Il laboratorio del linguaggio

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Il laboratorio del linguaggio
IMPULSIVITÀ E AUTOCONTROLLO
Introduzione
Il laboratorio del linguaggio è un sussidio didattico-riabilitativo per la prevenzione e il trattamento delle difficoltà di linguaggio attraverso proposte ludiche che
coinvolgono attivamente bambini e ragazzi. Esso si compone di diverse illustrazioni
e scritte cartonate, che devono essere abbinate tra loro in base alle modalità di gioco.
Questo materiale è stato ampiamente sperimentato con ragazzi dai 7/8 anni in
poi con difficoltà di linguaggio e/o di apprendimento, nonché con bambini normodotati. Ciò ha permesso di adattarlo alle esigenze concrete e di verificarne l’effettiva efficacia. L’idea iniziale ha subito quindi modifiche e correzioni, e certamente
continuerà a subirne, proprio perché è — e vuole essere — uno strumento vivo. Gli
educatori che volessero servirsene, pertanto, dopo aver compreso le intenzioni
dell’Autrice, possono adattarlo alle singole esigenze introducendo scritte, illustrazioni e modalità di gioco diverse rispetto a quelle presentate.
Le caratteristiche del materiale favoriscono l’instaurarsi di contesti educativi e
rieducativi di tipo collaborativo, che incoraggiano il tutoraggio fra pari (ossia lo
scambio tra gli stessi ragazzi), la costruzione e ricostruzione di «situazioni» — analizzate e sintetizzate partendo da diverse angolature o in vista di differenti obiettivi
— la discussione, la condivisione e il confronto. In questo ambito il terapista e
l’insegnante hanno, soprattutto, il ruolo di agenti di cambiamento, di mediatori tra il
bambino, il mondo esterno e gli apprendimenti. I loro interventi mireranno a sollecitare nei ragazzi riflessione e atteggiamenti metacognitivi: consapevolezza di ciò che
si fa e si sa e di come lo si fa e si sa, controllo delle proprie azioni e competenze.
Studi molto interessanti confrontano l’apprendere attraverso l’esperienza e
l’apprendere attraverso il linguaggio.1 In questo senso l’apprendimento del linguaggio è del tutto particolare, in quanto mentre si parla si impara a parlare (quindi
si apprende attraverso l’esperienza) e, in un secondo momento, il linguaggio può
essere utilizzato per capire i meccanismi che lo regolano (quindi si apprende attraverso il linguaggio). Chi ha difficoltà di linguaggio deve potersi confrontare con
attività specifiche e mirate (graduali e opportunamente strutturate, ma non irrigidite
in schemi fissi) che abbiano per oggetto il linguaggio medesimo. Se è vero che
interagendo attraverso il linguaggio si impara e conoscerlo e a dominarne i mecca-
1
D. Parisi, Imparare dalle parole o imparare dalla realtà (simulata)? In O. Albanese, P. Migliorini e G.
Pietrocola (a cura di), Apprendimento e nuove strategie educative, Milano, Unicopli, 2000, pp. 37-52.
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nismi, è altrettanto vero che quando ci si trova in situazioni di difficoltà occorrono
proposte sistematiche e intenzionali in cui l’esperienza possa diventare consapevole ed essere controllata: una sorta di laboratorio per esperimenti che portino a
scoprire come è fatto e come funziona il linguaggio.
Quest’opera si colloca in tale ottica, ed è nata, fra l’altro, dall’esigenza di far
prendere coscienza ai ragazzi della duttilità del linguaggio, della possibilità di
«vedere» (e quindi definire verbalmente) un’immagine-situazione da diverse angolature, secondo presupposti o in vista di obiettivi diversi (figura 1) e, allo stesso
modo, della possibilità che un’espressione linguistica si riferisca a situazioni differenti (figura 2): tanto più la definizione è generica tanto maggiore sarà il numero
di situazioni a cui può essere riferita.
FIGURA 1
Ad esempio, in riferimento a questa illustrazione si potrà dire che:
– «Il bambino beve»
– «Lui beve»
– «Sta bevendo»
– «Aveva sete»
– «Non avrà più sete»
– «Beve»
– «Invece di mangiare beve».
FIGURA 2
In riferimento a queste quattro immagini si potrà invece dire:
– «Lava» (oppure «Lavare»).
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Conseguentemente, nell’uso del linguaggio, se voglio essere compreso devo
essere preciso nella consegna, utilizzando sintassi e lessico adeguati (figura 3), se
voglio comprendere devo aver accesso alle conoscenze lessicali, a quelle morfosintattiche e agli eventi che potrebbero precedere o seguire la situazione verbalizzata
(figura 4).
FIGURA 3
In riferimento a questa illustrazione, volendo identificarla tra le altre immagini della figura 2, si dovrà dire:
– «La bambina lava la bambola».
Non si potrà più genericamente dire:
– «Lava»
– «La lava»
– «La sta lavando»
– «Sta lavandola»
– «Lei lava»
– «Lei la lava»
– «La bambina lava».
Queste definizioni rimarrebbero infatti ambigue.
FIGURA 4
In riferimento alle immagini di questa figura, volendo identificarle tra tutte
le immagini della Serie nera si dovrà dire:
– «La mamma si lava» (in questo caso bisogna conoscere il significato della
particella «si» per riuscire a individuare l’illustrazione a cui ci si riferisce);
– «Asciugherà la bambola» (in questo caso occorre conoscere il tempo futuro del verbo — altrimenti si indicherà l’illustrazione in cui la bambina
asciuga la bambola — e si dovrà anche prevedere l’evento che presumibilmente seguirà l’aver lavato la bambola).
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Fermi restando questi presupposti, il materiale, attraverso le particolari proposte d’uso, mira a condurre i ragazzi:
• alla corretta percezione dell’immagine (quello che si vede);
• alla lettura dell’immagine, che può variare secondo i parametri sopra esplicitati;
• alla comprensione dell’espressione verbale: prendendo coscienza, appunto, che
una medesima espressione può riferirsi a più situazioni (se è mantenuta piuttosto
generica) o a una sola (se è specificata in tutti i suoi elementi) e che un’immagine
può essere definita con diverse proposizioni (secondo il punto di vista o l’obiettivo di chi la definisce);
• alla consapevolezza che l’individuazione di una illustrazione-situazione, in un
contesto chiuso e controllato da entrambi gli interlocutori, può avvenire utilizzando un numero limitato di elementi verbali (ad esempio, nella Serie gialla, la frase
«butta» può solo essere riferita al bambino che butta via la mela morsicata);
• a migliorare la produzione verbale.
La lettura dell’immagine e la comprensione delle definizioni date dell’immagine stessa passano attraverso le competenze morfosintattiche che, con queste
proposte, vengono di volta in volta isolate e rese evidenti. In tal modo si conduce
il bambino in un primo momento alla comprensione adeguata, in un secondo momento all’utilizzo corretto delle diverse forme verbali.
Nello specifico, vengono evidenziate:
• le DIFFERENZE SEMANTICHE:
– tra verbi (molti bambini sordi e/o disfasici confondono, ad esempio «avere»,
«prendere» e «dare»; «versare» e «bere»; «lavare» e «asciugare», ecc.);
– tra verbi e nomi (gli stessi soggetti possono incontrare difficoltà nel distinguere
tra «tagliare» e «coltello», tra «bicchiere» e «bere»);
– tra articoli e pronomi, ecc.
• ma anche le DIFFERENZE DI SIGNIFICATO VEICOLATE DALLA:
–
MORFOLOGIA: singolare/plurale, maschile/femminile (declinazione di nomi, ag-
–
SINTASSI: coniugazione del verbo; forme attiva, passiva e riflessiva; uso adegua-
gettivi, verbi, articoli, pronomi);
to dei pronomi, delle particelle pronominali, degli aggettivi e pronomi possessivi, degli avverbi e delle preposizioni; negazione.
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