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NEWSLETTER 29-2016 Iscriviti QUI alla Newsletter del Biologico…e non solo! ...ora siamo anche in Facebook!! NOTIZIE DALL’EUROPA, DAL MONDO E… DAL TAMISO Questa settimana parliamo di: Delirio galleggiante, o Il clima è (già) cambiato, Le Latterie del Sud Tirolo salvano il territorio, La sostenibilità a parole, o Il grano della tradizione, Il senso per gli affari di Sergio Marchionne, o Un lavoro sporco, Tutti gli indirizzi del mondo, Idee eretiche, o OGM e Golden Rice: 110 Premi Nobel contro Greenpeace, Deutsche Bank: la casa del rischio, o Disastro ferroviario in Puglia: i responsabili ci sono già, o Disastro ferroviario in Puglia: il mio giorno più lungo, o Disastro ferroviario in Puglia: il binario unico della rabbia, Glifosato: dal PAFF(*) le restrizioni all’uso (*)acronimo che sta per Plants, Animals, Food, Feed, ovvero piante, animali, cibo e mangimi), Il Glifosato causa la diffusione di alghe tossiche nei laghi, o Etichettatura OGM sui cibi: il Senato USA approva il DDL, Le piante sono intelligenti, Al posto dell’olio di palma arriva Cremolì: italiano 100%, o Riappropriarsi del tempo, Patagonia: il filo di lana e quello spinato, o Lo “spettacolo” delle spiagge di Hong Kong, Sotto le macerie della scuola, Terra Chiama: GODI ! – domenica 17 luglio a Rosà, o L’Agenda della Salute di Terra Nuova di luglio. Buona lettura!!! DELIRIO GALLEGGIANTE Tutti giocondi verso l'abisso antropocenico. Considerazioni eco-sociali sui Floating Piers di Christo al Lago d'Iseo. di Luca Mercalli E' incredibile osservare l'ingenua e infantile gioia delirante un milione di persone che si sono precipitate a camminare sui pontili sintetici di Christo. Persone che parlano di un'esperienza sublime, di emozioni forti, di incredibili sensazioni provate nel camminare su un telo di plastica posato su taniche vuote sopra le acque di un lago prealpino reso infrequentabile dalla folla. Le cronache sono del tipo: "Il popolo dei Piers non indietreggia di un millimetro. Non si lascia scoraggiare dalle code per salire su un treno, su una navetta o su un battello, né dal sole che trasforma la passerella - e i piazzali di Sulzano - in forni a microonde, tanto che ieri al tramonto sono tornati in azione gli idranti per rinfrescare la folla in attesa. La parola d'ordine è una sola: camminare su The Floating Piers, costi quel che costi" (da bresciaoggi.it). Una situazione che, spogliata di tutto il costrutto mediatico-modaiolo che gli si è appiccicato sopra, è in realtà riconducibile a una semplice gita in battello: si cammina sulle acque e si ondeggia tra tante persone! Si tratta un ennesimo evento di massa emblematico dei tempi che viviamo e della totale indifferenza alle conseguenze delle proprie azioni, ovvero il fatto che sia mancata qualsiasi riflessione sulla responsabilità ambientale di quest'opera d'arte (sebbene qualche critico abbia almeno voluto definirla una pagliacciata sul piano estetico e di costume). I drammaticamente gravi significati simbolici che quest'opera si porta dietro non sono stati nemmeno sfiorati: il trionfo dell'usa e getta, del superfluo costoso, dell'artificializzazione della Natura. Dal sito ufficiale dell'artista, assumiamo i dati tecnici: 220.000 cubi [di polietilene ad alta densità prodotto dalla F.lli Cane di Fondotoce/Verbania coadiuvata dalle aziende bresciane Asco Plast, Ziber Plast, Zetabi, Artigiana Stampi e Seven Plast] creano i 3 chilometri di The Floating Piers; 220.000 perni [sempre di polietilene] tengono insieme i cubi; 200 ancore del peso di 5,5 tonnellate l'una mantengono i 16 metri di larghezza del pontile in posizione [blocchi di cemento trasportati nelle posizioni finali da mezzi nautici grazie all’utilizzo di palloni industriali che, una volta raggiunta la postazione, sono stati svuotati dell’aria e hanno adagiato sul fondo le zavorre]; 37.000 metri di corda connettono gli ancoraggi al pontile; 70.000 m2 di feltro ricoprono i pontili e le strade al di sotto del tessuto; 100.000 m2 di tessuto [in fibra poliammidica (Nylon), prodotto in Germania dalla Setex Textiles e confezionato dalla Luftwerkern di Lubecca] coprono i 3 chilometri di pontile e 2,5 chilometri di strada. E il tutto per un'installazione della durata di 16 giorni, dal 18 giugno al 3 luglio 2016. Dopodichè l'infrastruttura artistica verrà smontata e – sostiene il sito ufficiale “tutti i materiali utilizzati saranno riciclati attraverso un processo industriale”, non meglio specificato. fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/The_Floating_Piers http://www.thefloatingpiers.com/manufacturing http://www.thefloatingpiers.com/press/ Vediamo le criticità ambientali: o riciclo plastiche: il polietilene è relativamente facile da riciclare, i cubi verranno dunque ritirati dall'acqua e avviati a recupero, ma con trasporto dove? Il tessuto poliammidico, in parte sporcato e usurato, sarà meno facile da riciclare: di tutta questa filiera sarebbe importante disporre da parte dell'artista e delle autorità di igiene urbana locale una dettagliata e trasparente documentazione! Non sia mai che finisca tutto nel vicino inceneritore di Brescia… ?; o energia grigia: anche se la plastica può essere riciclata, in genere ottenendo un materiale meno pregiato di quello originario, nessuno potrà ottenere la restituzione dell'energia spesa in fase di produzione e lavorazione; o rilascio composti tossici nel lago: ci sono additivi potenzialmente rilasciabili dalla plastica nelle acque? Interferenti endocrini che costituiscono un problema ambientale e sanitario sempre più grave? Era necessaria una maggiore trasparenza, con certificati merceologici precisi sulla natura dei materiali impiegati; o emissioni dei trasporti per la costruzione: ci è voluto circa un anno di lavoro di aziende italiane e tedesche per produrre, trasportare, immagazzinare e montare (e poi smontare) l'installazione. Un'attività che avrà comportato ingenti costi energetici, emissioni di CO2 e altri inquinanti, produzione di rifiuti, imballaggi, materiali accessori, incluso un sommergibile per le ispezioni del fondo lacustre; o emissioni indirette per il trasporto passeggeri e per le attività di sicurezza: il colossale formicolare di persone che hanno invaso la zona ha provocato un carico critico sui mezzi di trasporto locale, la saturazione delle strade e inevitabilmente l'aumento di emissioni climalteranti e di rifiuti su base locale, nonché il mantenimento di un complesso sistema di vigilanza e sicurezza... a gasolio! E ora i messaggi simbolici che l'opera d'arte comunica (o non comunica): si può fare tutto ciò che si vuole, basta pagare! Ma il prezzo dei danni ambientali non si bilancia con la moneta...; una cosa che si smonta non lascia conseguenze! Ma ciò che non si vede è talora peggio di ciò che si vede... le emissioni climalteranti contribuiscono a deteriorare le condizioni di vivibilità dell'intero pianeta, i rifiuti industriali del processo produttivo dei materiali e quelli dispersi in acqua minano gli equilibri ecologici anche su tempi millenari; siamo già sommersi dai rifiuti plastici e purtroppo negli oceani galleggiano circa nuovi 5 continenti di plastica (*)! Altro che aggiungerne, bisognerebbe fare un'opera d'arte per rimuoverli!; o (*) Ogni anno almeno 8 milioni di tonnellate di plastica finiscono in mare. Un rapporto del World Economic Forum stima che ci siano attualmente 150 milioni di tonnellate di rifiuti plastici dispersi negli oceani, una tonnellata di plastica ogni cinque tonnellate di pesce, e che a questo tasso entro il 2050 nelle acque ci sarà più plastica che pesce! Le correnti marine concentrano queste enormi quantità di rifiuti in cinque principali “isole” galleggianti (oceani Indiano, Atlantico settentrionale e meridionale, Pacifico settentrionale e meridionale): http://www.5gyres.org/; www.plasticoceans.net. non inquina solo ciò che si vede, ma pure ciò che non si vede, dagli interferenti endocrini alla mobilizzazione del substrato: “Marco Pilotti, docente del dipartimento di Ingegneria civile, architettura, territorio, ambiente dell’Università di Brescia ed esperto del lago d’Iseo, ha condotto uno studio sull’impatto dell’opera sulla morfologia del bacino. Il molo galleggiante è ancorato al fondo del lago con [più di] 150 blocchi di cemento armato da sette tonnellate l’uno e il progetto prevede, al termine dell’esposizione, la rimozione totale dell’opera e lo smaltimento di tutti i materiali. «Il recupero dei cosiddetti corpi morti degli ancoraggi – spiega il professor Pilotti – farà solo del male al lago, perché solleverà i sedimenti del fondale. Le misurazioni che abbiamo fatto hanno rilevato che in quel terreno è contenuta una quantità di fosforo 15 volte maggiore a quella presente nei livelli superiori dell’acqua”. - http://lanuovaecologia.it/the-floating-piers-incombe-sul-lago-diseo/ - http://hydraulics.unibs.it/hydraulics/?page_id=1720) l'edonismo dissipativo, volgare e superficiale, attira assai di più che la contemplazione della biosfera, la nostra Casa da cui tutto dipende! Chi, di questo milione di bipedi vociante su un palcoscenico naturale trasfigurato per l'esibizionismo di massa, si è domandato qualcosa su questo povero lago prealpino? Quanto è profondo, quanta acqua contiene, che relazioni ha con la società e con la storia, è un ambiente sano o compromesso? Come reagisce ai cambiamenti climatici?; la Natura è sostituibile con l'artificio e si arriva a privilegiare il falso che assomiglia al vero (che viceversa viene distrutto). Afferma Christo: “Il telo color oro, cangiante, vuole rappresentare la spiaggia: la gente deve pensare di essere su una spiaggia in riva al mare, e camminarci sopra". Ma perché mai bisogna immaginare una spiaggia di plastica? Perché non godere di una spiaggia vera, magari proteggendola proprio dall'affronto degli onnipresenti rifiuti in plastica che la deturpano? E ancora, invita Christo, “Ascoltate il racconto della vita - Questo progetto fisico non è un museo, ma un progetto reale, riguarda le cose vere, sole, pioggia, vento". Accidenti! Sole, pioggia e vento erano già lì da milioni di anni, ed è proprio l'opera d'arte ad essere quanto più falsa, artefatta e improbabile in quel contesto! Con le parole si può proprio costruire di tutto, mostrare vero ciò che è falso e viceversa! Il problema sono i gonzi che ci cascano...; il denaro – 15 milioni di euro più le spese pubbliche per la logistica e la sicurezza poteva essere speso per impieghi più sostenibili, utili e durevoli; le folle si attirano con il capriccio e la bizzarria, mentre sui temi importanti per la nostra stessa sopravvivenza, come l'epocale e inedita crisi ambientale che si sta sviluppando, l'interesse è sempre marginale, per non dire nullo; l'arte dovrebbe essere veicolo di riflessione sulla contemporaneità, qui Christo rivela invece la sua senescente visione di un mondo sintetico ormai incompatibile con i processi biogeochimici. Contrappongo al vecchio Christo l'artista thailandese Nino Sarabutra (è una donna, nonostante il nome in italiano suoni maschile), che ha concepito un'opera molto significativa, esposta anche alla biennale di Venezia 2015 e che ho provato con i miei piedi: 100.000 piccoli teschi di porcellana che coprono il pavimento come ciottoli di fiume, sui quali si è invitati a camminare a piedi scalzi ponendoci la domanda “che mondo lasciamo dietro di noi?” “I want people to ask themselves how they live, what they are doing— if today was your last on earth, what will you leave behind? (Vorrei che la gente si chiedesse come sta vivendo, che cosa sta facendo – se oggi fosse il tuo ultimo giorno sulla Terra, che cosa lascerai dietro di te?) - ” Nino Sarabutra, 2013 L'artista thailandese Nino Sarabutra e la sua opera "What will you leave behind?", qui esposta alla Biennale di Venezia 2015, che invita alla riflessione sulle conseguenze delle nostre azioni e sul mondo che lasceremo alle generazioni future tramite una camminata a piedi scalzi su migliaia di piccoli teschi di porcellana. Possono sembrare considerazioni fastidiose, respinte ed etichettate come seccature che guastano il festoso pellegrinaggio, ignorano i soldi che hanno irrorato il turismo locale e alimentato la retorica dell'Italia capace di grandi opere... eppure sono lo specchio di una società che rifiuta di confrontarsi con il più grande problema mai sorto da quando l'uomo è sulla Terra, l'insostenibilità dell'Antropocene e la sempre maggior probabilità di collasso della civiltà. Dunque, tutti gioiosamente avanti verso il baratro... (da NimbusWeb – giugno 2016) In linea sull’argomento, leggiamo anche: Il clima è (già) cambiato **torna al sommario** (da Altreconomia - giugno 2016) **torna al sommario** Le Latterie dell’Alto salvano il territorio Adige/Südtirol **torna al sommario** §§§ La sostenibilità a parole **torna al sommario** §§§ Il grano della tradizione **torna al sommario** §§§ Il senso per gli affari di Marchionne **torna al sommario** (da Altreconomia - giugno 2016) Un lavoro sporco **torna al sommario** §§§ Tutti gli indirizzi del mondo **torna al sommario** (da Internazionale - giugno 2016) IDEE ERETICHE di Roberto Mancini (*) Nell’etimologia del termine finanza c’è il significato del “portare alla fine, estinguere”. La società finanziarizzata chiude gli spazi alle esperienze essenziali e le spegne. Il sistema degli spazi chiusi. È lo specifico sistema di potere sulla vita di tutti che ha preso corpo con la finanziarizzazione dell’economia e della società intera. Penso a fenomeni qualii processi economici, il degrado della politica, l’emergere dei luoghi comuni di massa, il prevalere dello scoramento per la mancanza di alternative, le migrazioni forzate e il ritorno dei muri, il moltiplicarsi di scontri bellici e tensioni internazionali, la mutazione genetica delle istituzioni, la rottura dell’alleanza tra le generazioni. Questi fatti sono a sé stanti o rientrano in un quadro d’insieme? Nel suo libro del 1949, Origine e senso della storia, il filosofo tedesco Karl Jaspers avanzava l’ipotesi per cui tra l’800 e il 200 a. C. si verificò una fioritura policentrica della coscienza dell’umanità che coinvolse Cina, India ed Europa. In queste aree del mondo affiorarono correnti spirituali che videro protagonisti maestri come Confucio, Lao-tse, Buddha, Zarathustra, Elia, Isaia e Geremia, Omero, i Presocratici, Eschilo, Sofocle, Euripide, Tucidide e Archimede. Giunsero così a una straordinaria maturazione la coscienza della dignità umana, il senso della libertà e della responsabilità, il riconoscimento della comune condizione che lega tutti. Jaspers considera quella svolta come un asse della storia, che fu “il punto in cui fu generato tutto quello che, dopo di allora, l’uomo è riuscito a essere” (Mimesis, p. 19). Perciò egli parla di epoca assiale, nella quale furono aperti inediti spazi culturali, comunitari, politici. Ogni progresso vero schiude alla libertà della comunità umana un territorio prima sconosciuto. Nel confrontare la fioritura di allora con la tendenza dell’epoca presente viene da pensare che noi siamo in un’epoca assiale rovesciata, in una stagione storica in cui ciò che è più elevato nel vivere umanamente viene mortificato. Nell’etimologia del termine finanza c’è il significato del “portare alla fine, estinguere”. La società finanziarizzata chiude gli spazi alle esperienze essenziali e le spegne. Penso al valore delle relazioni interpersonali senza che debbano essere mediate dal denaro; al radicamento delle persone nella propria casa, lingua e patria; al lavoro come espressione della creatività e della responsabilità sociale di ciascuno; al rapporto con la natura; alla facoltà di costruire una vita comune mediante l’azione politica nella sua forma democratica; all’esercizio del pensiero critico, che salva dal conformismo e dalla menzogna. Tutte queste esperienze e capacità hanno bisogno di un loro spazio: affettivo, territoriale, sociale, ambientale, politico, mentale. A uno sguardo d’insieme che colga l’andamento del sistema di potere vigente si rende visibile la tendenza a chiudere questi spazi. L’umanità del nostro tempo soffre di claustrofobia perché gli ambiti più preziosi dell’esperienza sociale vengono surrogati da stretti percorsi obbligati e da spazi soltanto virtuali. Uno dei processi che attuano tale tendenza è quello della fine dello spazio politico. Le “riforme” del governo Renzi su Costituzione e Legge elettorale non sono riducibili al protagonismo del premier, né al progetto di rimodernare la Costituzione del 1948. Il significato radicale di tali “riforme” è quello di completare la chiusura degli spazi per la partecipazione democratica e per la rappresentanza delle istanze più vive nella società. La scelta di tale chiusura deriva dall’idea secondo cui il mercato governa più velocemente della democrazia e risponde a ogni esigenza, la politica non serve più. Fare politica partecipando in prima persona, elaborando idee, discutendo, lottando, dialogando, progettando è ormai come insistere a usare la macchina da scrivere invece del computer. Resta quasi soltanto la pseudopolitica fatta di carrierismo, corruzione e servilismo verso la finanza. Perciò è urgente ribellarsi a questo incantamento e contrastarlo alla prima occasione: il referendum costituzionale di ottobre. (*) - Roberto Mancini insegna Filosofia teoretica all’Università di Macerata (da Altreconomia - giugno 2016) **torna al sommario** OGM E GOLDEN RICE, 110 NOBEL CONTRO GREENPEACE. “È SOLO UN FALLIMENTARE E COSTOSO ESPERIMENTO”, REPLICA L’ORGANIZZAZIONE ECOLOGISTA 110 premi Nobel hanno sottoscritto un appello in cui attaccano le posizioni di Greenpeace e di altre organizzazioni contrarie agli OGM. I firmatari focalizzano l’attenzione in particolare sul riso Golden Rice, sostenendo che le posizioni ambientaliste non hanno alcun fondamento scientifico, visto che tutte le evidenze dimostrano un buon livello di sicurezza per uomini, animali e ambiente. Nella lettera, in cui si invitano anche i governi a respingere questa “opposizione basata sull’emozione e i dogmi, contraddetta dai dati”, si definisce la campagna contro gli OGM “un crimine contro l’umanità”. L’appello dei Nobel, pubblicato su un sito appositamente dedicato, che ne riprende il titolo Supporting Precision Agricolture, è accompagnato da una petizione che dal 30 giugno è stata sottoscritta da 2.547 scienziati e cittadini. Il Golden Rice è un riso geneticamente modificato, la cui colorazione dorata è dovuta a una modificazione genetica che lo rende capace di produrre betacarotene, un precursore della vitamina A. La carenza di questa vitamina causa ogni anno la morte di quasi 700.000 bambini sotto i 5 anni e oltre 500.000 casi di cecità. I 110 premi Nobel affermano che il Golden Rice “ha il potenziale per ridurre o eliminare gran parte della morte e della malattia causata da un deficit di vitamina A”. Lo scorso anno, all’Expo di Milano dedicato al cibo, nel Cluster del riso che riuniva quattro paesi asiatici (Bangladesh, Cambogia, Myanmar e Laos) un pannello all’entrata del padiglione del Bangladesh affermava che il Golden Rice “è uno degli OGM più famosi e discussi: i suoi effetti benefici rimangono tuttora incerti”. Dopo 24 anni di ricerca, il Golden Rice non è ancora pronto per l’entrata in commercio Un mese fa Marion Nestle, nutrizionista dell’Università di New York, ricordava sul suo blog che il 31 luglio del 2000 il Golden Rice aveva conquistato la copertina del Time, ma che dopo sedici anni non era ancora sul mercato. Il motivo non è da ricercare nella forza degli ambientalisti, ma per lo scarso successo riscontrato nelle sperimentazioni sul campo condotte nelle Filippine, come ha sottolineato una recente ricerca della Washington University. Il Golden Rice, sottolinea questo studio, “non è stato neppure presentato per l’approvazione all’agenzia di regolamentazione, il Philippine Bureau of Plant Industry (…) Il fatto è semplicemente che, dopo 24 anni di ricerche e sperimentazioni, il Golden Rice è ancora lontano dall’essere pronto per il rilascio”. Le stesse considerazioni sul Golden Rice vengono fatte da Greenpeace, in risposta alle accuse dei premi Nobel. L’organizzazione ecologista ricorda che “persino l’Ente di ricerca che lo sta sviluppando, l’International Rice Research Institute (IRRI), ha ammesso che non vi è alcuna prova che sarà in grado di affrontare la carenza di vitamina A”. In realtà, afferma Greenpeace, “il Golden Rice non esiste. È solo un fallimentare e costoso esperimento”. (da Il Fatto Alimentare - luglio 2016) **torna al sommario** DEUTSCHE BANK, LA CASA DEL RISCHIO Prima la bocciatura dalla Federal Reserve, poi l’anatema del Fondo monetario, che l’ha definita una delle principali fonti di “rischi sistemici” per il sistema finanziario globale. È un doppio colpo quello che la settimana scorsa si è abbattuto su Deutsche Bank, provocando una nuova ondata di vendite sul titolo in Borsa. La tegola numero uno è arrivata dalla Fed. La Banca centrale americana ha fatto sapere che per il secondo anno di fila la controllata statunitense del colosso tedesco non ha superato gli stress test, la cosiddetta “Comprehensive Capital Analysis and Review”. Insieme alla divisione Usa di Santander (alla terza bocciatura consecutiva, un record), la costola di Deutsche è stata criticata per “una generale debolezza sostanziale” nei piani sui capitali e per aver compiuto scarsi progressi rispetto ai test del marzo 2015. Poche ore dopo è caduta la tegola numero due, molto più pesante. Il Fondo Monetario Internazione/FMI ha scritto che Deutsche è “una delle banche importanti a livello globale che più di tutte contribuisce ai rischi sistemici, seguita da Hsbc e da Credit Suisse”. Il Fondo sottolinea che “la rilevanza di Deutsche Bank aumenta la necessità di saper gestire i rischi; occorre inoltre monitorare attentamente l’esposizione transfrontaliera, così come la capacità delle banche di rilevanza sistemica di elaborare nuove procedure di risoluzione”. Il contraccolpo sui mercati non si è fatto attendere, ed è stato violento. Giovedì alla Borsa di Francoforte le azioni della Banca sono scese fino a 12,05 euro, il minimo degli ultimi trent’anni, per risalire a quota 12,53 alla chiusura di venerdì. Secondo il Financial Times, dopo Brexit i fondi di George Soros e Marshall Wace, uno dei più importanti Hedge Fund della City, hanno scommesso milioni su un’ulteriore caduta del titolo Deutsche, che la settimana scorsa ha perso un quinto del proprio valore e nell’ultimo anno è crollato addirittura del 55%. Gli allarmi di Fed e Fmi, perciò, non sono arrivati a ciel sereno. Lo scorso anno Deutsche Bank ha registrato una perdita di 6,8 miliardi di euro, e in questi mesi il nuovo amministratore delegato John Cryan ha avviato una profonda ristrutturazione dell’istituto. In un’intervista pubblicata sabato sullo Spiegel, il manager ha assicurato che non ci sarà bisogno di un aumento di capitale. L’impegno principale è un altro: chiudere entro quest’anno il maggior numero possibile di contenziosi, che incidono pesantemente sui conti dell’istituto. Deutsche, infatti, vanta un poco onorevole primato: è il gruppo bancario che ha pagato di più fra multe e accordi stragiudiziali (oltre 12 miliardi solo negli ultimi tre anni), frutto di una lunghissima serie di scandali che hanno coinvolto l’istituto a varie longitudini (dalla manipolazione del LIBOR a quella delle valute, dalle operazioni dubbie su oro e argento al sospetto di evasione fiscale, dal riciclaggio all'aggiramento delle sanzioni contro la Russia). Per quanto riguarda invece l’aspetto esclusivamente finanziario, come sottolinea il Fondo monetario nello studio sulle banche tedesche pubblicato la settimana scorsa, il problema più grave di Deutsche è la vulnerabilità ai bassi tassi d’interesse. La questione, naturalmente, non riguarda la redditività di mutui e prestiti, ma l’esposizione dell’istituto ai derivati tossici, che dopo la crisi finanziaria globale si è ridotta molto meno rispetto a quella degli altri colossi. Secondo la Banca dei Regolamenti Internazionali, l’istituto tedesco è esposto in derivati per 50mila miliardi di dollari, una cifra pari a duemila volte la sua capitalizzazione di mercato e a circa 15 volte il PIL tedesco. La BRI, inoltre, ritiene che soltanto su Deutsche Bank e Morgan Stanley pesi il 20% dell'esposizione globale in derivati. E all’interno di questa montagna di titoli, le maggiori difficoltà dell’istituto tedesco sono legate ad alcune scommesse sbagliate sui tassi: più questi rimangono a livelli bassi, più le posizioni assunte da Deutsche ne risentono. Non a caso nelle scorse settimane David Folkerts-Landau, capo economista del gruppo, si è scagliato con ferocia contro la politica monetaria della Banca centrale europei, che prevede di mantenere ancora a lungo i tassi a questi livelli. Del resto, nel consiglio direttivo della Bce il più acerrimo nemico di Mario Draghi è da sempre Jens Weidmann, presidente della Bundesbank e fervente paladino degli interessi di Deutsche Bank. (da Altrenotizie - luglio 2016) **torna al sommario** I RESPONSABILI MORALI E POLITICI CI SONO GIÀ Tutti, dal presidente del consiglio al ministro dei trasporti assicurano che troveranno i responsabili del disastro ferroviario pugliese che ha causato la morte (al momento) di ventisette persone. In realtà i responsabili morali e politici ci sono già. Sono tutti coloro che hanno effettuato le scelte infrastrutturali di questo paese negli ultimi venti anni. Coloro che invece di assegnare priorità alla messa in sicurezza delle linee pendolari, raddoppiando i binari, dotandole tutte di efficienti sistemi di sicurezza, hanno inseguito sogni di grandeur, lasciando milioni di pendolari su carri bestiame, insicuri, non manutenuti, in Puglia come in Lombardia, in Calabria come in Piemonte, in Sardegna come in Sicilia o in Emilia Romagna, tagliando linee perché non sufficientemente redditizie ed assegnando ingenti risorse pubbliche a grandi opere spesso inutili o dannose, come le autostrade lombarde da 3 miliardi l’una su cui si può giocare a pallone. Eccoli dunque i veri responsabili. Coloro che approvando l’elenco delle opere pubbliche strategiche per il paese non si accorgevano oppure facevano finta di non accorgersi che la modernità di un paese passa prima dalla sicurezza dei servizi di base. Perché sulla linea a binario unico Corato-Andria non ci sono servizi di sicurezza ma ci si avvisa tramite messaggi telefonici preregistrati. Certo, magari troveranno chi ha sbagliato ad inviare il messaggio. Ma sarà solo un caprio espiatorio. Buono per continuare a investire dove prevalgono interessi dei soliti pochi rispetto ai tanti, che stavolta hanno anche pagato il prezzo più alto. ARTICOLI CORRELATI: IL MIO GIORNO PIÙ LUNGO -- di NICOLA NOCELLA **torna al sommario** IL BINARIO UNICO DELLA NOSTRA RABBIA -- di MATTEO SAUDINO **torna al sommario** (da comune-info.net - luglio 2016) **torna al sommario** da Bio@gricoltura Notizie di AIAB proponiamo la lettura di: Glifosato: dal PAFF restrizioni all’uso dell’erbicida **torna al sommario** §§§ Il glifosato causa la diffusione di alghe tossiche nei laghi **torna al sommario** §§§ Il Senato USA approva DDL su etichettatura dei cibi GM: una buona notizia? **torna al sommario** LE PIANTE SONO INTELLIGENTI E CAPISCONO QUANDO CORRONO UN RISCHIO Le piante sono belle, perché riempiono di colore e di vita le nostre città e i nostri giardini, e anche utili, in quanto ci danno frutti e ossigeno. Di fatto, però, tendiamo a considerarle come elementi passivi del paesaggio: d'altra parte, non si muovono, non sono dotate di un sistema nervoso, come potremmo considerarle “protagoniste” o “attive”? Eppure, come rivela uno studio appena pubblicato, anche le piante sono in grado di “prendere decisioni”, adattandosi continuamente alle caratteristiche del mondo che le circonda. Una nuova ricerca, apparsa sulla rivista Current Biology, mostra come le piante, pur non essendo dotate di un cervello, siano sensibili al rischio e valutino l’ambiente circostante sfruttando le situazioni per trarne vantaggio o ridurre, quantomeno, gli svantaggi. Lo studio in questione, Pea Plants Show Risk Sensitivity, esamina una particolare categoria di piante, quelle di piselli (Pisum sativum), è stato portato avanti da un gruppo di ricerca attivo tra la Gran Bretagna e Israele e si basa su un esperimento. Alcune piante di piselli sono state cresciute in una serra, ciascuna con le radici immerse in due suoli differenti, uno più ricco di nutrienti e l’altro più povero. Come previsto dai ricercatori, le piante hanno fatto crescere un maggior numero di radici nel suolo più ricco di nutrienti, dimostrando una capacità di adattamento simile a quella degli animali. Nella seconda fase dell’esperimento, le piante si sono invece trovate con le radici immerse in due suoli con lo stesso livello medio di nutrienti, ma con una differenza: in uno, il livello di nutrienti era costante, nell’altro variava, oscillando tra un punto più alto e uno più basso. Per ogni pianta, inoltre, il livello medio di nutrienti era differente. Dopo 12 settimane, gli scienziati hanno osservato l'evoluzione della situazione, misurando la massa delle radici cresciuta in ciascun suolo e notando come le piante avessero risposto in modo diverso alle condizioni in cui si trovavano, cercando sempre di ottenere il massimo nutrimento possibile. Alcune avevano “scommesso” sul suolo variabile, facendovi crescere più radici. Altre invece avevano mostrato una scarsa propensione al rischio, concentrandosi sul suolo più “sicuro”, con un livello di nutrienti costante. Infine, le piante meno "fortunate", che affondavano le radici su due suoli con un livello di nutrienti molto basso, di cui uno costante e l’altro variabile, avevano “scommesso” su quest’ultimo, assumendosi dei rischi per sopravvivere. “Sulla base di quello che sappiamo, questa è la prima volta in cui si dimostra una risposta adattativa al rischio da parte di un organismo sprovvisto di un sistema nervoso”. – ha spiegato Alex Kacelnik, coautore dell’articolo e Professore di Ecologia comportamentale presso l'Università di Oxford. La ricerca, rivelando che le piante “prendono decisioni” per sopravvivere, non vuole ovviamente implicare che le piante siano intelligenti nello stesso senso in cui lo sono gli esseri umani e gli altri animali, ma di certo ci obbliga a guardare la vegetazione che ci circonda con occhi diversi. Anche le piante di piselli, in fondo, sono piccoli strateghi che lottano ogni giorno per la sopravvivenza. Proprio come noi. (da Greenme.it - luglio 2016) **torna al sommario** CREMOLÌ: AL POSTO DELL’OLIO DI PALMA, ARRIVA DALL’ITALIA UNA CREMA A BASE DI OLIO DI OLIVA. Premiata l’innovazione di un’azienda di Perugia. Cremolì deriva prevalentemente da oli d’oliva e extravergini Da una startup della provincia di Perugia, arriva un innovativo sostituto dell’olio di Palma. Si chiama Cremolì, è un grasso vegetale prevalentemente a base di olio d’oliva o di extra vergine di oliva, che rappresenta oltre l’80% della parte grassa, e di burro di cacao (*). Il nuovo prodotto possiede caratteristiche tecnologiche superiori a quelle dei grassi presenti sul mercato e si propone come un sostituto dell’olio di palma, del burro, di alcuni tipi di margarina o altri grassi di origine animale con elevato contenuto di saturi. Cremolì è prodotto e commercializzato da Mida+, una startup che recentemente ha vinto il primo premio dell’Unicredit Start Lab per il settore Innovative Made in Italy. Cremolì è una crema solida fino a 25-26 gradi centigradi Il nuovo ingrediente si presenta sotto forma di crema ed è adatto alla realizzazione di prodotti da forno, industriali o di pasticceria, grazie alla sua estrema capacità di aumentare il volume inglobando aria. Il nuovo grasso vegetale grazie a un innovativo processo di trasformazione a basse temperature, senza alcuni impego di solventi chimici, offre una buona versatilità pur mantenendo le caratteristiche nutrizionali dell’olio di oliva. Si presenta in forma solida ad una temperatura di 25-26°C e ciò permette di ridurre le quantità di grassi in diverse ricette fino al 20% con una conseguente riduzione dei costi e dell’apporto calorico sul prodotto finito. (*) Ingredienti: olio extra vergine di oliva, burro di cacao, acqua, emulsionanti. Il prodotto non contiene: colesterolo, grassi idrogenati, conservanti ed allergeni. Indicato anche per alimenti vegani o destinati agli intolleranti del latte, delle uova e del glutine. Le coltivazioni da cui derivano i frutti non contengono OGM. (da Il Fatto Alimentare - luglio 2016) Riappropriarsi del tempo **torna al sommario** **torna al sommario** §§§ Patagonia. Il filo di lana e quello spinato **torna al sommario** §§§ Lo spettacolo delle spiagge di Hong Kong **torna al sommario** §§§ Sotto le macerie della scuola **torna al sommario** (da comune-info.net - luglio 2016) Siamo lieti di invitarti al III° ATTO di TERRACQUA GODI! Domenica 17 luglio 2016, ore 09.00 – 20.00 al Parco Rurale Comprensoriale “Civiltà delle Rogge” in Via Alessandro Manzoni 54 a ROSA’ (VI) Ci ritroviamo nel luogo che abbiamo scelto di far conoscere, oasi e cuore della nostra parola d’ordine di quest’anno, TERRACQUA! Amici pieni di passione per la terra, il cielo e l’acqua; amici degli alberi, dell’erba, dei sassi e degli esseri più piccoli, il Parco delle Rogge afferma il proprio diritto ad esistere. Qui abbiamo seminato cominciando dall’ultima generazione; abbiamo immaginato e fatto crescere un’opera vivente per celebrare l’Acqua, per rendere onore a tutti i piccoli fratelli coabitanti di questi luoghi e per accrescere la nostra attenzione alla complessità della vita che è legata indissolubilmente al rispetto ed alla libertà di ogni essere. Oggi qui, insieme, noi siamo l‘opera d’arte! Questo è il giorno da godere! È il giorno degli sguardi che intrecciamo, dei talenti che ci regaliamo; dove i cuori liberi dell’arcipelago verde di Terracqua danzano sul morbido dorso della pacifica Salamandra gigante che ci guida alla saggezza dell’Acqua. Possa questo luogo continuare a verdeggiare e ad essere la casa di innumerevoli esseri grandi e piccoli in armonia. Possa l’Acqua scorrere abbondante, pura, libera. Sempre! Ti aspettiamo! Claudio Bizzotto - 338 1917845 TERRACHIAMA è una comunità responsabile composta da: ADOTTA UN TERRAZZAMENTO (Canale di Brenta - VI) AGRINCOLTI (Bassano e dintorni) CA’ DELL’AGATA eco agriturismo (Zugliano –VI) COLTIVARE CONDIVIDENDO (Feltre – BL) CONSULTA PER L’AMBIENTE (Rosà) CUORE VERDE (Rossano Veneto) EL TAMISO cooperativa agricola biologica - PADOVA GAS DELLE ROGGE (Rosà) LEGAMBIENTE BASSANO (Bassano del Grappa - VI) MAROSTEGAS (Marostica – VI) NUTRIRE SIGNIFICA EDUCARE (Bassano del Grappa – VI) OASI SAN DANIELE San Zenone degli Ezzelini (TV) PARCO DELLE ROGGE parco comprensoriale Bassano, Cartigliano, Rosà (VI) VERDEVIVO AGRICOLTURA BIOLOGICA (Bassano) e MOLTE PERSONE indipendenti. Ci ritroviamo a riflettere e lavorare per la libertà alimentare e la sostenibilità ambientale. Abbiamo iniziato a camminare insieme per informarci sull’introduzione anche sul territorio europeo di coltivazioni con organismi transgenici e sulle loro conseguenze. Elaboriamo iniziative ed eventi che avvicinino le persone coinvolte alla comunione con la terra. Cerchiamo di coinvolgere in un progetto di informazione e sensibilizzazione anche tutti i Comuni della nostra zona Pedemontana: siamo infatti convinti che il primo compito delle Amministrazioni sia quello di salvaguardare per i cittadini un territorio vivibile. Raccontiamo le nostre riflessioni ed esperienze su www.terrachiama.it ** scarica QUI il volantino dell’evento** **torna al sommario** Concludiamo con l’Agenda della Salute del mese di luglio, proposta per noi da Terra Nuova. **torna al sommario** §§§§ Buona lettura e buon fine settimana!!!