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Riccardo Becheri LO STERMINIO DEGLI ISLAMICI e di tutti gli altri Prato 2004/2 “Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li distrugga?” Ma Gesù si voltò verso di loro col volto severo come a difesa della parola di Dio. Lc 9,54-55 ©Tutti i diritti riservati all’autore [email protected] Prato 2004 2 1- Finalmente ci siamo convinti: noi dobbiamo reagire! Dobbiamo raccogliere la sfida che l’Islam ci ha lanciato e vincere definitivamente la guerra che loro ci hanno imposto da olte mille e quattrocento anni e che negli ultimi decenni hanno rinforzato, invadendo persino le nostre terre. E ci siamo convinti che non ha senso distinguere fra islamici moderati e fondamentalisti; che questa divisione fra di loro è una questione tattica su come conquistarci e distruggerci, mentre la strategia finale degli islamici, moderati o fondamentalisti che siano, è quella di cancellare la nostra cultura. Noi, ora, ne siamo convinti. Noi reagiremo. Dicendo “noi” intendo la classe dirigente dell’Occidente di cultura e tradizioni greche, romane e cristiane, di qualunque stato d’Europa, della Russia, delle Americhe o dell’Oceania: noi classe dirigente e coscienza dell’Occidente. O che si crede tale. Se invece adopro il singolare “io” intendo solo me stesso, Riccardo Becheri; e parlerò alla fine. Dunque, dobbiamo vincere una volta per tutte questa guerra di civiltà, fra la nostra cultura e la cultura di matrice islamica. Non parliamo di religioni né tanto meno di razze, parliamo di culture e di civiltà. Fra noi e fra loro ci possono essere credenti o miscredenti o atei, bianchi o neri o gialli. Queste differenze non significano niente; quello che marca la vera differenza fra noi occidentali e loro è la tradizione in cui siamo nati, siamo stati allevati e a cui ci rifacciamo con le nostre memorie e i nostri valori. I punti fermi delle nostre convinzioni, che terremo come fari irrinunciabili per le nostre azioni future, sono i seguenti: a) per stare in pace occorre essere d’accordo fra tutte le parti in gioco; per fare la guerra basta la volontà d’una sola parte; 3 b) gli islamici fanno guerra all’Occidente fin dai tempi di Maometto, senza dimostrare mai una vera volontà di pace; c) negli ultimi decenni gli islamici, credendosi loro forti e immaginando deboli noi, hanno lanciato l’assalto finale per cancellare la Civiltà Occidentale; d) l’unica nostra debolezza era la cecità sui loro veri scopi, frutto del nostro spirito laico di tolleranza che ci illudeva a proposito di un Islam altrettanto laico e tollerante; e) un Islam laico, tollerante e pacifico non esiste; f) gli islamici vogliono la guerra, avranno la guerra; vogliono distruggere l’Occidente, saranno distrutti; g) otterremo la pace sterminando la parte in gioco che vuole la guerra, gli islamici tutti. Noi qui non useremo parole o concetti politicamente corretti. Non andremo a leggere il Corano in cerca di prove delle loro intenzioni o di spauracchi sul destino che ci aspetterebbe se loro vincessero. Non abbiamo più bisogno di prove: loro ci stanno facendo la guerra! Ora ne siamo convinti. Anche noi la faremo contro di loro e li distruggeremo tutti. 2- Quando si fa una guerra, qualunque guerra, è bene aver chiaro l’obiettivo da raggiungere e perseguirlo fino in fondo, approntando tutti imezzi per vincere. Disgraziatamente ci saranno perdite anche per noi occidentali. Solo gli stupidi credono di poter fare guerre umanitarie in cui noi bombardiamo e solo gli altri muoiono. Dobbiamo preparare le nostre popolazioni a sopportare le perdite di vite umane e le distruzioni materiali che ci saranno. Dobbiamo anzi convertire queste perdite in risorse, per meglio combattere e affrettare la nostra vittoria. 4 Dunque l’obiettivo da raggiungere è la completa estinzione di tutti gli islamici per chiudere finalmente la guerra che ci muovono da secoli. E’ difficile dire quanti siano: noi, qui, li quantifichiamo in un miliardo e mezzo di esseri umani, un quarto circa dell’intera umanità. Bene, dovremo ucciderli tutti per salvare la nostra civiltà e vivere in pace. C’è un artificio teorico che serve per eliminare una serie di falsi obiettivi e nello stesso tempo per fissare bene in mente l’obiettivo strategico. E’ questo: c’è un bottone magico che, pigiandolo, fa morire all’istante tutti gli islamici dovunque si trovino. Uno di noi lo pigia e la guerra è vinta.. Vedremo poi i falsi obiettivi che questo artificio elimina. Sveliamo subito invece il significato della nostra vittoria: vincendo la guerra nel modo che abbiamo detto, non abbiamo perso i valori costituenti della nostra cultura. Fra noi e gli islamici, ormai completamente scomparsi, non ci sarebbe stato nessun contatto e nessun compromesso. Noi non vogliamo convincerli, né tanto meno convertirli alla nostra religione. Non vogliamo umiliarli e costringerli a riconoscere che siamo superiori a loro. Non vogliamo torturarli per estorcere loro chissà quali notizie. Vogliamo soltanto che muoiano tutti e ci lascino in pace per sempre. Sappiamo bene che sarà difficile per i più facinorosi fra i nostri concittadini accettare il fatto che tante belle ragazze islamiche vengano uccise senza stuprarle prima, o che non ci si possa divertire a impalare i giovani islamici che più hanno resistito all’annientamento. Ma consentire queste nefandezze sarebbe come perdere i valori della nostra civiltà. E noi non lo vogliamo assolutamente. Se poi qualcuno, nell’esaltazione della lotta concreta contro gli islamici, si abbandonerà a simili eccessi, noi, a guerra finita, lo 5 processeremo e lo condanneremo. Vedremo successivamente se non sia il caso di fare un’amnistia. Nemmeno potremo consentire che i neonati di famiglie islamiche vengano risparmiati e dati in adozione a coppie occidentali: da grandi andrebbero a ricercare le loro origini e il pericolo islamico risorgerebbe. Come abbiamo visto accadere ai figli degli scomparsi argentini adottati dagli ufficiali torturatori. Come abbiamo visto accadere ai giovani dell’Est europeo ai quali erano state nascoste le loro origini ebraiche per salvarli dai nazisti e che dopo la guerra, saputo chi erano, sono emigrati in Israele per rivendicare la terra promessa loro da Mosè. No, non potremo salvare nemmeno i neonati. Qualcun altro, forse, pensa al degrado morale di chi ha pigiato il bottone e di chi lo ha autorizzato o era a conoscenza della cosa; e pensa a ciò come a una perdita dei nostri valoro occidentali. Balle, siamo in guerra. Dopo tre giorni dalla raggiunta pace, se mai un rimorso fosse sorto, sarebbe già cancellato dall’entusiasmo per l’espandersi benefico della nostra civiltà occidentale e dei nostri valori. Dunque, dobbiamo far morire tutti gli islamici senza perdere nella lotta noi stessi, cioè le nostre memorie, i nostri valori, le nostre libertà e le nostre istituzioni. 3- Il primo falso obiettivo eliminato dall’artifico del bottone magico è quello territoriale. Noi non vogliamo conquistare territori e nemmeno ingaggiare battaglie territoriali con gli islamici: vogliamo soltanto che muoiano tutti. Certamente, una volta che loro saranno scomparsi, immensi territori saranno disabitati. E’ bene che lo 6 rimangano per alcuni anni, non solo perché si disperda il puzzo dei cadaveri, ma perché l’ambiente naturale, specialmente le piante, abbiano il tempo per riaversi dallo stress subito per colpa degli islamici. Dopo deciderà l’ONUO (Organizzazione delle Nazioni Unite Occidentali) su come ripopolare quei territori. Di sicuro manderemo subito delle squadre di disinfestazione e di recupero. Avranno anche il compito di restaurare e conservare alcune delle più belle moschee e dei più bei minareti, e persino alcune casbah, come testimonianze archeologiche tipo Pompei. Insomma, dovremo trascurare completamente la strategia territoriale tanto cara ai generali che pensano sempre di combattere l’ultima gerra mondiale. Noi dobbiamo invece far sì che gli islamici muoiano preservando il più possibile l’ambiente naturale. 4- Il secondo falso obiettivo è quello economico. Pigiando il bottone non si è parlato né di petrolio, né di altre ricchezze islamiche. Sappiamo benissimo che anche nell’ipotesi d’una vittoria magica come quella ipotizzata, sparirebbero dai nostri paesi occidentali gl’immigrati islamici, una manodopera a basso prezzo disposta a fare lavori umili da noi rifiutati. Tanti più danni materiali, inflittici direttamente dagli islamici, dovremo subire per conquistarci nella realtà la vittoria. Certamente, alla fine, noi occidentali saremo più poveri. Poi, coi decenni, ritorneremo a un adeguato livello di benessere. Vedremo via via quali perdite subiremo e come fronteggiarle. 7 Tuttavia non vogliamo che le nostre popolazioni si scoraggino di fronte all’austerità del nostro obiettivo. Parleremo, faremo la necessaria propaganda, magnificheremo le ricchezze che saranno nostre, il petrolio gratis e così via. Come pure canteremo la Terra Santa tornata cristiana, i paradisi tropicali, le terre, i mari e i deserti conquistati per allargare l’Occidente. Resta però fra noi beninteso che questi sono solo artifici retorici: lo scopo è lo sterminio degli islamici. Di altri falsi obiettivi tratteremo quando si presenterà l’occasione. 5- Quantifichiamo ora le perdite umane di noi occidentali. L’ideale è 15 milioni, un occidentale per ogni cento islamici. Anche 30 milioni di morti nostri sarebbe un buon risultato di fronte allo sterminio d’un miliardo e mezzo di islamici. Vedremo alla fine quanti saranno davvero. Per intanto il rapporto cento a uno dve restare il nostro parametro di riferimento quando ingaggeremo battaglie dirette con gli islamici. Notiamo, per inciso, che il rapporto fra morti israeliani e morti palestinesi da quando è cominciata la seconda intifada è di tre o quattro palestinesi per ogni israeliano: Israele scomparirà. Se non alzerà la media. Ma lo farà, perché Israele è un’importante pedina occidentale in Medio Oriente. Che poi, alla fine, Israele esista ancora è molto dubbio. D’altra parte, a noi occidentali, il destino dello stato di Israele non interessa: basta che ci ammazzi quanti più islamici può; dopo, che continui a esistere oppure no ci è indifferente. 8 Sempre per inciso, notiamo che dall’inizio dell’attuale guerra irachena il rapporto fra perdite occidentali e islamiche è di circa uno a dieci. Migliore di quello israeliano, ma sempre lontano dal rapporto ideale di uno a cento. Questa lontananza è dovuta a due ordini di fattori. Primo, perché ancora non è coscienza comune l’obiettivo finale della nostra guerra contro l’Islam. Noi, classe dirigente dell’Occidente, ora siamo pienamente convinti che l’Islam ha ripreso la sua guerra secolare contro di noi, che sta per vincere se non ci svegliamo e che il nostro obiettivo è quello fissato, lo sterminio di tutti gli islamici. Ma questa convinzione non è ancora generalizzata nelle popolazioni occidentali che ora come ora si opporrebbero a una conduzione giusta della guerra, quella conduzione che gli stessi nostri popoli reclameranno quando succederanno gli avvenimenti che diremo. Secondo, perché in Iraq stiamo facendo una guerra territoriale, che è un falso obiettivo, come detto; e addirittura un’occupazione territoriale, che non solo è un falso obiettivo, ma è un errore e ci porterà a medie israeliane. 6- Noi non siamo stupidi. Sappiamo benissimo che le opinioni pubbliche occidentali, oggi, non accetterebbero l’obiettivo fondamentale da noi esplicitato; e sappiamo che gli attuali governanti dei paesi occidentali, specialmente statunitensi, si trastullano con i concetti di democrazia da esportare, di libero mercato, di diritti umani, in un affastellamento verboso senza consistenza. Si ricrederanno. Tutti gli occidentali si convinceranno come noi, ora, siamo convinti sulla necessità della soluzione finale del problema islamico, cioè lo sterminio completo, che 9 è l’unica soluzione strettamente razionale. Tutti si convinceranno quando succederanno le cose che purtroppo succederanno. Con gli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001, gli estremisti islamici hanno posto un discrimine alle loro future azioni contro l’Occidente. Al di sotto di quella soglia di morti, di distruzioni materiali, e soprattutto di simbolismo, le loro future azioni testimonieranno il regresso della loro spinta, quasi una dichiarazione di sconfitta, un rimettersi a schermaglie per salvare la faccia e rinviare la loro guerra contro l’Occidente per almeno una generazione. Al di sopra di quella soglia crederanno invece di preparare la vittoria definitiva dell’Islam. Affretteranno al contrario la fine dell’Islam, che comunque avverrà anche nella prima ipotesi. Sono scenari differenti che noi affronteremo con due strategie differenti. Vediamoli separatamente, iniziando subito dallo scenario d’un loro attacco più catastrofico di quello alle Torri Gemelle. 7- Oggi è il 10 maggio 2004. Fra meno di due mesi, domenica 4 luglio 2004 una bomba atomica più o meno assemblata artigianalmente sul posto scoppierà a Washington. Il 4 luglio, anniversario della dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti, è una data estremamente simbolica. Comunque il fatto potrebbe avvenire prima o dopo o fra un anno, un martedì qualunque, o in un giorno che non significa niente, ma avverrà. Il massimo dell’efficacia terroristica gli estremisti islamici lo otterrebbero se potessero far esplodere contemporaneamente quattro bombe atomiche: quella a Washington, una a New York nei dintorni dell’Empire State 10 Building, una nel centro di Londra e l’ultima a Roma più vicino possibile al Vaticano. Meglio se potessero farle esplodere a distanza di 24 o 48 ore l’una dall’altra. Bombe sporche, che lascino radioattivo per secoli il terreno in un raggio di almeno dieci chilometri. Washington, la capitale dell’impero, è simbolica per eccellenza. New York, già colpita, resta comunque il centro finanziario del mondo occidentale. Londra è significativa in quanto centro storico da cui si è irradiato l’impero coloniale che ha fatto della propria lingua la lingua del mondo, al posto dell’arabo classico del Corano. Roma, infine, è simbolica come centro della cristianità occidentale che perdipiù secoli fa osò lanciare ben sette o otto crociate contro l’Islam. Non crediamo che i terroristi islamici abbiano la possibilità di realizzare l’obiettivo massimo. Siccome per svolgere il nostro ragionamento basta che colpiscano Washington, ci atteniamo all’ipotesi più probabile: che colpiscano appunto l’obiettivo più simbolico. E lo colpiranno con una bomba atomica, non con armi chimiche o biologiche. Queste ultime potranno eventualmente servire come contorno successivo per creare panico nelle nostre popolazioni. Ma i simboli del potere statunitense, cioè del centro dell’impero occidentale, la Casa Bianca, il Campidoglio, il Pentagono, resterebbero in piedi. No, sarà una bomba atomica che distruggerà fisicamente quei posti e li renderà inabitabili per secoli. Washington sarà distrutta e in un secondo morranno da cento a cinquecento mila suoi abitanti. 11 8- Chiunque rimanga a esercitare i poteri presidenziali degli Stati Uniti, il presidente in carica o chi nella linea di successione è previsto che gli subentri nel caso che lui muoia nell’attentato, dovrà ragionare, se vorrà ben ragionare dopo le prime ore di smarrimento, come noi qui diciamo. Le remore delle nostre opinioni pubbliche spariranno d’incanto. Anzi c’è da prevedere che almeno un milione di islamici residenti nei paesi occidentali vengano uccisi per le strade da folle inferocite, solo nel primo giorno. Ma qui siamo a piccoli episodi. Chi deve decidere sarà costretto a una reazione proporzionata e significativa, Dopo poche ore, al massimo entro pochi giorni, ci si renderà conto di due cose: 1) sarà caduto il tabù atomico; 2) non possono più esserci santuari che noi stessi precludiamo alla nostra forza, come avvenne in Corea, in Vietnam e ora sta avvenendo in Iraq. Allora annunceremo al mondo le due conclusioni suddette e bombarderemo con armi atomiche sporche della massima potenza La Mecca e Medina. Aggiungendo esplicitamente una minaccia: sarà distrutto chiunque nei paesi islamici, governi o popolazioni che siano, abbia osato prima inneggiare alla distruzione di Washington e poi osi reclamare per la distruzione della Mecca e di Medina. A scelta nostra: con armi tradizionali, chimiche, batteriologiche, o atomiche. Detto questo cercheremo di non adoprare altre bombe atomiche, per non inquinare l’ambiente più del necessario come è nel nostro obiettivo massimo. E’ da prevedere che molte saranno le proteste nei paesi islamici. Benissimo, è quello che vogliamo. Li bombarderemo con un gas mortale che si dissolverà entro un mese e che, combinandosi con l’anidride carbonica, produrrà poi ossigeno puro a beneficio della respirabilità dell’aria. 12 Saranno via via gasate per un raggio di cinquanta chilometri Casablanca, Algeri, Tunisi, Tripoli, Il Cairo, Damasco, Istambul e tutte le principali città islamiche fino a Giakarta e Kuala Lumpur. Diciamo circa settecento milioni di morti islamici entro i prossimi mesi di luglio e agosto, senza contare i morti islamici fra i residenti nei paesi occidentali o in India o in Cina o in altri paesi. Esamineremo al punto successivo lo sterminio degli islamici residenti nei paesi non islamici. Non si obietti che l’ipotesi qui descritta assomiglia all’ipotesi astratta del bottone magico e che nessuno al vertice degli Stati Uniti ordinerebbe simili reazioni nemmeno dopo la distruzione di Washington. Se così non facesse, male farebbe; perché la guerra durerebbe di più e le nostre perdite sarebbero più alte. Facendo invece come noi diciamo, le nostre perdite sarebbero trascurabili, forse cinque milioni, e la guerra finirebbe velocemente, forse prima di Natale. Gli altri islamici infatti morirebbero presto di fame e di malattie. Se tre o quattro milioni di loro si salvassero in qualche anfratto, avremo poi tutto l’agio di scovarli e chiudere la faccenda. Né si obietti che un gas mortale come quello descritto non esiste. Cosa abbiamo pagato a fare i chimici di guerra? Solo per scoprire un gas come quello adoprato in un teatro di Mosca che per uccidere venti islamici ha ucciso anche ottanta russi? No, di sicuro sono già state stoccate quantità sufficienti di gas mortale di massa che poi non inquini l’ambiente. 9- L’eliminazione degli islamici residenti nei paesi occidentali sarà la parte più antipatica del nostro lavoro. E 13 comporterà perdite più alte, proporzionalmente, nelle nostre file.Ma andrà fatta. Ed è proprio qui che bisognerà stare attenti a non macchiare la nostra civiltà con episodi spiacevoli. Dell’eliminazione delle minoranze islamiche in paesi non occidentali non ci occuperemo. Saranno l’India, la Cina e gli altri paesi a provvedere; e lo faranno volentieri al seguito dell’esempio occidentale. Quanto andremo a dire vale sia nel caso descritto al punto precedente, sia nello scenario che descriveremo in seguito. E partirà nel momento in cui tutti i popoli occidentali si convinceranno di ciò di cui noi classe dirigente siamo già convinti. I passi da compiere nei nostri paesi sono i seguenti, in ordine logico e temporale. A) La libertà di culto è garantita solo ai cittadini; la manifestazione pubblica di culti religiosi è proibita ai non cittadini dei paesi occidentali. B) Sarà tolta la cittadinanza agli islamici che l’avessero ottenuta per qualsiasi motivo che non sia la nascita. C) Tutti gli stranieri islamici dovranno lasciare il territorio dei paesi occidentali entro un mese, altrimenti saranno raccolti con la forza in campi di rimpatrio obbligatorio. D) Da questi campi, secondo le nostre convenienze del momento, potranno essere portati davvero in paesi islamici, oppure fatti affogare affondando in alto mare le navi che li trasportano, oppure sterminandoli direttamente in questi campi. E) I cittadini dalla nascita di paesi occidentali, di fede islamica, saranno rinchiusi in appositi centri di rieducazione dove resteranno per almeno dieci anni e finché non daranno 14 ripetuti e convincenti segni di rinuncia agli influssi culturali islamici e di accettazione completa dei valori occidentali. Questo percorso richiederà mesi o anni, ma andrà compiuto. Certo non sarà indolore per noi, visto il coinvolgimento territoriale. Molti islamici si ribelleranno e ci causeranno morti e distruzioni. Molti li dovremo uccidere per le strade. Solo in alcune città europee dove gli islamici si siano raccolti in quartieri ormai islamizzati li potremo gasare in quantità, o avvelenare tramite l’acquedotto. Per il resto, dovremo cercarli ad uno ad uno. Sarà un lavoro lungo e faticoso: addestreremo delle squadre appositamente per la caccia urbana agli islamici, insistendo perché li uccidano senza stuprarli o farli soffrire, per non macchiare la nostra civiltà come già detto. Una nota a parte meritano i neri degli Stati Uniti che si sono convertiti all’Islam per semplice odio contro i bianchi. Vista la natura razzista della loro conversione saranno privati della cittadinanza, anche se nati negli U.S.A., e trattati come gli altri stranieri islamici. Le nostre perdite su questo fronte, diciamo così, interno? Venti islamici per ogni occidentale nei paesi con più alta immigrazione islamica, cinquanta in quelli con più bassa immigrazione: questo è l’obiettivo. Dei problemi economici ci occuperemo alla fine. 10- E veniamo agli argomenti che piacciono tanto agli strateghi e ai politologi da televisione: i rapporti internazionali e i conflitti locali. Cosa succederà se gli islamici non saranno in grado di superare l’attacco alle Torri Gemelle nella loro guerra contro di noi? Abbiamo già detto che continueranno i loro attacchi terroristici a un livello ridotto, praticamente rabberciato e 15 cioè ininfluente. Cercheranno di sentirsi attivi per non perdere la faccia, ma in sostanza rinvieranno la loro immaginata vittoria almeno di una generazione, affidandosi alla cosiddetta strategia del ventre: tanti figli, tanta immigrazione islamica in Occidente, conquista dei paesi occidentali dall’interno con gli strumenti della democrazia. Noi lo sappiamo bene e abbiamo una ben più sofisticata strategia, più rapida della loro, anche se più lunga e macchinosa di quella diretta descritta sopra al punto 8. Tutto sommato, in questo caso avremo forse le stesse perdite ma diluite in quattro o cinque anni. La nostra strategia è la seguente: faremo in modo che gli islamici si ammazzino fra di loro e interverremo solo alla fine, per completare lo sterminio nei loro paesi e iniziare quello degli immigrati in Occidente. Si può cominciare dall’Iraq. Qualche anima bella televisiva che non capisce nulla di politica ha detto che se gli eserciti occidentali abbandonassero ora l’Iraq, laggiù scoppierebbe la guerra civile. Ottimo! Che potremmo desiderare di più? Disgraziatamente non ci si può aspettare che gli iracheni siano stupidi come alcuni politici occidentali che nel ventunesimo secolo, con la scusa della democrazia o del petrolio, si sono imbarcati in una guerra territoriale. La guerra civile in Iraq dovremo provocarla noi; e farla diventare poi una guerra generale fra stati islamici. Innanzi tutto ritireremo i nostri soldati non solo dall’Iraq, ma da tutti i paesi islamici. Nello stesso tempo dovremo promettere, in segreto, ai sunniti il nostro appoggio per un Iraq tornato sotto il loro completo dominio. Agli sciiti prometteremo un Iraq sciita in forza della loro maggioranza numerica fra la popolazione, o almeno una separazione del Sud-Iraq che poi potrebbe riunirsi con l’Iran. Infine 16 riconosceremo ai curdi il loro diritto a uno stato indipendente. A tutti forniremo armi, specialmente armi di distruzione di massa che non siano però armi atomiche o con gettata superiore a 300 chilometri. Tempo poche settimane scoppierebbe una bella guerra che vedrebbe da una parte i sunniti iracheni, la Sira, la Giordania, l’Arabia Saudita e tutti i paesi arabi fino al Marocco, e dall’altra gli sciiti iracheni e l’Iran, ai quali si alleerebbe la Turchia sia per l’oggettivo interesse comune contro uno stato indipendente curdo, sia per la pretesa turca contro gli arabi sui quali rivendicherebbe i diritti dell’impero ottomano. Noi ci auguriamo che questa guerra duri diversi anni. Dovremo via via aiutare di più la parte che momentaneamente stesse soccombendo, per riattizzare i combattimenti e far aumentare il numero dei morti. Ma venderemo armi a tutti, contro petrolio e ai prezzi che fisseremo noi. Sono evidenti i benefici economici per le nostre società. Con la Turchia impegnata ad est e a sud, nonché in casa propria contro i curdi, sarà agevole per la Serbia attaccare ed estirpare gli islamici dal Kosovo, dalla Bosnia e poi dall’Albania, dove quelli cercheranno rifugio. Anche i grecociprioti si sbarazzeranno dei turco-ciprioti e renderanno finalmente a Venere la sua isola. Non dobbiamo trascurare il fronte nord e quello est. A nord non serviranno sforzi per risvegliare la secolare rivalità dei russi contro la Turchia e le popolazioni turcomanne del Caucaso e dell’Asia centrale. Sarà anche l’occasione per l’Armenia di vendicarsi del genocidio perpetrato dai turchi contro il popolo armeno. Ad est porremo particolare cura affinché il Pakistan non intervenga nella guerra fra turchi, arabi e sciiti, ma insieme 17 all’Afganistan combatta finalmente la sua guerra fino all’ultima bomba atomica contro l’India. Questo sarà uno scenario particolarmente divertente per noi occidentali: l’India distruggerà il Pakistan, l’Afganistan e il Bangla Desh, nonché i cento o i duecento milioni di suoi cittadini di fede islamica considerati traditori e, nello stesso tempo, dimezzerà i suoi cittadini indù che, non essendo occidentali, non si sa mai. Rimangono la Malaysia e l’Indonesia. Qui il terreno si fa particolarmente scivoloso: non dovremo mai permettere che il gigante cinese, per la sua rivalità con l’India, si allei con gli islamici. Prometteremo allora alla Cina che la Malaysia e l’Indonesia diventeranno suoi territori non solo d’influenza ma di espansione una volta ripuliti dagli islamici. Con la Malaysia e l’Indonesia d’altronde la Cina ha vecchi rancori per le stragi fatte dagli islamici di cinesi residenti laggiù. Allora anche le minoranze islamiche in Cina e in Tailandia saranno spazzate via. Le Filippine, essendo cristiane e perciò occidentali, elimineranno la loro minoranza islamica. Dopo qualche anno di queste guerre a noi occidentali resterà solo il compito di estirpare i rimasugli islamici con le armi chimiche, la fame e le malattie. A proposito di malattie, siamo certi che i nostri biologi e i nostri medici di guerra siano a buon punto nella coltivazione di virus e batteri mortali solo per certe mappature di DNA, mentre per altre, le nostre, si riducano a fastidi sopportabili. Ci confortano in questa certezza i buoni risultati degli esperimenti con l’AIDS e la polmonite atipica. Anche in questo scenario, comunque, ci saranno perdite nelle nostre file, e non solo quelle previste al paragrafo 9 durante l’eliminazione degli islamici residenti nei nostri paesi. La Turchia, prima che tutti i suoi abitanti siano 18 cancellati, distruggerà sicuramente buona parte della Grecia e, se ce la farà, della Serbia. I paesi del Nord Africa attacheranno almeno la Sicilia, l’Italia meridionale e l’Andalusia. I russi avranno nel loro fronte sud ingenti perdite, si spera contenute nel rapporto di cento a uno. E così via. Ma alla fine non esisterà più un islamico sulla faccia della Terra e i nostri morti saranno inferiori a trenta milioni. 11- Le nostre perdite economiche saranno notevoli, non tanto per le distruzioni materiali che accompagneranno i nostri 15 o 30 milioni di morti, quanto per la crisi dei commerci e quindi della produzione. L’ideale anche qui sarebbe quello del bottone magico, cioè l’annullamento di ogni intervallo temporale fra l’inizio e la fine della nostra guerra. Più le cose andranno in lungo e più gli sconvolgimenti economici saranno profondi e richiederanno più tempo per essere sanati. Per questo sarebbe preferibile lo scenario descritto sopra al punto 8. Diamo comunque alcune previsioni di massima per prepararci ad affrontarle. A) Falliranno, se non possono essere convertite velocemente in industrie belliche, le compagnie aeree, le case produttrici di automobili, le compagnie petrolifere con interessi in paesi islamici, tutta l’industria del turismo e dello svago, tutto ciò che vive sui commerci coi paesi islamici e asiatici. E tutto il loro indotto, comprese le banche e le compagnie di assicurazione. B) La disoccupazione aumenterà notevolmente, pur ridotta dal numero dei nostri morti e dei morti islamici residenti da noi. 19 C) Esploderà l’inflazione , perché i nostri stati occidentali in seguito al venir meno delle entrate fiscali stamperanno moneta per sostenere le spese correnti. I debiti sovrani e quelli privati saranno azzerati e i risparmiatori perderanno ogni loro avere. Di fronte a questi sconvolgimenti noi daremo la colpa agli islamici per aizzare ancor più gli animi contro di loro e affrettare così la nostra vittoria. Gli oppositori irriducibili che contestassero la nostra politica di sterminio degli islamici avranno garantita la libertà di parola, com’è costume delle nostre istituzioni occidentali, purché non ostacolino la nostra azione. Altrimenti saranno trattati da traditori. Rinforzeremo adeguatamente le forze di polizia per prevenire e stroncare rivolte in tal senso. A questo proposito, non conteggeremo fra le nostre perdite i morti che potrebbero esserci nella repressione di queste rivolte. Come non conteggeremo fra le nostre perdite in guerra i morti per malattie in seguito al collasso dei nostri sistemi sanitari per mancanza di fondi. Qui c’è da dire di positivo che collasserebbero anche i nostri sistemi pensionistici; di positivo in senso demografico, perché gli anziani, specialmente i grandi vecchi e i non autosufficienti, sarebbero i primi a morire per mancanza di soldi e di cure. Si libererebbero così milioni di famiglie dal peso della loro assistenza; e si riequilibrerebbe in Occidente la proporzione fra giovani e vecchi, rendendo di nuovo la nostra società dinamica e rivolta al futuro. Un altro aspetto positivo sarebbe la fine del meticciato economico. Economico, non razziale: non siamo razzisti. In Sud-Africa l’apartheid è fallita perché i bianchi volevano la separazione sociale e politica dei neri, ma non quella economica; anzi pretendevano che i neri lavorassero con 20 loro, sotto di loro e per loro, e a salari più bassi di quelli dei bianchi. Qualcosa di simile sta avvenendo fra israeliani e palestinesi. E’ inutile elevare muri di separazione fisici o legali, non reggeranno. La separazione fra culture deve essere totale, quella con gli islamici irreversibile, come abbiamo già comprovato. Con altre culture che eventualmente sopravvivranno, l’indiana, la cinese, la giapponese, ci potranno essere scambi commerciali di cose, non lavori in comune. Ognuno lavorerà a casa sua, gli occidentali con gli occidentali, i cinesi coi cinesi, i giapponesi coi giapponesi, gl’indiani con gl’indiani, gli islamici coi morti. Coltiveremo invece gli scambi intellettuali con tutte le culture che lo desiderino. La nostra civiltà occidentale è aperta allo spirito e a tutte le sue manifestazioni. E non solo restaureremo moschee e minareti, ma fonderemo nelle nostre università cattedre di lingua araba e di altre lingue islamiche ormai estinte. Noi, qui alla fine, non negheremo che prima o poi si porrà il problema della nostra convivenza con le altre culture sopravvissute allo sterminio degli islamici, specialmente con quella cinese. Ci sono due pericoli: 1) che la Cina si tenga fuori dal nostro conflitto con gli islamici, intatta e potente, pronta a distruggere il vincitore; cioè noi, illudendosi di trovarci indeboliti e impreparati; 2) che la Terra, anche dopo la scomparsa di tutti gli islamici ma anche dopo le distruzioni della guerra, non possa più garantire la vita a tutti gli uomini sopravvissuti. Allora s’imporrà di dare esecuzione al “Progetto Sfoltimento Umanità”. E quale modo migliore che eliminare tutti i non-occidentali? Sono prospettive a più lungo termine, ma stiamo già studiando i progetti di massima e i piani dettagliati. Che nessuno si creda di poterci far 21 guerra impunemente: se anche dovesse sopravvivere un solo uomo, questi sarà un occidentale. Intanto sterminiamo gli islamici. 12- Ed ora parlo io, Riccardo Becheri. Io oso pensare l’impensabile e scrivere l’inconcepibile. Forse qualcosa del genere succederà, anzi è probabile. Di sicuro è quanto di logico accadrà se gli uomini daranno ascolto a chi predica la violenza fra culture. Ma io, semplicemente, non voglio partecipare a questa follia. L’altro giorno, per un malore di mia sorella, sono stato tre ore nella sala d’attesa del Pronto Soccorso all’ospedale. Era un continuo arrivare di gente ferita o ammalata. Arrivò anche una giovane coppia col loro bambino di forse cinque anni. Erano arabi: lei vestita d’un barracano fino ai piedi col cappuccio sulle spalle, la testa velata ma col viso scoperto; lui vestito come tutti noi. Il bambino si era fatto male al palato giocando in casa con una penna in bocca. I genitori erano preoccupati; lui si spiegava abbastanza in italiano; lei teneva il figlio in collo e lo consolava; il bambino piangeva più per l’agitazione dei genitori che per il dolore. E io, dentro di me, mi chiedevo: perché io li dovrei sterminare? O loro me? Perché io dovrei cancellare la loro cultura, o loro la mia? Forse, qualunque tradizione sia ancora viva fra cento o mille anni, in una situazione simile i genitori non saranno agitati come loro? E cercheranno di spiegarsi in qualunque lingua sia ancora parlata? E il bambino non piangerà e non si aggrapperà a sua madre, che questa indossi un barracano o un bikini? Cosa davvero ci preme tramandare al futuro? Cosa io voglio trasmettere di me al futuro? Ebbene, io voglio che fra cento, mille o un milione di anni ci siano sempre giovani 22 coppie preoccupate per il bene dei loro figli e che lo possano perseguire in libertà; e che i figli, diventati adulti, possano perseguire, ancora in libertà, il loro futuro. Non voglio trasmettere altro, di me. Perché dovrei costringere il futuro degli altri nel cerchio delle mie convinzioni? Ho sei figli e sono nonno di otto nipoti, per ora. Nella battaglia per trasmettere me stesso al futuro sarei ben piazzato. Ma che significa? Certamente finché sarò vivo e presente a me stesso farò quel che posso per il bene dei miei figli, nipoti e pronipoti; e se saranno attaccati cercherò di difenderli. Ma so che già alla quinta o settima generazione il mio patrimonio genetico sarà diluito e disperso in un oceano. Smettiamola perciò di pensare al futuro con riserve mentali di tipo biologico, di sangue o di razza: non siamo cavalli da monta per produrre puledri che corrano. Né siamo macchine da sopravvivenza di geni egoisti, ammassi di eliche immortali che si replicano all’infinito. E non siamo nemmeno macchine di memi (MEME = elemento di una cultura che può ritenersi trasmesso per imitazione da un individuo a un altro della stessa generazione o fra generazioni successive), replicatori egoisti anche questi che ci sfruttano per la sopravvivenza di pillole culturali o di complessi di memi. Non è una questione di teorie vecchie o nuove, non importa che si usino parole vecchie o nuove. Perché dovrei combattere, uccidere e morire pro aris et focis? Ammettiamo che quel padre, così sollecito per suo figlio al Pronto Soccorso, un bel mattino di luglio faccia esplodere una bomba atomica a Washington: per cosa lo fa? Anche lui per la sua religione e le sue tradizioni, comunque lo si dica in arabo. 23 Allora saltiamo alla vera domanda: cosa davvero è successo nel ventesimo secolo dell’Era Cristiana, e non solo ai cristiani ma a tutti? Ebbene, è successo: a) che l’umanità è diventata un tutt’uno di tante razze, nazioni, culture che era; b) che nessuna componente è stata riconosciuta di per sé superiore, e perciò eletta e legittimata a dominare le altre; c) che l’unico parametro di riferimento per la convivenza a qualunque livello, l’unico metro di paragone fra persone, culture, valori e poteri, è diventato il possesso di denaro, cioè la ricchezza comunque ottenuta e a qualsiasi scopo destinata; d) che i risultati scientifici e tecnologici hanno fatto aumentare a dismisura il numero degli esseri umani, hanno consentito di depredare l’ambiente per farne denaro sì che la natura stessa sta per collassare e hanno messo in mano ad alcuni potenti gli strumenti per estinguere ogni vita sulla faccia della Terra e forse persino per frantumare il pianeta. Di fronte a ciò che è avvenuto e che ci è stato trasmesso perché ne affrontassimo le sfide, dovrei correre a Vienna per difenderla dall’assedio dei turchi? O in Sicilia e in Andalusia per impedirne la riconquista araba? O dovrei approntare squadre per la cacciata degli islanici immigrati da noi ed eserciti per lo sterminio degli altri islamici? E se fossi un islamico, mi arruolerei per la guerra dei ventri? O nelle squadre di martiri kamikaze? O fonderei un esercito potente per mettere il mondo intero sotto la spada dell’Islam? Dio santo e benedetto! Vorrei che esistesse davvero il bottone magico per sterminare gli stupidi. Di sicuro lo pigerei, stando ben attento a non farlo quando anch’io mi sento immensamente stupido. Combattere di nuovo guerre già combattute e decise è certamente una costante nella storia umana; e anche questa volta sarà così, per vedere se a furia di stragi la nostra civiltà, 24 non importa quale, riesca finalmente a dimostrarsi superiore. Molti lo fanno da tempo; molti sono già morti; e moltissimi si preparano a ricombattere la guerra contro l’Altro a cui non si riconosce di essere tutt’uno con noi e viene invece chiamato Satana e se ne persegue l’olocausto apocalittico: la soluzione finale del problema dell’Altro. Ciò non toglie che questa guerra sia già stata combattuta e decisa, per sempre e per tutta l’umanità senza distinzioni di razze, culture e religioni. Se ricombattere guerre già fatte tanto per ammazzare qualcuno è una costante umana, anche la stupidità lo è. E forse di più. O forse, come sempre, cercando di sfuggire ai nuovi problemi inconsciamente avvertiti come insolubili, la gente crede di combattere una vecchia guerra, ma in realtà sta già attuando il “Progetto Sfoltimento Umanità”. Oggi stiamo per scomparire, noi e tutti gli esseri viventi, per colpa di tutti e di nessuno in particolare. Non possiamo più permetterci di aizzare odi e guerre rispolverando cascami storici; dobbiamo affrontare l’estrema povertà di troppi, il sovraffollamento, la mercificazione di tutto, la bomba atomica, chimica e batteriologica, il degrado della natura e dei cervelli. Perciò non voglio fare la guerra agli islamici. E’ stupida, come l’opposta guerra all’Occidente; avvicina la fine di tutto. E io non ho nemmeno il tempo per farla. Ho già abbastanza da fare per coltivare l’intelligenza contro miti fasulli e l’amore verso la vita in tutte le sue forme. 13-6-2004 25