credito, un nuovo rapporto tra banche e pmi il nuovo
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credito, un nuovo rapporto tra banche e pmi il nuovo
IL NUOVO RINASCIMENTO È L'IMPRESA LUGLIO 2015 CREDITO, UN NUOVO RAPPORTO TRA BANCHE E PMI I L C E R C H I O D E L L’ E F F I C I E N Z A Gestione del credito Education in Academy Selezione e Servizi al lavoro Gestione documentale Facility Lavoro Somministrato Gruppo De Pasquale. Con le sue società focalizzate sulla componente umana e organizzativa delle attività industriali, offre alle imprese le soluzioni adeguate per la realizzazione delle loro strategie. Grazie ai modelli esperienziali orientati all’efficacia del capitale umano e all’efficienza e flessibilità dei processi, progetta e realizza sul cliente il cerchio dell’efficienza. www.gruppodepasquale.com Inforgroup Agenzia del Lavoro, Education in Academy, Progetto Lavoro Outsourcing, PL Facility, San Marco Technology. Sommario IL NUOVO RINASCIMENTO È L'IMPRESA LUGLIO 2015 L’Imprenditore Luglio 2015 Editoriale CREDITO, UN NUOVO RAPPORTO 4 TRA BANCHE E PMI Ripresa economica, segnali ancora deboli di Carlo Robiglio Credito LUGLIO 2015 7 Maggiore attenzione ai parametri qualitativi Intervista a Vincenzo Boccia di Emanuela Cherubini 10 Direttore responsabile Giuseppe Magrì Vogliamo più trasparenza dalle imprese A colloquio con Antonio Patuelli di Giulia Avallone 14 Direttore Carlo Robiglio Far conoscere il programma Elite Intervista a Luca Peyrano Vice direttore Romano dalla Chiesa Servizi Comitato di direzione Renato Abate, Sebastiano Bongiovanni, Maria Angela Spezia 16 Un settore che chiede più sostegno di Gianni Luciani Coordinamento redazionale Paola Centi 18 Opinioni Vito Ruggieri Fazzi, Gianni Luciani, Sebastiano Vassalli Hanno collaborato Giulia Avallone, Federica Bandini, Patrizia Caridi, Emanuela Cherubini, Gloria Ciarpella, Francesca De Silvestri, Gianluca Fiorindi, Irene La Rosa, Pietro Mambriani, Martina Mondelli, Massimiliano Pillon, Fabio Poles, Silvia Tartamella, Chiara Santarelli, Eugenio Staltari-Ferraro, Sergio Torrisi Expo 2015 20 27 Eccellenze da imitare La parola a... Stampa Arti Grafiche Boccia SpA Via Tiberio Claudio Felice, 7 84131 Salerno 29 Foto Agenzia Sintesi, Contrasto, Studio Franceschin, Agf, Infophoto. La foto di Sebastiano Vassalli a pag. 68 è tratta da un fotogramma del video “Dal riso al rosa” (©Butterflu Cinematografica). Cesare Azzali e Nicola Calzolaro Europa 38 Per un’Europa più connessa di Pietro Mambriani Finito di stampare Luglio 2015 39 Scommessa vincente Intervista a Gianpiero Lotito L’Imprenditore online L’Imprenditore è sfogliabile anche in versione digitale su tutte le piattaforme tablet, smartphone e desktop. Industria 4.0, il nuovo presente A colloquio con Gianluigi Viscardi di Gianluca Fiorindi Progetto grafico e impaginazione Crea Identity srl www.creaidentity.com www.limprenditore.com Occasioni da non perdere di Patrizia Caridi con il contributo di Federica Bandini, Irene La Rosa, Massimiliano Pillon ed Eugenio Staltari-Ferraro 26 [email protected] Bloccati dalle procedure di Sergio Torrisi @L_Imprenditore 41 L’Europa recuperi il suo spirito originario Intervista a Massimiliano Salini PI 42 Non esiste prodotto senza comunicazione Intervista a Lorenzo Sassoli de Bianchi di Silvia Tartamella 44 Innovare per creare ricchezza Startup 46 Insieme si cresce Intervista a Marco Cantamessa 50 Tecnologia al servizio del welfare A colloquio con Stefano Casati di Martina Mondelli Piccole imprese grandi storie Editore Servizio Italiano Pubblicazioni Internazionali SIPI spa Viale Pasteur, 6 - 00144 Roma tel. 065920509 - fax 065924819 52 56 Imprenditoria immigrata Amministratore Delegato Luigi Paparoni 58 Aut. Tribunale di Roma n.138 del 29 gennaio 1949 Gli inserzionisti di questo numero Arti grafiche Boccia, Inaz, La Veneta Servizi, Liquigas, Mapei, Pedrollo, Progetto Lavoro, Rem Tech. Made in Italy per piccoli lord di Chiara Santarelli Presidente Antonella Mansi Concessionaria di pubblicità H.P. 10 Srl Milano - Via A. Verga 12 - tel. 0248003799 Innovazione e responsabilità binomio di un successo Intervista a Salvatore Amitrano Importante ponte culturale A colloquio con Natale Forlani di Francesca De Silvestri 60 L’altra faccia dell’immigrazione Mercati esteri 62 Ripartire da Dakar Intervista a Giulio Saccardi Innovarea ABBONAMENTI PER 10 NUMERI Euro 37,00 PER L'ESTERO Euro 47,00 Gli abbonamenti decorrono dal gennaio di ciascun anno. All’atto della sottoscrizione è comunque facoltà dell’abbonato richiedere una diversa data di decorrenza o l’invio dei fascicoli arretrati. I fascicoli non pervenuti devono essere reclamati dall’abbonato non appena ricevuto il fascicolo successivo. 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VIA DUCA DI CALABRIA 1/1 - 50125 FIRENZEFAX 055.641257 - TEL. 055.64831 64 Germogli per il futuro di Fabio Poles Turismo 64 Destinazione Italia di Vito Ruggieri Fazzi Letteratura d ’ impresa 68 Se uno scrittore ragiona sulla coltivazione del riso di Sebastiano Vassalli Dal territorio 70 Crescita e competitività, lavori in corso Editoriale Ripresa economica segnali ancora deboli CARLO ROBIGLIO Richiamando le recenti dichiarazioni del Presidente Squinzi, il quale ha ancora ricordato come occorra procedere con urgenza alle riforme per risolvere i problemi strutturali del Paese, è di tutta evidenza come i segnali di ripresa siano ancora deboli e per questo sia necessario quanto prima favorire le precondizioni per aumentare la fiducia e gli investimenti. Più volte, nelle sedi istituzionali e non solo, abbiamo sottolineato come occorra puntare ad una crescita del pil con valori pari o superiori al 2% affinché si possa creare stabilmente occupazione. In tale direzione dobbiamo quindi riconoscere al governo, di aver lanciato negli ultimi mesi un importante segnale nella giusta direzione, attraverso il Jobs Act, del quale non possiamo non dare, soprattutto come Piccola Industria, un giudizio complessivamente positivo. Ancora a margine della recente presentazione a Bologna, dei dati sugli “Scenari economici”, elaborati dal Centro Studi di Confindustria, il vice presidente Carlo Pesenti è ritornato sull’importanza per il Paese di realizzare le riforme attese da anni. Dai dati elaborati appare chiaro come l’economia italiana stia lentamente risalendo ma non si tratta di una vera ripresa; per una serie di elementi congiunturali dovuti a diversi fattori, l’attività economica sta migliorando, ma l’obiettivo fondamentale è quello di ricolmare un gap pesante rispetto agli altri paesi. In tale direzione il vice presidente Pesenti ha ricordato come il momento sia favorevole e si renda quindi necessaria una riforma del sistema dei contratti di lavoro e della distribuzione del reddito legata alla produttività, elemento imprescindibile per ritornare a crescere. È quanto mai evidente oggi una forte aspettativa, che ci induce a ritenere che gli effetti benefici del Jobs Act si dispiegheranno dalla seconda metà del 2015; a seguito di una attenta analisi infatti, appare chiaro come gli attuali esiti positivi, con la ripresa delle assunzioni a tempo indeterminato, dipendano in larga parte dalle riduzioni contributive introdotte dalla Legge di Stabilità. Gli auspicati effetti del Jobs Act si vedranno più avanti e dovrebbero portare prevedibilmente ad alcune immediate ricadute sul nostro sistema economico. In primo luogo se ne dovrebbero vedere i benefici su quelle aziende che 4 Luglio 2015 producendo beni di alta tecnologia, saranno incentivate così a produrre nel nostro Paese. In seconda battuta ne dovrebbero derivare forti incrementi degli investimenti in ricerca e sviluppo, in innovazioni di processo e in formazione del personale. Verso tale direzione, riteniamo che il Jobs Act possa agevolare il percorso, creando nuovi posti di lavoro e aiutando una ripresa ancora estremamente debole. In conclusione, non possiamo non condividere un timido ottimismo per il futuro prossimo. Molti dati confermano che, dopo anni di crisi, dalle imprese arrivano finalmente segnali positivi. Per il secondo trimestre consecutivo si registra un consolidamento del clima di fiducia. Ora la maggioranza delle aziende manifatturiere si attende per i prossimi mesi un aumento, sia pure senza esprimere grandi numeri, di produzione, ordini e occupazione: non accadeva da tempo. È anche vero che, dal confronto con molti colleghi imprenditori, arriva la conferma che molte aziende, maggiormente legate al mercato nazionale e prive di sbocchi naturali verso l’export, soffrono ancora il perdurante periodo di stallo nei consumi interni. L’effetto Jobs Act sta facendosi sentire in molte aree del Paese e quindi bisogna dare atto all’azione del governo ed in particolare al ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Giuliano Poletti, del percorso intrapreso, ma occorre portare a termine sia la riforma del lavoro sia le altre riforme sul tavolo. I prossimi passaggi necessari, nell’ambito del Jobs Act, riguardano la rilettura complessiva degli attuali ammortizzatori sociali che oggi offrono un sostegno economico ai lavoratori che hanno perso il posto di lavoro ma che, di fatto, non aiutano il loro effettivo reinserimento. In estrema sintesi si potrebbe concludere rammentando al governo che: innovazione, crescita dimensionale delle pmi, incentivi sulla ricerca ma anche riforme su burocrazia, giustizia, fisco ed appalti, dovranno rappresentare per i prossimi mesi la rotta verso la quale ci si dovrà muovere senza riserve. Le Imprese tutte, a incominciare dalle pmi, sapranno fare, come sempre, la propria parte; ci aspettiamo ovviamente altrettanto da chi ha l’importante e non semplice compito della gestione della “cosa pubblica”! Luglio 2015 5 Credito 6 INTERVISTA A VINCENZO BOCCIA, PRESIDENTE COMITATO TECNICO CREDITO E FINANZA CONFINDUSTRIA Maggiore attenzione ai parametri qualitativi Imprese e liquidità: questo il binomio chiave. Liberare le imprese da un’eccessiva dipendenza dal credito bancario, portarle a utilizzare strumenti di finanziamento alternativi, dai minibond al private equity, rafforzare il rapporto con le banche puntando a dare maggiore valore agli elementi qualitativi. Tutti aspetti su cui Confindustria si sta impegnando molto, per sostenere le aziende, soprattutto le pmi, in una fase ancora difficile: dalle moratorie (la prima è del 2009), all’Agenda per il credito, dal progetto Elite, al tavolo di dialogo con le banche previsto dall’ultimo accordo di marzo 2015. Il credito è sempre stato un vulnus per le imprese, soprattutto quelle di più piccola dimensione, e per questo terreno di grande impegno per Confindustria. Assolutamente sì, soprattutto in questi lunghi anni di crisi nei quali, da un lato, abbiamo contribuito alla messa a punto di strumenti importanti per dare ossigeno e liquidità alle imprese, dall’altro ci siamo mossi per costruire un approccio strutturale, organico di politica del credito, con una serie di soluzioni che si incastrano tra loro come le tessere di un puzzle utile a migliorare non solo la situazione delle aziende, rendendole più strutturate, forti e competitive, ma anche quella del paese. La crescita, infatti, è un obiettivo cui deve tendere non solo il sistema produttivo, ma il paese intero. È un traguardo che va raggiunto dentro le imprese, vero, ma anche fuori, nei fattori di contesto, altrimenti abbiamo macchine efficientissime che corrono su strade piene di buche, non ha molto senso. E come vi siete mossi? Lungo due direttrici: la prima, affrontare l’emergenza per sostenere quell’area “grigia” di imprese che dovevano superare le difficoltà della crisi e mettersi nelle condizioni di agganciare la ripresa. La seconda, sostenere la crescita di quelle aziende che invece hanno retto agli urti della crisi, hanno i fondamentali a posto e per svilupparsi di più hanno ora bisogno di una vera strategia finanziaria. Le faccio l’esempio delle moratorie, dalla prima che abbiamo firmato nel 2009 molte cose sono cambiate. In 6 anni sono state sospese rate per 24 miliardi di euro. L’impostazione allora era dare un po’ di fiato alle aziende a corto di liquidità. Oggi l’accordo per la moratoria esce dalla dimensione originaria di emergenza e diventa strategia finanziaria e anche chi ne ha usufruito in passato, può farne richiesta. > Luglio 2015 7 LE IMPRESE DEVONO DIVENTARE BRAVE A RACCONTARE I LORO PUNTI DI FORZA E LE LORO POTENZIALITÀ E LE BANCHE DEVONO DIVENTARE PIÙ BRAVE A VALUTARLI. Credito Le banche vi hanno dato ascolto? Sì, abbiamo sempre perseguito il dialogo, il confronto utile a trovare soluzioni. Mai lo scontro o il conflitto. Il tavolo banche-imprese che partirà prossimamente punta proprio a proseguire il rapporto proficuo che siamo stati capaci di creare in questi anni con le banche, cercando di dare valore maggiore agli elementi qualitativi rispetto ai parametri quantitativi. Le imprese devono diventare brave a raccontare i loro punti di forza e le loro potenzialità, e le banche devono diventare più brave a valutarli. C’è già qualche esempio positivo: alcuni istituti si stanno muovendo con successo proprio in questa direzione. Bastano le banche a dare credito? No. Anzi. La strada è andare verso una minore dipendenza dal credito bancario, grazie all’utilizzo di strumenti diversi di finanziamento, come il private equity o i minibond. Nel 2014 le emissioni di minibond sono state 48 per circa 465 milioni. Nella prima parte del 2015 sono state 17 per 109 milioni. Un altro strumento per stimolare il mercato dei capitali è il Fondo Italiano d’Investimento, promosso nel 2010 da Confindustria con Mef, Cdp, Abi e le principali banche italiane. Si muove in questa logica anche il progetto Elite, che volete allargare. Abbiamo lanciato Elite in Italia nel 2012 insieme a Borsa Italiana e finora vi hanno aderito quasi 200 aziende. Già allora l’obiettivo che ci eravamo entrambi posti era di diffonderlo il più possibile. Oggi questo obiettivo è diventato realtà: a giugno abbiamo firmato con Borsa Vincenzo Boccia Italiana un protocollo che prevede la nascita degli Elite desk, sportelli distribuiti presso le sedi delle nostre associazioni territoriali e settoriali per diffondere una nuova cultura finanziaria. Qui gli imprenditori potranno ricevere informazioni sull’attività e l’evoluzione del programma. Le imprese devono avere maggior consapevolezza delle opportunità offerte dai mercati finanziari, con cui devono imparare a dialogare, e allo stesso tempo essere consce anche delle loro potenzialità per capire come valorizzarle al meglio. L’obiettivo finanza strategica era uno dei tasselli dell’Agenda per il credito. Perché la finanza può effettivamente diventare elemento strategico per lo sviluppo dell’imprenditoria italiana, fatta soprattutto di piccole e medie imprese. Il rapporto degli imprenditori con il mondo della finanza va trasformato da un punto di vista culturale, perché l’apertura del capitale non deve fare più paura, ma anche in termini di mera convenienza economica. È un bacino di liquidità enorme che oggi abbiamo a disposizione: non utilizzarla sarebbe grottesco. EMANUELA CHERUBINI Luglio 2015 9 A COLLOQUIO CON ANTONIO PATUELLI, PRESIDENTE ABI Vogliamo più trasparenza dalle imprese I PROTOCOLLI D’INTESA E GLI ACCORDI SIGLATI NEGLI ULTIMI ANNI DA ABI E CONFINDUSTRIA HANNO PORTATO POSITIVI RISULTATI, SOPRATTUTTO GRAZIE ALLE MISURE CHE HANNO CONSENTITO DI SOSPENDERE I DEBITI DELLE PMI VERSO IL SISTEMA CREDITIZIO. IL RECENTE ACCORDO PER IL CREDITO 2015, SIGLATO LO SCORSO 31 MARZO, PERMETTE ANCHE ALLE PMI CHE NE HANNO GIÀ USUFRUITO DI PRESENTARE UNA NUOVA RICHIESTA. Gli sforzi messi in campo sono sufficienti per aiutare le imprese ad agganciare la ripresa? Le banche operanti in Italia hanno fatto e faranno la loro parte, cercando sempre soluzioni comuni ai problemi con l’obiettivo di individuare, nell’ambito di un costante confronto con il mondo produttivo, gli strumenti più efficaci per intervenire. I risultati sinora conseguiti premiano questo approccio: dal 2009 ad oggi le misure messe a punto dall’Abi e dalle associazioni imprenditoriali hanno consentito a oltre 450mila piccole e medie imprese di sospendere o allungare la durata dei finanziamenti in essere, per un totale di 120 miliardi di debito residuo sospeso e circa 6 miliardi di debiti riscadenzati. Questo ha dato respiro alla parte sana del mondo imprenditoriale nella fase più acuta della crisi. Passata la tempesta, da parecchi mesi registriamo i primi timidi ma concreti segnali di inversione del ciclo: le possibilità di sviluppare la ripresa sono concrete e in tal senso il mondo bancario sta compiendo tutti gli sforzi possibili per accompagnare questo processo. Un’impresa che si indebita per avviare progetti di investimento può godere, nell’attuale frangente, di tassi d’interesse mai così bassi nella storia dell’Italia unita. Le banche chiedono di finanziare progetti imprenditoriali sani: ora è il turno degli imprenditori. 10 Luglio 2015 Il tavolo di dialogo banche-imprese, previsto dall’Accordo per il credito 2015, dovrebbe aprire una stagione di maggiore attenzione ai parametri qualitativi nell’erogazione del credito. Quanto conta che le imprese imparino a raccontarsi meglio e a spiegare quelli che sono i parametri intangibili? Alle micro, piccole e medie imprese è senza dubbio richiesto uno sforzo di sempre maggiore trasparenza e chiarezza nella relazione con le banche. La puntuale descrizione della struttura aziendale e dell’andamento del settore in cui opera l’azienda, la definizione di politiche di gestione dell’impresa coerenti, la credibilità dei progetti di sviluppo futuro sono senza dubbio parametri qualitativi che rileveranno sempre più nei processi di selezione ed erogazione del credito. A ciò si aggiungono altri fattori caratterizzanti, come una netta separazione tra patrimonio personale dell’imprenditore e patrimonio dell’impresa, la presenza nei quadri societari di professionisti dedicati alle questioni finanziarie e, soprattutto, la trasparenza della gestione amministrativa e fiscale. Già oggi la stessa normativa di vigilanza prevede un ruolo delle informazioni qualitative all’interno dei sistemi di rating interni. Tale ruolo va rafforzato. Quali altri strumenti possono essere messi in campo per favorire il dialogo banche-imprese e rendere le aziende più “attraenti”? Migliorare la relazione è prioritario e credo che i mezzi per meglio dialogare siano numerosi. Mi lasci tuttavia riprendere il concetto accennato al termine della precedente risposta: la legalità fiscale è la premessa fondamentale per determinare il merito di credito. Inoltre, non è possibile finanziare imprese che non partecipano al rischio, ma dipendono solo dal credito bancario. Se le imprese – metabolizzata la fase di ripresa in cui le esportazioni stanno crescendo, con la speranza che ciò avvenga anche per i consumi interni – vorranno investire di più, troveranno nel mondo bancario degli interlocutori attenti e interessati. A patto che la domanda di credito giunga da aziende sane, con una struttura patrimoniale rafforzata e in grado di assicurare trasparenza della propria condizione fiscale e reddituale. Le imprese per ripartire hanno bisogno di carburante, l’ampliamento del ventaglio delle modalità di finanziamento diventa sempre più urgente. In che modo il sistema bancario può venire incontro alle imprese nel reperimento di strategie e canali di credito alternativi e innovativi? Le pmi, che costituiscono la gran parte del tessuto imprenditoriale italiano, presentano spesso una struttura finanziaria squilibrata e troppo dipendente dal canale bancario. Allo stesso tempo soffrono frequentemente di una generalizzata fragilità patrimoniale che le rende deboli e ostacola il loro sviluppo. > Credito Antonio Patuelli Luglio 2015 11 PAROLA d’impresa A PA’imRpOrLesa d 2015 Premio al miglior progetto pubblicitario su carta stampata e new media per le PMI Piccola Industria e UPA promuovono la cultura della comunicazione nelle piccole e medie imprese di Confindustria. Alle aziende vincitrici un budget media complessivo di 500.000 euro* IscRIzIOnI APeRte fInO AL 4 setteMbRe 2015 Con il sostegno di: In collaborazione con: *Per maggiori dettagli consultare il regolamento sul sito: paroladimpresa.confindustria.it Alla luce di tutto ciò, appare indifferibile l’avvio di virtuosi percorsi di crescita, tesi al consolidamento del tessuto imprenditoriale e alla trasformazione di una parte delle micro e piccole imprese in medie e, in parte, anche in grandi imprese. Forme alternative di finanziamento, dai minibond all’ingresso di fondi specializzati nella compagine azionaria, sino alla quotazione su segmenti dedicati di Borsa italiana, potrebbero favorire questo processo: in tale ottica le banche sono fondamentali alleate delle imprese, cui potrebbero offrire servizi qualificati di consulenza e assistenza. Il Quantitative Easing (QE) ha immesso sui mercati enorme liquidità: le banche sono riuscite e riescono a trasferirla realmente alle imprese? Il QE si sta trasmettendo all’economia reale. Il suo misurabile effetto è un’ulteriore riduzione dei tassi, oggi ai minimi storici. Questo spiega anche l’incremento delle nuove erogazioni di prestiti, ad esempio per l’acquisto delle abitazioni, cresciuti nel primo trimestre 2015 del 50,4% annuo. Ma anche guardando ai finanziamenti alle imprese, +8,1% annuo nel periodo gennaio-marzo, lo scenario che emerge è quello di uno stretto legame tra l’attuale livello dei tassi e i dati di flusso. Confidiamo che la tendenza si consolidi nei prossimi mesi, finendo con l’impattare positivamente anche sulle consistenze, ovvero l’ammontare totale dei finanziamenti, tutt’oggi ancora in leggera contrazione sebbene il dato di maggio 2015 (-0,8%) rappresenti il miglior risultato da tre anni a questa parte. GIULIA AVALLONE > Il Tableau de Bord® di Istituto Piepoli per L’Imprenditore < L’indagine evidenzia un indicatore di fiducia degli imprenditori nei confronti della propria banca abbastanza positivo (87% hanno fiducia). Tuttavia secondo gli intervistati i rapporti tra le banche e le pmi nel corso degli ultimi anni sono peggiorati per il 46%. Le aree critiche del rapporto tra le pmi e il sistema bancario risultano principalmente i tassi di interesse e l’accesso al credito: rispettivamente con il 29% e il 23% delle citazioni. Da segnalare al terzo posto, con il 15%, il poco supporto alla crescita dell’azienda. Roberto Baldassari Presidente Istituto Piepoli Quanto ha fiducia nella sua banca? Secondo Lei i rapporti fra le banche e le pmi negli ultimi tre anni sono ... 13% non hanno fiducia 9% Molto peggiorati 45% Rimasti uguali 87% 7% Migliorati hanno fiducia Molto migliorati peggiorati 46% 37% Peggiorati migliorati 9% 2% In quale servizio in particolare trova carente la sua banca? 29% Tassi di interesse 23% Facilità ad ottenere il credito 15% Poco supporto alla crescita dell’azienda 12% Competenza del personale allo sporrtello Poca trasparenza Altro 7% 4% (Nessuno 10%) Tableau de Bord® è un marchio regolarmente registrato presso il Mise - Ministero per lo Sviluppo Economico, Direzione Generale per la lotta alla contraffazione Luglio 2015 13 Credito INTERVISTA A LUCA PEYRANO RESPONSABILE PRIMARY MARKETS CONTINENTAL EUROPE BORSA ITALIANA Far conoscere il programma Elite Negli ultimi anni Borsa italiana e Confindustria hanno collaborato per supportare la crescita delle aziende italiane. All’inizio di giugno hanno firmato un accordo che prevede la nascita degli Elite desk, info-point distribuiti su tutto il territorio nazionale nelle sedi delle associazioni territoriali e settoriali del sistema confindustriale. Presso gli Elite desk le aziende potranno ricevere informazioni dettagliate su attività e evoluzione del programma. Figure chiave degli Elite desk saranno i referenti territoriali, che potranno proporre a Borsa Italiana le candidature di una o più società. le non si ferma ma va anzi ad un livello più profondo. Il recente accordo per l’istituzione degli Elite desk vuole facilitare ancor di più la conoscenza a livello locale delle opportunità del programma Elite per tutte le imprese ambiziose e con obiettivi di crescita, rivolgendosi a quelle aziende che vogliono intraprendere un percorso di avvicinamento agli investitori e al mercato dei capitali. Distribuiti su tutto il territorio nazionale nelle sedi delle associazioni territoriali e settoriali del sistema confindustriale, presso gli Elite desk le aziende potranno ricevere informazioni dettagliate su attività ed evoluzione del programma. Figure chiave degli Elite desk saranno i referenti territoriali, che potranno proporre a Borsa Italiana le candidature di una o più società. Quali sono gli obiettivi ed i risultati che si propone? La collaborazione fra Confindustria e Borsa Italiana nasce dalla volontà comune di supportare le piccole e medie imprese nel proprio percorso di crescita. Quando nel 2012 abbiamo lanciato il programma Elite, Confindustria è stata tra i primi partner nel progetto, credendo fortemente insieme a noi nella necessità di un cambiamento culturale per le imprese italiane. Oggi che quel progetto è diventato un programma di successo, esportato in tutta Europa con più di 200 imprese partecipanti, il dialogo con l’associazione confindustria- A suo avviso esiste davvero un interesse degli investitori nei confronti delle piccole e medie imprese italiane? Le piccole e medie imprese italiane costituiscono la vera spina dorsale della nostra economia. Siamo leader mondiali in oltre 240 nicchie di settore e il made in Italy è internazionalmente riconosciuto come sinonimo di eccellenza e qualità. Borsa italiana crede molto nelle piccole e medie imprese e oltre 14 Luglio 2015 Luca Peyrano al programma Elite, di cui ho già parlato, offre a queste aziende una serie di strumenti che vanno dal debito all’equity. Nel 2009 abbiamo avviato Aim Italia, il mercato dedicato alle pmi, che oggi è in pieno sviluppo. Uno degli aspetti cruciali legati all’ulteriore consolidamento di questo mercato è l’ampliamento della fascia degli investitori. Al momento le pmi quotate su Aim Italia intercettano investitori focalizzati sulla qualità delle aziende e interessati alle potenzialità di sviluppo del business. Quali sono i requisiti principali per quotarsi su Aim Italia? Aim Italia è nato sul modello dell’omonimo mercato inglese con alcuni adattamenti al contesto domestico. L’obiettivo è quello di offrire alle aziende un percorso più semplificato e meno oneroso rispetto al mercato principale. Il requisito numero uno che una società deve soddisfare per l’ammissione su Aim Italia è quello di dotarsi di un Nomad che la deve accompagnare e seguire a partire dalla fase di ammissione e per tutto il successivo periodo di permanenza sul mercato con un’attività di tutoring continua, affinché la società sia sempre in grado di rispettare gli adempimenti previsti dal regolamento del mercato. In fase di ammissione, la società deve predisporre soltanto il documento di ammissione, che riporta le informazioni utili per gli investitori relative all’attività della società, al management, agli azionisti e ai dati economico-finanziari. Una volta quotata, la società non deve presentare i resoconti trimestrali di gestione, ma solo il bilancio e la relazione semestrale e non deve pubblicare altra documentazione per effettuare aumenti di capitale successivi. E quali quelli per partecipare a Elite? Elite è stato pensato per le aziende eccellenti che non si sentono ancora pronte per il passo della quotazione. Elite è una piattaforma unica di servizi integrati pensata per aiutare le piccole e medie imprese a realizzare i loro progetti di crescita. Attraverso Elite le società accedono alle competenze industriali, finanziarie e organizzative giuste per vincere le sfide dei mercati internazionali. Le aziende selezionate sono eterogenee per fatturato e settore di attività ma sono accomunate da un forte orientamento alla crescita; si tratta di aziende virtuose e ambiziose che puntano all’internazionalizzazione e all’apertura del capitale. Oltre a ciò, sono stati fissati alcuni requisiti economici in termini di ricavi, risultato operativo sul fatturato e tasso di crescita. Vorrei precisare che le società sono state tutte selezionate da un comitato di valutazione indipendente Quanto conta per le imprese saper rintracciare dei canali alternativi al credito bancario per il reperimento di liquidità? È sicuramente fondamentale. La dimostrazione l’abbiamo avuta in questi ultimi anni. Il mercato dei capitali ha avuto un ruolo centrale nel periodo del cosiddetto credit crunch. Il nostro mercato si è posto come canale alternativo per eccellenza. Questo ha favorito di certo anche un cambio culturale e di mentalità tra gli imprenditori, che per la prima volta hanno guardato alla Borsa in modo naturale. (G.A.) Luglio 2015 15 Un settore che chiede più sostegno di Gianni Luciani, Presidente FISE – Federazione Imprese di Servizi In Italia ormai da diversi anni il settore dei servizi, nel suo complesso, è in forte ed evidente crescita. Lo testimoniano i dati forniti dall’Autorità sui contratti pubblici, ora Anac, che registrano un valore doppio degli appalti pubblici di servizi rispetto alle opere; lo conferma il grande sviluppo di settori come il Facility management dei patrimoni immobiliari che conta 135 miliardi di fatturato potenziale stimato e oltre 2,5 milioni di lavoratori impiegati; lo attesta la crescente industrializzazione di tutti i servizi ambientali e di gestione e recupero dei rifiuti, nonché la progressiva apertura alla concorrenza di quelli che erano i grandi monopoli pubblici nazionali nei servizi di interesse generale. In termini più generali, sottolineo che la quota di valore aggiunto nel settore dei servizi “vendibili” (cioè esclusa la Pubblica amministrazione), che nel 1970 era pari al 37,1%, nel 2014 è salita al 53,3%; parimenti, nello stesso periodo di tempo, la quota di occupati a tempo pieno negli stessi servizi è cresciuta dal 24,5% al 42,3%. Negli ultimi anni di crisi economica (20082014) nell’industria si sono persi più di un milione di posti di lavoro, mentre nei servizi il dato sull’occupazione ha fatto registrare un significativo incremento (+100.000). Crescono le dimensioni di mercato, crescono le aziende, cresce la percezione dell’importanza economica, industriale ed occupazionale dei servizi; le più recenti analisi del Centro Studi di Confindustria attestano l’importanza di un legame stringente tra attività manifatturiera e servizi, anche sotto il profilo della localizzazione, e come i servizi operino in maniera integrata, e non subalterna, rispetto alla stessa produzione industriale. Contro l’equazione “appalti = corruzione”, che negli ultimi mesi sembra essersi radicata nei mezzi di informazione e nell’opinione pubblica, è oggi necessaria per gli appalti di servizi una normativa di riferimento chiara e certa, che eviti i diffusi fenomeni di illegalità. Sotto questo profilo, la preannunciata riforma del Codice dei contratti pubblici sembra andare nella direzione giusta, soprattutto se sarà adeguatamente semplificato e reso flessibile l’attuale quadro normativo. Va decisamente qualificato il livello di attenzione per il settore dei servizi (in considerazione delle peculiarità che lo distinguono dal manifatturiero come dall’edilizia), attraverso la 16 Servizi Luglio 2015 OCCORRE CONSIDERARE I SERVIZI NON COME UN COSTO DA TAGLIARE, MA COME UN FATTORE PRODUTTIVO IN GRADO DI GENERARE Gianni Luciani EFFICIENZA E QUALITÀ PER CITTADINI E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE, SE SUPPORTATO DA UN ADEGUATO QUADRO NORMATIVO CHE VALORIZZI LE CAPACITÀ IMPRENDITORIALI IN UN AMBIENTE CONCORRENZIALE SANO E REGOLATO. creazione di un tavolo permanente di confronto istituzionale che sappia affrontare le sfide, le criticità e le ampie possibilità di crescita del settore. Su questo punto, abbiamo ricevuto un importante e positivo riscontro da parte del Ministero dello Sviluppo economico e contiamo di raggiungere primi risultati concreti entro l’autunno. Un vice ministro con delega specifica al vasto mondo dei servizi rappresenterebbe il naturale compimento di quella nuova cultura politica verso il mercato e l’economia che questo governo ha dimostrato di avere, oltre ad essere una prova di coraggiosa testimonianza verso un comparto economico nel quale è racchiuso un elevato “contenuto di futuro” del nostro paese. Più in generale, occorre considerare i servizi non come un costo da tagliare, ma come un fattore produttivo in grado di generare efficienza e qualità per cittadini e Pubblica amministrazione, se supportato da un adeguato quadro normativo di sostegno che valorizzi le capacità imprenditoriali in un ambiente concorrenziale sano e regolato che contribuisca a rendere più efficiente e moderna la spesa pubblica. Luglio 2015 E, in questo contesto, vanno certamente portati a termine i processi di razionalizzazione della spesa pubblica, che non passano solo attraverso lo sviluppo delle Centrali di acquisto, e più in generale di una adeguata qualificazione di tutte le Stazioni appaltanti, ma anche attraverso adeguati processi di semplificazione delle procedure che garantiscono certezza del diritto. Diverse le sfide da affrontare per raggiungere questi ambiziosi obiettivi. La prima e più importante è il contrasto del massimo ribasso (in favore dell’offerta economicamente più vantaggiosa) che troppo spesso costituisce un finto risparmio per la Pubblica amministrazione e nasconde invece lievitazione dei costi, pratiche scorrette di subappalto, diffusione di lavoro nero, quando non fenomeni di corruzione, come le vicende di cronaca degli ultimi mesi stanno ampiamente testimoniando. Dopo decenni in cui i servizi sono stati relegati ad un ruolo subalterno rispetto al manifatturiero, qualcosa si sta finalmente muovendo in questa direzione anche sul fronte normativo. Nel testo del nuovo Codice degli appalti, che scaturirà dal disegno di legge delega per il recepimento delle Direttive europee sugli appalti pubblici 17 e concessioni, registriamo una nuova, importante attenzione al tema degli appalti pubblici di servizi. Accanto ad un rafforzamento degli strumenti di controllo, si prevede il tendenziale superamento del massimo ribasso, l’individuazione di strumenti di qualificazione delle Stazioni appaltanti e delle imprese, l’attenzione alle specifiche peculiarità dei servizi, con particolare riguardo a quelli labour intensive. Non si può non accogliere positivamente anche le previsioni che intendono limitare il ricorso indiscriminato agli affidamenti diretti tra enti pubblici in una logica di salvaguardia della concorrenza e, quindi, dell’efficienza della spesa pubblica. Confidiamo che questo sia il primo passo per riprendere i processi di liberalizzazione dei servizi pubblici o di interesse pubblico, contrastando l’eccessiva “invadenza” delle aziende promosse e partecipate dalle amministrazioni che operano in condizioni di monopolio in attività che potrebbero essere affidate alla concorrenza del mercato, favorendo così lo sviluppo di imprese competitive anche a livello internazionale e, soprattutto, portando significativi risparmi alla finanza pubblica insieme ad altrettanto evidenti miglioramenti della qualità dei servizi erogati. Bloccati dalle procedure I RISULTATI DI UNO STUDIO PROMOSSO DALLA FEDERAZIONE IMPRESE DI SERVIZI DI CONFINDUSTRIA IN COLLABORAZIONE CON IL CENSIS ILLUSTRA IL PUNTO DI VISTA DEGLI OPERATORI DEL SETTORE SU TEMATICHE QUALI CONCORRENZA, TRASPARENZA, APPALTI E OCCUPAZIONE. Il mercato dei servizi è oggi troppo contratto e appesantito dalle procedure, ma con notevoli potenzialità inespresse, contraddistinto da una competizione che si gioca ancora troppo sul costo del lavoro, con processi di liberalizzazione bloccati da una “lobby pubblica” attenta a non modificare gli assetti esistenti. Al contempo sono forti i progressi compiuti negli ultimi anni sul piano della trasparenza, dell’innovazione tecnologica e della reputazione. Dalle norme contenute nel Jobs Act ci si aspetta benefici effetti sull’occupazione: il 40% delle imprese prevede nuove assunzioni. È questo lo scenario che emerge dallo studio Censis-Fise “Il Valore del Servizio - Concorrenza e trasparenza nel mercato dei servizi”, presentato recentemente a Roma, che illustra il punto di vista degli operatori del settore su tematiche di stretta attualità, quali concorrenza, trasparenza, appalti e occupazione. “A fronte di una non indifferente crescita del valore economico dei servizi, della massiccia modernizzazione del settore e della costante qualificazione delle imprese”, si legge nello studio, “non si intravede nel paese e nelle istituzioni quel salto culturale che permetta di considerare i servizi come una componente essenziale per la crescita, un mercato che merita una politica industriale come gli altri”. “Una maggiore cultura aziendale nel settore dei servizi”, evidenzia il presidente del Censis Giuseppe De Rita, che ha seguito personalmente i diversi step della ricerca “farà traino per la ripresa e da esempio nel miglioramento della trasparenza”. Diversi i temi approfonditi dall’analisi. 18 Luglio 2015 Giuseppe De Rita Servizi Concorrenza Quando si parla di concorrenza e dei problemi ad essa connessi, oltre un terzo delle aziende (il 36%) non ha esitazioni nel dire che il vero problema riguarda l’esasperata competizione sul solo costo del lavoro; altre criticità, come l’estensione incontrollata dei monopoli legali in ambiti di mercato (16,8%) o la farraginosità delle procedure (13%), sono sì importanti, ma non così determinanti. L’85,3% del campione ritiene che il processo di liberalizzazione dei mercati sia bloccato o fortemente condizionato da lobby pubbliche che cercano di mantenere gli attuali equilibri. Tale chiusura del mercato in favore del cosiddetto in house è giudicata dal 70% del campione inaccettabile, anche se solo la metà di questi pensa che sia aumentata negli ultimi 10 anni. Eppure, anche in presenza dei fenomeni descritti e della perdurante situazione di crisi, il 36,2% ritiene che negli ultimi 2-3 anni si siano aperti per il proprio settore dei nuovi spazi di mercato. Un dato decisamente positivo. Per il raggiungimento di un mercato più dinamico le complesse procedure amministrative (da snellire) restano il principale ostacolo per il 50,3% delle imprese di servizi; significativo il fatto che meno del 20% creda invece che sia necessario un incentivo diretto al lavoro. Se ne deduce che, a giudizio delle imprese, il mercato ci sia, ma è bloccato in un recinto normativo da cui le risorse non riescono ad uscire. Gare d’appalto La maggior parte degli intervistati ritiene che rispetto a 10 anni fa le gare di appalto siano più corrette (52,1%). Resta però maggiore diffidenza per quel che riguarda l’intera procedura di affidamento: solo il 44,8% ritiene che negli ultimi 10 anni la trasparenza sia aumentata, un dato che si spiega col fatto che le insidie maggiori sembrano annidarsi, o almeno questa è l’opinione degli imprenditori, più nelle pieghe delle decisioni collaterali all’affidamento, che non nella gara vera e propria. Altro tema di forte interesse per le aziende di servizi sono le gare al massimo ribasso. Un disagio che traspare fortemente nelle risposte date dalle imprese: l’82,3% ritiene che esse penalizzino la qualità e gli investimenti; una situazione non sostenibile, visto che solo il 7,3% pensa che ormai tutti abbiano imparato a fare offerte “all’osso”. Occupazione Malgrado un mercato non pienamente dinamico, le previsioni sull’occupazione sembrano positive; più del 40% dei responsabili delle imprese ritiene che il Jobs Act avrà effetti benefici sull’occupazione, generando un aumento delle assunzioni. Innovazione tecnologica L’innovazione tecnologica del settore dei servizi ha un ruolo sempre più forte. Per il 52,1% dei rispondenti la tecnologia cambia giorno dopo giorno il modo di prestare servizi, mentre per un altro 21% l’innovazione è già avvenuta e le aziende hanno saputo adeguarsi. Infine, un quarto del campione ritiene che la tecnologia abbia un ruolo marginale, perché il grosso del lavoro viene compiuto con metodi tradizionali Prospettive per le pmi Nel settore dei servizi gli scenari futuri per le piccole imprese, invece, sembrano essere assai complicati; per il 37,2% del campione infatti le PMI sono spinte fuori dal mercato dalle grandi imprese, per il 10,4% dalle imprese pubbliche e parapubbliche, mentre solo poco più del 10% ritiene che per le piccole imprese non ci siano particolari preclusioni. Più sfumato invece il giudizio sulle aziende ex monopoliste; solo il 32,1% le ritiene elemento inaccettabile nel mercato, mentre il 29,1% pensa che non ostacolino poi così tanto il mercato, il 35,2% pensa che siano nocive solo per alcune attività, evidentemente non quelle che li riguardano. La reputazione Quello della scarsa reputazione delle imprese di servizi è un vecchio problema, su cui però negli ultimi anni sono stati fatti sforzi notevoli, sforzi che sembrano essere stati premiati, visto che per quasi un terzo del campione la reputazione del settore è in aumento, in parte perché adeguatamente compreso, in parte perché ci si è accorti che i servizi creano ricchezza e occupazione. Ancora migliore il giudizio sulla reputazione della propria azienda: per il 37,8% è in miglioramento e solo l’11% la considera in calo. Luglio 2015 SERGIO TORRISI 19 Occasioni da non perdere REPORTER PER CENTOTTANTA GIORNI. QUATTRO DEI 50 RAGAZZI SELEZIONATI PER IL PROGETTO GIOVANI DI CONFINDUSTRIA EXPO 2015 SONO IMPEGNATI NELLA PROMOZIONE DEL SITO, TRA PALAZZO ITALIA, LA CASA DEGLI ITALIANI E FAB FOOD, LA MOSTRA DI CONFINDUSTRIA SULL’ALIMENTAZIONE INDUSTRIALE SOSTENIBILE. ECCO COME CI INVITANO A VISITARLI SENZA LASCIARCI SFUGGIRE LE EMOZIONI PIÙ GRANDI. Expo 2015 20 Luglio 2015 L’avventura dei ragazzi in Expo è iniziata già da quasi due mesi e per molti di loro si sta rivelando un’esperienza unica e irripetibile, dall’alto valore professionale ma anche dalla grande portata emozionale “ ... essere parte attiva di un team pronto ed efficiente, capace di lavorare in squadra e di gestire con impegno e attenzione le criticità che si presentano per il buon funzionamento di un meccanismo imponente come quello dell’Esposizione, non può che farci crescere”. Ogni giorno vissuto sul sito regala loro nuove conoscenze e tante interazioni con migliaia di visitatori – italiani e stranieri, famosi e non – attirati e incuriositi dal Bel Paese e dal tema “Nutrire il pianeta, energia per la vita“. Saranno proprio 4 di questi neolaureati, vincitori dell’edizione 2015 del progetto formativo confindustriale, ad accompagnarci nel racconto del percorso di visita di due attrazioni di Padiglione Italia che si stanno rivelando tappe imperdibili di quest’edizione milanese della kermesse. PATRIZIA CARIDI FAB FOOD. LA GRANDE BELLEZZA DEL CIBO ITALIANO di Federica Bandini e Irene La Rosa Passeggiando sul Cardo, una grande bocca rossa, allegra e colorata cattura i visitatori di Expo e incuriosisce su Fab Food. Sembra la porta di un vecchio Luna Park stile anni ’60, spalancata e pronta a ingoiarvi. Un pit stop d’obbligo per tutti: chiunque, si ferma là davanti e si inventa pose divertenti per scattare la classica foto ricordo, magari facendo finta di essere mangiato o di essere così alto da riuscire a toccare l’enorme ugola. Che ci sarà dietro la bocca? Entriamo e siamo subito ammaliati da grandi piatti bianchi che ruotano al centro della sala, mostrando in modo giocoso la preparazione di alcune eccellenze culinarie rigorosamente made in Italy: lasagne, ravioli, caprese, tiramisù, etc. I visitatori si avvicinano ai piatti come a voler prendere una porzione di ogni pietanza, mentre sulle pareti scorrono le immagini di salumi, frutta e verdura che viene affettata e succhi e bevande che vengono lentamente versati. La grande bellezza del cibo italiano. Impossibile non farsi venire l’acquolina in bocca. Continuiamo a camminare e ci troviamo ai Luglio 2015 Juke Box dei desideri, dove ognuno può scegliere il proprio cibo preferito tra una vasta gamma di alimenti e bevande. Per circa 40 secondi i visitatori, soprattutto i più piccoli, osservano con stupore la preparazione virtuale della loro scelta raccontata attraverso le immagini di un simpatico cartone animato. Normalmente dobbiamo precisare loro, a malincuore, che il cibo o la bevanda selezionati non si materializzeranno e non ci sarà nulla da mangiare o da bere. In compenso però, al termine della preparazione virtuale, si stampa un adesivo con un codice a barre che andrà tenuto fino alla fine. E per ora non vi diciamo il perché. Lasciamo invece il piano terra, quello del gusto, con alcune domande che ci invitano a riflettere: il cibo che mangiamo è sano? È sicuro? Ne mangiamo troppo? È sostenibile? Saliamo le scale e al piano di sopra ci troviamo di fronte a Nutrire il pianeta, l’attrazione che mette in risalto l’importanza della cooperazione tra i diversi attori per risanare e riequilibrare il pianeta. È interessante ascoltare i commenti positivi sulla struttura del gioco, scelta per > 21 sensibilizzare le persone su temi che possono rappresentare vie di non ritorno. Arriva poi il turno di Crescere giusto, la postazione sicuramente più apprezzata. Il tema trattato è quello dell’efficienza: produrre di più scegliendo le giuste risorse ed evitando gli sprechi, vestendo per 120 secondi i panni dell’agricoltore o dell’allevatore. Si è chiamati a far crescere in modo sano ed efficiente una pianta o un animale attraverso il lancio di alcune palline con cui fare centro in una buca illuminata. Dagli imprenditori alle diverse autorità che hanno visitato la mostra, dai professori agli alunni, dai genitori ai figli, tutti si sono messi in gioco nel vero e proprio senso della parola e si sono divertiti nella prova di abilità con grande entusiasmo. Se pensate che i giochi siano conclusi, vi sbagliate. FabFood continua con Obiettivo sicurezza: qui bisogna riordinare le diverse fasi di lavorazione della filiera agro-alimentare. Una prova che serve a far capire come l’industria operi in sicurezza e quali siano le fasi che dalla materia prima portano al prodotto finito che arriva sulle nostre tavole. Nonostante un po’ di difficoltà nella guida di un “muletto” digitale, ancora una volta ci si mette nei panni dell’industria provando a ordinare le diverse fasi di lavorazione di un determinato prodotto alimentare scelto, divertendosi, ma stando attenti anche a non sbagliare perché, come ricorda la scritta che appare alla fine del gioco: “l’industria non ammette errori!”. Una volta ottenuto il prezioso “bollino sicurezza”, che garantisce cibi sani e di qualità sulle nostre tavole, i visitatori possono giocare con una fila di specchi e vedere il loro fisico deformarsi – virtualmente, si intende – per spiegare però quanto importanti siano, per una buona forma fisica, le nostre scelte alimentari e lo stile di vita che conduciamo. Dovreste vedere quanta gente si guarda allo specchio, ridendo e scherzando sulle proprie immagini deformate, più alte, più basse, ma soprattutto più larghe o più sottili. E qui, il selfie è d’obbligo: un click, e le simpatiche foto vengono postate subito sui social per condividerle con gli amici. Dagli specchi, al passato. Per far comprendere infatti al meglio quanto l’innovazione e la tecnologia – in campo medico, scientifico e alimentare – abbiano contribuito a migliorare il nostro stile di vita, alcuni personaggi del passato si raccontano nella giostra Riflessi di tecnologia. Dalla pastorizzazione, alla conservazione degli alimenti, a tutte quelle tecniche e scoperte che hanno reso le nostre vite più longeve e di qualità superiore. Riscendiamo le scale e troviamo l’ultima gio- 22 DAGLI IMPRENDITORI ALLE DIVERSE AUTORITÀ CHE HANNO VISITATO LA MOSTRA, TUTTI SI SONO DIVERTITI NELLA PROVA DI ABILITÀ CON GRANDE ENTUSIASMO. Luglio 2015 Expo 2015 stra: Ricette di innovazione. Qui le associazioni di Confindustria coinvolte nel progetto di mostra presentano le loro “ricette” alle sfide presenti e future dell’alimentazione sostenibile, mettendo la ricerca al centro dell’industria e integrandone i risultati nello sviluppo di prodotti e processi. Non è finita. Vi ricordate lo sticker del Juke Box? Adesso è il suo momento. Scansionandolo sotto i lettori di codice a barre presenti alla fine del percorso ci vengono regalate delle chicche sul cibo scelto: chi vuole, per simboleggiare l’equilibrio del sistema e lasciare un segno della visita, può attaccarlo alla Bilancia dell’equilibrio, la grande bilancia d’argento che porta i segni dei quasi 50mila visitatori che sono passati di qua in questi primi due mesi di apertura. A detta delle tante persone che hanno visto la mostra, Fab Food spicca per originalità e spessore scientifico grazie alla forza dei messaggi che sono dietro a ogni attrazione. È bello vedere come, giorno dopo giorno, grazie anche all’impegno di tutto lo staff, nel padiglione Confindustria si mescolano condivisione, cambiamento, relazioni, energia, entusiasmo e tecnologia. Un mix di ingredienti che rendono Fab Food divertente, simpaticissima, pop, innovativa e formativa, tappa imperdibile sul Cardo per grandi, piccini, famiglie e istituzioni. Voi che idea vi siete fatti? Venite a vederla dal vivo: vi aspettiamo! Luglio 2015 ORGOGLIO ITALIA, PAESE DI ECCELLENZE E CONTRADDIZIONI di Massimiliano Pillon ed Eugenio Staltari-Ferraro Appena varcati i tornelli di Expo si ha subito la sensazione di uscire dai confini dell’Italia per entrare in una realtà unica. È Milano, ma siamo al centro del mondo. Colori, profumi, stili architettonici, tutto condensa le peculiarità dei singoli Stati ed esalta l’atmosfera tipica di ogni paese presente. Palazzo Italia non delude. Già da fuori, la sua sagoma bianca e brillante, rende perfettamente l’idea del saper fare italiano: un cemento a prova di ambiente, capace di assorbire l’inquinamento atmosferico. Dentro, la mostra delle identità Italiane, ci porta nel cuore delle tradizioni regionali e delle eccellenze che riassumono le componenti del nostro essere nazione. La mostra, organizzata in quattro filoni narrativi – le “Potenze” del Saper fare, della Bellezza, del Limite, del Futuro – è un’esperienza cognitiva e sensoriale apprezzata già da centinaia di migliaia di persone, che sin dal mattino si mettono in coda per vedere ciò che il genio italiano produce. “All’inizio ero scettico, ma ne è valsa davvero la pena, anche se abbiamo fatto due ore di fila”. È la frase che si sente con più ricorrenza lungo la mostra di Palazzo Italia, ed è anche l’affermazione che al meglio riassume lo spirito con cui i visitatori si approcciano al nostro Padiglione. Lo scetticismo dell’inizio si fonde alla soddisfazione e all’orgoglio della fine. Due facce della stessa medaglia, che ci legano inestricabilmente a un paese pervaso da bellezze e contraddizioni. L’Italia a Expo si è voluta raccontare partendo proprio da questo contrasto, invitando il visitatore a un’esperienza di riflessione e presa di coscienza. La mostra si sviluppa su tre piani, dove vengono illustrate le quattro potenze dell’Italia. Il primo impatto è la sala del saper fare, dove le voci di 22 imprenditori italiani, in rappresentanza di 19 regioni, 2 province autonome e Roma Capitale, raccontano le loro storie, impegnati come sono ogni giorno a rendere la nostra terra ricca e produttiva, anche con occasioni limitate e in condizioni di contesto non favorevoli. Questi “eroi del saper fare” rappresentano le eccellenze del made in Italy, mettendo in risalto la loro abilità e il loro intuito nel coniugare arte, creatività, capacità, innovazione e sostenibilità. Salendo al secondo piano si va incontro alla potenza della bellezza. Tuttavia, prima di godere di questo spettacolo tutto italiano, si passa attraverso la chaos room, una sala con pavimento instabile, luci stroboscopiche e forti rumori, che crea una sensazione di disagio, con l’intento di rappresentare la crescita senza regole. Un passaggio con tanto di informativa sui rischi appesa all’entrata: “Attenzione: alcuni soggetti potrebbero manifestare senso di disorientamento …”. Una volta usciti da questo spazio di confusione e malessere, ci troviamo di fronte a 21 monitor raffiguranti incidenti e disastri naturali. L’obiettivo è quello di dimostrare come l’uomo, con azioni non controllate, sia in grado di rovinare il delicato equilibrio che sorregge la bellezza. Abbiamo compreso quindi le conseguenze di un mondo senza regole? > 23 Expo 2015 Acquisita questa consapevolezza arriviamo nel punto della mostra in cui le persone si soffermano più tempo, creando i maggiori ingorghi: 21 panorami e 21 capolavori architettonici – grazie a pareti fatte interamente di specchi – raccontano il Bel Paese facendo letteralmente immergere il visitatore nei gioielli della penisola, nelle sue magnificenze artistiche, culturali e paesaggistiche. Orgoglio ed estasi pervadono le sale della bellezza per lasciare poi spazio ad una riflessione: cosa sarebbe il mondo senza l’Italia? Proseguendo il percorso infatti ci si imbatte in un plastico dell’Europa con un grande vuoto al centro del Mediterraneo: la penisola è stata rimossa dalle mappe. Il tema dell’influenza italiana brillantemente spiegato da personalità di fama internazionale tra cui Ferran Adrià, chef spagnolo, Philippe Starck, architetto francese e Kengo Kuma, designer giapponese. Segue poi un corridoio gestito dall’Istituto dei Ciechi di Milano, in cui c’è buio totale. Qui i visitatori, accompagnati da una persona non vedente, vengono bruscamente gettati nella sensazione della perdita della vista, percependo il mercato solo attraverso il tatto, l’udito e l’olfatto. Questo è il punto più toccante dell’intera esposizione, dove molte persone, entrando in empatia con il loro accompagnatore, arrivano a commuoversi. La vista viene poi ritrovata nel migliore dei modi, godendo ancor di più del grande impatto visivo di un quadro simbolo dell’arte italiana: La Vucciria di Guttuso, che simboleggia il mercato come elemento fondante dell’identità italiana e come creatore di relazioni sociali attraverso l’unione di cibo, territorio e persone. Con gli occhi pieni di tutte le meraviglie che abbiamo e che troppo spesso dimentichiamo, entriamo nella Potenza del Limite. Limite inteso non come ostacolo ma come opportunità. Solo se si incontrano degli ostacoli si possono cercare e trovare soluzioni e solo attraverso l’innovazione, si può andare verso il futuro, innescando quella scintilla che ci separa dalle fangose acque del passato, sfruttando il nostro bagaglio culturale, paesaggistico e sociale. Ventidue storie di imprese agricole, agroalimentari, artigianali sottolineano la più specifica delle grandezze italiane, la nostra capacità di esprimere il meglio di noi stessi nelle circostanze più proibitive, la potenza più vicina alla virtù del limite. 21 PANORAMI E 21 CAPOLAVORI ARCHITETTONICI, GRAZIE A PARETI FATTE INTERAMENTE DI SPECCHI, RACCONTANO IL BEL PAESE FACENDO LETTERALMENTE IMMERGERE IL VISITATORE NEI GIOIELLI DELLA PENISOLA, NELLE SUE MAGNIFICENZE ARTISTICHE, CULTURALI E PAESAGGISTICHE. 24 Luglio 2015 Queste storie, raffigurate con ologrammi ai lati della sala, vengono simbolicamente raccolte dalle radici dell’Albero della vita, il quale le trasmette con le sue fronde all’intera umanità in senso di condivisione. Ad essere maggiormente affascinati da queste meraviglie tecnologiche, sono proprio i giovani, incuriositi da ciò che le menti dei loro coetanei sono riuscite a concepire. Il limite poi fa da passerella al futuro, la quarta ed ultima potenza della mostra. Qui l’Italia si propone in un duplice “vivaio”. Prima fisico, con una grande “vasca” a forma di stivale, dove ogni regione ha scelto una pianta rappresentativa del proprio territorio per celebrare la grande biodiversità che caratterizza il nostro territorio. Poi un vivaio intellettuale, il “Vivaio-Scuola”, che ospita ogni giorno quattro appuntamenti in cui gli studenti presentano i progetti sviluppati in classe. Uno spazio fondamentale della mostra che permette di valorizzare i protagonisti del futuro: i ragazzi. L’Italia di Expo si è voluta raccontare così. Con un percorso denso di pathos e di emozioni. Regalando al visitatore un’esperienza unica. Per non dimenticare che il pianeta, le persone, i cittadini, si nutrono anche dello stare insieme, pervasi dal saper fare, dalla bellezza, e, grazie alla capacità di innovazione, anche dalla voglia di andare verso il futuro in maniera sostenibile. Luglio 2015 25 Piccola Industria a Expo INDUSTRIA 4.0, IL NUOVO PRESENTE Il progresso nelle tecnologie digitali sta rivoluzionando il modo di fare impresa e con esso gli attuali equilibri economici. Non è più “futuro”, ma un “nuovo presente” che l’Italia deve riuscire a vivere da protagonista, una “quarta rivoluzione industriale” che le imprese italiane dovranno trasformare da rischio in opportunità. A settembre Piccola Industria Confindustria dedicherà a questo tema un incontro in Expo. Abbiamo chiesto a Gianluigi Viscardi, vice presidente Piccola Industria e promotore dell’iniziativa, quali saranno le sinergie tra pmi e Cluster e tanto altro. Lei è stato da poco nominato presidente del Cluster tecnologico nazionale Fabbrica Intelligente. Cosa intendiamo per “fabbrica intelligente”? È un’opportunità per le pmi italiane? Intanto sono davvero onorato di questa nomina, che mi consente di mettere in campo l’esperienza di anni di lavoro in prima linea, in azienda come nelle varie associazioni, per diffondere la cultura dell’innovazione. Tutto nasce con il Cluster tecnologico nazionale Fabbrica Intelligente (CFI) e con l’Associazione Fabbrica Intelligente a livello lombardo (AFIL). L’obiettivo è mettere intorno allo stesso tavolo enti di ricerca, università, centri di trasferimento tecnologico e il mondo delle imprese per creare una visione del futuro tecnologico del paese, in un vero spirito di Open Innovation. Con il bando del Miur del 2012, abbiamo proposto un piano strategico che ha portato Fabbrica Intelligente tra gli 8 Cluster nazionali. Ne sono seguite attività di coordinamento e la stesura di un documento di Road Map divenuto riferimento imprescindibile per Miur e Mise in fase di stesura del loro Piano Nazionale della Ricerca per i prossimi anni. La “fabbrica intelligente” del futuro sarà completamente interconnessa, ruoterà attorno ai Big Data, alla robotica, alla sensoristica avanzata e sistemi di visione, tutte innovazioni che stanno rivoluzionando i processi manifatturieri, rendendoli più flessibili, tracciabili, per lotti produttivi sempre più piccoli e personalizzati. Sarà inoltre una fabbrica “a misura d’uomo”: al centro specializzazioni e creatività, quindi capitale intellettuale. Verranno eliminati i lavori usuranti. Dobbiamo tuttavia pensare che le pmi italiane soffrono di una debolezza storica: sono fortemente dinamiche e ingegnose ma non ricevono supporto, né economico né di sistema, per stimolare il proprio processo innovativo. Il Cluster, in tal senso, rappresenta quindi un’opportunità concreta. Perché i Cluster possono aiutare le imprese a vincere la sfida dell’innovazione? Il Cluster oggi costituisce per le imprese una delle principali leve per mettere in moto il “circolo virtuoso” dell’innovazione. Abbiamo bisogno che le piccole e medie imprese, con le loro competenze e creatività, partecipino attivamente ai Cluster, per portare a casa un valore aggiunto per le proprie attività. L’evento di Piccola Industria si rivolgerà con particolare attenzione alle nuove generazioni. Ritiene importante coinvolgere gli studenti e perché in Expo? Intanto credo che una realtà come quella dei Cluster vada promossa per raggiungere e coinvolgere più imprese possibili tra quelle che fanno dell’innovazione il loro spirito promotore. Per questo abbiamo pensato a Expo come ad un palcoscenico di rilievo, sia per un coinvolgimento delle pmi che per la risonanza internazionale dell’evento. Il mondo delle imprese deve “guardare avanti”, ma lo deve fare a 360°. Quindi tecnologia da un lato, ma anche future risorse dall’altro, quindi gli studenti di oggi. L’evento Expo è una vetrina attrattiva per le giovani generazioni. Si è pensato quindi di inserire proprio in questo contesto il tema del Cluster, perché è una forma di collaborazione che aggrega imprese dello stesso settore (come per i Cluster del food), e che si prefigge di migliorare la qualità di vita di persone e lavoratori, e che per sua natura va oltre i confini nazionali. In Italia “innovazione” è ormai una parola d’ordine trasversale, che vede l’impresa in prima linea. Quale è la prima cosa, a suo avviso, su cui intervenire per poter davvero cogliere la sfida della “Industria 4.0”? Mi sento di dare una risposta che, probabilmente, è un po’ controcorrente. Per cogliere la sfida è innanzitutto necessario impostare un metodo di lavoro, cioè far convergere tutte le risorse disponibili, le diverse associazioni settoriali e il mondo industriale verso il comune obiettivo di un nuovo modello di fabbrica, evitando dispersioni di energie, cercando di scrivere un unico spartito che permetta a tutti di suonare la stessa musica. La compattezza strutturale intorno a questo progetto renderebbe più efficace tutte le iniziative che poi ne nascerebbero, a partire da una forte politica industriale che abbia a cuore questi temi e che sostenga quindi le attività dei Cluster. Non possiamo permetterci di perdere questa occasione. GIANLUCA FIORINDI 26 Luglio 2015 ECCELLENZE DA IMITARE Il Consiglio Centrale Piccola Industria dello scorso giugno a Expo è stato il primo dei quattro eventi programmati da Piccola Industria all’interno della kermesse milanese. L’incontro è stato occasione per approfondire un tema caro a Piccola Industria e che ha portato al recepimento nell’Investment Compact della figura delle pmi innovative, imprese che hanno i requisiti per poter competere e vincere nel mondo. Al riguardo si è avuto il contributo di Federico Visconti, da poco nominato ordinario di strategia aziendale dell’Università Liuc di Castellanza, che ha presentato i risultati dell’Osservatorio sulla competitività delle pmi della Sda Bocconi da lui coordinato. Si tratta di un osservatorio che ha analizzato, tra il 2008 e il 2013, i bilanci delle aziende dai 5 ai 50 milioni di euro di fatturato, circa 45.000 italiane che rappresentano il 5,7% del totale, occupano 2.317 milioni di addetti ma che riescono a produrre il 37,7% del pil. Sono prevalentemente di piccola dimensione: il 53,7% ha un fatturato tra i 5 e i 10 milioni di euro e il 34,6% tra i 10 e i 25 milioni; solo l’11,7% supera i 25 milioni di euro. Nel corso dell’incontro è emerso che il 2013 è stato finalmente un anno di ripresa e in questa fase la dimensione aziendale non risulta rilevante. In un contesto di crescita irregolare sono state infatti proprio le imprese più piccole a reagire meglio alla crisi e a riprendendersi anche più velocemente. Al crescere della dimensione aziendale vi è infatti una minor redditività degli investimenti, accompagnata comunque da un aumento della redditività delle vendite e della solidità patrimoniale. Funzionale alla crescita è la struttura proprietaria: l’osservatorio evidenzia infatti come la condizione ottimale per crescere sia un’equilibrio tra frammentazione e concentrazione. In Italia. il 60% delle pmi rimane caratterizzato da una proprietà molto concentrata (un singolo azionista detiene un controllo diretto superiore al 50%) e, se queste aziende sono cresciute di più fino al 2011, hanno poi rallentato rispetto alle altre. Tra le imprese analizzate esiste un sottoinsieme definito come “pmi di successo”, che si distingue per una solidità finanziaria superiore alla media. Nel dettaglio, hanno registrato un tasso di crescita dell’8,2% rispetto al 3,1% delle altre, sono caratterizzate da una redditività significtiva: il loro Roi medio è risultato del 15,7% rispetto al 7,2% delle altre. Ma sono ancora poche e si tratta di aziende con meno di 25 milioni di fatturato, localizzate nel Nord Italia e con un età che va dai 10 ai 50 anni. Rappresentano un potenziale di sviluppo per l’intero paese che deve essere imitato dalle altre imprese e diventare sempre più ampio. A tal proposito, Visconti ha sottolineato che “risulta necessario accettare una logica selettiva. Occorre perciò iniziare a mettere in discussione alcuni modi di fare impresa e sopratutto prendere spunto dalle eccellenze.” Per questo il dibattito che ha concluso l’evento si è focalizzato sulle possibili misure da introdurre per poter contare su un sistema produttivo composto da molte più imprese di successo, che diventino campioni su cui contare per trainare la ripresa italiana. “La staticità attuale è il vero momento di difficoltà – ha commentato il presidente di Piccola Industria Alberto Baban – e sta a noi impegnarci in prima linea. Circa il 69% del pil italiano è fatto da pmi, e sono queste, siamo noi, a doverci attivare. Chi può far bene, deve crederci, divenire capo filiera e trainare la ripresa.” (G.F.) Luglio 2015 27 La parola a... PROSEGUIAMO IL VIAGGIO NELLE ASSOCIAZIONI DEL SISTEMA CONFINDUSTRIA PER CAPIRE, DALLE NOSTRE “SENTINELLE“ SUL TERRITORIO, LO STATO DI SALUTE DELLE ECONOMIE LOCALI, TRA SEGNALI DI SPERANZA E CALI DI ORDINATIVI, TRA RIPRESA DELL’EXPORT E RIDUZIONE DEI CONSUMI. UNA FOTOGRAFIA DI COME STA CAMBIANDO IL SISTEMA PRODUTTIVO, NELLA QUALE SI INSERISCE UN’IMPORTANTE TRASFORMAZIONE DELLA NOSTRA CONFEDERAZIONE: LA RIFORMA PESENTI. IN QUESTO NUMERO ABBIAMO ASCOLTATO UNA VOCE DEL NORD E UNA DEL SUD: CESARE AZZALI, DIRETTORE UNIONE PARMENSE DEGLI INDUSTRIALI, E NICOLA CALZOLARO, DIRETTORE DI CONFINDUSTRIA SALERNO. Luglio 2015 29 La parola a... Cesare Azzali Azzali Rispetto alle difficoltà iniziate a fine 2011, nel secondo semestre 2014 l’attività economica della nostra provincia ha mostrato piccoli segnali di ritorno alla crescita. Secondo Unioncamere-Prometeia, il pil della provincia di Parma nel 2014 ha registrato un incremento dello 0,3% in linea con il dato regionale e le attese per il futuro vanno verso un progressivo miglioramento con un + 1,2% nel 2015 e un +1,8% per il 2016. Sono dati che trovano riscontro tra gli imprenditori associati. Infatti, come rileva il nostro Ufficio Studi, il giudizio portafoglio ordini relativo a questi ultimi mesi evidenzia per l’industria un saldo positivo che migliora, passando in sei mesi dal +7% al +16%. In generale, il sentimento di fiducia tra gli imprenditori che hanno risposto all’indagine risulta ai massimi livelli rispetto agli ultimi anni, trainato dal successo delle produzioni parmensi sui mercati internazionali. Vi sono anche timidi segnali di ripresa dell’occupazione: dopo sette semestri, il saldo giudizi relativo alle previsioni per l’occupazione è tornato positivo. Quale la situazione dell’economia locale? Calzolaro Registriamo timidi segnali di ripresa. Il sentiment tra i nostri imprenditori indica, in alcuni settori, un arresto della caduta di ordini e fatturato, una prospettiva di ampliamento dei mercati esteri, una percezione sostanzialmente positiva rispetto agli anni bui della crisi. Secondo le rilevazioni del nostro Ufficio Relazioni Industriali il ricorso agli ammortizzatori sociali cui assistiamo ormai da diversi anni si mantiene ancora su ritmi sostenuti, ma con qualche accenno di diminuzione rispetto allo scorso anno. Emerge, infatti, una tendenziale diminuzione del ricorso alla Cigo tra i primi cinque mesi del 2015 rispetto ad analogo periodo del 2014. Per quel che riguarda la Cigs si evince un trend in leggera diminuzione del ricorso allo strumento straordinario. Nicola Calzolaro 30 Luglio 2015 Azzali Parma vanta una consolidata tradizione di produzioni alimentari di qualità elevata, molte delle quali Dop, che affondano le radici nel tempo ed hanno saputo innovarsi nel rispetto delle proprie peculiarità e della propria origine. Sono queste stesse produzioni che i mercati internazionali apprezzano. Non solo: il settore alimentare è il primo a livello provinciale per fatturato estero, ma la percentuale di produzione destinata all’esportazione è ancora bassa. Esistono quindi grandi potenzialità di crescita internazionale. In termini di vocazione all’export e di straordinaria capacità innovativa, al settore alimentare si affiancano poi quello dell’impiantistica e della chimica-farmaceutica, con tante realtà che, al di là della dimensione, sono conosciute in ogni parte del mondo. Azzali La situazione presenta una forte eterogeneità, sia tra settori diversi che all’interno di uno stesso settore. In generale però a soffrire di più sono le aziende che non hanno saputo esprimere capacità innovativa, così come quelle legate al mercato domestico che stenta a ripartire. Tra queste, il settore delle costruzioni è quello che, anche a Parma, ha pagato il prezzo più alto per la crisi iniziata nel 2007, trascinando con sé i settori collegati, quali i materiali per l’edilizia e il settore del legno-arredo. Il 2014 sembra mostrare un’inversione di tendenza; le compravendite di immobili ad uso abitativo sono cresciute del 5% rispetto al 2013, ma è ancora difficile comprendere se si tratta di un dato temporaneo o se si può parlare di ripresa del settore. Quali i punti di forza del vostro sistema imprenditoriale? Calzolaro Il settore agro-alimentare è sicuramente un fiore all’occhiello del nostro sistema economico, attraverso la produzione delle conserve di pomodoro, della mozzarella di bufala e delle tante eccellenze del territorio. Anche la meccanica di precisione e il settore della plastica fanno registrare ottime performance sia sui mercati nazionali che internazionali. Un altro comparto trainante è sicuramente il turismo: la costiera Amalfitana richiama turisti da tutto il mondo, Paestum è una meta di interesse storico culturale riconosciuto e la stessa città di Salerno, negli anni, è divenuta meta dei flussi turistici nazionali. A ciò si aggiunga la presenza di uno scalo portuale che registra ottime performance sia per lo scalo merci che passeggeri. Quali invece i settori che presentano maggiori criticità? Calzolaro Tutti i settori hanno risentito in maniera trasversale della crisi. Alcuni hanno trasformato la crisi in opportunità, rafforzando la loro presenza sui mercati internazionali. Molti hanno investito in ricerca ed innovazione concentrando gli sforzi sul perfezionamento di un nuovo processo, un prodotto e una nuova forma di organizzazione. Probabilmente il comparto che oggi ha più difficoltà a ripartire è il settore delle costruzioni, oltre ai comparti che, per la peculiarità della loro attività, interagiscono con il sistema pubblico. > Salerno Luglio 2015 31 Fiera di Parma Azzali L’Associazione ha recentemente deliberato un investimento di 5 milioni di euro per la ricapitalizzazione della società di gestione dell’Aeroporto Giuseppe Verdi, infrastruttura ritenuta strategica dagli imprenditori. L’Unione ha contribuito a far nascere il polo fieristico di Parma e ne continua a sostenere l’attività. Fin dalla sua fondazione poi, sostiene il Collegio europeo di Parma nella sua azione formativa post-universitaria di giovani provenienti da tutto il mondo. Più di recente, ha promosso e coordinato un tavolo che rappresenta l’intero sistema istituzionale e produttivo parmense ed ha l’obiettivo di promuovere l’immagine di Parma nei confronti delle delegazioni straniere presenti a Expo Milano 2015. Azzali Un tema sicuramente decisivo per lo sviluppo economico di Parma è costituito dal completamento di alcune dotazioni infrastrutturali che risultano ampiamente in ritardo rispetto all’epoca in cui sono state individuate come motore della crescita del territorio. La prima in ordine di importanza è la realizzazione della TI-BRE; subito dopo vengono il completamento dell’adeguamento della linea ferroviaria pontremolese, la realizzazione di un collegamento, attraverso una metropolitana di superficie sfruttando le linee ferroviarie già esistenti, tra le Fiere di Parma, l’Aeroporto Giuseppe Verdi e la stazione medio padana e, infine, la realizzazione di un intervento che renda navigabile il Po. Vi sono particolari iniziative avviate dalla vostra associazione a sostegno del Sistema? Quali interventi sarebbero necessari? Calzolaro Sul versante del credito, siamo stati la prima Associazione del Mezzogiorno a lanciare un bond di territorio, un prestito obbligazionario dal valore di 7,5 milioni di euro, la cui liquidità è stata interamente destinata alle aziende nostre iscritte. Sono stati così finanziati investimenti nei settori alimentare, packaging, edile, imballaggi flessibili, automotive, impianti industriali. Abbiamo anche puntato molto sull’internazionalizzazione, organizzando momenti formativi che hanno avuto un ottimo riscontro in termini di partecipazione degli associati, oltre a numerosi B2B realizzati per i singoli comparti con gli operatori commerciali dei mercati di maggiore riferimento per ogni settore. In tema di relazioni industriali, poi, abbiamo avviato un percorso di confronto con le organizzazioni sindacali provinciali finalizzato ad individuare dei punti di contatto sul tema della contrattazione di II livello. Calzolaro Condividiamo le priorità individuate da Confindustria. Anche noi, a livello locale, abbiamo ribadito più volte l’insostenibilità della pressione fiscale: la Campania ad esempio è una delle Regioni con l’aliquota Irap più alta. Poi c’è la scure della burocrazia che paralizza le aziende, la lentezza della giustizia amministrativa che ostacola l’iniziativa imprenditoriale. Ma, al di là del solito “cahier de doléances“, riteniamo necessario un cambio di mentalità: non chiediamo interventi per le imprese ma interventi con le imprese, in un’ottica che, rispettosa del ruolo delle parti, inauguri una stagione collaborativa tra aziende ed istituzioni. 32 Luglio 2015 Azzali Credo che un aspetto su cui sarebbe stato utile un maggiore approfondimento sia quello di dare all’organizzazione interna di Confindustria un assetto in grado di rafforzare la capacità delle diverse articolazioni centrali dell’organizzazione di fornire supporto operativo alle attività delle territoriali e delle categorie, rafforzando quindi la dotazione organica e di competenza dei servizi di Confindustria. Azzali L’aspetto sicuramente più rilevante della Riforma confindustriale è costituito dallo sforzo che è stato attuato per adeguare il sistema della rappresentanza e dei servizi ai mutamenti istituzionali in atto e per adeguare la capacità di risposta delle associazioni al cambiamento, peraltro sempre in corso, delle esigenze e delle aspettative che sono proprie delle aziende associate. Quali quelli dove invece sarebbe stato necessario uno sforzo in più? Calzolaro Un’organizzazione grande e complessa come la nostra deve avere sempre presente le differenze territoriali oltre a considerare che l’ossatura del nostro sistema è costituita essenzialmente da piccole e medie imprese. > Parliamo ora della Riforma di Confindustria. Quali sono gli aspetti a suo giudizio più importanti? Calzolaro La riforma è un tentativo di dare una risposta ai mutamenti in atto al fine di avere un’organizzazione snella, dinamica, capace di rappresentare in maniera adeguata gli interessi imprenditoriali, fornendo al contempo i servizi alle aziende per supportarle nella crescita. La parola a... Luglio 2015 33 Azzali Premesso che l’adesione al processo di aggregazione favorito dalla Riforma è competenza esclusiva degli imprenditori associati, mi pare di poter cogliere grande interesse nella base associativa dettato dalla prospettiva di un rafforzamento della capacità di rappresentanza e di servizio mediante il rafforzamento delle relazioni esistenti fra le diverse associazioni, sia territoriali che di categoria, con evidente priorità per quelle più vicine. Quanto ad una più stretta integrazione, anche istituzionale, con altre associazioni, il percorso deciso dal nostro Consiglio direttivo è quello di una costruzione dal basso, ampiamente condivisa dagli associati, di modalità organizzative che possano salvaguardare l’identità e la capacità di rappresentanza e servizio delle singole associazioni - che proprio dal loro radicamento sul territorio traggono il principale punto di forza, nel rapporto costante e realmente utile con le aziende associate – e nel contempo individuino la dimensione ottimale di rappresentanza e di servizio legata ai cambiamenti del mercato e che risulterà necessaria per adeguarsi ai mutamenti istituzionali ancora in atto. Azzali Credo che la dimensione regionale possa e debba essere presidiata con grande attenzione. Vi è infatti la necessità di favorire politiche che sappiano integrare le singole visioni regionali, realizzando quell’uniformità di approccio ai problemi e di formulazione di norme e procedure il più possibile standardizzabili, che è una delle principali esigenze delle aziende che operano nei diversi ambiti regionali. Occorre evitare il rischio che si riproduca l’esperienza per cui ciò che è legge su un lato di un fiume non lo sia dall’altra sponda, o ciò che viene richiesto su un versante dell’Appennino venga richiesto in un modo diverso nell’altro versante. Credo pertanto che l’operatività del Comitato potrà essere molto utile per favorire un processo di approccio e crescita uniforme delle condizioni operative ed istituzionali con cui le aziende sono chiamate a confrontarsi. Con la Riforma nasce il Consiglio delle Rappresentanze regionali e per le Politiche di coesione territoriale. Cosa ne pensa? Favorire i processi di aggregazione fra le componenti del Sistema è uno dei punti nevralgici della Riforma. Prevede con la sua associazione di aderire nel breve periodo a questo processo? Calzolaro Credo che l’ampio dibattito che su questo tema ha preceduto l’approvazione della Riforma contenga tutti gli elementi di valutazione e riflessione in merito. Calzolaro La nostra Associazione, in Campania, è stata la prima a proporre un’aggregazione, ma poi questo discorso si è intrecciato con il rinnovo della presidenza di Confindustria Campania. Il nostro auspicio, una volta rinnovati gli organi, è che nei tempi e nei modi più opportuni, si possa riprendere il discorso aggregativo. La parola a... 34 Luglio 2015 Azzali Credo che la necessità sia quella di rafforzare contemporaneamente ed in modo equilibrato e realistico tutte e tre le funzioni. Solo in questo modo Confindustria potrà continuare a svolgere, e auspicabilmente rafforzare e accrescere, il proprio ruolo di rappresentanza degli interessi delle aziende e delle necessità degli imprenditori, mantenendo il suo ruolo di forte capacità di rappresentazione e stimolo a che nel paese aumenti la consapevolezza della centralità degli imprenditori e delle aziende nella creazione del benessere. È questa, infatti, la condizione da cui ogni comunità non può prescindere, per gli effetti che genera sulla possibilità di realizzare, mantenere e accrescere le libertà civili, culturali e politiche. Azzali È necessaria una premessa: l’etica dei comportamenti nasce nella coscienza dei singoli e non credo sia utile moltiplicare le sovrastrutture che si attribuiscono il compito di determinare dall’alto o di sostituirsi alla responsabile libertà di scelta sul modo di partecipare all’ethos, tempo per tempo ritenuto più adeguato dalla maggioranza dei componenti di una comunità in questo caso fondata su interessi economico-aziendali condivisi. Ciò premesso, credo che questo Consiglio potrà svolgere un’utile funzione di analisi, orientamento e supporto alla funzione di indirizzo, anche etico, per il raggiungimento dell’obiettivo di fare bene impresa, inteso in tutte le sue molteplici e ben note implicazioni. Identità, rappresentanza e servizi sono le tre funzioni principali di Confindustria. Alla luce dell’attuale scenario economico del paese, quale ritiene sia la più urgente da rafforzare? Tra le novità Confindustria istituisce il Consiglio di indirizzo etico e dei valori associativi. Qual è la sua esperienza su questo fronte? Calzolaro Indubbiamente viviamo un periodo di crisi della rappresentanza. Sono in molti a pensare che sia venuta meno la funzione dei corpi intermedi che, invece, rivestono un ruolo fondamentale. La rappresentanza è fortemente legata all’identità di un’organizzazione. Ad esse vanno affiancati i servizi in quanto le aziende, soprattutto le piccole e medie, oltre a necessitare di una forte rappresentanza dei loro interessi hanno bisogno di un supporto costante in termini di assistenza e informazioni. > Calzolaro La nostra territoriale annovera il “Club delle Imprese Etiche”, un raggruppamento di aziende che possiedono la cosiddetta certificazione etica o che, semplicemente, vantano ”buone pratiche” in materia di responsabilità sociale d’impresa. Proprio a luglio ospiteremo una tappa del Road Show territoriale del Gruppo tematico Cultura di Confindustria in cui evidenzieremo come l’etica possa divenire addirittura un fattore di competitività per le aziende. Luglio 2015 35 La parola a... Parma, Piazza Garibaldi Azzali Devo, voglio e soprattutto posso essere ottimista sul futuro dell’economia di Parma. In questi anni non sono mancati, e ancora sono presenti, fattori di rallentamento e indebolimento dell’attività delle aziende. Tuttavia, negli anni precedenti e anche in questo momento, gli imprenditori hanno manifestato la ferma determinazione e la convinta volontà di reagire a questa fase di stagnazione e di crisi con rinnovato impegno, nuovi investimenti e nuove idee. Da tutto questo, sono certo che la nostra economia, che fortunatamente già registra segnali incoraggianti di ripresa, potrà imboccare presto la via della crescita. Per concludere, come vede il futuro dell’economia locale? Calzolaro Il nostro territorio è abituato a combattere e “risalire la china”. Storicamente abbiamo vissuto momenti difficili che, con ingegno e determinazione, abbiamo superato. Credo che il peggio della crisi sia oramai alle spalle: gli imprenditori hanno saputo cogliere le opportunità offerte dai mercati esteri, hanno investito in innovazione, si sono messi in rete e hanno scelto di rimanere qui e non abbandonare il nostro territorio. Sono tutti segnali importanti. Il porto di Salerno 36 Luglio 2015 News dall'Europa L’UNIONE EUROPEA HA UN RUOLO SEMPRE PIÙ RILEVANTE, CON CRESCENTI POTERI NORMATIVI VINCOLANTI PER GLI STATI MEMBRI, LE IMPRESE, LE ORGANIZZAZIONI E I CITTADINI. OLTRE IL 70% DELLA NORMATIVA NAZIONALE OGGI DERIVA – DIRETTAMENTE O INDIRETTAMENTE – DALL’UNIONE EUROPEA. CONOSCERE COME FUNZIONANO LE SUE ISTITUZIONI È DUNQUE FONDAMENTALE PER INFLUENZARNE LE SCELTE E COGLIERNE LE OPPORTUNITÀ. CON L’OBIETTIVO DI AIUTARE LE IMPRESE IN QUESTO COMPITO NASCE QUESTA RUBRICA IN COLLABORAZIONE CON LA DELEGAZIONE DI CONFINDUSTRIA A BRUXELLES. UNO SPAZIO DI APPROFONDIMENTO PER ESSERE INFORMATI SULLE PROPOSTE, LE DECISIONI E L’ATTUALITÀ DEL DIBATTITO POLITICO EUROPEO. A FIANCO DELLA RUBRICA EUROPA ANCHE LA NUOVA NEWSLETTER “UE PER LE PMI”, REALIZZATA INSIEME A PICCOLA INDUSTRIA, RACCOGLIE INFORMAZIONI UTILI ALLE PICCOLE E MEDIE IMPRESE. CONSULTABILE SIA VIA EMAIL CHE SULLE PAGINE DEDICATE DEI SITI DE L’IMPRENDITORE E DELLA DELLA DELEGAZIONE DI CONFINDUSTRIA A BRUXELLES. BUONA LETTURA! WWW.LIMPRENDITORE.COM WWW.CONFINDUSTRIA.EU Europa Per un'Europa più connessa La Commissione europea ha recentemente presentato una comunicazione con le direttive prioritarie sulle quali l’Esecutivo europeo si concentrerà nel periodo 2015-2016 per creare un mercato unico digitale. La strategia, espressa nel documento “A Digital Single Market Strategy for Europe”, si basa su 3 pilastri e 16 azioni chiave, ognuna delle quali richiederà la definizione di iniziative legislative e non-legislative, da attuare secondo una tabella di marcia precisa. Più nel dettaglio i tre pilastri sono: • favorire un migliore accesso ai consumatori e alle imprese ai beni e ai servizi online in Europa con l’obiettivo di rimuovere il più possibile le differenze tra il mondo online e offline, favorendo il libero movimento di prodotti e servizi; • creare le giuste condizioni per lo sviluppo delle reti digitali e dei servizi, per attrarre maggiori investimenti, stimolare la competitività e assicurare condizioni di parità (level-playing field) tra i vari attori della catena del valore; • massimizzare il potenziale di crescita dell’economia digitale europea. Questo pilastro ha come primo destinatario l’industria europea e la sua trasformazione digitale e ha l’obiettivo di aumentare la competitività industriale europea intervenendo sia sul settore pubblico che sulla diffusione di competenze digitali. Per il terzo pilastro, in particolare, la Commissione propone tre azioni. La prima riguarda la libera circolazione dei dati. In questo contesto, la Commissione affronterà diverse questioni, dalla proprietà dei dati, alle restrizioni non giustificate all’accesso, all’archiviazione o al trattamento dei dati, fino al loro utilizzo nel contesto business-to-business e machine-to-machine. La seconda azione sarà di adottare un Piano integrato per gli standard Ict, con l’obiettivo di identificare e definire standard settoriali essenziali in aree quali l’e-health, il trasporto e l’energia. Lo scopo principale del piano sarà quello di promuovere la competitività industriale europea attraverso l’interoperabilità e la standardizzazione, con l’obiettivo di connettere meglio i differenti settori industriali, e i servizi. Infine, sempre all’interno del terzo pilastro, l’Esecutivo europeo ha intenzione di pubblicare un Piano d’azione per l’e-government nel periodo 2016-2020. Lo scopo è quello di contribuire a creare una “e-society” a beneficio di cittadini e imprese. Tale piano, tra le altre cose, vuole rendere obbligatorie entro il 2017 le interconnessioni tra i registri delle imprese, lanciare un’iniziativa sul principio “Once-Only” – secondo il quale vengono eliminati gli oneri amministrativi che si sostanziano quando l’amministrazione pubblica richiede due volte le stesse informazioni agli utenti (cittadini e imprese) – e creare un “Single Digital Gataway” al fine di realizzare un sistema user friendly per le imprese e i cittadini, accelerando l’adozione da parte delle amministrazioni pubbliche degli stati membri di procedure di e-procurement e e-signature. PIETRO MAMBRIANI 38 Luglio 2015 Scommessa vincente UNO DEI MOTORI DI RICERCA PIÙ USATI DALLE GRANDI AZIENDE EUROPEE È LA PIATTAFORMA DI FACILITYLIVE, STARTUP ITALIANA NATA NEL 2010. ABBIAMO INTERVISTATO GIANPIERO LOTITO, FOUNDER E CEO DELL’AZIENDA. Com’è nata FacilityLive e che strumenti offre alle imprese? FacilityLive nasce dall’idea che un accesso alle informazioni più aderente al senso della domanda rispetto alle tecnologie precedenti, potesse essere una scommessa vincente. Questa idea nasce dopo vent’anni di esperienza nel trattamento delle informazioni nel mondo editoriale con Mariuccia Teroni, co-founder e presidente di FacilityLive. Oggi FacilityLive è una piattaforma software che fornisce alle aziende gli strumenti per strutturare tutte le loro informazioni, spesso provenienti da decine di sistemi fonte che si sono sedimentati nel tempo e che non riescono a parlare tra loro. In questo modo, grazie alla nostra tecnologia, che ha ottenuto brevetti in 43 paesi nel mondo, le aziende clienti possono avere un unico punto di accesso a ogni tipo di informazione, indipendentemente dal sistema di provenienza, con una user experience estremamente innovativa, che consente di accedere a tutte queste informazioni senza mai spostarsi dalla pagina dei risultati, caratteristica invece comune a tutti gli altri motori di ricerca. Cosa ne pensa della nuova strategia per un Mercato unico digitale della Commissione? La strategia per la creazione di un mercato unico digitale è un elemento fondamentale della costruzione di un futuro europeo. Un mercato così ampio e così ricco, composto da oltre 500 milioni di persone contro i 300 degli Usa, può diventare un terreno fertile per la nascita di piattaforme finalmente europee e di un’industria tecnologica continentale. Noi di FacilityLive stiamo propugnando questa strategia già da tempo. Due anni fa abbiamo deciso di non seguire il cammino, che all’epoca sembrava naturale, verso la Silicon Valley, ma di far crescere la nostra azienda in Europa a partire dall’Italia, dove vogliamo fortemente che rimanga tanto l’azienda quanto lo sviluppo “core” della tecnologia. Il nostro obiettivo per medio-lungo termine è quello di quotarci alla Borsa di Londra dove siamo già membri dell’Elite Programme come prima azienda della storia che è stata ammessa a questo prestigioso programma senza essere nata in UK. > live Luglio 2015 39 Gianpiero Lotito Europa mercato. Dal punto di vista finanziario apriremo il capitale anche ai grandi investitori internazionali visto che il capitale raccolto fino a oggi è stato tutto italiano. Da un punto di vista di mercato invece, passeremo dal modello “on premises”, ossia dall’installazione della nostra tecnologia presso le grandi aziende, alla disponibilità in “cloud” per ampliare, scalandola sensibilmente, la quantità di strutture e persone che la potranno usare in futuro. In particolare quale impatto potrà avere sulle startup? L’impatto del mercato unico digitale sulle startup potrà inoltre essere quello di offrire occasioni di adozione di tecnologia europea da parte delle grandi imprese e delle grandi amministrazioni pubbliche europee. Questo è quello che sta succedendo a noi: l’adozione è il più grande volano per lo sviluppo per una startup. Il fatto che una grande azienda europea adotti una tecnologia europea è ancora più importante di qualsiasi altro tipo di legge, sovvenzione o supporto che una startup possa avere. L’adozione valida e certifica la tecnologia sul mercato permettendo alle aziende di crescere e di diventare delle grandi realtà del futuro. Quali sono gli ambiti da migliorare, a livello nazionale ed europeo, per creare un contesto favorevole alle startup? Sicuramente l’ecosistema, ossia avere delle regolamentazioni fiscali, sulla creazione di posti di lavoro, sulla protezione dell’intellectual property, sul fund raising che siano tali da mettere le startup nelle condizioni di essere competitive. Gli esempi ci sono, la storia c’è, e tutto questo può diventare nei prossimi anni realtà anche grazie alla volontà delle istituzioni. La creazione di questo ecosistema, che comprenda anche investitori europei, strutture che siano in grado di aiutare le startup e università pronte a supportarle, è comunque un cammino obbligato per creare questo tipo di opportunità. Quali sono state le vostre principali fonti di finanziamento e come intendete mantenere la vostra linea per il futuro? A oggi il nostro fund raising proviene da capitale privato: industriali, manager, amici, una parte dei dipendenti dell’azienda ci hanno permesso di raccogliere 12 milioni di euro a una valorizzazione che nell’ultimo aumento di capitale è arrivata a 225 milioni di euro. Per il futuro intendiamo ovviamente fare tutti i passaggi che ci consentano di far scalare l’azienda dal punto di vista finanziario e di Il polo tecnologico presso cui riside l’azienda è a Pavia, ma la vostra attitudine è europea e internazionale. Avete collaborazioni con altre imprese a livello europeo? Come ho già detto, siamo nell’Elite Programme del London Stock Exchange e stiamo lavorando con alcune multinazionali europee, con firme globali come ad esempio Accenture, alla creazione di opportunità di business in tutto il mondo, non solo in Europa. E stiamo avendo i primi incoraggianti segnali di richieste di collaborazione più ravvicinata da alcune di esse, poiché noi rappresentiamo per le grandi corporation un punto di vista prezioso sul futuro, dove le informazioni saranno il nuovo “petrolio”. Il Commissario Oettinger ha annunciato la creazione di una piattaforma europea per l’Industria 4.0. Credete sia importante entrare a far parte di un cluster tecnologico, magari di livello nazionale, per provare a giocare un ruolo in questa nuova partita? Oggi non ci sono vie da precludere. È importante capire quale sarà il modo per creare questo ecosistema e per sviluppare delle aziende globali del software, e della tecnologia più in generale, a partire anche da piccole città di paesi europei come nel caso della nostra Pavia. Per questo motivo bisogna esaminare ogni tipo di strada nella sua possibilità di essere percorsa. (P.M.) 40 Luglio 2015 INTERVISTA A LORENZO SASSOLI DE BIANCHI, PRESIDENTE UPA – UTENTI PUBBLICITÀ ASSOCIATI Non esiste prodotto senza comunicazione “La comunicazione non è una spesa ma un investimento”. È questa la prima cosa che Lorenzo Sassoli de Bianchi, presidente di Upa – Utenti Pubblicità Associati, direbbe a un piccolo imprenditore per ribaltare la convinzione, peraltro molto diffusa, secondo la quale far conoscere il proprio brand è la conseguenza di alti fatturati piuttosto che la premessa per accrescerli. E invece non solo la comunicazione pubblicitaria non è esclusivo appannaggio delle grandi aziende ma, sottolinea de Bianchi, “oggi in nessun settore può esistere un’impresa che non comunichi”. Da questa premessa concettuale nasce il premio Parola d’impresa, il riconoscimento al miglior progetto pubblicitario su carta stampata e new media promosso da Piccola Industria Confindustria e Upa con il sostegno del Sole 24 Ore e in collaborazione con questa rivista. L’obiettivo dell’iniziativa – di cui quest’anno si svolge la seconda edizione – è sensibilizzare le piccole e medie imprese verso la comunicazione attraverso la messa in palio di spazi pubblicitari sulle testate del gruppo Sole 24 Ore per un valore complessivo di 500mila euro. Proprio le Pmi, infatti, sembrano ancora non cogliere le opportunità di crescita legate agli investimenti pubblicitari. Perché le pmi sono poco presenti nel mercato pubblicitario? Partiamo dai numeri: in Italia abbiamo circa 250mila imprese con più di 10 dipendenti e di queste soltanto 15mila investono in comunicazione. Se consideriamo il tessuto imprenditoriale nel suo insieme – poco più di cinque milioni di imprese, il 60% delle quali unipersonali – ci rendiamo conto di come i margini di miglioramento siano molto ampi. A frenare lo sviluppo del mercato pubblicitario di questo target contribuiscono vari fattori: in primo luogo, l’azienda italiana tipo nasce con una configurazione molto semplice, spesso da un’idea, una famiglia, un distretto nei casi più maturi; in secondo luogo, la maggior parte delle imprese lavora nel B2B, per cui si 42 PI Luglio 2015 concentra sul prodotto reputando la comunicazione non strategica per i propri obiettivi; infine, in molte zone del paese manca ancora la banda larga, le aziende non sono connesse come dovrebbero, sicché non riescono a far conoscere prodotti e/o tecnologie avanzate che pure esistono. Quali media sono più adatti alla comunicazione delle pmi? Carta stampata e web. In entrambi i casi si tratta di media ai quali si accosta l’utente che è alla ricerca di informazioni. Chi legge e naviga su Internet appartiene, infatti, a una fetta di pubblico mediamente più curiosa e la pubblicità ama i curiosi. Cosa diversa è la televisione, più appropriata alla promozione di beni di largo consumo e nella quale lo spettatore è passivo. Ci sono aspetti che i piccoli imprenditori dovrebbero migliorare nell’approccio alla comunicazione? In generale gli imprenditori nutrono un’eccessiva fiducia nel loro prodotto e ritengono che, una volta innovato e perfezionato quello, si venda da solo. Non è così. La comunicazione è parte strutturale del prodotto, anzi, direi che non esiste prodotto senza comunicazione. Sussiste poi una certa ritrosia a destinare risorse economiche a questa funzione, così come un pizzico di presunzione da parte degli impren- ditori nel reputarsi in grado di promuovere il proprio prodotto. Dimenticando, però, che la comunicazione è un mestiere a tutti gli effetti e che per ottenere buoni risultati occorre avvalersi di professionisti del settore. Queste valutazioni vanno tenute presenti anche dalle imprese che operano nel BtoB, le quali a mio avviso devono imparare ugualmente a “narrare” la propria attività, adottando linguaggi che non siano puramente descrittivi ma anche emotivi. Suggerisco inoltre di impostare collaborazioni di lunga durata con la propria agenzia o con chi curerà la propria comunicazione. La conoscenza reciproca facilita il lavoro e va ricordato che la pubblicità genera identità e affidabilità solo se utilizzata con costanza. Qual è la situazione del mercato pubblicitario? Fermo restando che oggi l’attenzione ai costi da parte delle aziende è aumentata, le nostre previsioni sugli investimenti pubblicitari per il 2015 restano positive: +1-2% sull’anno precedente. In questo dato includiamo anche il cosiddetto “search”, ovvero il fatturato derivante da Google e Facebook, che Nielsen non monitora. Possiamo dire che il peggio è passato, la pubblicità è un buon termometro dei consumi e per molti versi anticipatore delle tendenze. Lorenzo Sassoli de Bianchi SUSSISTE UNA CERTA RITROSIA A DESTINARE RISORSE ECONOMICHE ALLA PUBBLICITÀ, COSÌ COME UN PIZZICO DI PRESUNZIONE DA PARTE DEGLI IMPRENDITORI NEL REPUTARSI IN GRADO DI PROMUOVERE IL PROPRIO BRAND. SILVIA TARTAMELLA UNA VETRINA PER LE PMI Parola d’impresa è il premio al miglior progetto pubblicitario su carta stampata e new media promosso da Piccola Industria Confindustria e da Upa – Utenti Pubblicità Associati, con il sostegno del Sole 24 Ore e de L’Imprenditore, destinato alle pmi associate a Confindustria. L’iniziativa, giunta alla seconda edizione, è stata lanciata il 4 giugno a Milano in Assolombarda durante il seminario “Comunicare il valore delle Pmi” e promossa sul territorio con due successivi incontri il 6 e l’8 luglio, rispettivamente presso Confindustria Vicenza e Confindustria Bari e Bat. I termini per partecipare scadono il 4 settembre. Le imprese vincitrici saranno premiate il 6 ottobre nel corso di una cerimonia che si terrà in Expo Milano all’Auditorium di Palazzo Italia. Informazioni e regolamento su www.paroladimpresa.confindustria.it L’hashtag su Twitter è #paroladimpresa. Luglio 2015 43 A V I T A V NNO I I M P Innovare per creare ricchezza PARTITO DA NAPOLI UN ROADSHOW SUL TERRITORIO REALIZZATO DA PICCOLA INDUSTRIA, INTESA SANPAOLO, MEF E MISE E LE ASSOCIAZIONI DEL SISTEMA PER PROMUOVERE E MIGLIORARE LE MISURE PREVISTE DALL’INVESTMENT COMPACT PER LE PMI INNOVATIVE. Opportunità da cogliere, fiducia nel Paese, lavorare in filiera per raggiungere un obiettivo comune: avere pmi competitive e capaci di attrarre liquidità per la crescita. Queste le parole che hanno contraddistinto l’incontro “Puntiamo sulle imprese. Per una ripresa oltre le aspettative” che si è tenuto a Napoli il 15 giugno scorso. Un’iniziativa realizzata da Piccola Industria in collaborazione con l’Unione Industriali Napoli e Intesa Sanpaolo, quale occasione per condividere finalità e contenuti della policy sulle pmi innovative prevista dall’Investment Compact. Che sia un tema sentito lo confermano i numeri: l’evento ha richiamato 200 partecipanti, tra cui le migliori aziende del territorio e non solo. Ospite d’onore Pier Carlo Padoan, Ministro dell’Economia e delle Finanze, che ha fornito un quadro della situazione congiunturale e delle linee guida della politica economica del Governo focalizzando l’attenzione sulla necessità di avere più fiducia nel paese e di sfruttare quanto più possibile la finestra di opportunità che – grazie a condizioni macroeconomiche favorevoli – si è aperta per l’Italia. In quanto “come tutte le finestre non saranno aperte per sempre.” È indispensabile promuovere gli investimenti – i più penalizzati durante la crisi – quale veicolo principale per innovare, ovvero per sfruttare al massimo la chiave principale che può permettere di produrre ricchezza, aumentare il livello di tecnologia e creare benessere. Questo a maggior ragione in un paese come l’Italia che invecchia rapidamente e le cui fonti di crescita saranno sempre più legate alla produttività e quindi all’innovazione. Per questo nel corso dell’incontro è emersa ampia sintonia da parte degli attori, nel dare concretezza a soluzioni per lo sviluppo e nella metodologia di lavoro adottata negli ultimi mesi: un dialogo continuo tra ministeri, agenzie e stakeholder. Il provvedimento sulle pmi innovative è un caso esemplare. Esemplare perché è stato realizzato con il lavoro congiunto tra Mise e Mef e la collabo- 44 razione di Confindustria. Esemplare in quanto punta tutto sull’innovazione delle pmi e, in un periodo storico in cui non vincono i territori che posseggono le materie prime ma vince la fabbrica che innova, questo può risultare determinante. Esemplare perché crea dei casi da emulare, le pmi innovative, con cui aumentare il livello di competitività del sistema imprenditoriale e far crescere le imprese rendendole anche più attrattive nei confronti di soggetti terzi anche esteri. Un fenomeno quest’ultimo determinate per le pmi vista la liquidità presente a livello globale, mai così elevata, ma che sono ancora poco adatte, proprio per la loro dimensione, a rispondere all’entusiasmo che anima gli investitori esteri. In pratica l’Investment Compact prevede il riconoscimento della figura di pmi Innovativa. Per ottenerlo è necessario autocertificare il rispetto di alcuni requisiti tra cui, solo per citarne alcuni, un determinato tasso di spesa in ricerca e innovazione, il possesso di brevetti Luglio 2015 PI o di personale qualificato, la certificazione di bilancio e iscriversi alla sezione speciale del Registro delle imprese delle Camere di Commercio. Oltre ad avere una maggiore visibilità agli occhi di soggetti terzi, la norma prevede dei vantaggi regolatori, come la deroga alla disciplina societaria ordinaria, o semplificazioni come quelle per accedere al Fondo di garanzia. Importanti sono poi le agevolazioni fiscali destinate a chi investe in queste imprese. Il dibattito ha comunque fatto emergere alcune criticità legate alla ristrettezza dei requisiti richiesti per poter essere una pmi innovativa, alla non convenienza fiscale nel capitalizzare le spese in innovazione e alla mancata operatività di alcune agevolazioni che di fatto riducono fortemente il numero dei beneficiari delle policy. L’obiettivo condiviso è il massimo utilizzo delle policy previste e pertanto è emersa la piena disponibilità del Mef nel rivedere, nei prossimi mesi, alcuni aspetti regolatori e agevolativi Luglio 2015 con cui rimuovere tali criticità. Il Mef stesso ha confermato che, in caso di un suo elevato utilizzo, si potrebbero rafforzare le agevolazioni fiscali previste. Che si stia collaborando per poter contare su un sistema imprenditoriale del futuro più forte e competitivo è emerso anche delle iniziative di Intesa Sanpaolo relative all’innovazione. In particolare quelle della quantificazione e valorizzazione degli aspetti intangibili collegati all’innovazione nella valutazione del merito di credito tra cui quelli posseduti dalle pmi innovative, quali brevetti, R&S, profili professionali dei dipendenti. Importante anche il lavoro svolto dalla banca sul contratto di filiera. In pratica è un contratto firmato da 90 aziende capo-filiera che condividono con la banca le informazioni legate alla propria catena. In tal modo il capo filiera e i suoi fornitori sono considerati un’entità unica concreta e strutturata anche ai fini della valutazione del merito di credito. (M.M) 45 PNICUBE RIUNISCE GLI INCUBATORI E LE BUSINESS PLAN COMPETITION ACCADEMICHE, RIFERIMENTO PER LE STARTUP INNOVATIVE CHE VENGONO SUPPORTATE NEL LORO PROCESSO DI CRESCITA DAGLI INCUBATORI DEGLI ATENEI ITALIANI. NE PARLIAMO CON IL PRESIDENTE MARCO CANTAMESSA. Insieme si cresce Come è nata PNICube e con quali obiettivi? L’associazione è nata più di dieci anni fa, a Torino, quando le persone che si occupavano di startup nelle università hanno capito l’importanza di associarsi e di mettere a fattor comune le reciproche esperienze, con l’obiettivo di stimolare la nascita e accompagnare al mercato nuove imprese di provenienza universitaria ad alto contenuto di conoscenza. Siamo nati come un circuito di business plan competition a livello regionale e poi, negli anni, siamo diventati un punto di riferimento nazionale per gli incubatori universitari. Oggi l’associazione conta 38 associati tra università e incubatori accademici. Inoltre, abbiamo partnership con banche, gruppi di business angel, società di venture capital, imprese, e ambasciate straniere in Italia, consapevoli che è illusorio pensare di poter far crescere un progetto imprenditoriale senza portare risorse complementari. 46 Luglio 2015 IL PREMIO NAZIONALE PER L’INNOVAZIONE 2015 Associazione Italiana degli Incubatori Universitari e delle Business Plan Competition Sarà Cosenza a ospitare, il 3 e 4 dicembre prossimi, l’evento di chiusura del PNI 2015, organizzato dall’Associazione PNICube in collaborazione con l’università della Calabria e con il sostegno della Regione Calabria. A contendersi gli ambiti riconoscimenti, i vincitori delle StartCup, business plan competition che si svolgono ogni anno a livello regionale. Quattro i premi settoriali: Premio IREN Cleantech & Energy – offerto da IREN, main sponsor PNI per il secondo anno consecutivo – Premio Industrial, Premio ICT e Premio Life Sciences. A questi si aggiungono due menzioni speciali “trasversali”: una per il miglior progetto di “Innovazione sociale” e l’altra per il miglior progetto di “Impresa sociale in ottica di pari opportunità”, nata dalla collaborazione con la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento Pari Opportunità. Tra i quattro vincitori dei Premi settoriali verrà eletto il vincitore assoluto del “Premio Nazionale per l’Innovazione 2015“ e verrà consegnata la Coppa dei Campioni PNI all’istituzione accademica (università o E.P.R.) che ha espresso la startup vincitrice. I nostri obiettivi sono sensibilizzare e promuovere l’incubazione d’impresa e favorire la creazione di startup innovative a partire dalla ricerca. Inoltre, promuoviamo due importanti iniziative: il Premio Nazionale per l’Innovazione, che seleziona le migliori idee d’impresa innovative, e l’evento Italian Master Startup Award. Startup Uno di questi premi è stato assegnato da poco, chi ha vinto? A giugno si è tenuta a Milano la IX edizione dell’Italian Master Startup Award (ex Start Up dell’Anno), un riconoscimento, unico in Italia, che premia i risultati conseguiti sul mercato da parte di giovani imprese hi-tech nei primi anni dalla costituzione. Vince questo premio la giovane impresa hi-tech che ha avuto concretamente maggior successo. Per assegnare il riconoscimento non ci basiamo infatti su un business plan, ma sugli effettivi risultati. Quest’anno, questo successo è stato riconosciuto a Jusp, un’azienda che si occupa di mobile payment, nata nel 2013 all’interno di Polihub del Politecnico di Milano. Jusp ha ideato un mobile pos per ricevere pagamenti in mobilità attraverso un dispositivo e una applicazione ad esso correlata. Con l’Italian Maser Startup Award andiamo quindi a premiare la concretezza industriale. Ad esempio, nell’edizione dello scorso anno, il premio è stato assegnato a Ennova, una startup del Politecnico di Torino, che ha realizzato un innovativo modello di assistenza remota per device mobili, e che in pochi anni ha raggiunto più di 400 dipendenti. A dicembre invece, a Cosenza, verrà assegnato il Premio Nazionale per l’Innovazione. Anche questa è una manifestazione a cui teniamo molto, in quanto si tratta della business plan competition italiana con maggiore partecipazione. Lo scorso anno hanno partecipato più di 3.000 aspiranti imprenditori, con più 1.219 idee di impresa e 503 business plan. > Luglio 2015 Marco Cantamessa 47 Startup Quale rapporto c’è oggi tra startup e università? Stimiamo che un quarto delle startup innovative iscritte alle Camere di Commercio nascano dentro le università come spinoff della ricerca, o accompagnate da incubatori associati a PNICube. È evidente quindi l’apporto che il mondo accademico fornisce allo sviluppo di soggetti economici innovativi nel nostro paese. Il numero è importante, e sono realtà che tendono ad avere un profilo tecnico elevato e, quindi, un maggiore potenziale di sviluppo. Gli atenei e gli incubatori al loro interno cercano di acquisire risorse e di indirizzarle alle attività di creazione di imprese anche e soprattutto attraverso i soci e i partner che li aiutano nelle collaborazioni nazionali e internazionali. innalzare il livello dei servizi che i nostri soci possono offrire alle startup che nascono in ambito universitario. In Italia il vincolo maggiore alla crescita delle startup è, a mio parere, la debolezza della domanda per beni e servizi innovativi. Per questo motivo, uno dei principali obiettivi per il futuro consiste nell’intensificare i legami con le imprese di grandi e medie dimensioni, che hanno respiro innovativo più ampio e vedere queste imprese, che hanno le spalle più robuste, come clienti o come acquisitrici delle startup. Anche le imprese più piccole possono essere un interessante interlocutore per le startup perché, se è vero che hanno minore disponibilità di capitali, è più facile riuscire ad arrivare a istituire un dialogo con il vertice aziendale. Per questo vediamo con grande favore le iniziative dei Giovani Imprenditori e della Piccola Industria di Confindustria a favore delle startup, perché ci consentono di ampliare il panorama delle partnership e ci permettono di affiancare e supportare le idee d’impresa che nascono a livello accademico. Cosa offre PNICube alle startup e quali sono gli obiettivi per il futuro? I bisogni delle startup cambiano nel tempo e, più si va avanti, più hanno bisogno di servizi a valore aggiunto sofisticati. Il nostro obiettivo è quello di far crescere i nostri partner per (C.S.) Luglio 2015 49 Startup DOUBLEYOU: CREARE FORME INNOVATIVE DI RETRIBUZIONE PER AUMENTARE MOTIVAZIONE, SENSO DI APPARTENENZA E PRODUTTIVITÀ DETERMINANDO NOTEVOLE RISPARMIO PER IL DATORE DI LAVORO. Tecnologia al servizio del welfare DoubleYou, startup milanese, ha sviluppato una tecnologia per governare i processi di welfare in azienda in maniera innovativa, attraverso una piattaforma web AltheA che mette in contatto il proprio dipendente con una serie di servizi presenti su tutto il territorio nazionale. Con vantaggi sia per i collaboratori che per l’azienda stessa. Ne parliamo con Stefano Casati responsabile Sviluppo Business della startup. Cominciamo dal nome: “DoubleYou”, cosa significa? DoubleYou, in inglese, significa “due volte te”, come persona e come lavoratore. Ma è anche la lettera iniziale della parola “Welfare”! È un nome scelto per sottolineare la nostra mission: creare soluzioni innovative per aumentare motivazione, senso di appartenenza e produttività. Com’è nata questa idea? L’idea nasce dalla nostra esperienza lavorativa come dipendenti: grandi sacrifici per raggiungere gli obiettivi richiesti e per ottenere un premio monetario, certamente interessante se calcolato sul lordo, ma che in imposte perdeva quasi la metà del suo valore. Una situazione che potrebbe penalizzare anche chi è più determinato. Per questo abbiamo studiato forme alternative di retribuzione da proporre in maniera concreta sul mercato e pensiamo di avere trovato un’ottima soluzione. Potete spiegarci in cosa consiste e come funziona la vostra applicazione? Il nostro modello sfrutta le possibilità di defiscalizzazione concesse dagli articoli 51 e 100 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi che identificano il paniere di beni e servizi che se concessi al lavoratore non costituiscono reddito da lavoro dipendente e non sono soggetti a contribuzione per il datore. Il paniere è davvero ampio: spese di istruzione per i figli, interessi sui mutui, pacchetti sanitari, trasporto pubblico, spese di ricreazione e formazione, spese mediche, per baby sitter e molto altro. Sono opportunità che ancora oggi vengono sfruttate solo in parte, principalmente per erogare buoni pasto. In realtà si può fare molto di più. Solo un esempio: il datore di lavoro apre un piano benefit di 1.000 euro per i suoi 50 collaboratori. Chi ha un figlio può sfruttare questo credito per ottenere il rimborso delle rette dell’asilo nido, chi ha un mutuo per farsi rimborsare la quota interessi delle rate fino ad acquistare un buono spesa o un abbonamento alla palestra. E il risparmio per il datore di lavoro è consistente: 60.000 euro di contributi in tre anni. 50 La parola chiave è flessibilità: non è il datore di lavoro che offre uno specifico benefit al lavoratore, ma è il lavoratore che sceglie il benefit che più gli interessa in un ampio pacchetto. Tecnicamente come supportate questa flessibilità? La scelta dei benefit e la loro erogazione verso il lavoratore vengono governate interamente dal nostro servizio, che si avvale di una piattaforma tecnologica semplice da utilizzare e che aderisce ai principi fiscali descritti nel Testo Unico. In pratica, abbiamo creato il primo “Welfare Marketplace” in Italia: è come avere un e-commerce aziendale dove il lavoratore spende i crediti concessi dall’azienda! La conseguenza è che i lavoratori hanno più potere di acquisto, mentre l’azienda ottiene un risparmio contributivo, che può decidere di condividere con propri collaboratori. Sono benefit già utilizzati nel Regno Unito, in Francia e Spagna come istituto retributivo. In Italia siamo ancora agli inizi ma, grazie alla nostra tecnologia, contiamo di colmare il gap nei prossimi anni. Nel mondo delle startup quello che fa la differenza, al di là del progetto, è il team che lo anima. Che tipo di esperienza avete? Il nostro punto di forza è la multidisciplina- Luglio 2015 rietà: pur con una distinta specificità di ruolo, ognuno è potenzialmente in grado di seguire i clienti, gestire i processi di backend, parametrizzare la piattaforma e fare assistenza. Leggevo un articolo sugli “8 segreti del successo di Amazon” e uno in particolare mi ha colpito: Jeff Bezos sa fare il magazziniere. Crediamo fortemente che in azienda tutti debbano comprendere il lavoro degli altri perché così si velocizzano comunicazione, processi e risposte al cliente. È un principio che ci ha ispirato molto e con il quale siamo riusciti in un solo anno a sviluppare un importante vantaggio competitivo tecnologico, a integrare nella nostra piattaforma più di 200 fornitori, a vincere due bandi regionali di finanziamento e a ottenere importanti linee di credito. E il mercato ha risposto: aziende di tutte le dimensioni ci hanno selezionato per pianificare, sviluppare e governare piani di flexible benefit in completo outsourcing. Nell’ambito delle finalità del progetto di Piccola Industria AdottUp avete stretto una partnership con Assolombarda per diffondere le buone pratiche di welfare. In cosa consiste questa collaborazione e qual’è il suo valore aggiunto? Con Assolombarda abbiamo una partnership tecnico-commerciale per la diffusione del servizio tra le aziende del territorio. Il welfare si inserisce in maniera armoniosa tra le attività già erogate dall’associazione, come l’assistenza sindacale e fiscale. Il valore aggiunto è nell’integrazione di questi servizi, perché così l’azienda ha la sicurezza di un interlocutore completo e la serenità di una soluzione che rispetta la normativa fiscale. Con Assolombarda abbiamo anche costruito un pacchetto ad hoc per le pmi. Siamo onorati di essere stati selezionati tra i partner di Assolombarda e tra le migliori startup di AdottUp. La collaborazione è stata sancita anche a livello societario: Alvise Biffi, vice presidente di Piccola Industria Confindustria, ci ha “adottato” entrando nella compagine societaria. Stefano Casati E i prossimi passi? Al momento siamo impegnati nel promuovere il servizio tra le aziende rendendolo ancora più accessibile sul territorio a costi competitivi. Come visto le opportunità sono grandi ma ancora poco conosciute. Ma abbiamo anche due linee di sviluppo: l’arricchimento dei servizi alle imprese e lo sviluppo del welfare territoriale. Al riguardo abbiamo vinto il bando “Startup per Expo” con un progetto di welfare territoriale, per armonizzare le politiche sociali e fiscali con la rete di servizi alla persona. Per ora, però, non posso dire di più… altrimenti ci copiano! MARTINA MONDELLI Luglio 2015 51 INTERVISTA A SALVATORE AMITRANO, DIRETTORE TECNICO INDUSTRIALE DEL GRUPPO PASELL Innovazione e responsabilità binomio di un successo UN’AZIENDA A CONTROLLO FAMIGLIARE CON UNA STRUTTURA E UN MANAGEMENT IN LINEA CON IL MERCATO. UNO SGUARDO APERTO AL FUTURO E ALL’INNOVAZIONE, UNA FORTE VOCAZIONE ALL’INTERNAZIONALIZZAZIONE CHE SI CONIUGA CON IL RISPETTO DEL TERRITORIO E UN GRANDE SENSO DELLA COMUNITÀ. 52 Dai manufatti in cemento ai contrappesi per elettrodomestici: il gruppo PASELL ha storia lunga alle spalle. Quanto conta la flessibilità in una realtà come la vostra? Moltissimo. La capacità di adeguarsi al cambiamento fa parte del nostro dna. Ci ha permesso di affrontare le molte sfide incontrate in oltre quarant’anni di attività e di entrare in settori nuovi come la gomma e la plastica fino ad arrivare alla scelta di internazionalizzarci. Sottolineo scelta perché nel 2001 non era ancora una necessità come oggi. Il settore degli elettrodomestici in Italia in quegli anni era ricco di risultati importanti. Noi, però, abbiamo spinto lo sguardo oltre e visto una possibilità di crescita in mercati come la Slovacchia, in cui siamo sbarcati nel 2001, la Gran Bretagna dove siamo arrivati nel 2003 e in Russia nel 2004. In questi ultimi due paesi gli stabilimenti ora sono chiusi, ma nel 2012 siamo entrati in Turchia, dove il settore degli elettrodomestici è in grande espansione sia per il mercato interno che come ponte verso i mercati asiatici. Qui siamo fornitori di Arcelik, primo gruppo industriale del paese, conosciuto Luglio 2015 Piccole imprese grandi storie in Europa attraverso il marchio internazionale di elettrodomestici Beko dove è uno dei primi tre player per quote di mercato. A partire dalla prima generazione, con mio padre, alla fine degli anni ’60, lo sviluppo dell’azienda è andato di pari passo con quello della famiglia. Siamo tre fratelli: io, Francesco e Roberto. Francesco segue la Pasell Slovacchia, Roberto la Amiflex Italia – una delle aziende del gruppo – io la Pasell Turchia e quella italiana. Francesco si occupa di vendite e acquisti, Roberto di finanza e amministrazione, mentre io seguo la parte industriale. Nostro padre Angelo è il presidente, il nostro punto di riferimento. Il capitalismo famigliare, a mio parere, è vincente se sa strutturarsi, organizzarsi su potenzialità e competenze. Con un uomo solo al comando non si riesce a rispondere alle esigenze di un settore come il nostro, molto competitivo e tecnologicamente avanzato. Mio padre ha avuto la lungimiranza di guardare avanti, responsabilizzando noi figli – lasciandoci anche sbagliare – e sapendosi mettere, con grande sacrificio, in secondo piano per farci crescere nella gestione dell’azienda. Il settore degli elettrodomestici ormai da diversi anni sta vivendo una profonda crisi. Quali sono, invece, gli ingredienti che vi hanno permesso di continuare ad espandervi, anche all’estero? Come ho detto prima, aver colto in tempo l’opportunità di andare all’estero ci ha permesso di continuare a crescere. Anche perché la nostra internazionalizzazione non è stata una delocalizzazione. Al contrario, attraverso Luglio 2015 53 Salvatore Amitrano l’apertura degli stabilimenti esteri siamo riusciti a rendere solide e a far sviluppare le aziende italiane. In un periodo in cui il mercato interno subisce una forte contrazione noi continuiamo a espanderci perché gli stabilimenti italiani producono semilavorati, forniscono tecnologia, attrezzatura e know how a quelli esteri. Inoltre, ci siamo inventati nuove produzioni, come il metal stamping nel 2009, e abbiamo iniziato a produrre internamente componenti prima acquistati dai fornitori slovacchi. Questo ci ha permesso di creare un nuovo reparto e mantenere stabili i livelli di occupazione. In Italia siamo anche riusciti ad avere un incremento di 15 unità negli ultimi 5 anni su un totale di 220 dipendenti, di cui 70 italiani, 100 slovacchi e 55 turchi. Quanto conta la qualità quando si producono componenti per oggetti indispensabili che fanno parte della vita quotidiana di tutti noi? Conta molto, al di là della certificazione. Abbiamo iniziato a seguire gli standard di qualità sin dal 1989, prima ancora che diventassero di “moda”. I nostri principi sono il miglioramento > È QUANDO TI SENTI PICCOLO CHE SAI DI ESSERE DIVENTATO GRANDE. A volte gli uomini riescono a creare qualcosa più grande di loro. Qualcosa che prima non c’era. È questo che noi intendiamo per innovazione ed è in questo che noi crediamo. Una visione che ci ha fatto investire nel cambiamento tecnologico sempre e solo con l’obiettivo di migliorare il valore di ogni nostra singola produzione. È questo pensiero che ci ha fatto acquistare per primi in Italia impianti come la rotativa Heidelberg M600 B24. O che oggi, per primi in Europa, ci ha fatto introdurre 2 rotative da 32 pagine Roto-Offset Komori, 64 pagine-versione duplex, così da poter soddisfare ancora più puntualmente ogni necessità di stampa di bassa, media e alta tiratura. Se crediamo nell’importanza dell’innovazione, infatti, è perché pensiamo che non ci siano piccole cose di poca importanza. L’etichetta di una lattina di pomodori pelati, quella di un cibo per gatti o quella di un’acqua minerale, un catalogo o un quotidiano, un magazine o un volantone con le offerte della settimana del supermercato, tutto va pensato in grande. È come conseguenza di questa visione che i nostri prodotti sono arrivati in 10 paesi nel mondo, che il livello di fidelizzazione dei nostri clienti è al 90% o che il nostro fatturato si è triplicato. Perché la grandezza è qualcosa che si crea guardando verso l’alto. Mai dall’alto in basso. continuo dei dipendenti e dei processi e la condivisione delle competenze per raggiungere l’obiettivo delle “zero defects“ e del “right first time“. Nel nostro gruppo c’è una Corporate Quality centrale e delle strutture qualità che operano in ogni singolo stabilimento. Questa organizzazione consente un’uniformità di applicazione, una standardizzazione e una customizzazione dei processi produttivi. Un obiettivo ancora più ambizioso se si pensa alle diversità culturali e di contesto tra i vari stabilimenti. Il nostro sforzo è quello di avere un “linguaggio aziendale comune” per far dialogare tutte le culture presenti all’interno della nostra organizzazione. Innovazione, ricerca, armonia, responsabilità. Cosa significano queste parole per la Pasell? L’innovazione è prima di tutto organizzativa, ovvero miglioramento degli standard aziendali e dei processi, e innovazione di prodotto, ovvero progettazione in collaborazione con le esigenze dei clienti. Il che significa soprattutto ridurre l’impatto ambientale e migliorare la qualità di lavoro dei dipendenti. Questo approccio ci ha consentito di depositare all’inizio di giugno un brevetto congiunto con Whirpool. La ricerca, invece, è aziendale e industriale in collaborazione con le università italiane ed estere. Lo scorso mese abbiamo firmato un protocollo per la creazione di una facoltà di ingegneria industriale in partnership con l’Università di Poprad e altre aziende slovacche. L’obiettivo è creare figure professionali realmente in linea con le esigenze produttive del territorio. In Italia, portiamo avanti diversi progetti con l’Università di Napoli e Salerno per ridurre l’impatto ambientale dei materiali utilizzati nei cicli produttivi. Per quanto riguarda l’armonia ci teniamo a mantenere vivo un senso di comunità tra soci, famiglia, dipendenti e fornitori. Cerchiamo di organizzare momenti conviviali in cui vivere l’azienda non solo come luogo di lavoro. Questo è possibile anche perché il management non è mai lontano dalla base e c’è uno sforzo continuo per mantenere vivi i rapporti umani. Il cliente Arçelik ci ha dato di recente il riconoscimento di “fornitore più collaborativo ed efficiente” per il 2014 nel settore lavatrici. Sul tema della responsabilità sociale siamo membri del Global Compact dal 2004. Per noi la responsabilità è ambientale, di prodotto, ma anche sociale. In Slovacchia, per esempio, abbiamo avviato da diversi anni un progetto per l’integrazione della comunità rom. Lo scorso aprile, in occasione della giornata nazionale della comunità rom, abbiamo ricevuto la visita del Presidente della Repubblica Andrej Kiska che ha riconosciuto la Pasell come caso di integrazione positiva. Nel 2013 abbiamo ricevuto il “Productivity Awards” un importante riconoscimento nazionale del Ministero dell’Economia della Repubblica Slovacca. Quali sono le nuove sfide che intendete affrontare? In Italia dipende molto dagli sviluppi della integrazione tra Whirpool e Indesit e dalla successiva riorganizzazione degli stabilimenti italiani. Per l’estero, dobbiamo consolidare il mercato turco attraverso nuovi clienti e strizziamo l’occhio alla Cina, il più grande mercato di elettrodomestici del mondo dove potremmo aprire uno stabilimento nei prossimi anni. Per il futuro il nostro sogno è riuscire a produrre e immettere nel mercato un prodotto con nostro brand. (G.A.) Fase di produzione dei contrappesi in calcestruzzo Made in Italy per piccoli lord INNOVAZIONE E TRADIZIONE SI FONDONO NELLA CREAZIONE DI ABITI RAFFINATI PER I BAMBINI INGLESI, APPREZZATI PERCHÉ PRODOTTI NEL NOSTRO PAESE. UN’IDEA CHE CI RACCONTA TIZIANA GIANNICO, FONDATRICE PUPE & CAVALIERI. È nata a Bari, ha studiato economia alla Luiss Guido Carli a Roma e allo University College a Dublino e poi è volata a Londra per un master in finanza, ha trovato lavoro nella capitale inglese dove, per diversi anni, ha lavorato nel ramo dell’Investment Banking. Fin qui, quella di Tiziana Giannico, sembrerebbe una storia di fuga dei cervelli come se ne sentono tante, invece è un’esperienza tutta particolare, di fuga e poi ritorno, anche se non fisico, nel Bel Paese. Ma andiamo in ordine. “La nascita dei miei tre bambini è stato un grande cambiamento nella mia vita, ho dovuto ricercare un diverso equilibrio tra lavoro e famiglia” – ci racconta la Giannico – “cercavo un contesto più flessibile e nello stesso tempo nuovi interessi e così nell’aprile del 2014 ho fondato a Londra Pupe & Cavalieri, una nuova casa di moda per bambini”. Complici una grande spinta alla digitalizzazione, la caduta – per i nuovi progetti imprenditoriali – delle barriere all’ingresso sul mercato e infrastrutture particolarmente efficienti, il contesto nella City era particolarmente favorevole alla nascita di nuove startup. Così, già a luglio dello scorso anno, ha partecipato con una prima collezione estiva ad una fiera, il Bubble London (l’equivalente dell’italiano Pitti Bimbo, ndr) dove è stata nominata finalista come miglior marchio debuttante e come migliore fashion house emergente nella moda bambini. Ma come si passa dalla finanza a disegnare abiti per bambini? “Ogni volta che tornavo a Londra da un viaggio in Italia, riportavo valigie piene di vestiti per i miei figli. I marchi italiani hanno una attenzione alla qualità e alla comodità che in Inghilterra avevo difficoltà a trovare” spiega la Giannico “e così, dalla mia esperienza di mamma e cliente e grazie alle mie conoscenze di finanza, mi sono lanciata in questo nuovo progetto”. Da allora Tiziana Giannico debutta nel settore moda, come direttore creativo di questo nuovo brand, mettendo in piedi un ufficio style con sede a Londra, dove designer freelance inglesi creano nel rispetto dello stile italiano. In poco più di una settimana ha costituito una startup con un impianto estremamente flessibile, senza una sede né dipendenti, ma con creativi specialisti che la affiancano nelle attività di realizzazione dei modelli 56 Luglio 2015 Piccole imprese grandi storie TIziana Giannico degli abitini, nel web designing e nell’attività di marketing su social media. “Ho capito che non avevo necessità di una struttura fissa, e questo mi ha consentito anche di ridurre i costi di impianto della startup, ma allo stesso tempo avevo la consapevolezza che la forza di un progetto nasce dalla capacità di mettere insieme le forze per creare delle sinergie”. Partita con il nuovo progetto è stato il momento di trovare chi realizzasse la produzione. “In tanti anni vissuti all’estero ho capito quanto la qualità e l’artigianalità italiana siano apprezzate nel mondo” – ci racconta – “per questo motivo ero convinta di far realizzare tutti i prodotti in Italia, nel Sud per la precisione, dove ho scoperto solo una volta imbarcata in questa avventura, esistere un distretto di eccellenza per la moda bambino”. È così che questa storia continua con un parziale ritorno in Italia, per produrre il bello e ben fatto, e portarlo all’estero. “All’inizio non è stato facile trovare un partner per la mia piccola produzione” – continua l’imprenditrice – “ma con il tempo si sono instaurate delle collaborazioni proficue, ho trovato persone che hanno voglia di puntare sulla mia idea”. La produzione in Italia dà un valore aggiunto alle collezioni della casa di moda per bambini, l’eccellenza sartoriale e i valori di qualità legati al made in Italy sono riconosciuti ed apprezzati a Londra ma, grazie alle fiere internazionali cui ha partecipato il brand, in paesi lontani come Medio Oriente, Cina e Giappone. Quella di Pupi & Cavalieri è un’idea che fonde innovazione e tradizione, coniugando il design londinese con le tecniche sartoriali italiane, per prodotti classici e raffinati che rispecchiano i valori del made in Italy. Tutti gli abiti delle tre collezioni fin’ora realizzate sono fatti di fibre naturali come il cotone, il lino, la seta e la lana, il packaging è completamente biodegradabile e c’è una forte attenzione alla sostenibilità e all’impegno sociale. Caratteristiche che accomunano il brand ai valori di Expo 2015 tanto che Pupe & Cavalieri è stata selezionata come “contributor” al programma Made of Italians che l’esposizione universale ha concepito per incoraggiare gli italiani residenti all’estero a tornare nel proprio paese di origine in occasione di questa importante occasione. E così siamo arrivati al presente, allora abbiamo chiesto a questa giovane startupper cosa avesse in mente per il futuro. “Ho investito tempo, impegno e risorse personali in questo progetto che ha richiesto dedizione costante e senza limiti, ci sono stati alti e bassi, ma i buoni risultati finora ottenuti mi fanno avere entusiasmo per andare avanti. In poco tempo siamo riusciti ad essere presenti su due punti vendita plurimarca in Inghilterra e su piattaforme online di nicchia” ci risponde Tiziana Giannico. “Sono convinta, però, che i risultati migliori sono quelli che si ottengono attraverso le sinergie, con le persone che credono in questo progetto. Stiamo definendo in questi giorni una collaborazione con un’altra società italiana che stampa su seta disegni di artisti italiani, una bella sfida”. Sembrerebbe, in fin dei conti, che cambiare lavoro non le abbia permesso di riposarsi di più e di stare più tempo a casa. Ce lo conferma: “Ho meno tempo per i miei figli, ma sono bambini più contenti, perché si sentono meno esclusi dalla vita della loro mamma, sono infatti ottimi modelli, creativi e i miei giudici più severi!” CHIARA SANTARELLI Luglio 2015 57 Imprenditoria inmmigrata A COLLOQUIO CON NATALE FORLANI, DIRETTORE GENERALE IMMIGRAZIONE E POLITICHE DI INTEGRAZIONE DEL MINISTERO DEL LAVORO Importante ponte culturale Quanto vale l’impresa nei processi di integrazione? Vale molto, sia in termini economici sia sociali. Se guardiamo in particolare la cosiddetta imprenditoria immigrata basta ricordare che questa contribuisce a circa l’8% del pil nazionale ed è destinata a crescere ulteriormente. Nel valore sociale rientra invece non solo l’integrazione in senso stretto, ma anche la capacità dei migranti di divenire soggetti proattivi della nostra società, mettendo a frutto le proprie idee e i propri talenti e diventando essi stessi dei testimonial dell’integrazione. Natale Forlani Quale è la percezione nei confronti di questo processo? È una consapevolezza crescente che è importante valorizzare e che acquisisce sempre maggiore visibilità economica rispetto ad altri paesi anche europei che hanno registrato questo fenomeno da 40-50 anni, e che oggi inizia ad avere una sua consistenza. Pertanto le potenzialità di crescita dell’imprenditoria immigrata sono ancora notevolissime. Va ricordato che anche la Commissione europea ha invitato i paesi membri alla promozione dell’integrazione attraverso l’imprenditorialità e la cultura d’impresa, creando le condizioni affinchè i migranti possano accedere facilmente alle informazioni utili per la realizzazione del proprio progetto d’impresa. Chi sono gli imprenditori immigrati? In genere sono persone arrivate nel nostro paese in condizioni di necessità e che nel tempo hanno acquisito competenze e sviluppato relazioni tali da accrescere il lavoro autonomo e imprese. Molti di loro cominciano nel promuovere i prodotti del loro Paese o a sostituire gli italiani nell’ambito dei mestieri che vengono trascurati dai nostri giovani. 58 Luglio 2015 Altri ancora hanno fatto un ulteriore salto di qualità inventando imprese che promuovono all’estero i prodotti italiani. Le stime ci dicono che sono quasi 600 mila i titolari stranieri di imprese iscritte alle camere di commercio del nostro paese. Si tratta tuttavia di un numero che raggruppa tipologie di imprese molto diverse fra loro. Possiamo ritenere che in realtà siano circa 150 mila quelle più strutturate e integrate con il nostro mondo imprenditoriale e che generano, a loro volta, nuovi occupati. Questi imprenditori hanno comunque , in particolare, un tratto comune, ovvero la capacità di legare le potenzialità del made in Italy con la loro conoscenza dei mercati esteri. In questo rappresentano un ponte culturale importante per il presente e per il futuro. Il nostro paese registra oggi un fenomeno di emigrazione di giovani italiani che vanno all’estero per trovare lavoro, mentre molti immigrati trovano successo nel nostro paese e realizzano progetti anche ambiziosi.... Negli ultimi venti anni, in coincidenza con l’aumento medio del livello di scolarizzazione, c’è stata una svalutazione culturale del lavoro manuale creando di fatto una significativa mancanza di turnover a livelli di operai specializzati e di lavoratori artigiani, con uno spazio lavorativo che sempre più viene lasciato a persone straniere. Anche attraverso questo fenomeno gli immigrati acquiscono know how ed esperienza che poi in alcuni casi sono fondamentali per creare la loro impresa. Questo fenomeno esiste anche negli altri paesi sviluppati, ma da noi ha assunto una dimensione a mio avviso eccessiva, e che deve far riflettere riguardo la validità del nostro sistema di orientamento al lavoro. Quali sono le potenzialità dell’imprenditoria immigrata nei prossimi anni? Ci sono potenzialità di crescita almeno doppie rispetto ad oggi. Va poi ricordato che il potenziale delle seconde generazioni – con ragazzi che si sono formati nel nostro paese e si sentono italiani a tutti gli effetti – è di fatto ancora inespresso, con un trend di crescita qualitativo e di integrazione che sarà molto importante. FRANCESCA DE SILVESTRI IMMIGRAZIONE E INTEGRAZIONE ATTRAVERSO L’IMPRENDITORIALITÀ DI QUANTI VENUTI DA ALTRI PAESI SCELGONO DI REALIZZARE IN ITALIA AZIENDE CHE HANNO UN TRATTO COMUNE, QUELLO DI LEGARE LE POTENZIALITÀ DEL MADE IN ITALY CON LA CONOSCENZA DEI MERCATI ESTERI. Luglio 2015 59 IL MAROCCHINO ABDERRAHIM NAJI È IL VINCITORE DEL MONEYGRAM AWARD 2015 L'altra faccia dell'immigrazione portano a svolgere i lavori più vari in diversi paesi europei. Nel 1989 raggiunge l’Italia e comincia a lavorare proprio per la CS Stampi, azienda che nel 1997 acquisterà dal proprietario italiano investendo la sua liquidazione, cui aggiungerà una serie di rate da pagare nel tempo. La CS Stampi, azienda che al momento dell’acquisto fatturava 250 milioni di vecchie lire e impiegava 4 persone, oggi è cresciuta a livelli esponenziali, occupa 38 addetti, grazie anche a investimenti mirati per macchinari innovativi e tecnologicamente avanzati, e nel 2014 ha registrato un fatturato di 6,6 milioni di euro, con una crescita del 38% del volume di vendite rispetto all’anno precedente e con una previsione di un fatturato di 10 milioni di euro per l’anno in corso, puntando al mercato nazionale ed estero. “Nonostante le difficoltà economiche che mi Si è conclusa lo scorso 25 giugno, con la cerimonia che si è svolta a Roma presso il Museo dell’Ara Pacis, la settima edizione del MoneyGram Award, il premio dedicato all’eccellenza dell’imprenditoria immigrata in Italia, cui Piccola Industria collabora sin dalla prima edizione del 2009. Quest’anno il vincitore assoluto è l’imprenditore di origine marocchina Abderrahim Naji, titolare della CS Stampi, azienda manifatturiera di Piazzola sul Brenta che si occupa dello stampaggio di materiale plastico e costruzione di stampi per l’industria automobilistica ed elettrodomestica. Una storia originale la sua. Classe 1967, a 22 anni lascia il Marocco e la sua famiglia di origine. Si reca inizialmente in Francia, dove intraprende studi di fisica che è costretto a interrompere per questioni economiche, poi inizia una lunga serie di peregrinazioni che lo 60 Luglio 2015 STORIE CORAGGIOSE DI UOMINI E DONNE VENUTI DA PAESI LONTANI CHE HANNO REALIZZATO IL LORO SOGNO IMPRENDITORIALE NEL NOSTRO PAESE. Abderrahim Naji Imprenditoria inmmigrata Luglio 2015 hanno spinto a lasciare il mio paese di origine, gli anni di grande sacrificio in fabbrica e un accesso al credito tutt’altro che agevole, in Italia ho trovato le condizioni per far nascere e prosperare la mia idea di impresa. Il MoneyGram Award, in quanto Premio all’Imprenditoria Immigrata in Italia, è testimonianza dell’apporto fornito dagli immigrati all’economia italiana, oltre che del fatto che fare impresa in questo paese è possibile, a dispetto della congiuntura economica sfavorevole” ha dichiarato Abderrahim Naji. Di storie di rivincita e di ingegno, di orgoglio, di riconoscenza e amore per il nostro paese hanno parlato anche gli altri 14 finalisti del Premio, titolari di imprese, per lo più pmi, attive nell’ambito della manifattura, del commercio, della ristorazione, della consulenza, dei servizi e della comunicazione. Fra queste ci sono anche quelle degli imprenditori cui sono stati assegnati i premi di categoria. A Damian Ranasinghe, imprenditore di origini cingalesi e fondatore della catena di ristoranti Soho Restaurant & Fish Work è stato attribuito il riconoscimento per la crescita dell’Occupazione; a Joanna Grunt, dalla Polonia, che insieme alla sua socia ha creato la boutique di bra fitting Pati Jò, è andato il premio per l’innovazione; ad Evelyne Sarah Afaawua, ventisettenne di origini ghanesi che è cresciuta nella provincia di Monza e Brianza, che nel 2014 ha creato Nappytalia, il primo portale in italiano sulla cura dei capelli Afro al naturale, il premio per l’imprenditoria giova- 61 nile; a Lenka Kosikova, giovane donna della repubblica ceca che vive in Italia da 20 anni, è andato il riconoscimento per la categoria crescita del profitto per il risultato raggiunto con la sua Kvetna 1794 che si occupa della produzione e della distribuzione di cristalleria di alta gamma anche per prestigiosi marchi italiani ed esteri; alla tunisina Sihem Zrelli il premio alla responsabilità sociale per la casa famiglia per anziani Villa Sihem che ha fondato nel 2013 ad Aprilia; Marco Wu, di origini cinesi e con accento romano, che dopo aver lavorato a lungo nell’attività di famiglia legata alla distribuzione di generi alimentari cinesi dal 2008 è titolare di una enoteca che esporta vini italiani, ha ricevuto il premio speciale per gli imprenditori immigrati di seconda generazione. Stefano Zapponini, che ha partecipato alla premiazione in rappresentanza di Piccola Industria, oltre a ribadire l’importanza e il valore che l’imprenditoria immigrata riveste per l’Italia sia in termini sociali che economici – con oltre 600 mila imprese operanti nel nostro paese, con un peso dell’8,3% sul totale delle imprese esistenti in Italia – ha sottolineato come in una logica di rappresentanza sia importante creare sempre maggiori sinergie e aperture, favorendo una interazione sempre più efficace. L’appuntamento è ora all’ottava edizione, per scoprire nuove storie di talenti, coraggio e ambizione, di imprenditori che vogliono essere protagonisti del Made in Italy e che rappresentano un ponte tra culture. (F.D.S.) Mercati esteri INTERVISTA A GIULIO SACCARDI, AMMINISTRATORE DELEGATO NUOVA BRUNENGO Ripartire da Dakar La Nuova Brunengo è una piccola impresa con sede a Genova specializzata nella progettazione, costruzione e manutenzione di impianti di elevazione industriale e civile. Fondata nel 1965, all’inizio degli anni Novanta viene rilevata da Guglielmo Saccardi, oggi consulente dell’azienda guidata dal figlio Giulio in qualità di amministratore delegato. Tredici i dipendenti e un milione e mezzo di euro l’attuale fatturato; numeri piccoli che tuttavia non hanno impedito a questa azienda di spiccare il volo all’estero, intessendo solide relazioni commerciali nel Nordafrica e in Libia in particolare. Con lo scoppio della guerra civile nel 2011 e la perdurante difficoltà dei governi provvisori nel ristabilire condizioni di sicurezza e stabilità per il paese, si è reso necessario volgere la sguardo altrove. E Giulio Saccardi oggi racconta come il Senegal sembri offrire all’azienda buone prospettive di sviluppo. Come nasce la decisione di investire in Senegal? L’ingegnere marocchino con il quale lavoravamo in Libia si trasferisce a Dakar segnalandoci che si stanno aprendo molte opportunità di lavoro nel campo dell’edilizia. Con lui, che può assicurare una presenza costante sul luogo, e insieme a un broker sudcoreano, che può occuparsi degli aspetti amministrativi e finanziari, decidiamo di costituire una società, la Hanil, in grado di proporsi come general contractor per la realizzazione di complessi edilizi che vanno dai centri commerciali agli alberghi a cinque stelle. Qual è esattamente il know how italiano che offrite? Grazie alla nostra attività abbiamo sviluppato relazioni con fornitori soprattutto di materiale edile. Dall’Italia pertanto porteremo rivestimenti e arredi, molto richiesti quando si parla delle rifiniture estetiche degli appartamenti. Per i materiali da costruzione, invece, utilizzeremo fornitori locali; tenga presente che il Senegal è un grande produttore di cemento. Al momento stiamo partecipando a un tender internazionale lanciato dal governo e relativo a un gruppo di edifici destinati a ospitare la sede del ministero della Difesa a Dakar. Il progetto prevede l’abbattimento e la ricostruzione di palazzi tra i 15 e 18 piani e per il quale abbiamo già contattato un’azienda italiana specializzata nelle implosioni di edifici. Di lavoro in prospettiva ce n’è molto, ma è fondamentale entrare con un progetto grosso per dimostrare l’affidabilità e la serietà del gruppo. In questi paesi funziona molto il passaparola e opportunità potrebbero aprirsi anche in Mali 62 Giulio Saccardi Luglio 2015 e in Ciad. Il Senegal resta uno snodo fondamentale, tutta l’area francofona infatti vi fa riferimento perché è l’unico paese dotato di porti adatti alla movimentazione delle merci. Qual è l’impressione complessiva? C’è tanta povertà, ma è un paese con una grande voglia di emergere. Ci sono anche molti imprenditori italiani attivi sul posto, in particolare nella pesca. E colgo l’occasione per sottolineare come la meccanica italiana sia sempre apprezzata all’estero. E invece, per quanto riguarda la Libia, ritiene la vostra esperienza conclusa? In Libia abbiamo lavorato per 15 anni: siamo partiti con una prima commessa per l’aeroporto di Tripoli dove abbiamo realizzato un bell’ascensore panoramico. Anche il quel caso l’input era stato chiaro: cercavano un’azienda affidabile, ma soprattutto italiana. Lo ribadisco perché credo che prendiamo coscienza di quanto vale il nostro made in Italy soltanto quando andiamo all’estero. Successivamente abbiamo cominciato a lavorare con ambasciate, supermercati, per poi approdare alle raffinerie petrolifere di Marsa al Brega. Oggi la nostra attività in Libia è in stand by, operiamo solo come fornitori in virtù di rapporti con i nostri partner che negli anni sono diventati degli amici. Ma la situazione è difficile SPINTA DALLA INSTABILITÀ IN LIBIA LA NUOVA BRUNENGO HA DECISO DI PUNTARE SUL SENEGAL, UN PAESE CON BUONE PROSPETTIVE DI SVILUPPO, NODO FONDAMENTALE NELL’AREA FRANCOFONA DEL NORD AFRICA. Luglio 2015 63 e non ci sono le condizioni per operare sul territorio in sicurezza. Quanto valeva per voi il mercato libico? Circa il 50% del fatturato. Motivo per il quale la chiusura di questo mercato ha significato mettersi intorno a un tavolo, ridurre gli sprechi, parlare con i collaboratori e invitare tutti a lavorare meglio e di più. Ma non abbiamo toccato un posto di lavoro. Oltre al Senegal quali altri paesi potrebbero interessarvi? Una volta aperto il mercato qui a Dakar, dove si è trasferito mio padre Guglielmo di 70 anni – “a farsi le ossa” gli dico scherzosamente – siamo interessati al Marocco, che con il Senegal ha ottimi rapporti, e alla Tunisia. Fondamentale è scegliere paesi che abbiano un orizzonte politico stabile per almeno i prossimi 10/15 anni. Per farlo consultiamo anche i report di Confindustria Assafrica e Mediterraneo. Credo però che per lavorare bene in Africa, specie quella subsahariana, sia necessario entrare nella loro cultura. I ritmi sono più lenti e anche le trattative seguono dinamiche del tutto diverse da quelle occidentali. Trasferire la nostra impostazione di lavoro qui sarebbe fallimentare. (S.T.) Innovarea Germogli per il futuro AD UN ANNO E MEZZO DAL SUO LANCIO E AVVIANDOSI VERSO LA PROPRIA CONCLUSIONE, COSA LASCIA IN EREDITÀ INNOVAREA? CARLO BAGNOLI, DOCENTE DI INNOVAZIONE STRATEGICA A CA’ FOSCARI E DIRETTORE SCIENTIFICO DEL PROGETTO, FA UN BILANCIO DELL’INIZIATIVA, PARTITA IN VENETO NELL’OTTOBRE 2013 PER SOSTENERE E PROMUOVERE UN NUOVO CONCETTO DI IMPRESA. “È stata prima di tutto una grande esperienza di amicizia tra persone ed istituzioni” spiega Carlo Bagnoli. “In questi mesi con Alberto Baban, presidente di Piccola Industria, e Isi Coppola, già assessore regionale per le pmi e l’innovazione, abbiamo consolidato il rapporto personale contribuendo ad avvicinare tra di loro istituzioni come Confindustria, Università Ca’ Foscari di Venezia e Regione del Veneto che troppo spesso stentano a fare sistema. In secondo luogo – continua Bagnoli – il nostro progetto lascerà molte realizzazioni concrete e pratiche a favore degli imprenditori veneti ed in prospettiva almeno di quelli italiani.” Il cuore del progetto è l’impresa “antifragile”, quella che negli anni della crisi – dal 2007 al 2012 – non solo è stata in grado di mantenere le proprie posizioni sul mercato ma è addirittura riuscita a migliorare la performance. Per Innovarea un’impresa di questo tipo può anche essere “significante” se cioè è capace di generare valore simultaneamente per se e per la società in cui opera. “Un’impresa che non solo sa valorizzare i beni privati ma sa anche vedere i beni relazionali e custodire i beni comuni in chiave di sostenibilità e sviluppo” dice ancora Bagnoli. Le realizzazioni concrete cui fa riferimento Bagnoli hanno tutte come scopo quello di generalizzare quanto più possibile le maggiori abilità delle imprese significanti al tessuto economico e sociale della Regione del Veneto prima e dell’intero paese poi. 64 LUGLIO 2015 Tra queste realizzazioni c’è sicuramente Trendlab, il primo portale gratuito e in italiano in grado di fornire informazioni e nuove idee rispetto al mondo dei trend (www.trendlab.innovarea.eu). Capire e anticipare le tendenze del futuro prossimo e a medio-lungo termine è un fattore chiave di successo che le imprese significanti hanno sicuramente saputo valorizzare. Ibm metterà poi a disposizione di Trendlab esperti e ricercatori nel campo dell’innovazione, le sue fonti d’informazione sui trend tecnologici globali, i suoi studi sull’industria del futuro e a fornire in icloud la piattaforma per l’accesso a tali contenuti. “Trendlab non vuole diventare l’ennesimo player nel settore bensì essere selezionatore, secondo una logica attenta di contenuto in linea con le esigenze della piccola e media industria, di “buone idee” da condividere. L’obiettivo è ispirare le piccole e medie aziende italiane – spiega Bagnoli – informando ma anche creando una cultura d’impresa legata ad un taglio molto concreto”. E proprio la capacità di “cavalcare” i trend ambientali più favorevoli, secondo una ricerca condotta da Marco Vedovato dell’Università Ca’ Foscari, è una delle principali caratteristiche che contribuiscono a spiegare le performance eccellenti delle imprese significanti. Questo però insieme ad alcune particolarità relative all’imprenditore. Quali? Secondo Fabrizio Gerli, direttore del Competency Centre di Ca’ Foscari, gli imprenditori più innovativi si contraddistinguono per il possesso di un insieme di soft skills legate alla capacità di gestire relazioni, di realizzare progetti con tenacia, di pensare fuori dagli schemi e di interrogarsi costantemente su cosa cambiare. Soprattutto però, una volta osservati i trend, è l’accoppiata pensiero strategico-pensiero diagnostico, cioè la capacità di capire lucidamente le cause e contemporaneamente definire una risposta strategica, a fare la differenza mettendo in grado l’imprenditore di riconoscere e sfruttare le opportunità fonti di potenziali business. IL PROGETTO IN NUMERI 1 milione di € il finanziamento da parte di Regione del Veneto 2 osservatori permanenti 1.329 imprese performanti di cui 500 imprese “antifragili” e 100 “significanti” 51 analisti, ricercatori e docenti gli studiosi coinvolti 9 eventi per un totale di oltre 1.400 imprenditori partecipanti 1 Master in Digital & Design Strategy Innovation nel 2016 Ma gli imprenditori-innovatori e le imprese significanti sanno anche usare bene il denaro, cioè selezionare gli impieghi per concentrare gli investimenti dove c’è capacità di remunerare i rischi d’impresa – come ha messo in luce Giorgio Bertinetti che a Ca’ Foscari insegna finanza aziendale – e internazionalizzare incarnandosi nella cultura locale. Passando cioè dal “fare” all’ “essere” internazionali secondo una dinamica che gli studiosi Andrea Pontiggia e Tiziano Vescovi chiamano di mirroring e mirroring-back. Ma il processo di disseminazione dei risultati di Innovarea, oltreché sulle pubblicazioni su quali altri strumenti potrà contare? “Nel 2016 inizieranno le lezioni di un nuovo Master, in Digital & Design Strategy Innovation, voluto da Ca’ Foscari e Ibm principalmente, proprio per trasmettere ai decisori aziendali molte delle conoscenze acquisite grazie ad Innovarea. Gli insegnamenti vogliono mettere insieme contenuti di tipo tecnico e di tipo umanistico secondo il credo di Innovarea: che il nuovo Rinascimento italiano è l’Impresa” conclude Bagnoli. Carlo Bagnoli FABIO POLES LUGLIO 2015 65 Turismo ACCRESCERE LA CAPACITÀ DI PROMOZIONE DEL NOSTRO STRAORDINARIO PATRIMONIO CULTURALE. Destinazione Italia di Vito Ruggieri Fazzi, Delegato Piccola Industria per turismo e beni culturali Ovunque nel mondo c’è gente che sogna di trascorrere una vacanza in Italia o di tornarci ancora. Il nostro straordinario e variegato patrimonio culturale diffuso sull’intero territorio nazionale, fatto di storia e tradizioni, monumenti, musei, teatri, siti archeologici, palazzi, paesaggi, eventi, itinerari religiosi, rappresenta un elemento identitario forte e altamente distintivo e ci rende un paese interessante per persone anche molto diverse fra loro. Tale diversità alimenta anche un interesse fra turisti italiani che, viaggiando fra le città e le regioni, possono scoprire ogni volta un paese diverso. Ma sfruttiamo a pieno questa opportunità? La domanda è retorica e alimenta numerosi dibattiti, ma si tratta di una questione che come sistema paese dobbiamo continuare a porci e alla quale dobbiamo sforzarci di trovare sempre nuove risposte. L’obiettivo è fare in modo che attorno all’esperienza di chi soggiorna in Italia, per turismo o per lavoro, si sviluppi la capacità di creare filiere e contesti ampi, facendogli vivere un’esperienza a 360 gradi. In questo percorso rientrano tutti i settori del nostro made in Italy, anche quelli apparentemente più lontani dal segmento turistico. Le nostre imprese sono testimonial eccellenti della cultura italiana, di cui sono al tempo stesso anche protagoniste e promotrici. Si tratta di un rapporto bi-direzionale, un dare-avere che merita visibilità e che va sostenuto. Secondo l’ultimo rapporto Symbola, nel biennio 2012-2014 le imprese che hanno investito in creatività, e dunque in cultura, hanno visto crescere il proprio fatturato del 3,2% e hanno registrato un incremento dell’export del 4,3%. Questo dato ci conferma che anche attraverso la cultura passano le logiche della crescita e dell’internazionalizzazione delle nostre aziende. Va dunque rafforzato il binomio turismo-cultura, facendo rientrare in esso non soltanto ciò che appartiene per definizione a questi due ambiti della nostra economia, ma utilizzandolo piuttosto come volano di sviluppo anche di altri settori. Si tratta di costruire circuiti virtuosi su cui distribuire quell’effetto moltiplicatore che può derivare dalla specificità di un evento o di un luogo. Sempre lo stesso rapporto Symbola ha stimato che per ogni euro prodotto dalla cultura se ne attivano 1,7 in altri settori. Un effetto moltiplicatore che non possiamo sottovalutare. Molti sono gli ambiti su cui possiamo e dobbiamo lavorare e in cui le nostre pmi possono giocare un 66 LUGLIO 2015 ruolo importante: una gestione efficiente di tutti gli elementi di cui si compone il nostro patrimonio, anche attraverso forme innovative di partenariato pubblico-privato. Un rafforzamento della rete dei servizi turistici per una facile fruizione dei vari siti e una interconnessione fra diverse realtà territoriali secondo logiche di integrazione sistemica (reti, percorsi, itinerari, temi), una formazione tecnica e manageriale con focus specifico alla promozione di sistemi integrati e alternativi che consentano di pensare ad un’offerta quanto più esaustiva, il coinvolgimento e l’emersione di imprese che sappiano liberare le energie e l’entusiasmo di nuove generazioni di imprenditori, il rafforzamento della capacità del patrimonio culturale italiano di essere promosso sui circuiti e i mercati internazionali non soltanto per il tramite dei grandi attrattori culturali ma anche attraverso la messa in rete e l’adeguata promozione dell’immenso e diffuso patrimonio “nascosto” che caratterizza l’Italia. E forse questo lavoro sinergico e condiviso di riscoperta e valorizzazione della nostra cultura, delle nostre bellezze, delle nostre tradizioni, del nostro saper fare ci aiuterebbe ad accrescere il nostro orgoglio di mostrare al mondo la voglia di Italia. Con questa convinzione Piccola Industria Confindustria intende riunire un gruppo di imprenditori ed esperti per promuovere un progetto pilota su specifiche aree del nostro paese che possa sperimentare come un bene del nostro patrimonio possa diventare un volano attorno al quale sviluppare iniziative di promozione e di rilancio di un territorio. Desidero ringraziare intanto, oltre alla struttura di Piccola Industria, l’interesse costruttivo della presidente della Piccola Industria di Latina Angela Visca che da subito mi ha affiancato in questo progetto e il professor Pierfelice Rosato dell’Università del Salento che si è messo a disposizione per supportarci, oltre ad alcuni rappresentanti del Fai – Fondo Ambiente Italiano con il quale abbiamo avuto primi contatti e ci siamo confrontati su alcune idee da sviluppare. Vito Ruggieri Fazzi PICCOLA INDUSTRIA CONFINDUSTRIA INTENDE PROMUOVERE UN PROGETTO PILOTA PER SPERIMENTARE COME UN BENE DEL NOSTRO PATRIMONIO POSSA DIVENTARE UN VOLANO INTORNO AL QUALE SVILUPPARE INIZIATIVE DI PROMOZIONE DI UN TERRITORIO. LUGLIO 2015 67 Letteratura d ' impresa Se uno scrittore ragiona sulla coltivazione del riso Del vincitore del premio Campiello 2015 alla carriera Sebastiano Vassalli, uno dei maggiori scrittori italiani contemporanei, autore del romanzo La Chimera tra i più ristampati e tradotti negli ultimi vent’anni, balzato agli onori della cronaca per la recente candidatura ufficiale al premio Nobel per la letteratura, pubblichiamo un articolo legato a uno dei temi di Expo Milano 2015: la coltivazione industriale del riso che ha lontane origini, in quei luoghi da lui definiti terre selvagge nel suo romanzo in cui narra la battaglia dei Campi Raudii del 101 a.C. che cambiò la storia. Sebastiano Vassalli Pare che la superficie coltivata a riso nella pianura del Po tenda a ridursi a beneficio di altre coltivazioni; e ciò proprio mentre i mercati europei e internazionali richiedono più riso. Confesso che questa notizia mi trova stupito e incredulo. Da quando è iniziata in Lombardia e poi anche in Piemonte, cioè da un po’ più di cinquecento anni, la coltivazione del riso non ha avuto altre ragioni che quelle economiche. Sono le ragioni economiche che le hanno permesso di attecchire e di prevalere sulle culture preesistenti, modificando il paesaggio e il clima e imponendo condizioni di vita che nei primi secoli non dovettero certamente essere piacevoli. Per quasi trecento anni, prima che l’evoluzione dei costumi rendesse tollerato e possibile il lavoro femminile delle mondariso, i lavoratori delle risaie: i “risaroli”, come vengono chiamati nei documenti più antichi, furono di fatto degli schiavi reclutati tra i disgraziati della terra, per lavorare nelle risaie dove spesso morivano a causa delle febbri malariche. Nonostante ciò, e nonostante le “gride” dei governatori spagnoli che vietavano la semina del riso per tre miglia intorno ai centri abitati, cioè in pratica dappertutto, la coltivazione del prezioso cereale non solo non è mai venuta a cessare e non si è mai ridotta, ma nelle sue zone storiche: la “bassa” vercellese, quella novarese e la Lomellina, è diventata una monocoltura già in epoche antiche. Cinquant’anni fa, ai tempi del cosiddetto “miracolo economico”, la coltivazione del riso si è poi allargata in modo eccessivo, e in Piemonte ha finito per occupare tutte le superfici pianeggianti. In seguito ad alcune circostanze favorevoli: la meccanizzazione dell’agricoltura, l’introduzione dei diserbanti e pesticidi chimici ma soprattutto in seguito all’apertura del mercato europeo, le risaie sono dilagate ben fuori dalle loro zone tradizionali. Hanno oltrepassato il Po, 68 nella provincia di Alessandria; si sono spinte fino alle porte di Biella, superando i dislivelli del terreno collinare con una serie ininterrotta di terrazze; sono arrivate, ad Ovest, a lambire la provincia di Torino. Tutto ciò ha creato dei problemi, dovuti alla scarsità dell’acqua: la pianura del riso si allargava e l’acqua diminuiva. Per ovviare a questo inconveniente si stanno sperimentando nuove tecniche di coltivazione, che richiedono meno acqua. Dal punto di vista ambientale, una riduzione complessiva del terreno coltivato a riso e un ritorno, almeno parziale, a tipi di culture non acquatiche non costituisce certamente un fatto negativo. La negatività è solo economica. Ed è sorprendente, se davvero si tratta di ravvedimento, l’attuale ravvedimento degli agricoltori: che non arretrarono mai in passato, nemmeno di fronte alle febbri malariche dei loro congiunti, alle morie dei “risaroli”, alle “gride” dei governatori spagnoli, e ora arretrano spaventati da un poco di siccità. Nonostante la domanda del mercato stia crescendo, e stiano crescendo le prospettive di guadagno. Ma, forse, all’origine di questa situazione ci sono delle ragioni che mi sfuggono, e che determinano dei comportamenti altrimenti inspiegabili. Chissà! Staremo a vedere che cosa cambierà. SEBASTIANO VASSALLI Luglio 2015 UNA PAGINA D’AUTORE “Non ci sono riusciti i Cimbri e i Teutoni e non ci sono riusciti neppure i loro parenti prossimi, i tedeschi guidati da un uomo che, come il cimbro Boiorigene, doveva portare alla rovina il suo stesso popolo. Ora che tutte le sue guerre sono state combattute; e tutte le sue terre fertili sono state divise e coltivate, e che tutte le sue foreste a sud della Alpi sono state bruciate per fare carbone, l’Europa potrà tornare a essere il centro del mondo se riuscirà ad accordare tra loro le sue molte anime, come si accordano gli strumenti in orchestra perché suonino tutti insieme una sola musica. La musica del futuro”. (tratto dal romanzo Terre selvagge) Terre selvagge di Sebastiano Vassalli Rizzoli pp. 304 - € 18,00 Food strategy e multifunzionalità nella filiera corta del riso Imprenditorialità. Futuro del lavoro. Percorsi di formazione di Laura Angela Ceriotti Interlinea pp. 208 - € 18,00 di Emilio Paccioretti FrancoAngeli pp. 141 - € 18,00 “Una forma di sopravvivenza per le aziende familiari e una risposta alle esigenze di consumatori sempre più attenti alla qualità e alla provenienza dei prodotti”: così spiega le filiere corte nel sistema agroalimentare italiano l’autrice di Food strategy evidenziando molti elementi di interesse sociale, economico e territoriale nel “caso riso” del Piemonte Orientale al confine con la Lombardia, con nuove prospettive di “multifunzionalità” attraverso la tutela delle terre coltivate, dei prodotti locali, dei servizi annessi come ristorazione o residenzialità. Una nuova frontiera imprenditoriale riscoperta in occasione di Expo. “Un tuffo nell’idea della società del futuro, del capitalismo moderno”. Così, nella sua prefazione, Vincenzo Boccia, presidente Comitato tecnico credito Confindustria, invita alla lettura di questo volume che “ci fa comprendere come si ‘costruisce’ un ceto responsabile di un paese, quali ‘fondamentali’ occorrono per governare istituzioni complesse come le imprese, ma suggerisce soprattutto, come coltivare e tenere alta l’attenzione alla ‘passione’ e all’imprenditorialità”. Riflessioni che si arricchiscono di testimonianze concrete per tracciare possibili percorsi formativi di quella che è destinata a diventare la “professione” del domani. Luglio 2015 69 A COLLOQUIO CON DIEGO MINGARELLI, PRESIDENTE PICCOLA INDUSTRIA MARCHE Crescita e competitività, lavori in corso NUMERI IN CRESCITA ESPONENZIALE PER LA SECONDA EDIZIONE DI MARKETPLACEDAY, UN’INIZIATIVA PROMOSSA A JESI DA CONFINDUSTRIA ANCONA E DALLA PICCOLA INDUSTRIA DI CONFINDUSTRIA MARCHE. Si è recentemente concluso il primo grande evento da presidente della Piccola delle Marche. Qual è il bilancio di questa manifestazione da lei fortemente voluta? È un bilancio estremamente positivo! All’edizione 2015 hanno partecipato oltre 250 imprese, 30 startup, 10 istituti di credito, 15 delegazioni estere. Abbiamo dato vita ad un vero e proprio “mercato” con 330 desk, luogo di incontro, di scambio, di conoscenza, di relazioni, di opportunità, di business, tra imprese piccole e grandi, manifatturiere e di servizi, marchigiane e di fuori regione. Sono convinto, infatti, che quando fai incontrare e confrontare insieme più imprenditori, qualcosa di positivo nasca sempre. Penso già al 2016: per il prossimo anno dobbiamo lavorare per fare in modo di allargare ulteriormente la platea di imprese da coinvolgere raggiungendo ogni angolo della regione e non solo. Quali sono state le novità di MarketplaceDAY 2015? Quest’anno abbiamo concentrato le attività del nostro evento su innovazione e internazionalizzazione. Solo le imprese che continuano ad investire in innovazione e ricerca e nella formazione dei propri dipendenti, possono crescere e avere le capacità per conquistarsi spazi nel mercato globale. I mercati internazionali, infatti, sono sempre più esigenti e chiedono prodotti sempre più di qualità, che incorporino efficienza, design, bellezza e che siano seguiti anche con servizi di supporto. Su questi temi abbiamo organizzato numerosi seminari che hanno riguardato le applicazioni industriali, la nanotecnologia al plasma, le micro-nano tecnologie e materiali avanzati per l’innovazione industriale, i prodotti utilizzati sulla stazione spaziale internazionale. 70 Luglio 2015 Quali sono stati gli argomenti al centro di questi eventi? Abbiamo parlato di Fab.Lab e cioè di spazi aperti che nascono per portare la Digital Fabrication e la cultura Open Source in un luogo fisico dove macchine, idee, persone, nuove tecnologie si possono mescolare liberamente. L’Economist li ha definiti i protagonisti della “Terza Rivoluzione Industriale”, un nuovo modo di produrre in digitale e attraverso strumenti di ultima generazione come stampanti 3D, taglierini laser, fresatrici a controllo numerico. Grazie al Laboratorio MIST-ER di Ricerca Industriale e Trasferimento Tecnologico della Rete Alta Tecnologia della Regione Emilia-Romagna abbiamo scoperto il grafene, le sue caratteristiche, le applicazioni tecnologiche e le prospettive di questo materiale per le aziende manifatturiere. Anche le nanotecnologie hanno trovato il loro spazio e sono state mostrate tutte le loro potenziali applicazioni, dal tessile all’attrezzatura sportiva fino a biomedicale, packaging, automotive e abbattimento degli inquinanti. Le nanotecnologie sviluppate all’ Environment Park di Torino non hanno quasi confini e sono applicabili a settori trasversali per rendere la produzione industriale più efficiente sotto il profilo ambientale e più competitiva in termini di mercato. Abbiamo potuto assaggiare i cibi degli astronauti grazie alla presenza di Argotec, un’azienda ingegneristica aerospaziale italiana, che nei suoi laboratori ha ideato e sviluppato numerosi prodotti utilizzati sulla Stazione Spaziale Internazionale ma in grado di avere anche un ritorno immediato sulla Terra. Nello Space Food Lab, sono stati sviluppati i piatti di Luca Parmitano, Alexander Gerst e Samantha Cristoforetti. I prodotti all’avanguardia di Argotec sono disponibili anche sulla Terra e sono particolarmente adatti per coloro che vogliono alimentarsi in modo sano, gustoso e completo. Diego Mingarelli Baltiche e Paesi Scandinavi. Abbiamo ospitato anche diverse delegazioni istituzionali, dalla Bulgaria, dalla Serbia e dalla Romania, oltre che rappresentanti della Camera di Commercio Italo-araba e Italo-tedesca e di Confindustria Assafrica e Mediterraneo che hanno dato vita, nel corso dell’intera giornata, a seminari nei quali si sono approfondite le opportunità offerte da ogni area geografica e le normative dei vari paesi. Le imprese partecipanti hanno avuto inoltre la possibilità di conoscere e dialogare con Bonifacio García Porras, head of Unit “Innovation Policy for Growth” della Commissione Europea. Uno spazio importante è stato dedicato anche al sistema bancario. Quanto conta per le imprese un miglior accesso al credito? Il contesto economico ancora difficile, richiede un’accelerazione degli sforzi comuni, di istituzioni, parti sociali, istituti di credito, università, per trovare vie convergenti per puntare alla crescita. L’imprenditore, da solo, non può fare tutto. Al suo fianco oltre alle istituzioni ci deve essere il sistema bancario. In poche parole, ci deve essere il sistema paese ad accompagnarlo e a sostenerlo perché così fanno gli altri. Per questo abbiamo invitato i vertici territoriali di 10 Istituti di Credito, per consentire alle imprese di confrontarsi con il mondo della finanza, rafforzare le relazioni, moltiplicare le occasioni di cooperazione e di sviluppo, per trovare le risorse indispensabili per la loro crescita. > E per quanto riguarda i mercati esteri? Nell’area internazionalizzazione abbiamo potuto contare sulla presenza di buyer del mondo dell’habitat e del settore metalmeccanico provenienti da molti paesi: Regno Unito, Germania, Romania, Albania, Repubbliche 71 Dal territorio Dal territorio Molte le startup presenti. Che cosa pensa del progetto AdottUp di Confindustria? Mi ha fatto molto piacere che il vice presidente Alvise Biffi abbia accettato il nostro invito ad illustrare il programma di Piccola Industria di Confindustria. Con AdottUp si intende promuovere la conoscenza fra startup e pmi favorendone l’adozione. Per le startup, farsi adottare da una pmi, può essere un modo per sperimentare la propria idea in un contesto solido e collaudato come quello d’azienda, trovare spazi o usufruire di servizi esistenti, condividere reti e canali commerciali anche internazionali, poter contare su conoscenze e competenze manageriali, nonché su eventuali supporti finanziari. Per le pmi può rappresentare un’opportunità per accelerare l’innovazione, investire in R&D per vie esterne, migliorare prodotti e processi produttivi o diversificare l’attività. Quali sono i suoi progetti per la Piccola Industria delle Marche? La Piccola Industria ha davanti a sé delle sfide epocali. Veniamo da tanti, troppi anni di difficoltà ma le imprese piccole e medie marchigiane hanno tutte le carte in regola per continuare a essere protagoniste del futuro della nostra regione. Sono loro l’anima delle Marche e dell’Italia e, se adeguatamente aiutate, possono contribuire allo sviluppo del territorio. Su questo Confindustria ha un ruolo fondamentale e noi di Piccola Industria faremo di tutto per assicurare che la nuova Confindustria Regionale sia vicina alle imprese che ne hanno bisogno. Lavoreremo su 4 punti: sviluppo di partnership, internazionalizzazione, innovazione e finanza. Utilizzeremo il forte network della nostra associazione per renderci facilitatori della nascita di partnership a tutti i livelli, tra le imprese, con le università, con le istituzioni. Lavoreremo su azioni concrete per far cogliere alle nostre imprese le incredibili opportunità che ci sono a livello mondiale, grazie alla crescita della domanda internazionale e all’indebolimento dell’Euro. Ci impegneremo per far conoscere le innovazioni che possono rendere competitivi i nostri prodotti. E sul fronte finanza aiuteremo le nostre imprese a intercettare le opportunità dai cambiamenti in atto, derivanti dal Quantitative Easing e dalla normativa sulle pmi innovative. C’è davvero tanto lavoro da fare ma la squadra della Piccola Industria delle Marche è unita e motivata e sono sicuro che riuscirà a raggiungere l’obiettivo più importante per le nostre imprese: tornare a crescere perché con loro cresce l’intero paese. GLORIA CIARPELLA 72 Luglio 2015 Nei 40 anni dalla fondazione abbiamo migliorato i nostri prodotti puntando su ricerca, innovazione e affidabilità, e oggi siamo apprezzati in 160 Paesi. Abbiamo condiviso i nostri successi con i nostri dipendenti, i clienti e i fornitori, festeggiando i traguardi raggiunti e rinnovando l’impegno di far crescere non solo l’azienda, ma anche il territorio e il nostro impegno sociale verso i popoli più disagiati. E al termine di un 2014 da incorniciare, per la sesta volta in nove anni, Databank ha attribuito alla Pedrollo il premio “Company to watch” come miglior azienda del settore elettropompe in Italia per i risultati raggiunti, la spinta all’innovazione e le prospettive di crescita. La Pedrollo si distingue tra i concorrenti per la vasta gamma di prodotti, l’automazione del processo produttivo e la consolidata presenza internazionale. Solo il bello del lavoro. Il resto lasciatelo a Inaz. Ai suoi strumenti per la gestione delle risorse umane, l’amministrazione del personale, l’analisi dei costi HR. In tutti i campi: dalle aziende agricole alle multinazionali, dalla grande distribuzione agli enti pubblici. Per liberare l’energia delle persone, www.inaz.it Human Energy