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Rassegna stampa dai mass media regionali
Anno II° - n. 11 Novembre 2006
Euro 1,55
L’impressione che se ne trae è che i
piatti della bilancia della Giustizia si
siano fortemente sbilanciati!
Voci dal Sud
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Anno II° nr. 11 Novembre 2006
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Voci dal Sud
... ai quattro venti
Periodico indipendente di Attualità, Storia
e Cultura
Rassegna stampa dai mass media regionali
Reg. Tribunale di Palmi
nr. 01/05 (fasc. 183/05) del 28/4/2005-2/05/2005
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pag. 4 - Editoriale: Libertà a senso unico
pag. 5 - Le donne emancipate non solo sotto le lenzuola
pag. 6 - «E’ stato uno sbaglio, questa sentenza sarà seppellita con ignominia». La Cassazione fa marcia
indietro
pag. 7 - Due Comuni “adottano” l’ex cartiera per ospitare gli extracomunitari
pag. 8 - Si progetta lo “sbarco” dei rifiuti campani a Gioia Tauro
pag 9 - Quel gigante che sbuffa veleni - Dalle canne fumarie dell’inceneritore una nuvola nera invade
la Piana. Guasto o routine?
pag. 10 - “Scusate, non ne sapevo nulla!”
pag. 11 - Indulto, quando la legge non è uguale per tutti
pag. 12 - Drogra, tamponi rubati, parlamentari coinvolti - E’ scandalo, ma perchè?
pag. 14 - Lisa Caputo, una figlia oltre le nuvole
pag. 16 - Il gatto? Vada nel portabagagli! (storia di ordinaria inciviltà)
pag. 17 - Rosarno , treni e stazione ferroviaria - ancora successi
pag. 18 - Calabria, ancora “buonasanità”!
pag.19 - Buonasanità: «E’ finito nella Piana il mio lungo calvario»
pag. 20 - E’ la radio, la più amata !
pag. 21 - Chiusura delle giornate micologiche
pag. 22 - Anche in Calabria arriva il “satanismo”!
pag. 22 - Riti blasfemi e messe nere nei cimiteri
pag. 24 - Hemingway: Foschi i suoi trascorsi di guerra?
pag. 25 - Programmi e prospettive per i beni culturali ed archeologici del comune di Rosarno
pag. 26 - I siti archeologici di Oppido Mamertina e le loro grandi potenzialità
pag. 28 - Avvistato un “ufo” nella Valle dei Templi
Agricoltura
pag. 29 - Il regno degli olivi piu’ grandi del mondo
pag. 31 - Tratta di ulivi secolari estirpati al sud e trapiantati “ornamentali” al nord
pag. 32 - Nasce in Calabria l’ Associazione Coltivatori Uliveti Storici (A.C.U.S.)
pag. 33 - Gestione della “metcalfa pruinosa“ negli oliveti della Calabria
Il Cafè degli amanti pag. 35 - Gaetano Grillea - Un poeta in vernacolo
pag. 36 - Mimmo Cannizzaro mette nel carniere dei suoi successi anche un Premio Europeo
pag. 37 - Sono morta
pag. 39 - Come...quando...fuori...piove... (racconto scritto a molte mani)
pag. 43 - “O NONNO “
Vignettopoli
pag. 44 - Si è spenta la voce della nostra coscienza : Oriana
pag. 45 - “MA ADESSO IO” COMPIE DIECI ANNI
pag. 46 - Pedofilia? no grazie!
pag. 47 - QUESTI NOSTRI…”FANTASMI”
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Editoriale
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Libertà a senso unico
Franz Rodi-Morabito
Voglio tornare sull’argomento “Libertà” che sembra essere appannaggio di alcuni e
preclusa ad altri.
E’ di questi giorni la virulenta polemica fra il mondo musulmano ed il Papa che in un
suo discorso tenuto in Germania, ha pronucniato parole che a suo intendimento erano di
pace e fratellanza fra i popoli e le religioni, mentre è stato interpretato (quanto
capziosamente?) in maniera diversa da una parte del mondo islamico.
Io non voglio entrare nel nocciolo della faccenda, ma solo operare alcune considerazioni di base.
Purtroppo quasi tutti i giorni ci giunge notizia di una Chiesa Cristiana profanata, di un Sacerdote
trucidato anche sull’altare mentre celebra Messa, di Suore violentate e/o uccise.
Assistiamo così a qualche manifestazione verbale di dissenso, a qualche articolo di disappunto, a
qualche flebile protesta del mondo occidentale.
Succede poi che qualche sciocco disegni vignette contro Maometto, che qualche imponderato le
indossi e le esibisca, che qualcuno “scopra” che fra gli affreschi di una Chiesa una figura che
“potrebbe” essere allusiva in maniera negativa.
Immediatamente scattano le reazioni virulente e feroci da parte di alcune frange che si scatenano
procurando distruzione e morte, anche di persone incolevoli o, perlomeno, colpevoli solamente di
professare la Religione Cristiana.
A questo punto ci si attenderebbe che qualcuno alzasse la propria voce per far sentire il proprio
dissenso (non con violenza perchè mai violenza ha portato alla pace), per difendere il proprio
diritto inconfutabile di credere in qualcosa di diverso da ciò che credono gli islamici (con pieno
diritto e meritandosi rispetto).
La domanda che ci poniamo è perchè il mondo occidentale è appecoronato nei confronti del
mondo orientale? Perchè nessuno osa far notare che mentre in occidente si fanno costruire le Moschee nei loro Paesi la Chiesa Cristiana è in condizione di semi clanestinità, o, perlomeno, in
sommessa esistenza?
Qualcuno sul forum di ViviCentro, nostro gemellato, ha avanzata l’idea che avendo l’occidente
investito ingenti somme in quei paesi, si tema di mettere a repentaglio le somme e gli impianti colà
realizzati.
Ma questo sarebbe un difendere gli interessi nazionali e continentali (Europa) oppure i propri
interessi?
Io non sono un competente della materia, ma mi sembra che il Papa, ammesso che abbia sbagliato
(forse avrebbe dovuto essere un poco più prudente e/o chiaro?) ha chiarito il significato del suo
discorso, ha anche invitato i rappresentanti del mondo islamico a Castelgrandolfo per chiarire di
persona, senza affidarsi ad intermediari, e per rinnovare il messaggio di unione e di pacifica convivenza dei vari Credo.
Tuttavia, sembra, che la cosa non abbia calmato gli animi, non abbia pienamente soddisfatto gli
interlocutori, non abbia in fin dei conti portato a casa il risultato sperato.
Chiedono a gran voce che il Papa chieda pubblicamente scusa, che si genufletta, che si umili!
Non mi pare di ricordare che un Capo di stato ci abbia mai chiesto scusa umiliandosi e sottomettendosi moralmente per un qualche evento avvenuto contro di noi (ultima la sortita di Puschin!).
Ed allora il dubbio nasce imperioso ... non sarà lana caprina? non stiamo assistendo alla versione
moderna della favola “Il lupo e l’agnello”?
Ma perchè noi dovremmo assumere il ruolo di agnelli e gli altri di lupi? questo è un interrogativo
che meriterebbe risposta da parte dei Capi islamici e musulmani.
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Il dubbio: siamo nel 2006 oppure nel 1006?
Le donne emancipate
non solo sotto le lenzuola
La risposta di Angela Di Rienzo, Commissaria Pari Opportunità della
Provincia di Vibo Valentia
fromor
Sarà la nostra età che purtroppo non è più verde, sarà il fatto che nella nostra vita ci siamo imbattuti, incontrati e
scontrati con mille situazioni, mille teorie le più disparate ed assurde, ma non riusciamo a “scandalizzarci” più per
niente, o quasi niente!
Abbiamo perso, purtroppo, il sano gusto di indignarci e di scandalizzarci per discorsi strampalati e consideriamo
questo nuovo nostro “status” un impoverimento del nostro spirito.
Tuttavia, e con enorme nostra meraviglia (e piacere ritrovato), abbiamo letto su “Il Quotidiano”, prestigioso giornale regionale, una lettera in risposta all’avv. Calvetta, da parte di Angela Di Rienzo, che ci ha fatto sussultare e
ritrovare il dolce sapore della meraviglia come una volta spesso ci capitava.
Tuttavia ci è sorto l’atroce dubbio che, per un errore di datazione, noi non siamo in pieno anno 2006, bensì nel
1006 ... quando ancora “le donne avevano la coda” ! Ve la riportiamo integralmente sperando di farvi sussultare ed
augurandoci che l’articolo de hoc sia stato mal espresso dallo stesore avv. Calvetta, cui la Di Rienzo allude, altrimenti
avremmo ben poco per essere felici di essere uomini dal momento che per noi umini il tempo si è fermato al 1000!
“Apprezzo molto l’idea della collaborazione con il
Quotidiano dell’avv. Domenico Calvetta, che pure stimo molto. Ed è proprio in sintonia con questa manifestazione di stima che ritengo doveroso esprimere le sensazioni che a me sono derivate dalla lettura del suo
articolo. Non potrei incontrarlo e non avergli prima
manifestato tutto il mio disappunto per ciò che ho letto. Rispetto molto, infatti, la libertà di pensiero e di
espressione ma rispetto in maniera altrettanto estrema
il tumulto impetuoso che mi pervade allorché dissento
dalle modalità di trattazione di alcuni temi a me molto
vicini, nei quali credo molto e per i quali milioni di donne hanno combattuto. Scrivo, pertanto, di getto, solo
per dare voce ad un cuore e ad una mente, i miei, che
non condividono l’esaltazione di questo “nuovo ed impetuoso vento dell’est” che, per dirla con le stesse parole dell’estensore dell’intervento, “spazza via le scorie
di una mentalità obsoleta”. L’espressione mi offende,
mi umilia e nel contempo mi indigna, ritenendo che la
mentalità mia e di quella della quasi totalità delle donne
calabresi sia ben lungi dal potersi ritenere obsoleta,
meritevole di spiacevoli e negative qualificazioni per
il sol fatto (ciò è quello che dalla riflessione si evince)
di non abbandonarsi indifferentemente alle più variegate relazioni sessuali, magari anche con uomini sposati. Nè ritengo che l’emancipazione femminile sia da
ricongiungersi, così semplicisticamente, all’esigenza di
“pensare, di comportarsi e di essere considerate come
un uomo”: e ciò, soprattutto e/o esclusivamente in campo sessuale, visto l’unico argomento e le uniche allusioni trattate in articolo. Ciò che abbiamo sempre
auspicato e sempre continueremo a perseguire è che,
nel rispetto dell’identità femminile e della diversità dei
sessi, vi siano per le donne le stesse condizioni costituzionali, giuridiche, sociali, etiche che vi sono per gli
uomini e che tutti gli aspetti del vivere associato siano
caratterizzati da assenza di subalternità e dipendenza
in capo al genere femminile. Questo è ciò che vogliamo
e non certo “poter pensare come gli uomini” e come gli
uomini poter farfalleggiare, utilizzando la nostra
sessualità anche a scapito di altre donne, mogli, compagne e figlie di famiglia. Non è trovare amanti a piè
sospinto, sposati e non, che costituisce obiettivo della
emancipazione femminile e fa di chi, come me, come noi
donne calabresi che a ciò non ci abbandoniamo, donne
dalla “mentalità obsoleta”, donne a Tuo dire “ancora
frenate ed inibite da fattori religiosi, sociali e familiari”, donne non emancipate, al contrario di quelle dell’est. E mi offende che Tu abbia mutuato la sintesi del
Tuo discorso, dalla nota comune delle risposte delle
donne dell’ est: loro hanno riferito, a Tuo dire, che le
donne italiane”..... fanno tutto quello che facciamo noi,
ma di nascosto....”. alludendo, evidentemente, a relazioni poco sbandierabili per la sussistenza di contemporanei legami affettivi; Tu, dal canto Tuo, sintetizzi il
quadro rappresentato dicendo che esiste un’emancipazione alla luce del sole (donne dell’est), ed un’emancipazione esercitata nell’ombra (donne calabresi), così
confermando che per Te emancipazione significa solo
spupazzamento sessuale ed indistinto, quello che noi,
donne calabresi, eserciteremmo sì, ma nell’ombra, per
via dei retaggi culturali che, appunto, non ci consentono di adeguatamente emanciparci, stando al passo con
le donne dell’Est. Spero, avv. Calvetta., di aver travisato il Tuo articolo, di non aver attribuito ad esso - per
mio limite - il significato che Tu volevi emergesse, perché, altrimenti, ove cosi non fosse, ove ciò che io ho
colto dovesse corrispondere al Tuo sentire, beh... la
sensazione è di estrema amarezza e di avvilimento! Tanto Ti dovevo, mi dovevo e dovevo a quelle donne che
come me la pensano.
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Violenze alle donne e ruolo delle istituzioni
«E’ stato uno sbaglio, questa sentenza sarà
seppellita con ignominia»
La Suprema Corte di Cassazione fa autocritica!
Presidente della Commissione Pari Opportunità della Provincia di Vibo Valentia
(il Quotidiano)
Oggi attraversiamo una fase contraddittoria, in cui sembra manifestarsi una larga e violenta “reazione” contraria
al mutamento prodotto dalla rivoluzione femminile.
La violenza fisica contro le donne può essere interpretata in termini di continuità, osservando il permanere di
un’antica attitudine maschile che forse per la prima volta
viene sottoposta a una critica sociale così alta, ma anche
in termini di novità, come una “risposta” nel quotidiano
alle mutate relazioni tra i sessi.
La recente cronaca italiana ci ha offerto alcuni casi
drammatici, eclatanti che rivelano anche modi diversi di
accanirsi sul corpo e sulla mente femminile.
Una ragazza incinta viene seppellita viva dall’amante,
che non vuole affrontare il probabile scandalo.
Un fratello insegue e uccide la sorella, rea di non aver
obbedito al diktat matrimoniale della famiglia.
Un immigrato pakistano uccide la figlia, aiutato da altri
parenti maschi, perché non segue i costumi sessuali etnici e religiosi della comunità.
In alcune città si susseguono episodi di stupro da parte
di giovani immigrati ma anche di maschi italiani.
Sono italiani gli stupratori di una ragazza lesbica a Torre del Lago.
Italiano l’assassino che a Parma ha ucciso con otto coltellate la ex fidanzata, che perseguitava da qualche anno.
Ultimo caso di una lunga scia di delitti commessi in
questi ultimi anni in Italia da uomini contro le ex mogli o
fidanzate, o contro compagne in procinto di lasciarli.
A Roma da qualche mese, è polemica, forte, univoca,
trasversale a tutti gli schieramenti politici, il mondo civile e gli esperti, contro la sentenza dei giudici della Terza Sezione penale della Cassazione per i quali lo stupro di una minorenne è meno grave se la ragazzina ha
già avuto rapporti sessuali. Insomma, se non è vergine
il “danno è più lieve”.
Un verdetto choc, che immediatamente scatena reazioni
di stupore e di condanna molto dure, finché in serata arriva anche una presa di distanza della stessa Corte di
Cassazione: «E’ stato uno sbaglio, questa sentenza sarà
seppellita con ignominia».
Ed ora la parola ad associazioni: «La violenza contro
le donne ci riguarda: prendiamo la parola come uomini. Assistiamo a un ritorno quotidiano della violenza
esercitata da uomini sulle donne. Con dati allarmanti
anche nei paesi “evoluti” dell’Occidente democratico.
Violenze che vanno dalle forme più barbare dell’omicidio e dello stupro, delle percosse, alla costrizione e
alla negazione della libertà negli ambiti familiari, sino
alle manifestazioni di disprezzo del corpo femminile».
«Una recente ricerca del Consiglio d’Europa afferma
che l’aggressività maschile è la prima causa di morte violenta e di invalidita’ permanente per le donne in tutto il
mondo.
E tale violenza si consuma soprattutto tra le pareti domestiche.
Siamo di fronte a una recrudescenza quantitativa di queste violenze?
Oppure a un aumento delle denunce da parte delle donne?
Resta il fatto che esiste ormai un’opinione pubblica e
un senso comune, che non tollera più queste manifestazioni estreme della sessualità e della prevaricazione maschile. La condizione della donna torna in modo frequente nelle polemiche sullo “scontro di civilta”» che sarebbe
in atto nel mondo. Noi pensiamo che la logica della guerra e dello “scontro di civilta” può essere vinta solo con un
“cambio di civilta” fondato in tutto il mondo su una nuova
qualità del rapporto tra gli uomini e le donne.
Si è parlato dell’esigenza di un maggiore ruolo delle
istituzioni pubbliche, sino alla costituzione come parti
civili degli enti locali e dello stato nei processi per violenze contro le donne.
Si è persino messo sotto accusa un ipotetico “silenzio
del femminismo” di fronte alla moltiplicazione dei casi
di violenza.
Chi lavora nella scuola e nei servizi sociali sul territorio denuncia poi una situazione spesso molto critica nei
comportamenti degli adolescenti maschi, piu’ inclini delle
loro coetanee femmine a comportamenti violenti, individuali e di gruppo. Forse il tramonto delle vecchie relazioni tra i sessi basate su una indiscussa supremazia maschile provoca una crisi e uno spaesamento negli uomini
che richiedono una nuova capacità di riflessione, di
autocoscienza, una ricerca approfondita sulle dinamiche
della propria sessualità e sulla natura delle relazioni con
le donne e con gli altri uomini. Bisogna quindi lavorare
sugli adolescenti, così che la Commissione Pari Opportunità della Provincia di Vibo Valentia proporrà
agli Istituti Superiori un programma di dibattiti e
cineforum in cui è inserito anche questo tema, perché solo
i ragazzi possono cambiare una società come la nostra
che non è immune da violenze.
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Le Amministrazioni comunali di Rosarno e San Ferdinando affrontano
il problema degli extracomunitari da sistemare nella “Piana”
Due Comuni “adottano” l’ex cartiera
Esiste anche un grave problema legale essendo questi extracomunitari
illegali e non possono, quindi, nemmeno lavorare per sostentarsi
Giuseppe Lacquaniti
(Gazzetta del Sud)
ROSARNO - È’ un esercito di disperati quello che si
riversa ogni anno nella Piana, alla ricerca di un lavoro
“qualsiasi”. Nel periodo della raccolta degli agrumi solo
a Rosarno se ne contano circa 4000.
Per sfuggire alla miseria dei Paesi d’origine sono costretti ad una vita d’inferno, anche nei tuguri più squallidi. Sono gli immigrati irregolari (comunitari ed
extracomunitari) condannati a vivere ai margini, senza
tutele legali, quasi totalmente avulsi dal contesto sociale e civile. Ci sono quelli che cercano di mimetizzarsi
nelle campagne, altri invece occupano case e stabili abbandonati o in disuso, nel centro e nelle periferie. Per
un verso sono considerati “corpi estranei”, presenze fastidiose da respingere, per l’altro risultano indispensabili per far sopravvivere l’asfittica economia locale.
Senza questa manodopera a disposizione, l’agricoltura, già messa in ginocchio da endemici fattori di crisi,
quali la contrazione dei mercati e la difficoltà a sostenere i ritmi della competitività a livello mondiale, andrebbe incontro al fallimento totale.
Gli unici ad occuparsi di loro sono le associazioni del
volontariato laico e cattolico. A Rosarno le Caritas parrocchiali e i Medici senza Frontiere.
Proprio grazie all’incontro in Municipio con la responsabile di questi ultimi, Francesca Zuccaro, che fa presente le condizioni di estrema miseria di tanti infelici, il sindaco Carlo Martelli comprende che «è finito il tempo in
cui si possono chiudere gli occhi e nascondere dietro l’ipocrisia delle parole» e si convince a riprendere una proposta lanciata dal Consiglio comunale del 23 dicembre 2004,
all’indomani del brutale assassinio avvenuto in piazza
Valarioti del giovane trentenne ucraino, Ihor Blyui, e cioè,
«la realizzazione a Rosarno di un Centro di Aggregazione
Sociale a favore degli extracomunitari e dei lavoratori
provenienti dai Paesi dell’est europeo, che costituisca un
punto di riferimento destinato ad attività di promozione
socio-culturale e finalizzato alla realizzazione delle diverse forme di aggregazione sociale da offrire ai tantissimi immigrati stagionali, all’interno del quale possano trovare spazi da vivere all’insegna della socializzazione e della
creatività, nonché del sostegno agli stessi per l’inserimento nel campo del lavoro e delle attività produttive» (Delibera di Consiglio Comunale del 23.12.2004).
«Assieme al sindaco di San Ferdinando, Franco Barbieri, ho avviato un percorso – dichiara Martelli in consiglio comunale – per cercare di ottenere dal giudice delle
esecuzioni un immobile pignorato, una vecchia cartiera,
ubicata nelle adiacenze della seconda area industriale del
Porto, ricovero da inferno di centinaia di extracomunitari,
più volte mandati via dalle Forze dell’ordine».
È in quella cartiera dimessa ed abbandonata che i due
comuni deliberano di realizzare, se possibile, un Centro
di Aggregazione Sociale.
«Le problematiche emerse sono tali da far tremare le
vene e i polsi – confessa Martelli -, per cui è necessario
convogliare l’impegno di enti pubblici e privati per portare a definizione una iniziativa che non ha l’uguale in
Calabria, attraverso la firma di un Protocollo d’Intesa, che
vedrà assieme i comuni di Rosarno e San Ferdinando, il
Consorzio Piana Sicura – che ci supporterà
finanziariamente -, i Medici senza frontiere, l’Associazione Libera di don Ciotti e don De Masi, la Comunità
Incontro di don Gelmini, le Caritas parrocchiali, l’Asl 10,
supportata dal Volontariato Medici Laici e Cattolici».
«Una strada piena di spine – prosegue il sindaco – perché si tratta di dare assistenza a migliaia di persone, di cui
va alleviata la condizione di estremo bisogno in cui vivono». I comuni di Rosarno e San Ferdinando hanno già deliberato di impegnare la somma di 20.000 euro ciascuno
per un primo intervento di bonifica all’interno ed all’esterno dell’ex cartiera. «Il passo successivo – spiega Martelli – dovrà essere quello di partecipare il 4 maggio del
2007 all’asta pubblica per tentare di acquistare l’immobile, sperando che il Consorzio Piana Sicura sia in grado
di finanziare l’operazione, procedendo alla richiesta, indirizzata al Ministero dell’Interno, per la realizzazione di
un progetto organico di ristrutturazione e riqualificazione
dell’intera fabbrica. A ciò si aggiunga che le spese iniziali
per far partire il Centro ammontano a circa 200.000 euro».
Il sindaco Carlo Martelli: si tratta di dare assistenza a
migliaia di persone per alleviarne i disagi
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Si progetta lo “sbarco” dei rifiuti
campani a Gioia Tauro
35.000 tonnellate accumulate tra Napoli e provincia
a Gioia Tauro sempre più probabile luogo di “distruzione”
di MICHELE ALBANESE
(Il quotidiano)
GIOIA TAURO - Quante possibilità ci sono che una
cospicua parte di quelle 35 mila tonnellate di rifiuti accumulate tra Napoli e provincia arrivino a Gioia Tauro,
dopo essere stati trattati in un impianto di compostaggio?
Tante. La ragione? Semplice: i rifiuti, dopo il loro trattamento, cioè dopo la fase di separazione tra la parte umida e quella secca e la conseguente trasformazione in balle di Cdr (Combustibile da rifiuto) hanno necessità di
essere bruciati in un termovalorizzatore. E poiché quello di Acerra , l’unico previsto in Campania deve essere
ancora completato, le possibilità che il Cdr prodotto in
Campania arrivi a Gioia Tauro dove sorge l’unico
termovalorizzatore del mezzogiorno d’Italia sono alte.
Un’ipotesi questa che non è stata smentita da nessuno né
in Calabria, né in Campania e, soprattutto, nemmeno da
parte del commissario straordinario per l’Emergenza
Ambientale della Campania, il capo della Protezione Civile Guido Bertolaso. Della possibilità che una parte dei
rifiuti possano essere trasferiti in Calabria se n’è discusso durante uno dei tanti incontri che si stano tenendo a
Napoli. Non solo, sembra che nei giorni scorsi di questa
possibilità siano stati interessati anche il presidente della
Regione Calabria, Agazio Loiero, e lo stesso assessore
regionale all’Ambiente Tommasi, i quali avrebbero partecipato ad una riunione a Roma che si è svolta al Ministero
dell’Ambiente e durante la quale sembra non si sia affrontata solo la nomina del successore di Alfiero, ma anche
della possibilità che le regioni meridionali, compresa la
Calabria, possano farsi carico dell’emergenza campana.
La notizia, che comunque deve essere confermata, è filtrata ufficialmente dagli ambienti che seguono con particolare attenzione l’evolversi della vicenda del raddoppio
del termovalorizzatore di Gioia Tauro. “Abbiamo appreso
della missione romana di Loiero e di Tommasi - ha dichiarato il segretario comprensoriale della Cgil di Gioia
Tauro Pasquale Larosa - e dei temi che sono stati affrontati, compresa quella dell’eventuale trasferimento in
Calabria di migliaia di tonnellate di Cdr diretti all’inceneritore di Gioia Tauro. Una notizia che in qualche modo
è stata confermata anche dallo stesso Bertolaso. Secondo noi - continua l’esponente sindacale che coordina il
movimento anti-raddoppio insieme alle associazioni
ambientaliste ed ai sindaci della Piana - si tratta, se tutto
ciò verrà confermato, di un’ennesima umiliazione ed offesa nei confronti della Piana di Gioia Tauro e dei suoi
cittadini. Inoltre, avvalora tutto quello che in questi mesi
abbiamo sostenuto con insistenza e cioè che il raddoppio
del termovalorizzatore non sarebbe servito solo bruciare
i rifiuti prodotti in Calabria, ma anche quelli delle altre
regioni meridionali. Ciò verrebbe confermato anche dalla recente presa di posizione del ministro dell’Ambiente
Pecoraro Scanio, il quale proprio nei giorni scorsi ha bloccato tutte le procedure per la realizzazione dei quattro
termovalorizzatore previsti in Sicilia”. Per Larosa “è strano che il ministro blocchi la fase finale del ciclo di
smaltimento dei rifiuti in Sicilia e invece, non blocchi il
raddoppio del termovalorizzatore di Gioia Tauro per motivi analoghi e altrettanto gravi, come l’assenza della Valutazione di Impatto Ambientale sulla prima linea già in
funzione”. L’eventuale arrivo di rifiuti a Gioia Tauro non
potrà, dunque, non essere letta come un’ennesima provocazione per un territorio che è stato scelto come unico
sito per lo smaltimento dei rifiuti regionale e
interregionale. “Ci opporremmo con tutte le nostre forze
- annuncia Larosa - per impedire uno scempio ambientale di proporzioni gigantesche che compromette non solo
le risorse naturalistiche ed ambientali del territorio ma
anche la salute dei cittadini ma anche lo sviluppo del porto e dell’area industriale adiacente. Avevamo già programmato per la fine di ottobre una grande manifestazione per
ribadire il diritto del territorio a scegliere la sua vocazione di sviluppo e per porre concretamente all’attenzione
del governo regionale e nazionale la complessa,
emblematica e inquietante situazione nella quale sta per
essere avvolta la Piana di Gioia Tauro. Le notizie di questi giorni renderanno ancor più tenace la mobilitazione di
decine di migliaia di cittadini . Nella Piana - ricorda Larosa
- oltre al raddoppio del termovalorizzatore, delle centrali
a metano e del rigassificatore si stanno concentrando tutta
una serie di impianti altamente inquinanti che il territorio non potrà certamente sopportare.”
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Quel gigante
che sbuffa veleni
m. a.
(Il Quotidiano)
GIAOIA TAURO - Rosarno (quartiere Bosco) Non
appena le ombre della sera scendono e rinfrescano l’ambiente dall’afa di caldo ancora estivo, il polmone del gigante di cemento comincia ad eruttare colonne di fumo.
La ciminiera del termovalorizzatore erutta quasi come un
piccolo vulcano che brucia tonnellate di rifiuti.
La bocca del forno alla sera è pronta ad ingurgitare
quantitativi sempre più grandi degli scarti prodotti dall’uomo. I camion tutti a doppio cabinato dalle targhe incomprensibili si mettono in fila. Arrivano dopo aver percorso centinaia di chilometri. Valicano il cancello dell’impianto di contradada Cicerna ordinati
come formiche e dopo aver depositato i
loro carichi riprendono la strada del ritorno per poi caricare nuovi rifiuti e ripartire
alla volta di Gioia Tauro. Lo smaltimento
dei rifiuti della regione compie qui nella
Piana il suo viaggio finale.
Il termovalorizzatore di Gioia Tauro è rimasto l’unico in Calabria. Dell’altro, che
doveva essere realizzato in provincia di
Cosenza non se ne parla più. Mentre la Piana continua ad interrogarsi perché è stata
scelta per realizzare il raddoppio dell’impianto in sostituzione di Bisignano e soprattutto perché non sia stata effettuata
nessuna Valutazione di Impatto Ambientale ufficiale da parte del Ministero dell’Ambiente sulla prima linea già in funzione. I cittadini
della zona continuano a chiedersi chi controlla le emissioni dell’inceneritore di rifiuti e se il filtro collocato
alla ciminiera del forno sia quella che offre le maggiori
garanzie sulla loro salute, non mancano coloro che avanzano dubbi sul corretto funzionamento dell’impianto. “E’
strano - dice Antonella, abitante di Contrada Bosco di
Rosarno, una delle donne che nei giorni scorsi ci ha chiamati per esprimere le sue preoccupazioni sull’eventuale
arrivo dei rifiuti anche dalla Campania -, che nessuno capisca i rischi che corriamo respirando le polveri, la diossina , i furani (scarti dei metalli pesanti, ndr) che emana il
t e r m o v a l o r i z z a t o r e .
”Abbiamo sperato invano che l’assessore regionale all’ambiente venisse qui a sentire gli odori nauseabondi - le fa
eco la signora Maria, una donna avanti negli anni con alle
spalle numerose battaglie per il lavoro - per capire le nostre difficoltà e per darci assicurazioni sul corretto funzionamento di questo inceneritore di rifiuti”. Francesca
è una delle giovani donne che diede vita al Comitato Civico ed è lei a lanciare un appello alle istituzioni locali ed
al Prefetto di Reggio Calabria: “Avevano promesso che
una volta entrato in funzione il termovalorizzatore ci
avrebbero informato se i livelli di inquinamento fossero
nella norma e nel rispetto limiti fossati dalla legge . Sappiamo che sono state istallate delle centraline di
rivelamento ma non sappiamo cosa queste ultime rivelano. Abbiamo chiesto in Comune se hanno informazioni e
ci hanno detto di non sapere nulla. A distanza di mesi dall’entrata in funzione dell’impianto noi cittadini che viviamo in queste zone vicine al termovalorizzatore non abbiamo il diritto di sapere quello che accade”.
Il polmone del gigante ricomincia a fumare, come tutte
le sere. Quali sostanze nasconde quel fumo nessuno lo
sa. Ed è quello che questa gente vuole sapere.
Dalle canne
fumarie
dell’inceneritore
una nuvola nera
invade la Piana.
Guasto o
routine?
Voci dal Sud
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Anno II° nr. 11 Novembre 2006
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“Scusate, non ne sapevo nulla!”
Atremon
Nel numero scorso abbiamo riportata la notizia che le
OGR (Officine Grandi Riparazioni) di Saline di Reggio
Calabria stavano per essere dismesse e gli impianti stavano per essere messi all’asta.
Un durissimo colpo all’economia calabrese ed alla credibilità della regione.
Immediata la reazione dei Sindacati e di alcune forze
politiche che si sono rivolte al Ministro dei Trasporti,
professore Bianchi (già Rettore dell’università di Reggio
Calabria e recentemente assegnatario del Premio
“Reggino distinto” che ha accettato dichiarandosi ormai
“calabrese di adozione”).
L’asta viene bloccata, rientra tutto, ma sconcertante è
stata la risposta data dal Ministro: “Non ne sapevo nulla,
non ero stato informato”.L’episodio, e soprattutto la risposta, ci ha fatto tornare
in mente un altro episodio.
Ricorderete che circa un annetto addietro abbiamo pubblicato una serie di articoli relativamente alla costruzione di un inceneritore nella contrada Lamia di Gioia Tauro.
Una ubicazione assurda se si considera che la Lamia è
un fiore all’occhiello per gli agrumeti e gli uliveti
calabresi; che la Lamia è contigua alla contrada “Bosco di Rosarno” ove sono ubicati i più bell’
agrumenti di Clementine e alberi di ulivo secolari
tanto da essere protetti dalla legge.
Inoltre da considerare che ormai la contrada “Bosco” (parte in territorio di Rosarno e parte di Gioia
Tauro) è ormai diventa una “città giardino” con belle ville, scuole, chiesa, asili. Insomma una Rosarno2 e Gioia Tauro-2.
In più l’inceneritore è sorto proprio al centro
della “Piana” che è zona ad altissima vocazione agricola e turistica essendo alle spalle della costa che
da Palmi va fino a Nicotera.
All’epoca, ma a costruzione ormai avanzatissima
(fu inaugurato poco tempo dopo) molte le manifestazioni di protesta dei cittadini con nascita di virulenti “comitati spontanei”.
Uno di questi Comitati di protesta contro l’inceneritore (e contro il paventato raddoppio degli impianti) ha
visto come esponente di spicco l’ex Sindaco di Gioia
Tauro.
Per inciso, e facendo un passo indietro, va ricordato
che la scelta del sito ove ubicare l’impianto era stato
operato da quattro Sindaci della zona di omologa appartenenza politica, fra cui proprio l’ormai ex Sindaco di
Gioia, lo stesso che oggi capeggia il Comitato contro
l’inceneritore.
Chiaramente la cosa ha molto meravigliato ed in una
pubblica assemblea tenutesi presso l’Auditorium di
Rosarno, dalla platea qualcuno ha rinfacciato all’ex Sindaco, ormai dall’altra parte delle barricate, l’avere scelto il luogo ed avere concesse le autorizzazioni necessarie per la realizzazione dell’opera.
La candida risposta del Sindaco fu: “Io non ne sapevo
niente, magari mi hanno fatto firmare ed io l’ho fatto
senza accorgermene”.Ma ... giungiamo ai giorni nostri ed ascoltiamo la voce
del nostro Presidente del Consiglio che dalla lontana Cina
ci dice “Della faccenda Telecom non se so nulla, non
sono stato informato”.Ma signoriiiii, andiamo! Non avete una scusa migliore
che perlomento, oltre che danneggiarli, non umili l’intelligenza dei cittadini?
Come potete sperare di essere creduti?
Ci chiediamo se siete veramente convinti che ogni
bagianata possa essere bevuta dagli italiani oppure è tale
il disprezzo che ve ne infischiate se i cittadini ci crederanno o meno.
Ci sarebbe un’altra ipotesi, ma la scartiamo perchè sarebbe molto lesiva dell’onorabilità del Ministro, del Sindaco, Del Presidente del Consiglio, tutte persone rispettabili nella vita privata e ben conosciute come persone
serie e determinate.
L’ipotesi scartata è: ma allora siete dei re travicello
e tutto avviene senza che voi ne siate informati?
Vi sembra possibile che la enorme struttura
dell’inceneritore di Gioia Tauro sia sorta senza che le
Autorità se ne accorgessero?
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Anno II° nr. 11 Novembre 2006
Legalia
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Indulto, quando la legge
non è uguale per tutti
Francesco Kostner
(Gazzetta del Sud)
COSENZA – Un classico esempio di come la
legge possa essere applicata in modo diseguale.
Adottando “due pesi e due misure”.
A favore di alcuni e a svantaggio di altri.
Con la conseguenza di mettere in pratica scelte gravi e
censurabili, tanto sul piano della tutela dei diritti soggettivi che della sostanza giuridica.
Si presterebbe a questo tipo di valutazione, secondo il
leader del movimento “Diritti Civili”, Franco Corbelli,
e creerebbe soprattutto una vistosa contraddizione con il
caso dell’ex terrorista Silvia Baraldini, la sentenza emessa nei giorni scorsi dalla Corte di Appello di Catanzaro,
che ha rigettato l’istanza del detenuto Francesco V., 54
anni, in carcere in Calabria per scontare un cumulo di pena
(due anni e 5 mesi), relativo ad alcuni reati commessi all’estero.
I giudici di secondo grado hanno ritenuto inapplicabile,
nei confronti di Francesco V. la legge sull’indulto, approvata la scorsa estate dal parlamento italiano.
Ciò in quanto, viene evidenziato nella sentenza della
Corte d’Appello di Catanzaro, il provvedimento di clemenza, di cui hanno beneficiato molti detenuti in questi
mesi, non può essere applicato per i reati commessi fuori del nostro Paese e successivamente riconosciuti, come
previsto dalla Convenzione di Strasburgo del 21 marzo
1983 e dalla legge 257 del 1989.
E’ proprio di fronte a questi precisi riferimenti che
Corbelli sfoga tutta la sua rabbia: «E’ una sentenza ingiusta - afferma - che crea una clamorosa e inammissibile differenza tra il trattamento riservato all’ex terrorista Silvia Baraldini e questo sfortunato detenuto, il
quale, tra l’altro, ha una figlia, che non riesce a vedere, gravemente ammalata e bisognosa di cure urgenti».
Il leader del Movimento “Diritti Civili” ha chiesto l’intervento del Presidente della Repubblica, del Csm e
del Ministro della Giustizia: «Voglio sapere perchè il
“muro” della Convenzione di Strasburgo per qualcuno è invalicabile, per altri no; come sia possibile che
una legge venga applicata in un modo per un personaggio “eccellente” e non valga, al contrario, per un
povero cristo».
Francesco V., si dice convinto Corbelli, ha diritto a lasciare il carcere: «Voglio sperare che si sia trattato di
un errore - commenta il leader di “Diritti Civili” - perchè,
diversamente, avremmo di fronte un caso di una gravità inaudita.
Dovendo infatti scontare meno di tre anni (esattamente 2 anni e 5 mesi) avrebbe dovuto essere scarcerato un minuto dopo l’approvazione dell’indulto».
Franco Corbelli
Silvia Baraldini
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Voci dal Sud
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Drogra, tamponi rubati,
parlamentari coinvolti
E’ scandalo, ma perchè?
Franz Rodi-Morabito
Un vero “sasso nel pollaio” la notizia che l’
equipe della trasmissione
“Le Jene” avrebbero mandato on line una trasmissione con cui volevano indicare agli italiani che il
30% dei parlamentari italiani fanno uso di droghe.
Anche io mi sono ritrovato avviluppato nel rigetto generale per cui ho
scritto immediatamente un
articolo (che ho poi cancellato alla luce di alcune
considerzioni che faremo
di seguito) nonchè molti
msg sui vari forums nazionali.
Indubbiamente molto discutibile il metodo seguito
dai miei colleghi per
reallizzare il servizio (ne è
stata vietata la trasmissione dal Garante delle comunicazioni).Tuttavia diamo a “Le
Jene” il merito di aver
gettatto il sasso nello stagno ed aver fatto sì che le
nestre impigrite menti si
crogiolassero con noizie
varie o di gossip.
Queste
le
mie
conserazioni che, giuste o
sbagliate che siano, hanno
diritto alla luce.
Chi sono i mille Onorevoli? sono semplicemente
mille persone +/- comuni
prese “a campione” fra 70
Niente tende invece a
milioni di italiani.
v
e
rficiare l’immunità da
In base a quali principi?
mistero! si suppone fosse- d a l v i z i o d r o g a , a l c o o l ,
ro uomini di partito, uomi- gioco d’azzardo ecc.
Alla fine eccoli qui questi signori che “il popolo
sovrano” ha mandato a
rappresentarlo pur senza
conoscerlo (mi chiedo se
qualcuno di voi si rivolgerebbe ad uno sconosciuto
passante per consegnarli
una somma e pregarlo di
spedire per suo con un vaglia!).
Ma torniamo all’Italia e
ni fedeli, persone abili nel
la
Legge sulla droga.
tramestare
carte
e
Una serie di passaggi
carticelle, persone con un
b u o n s e g u i t o e l e t t o r a l e , (molto nebulosi agli italiagente che comunque, a chi ni che li hanno interpretato
doveva sceglierle, ispirava sono come “to ut des”) ha
portato ad una Legge che
fiducia.
Si è guardato all’epoca produce effetti contradditse fossero dei grogati? se tori ed immette/induce al
fossero affetti da lebbra? reato).
E’ possibile detenere
se
soffrissero
di
“piccole
quantità” di droemorroidi? ... nient’affatto,
questi erano risvolti asso- ghe per “uso personale”.
Ma tornando a monte;
lutamente inefficaci ai fini
poichè in Italia sembra che
elettorali.
“I Mille” una volta elet- il 50% della popolazio sia
ti vengono sottoposti a ve- drogata (palesamente e di
rifiche, in varie forme e da nascosto) come si può creparte di vari Organi come dere che i nostri “Mille”
la Commissione Elettorale sia fuori da questa percenpresso i Tribunali regiona- tuale? chiaro che ritrovereli, dalla Commissione Par- mo la percentuale rapprelamento, se ne verifica sul sentata anche fra i Parlapiano legale l’eleggibilità, mentari
Altra considerazione:
e ... sul piano piano
Ad essere autorizzati a
patrimoniale.
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detenere la droga per uso
personale, quindi non
punibili, sono coloro che
la detengono , non i venditori, gli spacciatori, i
pushers che sono invece
c o l p i t i d a dure leggi per
quanto concerne il possesso per arne utile e la vendita al drogato tanto da essere considerti “fuorilegge”.
Poichè a me non risulta
che ancora la droga sia stata liberalizzata e venduta in
appositi spazi assieme ai
medicamenti da banco nei
super market, mi chiedo
colui che vuole acquistare
la droga “per uso personale” a chi si rivolge? all’edicola? al salumiere?
Chiaramente lo fa rivolgendosi a questi signori
consideratri dalla Legge
Italia “fuorilegge”.
Se io incontrassi un latitante e me ne accompagnassi, o peggio, istaurassi un
negozio di compravendita
con lui sono immediatamente rinetuto “colpevole
di reato di favoreggiamento personale, per cui
sarei perseguito alla Legge che DEVE condannarmi.
Tornado agli Onorevoli
diciamo allora che dovendo acquistare la propria
“quantità personale” essi
“delinquono” una o più
volte al mese? o danno incarico ad un loro “attachè”
, facendolo delinque e configurandosi per l’Onorevole l’ “istigazione a delinquere” (ancora peggio!!).
Ovviamente a nessuno fa
piacere sapere che lo Stato cui è affidato il suo lavoro, la sua vita, la sua fa-
miglia, sia gestito da persone dedite alle droghe, ma
pensate, e ditemi come vi
sentite, quando queste
“mancanze” sono alla base
di altre attività della nostra
vita fisica giornalmente.
Il terrore scatta, e ti gela
le gambe, invece quando
prendimo in osservazioni
altri uomini che hanno in
mano le nostre vite i maniere reale e materiale.
Quando si rilascia una licenza di guida per
autopulmanns di linea si richiede la dichiarazione di
non essere utilizzatore di
droghe ..., una licenza di
guidatore di treni (oggi anche veloci e velocissimi),
quando si rilascia una licenza di Taxi, un guidatore
del Metrò, di trams di autobus urbano può bastare
l’artocertificazione in base
a cui il Medico, dopo, attesta l’idoneità del soggetto a quelle mazioni.
A dire il vero non so se
oggi si operano controlli
diretti sui soggetti, ma può
bastare? Ciacuno può iniziare a consumar droghe ed
alcool dopo l’assunzione.
In controlli debbono essere a scadenze ravvicinate e senza preavviso (basta
un tampocino, ricordate?).
A questi controlli vanno
sottoposti tutti colora che
hanno nelle mani migliaia
di vite umane fra cui debbono esserci i politici
perchè, sapete, sarà un vezzo, ma io gli uomini che
guidano il destino mio, della mia famiglia, del mio lavoro
...
li
voglio
quantomeno puliti!
Ormai la
droga
è anche
nelle
scuole
ove, pare,
che si inzi
a 13/14
anni
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Lisa Caputo, una figlia
oltre le nuvole
di pino bruno
(Il Quotidiano)
Lisa Caputo Nowak - più volte protagonista sulle colonne del Quotidiano della
Calabria che l’ha seguita prima, durante e
dopo la missione STS-121 dello Shuttle
Discovery del luglio scorso, ritorna a far
parlare di sé.
Questa volta, ad occuparsi della astronauta italo-americana, in occasione della consegna del riconoscimento assegnatole dal
GEI (Gruppo Esponenti Italiani) di New
York, sono stati il Corriere della Sera, nella
sua edizione online, con una breve intervista di Alessandra Farkas, e America Oggi
con un articolo di Riccardo Chioni.
In particolare, nell’articolo del Corsera
pubblicato qualche giorno fa la Nowak racconta la sua esperienza spaziale durata 306
ore, 37 minuti e 54 secondi sulla navicella
Discovery.
Lisa Caputo Nowak, nell’intervista, dice
a chiare lettere che si sente italiana al 100%
e che ha tifato Italia nell’ultimo campionato
del mondo, mentre era a bordo della
Discovery.
In Italia, Lisa ci vorrebbe venire al più
presto, per visitare - dichiara - «i miei tanti parenti che vivono sparsi tra Aiello
Calabro, Lucca, Catanzaro, Padova e
Randazzo».
Proprio da Aiello Calabro, un paesino
collinare del basso Tirreno cosentino, discende la famiglia paterna dei Caputo.
Era il 1913, quando il nonno di Lisa, Antonio Gensimone, all’età di appena di 5
anni, era partito dal piccolo paesino
calabrese con i genitori Rosario e Cristina
Bruni, alla volta degli States.
Da allora, i Caputo si sono stabiliti nel
Maryland, nella città di Rockeville, a 20
minuti di macchina da Washington, dove
vivono attualmente i genitori di Lisa, la madre Jane Bonaventura, che è di origini siciliane, ed il padre Alfred.
Lisa ora è diventata un ottimo ingegnere
aerospaziale.
Un mestiere carico di grandi responsabilità che tuttavia riesce a conciliare con quello di moglie (è sposata con Richard Nowak)
e soprattutto di mamma di tre figli
(Alexander, Katrina e Alyssa).
D a l 1 9 9 6 l a v o r a a l l a Nasa pr e sso i l
Johnson Space Center di Huston, una esperienza che l’ha portata ad essere inserita
nella recente missione del Discovery Shuttle
alla Stazione Orbitante Internazionale, nell’ambito della quale l’astronauta italo-americana è stata specialista di missione con il
compito di guidare il braccio robotico per i
lavori esterni alla navicella spaziale.
Intanto, ad Aiello Calabro, luogo di origine del ramo Caputo, fervono i preparativi
per organizzare una futura visita dell’astronauta alla quale sarà data la cittadinanza
onoraria, probabilmente nella primavera del
prossimo anno.
Conosciamo i genitori di Lisa Caputo
Nowak, Jane e Alfred Caputo, attraverso le
email che ci scambiamo periodicamente.
A loro abbiamo rivolto alcune domande.
Dopo gli incidenti del Columbia e del
Challenger, come avete vissuto questa esperienza di Lisa, prima e durante la missione
STS-121?
«I nostri timori, prima e durante la missione del Discovery (dal 4 al 17 luglio scorsi, nda), sono stati più o meno simili a quelli
che, nel corso della vita di nostra figlia,
abbiamo provato altre volte.
Come quando da piccola provava a fare
qualcosa di nuovo in cui avrebbe potuto
farsi male.
Naturalmente, nessuno di questi eventi si
può confrontare con il lancio nello spazio,
ma la risolutezza della Nasa nel correggere gli errori del passato ed evitare ogni tipo
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di rischio per gli astronauti ci ha dato la
giusta tranquillità».
Quali sono stati i vostri pensieri e le vostre sensazioni durante la missione?
«Chi ha guardato i video mandati in onda
dalla Nasa, o letto le interviste,
ha potuto rendersi conto del forte entusiasmo di Lisa.
Si trattava della realizzazione
del sogno della sua vita.
I nostri sentimenti, nel condividere questo suo successo, sono
stati di orgoglio e amore».
Mentre a Cape Canaveral si
aspettava il momento del lancio,
eravate insieme ai genitori degli
altri astronauti. Come avete vissuto questa esperienza?
«I genitori e le famiglie di tutti gli astronauti sono uniti da un
particolare legame.
In quella occasione, abbiamo
condiviso un’indescrivibile sentimento di comprensione e solidarietà che ci ha rasserenato».
Signor Caputo, avete avuto
modo di parlare con vostra figlia
nel mentre era in orbita?
«Siamo stati incollati agli
schermi della Nasa Tv che trasmetteva le immagini dello
Shuttle per tutto il tempo. A Huston, mia
moglie Jane, assieme al marito di Lisa
Richard ed i bambini, ha avuto la possibilità di una breve teleconferenza. Inoltre, potevamo regolarmente mandare e ricevere
email. La possibilità di avere un continuo
contatto con lei ci ha molto rassicurati».
Verrete presto a visitare l’Italia e la
Calabria e la Sicilia, regioni d’origine della vostra famiglia?
«In Italia siamo stati una volta nel 1993.
Ma abbiamo visitato il nord e del sud conosciamo solo Sorrento e Capri.
Jane ed io saremo a Roma la prossima primavera, dal 18 al 25 marzo. Sarà l’occasione giusta per prolungare la nostra permanenza e visitare le città natali dei nostri nonni e genitori».
Lisa Caputo Nowak è nata nel 1963, si è
laureata nel 1981 alla High School di
Rockville, nel Maryland.
Ha conseguito un bachelor in scienza e
ingegneria aerospaziale all’Accademia
navale degli Stati Uniti nel 1985; mentre
nel 1992, ha ottenuto un master in
scienza nella costruzione aeronautica e
di assistente tecnico aeronautico ed
astronautico alla scuola postlaurea
navale degli Stati Uniti.
Dal 1996 lavora alla Nasa presso il
Johnson Space Center, una esperienza
molto importante che l’ha portata ad
essere inserita nella missione del
Discovery Shuttle.
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Il gatto? Vada nel portabagagli
Ci riteniamo ancora un popolo civile?
(da “Gazzetta del Sud” )
Esposto-denuncia contro autolinea
La signora Beatrice Tomaino ci ha fatto pervenire un esposto-denuncia inviato alla Procura
di Roma e al ministero delle Infrastrutture.
«Io sottoscritta Beatrice Tomaino, nata a
Rosolini (Siracusa) il 7 febbraio 1943, residente
in Roma via Castel di Leva n. 254, espongo quanto segue:
- il giorno 5 settembre 2006 verso le 6 del
mattino dovendo rientrare a Roma dalle ferie
estive trascorse presso la località calabrese di
Riace Marina, mi recavo alla fermata degli autobus» di una ditta privata «sulla S.S. 106
(Jonica), in attesa dell’automezzo che svolge servizio di linea Reggio Calabria-Roma e sul quale
avevo prenotato telefonicamente due posti, per
me e il mio gatto appositamente custodito in una
gabbietta;
«- al momento di salire a bordo dell’autobus
l’autista, con mia grande sorpresa e sconcerto,
mi invitava a riporre la gabbietta con il gatto nel
portabagagli, ovvero al chiuso, in assenza di luce
e aria, nonché a una temperatura oltremodo insopportabile per qualsiasi essere vivente, tantopiù
per degli animali domestici così delicati come i
gatti;
«- alle mie proteste l’autista e il bigliettaio rispondevano, con toni sarcastici, asserendo che
loro erano “allergici ai gatti” e che comunque
era prassi» della ditta «trasportare gli animali
domestici nel portabagagli dell’autobus, alla stregua di qualsiasi valigia o borsa da viaggio;
«- a seguito dell’atteggiamento fisico e delle
espressioni verbali sempre più minacciose dell’autista e del bigliettaio, mi vedevo costretta ad
abbandonare il proposito di salire sull’automezzo, con tutti i conseguenti disagi di una tale situazione così incresciosa. Per quanto sopra esposto, la sottoscritta chiede di accertare se la c.d.
prassi» della ditta «di trasportare gli animali domestici dei viaggiatori nel portabagagli dei propri automezzi di linea non integri il reato di cui
all’art. 544 ter c.p. e di punire l’eventuale colpevole».
No, non è il nostro
amato “Mirtillo”
ma somiglia in
maniera
impressionante
alla gattina che
per 14 anni ha
vissuto con noi
facendoci
cambiare le nostre
abitudini di vita
fromor
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Rosarno , treni e stazione
ferroviaria
Il comitato cittadino spontaneo scrive all’Amministrazione
«Stazione, non c’è tempo da perdere»
Giuseppe Lacquaniti
(Gazzetta del Sud)
Intanto giunge gradita la notizia che dal prossimo oraROSARNO – «Datevi da fare con tutte le vostre energie per rendere funzionali al massimo le infrastrutture rio invernale che andrà in vigore i primi di dicembre prosstradali di servizio alla stazione ferroviaria di Rosarno, simo, una nuova coppia di treni (Reggio Calabria-Bari via
specie in vista della fine del 2007, quando entrerà in fun- Paola Cosenza e viceversa) avrà la sua fermata regolare
zione la bretella di collegamento diretto con il Porto di nella stazione di Rosarno.
Gioia Tauro».
È questo il senso dell’appello rivolto, tramite lettera,
al sindaco Carlo Martelli, al presidente del Consiglio Rositano e a tutti i capigruppo del Consiglio comunale, dal presidente del “Comitato cittadino per lo
sviluppo e la valorizzazione della stazione ferroviaria
di Rosarno” Gaetano Spataro, che invita i destinatari
ad una comune riflessione per dibattere i più importanti
problemi riguardanti lo scalo cittadino al fine di una loro
spedita soluzione.
Spataro sottolinea l’importanza dell’imminente apertura della nuova strada di collegamento tra il piazzale
stazione e la Statale 18, per la quale ha tribolato per anni,
assieme all’allora sindaco Lavorato, «per ottenere dalle
ferrovie la concessione dell’attraversamento dello scalo
merci», avvenuta per interessamento dell’ing. Teofilo,
direttore delle Infrastrutture per il Centrosud, «che puntualmente ha mantenuto gli impegni assunti».
Per tale strada di collegamento – che è stata finanziata
con 400.000 euro del bilancio comunale nel 2004 dall’amministrazione Saccomanno ed appaltata nel settembre 2005 – il presidente del Comitato civico lamenta il
fatto che, ancor prima di essere aperta al traffico (i lavori
sono stati interrotti per consentire la costruzione di un
piazzale per il posteggio delle macchine), risulta «ormai
insufficiente per le esigenze cui andrà incontro, perché
troppo stretta».
Spataro propone pertanto all’Amministrazione comunale «se vuole essere coerente con i tempi e costruire la
strada del futuro di prevedere, nel bilancio del 2007,
lo stanziamento della somma per la costruzione di una
nuova corsia, adiacente a quella esistente» che, posta
in collegamento anche con via Industria, consentirebbe
l’alleggerimento del traffico sulla statale 18.
L’amministrazione comunale – conclude Spataro –
“non deve distrarsi nemmeno un istante”, se vuole essere pronta per la fine del 2007, quando sarà ristrutturata
la stazione e la bretella Rosarno-San Ferdinando Marittima (come da impegni assunti tra la Regione Calabria
e le Ferrovie) consentirà il collegamento con il Porto di
Gioia, a beneficio anche dei tanti lavoratori che potranno usufruire di una navetta, disponibile in qualsiasi momento, collegata con la stazione del porto (lo scalo di
Rosarno), nella quale fermano i treni in ambo le direzioni».
L’ultra moderno e
funzionale interno
della Stazione di
Rosarno che per merito
del Comitato
spontaneo cittadino
guidato ed animato dal
prof. Spataro, passò da
“disabilitata” a
stazione di grande
importanza
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Calabria, ancora
“buonasanità”!
Ricostruito il bulbo oculare a un giovanissimo paziente
Soddisfazione all’Unità operativa di oculistica diretta dal prof. Leone
Antonio Condò
(Gazzetta del Sud)
LOCRI - All’Unità operativa
di oculistica dell’ospedale, diretta dal primario Francesco
Leone, si è brindato all’eccellente risultato ottenuto dopo un
complicatissimo intervento chirurgico effettuato su un
dodicenne cui è stato ricostruito il bulbo oculare seriamente
compromesso dopo un incidente occorsogli durante le vacanze pasquali quando, nel raccogliere un pallone, il malcapitato
si è procurato una ferita penetrante del bulbo con interessamento della cornea, del cristallino, dell’iride e della sclera.
«Un eccellente risultato spiega il primario Leone - ottenuto grazie alla preziosissima
collaborazione del prof. Pasquale Vadalà, di origini
calabresi, direttore medico all’ospedale “Bambino Gesù” di
Roma, uno dei pochissimi centri italiani di chirurgia
oculistica pediatrica, ed alla
sensibilità ed immediata disponibilità della Commissione
straordinaria della nostra
Azienda (questore Antonio De
Luca, presidente, Ezio Pierotti
e Massimo Nicolò, componenti, n.d.c.) cui non è mancata la
collaborazione dei direttori sanitari Michela Macrì (per
l’Azienda) ed Antonio Previte
(per il presidio), del direttore
del Dipartimento emergenza urgenza accettazione, Leandro
Branca, e del direttore amministrativo Vincenzo Scuderi».
Un’intesa perfetta tra le varie
strutture, da quella sanitaria a
quella amministrativa, una
macchina ben
funzionante i
cui effetti non
si sono fatti attendere.
Il giovanissimo paziente,
subito dopo
l’incidente
era stato efficacemente curato all’Unità operativa di oculistica di Locri; a distanza di tre
mesi, considerati i risultati anatomo-funzionali ottenuti con le
indagini strumentali eseguiti da
un’affiatatissima equipe di cui fa
parte anche Elisabetta Errigo esperta in ecografia oculare – si
è proceduto alla ricostruzione
del segmento anteriore dell’occhio.
«Il caso presentava notevole
gravità, perché l’atto chirurgico interessava molte delle strutture dell’occhio - spiega il prof.
Vadalà - ma insieme al collega
Leone abbiamo ritenuto possibile un certo recupero della
funzionalità visiva e siamo intervenuti.
Pertanto, trapanata la cornea
per eliminare il leucoma (macchia) corneale, abbiamo eliminato tutto il tessuto fibrotico
che si sostituiva all’iride.
Abbiamo asportato la
cataratta traumatica ed abbiamo impiantato un cristallino
artificiale a fissazione
sclerale; infine abbiamo trapiantato la cornea.
Ottime le speranze sul futuro
recupero della vista».
Determinante la professionalità degli anestesisti (Putortì),
afferenti al Dea, e «di tutti i miei
collaboratori della sala operatoria e del reparto che mi seguono con passione ed esperienza nel lavoro quotidiano»,
dice il primario Leone per il
quale certi risultati si ottengono
solo se ognuno crede nel lavoro
di squadra.
Un particolare “grazie” rivolge al prof. Vadalà, «sempre disponibile, soprattutto quando c’è
da intervenire nella sua terra».
Comprensibile gratitudine
verso tutti, «dal personale ausiliario a quello medico e paramedico» da parte della signora
Carmela, mamma del piccolo
paziente, che dice di avare «incontrato persone splendide
grazie alle quali il mio bambino tornerà normale».
Nella sanità della Locride avviene anche questo, per fortuna!
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Anno II° nr. 11 Novembre 2006
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«E’ finito nella Piana il mio
lungo calvario»
La testimonianza di un uomo colpito da “Pemfigo vulgaris”
e salvo grazie a un medico dell’Asl 10
Vincenzo Scionti
(Il Quotidiano)
CITTANOVA - Sono uno dei tanti emigrati calabresi
che da oltre 15 anni si è trasferito da Cittanova a Genova
per ragioni di lavoro.
In questi anni, spesso ho incontrato molti concittadini
che giungono a Genova in cerca di quelle cure che non
riescono a trovare nelle realtà Meridionali.
Il mio caso potrebbe essere l’eccezione che conferma
la regola, ma ritengo che così non sia, anche perché dalla
mia esperienza, ho avuto modo di vedere altre persone
soddisfatte dei servizi offerti dalla sanità pubblica
calabrese.
Tutto ha inizio nel mese di Dicembre 2005, con un banale mal di gola che mi causava una accentuata raucedine.
Dopo un mese circa, mi sono comparsi dei
rigonfiamenti rotondeggianti sul cuoio capelluto con fuoriuscita di un liquido verdognolo maleodorante.
Allarmatomi da queste manifestazioni, mi sono sottoposto a visita specialistica presso l’Orl e Dermatologi,
sia in strutture private che Pubbliche.
Puntualmente mi veniva prescritta una terapia da seguire a casa, spesso a base di antibiotici, ma tutte le volte
non facevo altro che registrare soltanto un lieve miglioramento che durava due o tre giorni, per poi ritornare a
soffrire terribilmente i sintomi della malattia.
Per ben due volte sono stato costretto a recarmi al pronto soccorso dell’ospedale e anche in queste occasioni,
mi venivano somministrati dei farmaci e venivo dimesso.
Questo calvario è durato fino al mese di Luglio quando, assieme ai miei figli e mia Moglie, abbiamo deciso di
ritornare al mio paese natio, Cittanova, per un periodo di
ferie.
Mi trovavo in una condizione veramente disastrosa, avevo perso 20 chili di peso corporeo e non riuscivo a
deglutire a causa delle numerose ulcere che continuavano ad essere presenti sia sul palato che in gola la notte era
un inferno e il sonno era diventato un ricordo molto lontano.
Dietro consiglio del Medico di famiglia dei miei familiari, la Dr.ssa Caterina Iamundo, mi sono rivolto ad un
Medico specialista in dermatologia, il Dr. Giuseppe
Ribuffo, che lavora presso l’Ospedale di Polistena.
Sin dal primo momento è riuscito ad inquadrare la malattia e senza alcun ombra di dubbio mi ha detto che si
trattava di una patologia autoimmune denominata
“Pemfigo Vulgaris”; una grave malattia che richiedeva
una lunga cura (almeno sei mesi), con una terapia
farmacologia associata a una forte dose di cortisone.
Ho iniziato la cura con quattro flebo giornaliere per
combattere lo stato di disidratazione in cui mi trovavo e,
giorno dopo giorno ho ritrovato la voglia di vivere.
Mi sentivo rinascere, incominciavo a deglutire e riuscivo persino a consumare qualche pasto.
Trascorsi i primi trenta giorni, seguito puntigliosamente
dal Dr. Ribuffo, anche telefonicamente e in orari non usuali, ho ripreso a vivere in condizioni quasi normali.
Oggi, continuo la cura a Genova, presso l’Istituto
Dermatologico Universitario, dove hanno confermato la
terapia che sto facendo ma, personalmente non finirò mai
di ringraziare il Dr. Ribuffo che, nonostante i pochi mezzi a disposizione, è riuscito a salvarmi la vita facendomi
rinascere per la seconda volta.
Questo caso emblematico, a mio modo di vedere, dimostra che anche in Calabria lavorano professionisti seri
e adeguatamente preparati che a volte lavorano in silenzio e aspettano che qualche gestione attenta ai bisogni
dei cittadini si accorga di loro e li valorizzi nella giusta
misura, anche perché i viaggi della speranza dei meridionali, quasi sempre vengono gestiti ed affrontati da Medici meridionali che si sono affermati e vivono al nord Italia.
Spero che il mio vissuto, possa essere utile a far capire
che non è vero che solo al nord si risolvono i problemi di
salute, nel mio caso, sono stato salvato in una stanzetta
dell’Ospedale di Polistena da un professionista che ha
dimostrato di superare tutti quegli specialisti che in una
città come Genova non sono riusciti a fare una diagnosi
giusta.
GLI EPISODI CHE
ANDIAMO
PUBBLICANDO DA
TEMPO DIMOSTRANO
CHE “BUONASANITA” E
“MALASANITA” SONO
OVUNQUE
IN CALABRIA ESIMI
PROFESSIONISTI
LAVORANO NELL’OMBRA
OTTENENDO
RISULTATI ECCELSI !
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E’ la radio, la più amata !
( Ansa )
La radio e’ il media piu’ diffuso
al mondo, ma anche quello a cui gli
italiani sono piu’ legati e, in alcuni
momenti della giornata, assume un
ruolo particolare, come di notte: in
media un Italiano su cinque rimane
in ascolto fino a mezzanotte, ma anche a notte fonda il popolo degli
ascoltatori é sintonizzato, con 5 milioni di ascoltatori che si registrano
tra le 23 e le 3.
Le ragioni di questo successo by
night sono le emozioni e le sensazioni che la radio riesce a suscitare,
soprattutto nelle ore notturne
(57%).
Intima (46%), in grado di trasmettere calore (41%), ma anche
liberatoria e sensuale (35%): questi
sono solo alcune delle emozioni che
si associano alla radio notturna di
cui sono e sono state protagoniste
alcune delle voci piu’ amate dal pubblico ed entrate nel mito, come
emerge da uno studio promosso dal
Tivoli Radio Watch, osservatorio internazionale sul mondo della radio,
sui suoi protagonisti e sugli ascoltatori.
Lo studio, condotto in occasione
del 100esimo anniversario della nascita dell’entertainment radiofonico,
e’ stato realizzato in base all’analisi
dei dati di ascolto della radio nelle
fasce notturne e accompagnato da
60 interviste a psicologi ed esperti
che hanno condotto 4 focus con
uomini e donne che ascoltano abitualmente la radio. Ecco allora il
panorama degli appassionati della
radio by night: in primo luogo i giovani adulti (tra i 18 e i 34 anni), le
diverse reti si contendono l’attenzione di 2 milioni 600 mila di loro.
Al secondo posto tra gli
affezionati ci sono gli adulti (dai 35
ai 64 anni) che in media sono 1 milione 400 mila. Si tratta in prevalenza di un pubblico maschile (circa 3 milioni gli ascoltatori della radio notturna), anche se sono quasi
2 milioni le donne che ascoltano la
radio tra la mezzanotte e le 6 di
mattina.
Il successo si deve al fatto che la
radio puo’ essere ascoltata in
ogni luogo e
mentre si sta
facendo altro,
(41%).
In
realta’ per il
57% la chiave
del successo va
ricercata nelle
emozioni e nelle sensazioni
che riesce a suscitare.
E di questo l’elemento fondamentale e’ la voce dei conduttori (53%),
molto piu di musica (25%) o informazione (17%).
Quello che emerge e lo stretto rapporto che si crea tra l’ascoltatore e
la voce della radio di notte (61%).
Tra gli elementi che emergono nel
rapporto tra la radio notturna e
l’ascoltatore, c’é il senso di intimita’
(46%). Non solo, questo rapporto
che si instaura con la voce crea un
forte calore ed empatia (41%).
L’assenza di immagini unito al potere evocativo della voce, poi, ne
fa un vero e proprio strumento
liberatorio (38%).
Non a caso la radio riesce ad essere molto piu’ trasgressiva di qualsiasi altro media e sono in molti,
per il 35% degli esperti, a giudicarla sensuale, ma c’e anche chi la vive
c
o
m
e
consolatoria
(29%).
Tutti elementi
che si aggiungono
a quelle che sono
le caratteristiche
che vengono normalmente associate alla radio,
come la compagnia (48%), il divertimento (43%)
e il relax (39%).
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ARSSA CESA N° 7 PIANA DI GIOIA TAURO ROSARNO
Chiusura delle giornate
micologiche
Rosario Franco
Giffone – La Sagra del fungo di
Giffone, ha chiuso i battenti con le iniziative dedicate alla gastronomia.
L’interessante due giorni dedicata alla
micologia, è stata preceduta sabato 21 ottobre, nell’Oratorio San Bartolomeo, da
un convegno organizzato dall’Associazione Culturale e Micologica
Giffonese, i cui lavori sono stati coordinati dal giornalista Umberto di Stilo.
Il convegno è stato aperto dal Sindaco
di Giffone e Presidente dell’Associazione, Antonio Albanese, che ha salutato e
ringraziato i presenti per la partecipazione.
Per l’Università Mediterranea di Reggio
Calabria sono intervenuti il Prof. Giuseppe Bombino del Dipartimento di
Scienze e Tecnologie Agroforestali e
Ambientali ed il Prof. Giuliano
Menguzzato docente di Selvicultura, che
hanno illustrato un programma di miglioramento
microambientale per aumentare la produzione
micologica.
Il micologo Dr. Vittorio Capocasale ed Eugenio Porcelli vicepresidente della Confederazione
Micologica Calabrese, hanno parlato di tossicologia
e più in dettaglio degli aspetti tossicologici ancora
poco studiati, quali l’avvelenamento da accumulo.
La direttrice didattica, Dr.ssa Concetta Manduci,
ha posto l’attenzione su scuola e valorizzazione del
territorio.
Nel suo intervento il geologo Prof. Giuseppe
Mandaglio ha fatto il punto sullo “stato dell’arte”
della “Sagra di Giffone” a quindici anni dal suo
esordio, dal tanto già intrapreso alle prospettive future.
Il Dott. Antonino Tedesco responsabile del SIAN
A.S. 10 di Palmi ha illustrato le tecniche che ogni
buon raccoglitore di funghi deve seguire.
La Dr.ssa Pia Rispoli, divulgatore agricolo
dell’ARSSA, ha infine esposto i progetti avviati per
la valorizzazione commerciale dei funghi di Giffone.
Durante la giornata, è stata presentata la fiaba
“La leggenda dei funghi colorati”, con l’intervento dell’autrice Perla Panetta e della giornalista Isabella Lo Schiavo e sono stati premiati gli alunni
vincitori del concorso: “I funghi velenosi: imparare a riconoscerli per evitare di consumarli”.
Il convegno, a cui hanno partecipato numerose
personalità del mondo politico e culturale, si è concluso con l’intervento della Dr.ssa Marcella Palermo, dell’Ispettorato micologico A.S. 10 di Palmi e
socia dell’Ass. Cult. e Mic. Giffonese, che ha trattato il tema della tossicità dei funghi spontanei ed
ha auspicato una maggiore sinergia tra gli operatori
pubblici e privati, per meglio individuare strategie
volte allo sviluppo integrato del territorio.
Molte sono state le iniziative a cornice dell’attività convegnistica.
Le scuole giffonesi hanno allietato la giornata con
musiche e poesie.
Sono state offerte le specialità gastronomiche a
base di funghi preparate dalla Scuola Alberghiera di
Polistena tra musiche e coreografie offerte dal gruppo folcloristico locale.
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Anche in Calabria arriva il
“satanismo”!
Denuncia del Vescovo contro le sette sataniche
Arcangelo Badolati
(Gazzetta del Sud)
COSENZA – Diaboliche sette.
L’arcivescovo Salvatore Nunnari
non riesce a celare le sue preoccupazioni.
Osserva la sala affollata di giornalisti, prende la parola, ringrazia i carabinieri per quanto fatto, ma appare
turbato.
L’operazione che ha restituito alla
chiesa calabrese i “bambinelli” rubati ad agosto gli ha ridato fiducia e
speranza ma, purtroppo, all’orizzonte, si profila un ben più inquietante
problema.
Dietro l’apparente paciosità della
provincia cosentina, cresce, infatti,
strisciante e pericoloso, un altro oscuro fenomeno: il satanismo.
L’alto Prelato ne accenna nel suo
discorso facendo riferimento alla celebrazione di messe nere e al furto di
ostie consacrate.
Poi si stoppa. Volutamente. Il tema
è delicato.
Dopo la conferenza stampa, però,
chiarisce alla Gazzetta le ragioni delle sue preoccupazioni.
«Il furto dei “bambinelli – afferma mons. Salvatore Nunnari – è opera di ladri che hanno agito su commissione.
Ladri ben individuati dai carabinieri.
Io, in questo momento, sono seriamente preoccupato da gravi episodi ancora più inquietanti dei furti
sacrileghi.
Mi riferisco a vicende che si sono
registrate a Cosenza e nel Paolano.
Vicende che ci confermano l’esistenza di scenari fino a pochi mesi
addietro solo ipotizzati».
Di che si tratta?
«Mi riferisco al satanismo che
sembra aver preso piede in terra
calabria.
Il ripetuto furto di ostie è il primo
segnale che abbiamo registrato.
Alla sacrilega profanazione
dell’Eucarestia sono purtroppo se-
guiti altri fatti ancora più preoccupanti».
Per esempio?
«Abbiamo trovato delle strane
tracce nelle cappelle di due diversi
cimiteri, riferibili alla celebrazione
di messe nere.
Tracce accompagnate da atti
vandalici compiuti contro arredi sacri.
Non mi faccia dire altro».
Avete raccolto testimonianze dirette di gente coinvolta in riti diabolici?
«Ho avuto, non nel segreto della
confessione, testimonianza diretta
del fenomeno da persona affidabile, seria e credibile.
È accaduto proprio nei giorni
scorsi».
L’Arcivescovo non aggiunge altro.
Mons. Salvatore Nunnari è un uomo
abituato al silenzio e alla preghiera.
Il fatto che abbia deciso di svelare
pubblicamente le sue preoccupazioni
lascia però intuire la vastità che il fenomeno del satanismo sta assumendo.
Riti blasfemi
e messe
nere
nei cimiteri
Lo spettro del maligno. Incalzato e
mediaticamente esorcizzato dall’arcivescovo Salvatore Nunnari. Il presule
ha pubblicamente svelato l’esistenza
di riti blasfemi compiuti all’interno
di cappelle cimiteriali, riferendo pure
d’aver personalmente raccolto la testimonianza di un uomo che fornirebbe un inquietante quadro sull’oscuro
mondo delle sette. Quando un religioso della statura di mons. Nunnari decide di rompere il silenzio su un tema
così delicato, significa che il fenomeno del satanismo ha ormai assunto
dimensioni preoccupanti. Furti
sacrileghi, tombe profanate, tracce di
messe nere, strane processioni
d’incappucciati che evocano sabba
notturni, scritte inneggianti al demonio sulla superstrada silana: l’ombra
del Male sembra in effetti allungarsi
sinistramente da un capo all’altro del
Cosentino. Gli ultimi gravi episodi
sono avvenuti a Paola e Crosia dove
sono state rubate, nottetempo, nell’agosto scorso, le ostie consacrate
custodite in due diverse chiese. Quattro mesi prima a Trenta, nella Presila,
qualcuno aveva fatto un’analoga irruzione in una struttura religiosa rubando le pissidi con le ostie e bevendo,
in segno di spregio, il vino usato per
celebrare la Eucarestia. Una parrocchia di San Giovanni in Fiore, lo scorso anno, ha invece affisso nella
bacheca un numero verde “antisetta”
(800. 228.866) dopo che nella città
silana s’erano verificati preoccupanti
episodi. Nella nostra provincia il fenomeno del satanismo appare dunque
più diffuso di quanto si possa immaginare. È tuttavia possibile tentare di
ricostruire una mappa della presenza
degli adoratori del principe delle tenebre solo esaminando le
segnalazioni di casi “sospetti” che si
sono verificati negli ultimi anni. Partiamo proprio dal capoluogo bruzio.
Nell’aprile del 1999 venne compiuto
un atto sacrilego in danno di una chiesa di Cosenza. Qualcuno, dopo essersi introdotto in pieno giorno nella
parrocchia di San Pietro e Paolo in
via XXIV maggio, pose in essere, per
la terza volta in pochi mesi, un gesto
blasfemo. Bruciando la tovaglia dell’altare e un libro di scritture sacre. A
metà degli anni ’90, invece, tracce di
messe nere vennero trovate in un vecchio edificio di Cerisano, ai piedi di
Monte Cocuzzo, nelle campagne di
Montalto Uffugo, a Pianette di Rovito
continua pagina successiva
Voci dal Sud
e a Bonifati. Nella primavera del 2003
atti vandalici di indubbia interpretazione, furono invece compiuti in una
necropoli di Terranova da Sibari. I diabolici vandali bruciarono corredi
funerari e resti umani. Ancor più grave quanto accaduto, più o meno nello
stesso periodo, a Cassano. Dove una
cappella cimiteriale, risalente ai primi dell’Ottocento, fu violata, le tombe profanate e le ossa degli scheletri
disseppellite e buttate alla rinfusa tra
le lapidi. Con lo scempio aggiuntivo
dei teschi coperti da escrementi. Il 14
aprile del ’99, sempre a Cassano, resti umani vennero rinvenuti dentro una
busta di plastica, in località “Madonna delle Grazie”. Vicino, tracce evidenti di un falò. Nell’ultimo anno
sono giunte segnalazioni inquietanti
da tre zone della provincia:
Castrovillari, Belvedere Marittimo e
San Giovanni in Fiore. Partiamo dall’area del Pollino dove il ritrovamento di resti umani, nel corso d’un intervento per lo spegnimento d’un incendio boschivo, il 25 agosto 2004,
in contrada “Calcinaia”, nel comune
di Morano Calabro, ha spinto gli stessi
inquirenti a ritenere concreta la possibilità della presenza d’una congrega di satanisti. Un’ipotesi corroborata dalla mancata identificazione del
cadavere, orrendamente mutilato, e da
altri episodi che nell’arco di pochissimo tempo hanno mirato la quiete
delle popolazioni di quella zona.
Qualche mese prima, infatti, erano
stati ritrovati, all’interno d’una
chiesetta sconsacrata di Saracena,
tracce di sacrifici animali e di riti in
onore del principe del male. La magistratura di Paola ha, invece, aperto
un fascicolo dopo il furto della
pisside contenente ostie consacrate,
avvenuto nell’autunno 2004 all’interno della chiesetta del Rosario a Belvedere Marittimo. Un fatto che era
stato anticipato da un’altra inquietante scoperta avvenuta a Cirella dove riti
satanici e messe nere, sarebbero state precedute da profanazione di cimiteri e trafugamento di tombe. A San
Giovanni in Fiore, il satanismo è diventato un “caso” esploso prepotentemente nell’estate di due anni addietro col furto di ostie consacrate dalla
chiesa dei frati Cappuccini. Qualche
tempo dopo, di notte, un gruppo
d’incappucciati venne intercettato,
quasi per caso, da un allevatore sve-
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gliato dai latrati del suo cane: «Sembrava una processione», raccontò il
testimone, «portavano dei lumini accesi e bestemmiando si dirigevano
verso la cava dei “Galli”». Nelle settimane successive, lungo la
superstrada
107, comparvero croci rovesciate color
porpora e simb
o
l
i
alfanumerici
inneggianti al
demonio. Sul
satanismo è
tornata a concentrarsi l’attenzione dell’opinione pubblica regionale
dopo la strage
di Caraffa costata la vita, nei
mesi scorsi, a
un infermiere,
alla moglie ed
ai suoi due figli. L’autore del
quadruplice
omicidio è stato trovato in
possesso di un
“contratto” stipulato col diavolo. Un “patto”
con
Belzebù siglato
in uno zoppicante italiano e
ricavato probabilmente da un
sito Internet. Al
di là del valore
del documento,
la vicenda ha riportato alla
memoria collettiva il rito
esercistico
casareccio durante il quale, a
metà degli anni
’90, venne uccisa una neonata a
Polistena e l’omicidio di un
ventottenne compiuto a San Pietro di
Amantea da una setta pseudo religiosa nel 1988. Fati terribili definiti
giudiziariamente.
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Hemingway: Foschi i suoi
trascorsi di guerra?
Un libro tedesco rivela presunti crimini operati dall’uomo di cultura
e getta l’ ombra del dubbio
di Guido Zeiss
(Gazzetta del Sud)
Ernest Hemingway si
sarebbe macchiato di
crimini di guerra durante la Seconda Guerra
Mondiale, uccidendo
122 prigionieri tedeschi.
La rivelazione è contenuta in un libro scritto
da un giornalista del
settimanale «Focus»,
Rainer Schmitz, di cui il
quotidiano «Bild» ha
pubblicato alcuni estratti.
Nel libro («Che ne è
stato del teschio di
Schiller? Tutto ciò che
non sapete sulla letteratura») il giornalista rivela il contenuto di alcune
lettere scritte da Hemingway, tra cui quella inviata il 27 agosto 1947 al suo editore Charles
Scribner, in cui raccontava le sue esperienze di
guerra. In essa l’autore de «Il vecchio e il mare»
scrive: «Una volta ho fatto fuori un crucco delle
SS particolarmente insolente. Quando gli dissi
che lo avrei ammazzato, il tizio rispose: “Non mi
ucciderai, perché hai paura e perché appartieni
ad una razza degenerata di bastardi. Inoltre ciò è
contrario alla convenzione di Ginevra”.
“Ti sbagli, fratello, gli risposi, e gli sparai rapidamente tre colpi al ventre, poi quando cadde
sulle ginocchia gli sparai in testa. Il cervello gli
è uscì dalla bocca o dal naso, credo”.
«Oltre ad aver incarnato il prototipo del
macho», commenta la «Bild», «Hemingway è stato anche un vile killer, che in guerra ha abbattuto
dei soldati indifesi?».
In un altro passaggio del libro viene citata la
lettera che Hemingway scrisse il 2 giugno 1950
da Arthur Mizener, professore universitario di
letteratura americana
della
Cornell
University, nello Stato di New York, in cui
affermò di aver ucciso 122 tedeschi.
Lo scrittore americano, vincitore di un
premio Nobel raccontò che uno di questi
aveva tentato di fuggire in bicicletta ed aveva non più di 17 anni,
«quasi l’età di mio figlio Patrick», nato nel
1928. Il giovanissimo
tedesco fu colpito alle
spalle da un proiettile
calibro 30, sparato
con il fucile di ordinanza M1 delle truppe americane.
Anche in una lettera dal fronte alla sua futura
moglie, Mary Welsh, Hemingway raccontò che
«qui è tutto molto carino e divertente, molti morti, bottino tedesco, molte sparatorie e un sacco di
battaglie».
Il fatto che nessun testimone delle esecuzioni
di cui lo scrittore si attribuì la paternità si sia
mai fatto vivo, fa chiedere al giornale se
«Hemingway voleva solo fare lo smargiasso o
se è stato davvero un killer, come egli stesso si
descrive».
Durante le operazioni della Seconda Guerra
Mondiale Ernest Hemingway fu al seguito di una
divisione di fanteria americana con il grado di
ufficiale e lavorò per il servizio segreto americano Oss, dal quale sarebbe poi nata la Cia.
Lo scrittore, che tra le altre cose era un grande
cacciatore e collezionista di armi, si tolse la vita
il 2 luglio 1961 sparandosi con un fucile da caccia della sua casa di Ketschum, nell’Idaho.
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Archeologia
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Programmi e prospettive per i beni culturali
ed archeologici del comune di Rosarno
Incontro con l’assessore Cosimo Ferrarini
gianluca sapio
È convinto che “…solo conoscendo
e rispettando il passato si può meglio
programmare il futuro…”, l’assessore
alla cultura del Comune di Rosarno
Cosimo Ferrarini.
Questa premessa induce a dedicare
una particolare attenzione alla nostra
storia ed alle testimonianze del nostro passato, ed
è ciò che la giovane amministrazione Martelli intende fare, così come ci ha confermato l’assessore Ferrarini in una recente intervista durante la
quale ha fatto il punto sui programmi della Giunta
Comunale nell’ambito dei beni archeologici e culturali.
L’intenzione è quella di ampliare l’offerta culturale e di continuare, valorizzare ed incrementare i
progetti della precedente amministrazione in ordine, non solo alla conservazione, ma anche alla promozione del patrimonio culturale rosarnese, con
specifico riferimento al parco archeologico, al
museo di Medma, al percorso della memoria ed
alla scuola di specializzazione.
In particolare, riguardo al museo di Medma, l’assessore ha reso noto che di recente è stato fatto il
punto della situazione tra il vice sindaco di Rosarno,
Gaetano Rao, l’assessore provinciale alla cultura
Larosa ed i rappresentanti della ditta che ha ultimato i lavori di sistemazione dei locali.
Si attende a breve la comunicazione della Soprintendenza archeologica di Reggio Calabria
per l’apertura del museo, che ospiterà anche gli uffici dei dipendenti locali della stessa Soprintendenza, in atto sistemati in una sede d’emergenza.
Abbiamo appreso inoltre che è intenzione dell’amministrazione istituire una sezione del museo
dedicata all’arte nella preistoria, l’allestimento, che
prevede anche la ricostruzione di un villaggio primitivo, sarà curato dal rosarnese Lino Licari, guida del C.A.I. ed appassionato di preistoria.
Sta procedendo altresì il programma di lavori per
la sistemazione del parco archeologico; è stato infatti di recente approvato, su proposta del competente assessorato (LL. PP.), il preliminare di progetto per la realizzazione, con i fondi PIT, della
recinzione e dell’impianto di videosorveglianza.
È questo, a nostro avviso, un passo importante
L’assessore alla Cultura del Comune di Rosarno,
Cosimo Ferrarini
che consentirà di tutelare meglio il territorio del parco e gli immobili in esso ospitati, sottraendoli agli
atti vandalici che, purtroppo, anche di recente si
sono verificati.
Altro progetto importante che qualifica culturalmente l’intera città di Rosarno è quello, già intrapreso e portato avanti dalle due precedenti amministrazioni, che riguarda l’istituzione della Scuola
di Specializzazione in archeologia.
Di recente sono stati ultimati i lavori nei locali
che ospiteranno la scuola e quanto prima l’Amministrazione Comunale promuoverà una conferenza di servizio, alla quale prenderanno parte, l’Università Mediterranea di Reggio Calabria, l’Amministrazione Provinciale e la Soprintendenza
per i Beni Archeologici, per definire le modalità
ed i tempi di apertura della Scuola.
La realizzazione di tutti i progetti in ordine ai Beni
Culturali ha, secondo l’assessore Ferrarini, “…come
obbiettivo la crescita armonica della città e presuppone rapporti di stretta e proficua collaborazione con la Soprintendenza per i Beni
Archeologici”.
Le premesse appaiono soddisfacenti, ma certo
rimane molto cammino da percorrere per “…promuovere – conclude l’Assessore – la crescita culturale di Rosarno e cercare una giusta sintesi fra
conservazione e sviluppo”.
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I siti archeologici di Oppido Mamertina
e le loro grandi potenzialità
In una conferenza recentemente tenutasi nel comune pianigiano
illustrate le nuove scoperte archeologiche e la nascita della
“Confederazione dei Comuni Italici”.
gianluca sapio
Quello che in questi ultimi anni è stato esplorato sotto gli ulivi delle contrade di Torre
Cillea e di Torre Inferrata nel comune di
Oppido Mamertina (RC) è un notevole patrimonio non solo archeologico, ma anche ambientale ed antropologico; questo è indubbiamente il dato più significativo emerso dalla
conferenza tenutasi il 5 ottobre scorso nel palazzo Grillo di Oppido Mamertina, nella quale, alla presenza di numerose autorità, sono
stati presentati i risultati delle ultime campagne di scavo effettuate sul territorio dagli
archeologi della Scuola di Specializzazione
dell’ Università di Matera.
Hanno preso parte alla conferenza il sindaco di Oppido dott. G. Rugolo; l’archeologa della Soprintendenza per i Beni
Archeologici nonché responsabile di zona R.
Agostino; l’archeologa M. Sica direttore degli scavi e docente presso la Scuola di
Specializzazione di Matera, alla quale è spettato il compito di illustrare le recenti scoperte e l’assessore provinciale ai Beni Culturali dott. A. Larosa. Non è invece potuto
intervenire, a causa di altri impegni il soprintendente regionale P.G. Guzzo.
La conferenza di Oppido è stata anche l’occasione per illustrare ai cittadini ed alla stampa una nuova iniziativa intrapresa dai comuni
di Oppido Mamertina e Palmi, per la provincia di Reggio Calabria e di quelli di Tortora
e di Santa Maria del Cedro per la provincia
di Cosenza, ossia la costituzione di una “Confederazione dei Comuni Italici” volta alla
riscoperta ed alla valorizzazione del patrimonio culturale ed archeologico, a questo proposito erano presenti in sala anche i sindaci
di Palmi e di S. Maria del Cedro.
“Noi riteniamo che l’archeologia possa essere il nostro futuro ed assieme ad essa si possano pianificare nuovi e significativi progetti
assieme agli altri comuni della Confederazio-
ne…”, queste la parole del sindaco di Oppido,
che nel suo intervento ha anche reso noto che
la locale Amministrazione del comune reggino
sta per realizzare, mediante i fondi APQ, un
primo parco archeologico in c.da Mella.
Riguardo alla nascita di una Confederazione di comuni italici si è espressa favorevolmente anche l’archeologa della Soprintendenza e responsabile di zona R.Agostino: “Dalla
stretta vicinanza culturale con l’area lucana
gravitante attorno al bacino del fiume Lao è
nata l’idea della Confederazione, per noi è un
ottima prospettiva avere la possibilità di studiare assieme l’area Lucana e quella Brettia
superando suddivisioni ormai vecchie... importante poi - sottolinea ancora la Agostino è che il pubblico veda qualcosa di concreto e
che si senta sul territorio la presenza politica”.
Protagonisti della serata sono stati comunque i siti fino ad oggi esplorati nel comune di
Oppido, nelle contrade di Torre Cillea, Torre
Inferrata e Castellace ; in particolare quest’ultima ha restituito nuovi dati riferibili al V sec.
a.C. su un area di indigeni italici circondati
dalla presenza greca (i locresi verso N ed E
ed i reggini a S); è stato possibile raccogliere
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in questi anni di scavi nuovi dati sulla viabilità, sull’urbanistica, sulla toponomastica e la
lingua (ritrovamento di bolli Brettii) ma anche sullo studio del sostrato naturale e culturale (archeo etnologia). “Il patrimonio a disposizione è notevolissimo anche sotto l’aspetto etnologico e naturale”, questo è stato uno dei motivi principali
sottolineati
da
R.Agostino per cui i siti di
Oppido rivestono grande interesse ed a tale proposito è stata preannunciata un’imminente
pubblicazione, curata dalle archeologhe M.Sica e R.
Agostino, che riguarderà in
specifico i nuovi ritrovamenti da loc.
Castellace, c.da Mella e loc. Palazzo.
I siti scavati quest’anno si trovano in un’area
a ramificazione molto stretta di corsi d’acqua, nei pressi di uno dei mitici “sette fiumi”
ricordati dalle fonti antiche (forse il Pecoli),
si è trattato, come sottolineato dall’archeologa M. Sica, di “…una delle rare occasioni in
cui è stato possibile esplorare un sito di abitato, una necropoli ed un santuario fra loro
connessi” – ha ancora sottolineato la Sica che
– “Castellace (con i suoi siti) è importante
perché ha dimostrato una continuità di vita dal
XII al III sec. a.C. e permette di colmare le
lacune cronologiche degli altri siti Brettii di
Taureana e di c.da Mella”. Dalle ricerche a
Castellace, nelle necropoli di torre Inferrata:
è stato possibile riportare in luce tra la ceramica arcaica soprattutto reperti di provenienza egea (micenea), punte di lancia bronzee provenienti dall’Epiro; è stato possibile ricostruire le tombe di IV sec. a C. che erano ipogee
ed a camera costruita; ed è stato confermato
che il santuario di “Eracle reggino”, nel quale in passato era stata ritrovata una lamina in
bronzo iscritta di V sec. a.C., non venne edificato dai greci calcidesi di Reggio dal momento che, già da età alto arcaica, quest’area
di Calabria a S del fiume Petrace non era greca.
Nel sito di Torre Cillea erano invece stati
ritrovati già in passato i resti di un abitato le
cui strutture più antiche risalgono alla fine del
VI sec. a.C., in particolare alcune porzioni di
strutture e di canalizzazioni prospicienti una
strada larga 6 m realizzata con un acciottolato
accuratissimo battuto e legato solo con terra.
Queste ultime strutture sono poi parzialmente
coperte da altre strutture di un abitato del IV
sec. a.C. del quale quest’anno è stato portato
in luce anche un incrocio fra due arterie stradali.
Tra i reperti ritrovati oltre a
numerosissimi frammenti di ceramica a vernice nera e di grossi recipienti (pithoi), uno dei
quali decorato sulla spalla, di
anfore, di pesi da telaio, sono
stati ritrovati quest’anno numerosi reperti protostorici, fra cui
frammenti di lamelle in selce
rossa, che sono quasi certamente indice della
presenza di un abitato di molto precedente alle
strutture fino ad oggi portate in luce.
Numerose sono anche state le monete ritrovate nel sito, una in particolare ha suscitato
l’attenzione degli studiosi dal momento che
costituirebbe un vero e proprio unicum, si tratta di una moneta di V sec. a.C. recante sul
rovescio le lettere ME e pertanto, secondo
l’esperta numismatica dell’Università di
Matera G.Gargano, proveniente dalla città greca di Medma e valida solo per un brevissimo
lasso di tempo.
La grande quantità di nuovi ritrovamenti
provenienti dai siti di Oppido ha notevolmente
colpito anche l’assessore provinciale ai Beni
Culturali A. Larosa che dopo aver confermato che “Le risorse di Oppido meritano anzitutto attenzione, sostegno e vicinanza” ha indicato la direzione verso la quale il suo assessorato intende operare ricordando che “è
più proficuo procedere un passo per volta,
tentare di far si che questo patrimonio archeologico diventi anzitutto un patrimonio di tutti…. Il bilancio della provincia – ha concluso l’assessore Larosa – è in grado di procedere, con l’ausilio degli archeologi, con piccoli ma significativi interventi. È pertanto necessario fare squadra fra amministratori locali, Soprintendenza e Provincia, dal momento che è proprio in questa direzione che va
l’idea della Confederazione dei Comuni
Italici”.
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Avvistato un “ufo”
nella Valle dei Templi
( Gazzetta del Sud )
AGRIGENTO - Un’enorme palla di luce di
diversi colori, per ore ferma in mezzo al cielo,
ha suscitato la curiosità di un ristoratore
agrigentino che, telecamera alla mano, la scorsa
notte, ha filmato le immagini dello strano oggetto avvistato nella zona della Valle dei Templi.
Il video verrà trasmesso questa sera dall’emittente locale Televideo Agrigento che manderà
in onda la singolare ripresa nell’edizione del notiziario delle 20.
“E’ un filmato straordinario - commenta Antonio Vanadia, ambientalista appassionato di
ufologia - ed a mio avviso siamo davanti a quello che gli studiosi classificano come incontro
ravvicinato del I° tipo”.
Tutto è cominciato intorno all’una.
Il ristoratore, Gian Paolo Guarraci, era in auto
con la moglie e tornava verso casa. E’ stata la
donna a notare, per prima la strana luce. “Era un
oggetto enorme - racconta Guarraci - e dal nucleo centrale si sprigionava un’aura circolare
che cambiava colore: sembrava pulsare”.
L’oggetto sarebbe rimasto fermo sempre nello
stesso punto per circa due ore. Arrivato a casa il
ristoratore ha cominciato a riprenderne le immagini e questa mattina ha deciso di mostrarle agli
operatori di Tva. “Sono assolutamente certo dice Vanadia - che non si tratti di un fulmine
globulare: il cielo era assolutamente terso. Posso escludere anche che fosse un meteorite: la
luce era immobile mentre i meteoriti si muovono a fortissima velocità”.
E l’immobilità dell’oggetto induce l’ambientalista anche ad escludere che si sia trattato di un
elicottero o di un aereo.
“Dal nucleo - commenta - si sprigionava una
luce di diversi colori: azzurra, violetta, rosa il
che ci impedisce di ritenere fosse una stella”.
Il video, nei prossimi giorni, verrà visionato
anche dagli esperti siciliani del Centro Ufologico
non nuovi a simili esperienze.
“Solo nel 2005 - spiega Vito Di Stefano, rappresentante del Cun - gli avvistamenti sospetti
in Sicilia sono stati 30, tutti pubblicati e ben
documentati sul notiziario specializzato dell’associazione”.
Ed è stato proprio Di Stefano, nell’estate del
2005, a esaminare un altro strano video, girato a
Canicattì, sempre nella provincia di Agrigento.
Un giovane operatore di un’emittente privata,
Europa Tv riprese un oggetto non identificato. “Lo
abbiamo studiato per sei mesi - dice Di Stefano
, matematico che collabora col Cun insieme ad
astrofisici ed astronomi - e abbiamo escluso che
si trattasse di un pianeta”.
L’avvistamento fu seguito da un altro strano fenomeno.
A Delia, centro della provincia di Caltanissetta
che si trova a pochi chilometri da Canicattì, nottetempo, in un campo di grano, apparvero strani
disegni circolari.
“Crop circle”, li chiamano gli esperti della
materia: in Sicilia finora non se ne erano mai visti.
Uno simile era stato segnalato, sempre di notte, a maggio del 2005 in provincia di Lucca.
Immagini delle figure circolari vennero inviate
al Cun che raccomandò il proprietario del campo di non vendere il grano ricavato dalle spighe
che si trovavano ai margini del cerchio. “In casi
simili - dice Di Stefano - occorre essere molto
attenti perché i burloni e i mitomani sono più di
quel che si sospetta”.
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Piana di Rosarno - Gioia Tauro
Il regno degli olivi
piu’ grandi del mondo
Rosario Franco
La Piana di Rosarno - Gioia
Tauro che abbraccia sia il territorio degli omonimi comuni che
quello di altri 32 Paesi, è fortemente caratterizzata dalla presenza della coltura dell’olivo,
che in questo territorio cresce
con enorme vigore soprattutto con le varietà
locali,
“Sinopolese”
ed
“Ottobratica”, e segna in maniera
inconfondibile il paesaggio rurale.
Il 70% del territorio pari a circa 30.000
ettari, con oltre 2.342.000 piante di olivo è interessato da questa attività produttiva e che incide profondamente sull’economia dell’intera zona.
Qui l’olivicoltura rappresenta una sorta
di “monumento ambientale” che molto contribuisce alla caratterizzazione e alla
valorizzazione del territorio agrario circostante.
Per la notevole importanza economica e
sociale posseduta, la coltura dell’olivo è
costantemente al centro dell’attenzione da
parte degli olivicoltori, di politici, economisti e studiosi di scienze agronomiche,
ambientali, sociali, antropologiche, geografiche, con la constatazione univoca che
si è creato, nel corso dei secoli, in questo
territorio, un sistema olivicolo che, per le
caratteristiche morfologiche e ambientali
non comuni, possiamo dire che è unico al
mondo.
Enormi pachidermi vegetali, con imponenti strutture arboree identificano il misterioso fascino dei luoghi.
La maestosità degli alberi, con il verde
argentato delle foglie e i grandi tronchi intrecciati che si coniugano in maniera indissolubile alla morfologia del territorio
dove, nel corso dei millenni le varietà di
olivo si sono differenziate ed evolute, hanno spinto numerosi studiosi ad occuparsi
di questo sorprendente areale, crogiuolo
di storia, cultura, arte, tradizioni che si
fondono in un tutt’uno con l’ambiente in
cui l’olivo si erge a protettore, diventando, geloso custode di secolari segreti.
Non è possibile stabilire con buona pre-
cisione l’origine del “bosco degli ulivi”,
è fattibile invece determinarne l’evoluzione subita nel corso del tempo, a seguito
della quale oggi si ha nella Piana la presenza di due areali:
- la bassa Piana, fino all’altezza di 320
metri s.l.m.;
- la parte collinare della Piana, fino ai
bordi
del
Parco
Nazionale
dell’Aspromonte, a circa 600 metri di quota, dove gli olivi hanno un indubbio grande significato ambientale e storico su terreni terrazzati o in pendenza.
In queste zone il paesaggio olivicolo ha
un carattere per molti versi unico, che gli
è conferito dalla eccezionale età delle
piante e, insieme, dalla fittezza della copertura vegetale; l’associazione di questi
due fattori dà luogo a veri e propri boschi
di ulivi, nei quali si riscontrano alberi con
altezze imponenti (15-20 metri) e sezione
al tronco di notevole superficie, estesa
fino a 13 m 2 .
Una delle massime espressioni della
maestosità delle piante è possibile trovarla
nell’azienda Guerrisi, nel Comune di
Cittanova qui, in questo luogo meraviglioso ed incantato, esiste una pianta che ha
una ragguardevole circonferenza del tronco di ben 16 metri, e un’altezza della chioma che sfiora i 30 metri.
Tutto il territorio si presenta come una
grande estensione monocolturale ed è il
frutto di una lenta opera di bonifica da
parte dell’uomo, che nel tempo ha conquistato ad un’agricoltura produttiva un ter-
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ritorio inospitale.
Olivi secolari, più o meno antichi, sono
presenti in tutti i comuni della Piana, anche in quelli non spiccatamente olivicoli.
Essi hanno resistito, grazie anche alla
longevità della specie a molte delle calamità naturali che nel corso della storia
si sono succedute in questa zona.
Per alcuni di questi oliveti la funzione
dovrebbe essere complementare o alternativa alla funzione produttiva.
E’ necessario avviare delle iniziative
necessarie per la conservazione degli
“olivi ultrasecolari” e del relativo paesaggio rurale, inserendoli possibilmente
in un circolo virtuoso di sviluppo, legato
all’attivazione di tutte le componenti sociali, economiche e culturali che coinvolgono il sistema produttivo e culturale
calabrese.
Per queste piante è necessario studiare
interventi tecnici tesi ad agevolare le operazioni colturali ed a incrementare la produzione, salvaguardando l’integrità delle
piante.
Idonei sono anche gli interventi di restauro e messa in sicurezza degli alberi
monumentali.
Si dovrebbero sostenere le funzioni non
produttive dell’olivicoltura da tutelare sostenendo e riconoscendo il ruolo degli
agricoltori che con il loro lavoro, proteggono beni e valori che possono diventare di interesse collettivo.
Per gli oliveti secolari della Piana di
Rosarno-Gioia Tauro, è opportuno avviare una indagine sul territorio, una valutazione della loro diversità, tipicità, integrità, rarità fino a disporre di un inventario dei paesaggi attraverso il quale sia
possibile individuare quali devono essere conservati come “paesaggio museo”,
testimonianze viventi della civiltà
olivicola calabrese, quali invece vanno
guidati nella loro evoluzione tecnica mantenendo quella multifunzionalità produttiva, ambientale e culturale che è propria
della loro storia e quali debbano essere
riconvertiti.
Il paesaggio olivicolo della Piana di
Rosarno - Gioia Tauro, come elemento
originale ed unico, può rappresentare per
gli olivicoltori un valore economico, basta saperlo legare ad interessi commerciali, alle tradizioni locali e alle volontà
politiche, situazioni indispensabili per
costruire un futuro per questo patrimonio.
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Nuovo business ai danni dell’ecosistema
Tratta di ulivi secolari
L’economia della Piana rischia di indebolirsi
di FRANCESCO PAPASIDERO
(Il Quotidiano)
POLISTENA - Sembra sia ormai diventata una moda che serve ad abbellire le ville
del Nord Italia.
Di cosa si tratta? Certamente di un nuovo
business: la tratta degli alberi di ulivo secolari che vengono sdradicati dalla terra
calabrese per essere impiantati nelle ricche ville del nord
Italia.
Una tratta di alberi (che in alcuni casi risultano essere,
addirittura, monumentali) che dalle regioni del Sud vengono rimossi per essere poi spediti a fare bella mostra di
se nei centri commerciali del Nord-Est, nelle ville del
Nord Italia e dell’Europa centrale.
I prezzi? Si va dai tremila fino ai diecimila euro per
albero.
Il problema serio è però quello che riguarda la ripercussione economica sul territorio.
Il crescente asporto di piante si ripercuote in maniera
negativa sull’economia dato che milioni di alberi presenti sul territorio vengono quotidianamente lavorati da migliaia di aziende agricole, soprattutto per produrre olio
da tavola.
La legislazione vigente a tutela delle piante secolari
appare comunque scarsa.
Il commercio di alberi d’ulivo avviene nonostante le
normative vigenti che tutelano queste piante: attualmente, l’unica legge in vigore è quella del 1961, la n. 145 che
rende possibile lo spiantamento tramite una semplice autorizzazione rilasciata dall’Ispettorato Provinciale dell’Agricoltura.
Per lunghi anni i produttori si sono attenuti a questa
norma, ma ora, forse a causa dei magri guadagni e della
grossissima concorrenza dei paesi del bacino del Mediterraneo produttori di olio, hanno deciso, poco a poco, di
disfarsene.
Il fenomeno coinvolgerebbe la Calabria e la Puglia.
Anche nella Piana di Rosarno/Gioia Tauro, territorio con un suo unicum specifico delle colture olivicole
sembra essere interessata a questo fenomeno.
Ufficialmente nessuna reazione sembra emergere nella nostra Regione e per questo sarebbe bene che anche
dalla Calabria arrivasse un segnale di attenzione e di controllo come già dallo scorso anno accade in Puglia dove
sono nati numerosi Comitati ed Associazioni con lo scopo di fermare questa continua “ruberia” di preziosi alberi di ulivo.
L’unico segnale arrivato dalla Calabria è da Amantea
dove il Wwf ha documentato lo scorso anno un continuo
traffico di Tir carichi di ulivi diretti verso il Nord.
Un altro aspetto negativo di tutta questa vicenda è anche quello legato all’estinzione di alcune specie.
Pare che il continuo sradicamento di questi alberi, nel
giro di breve tempo, porterà alla totale cancellazione di
alcune specie di ulivo (n.d.r. cultivar autoctone) che risultano essere abbastanza rari.
Dulcis in fundo, il continuo abbattimento di questi alberi a lungo andare creerà delle paurose “voragini”, come
dimostrano alcuni spazi vuoti che si scorgono percorrendo l’autostrada Salerno- Reggio Calabria, provocando una
sorta di “impoverimento” del paesaggio e deturpandone
la bellezza.
n.d.r. - In effetti la normativa riportata dal collega Papasidero tenterebbe di porre un freno al fenomeno.
Tuttavia è stata concepita, more
solito, in fretta e con molta disattenzione dal momento che permette
una potatura molto decisa delle piante (qui detta alla “barese”) che lascia libera scelta sul modus di intervenire sulla pianta in fasse di
potatura.
Questa può si realizza con il taglio
completo del fusto a circa 1,50 / 2
metri dal piano di campagna, lasciando quindi intonsa la radice ed un solo
ramo che permetta alla pianta il ciclo vitale e la fotosintesi clorofilliana.
“Normalmente” questa imposizione
viene rispettata, ma dopo un annetto, a bocce ferme, la pianta viene
estirpata e mandata al nord Italia
come pianta di ornamentale.
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L’albero che “assiste” alla Storia - Ulivo, pianta pluricentenaria!
Nasce in Calabria
l’ Associazione Coltivatori Uliveti
Storici (A.C.U.S.)
di Atremon
(articolo a suo tempo pubblicato da “La Città del Sole”)
Per iniziativa di un gruppo di ulivicoltori è stata costituita l’ “Associazione Coltivatori Ulivi Storici”,
(A.C.U.S.) con sede in Delianuova (Reggio Cal.) .A dare vita al nuovo sodalizio sono stati il dott
Saverio Greco ( in nome proprio e quale Presidente
della Cooperativa Delia), il marchese Pier Luigi
Taccone, il conte Franz Rodi-Morabito, il professore Domenico Gioffrè docente titolare della cattedra
di arborologia presso l’ Università di Reggio Calabria,
il rag. Giuseppe Guadagnino, l’avv. Francesco
Ciani, il dott. Pasquale Carbone.
Lo scopo che l’Associazione si prefigge è sopratutto
quello di salvaguardare questo enorme patrimonio storico che la Calabria, unica al Mondo, può vantare.
Infatti solamente in questa fascia tirrenicaaspromontana della Calabria esistono piante di tali dimensioni da essere considerate alla stregua di vere e
proprie querce e che costituiscono così un vero e proprio Museo Naturale all’aperto.Motivo di orgoglio è anche derivante dalla coscienza che queste stesse piante esistevano, producevano
ed erano fonte di vita e di benessere anche quando in
Francia si faceva la Rivoluzione, anche quando Napoleone scorazzava per l’Europa con le sue truppe,
anche quando Garibaldi attraversava lo “stivale” per
realizzare l’ Unità d’ Italia, ed alla loro ombra vi si
accampò con i suoi soldati.L’ ulivo è per sua natura una pianta molto generosa, resistente alle calamità naturali ed oltremodo longeva, per cui nella loro lunghissima vita sono state
testimoni mute degli eventi di parecchie generazioni.
Ma in quesa zona, unica al Mondo dicevamo, la
natura ha voluto fare di più! ha concesso un
gigantismo inconsueto che incute rispetto e genera
amore in chi da esse trae ancòra fonte di vita ed fra
coloro che le ammirano estasiati dalla loro maestosità.
Quelle stesse piante che hanno assistito per lunghi
secoli allo svolgersi della storia, ancora oggi continuano a produrre ricchezza per le popolazioni del territorio e diffondere “salute” attraverso un prodotto sano
e nutriente, che costituisce la base della dieta mediterranea: l’ olio di uliva.
Era ineluttabile, quindi, che agricoltori sani ed appassionati quali sono i fondatori di questa Associazione, ne sentissero l’orgoglio e pensassero a qualcosa
che le possa curare con devozione (come si curano
tutti i Patriarchi!) e le difenda, per quanto possibile,
dall’ insulto del tempo, e, cosa molto più difficile, da
quello dell’uomo !
Ulivo plurisecolare ancora in piena produzione nella
“Tenuta Badia” di Rosarno (RC) nel luogo ove
sorgeva l’ultimo monatero Basiliano della Calabria
Gigantismo delle piante nella stessa proprietà
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Gestione della “metcalfa pruinosa“
negli oliveti della Calabria
Dr. Rosario Franco (Divulgatore Agricolo Specializzato in Olivicoltura ARSSA – Calabria)
Dr. Rosario De Leo (Divulgatore Agricolo Polivalente ARSSA - Calabria)
Dr. Luigi Scolaro (Presidente Associazione Agronomi Calabria)
Dr. Santino Luppino (Responsabile QC& International Service Regione Calabria)
L’ insetto Metcalfa
pruinosa (say) di origine americana, giunto in
Italia intorno al 1980,
negli ultimi anni si è
insediato e moltiplicato
intensamente anche in
Calabria, risultando particolarmente dannoso grazie alla sua polifagia
e all’assenza di antagonisti naturali. La sua rapida diffusione nei frutteti ed oliveti calabresi a partire dal
1999, anno della sua prima massiccia segnalazione in Regione, ha allarmato molti operatori del settore. La presenza del parassita ha determinato un progressivo squilibrio
degli ecosistemi locali, soprattutto in alcuni comprensori agricoli a
fortissima vocazione olivicola
come la piana di Rosarno-Gioia
Tauro e di Lamezia Terme.
Da una stima effettuata sul territorio, si è desunto che il danno complessivo provocato dall’insediamento del patogeno ammonta a oltre
2.500.000,00 di Euro all’anno, a
cui bisogna aggiungere l’inestimabile manomissione dell’ ambiente
dovuta all’uso indiscriminato di
prodotti chimici utilizzati per la
lotta al parassita.
La scelta di puntare sulla lotta
chimica non è stata la soluzione più
conveniente, ne quella risolutiva; la
copertura di cera e melata prodotta
dall’insetto, rende innocua l’attività dei fitofarmaci utilizzati, inoltre
la spiccata “polifagia” del parassita costringe gli operatori agricoli a trattare con una vasta gamma di
prodotti chimici, provocando solo
effetti negativi sulla struttura e sulla funzione degli ecosistemi.
Questa particolare e negativa situazione, ha spinto alcune organizzazioni di produttori (Interpiana,
Conasco, Apor, Arpo, Assoprol), ad
avviare nel 2004, proseguito poi
nel 2005, un progetto di lotta biologica contro il parassita.
L’iniziativa,
prevedeva l’abbattimento del
flatide mediante
l’introduzione e
la diffusione del
suo più efficace
antagonista naturale, l’imenottero di origine
nordamericana,
Neodryinus
typhlocybae
(Ashmead)
completamente
assente nelle aree interessate.
E’ stato messo a punto un programma di lotta biologica classica,
caratterizzato da una logica territoriale ed una serie poliennale di interventi così sintetizzabili:
1. introduzione del driinide;
2. verifica dell’insediamento;
3. trasferimento delle conoscenze su scala locale;
4. valutazione delle prospettive
di controllo della metcalfa;
5. progressiva diffusione del
driinide su tutto il territorio.
Programma delle attività.
Il programma del progetto, ha riportato sotto un’unica regia le attività di introduzione e diffusione del
driinide. L’azione ha interessato
zone di remota colonizzazione di
Metcalfa pruinosa come la piana di
Rosarno-Gioia Tauro e zone dove la
diffusione del flatide è più recente.
Mediante sopralluoghi preliminari, sono state valutate e selezionate
30 aree di lancio avendo cura di accertare la presenza dell’ospite naturale di Metcalfa pruinosa. In questi siti, sono stati introdotti tra la
fine di maggio e l’inizio di giugno,
popolazioni
di
Neodrynus
typhlocybae con 200-300 individui di cui minimo 100 femmine.
Ogni singolo lancio, è stato suddiviso in due sottounità, consistenti
in involucri di rete rigida a prova di
predatori, che sono state agganciate alla vegetazione. La divisione in
due, ha evitato una eccessiva concentrazione delle femmine del
drinide in un unico punto che poteva determinare una competizione
intraspecifica e, in qualche modo,
un calo di fecondità o comunque, di
attività.
Dopo i primi monitoraggi delle
aree pilota, si è proseguito con altri lanci allo scopo di costruire una
rete più o meno omogenea di insediamento dell’antagonista sul territorio interessato dagli attacchi di
Metcalfa.
Nel corso dell’estate, sono state
effettuate le osservazioni in campo
necessarie per accertare l’attività
delle popolazioni introdotte, mentre nel mese di ottobre, è stato effettuato un lavoro di monitoraggio.
Agli agricoltori che hanno aderito al programma, nelle aree di intervento è stato imposto di:
1. Non effettuare trattamenti
antiparassitari.
2. Non eseguire alcuna lavorazione del terreno.
3. Non effettuare diserbi.
5. Non consentire il pascolo di
animali.
6. Consentire l’accesso nei fondi interessati al rilevamento dei dati
sperimentali solo ai tecnici inca-
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ricati.
7. Non manomettere
l’integrità delle cassette del lancio.
8. Non spostare l’originaria collocazione del
lancio.
Risultati ottenuti
Poiché spesso per
motivi diversi la presenza del bozzolo viene rilevata a distanze elevate,
anche superiore ai 100
metri, è stato stabilito
che il metodo per il rilevamento dei dati più significativo in questa circostanza era quello
del numero di involucri ritrovati, indipendentemente dal tempo, distanza e tecnici impiegati.
Pertanto il livello di parassitizzazione da parte del Neodryinus
typhlocybae è stato espresso nel seguente modo:
ASSENTE : NESSUN BOZZOLO TROVATO
SCARSA : TROVATI 1 o 2 BOZZOLI
BUONA : TROVATI DA 3 a 10
BOZZOLI
OTTIMA :TROVATI OLTRE 10
BOZZOLI
In tutte le aree monitorate, sono
stati riscontrati i segni dell’attività
del drinide attraverso il ritrovamento di forme giovanili di metcalfa
parassitizzate (bubboni) o di larve
del driinide (bozzoli), con un livello di parassitizzazione superiore a
20. E’ emersa una certa correlazione tra l’attività del N. typhlocybae
osservata e la tipologia dell’area.
Dove il tipo di vegetazione ed il
microclima ha determinato una presenza abbondante e più stabile della Metcalfa (presenza elevata di forme giovanili e adulte), il driinide ha
manifestato un’attività maggiore
(superiore a 50, di cui il 45% di
Bubboni e il 55% di Bozzoli), al
contrario quando le infestazioni
sono ridotte, il driinide segue la
rarefazione del suo ospite e tende
probabilmente a disperdere la sua
azione (superiore a 20 di cui il 40%
di Bubboni e il 60% di Bozzoli).
Nelle aree con particolari
conformazioni territoriali, dove i
rilievi numerici sono risultati relativamente bassi (fino a 10), i risultati non sono da giudicare negativi,
poiché lo scopo dei lanci, che è
comunque l’introduzione della specie, in vari modi è stato conseguito. Dal monitoraggio condotto nei
diversi siti sulla piana di RosarnoGioia Tauro, è emerso un ottimo risultato di adattamento del
parassitoide di M. pruinosa alle
condizioni ambientali della
Calabria.
L’obiettivo del progetto, che era
quello di abbassare le popolazioni
di M. pruinosa, attraverso la lotta
biologica, evidenzia sicuramente
buone premesse anche se gli effetti benefici risulteranno dilazionati
nel tempo e dipenderanno soprattutto dall’intensificazione su tutto
il territorio interessato al problema, del numero di lanci del parassitoide in modo tale da consentirgli di diffondersi al pari del suo
ospite. Il giudizio generale è quindi da ritenersi molto positivo. In
termine di sviluppo futuro occorrerà proseguire con le osservazioni nelle aree di lancio per appurare
l’avvenuto insediamento del driinide. Parallelamente dove necessario,
occorrerà intervenire con l’introduzione del driinide soprattutto nelle
aree a maggior diffusione di
Metcalfa od in quelle dove il parassita si è insediato più recentemente.
Convenienza economica
Relativamente ai costi da sostenere con questo sistema di lotta, va
specificato che il procedimento
trova rispondenza efficace su
comprensori territoriali abbastanza
vasti. Va anche detto che l’azione,
oltre ad una salvaguardia
dell’ecosistema, è anche finalizzata all’introduzione del nemico naturale della Metcalfa in territori
dove questo è completamente assente, considerato anche l’origine non
endemica
del
parassitoide. Il costo per
ogni lancio, che comprende due cassette che
contengono circa 300 individui di N. typhlocybae,
è di circa 1500 •. Con
ogni lancio, che viene fatto a circa un km di distanza uno dall’altro, si coprono mediamente superfici
da 5 / 6 ha. L’ampiezza della superficie è legata alle condizioni morfologiche dell’area da trattare.
Naturalmente, nella diffusione
del driinide, è necessario trovare
siti idonei (oliveti in cui non si fanno trattamenti, siepi, piccoli boschetti, ecc.). Non è possibile fare
un confronto economico tra i trattamenti tradizionali e il metodo
proposto in precedenza. Va comunque precisato che nel lungo periodo e su ampie superfici, l’introduzione del N. typholocybae permette agli agricoltori di contenere la
diffusione della M. pruinosa limitando i costi e salvaguardando,
contestualmente, in modo significativo tutto l’ecosistema.
Conclusioni
La lotta biologica con l’ausiliare
N. typholocybae, potrebbe nel
prossimo futuro risolvere il problema di questo patogeno, soprattutto
contenendo drasticamente l’utilizzo eccessivo degli insetticidi.
Nemmeno l’elevata polifagia di
Metcalfa pruinosa deve spaventare
più del dovuto; anzi, tra le piante
ospiti ce ne sono molte che non
avendo interesse agrario, non vengono trattate e costituiscono quindi un prezioso serbatoio di organismi utili o di potenziale mantenimento dell’imenottero introdotto.
Il flatide è dunque un parassita con
cui bisogna imparare a convivere
più o meno pacificamente, combattendolo solo con tecniche biologiche, senza intraprendere lotte drastiche che non portano ad alcun vantaggio ne per l’uomo, ne per l’ambiente.
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Gaetano Grillea
Un delicato poeta in vernacolo di cui Rosarno
si gloria e ne porta vanto
fromor
Per volontà dei figli Antonio, Francesco ed Enzo ha visto la luce postumo, per
i tipi di Jonica-Trebisacce, una raccolta
di poesie in vernacolo scritte dal Poeta
rosarnese, Gaetano Grillea.
Una raccolta toccante di spaccati di vita
quotidiana ingentilito dalla prefazione del
prof. Pino Lacquaniti.
Ma chi era il Poeta di cui ci onoriamo
essere compaesani?
Gaetano Grillea nasce a Rosarno il 26 aprile 1917,
da Vincenzo e Concetta De Salvo.
In tenerissima età perde il padre, morto nella prima
guerra mondiale.
Gli anni difficili della sua infanzia gli consentono
di completare solo la scuola elementare, ma la sua
grandissima voglia di sapere, lo stimola a frequentare famiglie in possesso di prestigiose biblioteche, dove
arricchisce la sua cultura.
Durante il secondo conflitto mondiale, richiamato
alle armi, viene catturato e deportato dai Tedeschi in
vari campi di prigionia nei Balcani.
Impiegato comunale dal 1947, dirige l’ Ufficio Elettorale rosarnese per 26 anni.
in occasione degli eventi politici locali e nazionali
del 1946 pubblica i poemetti Votamu pe’ Giordanu,
P’ ‘e votazzioni cumunali i Rosarni, Repubblica o Monarchia?
Di seguito pubblica numerosi componimenti in vernacolo ed in lingua su diversi giornali e prestigiose
riviste, tra le quali in particolare la storica e colta
“Calabria Letteraria “.
Partecipa a varie rassegne di poesie dialettali, ottenendo prestigiosi riconoscimenti e premi.
Muore a Trebisacce (CS) il 6 agosto 1993, all’età di
76 anni.
MI NSONNAI A’ MMAMA
E mi parìa ca ‘a mamma i Filaricu
a mmama ( nt’a putigha ) nci spiava:
“Donna Cuncetta avìstiu
“lìttara i vostru figghiu?
E chi! Non sacciu nenti Donna Rosa,
non sacciu cchiù com’àju pemm’a pigghiu:
Avi tridici misi chi aspettu ncarchi cosa,
jornu pe jornu spiu a Vrigoruzzu,
ma idhu guarda, jiza i pinnolara e carmu mi
rispundi:
No, non c’è nenti ‘onna Cuncetta cara.
Cu’ sa com’ora comu è chi s’a passà,
cu’ sapi se moriu
e comu u tempu passa, o Donna Rosa,
di cchiù jeu mi picciu.
‘A testa mila sbattu mura mura,
penzu ca i l’àutra guerra
pàisa non tornau
e mo stu figghiu pe sta guerra mpama
cu’ sapi undi minau.
O Donna Rosa, su malata e vecchia,
mi resta pocu tempu di campari
e mi pari ca moru
senza m’u vìu tornari.
“Vu’ chi diciti Donna Cuncettuzza?
“Quali penseri strani vi frùscianu la testa?
“Speramu a la Divina Providenza,
“pregamu a Santantoni,
“tenimu fidi, ànimu e pacenza
“e vu’ viditi ca Gaitanu torna.
“M’u dici u cori, sentu la prisenza!
E ngià! Mi ncoraggiati Donna Rosa,
ma nta stu cori i mamma
chi nc’è? Disperazzioni!
E mannaja li guerri e cu’ li voli!
Mannaja cu’ ndi faci mu campamu
affritti e scunsulati.
Jeu paci cchiù no nd’àju,
jeu cchiù non mi cunortu,
i soru soi non pàrranu ca puru idhi pènsanu
ca se no scrivi è mortu.
Gesù! Fammi la grazzia:
na vota sula ancora vidiri lu vorrìa
e poi, se mi fai mòriri,
cuntenta morarrìa.
da Esseg-Delic (Ungheria), ottobre 1944
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Laboratorio Teatrale ‘76
Mimmo Cannizzaro
mette nel carniere dei suoi successi
anche un Premio Europeo
Francesco Condoluci
(Il Quotidiano)
ROSARNO - E’ un trentennale davvero indimenticabile quello del ‘Laboratorio Teatrale ‘76”, la
compagnia di teatro amatoriale di Rosarno che nell’anno in cui ricorrono i suoi primi 30’ anni di
attività, sta facendo letteralmente incetta di premi e riconoscirnenti in tutta Italia.
Per gli attori provenienti dal gruppo teatrale nato
nel 1976 all’interno dello
storico “Centro di Promozione Culturale” di
Rosarno (dove si sono formati anche i promotori dell’altra compagnia locale (La Nuova Compagnia di Teatro Popolare), questo è davvero un anno
costellato di successi che non sembrano
conoscere confini: da Bolzano alla Toscana, da Caltanissetta alla Calabria, l’apprezzamento per l’arte recitativa e la verve comica del Laboratorio Thatrale ‘76, non .
smette infatti di mietere consensi.
Mattatore di questa stagione “dorata”,
passata in tournèe su e giù per lo Stivale,
è senza dubbio Mimmo Cannizzaro, uno
degli attori del nucleo fondatore del
Laboratoriò Thatrale ‘76, uno che, come
affenna il presidente della compagnia,
Carlo Capria, «ha rappresentato e rappresenta degnamente la piu genuina realtà artistica rosarnese».
Il suo talento naturale per la commedia
brillante, la sua punica espressiva da vero
istrione del palcoscenico, ne hanno fatto
negli anni un caratterista di razza capace
di mettere d’accordo aficionados del teatro amatoriale e giurie di ogni parte d’Italia.
Nella recente rassegna europea di Montagnana, inprovincia di Arezzo (promossa dall’Unione Italiana Libero Teatro), nella quale il Laboratorio Teatrale ‘76 ha partecipato rappresentando brilllantemente la commedia “Confetti,
champagne e ... becchini”, Cannizzaro, con il suo personaggio di “Razio Fuicapuzza”, si è superato, esibendo una
performance comica che alla fine gli è valsa l’attribuzione del prestiposo Premio Europeo di Teatro Popolare “ Il
Giogo” come miglior attore non protagonista.
Per Cannizzaro un successo personale, che Impreziosisce quelli già ottenuti In passato dalla sua compagnia a
Laives (Bolzano) e in numerose altre kermesse calabresi e siciliane e che è stato bissato, proprio nel mese di
settembre, dalla conquista di un altro premio come migliore “attore carattenista”, questa volta a Caltanissetta,
nell’ambito della rassegna teatrale “Michele Abbate”.
La compagnia si infine presenata a Rosarno, dove il Laboratorio Teatrale ‘76 ha riproposto in piazza ““Confetti,
champagne e;. .becchini”.
Cannizzaro e la sua compagnia hanno suggellato il trentennale davanti al pubblico di casa loro, presentando anche
i premi conquistati in questa irripetibile stagione.
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Sono morta
Il giorno della mia morte mi vestiranno bene, quasi come una sposa
o come uno di quelle squallide donnine altolocate che sporcano le giornate di sole con la loro inutile presenza.
Qualcuno pettinerà i miei capelli, coprendoli d’un velo di pizzo
nero, come odiosamente s’usa dalle
mie parti, a dare al mio volto pallido e inerme le sembianze di un manichino da vetrina, di quelli orribili,
mutilati dei loro arti superflui, che
tanto mi spaventavano da bambina e che spesso
mi apparivano in sogno a rubarmi la quiete della
mia giovane età.
Attorno me solo gente annoiata, quasi assente.
Un funerale è sempre una bella seccatura, bisogna vestirsi sobri, portare con disinvoltura una
faccia di rito, facendo attenzione a che non sembri tale, salutare quell’odioso parente che ti sta
proprio lì, appeso come una zecca ad un testicolo e vorresti tanto che ci fosse lui dentro la cassa
al posto mio.
Grazie del pensiero!
Poi c’è la Messa, altra rottura di scatole, con
tanto di panegirici letti da qualche amica retorica.
Lo so stai sperando che sia breve, senza tanti
fronzoli, tanto si sa io ero una senza Dio, niente
affatto comunista, piuttosto una sorta di anarchica perenne, che viveva il suo tempo a rincorrere
sogni, a fumare senza ritegno e poi avevo quel
vizietto da invertebrati di scrivere poesie e storie strampalate.
Siamo seri: il momento lo impone.
Certo che è comodo stare distesi, quando tutti
sono in piedi; è un’altra prospettiva, si possono
cogliere frammenti di espressioni che viceversa
sfuggirebbero.
Per esempio quella lì con il naso rosso che si
sistema la gonna stropicciata è la mia vecchia
zia zitella, non troppo acida per la verità, ma rompiscatole proprio fino all’inverosimile.
Non ha fatto mai mistero di tenermi in gran
di Carmen Cafaro
conto, peccato che, durante la mia pur breve vita,
non sia mai riuscita a dimostramelo appieno, specie quando, in tempi non sospetti, a me serviva
solo una parola buona, ma tant’è….!
Laggiù, seminascosto da una colonna della navata laterale c’è un uomo: mi stupisce vederlo
qui in questo frangente.
E’ Stefano, una di quelle persone per cui sia
valsa la pena vivere una relazione, non fosse altro per i bei momenti che mi ha regalato, ed è
l’unico che piange veramente con sentimento.
Toh … c’è anche Elena, elegantissima come
non mai, ma sempre tremendamente sexy, in quel
fasciante tubino nero che ha indossato per l’occ
a
s
i
o
n
e
.
Mi spiace che abbia fatto tanto chilometri, per
assistere a questa sceneggiata, così come mi
spiace vederla affranta, dal momento che non serve assolutamente a nulla struggersi per una donna di poco conto come me.
C’è un nugolo di colleghe, venute apposta con
un permesso orario concesso loro da quell’imbecille di Preside che dirige la mia scuola; la
più provata è Francesca, non ne avevo dubbi.
Pensate che lei scoppiava in lacrime, quando,
nei nostri viaggi per andare a scuola, la tediavo
con i miei racconti di vita e finanche quando le
concessi di leggere i miei scritti, in un freddo
pomeriggio d’aprile.
Che volete, la sensibilità umana, specie quella femminile, non ha confini, né giustificazioni di
sorta, ... ma tant’è …!
E’ che non riesco a muovermi diamine, altrimenti salterei su e me la stringerei forte forte al
petto, asciugando le sue lacrime, con questo velo
orribile che mi hanno poggiato sulla testa.
Ho sempre odiato i foulards, i cappelli e qualsiasi forma di copricapo, come pure i perizoma,
che sicuramente ti fanno tanto sexy in talune circostanze, ma che danno una noia del diavolo,
quando si ficcano nell’incavatura dei glutei, impedendoti di ravanare alla meno peggio, in cerca
d’un attimo di requie.
Le mie figlie son lì, composte e tristi, quasi
adombrate nei loro pensieri; certo non sono stata
una gran madre, perlomeno nell’accezione più
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classica del termine, ma credo d’aver trasmesso
loro, almeno alle ultime due, la mia voglia di libertà, la mia indipendenza da tutte le dipendenze
di questo schifo di mondo; ho sempre cercato di
essere per loro un’ amica più che una madre rompiscatole, anche se a volte, ma non credo proprio
di esserci riuscita.
Vivete, figliole mie e portate avanti le mie idee,
la mia voglia di cavalcare il mondo, la mia fantasia latente che mi ha sempre messo nei casini,
perché vivere di sogni è il peggiore dei delitti,
ma è l’unica libertà che ci è concesso avere, l’unico rifugio dove potersi nascondere al lordume
della realtà.
Però che bel pezzo di giovanotto ha Loredana
accanto, certo non poteva smentirsi, anche in un
momento, sempre impeccabile ed al centro dell’attenzione; che dolce che è!
C’è anche il mio ex marito, assieme a quell’ammasso di lardo che è sua sorella: sembra
davvero affranto, poverino, peccato che non sia
mai riuscito a farmi capire quanto m’amasse.
Ieri sera un manigoldo in camice bianco mi ha
sparato delle sorte di tappi, affinché non iniziassi a perdere dei liquidi indesiderati e
maleodoranti: è stato l’ultimo affronto di una vita
vissuta nel tentativo di schivare le cattiverie di
un’umanità disumana che vive solo per la gioia
di dare dolore, di ferire, di colpire a piene mani
nelle parti più basse, lasciando solchi nell’anima che mai potranno essere ricoperti e nascosti.
Io volevo essere cremata, così da non marcire
inutilmente, invece sono tutti qui che mi guardano curiosi, che mi scrutano fin dentro l’anima e
già sento nei loro silenti pensieri, la solita stupida frase di circostanza: “Era tanto giovane, che
peccato!”.
Vi piace la morte? Non importa le sembianze
che ha!
Potrei essere io o un’altra disgraziata la cosa
non cambierebbe!
Quello che mi da più fastidio è quel sorrisetto
da idiota che mi hanno stampato sul volto, mi sembra rassomigli ad una di quelle maschere tristi
che si vedono nei negozi di Venezia, così bianche, così inutili, così disperatamente tristi.
Forse volevano darmi un illusione di serenità,
o forse crearsi un alibi per le loro coscienze di
peccatori, fatto sta che mi hanno trasformato in
un burattino da esposizione.
Per fortuna è arrivato il prete, si vede che ha
premura di chiudere questa pratica il più velocemente possibile, non gli sono mai andata a genio,
per via delle mie scelte discutibili, ma almeno la
cosa era reciproca.
Non lo ascolto mentre parla, non me ne frega
niente di quello che dice, delle sue
farneticazioni sul Paradiso, sulla redenzione,
sulla remissione dei miei peccati, non vedo l’ora
che finisca e che se ne vada ad diavolo anche lui.
Ecco ora due beccamorti hanno preso il pesante coperchio di legno e tra poco mi chiuderanno dentro questa prigione eterna, dove lentamente mi dissolverò nel nulla, ben nascosta dal
mondo traslucido e patinato, nel quale il resto
dell’umanità continuerà a vivere indisturbata la
sua misera vita, nell’illusione che mai
toccherà loro subire quest’ultima umiliazione
terrena.
Da dove sono vedo i miei monti, vedo i grandi
prati soleggiati della mia infanzia, percepisco
ancora gli odori di pane casereccio che il vecchio forno al centro storico sforna in quantità industriali, odo le voci amiche delle campane che
suonano al mio passaggio e riempire di musica e
poesia la mia mente.
Un ultimo sguardo e poi tutto si fa nero e
silenzioso, ora sì che sono morta davvero.
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Come...quando...
fuori...piove...
di Carmen Cafaro - Lucabalducci - Ceci1959 - Cleo - Fedro - Ishtar - Mitla - Odrey - Parsifal
Un racconto scritto a più mani ed in via telematica per ViviCentro,
ordinato da Carmen Cafaro e Lucabalducci
Camminavo sotto la pioggia, lentamente, lasciando che le gocce mi entrassero
addirittura nelle orecchie, infastidendomi ovattando il suono delle auto…
”...Dov’è la saggezza oggi? La serenità?...”
Le orecchie mi fischiavano come quel
treno che partiva.
Non passerà mai più quel treno.
Era la mia vita senza quel treno che vedevo allontanarsi.
Nessun passeggero. Neanche una tinta.
Solo odore di ferro, di falce, di unto, che si allontanavano
per sempre.
Non era nostalgia che sentivo, né rimpianto.
Era qualcosa di più crudele, secco.
Camminavo in quella stazione come su alti trampoli e
il viso bianco da clown.
Guardavo beffandomi con un sorriso disperato.
La testa: un’ape che ronza.
La carcassa metallica si staccava con lentezza.
Vedevo e riconoscevo una parte di me sui sedili.
Mi guardava senza sguardo, espressione, vita.
Volteggiava, toccando tutt’intorno, spingendo per uscire.
Cercava di esistere, sopravvivere, tornare da me.
Ho sempre amato quel ritaglio di me: è inebriante, un
mio talento autentico.
Ma il treno si allontanava e non sapevo correre con quei
trampoli e non sapevo camminare senza.
Potevo solo ridere con un ghigno da pagliaccio orrendo, sprezzando le mie lacrime che non potevano lavare il
trucco sgraziato, ma lo cementavano.
Lacrime che corrodono la pelle.
Donna rettile, scorticata.
Con la mia pelle, ho rivestito quel vagone di treno che
si allontanava lentamente. Lo guardavo sparire. Esso, evaporando nella pioggia, si colorava.
Ogni volta che mi trovo in una stazione, quel treno,
quelle stesse sensazioni, come oggi qui, stessi pensieri
di allora, stesse emozioni.
E piove…odio la pioggia!
Quella sensazione di umido che ti si appiccica alla pelle, d’estate dopo solo un’ora di pioggia, o il freddo che ti
penetra nelle ossa, d’inverno quando fa troppo freddo per
nevicare.
La malinconia che ti prende, quando guardi fuori dalla
finestra e vedi gocce e fumo rimbalzare sull’asfalto; solo
gli idioti e i poeti traggono ispirazione da gocce d’acqua.
D’acqua poi, tutta la porcheria che liberiamo nell’aria si
racchiude in quelle particelle di H2O.
Mi sento particolarmente cinica stamattina, seduta in
questo bar, in questa piccola stazione, ad attendere che
quella nuvola “fantozziana” si levi dai piedi.
Devo per forza andare in quello studio legale, in una
città che nemmeno conosco, lo devo a me stessa.
E non accenna a smettere.
Osservo la strada: tutti che corrono verso i taxi e le
fermate degli autobus.
“Aiutooo, la pioggia”mormoro, con ironia.
E quella chi è?
Che strana donna! Rimane immobile, ferma, in mezzo
alla strada.
Ma che è stordita? La osservo bene, almeno cerco, la
mia miopia m’impedisce di focalizzare i volti.
Accidenti, ma è giovanissima, avrà al massimo dodici
anni.
E’ tutta bagnata poverina.
Che avrà da fissarmi?
Non sono fatti miei, e poi piove non ho voglia di uscire
da questo buco-riparo.
Eppure c’è qualcosa in lei, mi pare quasi di conoscerla.
Non è possibile, assomiglia tanto a mia mamma da giovane, in una di quelle fotografie in bianco e nero che ogni
tanto guarda con malinconia.
E’ incredibile.
Se solo smettesse di fissarmi.
E poi…
Accidenti a me, perché sento questo bisogno di raggiungerla?
Meglio andare a vedere, magari sta male, ha bisogno d’
aiuto.
Uscirò, nonostante la pioggia … pago il cappuccino
ed esco dal bar.
La ragazza non c’è più; ecco, lo sapevo!
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Raggiungo il marciapiede, mi guardo intorno … maledetta pioggia!
Dove sono? In ospedale? Che succede? Non ricordo
nulla.
O forse si … ricordo che camminavo sotto la
pioggia, lentamente, lasciando che le gocce mi entrassero addirittura nelle orecchie, infastidendomi, ovattando
il suono delle auto...!
Capelli appiattiti sulle guance, senza più traccia della
massa dei miei ricci, il trucco sciolto su tutto il viso, lo
sguardo fisso davanti a me.
Avanzavo a fatica, come un automa, ogni passo più pesante del precedente, sembrava che il mio impermeabile
bagnato mi ancorasse al marciapiede.
Avvertivo vagamente, oltre la nebbia che avvolgeva i
miei pensieri, i passanti che mi sfioravano, che mi urtavano con i loro ombrelli, tutti diretti verso le loro mete, le
loro case, le loro famiglie, ma non li vedevo.
Un ragazzo che passava al mio fianco mi urtò con il
suo zaino, distogliendomi dal mio torpore.
Adesso ero lì, ferma su quel marciapiede, bagnata all’inverosimile, senza né la voglia, né la forza di muovermi.
Sola, negli occhi l’immagine di un documento legale
vecchio e sgualcito che l’inserviente della casa di riposo, dove mio padre era morto aveva provveduto a spedirmi, insieme alle sue poche cose.
In testa una sola parola, che mi martellava dentro, tanto da farmi male: ADOTTATA!
Adesso comincio a ricordare ...
Poco prima ero seduta al tavolino del bar della stazione aspettando che smettesse di piovere e cercando, per
un poco, di concentrare la mia attenzione su qualcosa d’altro che non fosse l’appuntamento con il notaio, che da
sempre aveva curato gli affari di mio padre e, vista l’amicizia che li legava, avrebbe saputo darmi spiegazioni.
Piano piano, i ricordi diventano più nitidi, mi era sembrato di vedere una ragazzina sotto la pioggia che mi fissava, sembrava avesse bisogno d’aiuto, ricordo di avere
pensato che assomigliasse a mia mamma da adolescente.
Mia mamma, no la donna che mi ha cresciuto, che sicuramente mi ha voluto bene come una madre ... ma adesso lo so, non era la mia vera madre.
No, non assomigliava a mia madre, ma allora perché mi
sembrava di conoscerla, di averla già vista? Dove l’ho vista? Che fosse un ricordo legato al periodo prima della
mia adozione?
Dovevo essere piccola, quando mi hanno adottato, ma
quanti anni avevo?
Si dice che una madre sia colei che ti cresce, principio
fondamentale dell’educazione, ma dell’etica?
Scoprire così tardi che mamma ha un senso piuttosto
che un altro?
Vedo ovunque donne incinte, mi reca quasi fastidio vederle, perché mi rendo conto che la donna che ho guardato per anni negli occhi, a cui ho affidato la mia vita non mi
ha mai portato dentro di è, ma solo con sé.
La differenza, a parte linguistica è certamente di concetto e pragmatica.
Già … come lessi da qualche parte “ mamma di pan-
cia “ e “ mamma di cuore”.
L’avevo sentito una sera, quando i miei genitori adottivi stavano litigando, per l’ennesima volta, dopo ch’ero andata di là a dormire.
Non avevo resistito oltre e m’ero messa ad origliare
… così, scoprii la verità!
Sapere d’avere un qualche parte nel mondo una “ mamma di pancia “ non serviva, a questo punto, a placare la
strana sensazione d’irrequietezza che mi portavo addosso
da una vita, perciò fu facile addentrarmi in un guazzabuglio di strade contorte, sudice, fors’anche scomode, in
cui il mio inconscio s’avventurava ogni giorno.
Fu così che la stazione diventò il punto strategico d’osservazione: donne bianche, d’ogni colore e d’ogni foggia
abbigliate, donne in carriera, donne smunte, donne isteriche, donne…
Un rumore forte, metallico, inaspettato si trasforma in
un bagliore che poi lentamente si attenua ed appaiono i
contorni di ciò che mi circonda: un giardino, il mio giardino, le piante, un tavolino in rattan, il mio cuore batte
forte per lo spavento e, disorientata, capisco che stavo
dormendo e sognando.
Un altro colpo, come il precedente, ma ora mi è più
familiare, è Lapo, il figlio dei vicini che uccide la noia,
calciando la palla sulla porta del garage; accidenti a lui,
però, è cosi dolce e così solo, e poi così simpatico, quando passa sotto la siepe e viene a giocare con me, facendomi dimenticare gli acciacchi delle mie stanche ossa.
Una figura in controluce, seduta su una poltroncina è
parzialmente nascosta da un gran foglio di carta, un giornale, ma la riconosco facilmente dalla solita gonna
plissettata, mia madre, o meglio, per precisione, colei che
nella mia vita si è proposta come tale.
Espiro lentamente, tranquillizzando il battito del cuore, e cerco di recuperare le immagini del sogno che stanno evaporando, ma non mi è difficile, poiché il sogno è
spesso quello: la stazione, il treno, la bimba, le madri, il
rutilare delle sensazioni.
Ma, come sempre, qualcosa stona: non è il mio linguaggio, non sono i miei colori e le figure non mi assomigliano, io mi sento diversa ed, inoltre, c’è una sorta di
ricordo confuso che sfocato mi appare, come un’indecifrabile sensazione, in cui mi pare che colei che mi allattava non desiderasse separarsi da me.
Bah! tanti anni in questa famiglia devono aver confuso i
miei riferimenti istintivi.
Mi stiro con un rumoroso sbadiglio, allungandomi sino
a toccare entrambi i braccioli del divanetto in midollino
su cui stavo dormendo ed il mio movimento attrae l’attenzione della figura leggente, che esordisce con un ampio sorriso ed un tono cantilenante ed acuto: “ Finalmente
ti sei svegliata bambolina. Hai sete? Ti ho versato poco
fa dell’acqua fresca, dai vieni dalla mamma a farti fare
le coccole “.
Terminato il lungo sbadiglio, torno a rannicchiarmi, e
lei: “ Dai pigrona, levati da lì, che stanno arrivando
alcuni amici “.
So che insisterà, perciò mi muovo e, con un goffo balzo, atterro sul prato e mi avvio verso la mia piccola
dependance.
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Lungo il percorso, tengo il naso basso, per meglio co- mondo che sembra trasudare odio e violenza da tutti i pori.
gliere il fresco piacere dell’erba tagliata di fresco, ma
Per dirmi che sì, un mondo nuovo è ancora possibile;
con gli occhi fisso, come sempre, quegli strani segni ver- che possiamo fregare il tempo.
gati sopra l’entrata della mia casetta, che non so leggere,
Affondo la spada in un nemico invisibile, poi la ritragma di cui, negli anni, ho imparato il significato.
go e, secondo uno schema vecchio ormai di secoli, inverPrima di entrare, risollevo la testa e le mie lunghe orec- to la presa e l’affondo alle mie spalle.
chie dal pelo fulvo smettono di trascinarsi nell’erba umiMia figlia ha Dolly in braccio e mi guarda divertita e
da e penso alla scritta sulla porta: Dolly, ma che cazzo di anche un po’ perplessa, come fa sempre, quando mi vede
nome.
praticare questi esercizi.
“ Dolly, Dolly…>”
Le sorrido e lei mi sorride di rimando.
La voce della mia bambina è allegra e tintinnante, men“Cristo, quanto mi ricorda mia moglie” penso…
tre chiama la sua fedele compagna, non più cucciola.
Mi asciugo il sudore dalla fronte e interrompo l’eserciAnche lei non è più esattamente una bambina, e piano zio.
piano sta uscendo dal goffo bozzolo dell’infanzia, per traAveva ragione mia moglie, eh si…più guardo mia fisformarsi in una giovane creatura che, scommetto, farà glia, più penso: “Sì, insieme possiamo fregarlo, quel babattere forte il cuore di tanti suoi coetanei.
stardo di tempo! “.
Cerco di non pensare al giorno, in cui mi porterà a
Lapo irrompe, correndo; quasi inciampa nel tubo di
casa il primo “morosino”, o addirittura il fidanzato “uf- gomma che utilizzo per innaffiare le rose bianche, così
ficiale”.
tanto amate da mia moglie.
Dio, che rabbia!
“Ciao Anna. Ti va di venire con me a pescare? Ti ho
Non tanto per freudiane compensazioni, secondo le quali procurato la canna di bambù identica a quella che hai
per un maschio è impossibile diventare davvero amico di visto ieri nel negozio”.
uno che va a letto con tua figlia, quanto per una realtà ben
Mia figlia si gira lanciandomi uno sguardo dipinto: irpiù fredda e crudele: se mia figlia sta diventando grande, resistibile fregio.
io, per contro, sto invecchiando!
Impossibile resisterle.
Me ne accorgo quasi in ogni momento, in ogni moviCamminano vicini, ridono e chiacchierano ed io sento
mento.
che già mi hanno precluso il loro mondo barocco e soPraticare il Tai-Chi mi dà qualche sollievo, ma mi ren- speso.
do benissimo conto del leggero sforzo che mi costa rePer loro è facile vivere con entusiasmo.
stare in equilibrio su una gamba, durante certi esercizi o Trasudano gioia per un insetto insolito o un’esca dal piudel mimimo tremito della mano che regge la spada in al- mino arancio.
tri.
Il loro rumore si attutisce, man mano si allontanano,
Solo due anni fa non lo percepivo, al contrario di ades- fin quando il colore intenso del prato si gonfia e li inso.
ghiotte.
Guarda il filo della lama, come trema.
La mia mente torbida fino a quel momento, si fa più
Impercettibilmente, dirai tu.
leggera.
A me pare il tremito d’un ubriaco, invece.
Anna abita nella mia pelle, ogni giorno sceglie in quale
Tutti sintomi tipici, di un’unica diagnosi, che già mi fece poro.
il barbiere del mio paesino, quando mi trovò il primo caMi ha salvato!
pello bianco, qualche anno fa.
Ero diventato come una bottiglia di plastica, imprigio“Ragazzo, non sei fatto di ferro nemmeno tu”, mi ave- nata in un gorgo naturale a lato di un torrente impetuoso,
va detto, con un sorriso ingenuo, ignaro di come sarebbe imbrigliato da lunghe dita scheletriche che mi tiravano
cambiata la mia vita nell’arco di due anni e delle tragedie sotto, mi liberavano, poi, ancora giù.
che avrei dovuto affrontare.
Anna, mia figlia…la bimba che, con occhi tramortiti,
La spada si muove decisa e sibila fendendo l’aria e, mi dice sorridendo “Fortuna che ho te”, mi ha
mentre le mie gambe cercano di adeguarsi alla velocità resuscitato.
delle mie braccia, rivedo il carabiniere che mi suona alla
Dolly abbaia ...
porta e che mi dà la notizia che lui non avrebbe mai voluto
“Tesoro, eccomi” mi precipito “Tutto bene?”.
dare e che io non avrei mai voluto sentire.
“Papà, papà, abbracciami, ho fatto un sogno terri“Sono desolato, ma c’è stato un incidente sulla A21. bile”
Sua moglie…”.
”Mio miele sono qui accanto a te, non avere paura”.
Un ringhio mi esce dalla bocca, mentre la spada diseL’uomo con un gesto morbido spostò i capelli grigi e
gna arabeschi, destinati a tenere a bada i fantasmi che già capricciosi che lasciavano trasparire la dolorosa
si affollano alla mia mente.
incontrollabilità del tempo, liberando la bella fronte alta,
“Dolly, Dolly!”: la voce di mia figlia, spezza l‘incan- inequivocabile segno di un DNA profondo e complesso e
tesimo.
con voce rassicurante le parlò come solo un padre può
La mia bambina, leggera e fresca, come la schiuma del fare: “Ti ho mai parlato di Dolly? Per un attimo ho cremare o le nuvole del cielo, l’unica che mi ha dato e conti- duto ... piccola, io sono accorso perché tu ... non so come
nua a darmi la forza.
dirtelo ... Tu stavi abbaiando”.
Vorrei che ci fosse ancora mia moglie, al mio fianco,
Da quando sei nata registro ogni tuo movimento, ogni
per aiutarmi nel difficile compito di educarla, in questo tuo gemito, ogni tuo risolino perché tu sei la mia musica,
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la mia letteratura, la mia arte...Poco fa, sentendoti abba- dotta chissà dove se la voce di un giovane uomo non si
frapposta,
un
po’
inopportuna:
iare però ho capito! Tu sei molto di più e del tuo bau bau fosse
“Venga signora, da questa parte, … quando nascerà,
m’illumino.
Tu figlia adorata sei Dolly, la mia cagnolina morta sot- maschio o femmina?” chiese l’infermiere, facendole segno di entrare nella seconda stanza sulla sinistra.
to le rotaie di un treno ad alta velocità.
Non aveva voluto vederla, nemmeno quando quel picOh mia amata, persa e ritrovata.
Adesso è tutto chiaro, eccetto ... sono assalito da un colo capino riccioluto era uscito dal suo ventre ..., così
l’avevano portata via in tutta fretta, alla nursery, dove un’adpensiero intruso: se tu sei un cane, io chi sono?
Dal corridoio arrivano i rumori di gente che corre, che detta del Tribunale dei minori, già allertata da giorni, comcoordina e che ordina. Il rumore si avvicina, una chiave pilava una serie di moduli, per l’affido.
Perché quella strana sensazione di ansia, nel raggiungira, una volta, due, tre e la porta si spalanca.
Tre uomini vestiti di bianco irrompono senza chiedere gere lo studio legale?
Tutto sommato si trattava di sbrigare una pratica buropermesso e da lì a poco comincia un nuovo sogno.
cratica, almeno così le aveva detto al telefono il notaio, il
Elettroshock ...
Ancora i muscoli infuriati per l’affronto, l’abuso Dottor De Magistris.
Lapo De Magistris, brillante cinquantenne romano, seterapeutico: elettroshock ...
Camici bianchi mi afferrano, mi legano … sghignaz- deva dietro la sua scrivania di ciliegio, immerso nella letzo, temporali nelle vene … la carne si arriccia, i pensieri tura d’un atto di compravendita, quando il cicalino
dell’interfono lo interruppe: “La signorina che stava
cuociono, mulinellano.
Rivedo la macchina accartocciata in autostrada ... l’inu- aspettando, è in sala d’attesa, la faccio accomodare?”
tilità del risveglio all’interno del mio oscuro e fetido poz- gli disse la sua segretaria.
“Certo, due minuti e la faccia entrare”, rispose lui,
zo ... la carrozza del treno, dentro la ragione, la passione
la voglia di vivere che lievitando si allontanano... quasi seccato.
Quando la ragazza entrò nello studio, lui era girato di
mia madre che mi accarezza e mi abbandona regalandomi
per sempre la paura di essere amato … fiumi di persone spalle, intento a rimettere a posto alcune carte nel mobile dietro la scrivania.
estranee mi sorridono.
Impallidì improvvisamente: stessi lineamenti, d’una inTutto gira, turbinante tornado dissonante.
Mi sento ardere, non oppongo resistenza … nebbia, poi tensità sconcertante.
Lei dovette accorgersene, dal momento che rimase in
alba.
Qualcosa si rifugia nella mia mano: ciniglia soffice, piedi sulla porta, senza osare avvicinarsi alle due morbide
poltroncine in pelle scura.
delicata, fresca, ma calda … limpida, dissetante.
Lapo si ricompose, sebbene, quello che le si parava
Spalanca la sua fronte al mio sguardo.
dinanzi agli occhi sembrava il fotogramma d’una pellico“Ciao Anna” … tutto torna a scorrere.
Squilla il telefono; il sussulto notturno anticipa di po- la in bianco e nero, come un film già visto.
Rivedeva con la mente Anna, le sue corse al fiume, suo
chi secondi la corsa affannata verso la cornetta: “Pronpadre, i versi di Dolly … quanti anni erano passati? Venti
to…”
Anna avanza goffamente lungo il corridoio dell’ospe- … no, forse venticinque…
“Che stupido, ho la data di nascita dinanzi, sul tedale.
Non è la prima volta che un’emergenza la rovescia giù stamento”, pensò, cercando di dare il giusto tono alla
dal letto, ma la pancia informe si è ingrossata a dismisura voce, frammezzata d’una emozione vibrante ed
inequivocabile.
dall’ultima volta.
Le lesse il testamento, spiegandole i passi da fare, per
Un mese, manca soltanto un mese alla nascita della loro
entrare in possesso dell’eredità, nonché tutti gli
bambina e non era così che aveva immaginato l’attesa.
A dire il vero aveva immaginato tutto diversamente o adempimenti da assolvere, in caso di accettazione.
La ragazza sembrava non ascoltarlo affatto, presa coforse non aveva immaginato abbastanza, altrimenti si sam’era a guardare il suo sguardo e i suoi capelli e, in verirebbe fermata prima.
tà, il notaio pareva anche averlo notato.
Quanto prima?
“Sa, signorina, che conoscevo la sua famiglia?” disLa risposta appena abbozzata si ferma bruscamente davanti al piccolo specchio accanto alla porta di servizio se lui, tentando di sviare il discorso, che pareva non interessarla affatto.
antistante le scale di sicurezza.
Non aveva bisogno d’ascoltare altro … aveva detto al
I solchi scuri sotto gli occhi lasciano intravedere le
tracce inequivocabili di una bellezza che non si lascerà De Magistris, che intendeva rinunciare all’eredità … che
sciocca eh? Eppure quella cifra le avrebbe garantito un
sopraffare facilmente.
Non aveva mai preso troppo sul serio il suo aspetto futuro dignitoso per il resto della vita e, di fronte alla sequela di leggi e norme che lui le aveva sciorinato, aveva
fisico.
Aveva giocato di tanto in tanto godendo, divertita e sor- frettolosamente liquidato la situazione, manifestando la
presa, dell’effetto che provocavano sugli uomini quelle sua volontà di devolvere l’intera somma, in beneficenza.
Uscii fuori e pioveva … camminavo sotto la pioggia,
fattezze imperfette ma abilmente assemblate.
Nulla di più: non era mai stata disposta a puntare su lentamente, lasciando che le gocce mi entrassero addirittura nelle orecchie, infastidendomi ovattando il suono
qualcosa che non poteva controllare.
La mente disegna un sorriso ironico e l’avrebbe con- delle auto…
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il Cafè degli Amanti
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white_sharck71 su Vivicentro riporta la delicata poesia di
Vincenzo Giandomanico che noi ospitiamo con vivo piacere
“O
NONNO “
Avisse arapì ll’uocchie, oj mamma
mia!
Vita passata mia .... pare nu suonno!
Aiere cu’’e guagliune ‘nmiez’a via,
oggie nu viecchio e otto vote nonno
Io quanno parlo ‘e Te mamma mia
cara ritorno n’ata vota piccerillo
e dint’o suonno quanno Tu m’appareveco ca Tu faie ‘a nonna all’angiulille
Io quanno stongo ‘nmiez’ a sti nepu
te oj mamma t”e vulesso fà vedè
so accussì belle e nu’ ll’he cunusciute, comme vurrio ca stisse ‘nziem’a
mmè
P”a casa songhe otto palummielle!
Pe n’attimo nun trovene arricietto
ll’urdimo nato me fà o’ cianciusiello
quann’o pàzzeo ruciulea p”o lietto
Pe mmè so comm’a tante pazzielle
e spisso tutte ‘nzieme pazziamme
m’ha ditto aiere ‘o chiù strappuliatielle: O no’, ma pure tu tenive ‘a
mamma?
Io nun l’aggiu risposto, m’ha guardato e tale e quale comm’ ‘ a dduje
cumpagne cu’ ‘e ddoje braccelle forte m’abbracciato e pò m’ha ditto:
O no’, ma pecchè chiagne !?
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Queste pagine fanno parte del gemellaggio fra la Fromo
Editore di Rosarno e le Edizioni Damiano di Villa Verucchio
(Rimini). Articoli, firme e foto appartengono alla rivista
Vignettopoli edita dalla Editrice Damiano
http://www.edizionidamiano.net/
Si è spenta la voce della nostra
coscienza : Oriana
Nicoletta Damiano
Firenze - Una voce critica forte,
la voce della coscienza del mondo,
spesso scomoda, si è spenta!
Al di là del dispiacere di averla
persa, come scrittrice e giornalista,
non posso non riconoscerle il merito di aver messo in “ombra” gli uomini tutti, ed andare controcorrente
con i suoi scritti, dimostrando una
volta di più la capacità innata che è
propria di tutte donne, che quando
vogliono sono capaci di affrontare
gli ostacoli peggiori che la vita dissemina sul loro cammino.
Non poteva che essere una donna a tracciare questo significativo
percorso.
Nonostante non fossi d’accordo
sul fatto che la volevano Senatrice
a vita, perchè ho sempre sentito la
cosa strumentale e non lo trovassi
giusto
nei
confronti di una bella persona, profonda e al contempo con una mente analitica e attenta ai fatti della vita
e del mondo.
Devo confessare che la sua vivacità intellettuale, il sapere ogni cosa
su tutto, il non aver paura di niente
... continua ad affascinarmi.
La paura Lei sapeva bene cos’era, non parlava mai per sentito
dire, ma raccontava e urlava di
quelle paure che gli uomini avrebbero dovuto sopportare e che si sarebbero fatte avanti, un giorno dopo
l’altro,
senza
che nessuno ne arginasse la piena
del terrore.
Purtroppo, mi sono resa conto
che la gente, prende sempre fischi
per fiaschi e non capisce mai! Leg-
ge, ma pensa ad altro, guarda, ma
vede ciò che gli altri ti vogliono
far vedere.
Tu uomo, tu che di Lei hai dato
un lapidale giudizio nel riceverne
la notizia del suo decesso, non hai
capito un tubo ... ma non ti preoccupare, siamo in molti in tua
compagnia, a nuotare in questa magnifica ignoranza.
Un giorno, anche se troppo tardi,
ci
sveglieremo,
ma come dico ... sarà troppo tardi!
... perchè quando cominceremo a
ragionare con la nostra testa e
finalmente a capire cosa ci voleva
dire Oriana Fallaci, a leggere i suoi
scritti con la mente scevra da padroni indotti, quando finalmente
avremo ripulito il cervello di tutte
quelle scorie che appesantiscono di
stupidità la testa, ed insudiciano
occhi e cuore ... non sapremo più a
chi dirlo! ... ma non ci saremo più
nemmeno
noi
a sparare parole.
Oggi perdiamo una figura esemplare nel mondo del giornalismo,
ma anche una grande donna, e le
Donne, Noi donne, perdono molto
con la sua scomparsa; gli uomini
invece, dovrebbero riflettere su di
L
e
i
,
in questa società che si sono impacchettati ad immagine e somiglianza, dove vince chi corre di più:
da una responsabilità, da una sfida,
da una scopata, da un amore.
“La società degli uomini in
fuga” che fino ad arrivare ai più
alti vertici, giocano ancora con le
vite di tutti e se ne fregano della
nostra.
Cara Oriana, come giornalista
perdo personalmente un punto interessante di riferimento ed una
voce vera, limpida, chiara. Oggi la
nostra categoria dovrebbe essere a
lutto stretto, perchè di giornalisti
così, com’eri tu, mi spiace dirlo, ma
non ne sono più.
Si faranno in quattro per esprimere i loro dolore davanti alle telecamere, mentre dietro la schiena ti
combattevano e disapprovavano.
Ci sarà la corsa alla lacrima, a chi
le spara più grosse, ed ancora una
volta, dovrai da lassù assistere all’ennesima rappresentazione teatrale
di ipocriti con l’abito scuro e occhiali neri.
Hai fatto bene a lasciarci in silenzio, ti eri già sgolata anche troppo,
ma sai “non c’è peggior sordo di
chi non vuol sentire!”.
Che la tua nuova strada sia meno
pesante di quella che hai dovuto
sopportare in vita.
Buon viaggio cittadina del mondo e grande donna da me, una piccola ignorante che sopravvive facendo la scribacchina.
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Scaduti i termini per partecipare al concorso letterario nazionale
di scrittura femminile
“MA ADESSO IO”
COMPIE DIECI ANNI
Faenza - Scaduti i termini per partecipare al concorso letterario nazionale di scrittura femminile
“MA ADESSO IO” COMPIE DIECI ANNI
Presidente della giuria è la scrittrice e giornalista Lisa
Bellocchi.
Le opere vanno presentate entro il 31 ottobre 2006
Il concorso letterario nazionale di scrittura femminile “Ma adesso io” compie dieci anni. La manifestazione è promossa dall’assessorato alle Pari Opportunità del Comune di Faenza, d’intesa con gli assessorati alle Pari Opportunità dei Comuni dell’area
faentina (Brisighella, Casola Valsenio, Castel Bolognese, Riolo Terme e Solarolo), in collaborazione con
l’associazione Nuovi Materiali, la società editrice “Il
Ponte Vecchio” di Cesena, il settimanale faentino
Sette Sere e con il contributo dell’Ufficio provinciale
della Consigliera di Parità, della Provincia di Ravenna,
della Regione Emilia Romagna, di Legacoop, di
Casacooptre e della Cooperativa Zerocento.
La macchina organizzativa della decima edizione
di “Ma adesso io” è partita proprio in questi giorni.
Al concorso possono partecipare tutte le donne che
hanno compiuto il sedicesimo anno d’età, ovunque
residenti. Tre le sezioni previste: Poesia, Narrativa
(racconti, romanzi brevi) e Memorialistica (testimonianze e diari). La partecipazione al concorso è gratuita. Le partecipanti dovranno inviare le loro opere
(testi inediti, a tema libero e in lingua italiana), in
quattro copie per la sezione Poesia, in sette per le
sezioni Narrativa e Memorialistica, entro il 31 ottobre
2006 alla segreteria del Concorso di scrittura femminile - assessorato Pari Opportunità del Comune di
Faenza (piazza del Popolo, 31).
E’ consentita la partecipazione a una sola sezione.
Non sono inoltre ammesse al concorso le vincitrici
dell’edizione precedente.
Per la sezione Poesia si possono inviare da un minimo di tre a un massimo di cinque poesie; per la sezione Narrativa i testi dovranno essere al massimo di 100
cartelle; 50 cartelle, infine, per la sezione
Memorialistica. Le cartelle devono essere contenute
nei limiti di trenta righe per sessanta battute l’una.
Gli elaborati saranno valutati da una giuria nominata dall’Amministrazione comunale e presieduta que-
st’anno dalla scrittrice e giornalista Lisa Bellocchi, di
cui faranno parte esponenti qualificati del mondo della
cultura.
Per ciascuna sezione la giuria sceglierà un’opera
vincitrice e una rosa di opere segnalate. Alle opere
vincitrici andrà un premio di mille euro.
E’ inoltre previsto un premio speciale per ogni sezione – il premio “Migliore Opera” – del valore di 500
euro, riservato alle scrittrici residenti nel territorio
faentino (Faenza e comuni del comprensorio).
Le opere vincitrici e quelle segnalate di ciascuna
sezione saranno presentate pubblicamente domenica
11 marzo 2007, in occasione delle manifestazioni dell’8
marzo, Giornata Internazionale della Donna.
Per ulteriori informazioni sul concorso rivolgersi all’assessorato alle Pari Opportunità del Comune di
Faenza (tel. 329.1715499; fax 0546.691679; e-mail:
[email protected]), dal lunedì al venerdì, dalle
ore 12.00 alle 14.00; il martedì e giovedì anche il pomeriggio, dalle 14.30 alle 16.30.
MARILY
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Appello al Governo italiano perché la Convenzione ONU sui diritti del
fanciullo venga rispettata in tutti i Paesi membri dell’Unione
Pedofilia? no grazie!
L’Istituto degli Innocenti manifesta la propria preoccupazione per quanto sta avvenendo in Olanda dove un
gruppo filo pedofilo potrà partecipare alle prossime elezioni.
In forza del proprio impegno plurisecolare a fianco
dell’infanzia e dell’adolescenza l’Istituto degli Innocenti sollecita il Governo italiano a farsi promotore in sede
europea di un’iniziativa di denuncia di questa vicenda, richiamando i membri dell’ Unione all’applicazione e al rispetto delle norme e dei principi della convenzione ONU
del 1989.
A tutte le associazioni, alle realtà e ai cittadini che si
battono per promuovere una cultura favorevole all’infanzia, l’Istituto chiede di aderire per sostenere questo appello.
Nonostante l’opinione pubblica olandese ed europea,
almeno in alcuni suoi settori, abbia condannato fortemente
le gravi posizioni filo pedofile del neo costituito partito
NVD ( Carità, Libertà e Diversità), il Tribunale dell’Aja
ne ha stabilito l’ammissibilità alle elezioni di novembre.
Fra le proposte del NVD ci sono l’abbassamento dell’età del consenso sessuale da 16 a 12 anni, con conseguente possibilità per i minori di partecipare a film pornografici e anche prostituirsi, la depenalizzazione del
possesso di pornografia infantile, la libera trasmissione
di film pornografici, anche di giorno, sui canali televisivi, tranne quelli violenti, comunque proiettabili nelle ore
notturne.
Questi sono alcuni dei capisaldi di un programma che
intende far diventare comportamenti normali e leciti una
insieme di atti che, solo grazie a decenni di impegno e di
mobilitazione civile, sono stati finalmente riconosciuti
quali crimini contro la persona, da perseguire a livello
nazionale e internazionale.
Il fondatore e i sostenitori di NVD utilizzano
argomentazioni tipiche di chi commette abusi sessuali su
bambini e bambine per giustificare la loro scelta: “le nostre proposte vogliono ampliare i diritti dei minori all’amore e alla sessualità; vogliamo lacerare il velo
dell’ipocrisia, vogliamo favorire l’educazione sessuale
dei minori”.
Dietro pretese democratiche e progressiste si vuole
invece legittimare lo sfruttamento sessuale di bambini e
bambine, negando i gravi e drammatici effetti a breve e
lungo termine che gli abusi sessuali producono sui piccoli, e il fatto che tra un adulto e un bambino che ne
subisce gli atti sessuali non potrà mai esserci un rapporto di parità.
Il Tribunale dell’Aja ha motivato la propria decisione
di ammettere alle elezioni il NVD anche per non ledere
il diritto alla libertà di espressione.
Ma come viene garantita quella di bambini e bambine?
Sono stati ascoltati? Quale attuazione reale ha in tutta
Europa il loro diritto all’ascolto e alla partecipazione?
Il mondo degli adulti deve impegnarsi, oggi, a garantire
la libertà e la possibilità di espressione dei bambini e delle bambine, non di chi si approfitta della loro posizione
di dipendenza e di mancanza di parola per rivendicare la
libertà di abusare di loro.
Ciò che è avvenuto è particolarmente inquietante perché viola i principi normativi contenuti in convenzioni,
protocolli e dichiarazioni sui diritti dell’infanzia e contro l’abuso e lo sfruttamento sessuale di bambini e bambine, che sono stati sottoscritti e ratificati anche dall’Olanda, in primis tra tutti la Convenzione Onu dei sui diritti
del fanciullo.
In questo atto, promulgato a New York nel 1989, gli
Stati si impegnano ad adottare misure legislative, amministrative, sociali ed educative per tutelare i soggetti minorenni contro ogni forma di violenza, di oltraggio o di
brutalità fisiche, compresa la violenza sessuale (art.19),
e ad assumere a livello nazionale, bilaterale e multilaterale
ogni iniziativa utile a impedire che i bambini siano incitati o costretti a dedicarsi a una attività sessuale illegale,
sfruttati a fini di prostituzione, di altre pratiche sessuali
illegali o della produzione di spettacoli o di materiale a
carattere pornografico (art.34).
Poiché per il diritto italiano gli atti sessuali con minorenni, la pedopornografia e la prostituzione minorile costituiscono reato le proposte del Ndv potrebbero essere
considerate come “istigazione a delinquere” (art. 414
c.p.).
La propaganda fatta dal nuovo partito olandese potrebbe integrare tale fattispecie di reato perché chi istiga a
commettere uno o più reati viene condannato con pene
detentive e/o pecuniarie a seconda dei casi e le richieste
del NDV integrano comportamenti idonei a provocare la
commissione di reati ai danni di bambini e bambine.
da l’Istituto Degli Innoncenti
girato a voi tutti
dall’editore Nicoletta Damiano
Per aderire inviare una mail a:
[email protected]
Tel. +39 055 2037331, 324, 220
www.istitutodeglinnocenti.it
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QUESTI
QUESTI NOSTRI…”FANTASMI”
NOSTRI…”FANTASMI”
Virtuali, remoti, sociali, storici - Edizioni Damiano di Nicoletta Damiano
Ci credete ai fantasmi? ...... In questa raccolta della scrittrice milanese ne potete trovare di ogni tipo e per ogni
gusto. Fantasmi dell’entroterra romagnolo: ricco di storia e di castelli, ognuno con la sua “presenza”....ma i fantasmi
non sono solo di tipo storico o legati a leggende popolari, infatti, Nicoletta Damiano, ne ha trovati alcuni, che vivono
perennemente con noi... I fantasmi “sociali”, meccanismi in grado di convincerci che non siamo chi siamo e che
riceviamo nel momento in cui si lancia il primo vagito. I fantasmi “virtuali”, i miti o gli idoli cui vorremmo assomigliare per un’ansia di piacere, che non ci appartiene ma che viene alimentata, giorno dopo giorno dai media. I fantasmi
“remoti”, quelli che appartengono solo a noi e che incarnano le nostre paure più profonde e che talvolta emergono,
producendo risultati, devastanti...Credeteci ai fantasmi. Ogni giorno, senza saperlo conviviamo con lo spettro di
qualcuno ed in questa intrigante e variegata sequela di personaggi, da Azzurrina a Marilyn Monroe, da Cagliostro a
Berlusconi... Un’investigazione tra i Misteri “dentro e fuori di noi” e che appartengono da sempre ad ogni popolo,
antico e moderno.
Questi nostri fantasmi e l’approfondimento dei fantasmi storici che aleggiano sulla nostra vita li potete approfondire nel volume edito dall’editrice Damiano nel volume
12345678901234567890123456789012123456789012345678901234567890121234567890123456789012345678901212345678901234567890123456
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