuovere un progetto pilota su specifiche
aree del nostro paese che possa sperimentare
come un bene del nostro patrimonio possa
diventare un volano attorno al quale sviluppare
iniziative di promozione e di rilancio di un
territorio. Desidero ringraziare intanto, oltre
alla struttura di Piccola Industria, l’interesse
costruttivo della presidente della Piccola Industria di Latina Angela Visca che da subito mi
ha affiancato in questo progetto e il professor
Pierfelice Rosato dell’Università del Salento
che si è messo a disposizione per supportarci,
oltre ad alcuni rappresentanti del Fai – Fondo
Ambiente Italiano con il quale abbiamo avuto
primi contatti e ci siamo confrontati su alcune
idee da sviluppare. Vito Ruggieri Fazzi
PICCOLA INDUSTRIA CONFINDUSTRIA INTENDE PROMUOVERE
UN PROGETTO PILOTA PER SPERIMENTARE COME UN BENE
DEL NOSTRO PATRIMONIO POSSA DIVENTARE UN VOLANO INTORNO
AL QUALE SVILUPPARE INIZIATIVE DI PROMOZIONE DI UN TERRITORIO.
LUGLIO 2015
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Letteratura d ' impresa
Se uno scrittore ragiona sulla coltivazione del riso
Del vincitore del premio Campiello 2015 alla carriera Sebastiano Vassalli, uno dei maggiori scrittori italiani contemporanei, autore del romanzo La Chimera tra i più ristampati e tradotti negli ultimi vent’anni, balzato agli onori della cronaca per la recente candidatura ufficiale
al premio Nobel per la letteratura, pubblichiamo un articolo legato a uno dei temi di Expo Milano 2015: la coltivazione industriale del riso
che ha lontane origini, in quei luoghi da lui definiti terre selvagge nel suo romanzo in cui narra la battaglia dei Campi Raudii del 101 a.C.
che cambiò la storia.
Sebastiano Vassalli
Pare che la superficie coltivata a riso nella
pianura del Po tenda a ridursi a beneficio di
altre coltivazioni; e ciò proprio mentre i mercati
europei e internazionali richiedono più riso.
Confesso che questa notizia mi trova stupito
e incredulo.
Da quando è iniziata in Lombardia e poi anche
in Piemonte, cioè da un po’ più di cinquecento anni, la coltivazione del riso non ha
avuto altre ragioni che quelle economiche.
Sono le ragioni economiche che le hanno
permesso di attecchire e di prevalere sulle
culture preesistenti, modificando il paesaggio
e il clima e imponendo condizioni di vita che
nei primi secoli non dovettero certamente
essere piacevoli.
Per quasi trecento anni, prima che l’evoluzione
dei costumi rendesse tollerato e possibile il
lavoro femminile delle mondariso, i lavoratori
delle risaie: i “risaroli”, come vengono chiamati
nei documenti più antichi, furono di fatto degli
schiavi reclutati tra i disgraziati della terra, per
lavorare nelle risaie dove spesso morivano a
causa delle febbri malariche. Nonostante ciò, e
nonostante le “gride” dei governatori spagnoli
che vietavano la semina del riso per tre
miglia intorno ai centri abitati, cioè in pratica
dappertutto, la coltivazione del prezioso cereale non solo non è mai venuta a cessare e
non si è mai ridotta, ma nelle sue zone storiche: la “bassa” vercellese, quella novarese e
la Lomellina, è diventata una monocoltura
già in epoche antiche. Cinquant’anni fa, ai
tempi del cosiddetto “miracolo economico”,
la coltivazione del riso si è poi allargata in
modo eccessivo, e in Piemonte ha finito per
occupare tutte le superfici pianeggianti. In
seguito ad alcune circostanze favorevoli: la
meccanizzazione dell’agricoltura, l’introduzione dei diserbanti e pesticidi chimici ma
soprattutto in seguito all’apertura del mercato
europeo, le risaie sono dilagate ben fuori dalle
loro zone tradizionali. Hanno oltrepassato il Po,
68
nella provincia di Alessandria; si sono spinte
fino alle porte di Biella, superando i dislivelli
del terreno collinare con una serie ininterrotta
di terrazze; sono arrivate, ad Ovest, a lambire
la provincia di Torino. Tutto ciò ha creato dei
problemi, dovuti alla scarsità dell’acqua: la
pianura del riso si allargava e l’acqua diminuiva. Per ovviare a questo inconveniente
si stanno sperimentando nuove tecniche di
coltivazione, che richiedono meno acqua.
Dal punto di vista ambientale, una riduzione
complessiva del terreno coltivato a riso e un
ritorno, almeno parziale, a tipi di culture non
acquatiche non costituisce certamente un
fatto negativo. La negatività è solo economica. Ed è sorprendente, se davvero si tratta
di ravvedimento, l’attuale ravvedimento degli
agricoltori: che non arretrarono mai in passato,
nemmeno di fronte alle febbri malariche dei
loro congiunti, alle morie dei “risaroli”, alle
“gride” dei governatori spagnoli, e ora arretrano
spaventati da un poco di siccità. Nonostante
la domanda del mercato stia crescendo, e
stiano crescendo le prospettive di guadagno.
Ma, forse, all’origine di questa situazione ci
sono delle ragioni che mi sfuggono, e che
determinano dei comportamenti altrimenti
inspiegabili. Chissà! Staremo a vedere che
cosa cambierà.
SEBASTIANO VASSALLI
Luglio 2015
UNA PAGINA D’AUTORE
“Non ci sono riusciti i Cimbri e i Teutoni e non ci sono riusciti neppure i loro parenti prossimi, i tedeschi guidati da un uomo che,
come il cimbro Boiorigene, doveva portare alla rovina il suo stesso
popolo. Ora che tutte le sue guerre sono state combattute; e tutte le
sue terre fertili sono state divise e coltivate, e che tutte le sue foreste
a sud della Alpi sono state bruciate per fare carbone, l’Europa potrà
tornare a essere il centro del mondo se riuscirà ad accordare tra loro
le sue molte anime, come si accordano gli strumenti in orchestra
perché suonino tutti insieme una sola musica. La musica del futuro”.
(tratto dal romanzo Terre selvagge)
Terre selvagge
di Sebastiano Vassalli
Rizzoli
pp. 304 - € 18,00
Food strategy e multifunzionalità
nella filiera corta del riso
Imprenditorialità.
Futuro del lavoro. Percorsi di formazione
di Laura Angela Ceriotti
Interlinea
pp. 208 - € 18,00
di Emilio Paccioretti
FrancoAngeli
pp. 141 - € 18,00
“Una forma di sopravvivenza per le aziende familiari e una risposta
alle esigenze di consumatori sempre più attenti alla qualità e alla
provenienza dei prodotti”: così spiega le filiere corte nel sistema
agroalimentare italiano l’autrice di Food strategy evidenziando
molti elementi di interesse sociale, economico e territoriale nel
“caso riso” del Piemonte Orientale al confine con la Lombardia,
con nuove prospettive di “multifunzionalità” attraverso la tutela
delle terre coltivate, dei prodotti locali, dei servizi annessi come
ristorazione o residenzialità. Una nuova frontiera imprenditoriale
riscoperta in occasione di Expo.
“Un tuffo nell’idea della società del futuro, del capitalismo moderno”.
Così, nella sua prefazione, Vincenzo Boccia, presidente Comitato
tecnico credito Confindustria, invita alla lettura di questo volume
che “ci fa comprendere come si ‘costruisce’ un ceto responsabile di
un paese, quali ‘fondamentali’ occorrono per governare istituzioni
complesse come le imprese, ma suggerisce soprattutto, come
coltivare e tenere alta l’attenzione alla ‘passione’ e all’imprenditorialità”. Riflessioni che si arricchiscono di testimonianze concrete
per tracciare possibili percorsi formativi di quella che è destinata a
diventare la “professione” del domani.
Luglio 2015
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A COLLOQUIO CON DIEGO MINGARELLI, PRESIDENTE PICCOLA INDUSTRIA MARCHE
Crescita e competitività,
lavori in corso
NUMERI IN CRESCITA ESPONENZIALE PER LA SECONDA EDIZIONE DI MARKETPLACEDAY, UN’INIZIATIVA PROMOSSA A JESI
DA CONFINDUSTRIA ANCONA E DALLA PICCOLA INDUSTRIA DI CONFINDUSTRIA MARCHE.
Si è recentemente concluso il primo grande evento da presidente della Piccola delle
Marche. Qual è il bilancio di questa manifestazione da lei fortemente voluta?
È un bilancio estremamente positivo! All’edizione 2015 hanno partecipato oltre 250
imprese, 30 startup, 10 istituti di credito, 15
delegazioni estere. Abbiamo dato vita ad un
vero e proprio “mercato” con 330 desk, luogo di incontro, di scambio, di conoscenza,
di relazioni, di opportunità, di business, tra
imprese piccole e grandi, manifatturiere e di
servizi, marchigiane e di fuori regione. Sono
convinto, infatti, che quando fai incontrare e
confrontare insieme più imprenditori, qualcosa
di positivo nasca sempre. Penso già al 2016:
per il prossimo anno dobbiamo lavorare per
fare in modo di allargare ulteriormente la platea
di imprese da coinvolgere raggiungendo ogni
angolo della regione e non solo.
Quali sono state le novità di MarketplaceDAY 2015?
Quest’anno abbiamo concentrato le attività
del nostro evento su innovazione e internazionalizzazione. Solo le imprese che continuano
ad investire in innovazione e ricerca e nella
formazione dei propri dipendenti, possono
crescere e avere le capacità per conquistarsi
spazi nel mercato globale.
I mercati internazionali, infatti, sono sempre
più esigenti e chiedono prodotti sempre più
di qualità, che incorporino efficienza, design,
bellezza e che siano seguiti anche con servizi
di supporto.
Su questi temi abbiamo organizzato numerosi
seminari che hanno riguardato le applicazioni
industriali, la nanotecnologia al plasma, le micro-nano tecnologie e materiali avanzati per
l’innovazione industriale, i prodotti utilizzati
sulla stazione spaziale internazionale.
70
Luglio 2015
Quali sono stati gli argomenti al centro di
questi eventi?
Abbiamo parlato di Fab.Lab e cioè di spazi
aperti che nascono per portare la Digital Fabrication e la cultura Open Source in un luogo
fisico dove macchine, idee, persone, nuove
tecnologie si possono mescolare liberamente.
L’Economist li ha definiti i protagonisti della
“Terza Rivoluzione Industriale”, un nuovo modo
di produrre in digitale e attraverso strumenti
di ultima generazione come stampanti 3D,
taglierini laser, fresatrici a controllo numerico.
Grazie al Laboratorio MIST-ER di Ricerca Industriale e Trasferimento Tecnologico della
Rete Alta Tecnologia della Regione Emilia-Romagna abbiamo scoperto il grafene, le sue
caratteristiche, le applicazioni tecnologiche
e le prospettive di questo materiale per le
aziende manifatturiere.
Anche le nanotecnologie hanno trovato il
loro spazio e sono state mostrate tutte le loro
potenziali applicazioni, dal tessile all’attrezzatura sportiva fino a biomedicale, packaging,
automotive e abbattimento degli inquinanti.
Le nanotecnologie sviluppate all’ Environment
Park di Torino non hanno quasi confini e sono
applicabili a settori trasversali per rendere la
produzione industriale più efficiente sotto il
profilo ambientale e più competitiva in termini
di mercato.
Abbiamo potuto assaggiare i cibi degli astronauti grazie alla presenza di Argotec, un’azienda ingegneristica aerospaziale italiana,
che nei suoi laboratori ha ideato e sviluppato numerosi prodotti utilizzati sulla Stazione
Spaziale Internazionale ma in grado di avere
anche un ritorno immediato sulla Terra. Nello
Space Food Lab, sono stati sviluppati i piatti
di Luca Parmitano, Alexander Gerst e Samantha Cristoforetti. I prodotti all’avanguardia di
Argotec sono disponibili anche sulla Terra e
sono particolarmente adatti per coloro che
vogliono alimentarsi in modo sano, gustoso
e completo.
Diego Mingarelli
Baltiche e Paesi Scandinavi. Abbiamo ospitato
anche diverse delegazioni istituzionali, dalla
Bulgaria, dalla Serbia e dalla Romania, oltre che
rappresentanti della Camera di Commercio
Italo-araba e Italo-tedesca e di Confindustria
Assafrica e Mediterraneo che hanno dato vita,
nel corso dell’intera giornata, a seminari nei
quali si sono approfondite le opportunità offerte da ogni area geografica e le normative
dei vari paesi. Le imprese partecipanti hanno avuto inoltre la possibilità di conoscere e
dialogare con Bonifacio García Porras, head
of Unit “Innovation Policy for Growth” della
Commissione Europea.
Uno spazio importante è stato dedicato anche al sistema bancario. Quanto conta per
le imprese un miglior accesso al credito?
Il contesto economico ancora difficile, richiede un’accelerazione degli sforzi comuni,
di istituzioni, parti sociali, istituti di credito,
università, per trovare vie convergenti per
puntare alla crescita. L’imprenditore, da solo,
non può fare tutto.
Al suo fianco oltre alle istituzioni ci deve essere
il sistema bancario. In poche parole, ci deve
essere il sistema paese ad accompagnarlo e
a sostenerlo perché così fanno gli altri.
Per questo abbiamo invitato i vertici territoriali
di 10 Istituti di Credito, per consentire alle
imprese di confrontarsi con il mondo della
finanza, rafforzare le relazioni, moltiplicare
le occasioni di cooperazione e di sviluppo,
per trovare le risorse indispensabili per la loro
crescita. >
E per quanto riguarda i mercati esteri?
Nell’area internazionalizzazione abbiamo
potuto contare sulla presenza di buyer del
mondo dell’habitat e del settore metalmeccanico provenienti da molti paesi: Regno Unito,
Germania, Romania, Albania, Repubbliche
71
Dal
territorio
Dal
territorio
Molte le startup presenti. Che cosa pensa del
progetto AdottUp di Confindustria?
Mi ha fatto molto piacere che il vice presidente
Alvise Biffi abbia accettato il nostro invito ad
illustrare il programma di Piccola Industria
di Confindustria. Con AdottUp si intende
promuovere la conoscenza fra startup e pmi
favorendone l’adozione.
Per le startup, farsi adottare da una pmi, può
essere un modo per sperimentare la propria
idea in un contesto solido e collaudato come
quello d’azienda, trovare spazi o usufruire di
servizi esistenti, condividere reti e canali commerciali anche internazionali, poter contare
su conoscenze e competenze manageriali,
nonché su eventuali supporti finanziari.
Per le pmi può rappresentare un’opportunità
per accelerare l’innovazione, investire in R&D
per vie esterne, migliorare prodotti e processi
produttivi o diversificare l’attività.
Quali sono i suoi progetti per la Piccola Industria delle Marche?
La Piccola Industria ha davanti a sé delle
sfide epocali. Veniamo da tanti, troppi anni
di difficoltà ma le imprese piccole e medie
marchigiane hanno tutte le carte in regola
per continuare a essere protagoniste del futuro della nostra regione. Sono loro l’anima
delle Marche e dell’Italia e, se adeguatamente
aiutate, possono contribuire allo sviluppo del
territorio. Su questo Confindustria ha un ruolo
fondamentale e noi di Piccola Industria faremo
di tutto per assicurare che la nuova Confindustria Regionale sia vicina alle imprese che
ne hanno bisogno. Lavoreremo su 4 punti:
sviluppo di partnership, internazionalizzazione,
innovazione e finanza.
Utilizzeremo il forte network della nostra associazione per renderci facilitatori della nascita
di partnership a tutti i livelli, tra le imprese, con
le università, con le istituzioni. Lavoreremo su
azioni concrete per far cogliere alle nostre
imprese le incredibili opportunità che ci sono
a livello mondiale, grazie alla crescita della
domanda internazionale e all’indebolimento
dell’Euro. Ci impegneremo per far conoscere
le innovazioni che possono rendere competitivi i nostri prodotti. E sul fronte finanza
aiuteremo le nostre imprese a intercettare le
opportunità dai cambiamenti in atto, derivanti
dal Quantitative Easing e dalla normativa sulle
pmi innovative.
C’è davvero tanto lavoro da fare ma la squadra
della Piccola Industria delle Marche è unita e
motivata e sono sicuro che riuscirà a raggiungere l’obiettivo più importante per le nostre
imprese: tornare a crescere perché con loro
cresce l’intero paese. GLORIA CIARPELLA
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Luglio 2015
Nei 40 anni dalla fondazione abbiamo migliorato
i nostri prodotti puntando su ricerca, innovazione
e affidabilità, e oggi siamo apprezzati in 160 Paesi.
Abbiamo condiviso i nostri successi con i nostri
dipendenti, i clienti e i fornitori, festeggiando i traguardi
raggiunti e rinnovando l’impegno di far crescere non
solo l’azienda, ma anche il territorio e il nostro impegno
sociale verso i popoli più disagiati.
E al termine di un 2014 da incorniciare, per la sesta
volta in nove anni, Databank ha attribuito alla
Pedrollo il premio “Company to watch” come miglior
azienda del settore elettropompe in Italia per i risultati
raggiunti, la spinta all’innovazione e le prospettive di
crescita. La Pedrollo si distingue tra i concorrenti per la
vasta gamma di prodotti, l’automazione del processo
produttivo e la consolidata presenza internazionale.
Solo il bello del lavoro.
Il resto lasciatelo a Inaz. Ai suoi strumenti per la gestione delle risorse
umane, l’amministrazione del personale, l’analisi dei costi HR. In tutti i
campi: dalle aziende agricole alle multinazionali, dalla grande distribuzione agli enti pubblici. Per liberare l’energia delle persone, www.inaz.it
Human Energy