FP12-07 - Istituto di Fisica del Plasma

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FP12-07 - Istituto di Fisica del Plasma
 CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE Realizzazione di uno strumento SIMS “Home Made”
F. Ghezzi1, R. Caniello1, G. Grosso1, M. Anderle2
1
CNR, Istituto di Fisica del Plasma ”P.Caldirola”, Italia
2
Dip. Innovazione Ricerca e I.C.T. Via Jacopo Aconcio, 5 38122 Trento
FP 12/07
Novembre, 2012 ISTITUTO DI FISICA DEL PLASMA “Piero Caldirola” Associazione EURATOM‐ENEA‐CNR Via R. Cozzi 53 ‐ 20125 Milano (Italy) Introduzione Il presente rapporto descrive la realizzazione e messa a punto di uno strumento SIMS realizzato utilizzando singoli componenti presenti in IFP. Tale esigenza nasce dalla necessità di dotare l’IFP di strumentazione per analisi di superficie di campioni considerando la partecipazione dell’istituto al programma europeo EFDA‐
PWI, al progetto DANTE, e ad altri progetti che prevedono la caratterizzazione in superficie e profili di profondità di campioni depositati o sottoposti a processi al plasma. Poiché le presenti dotazioni di fondi non consentono spese per l’acquisto di uno strumento SIMS commerciale, si è optato per uno strumento di tipo “Home Made” che non ha le pretese di avere le prestazioni di uno strumento commerciale ma che consente al contempo di eseguire misure SIMS. Generalità SIMS Premessa Senza menzionare le tecniche più sofisticate, le due metodologie più utilizzate nelle analisi delle superfici sono la spettroscopia di fotoelettroni XPS (X‐ray Photoelectron Spectroscopy) e AES (Auger Electron Spectroscopy), e la spettrometria SIMS (Secondary Ion Mass Spectrometry), spettrometria di massa a ioni secondari. Le due tecniche sono complementari: la spettroscopia fornisce informazioni sullo stato chimico, ma rileva con difficoltà le specie con numero atomico Z basso; in particolare, non potendo aver luogo nè l’effetto fotoelettrico nè quello Auger per un atomo a singolo elettrone ne consegue che le due spettroscopie sono cieche all’atomo di idrogeno. Per converso la spettrometria di massa rileva H ed ha un range dinamico molto più alto consentendo di rilevare impurezze sin sotto l’1%. Nell’area di ricerca fusionistica, lo studio delle interazioni plasma‐parete è focalizzato sia sullo stato chimico degli elementi deposti dal plasma sia sul rilevamento dell’idrogeno come ciclo del combustibile. Altresì lo studio dei depositi di B per rivelatori di particelle (DANTE) presenta le stesse problematiche di cui sopra nei confronti del B (Z=5). Appare quindi chiara la complementarietà delle due tecniche e la necessità di possedere uno strumento SIMS. Principi di funzionamento A differenza della tradizionale spettrometria di massa nella quale atomi, molecole, e macromolecole sono estratte dal campione in esame e dopo essere state ionizzate vengono spedite allo spettrometro che li seleziona dal loro differente rapporto massa/carica, nella spettrometria di massa a ioni secondari l’estrazione del campione e la ionizzazione avvengono contemporaneamente nel processo di sputtering. E’ ben noto infatti che un fascio di ioni (primari), superata una ben definita soglia di energia, sia in grado di impattare e penetrare in un materiale costringendolo ad emettere atomi, molecole, ioni (secondari) ed elettroni. Sebbene la percentuale di ioni secondari positivi e negativi sia solo qualche percento del totale della materia rimossa, l’applicazione di un opportuno potenziale elettrico è in grado di inviare tali ioni allo spettrometro affinchè possano essere rivelati. Le energie usate per i fasci primari sono di pochi KeV ed il processo di sputtering coinvolge quindi solo i primi monostrati della superficie. Da qui si evince la potenzialità del SIMS nelle misure di composizione chimica superficiale dei materiali in regioni comprese tra qualche nanometro e centinaia di micron. In particolare, sono due le modalità di utilizzo del SIMS: statica e dinamica. Nella statica il fascio ionico incidente ha una densità di corrente sufficientemente bassa (~ 0.5 nm/h) che solo i primi layers atomici del materiale saranno rimossi. Tale misura risulta poco invasiva e fornisce informazioni sulla composizione chimica e isotopica dei primi strati atomici di superficie. In modalità dinamica la densità di corrente è tale da permettere lo sputtering del campione con velocità più alte (~ 3.6 µm/h), e dunque di seguire il segnale delle specie di interesse con un profilo di profondità. L’APPARATO L’apparato sperimentale utilizza la stessa camera di analisi e introduzione campioni del SIMS VG fuori uso presente in IFP. E’ stato modificato il sistema da vuoto principale con una pompa turbomolecolare Leybold TPU151 con velocità di pompaggio nominale di 150 l/s per N che che non trasmette vibrazioni al campione. La sorgente ionica è costituita da un cannone ad impatto elettronico SPECS 12/38 con filtro di Wien (precedentemente presente sull’impianto XPS) che sostituisce il vecchio cannone VG EX05 ora installato sull’impianto XPS. La sorgente ha una linea di pompaggio differenziale ed una linea d’uscita inclinata di un angolo di 2° per consentire di fermare tutti gli atomi neutri presenti nel fascio per differenti ragioni. Al fine di ottenere una corrente primaria costante nel tempo, il gas di alimentazione della sorgente (Ar research purity) è immesso attraverso una valvola a spillo (RVG 050 A) retroazionata con un vacuometro a ionizzazione Balzers HP IMG 060. L’analizzatore consiste in uno spettrometro a quadrupolo Hiden EQS300 con range di massa 300 amu e Δm = 1; può essere utilizzato anche in modalità RGA (Residual Gas Analyzer) ed è dotato di una seconda unità a radiofrequenza che presenta un range di massa ridotto a 50 amu ma con una sensibilità più alta verso le masse basse. E’ previsto l’uso di questa seconda unità per la rilevazione di elementi a Z bassi, H, D, B, Li, C etc. tipici nei campioni di prima parete. L’analizzatore è dotato di un sistema di controllo e acquisizione dati interfacciato ad un PC che consente di comandare la posizione e la scansione (rastering) del fascio primario attraverso due uscite analogiche (BNC). Le lenti focalizzatrici dell’analizzatore sono state riottimizzate per il sistema in IFP attraverso una procedura automatica di tuning che permette di variare iterativamente le tensioni per massimizzare i conteggi. Durante l’acquisizione dei profili di profondità la scansione del fascio primario deve essere comandata dal sistema di acquisizione dati dell’analizzatore per due motivi. Il primo è dovuto alla sincronizzazione delle masse da seguire ed il secondo perché l’unità interna di rastering del fascio primario lavora in modo discreto e produrrebbe una serie di “minicrateri” non adatti ad un profilo SIMS. Lavorando in questa modalità però l’alimentatore del cannone ionico perde le correzioni dei guadagni di deflessione e di distanza dal campione. Per tale motivo è stato realizzato un adattatore/partitore, collegato in uscita dal controllo dell’analizzatore, che riduce i guadagni della scansione e consente di posizionare il fascio sul campione. Per neutralizzare le cariche durante la misura di campioni isolanti è stato installato il cannone elettronico VSW EG5 precedentemente installato sull’impianto XPS. Il SIMS è dotato anche di un sistema di immissione di ossigeno sul campione per aumentare la sensibilità delle specie elettro‐positive1 (tipicamente i metalli) (Oxigen flooding). Infine è stata progettata2 ed installata una Faraday cup ( vedi Figura 1) sul manipolatore per la misura totale della corrente di fascio e la misura del profilo del fascio, ed il relativo circuito di misura esterno dotato di bias e multimetro. La Figura 2 mostra il sistema come appare. Figura 1: Particolare della Faraday Cup montata sul manipolatore. Cup In Inconel su supporto di Macor Figura 2: Panoramica dellapparato SIMS nella nuova versione Collimazione fascio ionico primario (Ar+, 5 KeV), calibrazione area di rastering e massimizzazione dei conteggi dell’ analizzatore In uno strumento SIMS la dimensione del fascio primario influenza la dimensione minima di rastering del campione durante un profilo di profondità (almeno 5‐10 volte la sezione del fascio). Di conseguenza influenza anche l’area minima di gating e quindi il numero massimo di conteggi, il range dinamico e la velocità di sputtering. Si evince quindi che la collimazione del fascio primario è fondamentale per uno strumento SIMS, influenzando direttamente la performance dello strumento. Dopo aver sostituito il filamento e l’apertura calibrata del cannone ionico, si è proceduto alla collimazione del fascio di ioni di argon. Inizialmente si procede per ottenere un fascio che corrisponde ad un massimo di corrente di campione, e seguentemente lo si focalizza grazie all’ausilio di una lente cilindrica (Stigmator) e di 2 lenti elettrostatiche di focalizzazione (Focus1 e Focus 2). Tale focalizzazione è ottenuta ottimizzando l’immagine ionica di un campione costituito da una retina in Ni per microscopia con passo 100 µm. Per ridurre ulteriormente le dimensioni del fascio, al fine di ottenere valori prossimi a quelli tabulati dalla casa produttrice, si è proceduto all’analisi 3D del cratere prodotto dal fascio su un campione di Si lappato per microelettronica tramite un profilometro meccanico al variare della tensione di asimmetria fornita alle lenti Mass Dial e Stigmator attraverso i potenziometri di Mass Offset e X CORR del filtro di Wien. Dopo aver eseguito numerosi test sono stati raggiunti i valori indicati dalla ditta per un fascio di 5 KeV di Ar. La figura 3 mostra le due corde centrali del profilo dello spot del cannone ionico ottimizzato corrispondenti al piano dispersivo (Y) e non dispersivo (X) del filtro di Wien. Le rispettive FWHM sono molto simili indicando che il fascio può essere considerato gaussiano a sezione circolare. Questo è un ottimo risultato considerando che di solito i fasci in uscita da un filtro di Wien sono a sezione ellittica3. Figura 3: Profilo dello spot del cannone ionico su campione di silicio ortogonale al fascio. a) direzione x (piano non dispersivo del filtro di Wien) e b) direzione y (piano dispersivo del filtro di Wien). L’ottimizzazione della dimensione di rastering è strettamente collegata all’angolo di incidenza del fascio sul campione che modifica la percentuale di ionizzazione degli ioni secondari e la velocità di sputtering. Queste prove sono state eseguite variando l’angolo d’incidenza del fascio ionico sul campione (silicio) e visualizzando al profilometro le forme del cratere ottenuto. Poiché l’angolo d’incidenza è ottenuto semplicemente variando l’inclinazione del campione rispetto al fascio ciò influenza automaticamente anche l’area di raccolta degli ioni sottesa all’analizzatore e quindi i conteggi ottenibili. Il risultato è un ottimizzazione delle dimensioni del cratere e dell’inclinazione del campione che tiene conto dei suddetti fattori. Per quanto detto, si è scelto un cratere di dimensioni 2 x 2 mm2 e un pattern di rastering del fascio opportunamente dimensionato in termini di distanza tra due linee di rastering consecutive col fine di ottenere un cratere piatto. La figura 4 mostra il miglior cratere ottenuto come compromesso tra la velocità di sputtering e la forma del cratere. Figura 4: Profilo dello cratere ottenuto mediante sputtering con ioni di argon su di un substrato di silicio. a) direzione x (piano non dispersivo del filtro di Wien) b) direzione y (piano dispersivo del filtro di Wien) Le spalle del cratere, che dipendono strettamente dalla collimazione del fascio, risultano sufficientemente ripide, e la parte interna del cratere sufficientemente piatta. Come sarà discusso più avanti questi due parametri risultano fondamentali per ottenere una buona risoluzione e sensibilità dello strumento. L’ultima fase di calibrazione dello strumento consiste nella centratura del cratere frontalmente all’analizzatore di ioni secondari. A tal fine, per evitare di raccogliere ioni dalle spalle del cratere, si sceglie all’interno del cratere un’area utile di raccolta (gating) che di solito è una piccola percentuale dell’area di rastering. A questo punto si massimizzano i conteggi dell’analizzatore in termini di centratura dell’area di gating attraverso il partitore/adattatore e distanza dall’analizzatore del campione agendo sul manipolatore. Di grande utilità risulta un obiettivo Macro, posto su una finestra della camera, che consente la visualizzazione del campione e dell’area di sputtering durante le misure. Depth resolution Il profilo di profondità ottenuto testando una interfaccia ideale (variazione a gradino della matrice del campione) fornisce una indicazione della risoluzione in profondità dello strumento (depth resolution). Le interfaccie SiO2/Si cresciute per ossidazione termica si prestano bene a tale scopo poichè misure TEM indicano spessori di interfaccia di 1 nm4 e quindi approssimabili ad una funzione a gradino. Noto il tempo totale di misura T e misurando la profondità del cratere Z si risale alla velocità di sputtering attraverso la relazione V = dZ/dt ≅ Z/T. Risulta così possibile risalire allo spessore coinvolto durante la transizione dell’interfaccia. E’ prassi conferire al profilo sperimentale un andamento di tipo “error function” generato da una “depth resolution function” di tipo gaussiano cosicchè la depth resolution presa ad uno spessore ΔZ definito tra l’84% e il 16% della caduta del segnale (SiO2) corrisponda a 2σ (standard deviation). Risulta evidente da questa definizione che quanto più il cratere è piatto e quanto più le sue spalle sono pendenti, tanto più sarà possibile essere sicuri di raccogliere ioni secondari emessi solo alla profondità δZ istantanea del campione5. Figura 5: Depth profiling ottenuto con interfaccia SiO2/Si alla profondità di 36 nm (Argon, 5 KeV , 80 nA, gating 25%, Flood gun 1 keV, 80 nA) Le misure SIMS di interfacce SiO2/Si sono molto difficili perché la fase ossidata si comporta da isolante puro mentre il Si è semiconduttore. Occorre garantire un segnale costante con l’ausilio di un neutralizzatore (Flood Gun) ma al contempo al raggiungimento dello spessore Z’ d’interfaccia si manifesta un aumento di segnale dovuto alla variazione delle bande di valenza e quindi alla probabilità di ionizzazione6. Per tale motivo i valori di 84% e 16% sono riferiti al valore del segnale (costante) prima di raggiungere Z’. La figura 5 mostra un profilo eseguito su una interfaccia SiO2/Si di 36 nm (spessore SiO2) con un fascio primario di Ar di 5 keV e 80 nA e con un fascio elettronico neutralizzatore sfocalizzato su tutta l’area di rastering di 1 keV e 80 nA in modo da bilanciare la corrente totale primaria a 0. Procedendo come descritto sopra si ottiene una risoluzione di 2,02 nm. Dynamic range Il range dinamico di un SIMS rappresenta di quante decadi può variare un segnale durante un’analisi. Per quantificare il range dinamico di un SIMS si può utilizzare un campione standard costituito da un substrato di silicio in cui è stato impiantato del boro monoisotopico (11B) con un certa energia. In funzione dell’energia con la quale il B è stato impiantato e dell’allargamento di fascio in energia della sorgente il B presenterà un profilo di profondità Gaussiano con un massimo allo spessore Rp ed una FWHM=ΔRp. Nota la dose di impiantazione in corrispondenza del massimo della gaussiana è possibile risalire alla concentrazione massima attraverso la seguente relazione: 𝐶!"# 𝐵 |!!!! = 𝑁!
𝛥𝑅! 2𝜋
dove 𝑁! = 3 ∙ 10!" 𝑎𝑡/𝑐𝑚 ! è la densità atomica superficiale 11B allo spessore Rp . Essendo il drogaggio molto basso il segnale del boro rilevato come ione secondario positivo risulterà debole. Utilizzando un “oxygen flooding” è possibile aumentare di circa 2 decadi i conteggi degli ioni positivi. Infatti, essendo l’ossigeno fortemente elettronegativo, tenderà a trattenere molte cariche negative permettendo un consistente aumento degli ioni positivi7. In figura 6 è rappresentato il decadimento della concentrazione di boro in una matrice di silicio drogato con boro impiantato a 25 KeV e con un picco di concentrazione alla profondità di 82 nm. Dal grafico risulta evidente che il range dinamico dello strumento in oggetto comprende quasi tre decadi. Figura 6: Andamento della concentrazione di boro in una matrice di Si drogata con B (Argon 5 KeV, 100 nA , gating 5%) 11
Tale risultato è soddisfcacente se confrontato con i risultati del precedente sistema SIMS e con quelli più avanzati dotati di cannoni duoplasmatron o Cameca. In Fig 7 si vede ad esempio che il sistema dell’istituto IENI del CNR di Padova dotato di cannone duoplasmatron, ad alta densità di corrente raggiunge 2,5 decadi. 1E21
2
Si(B): 25 keV, 3E15 at/cm
3
BORON (at/cm )
1E20
Cmax= 3.7E20 at/cm
Rp = 82 nm
ΔRp = 32.5 nm
1E19
1E18
3
Cameca (Trento)
Quad VG (Milan)
Quad Hiden (Padova)
1E17
0
50
100
150
200
250
300
350
DEPTH (nm)
Figura 7: Confronto del range dinamico su un campione di B in Si ottenuto con apparecchi SIMS di differenti prestazioni. Per QUAD VG Milan si in intende il SIMS VG precedentemente installato presso l’IFP. Sviluppi ulteriori. Al fine di migliorare le prestazioni del sistema occorre stabilire e ottimizzare le dimensioni del fascio della sorgente primaria a energie più basse di 5 keV in modo da poter analizzare profili “shallow”. A tal fine è opportuno automatizzare la procedura di lettura della corrente dalla Faraday Cup e visualizzazione su un grafico attraverso una scheda di interfaccia (Es NI). Al fine di aumentare l’efficienza di ionizzazione delle specie elettropositive è possibile utilizzare un fascio primario di O+ 8. Per ottenere ciò è sufficiente installare una linea di gas O e sostituire il filamento della sorgente con un filamento diiridio toriato. E’ anche possibile utilizzare il fascio primario di O+ in combinazione con l’oxygen flooding. Per quanto detto sopra si aumenterebbe il range dinamico dell’apparato ed inoltre la rugosità indotta nei crateri diminuirebbe migliorando la depth resolution. Al fine di migliorare la risposta alle specie elettronegative, sarebbe opportuna una sorgente primaria al Cs (e‐ donor) ma non essendo possibile installarla sia per mancanza di fondi che per accessibilità all’impianto è possibile cesiare la superficie un una sorgente di Cs9. In sostanza l’operazione è analoga all’oxygen flooding. La sorgente è installabile su una porta DN40CF disponibile. 1
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4
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