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Riccardo Becheri
LO STERMINIO DEGLI ISLAMICI
e di tutti gli altri
Prato 2004/2
“Signore, vuoi che diciamo che scenda
un fuoco dal cielo e li distrugga?”
Ma Gesù si voltò verso di loro col volto severo
come a difesa della parola di Dio.
Lc 9,54-55
©Tutti i diritti riservati all’autore
[email protected]
Prato 2004
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1- Finalmente ci siamo convinti: noi dobbiamo reagire!
Dobbiamo raccogliere la sfida che l’Islam ci ha lanciato e
vincere definitivamente la guerra che loro ci hanno imposto
da olte mille e quattrocento anni e che negli ultimi decenni
hanno rinforzato, invadendo persino le nostre terre. E ci
siamo convinti che non ha senso distinguere fra islamici
moderati e fondamentalisti; che questa divisione fra di loro è
una questione tattica su come conquistarci e distruggerci,
mentre la strategia finale degli islamici, moderati o
fondamentalisti che siano, è quella di cancellare la nostra
cultura. Noi, ora, ne siamo convinti. Noi reagiremo.
Dicendo “noi” intendo la classe dirigente dell’Occidente di
cultura e tradizioni greche, romane e cristiane, di qualunque
stato d’Europa, della Russia, delle Americhe o dell’Oceania:
noi classe dirigente e coscienza dell’Occidente. O che si
crede tale.
Se invece adopro il singolare “io” intendo solo me stesso,
Riccardo Becheri; e parlerò alla fine.
Dunque, dobbiamo vincere una volta per tutte questa
guerra di civiltà, fra la nostra cultura e la cultura di matrice
islamica. Non parliamo di religioni né tanto meno di razze,
parliamo di culture e di civiltà. Fra noi e fra loro ci possono
essere credenti o miscredenti o atei, bianchi o neri o gialli.
Queste differenze non significano niente; quello che marca la
vera differenza fra noi occidentali e loro è la tradizione in cui
siamo nati, siamo stati allevati e a cui ci rifacciamo con le
nostre memorie e i nostri valori.
I punti fermi delle nostre convinzioni, che terremo come
fari irrinunciabili per le nostre azioni future, sono i seguenti:
a) per stare in pace occorre essere d’accordo fra tutte le
parti in gioco; per fare la guerra basta la volontà d’una sola
parte;
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b) gli islamici fanno guerra all’Occidente fin dai tempi di
Maometto, senza dimostrare mai una vera volontà di pace;
c) negli ultimi decenni gli islamici, credendosi loro forti e
immaginando deboli noi, hanno lanciato l’assalto finale per
cancellare la Civiltà Occidentale;
d) l’unica nostra debolezza era la cecità sui loro veri scopi,
frutto del nostro spirito laico di tolleranza che ci illudeva a
proposito di un Islam altrettanto laico e tollerante;
e) un Islam laico, tollerante e pacifico non esiste;
f) gli islamici vogliono la guerra, avranno la guerra;
vogliono distruggere l’Occidente, saranno distrutti;
g) otterremo la pace sterminando la parte in gioco che
vuole la guerra, gli islamici tutti.
Noi qui non useremo parole o concetti politicamente
corretti. Non andremo a leggere il Corano in cerca di prove
delle loro intenzioni o di spauracchi sul destino che ci
aspetterebbe se loro vincessero. Non abbiamo più bisogno di
prove: loro ci stanno facendo la guerra! Ora ne siamo
convinti. Anche noi la faremo contro di loro e li
distruggeremo tutti.
2- Quando si fa una guerra, qualunque guerra, è bene aver
chiaro l’obiettivo da raggiungere e perseguirlo fino in fondo,
approntando tutti imezzi per vincere. Disgraziatamente ci
saranno perdite anche per noi occidentali. Solo gli stupidi
credono di poter fare guerre umanitarie in cui noi
bombardiamo e solo gli altri muoiono. Dobbiamo preparare
le nostre popolazioni a sopportare le perdite di vite umane e
le distruzioni materiali che ci saranno. Dobbiamo anzi
convertire queste perdite in risorse, per meglio combattere e
affrettare la nostra vittoria.
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Dunque l’obiettivo da raggiungere è la completa estinzione
di tutti gli islamici per chiudere finalmente la guerra che ci
muovono da secoli. E’ difficile dire quanti siano: noi, qui, li
quantifichiamo in un miliardo e mezzo di esseri umani, un
quarto circa dell’intera umanità. Bene, dovremo ucciderli
tutti per salvare la nostra civiltà e vivere in pace.
C’è un artificio teorico che serve per eliminare una serie di
falsi obiettivi e nello stesso tempo per fissare bene in mente
l’obiettivo strategico. E’ questo: c’è un bottone magico che,
pigiandolo, fa morire all’istante tutti gli islamici dovunque si
trovino. Uno di noi lo pigia e la guerra è vinta..
Vedremo poi i falsi obiettivi che questo artificio elimina.
Sveliamo subito invece il significato della nostra vittoria:
vincendo la guerra nel modo che abbiamo detto, non
abbiamo perso i valori costituenti della nostra cultura.
Fra noi e gli islamici, ormai completamente scomparsi, non
ci sarebbe stato nessun contatto e nessun compromesso. Noi
non vogliamo convincerli, né tanto meno convertirli alla
nostra religione. Non vogliamo umiliarli e costringerli a
riconoscere che siamo superiori a loro. Non vogliamo
torturarli per estorcere loro chissà quali notizie. Vogliamo
soltanto che muoiano tutti e ci lascino in pace per sempre.
Sappiamo bene che sarà difficile per i più facinorosi fra i
nostri concittadini accettare il fatto che tante belle ragazze
islamiche vengano uccise senza stuprarle prima, o che non
ci si possa divertire a impalare i giovani islamici che più
hanno resistito all’annientamento. Ma consentire queste
nefandezze sarebbe come perdere i valori della nostra civiltà.
E noi non lo vogliamo assolutamente. Se poi qualcuno,
nell’esaltazione della lotta concreta contro gli islamici, si
abbandonerà a simili eccessi, noi, a guerra finita, lo
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processeremo e lo condanneremo. Vedremo successivamente
se non sia il caso di fare un’amnistia.
Nemmeno potremo consentire che i neonati di famiglie
islamiche vengano risparmiati e dati in adozione a coppie
occidentali: da grandi andrebbero a ricercare le loro origini e
il pericolo islamico risorgerebbe. Come abbiamo visto
accadere ai figli degli scomparsi argentini adottati dagli
ufficiali torturatori. Come abbiamo visto accadere ai giovani
dell’Est europeo ai quali erano state nascoste le loro origini
ebraiche per salvarli dai nazisti e che dopo la guerra, saputo
chi erano, sono emigrati in Israele per rivendicare la terra
promessa loro da Mosè. No, non potremo salvare nemmeno i
neonati.
Qualcun altro, forse, pensa al degrado morale di chi ha
pigiato il bottone e di chi lo ha autorizzato o era a
conoscenza della cosa; e pensa a ciò come a una perdita dei
nostri valoro occidentali. Balle, siamo in guerra. Dopo tre
giorni dalla raggiunta pace, se mai un rimorso fosse sorto,
sarebbe già cancellato dall’entusiasmo per l’espandersi
benefico della nostra civiltà occidentale e dei nostri valori.
Dunque, dobbiamo far morire tutti gli islamici senza
perdere nella lotta noi stessi, cioè le nostre memorie, i nostri
valori, le nostre libertà e le nostre istituzioni.
3- Il primo falso obiettivo eliminato dall’artifico del
bottone magico è quello territoriale. Noi non vogliamo
conquistare territori e nemmeno ingaggiare battaglie
territoriali con gli islamici: vogliamo soltanto che muoiano
tutti.
Certamente, una volta che loro saranno scomparsi,
immensi territori saranno disabitati. E’ bene che lo
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rimangano per alcuni anni, non solo perché si disperda il
puzzo dei cadaveri, ma perché l’ambiente naturale,
specialmente le piante, abbiano il tempo per riaversi dallo
stress subito per colpa degli islamici. Dopo deciderà
l’ONUO (Organizzazione delle Nazioni Unite Occidentali)
su come ripopolare quei territori. Di sicuro manderemo
subito delle squadre di disinfestazione e di recupero.
Avranno anche il compito di restaurare e conservare alcune
delle più belle moschee e dei più bei minareti, e persino
alcune casbah, come testimonianze archeologiche tipo
Pompei.
Insomma, dovremo trascurare completamente la strategia
territoriale tanto cara ai generali che pensano sempre di
combattere l’ultima gerra mondiale. Noi dobbiamo invece
far sì che gli islamici muoiano preservando il più possibile
l’ambiente naturale.
4- Il secondo falso obiettivo è quello economico. Pigiando
il bottone non si è parlato né di petrolio, né di altre ricchezze
islamiche. Sappiamo benissimo che anche nell’ipotesi d’una
vittoria magica come quella ipotizzata, sparirebbero dai
nostri paesi occidentali gl’immigrati islamici, una
manodopera a basso prezzo disposta a fare lavori umili da
noi rifiutati.
Tanti più danni materiali, inflittici direttamente dagli
islamici, dovremo subire per conquistarci nella realtà la
vittoria. Certamente, alla fine, noi occidentali saremo più
poveri. Poi, coi decenni, ritorneremo a un adeguato livello di
benessere. Vedremo via via quali perdite subiremo e come
fronteggiarle.
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Tuttavia non vogliamo che le nostre popolazioni si
scoraggino di fronte all’austerità del nostro obiettivo.
Parleremo,
faremo
la
necessaria
propaganda,
magnificheremo le ricchezze che saranno nostre, il petrolio
gratis e così via. Come pure canteremo la Terra Santa tornata
cristiana, i paradisi tropicali, le terre, i mari e i deserti
conquistati per allargare l’Occidente. Resta però fra noi
beninteso che questi sono solo artifici retorici: lo scopo è lo
sterminio degli islamici.
Di altri falsi obiettivi tratteremo quando si presenterà
l’occasione.
5- Quantifichiamo ora le perdite umane di noi occidentali.
L’ideale è 15 milioni, un occidentale per ogni cento islamici.
Anche 30 milioni di morti nostri sarebbe un buon risultato di
fronte allo sterminio d’un miliardo e mezzo di islamici.
Vedremo alla fine quanti saranno davvero. Per intanto il
rapporto cento a uno dve restare il nostro parametro di
riferimento quando ingaggeremo battaglie dirette con gli
islamici.
Notiamo, per inciso, che il rapporto fra morti israeliani e
morti palestinesi da quando è cominciata la seconda intifada
è di tre o quattro palestinesi per ogni israeliano: Israele
scomparirà.
Se non alzerà la media. Ma lo farà, perché Israele è
un’importante pedina occidentale in Medio Oriente. Che poi,
alla fine, Israele esista ancora è molto dubbio. D’altra parte,
a noi occidentali, il destino dello stato di Israele non
interessa: basta che ci ammazzi quanti più islamici può;
dopo, che continui a esistere oppure no ci è indifferente.
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Sempre per inciso, notiamo che dall’inizio dell’attuale
guerra irachena il rapporto fra perdite occidentali e islamiche
è di circa uno a dieci. Migliore di quello israeliano, ma
sempre lontano dal rapporto ideale di uno a cento. Questa
lontananza è dovuta a due ordini di fattori.
Primo, perché ancora non è coscienza comune l’obiettivo
finale della nostra guerra contro l’Islam. Noi, classe dirigente
dell’Occidente, ora siamo pienamente convinti che l’Islam
ha ripreso la sua guerra secolare contro di noi, che sta per
vincere se non ci svegliamo e che il nostro obiettivo è quello
fissato, lo sterminio di tutti gli islamici. Ma questa
convinzione non è ancora generalizzata nelle popolazioni
occidentali che ora come ora si opporrebbero a una
conduzione giusta della guerra, quella conduzione che gli
stessi nostri popoli reclameranno quando succederanno gli
avvenimenti che diremo.
Secondo, perché in Iraq stiamo facendo una guerra
territoriale, che è un falso obiettivo, come detto; e addirittura
un’occupazione territoriale, che non solo è un falso obiettivo,
ma è un errore e ci porterà a medie israeliane.
6- Noi non siamo stupidi. Sappiamo benissimo che le
opinioni pubbliche occidentali, oggi, non accetterebbero
l’obiettivo fondamentale da noi esplicitato; e sappiamo che
gli attuali governanti dei paesi occidentali, specialmente
statunitensi, si trastullano con i concetti di democrazia da
esportare, di libero mercato, di diritti umani, in un
affastellamento verboso senza consistenza.
Si ricrederanno. Tutti gli occidentali si convinceranno
come noi, ora, siamo convinti sulla necessità della soluzione
finale del problema islamico, cioè lo sterminio completo, che
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è l’unica soluzione strettamente razionale. Tutti si
convinceranno quando succederanno le cose che purtroppo
succederanno.
Con gli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001, gli
estremisti islamici hanno posto un discrimine alle loro future
azioni contro l’Occidente. Al di sotto di quella soglia di
morti, di distruzioni materiali, e soprattutto di simbolismo, le
loro future azioni testimonieranno il regresso della loro
spinta, quasi una dichiarazione di sconfitta, un rimettersi a
schermaglie per salvare la faccia e rinviare la loro guerra
contro l’Occidente per almeno una generazione. Al di sopra
di quella soglia crederanno invece di preparare la vittoria
definitiva dell’Islam. Affretteranno al contrario la fine
dell’Islam, che comunque avverrà anche nella prima ipotesi.
Sono scenari differenti che noi affronteremo con due
strategie differenti. Vediamoli separatamente, iniziando
subito dallo scenario d’un loro attacco più catastrofico di
quello alle Torri Gemelle.
7- Oggi è il 10 maggio 2004. Fra meno di due mesi,
domenica 4 luglio 2004 una bomba atomica più o meno
assemblata artigianalmente sul posto scoppierà a
Washington. Il 4 luglio, anniversario della dichiarazione di
indipendenza degli Stati Uniti, è una data estremamente
simbolica. Comunque il fatto potrebbe avvenire prima o
dopo o fra un anno, un martedì qualunque, o in un giorno che
non significa niente, ma avverrà.
Il massimo dell’efficacia terroristica gli estremisti islamici
lo
otterrebbero
se
potessero
far
esplodere
contemporaneamente quattro bombe atomiche: quella a
Washington, una a New York nei dintorni dell’Empire State
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Building, una nel centro di Londra e l’ultima a Roma più
vicino possibile al Vaticano. Meglio se potessero farle
esplodere a distanza di 24 o 48 ore l’una dall’altra. Bombe
sporche, che lascino radioattivo per secoli il terreno in un
raggio di almeno dieci chilometri.
Washington, la capitale dell’impero, è simbolica per
eccellenza. New York, già colpita, resta comunque il centro
finanziario del mondo occidentale. Londra è significativa in
quanto centro storico da cui si è irradiato l’impero coloniale
che ha fatto della propria lingua la lingua del mondo, al
posto dell’arabo classico del Corano. Roma, infine, è
simbolica come centro della cristianità occidentale che
perdipiù secoli fa osò lanciare ben sette o otto crociate contro
l’Islam.
Non crediamo che i terroristi islamici abbiano la possibilità
di realizzare l’obiettivo massimo. Siccome per svolgere il
nostro ragionamento basta che colpiscano Washington, ci
atteniamo all’ipotesi più probabile: che colpiscano appunto
l’obiettivo più simbolico.
E lo colpiranno con una bomba atomica, non con armi
chimiche o biologiche. Queste ultime potranno
eventualmente servire come contorno successivo per creare
panico nelle nostre popolazioni. Ma i simboli del potere
statunitense, cioè del centro dell’impero occidentale, la Casa
Bianca, il Campidoglio, il Pentagono, resterebbero in piedi.
No, sarà una bomba atomica che distruggerà fisicamente
quei posti e li renderà inabitabili per secoli.
Washington sarà distrutta e in un secondo morranno da
cento a cinquecento mila suoi abitanti.
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8- Chiunque rimanga a esercitare i poteri presidenziali
degli Stati Uniti, il presidente in carica o chi nella linea di
successione è previsto che gli subentri nel caso che lui muoia
nell’attentato, dovrà ragionare, se vorrà ben ragionare dopo
le prime ore di smarrimento, come noi qui diciamo. Le
remore delle nostre opinioni pubbliche spariranno d’incanto.
Anzi c’è da prevedere che almeno un milione di islamici
residenti nei paesi occidentali vengano uccisi per le strade da
folle inferocite, solo nel primo giorno.
Ma qui siamo a piccoli episodi. Chi deve decidere sarà
costretto a una reazione proporzionata e significativa, Dopo
poche ore, al massimo entro pochi giorni, ci si renderà conto
di due cose: 1) sarà caduto il tabù atomico; 2) non possono
più esserci santuari che noi stessi precludiamo alla nostra
forza, come avvenne in Corea, in Vietnam e ora sta
avvenendo in Iraq.
Allora annunceremo al mondo le due conclusioni suddette
e bombarderemo con armi atomiche sporche della massima
potenza La Mecca e Medina. Aggiungendo esplicitamente
una minaccia: sarà distrutto chiunque nei paesi islamici,
governi o popolazioni che siano, abbia osato prima
inneggiare alla distruzione di Washington e poi osi reclamare
per la distruzione della Mecca e di Medina. A scelta nostra:
con armi tradizionali, chimiche, batteriologiche, o atomiche.
Detto questo cercheremo di non adoprare altre bombe
atomiche, per non inquinare l’ambiente più del necessario
come è nel nostro obiettivo massimo.
E’ da prevedere che molte saranno le proteste nei paesi
islamici. Benissimo, è quello che vogliamo. Li
bombarderemo con un gas mortale che si dissolverà entro un
mese e che, combinandosi con l’anidride carbonica, produrrà
poi ossigeno puro a beneficio della respirabilità dell’aria.
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Saranno via via gasate per un raggio di cinquanta chilometri
Casablanca, Algeri, Tunisi, Tripoli, Il Cairo, Damasco,
Istambul e tutte le principali città islamiche fino a Giakarta e
Kuala Lumpur. Diciamo circa settecento milioni di morti
islamici entro i prossimi mesi di luglio e agosto, senza
contare i morti islamici fra i residenti nei paesi occidentali o
in India o in Cina o in altri paesi.
Esamineremo al punto successivo lo sterminio degli
islamici residenti nei paesi non islamici.
Non si obietti che l’ipotesi qui descritta assomiglia
all’ipotesi astratta del bottone magico e che nessuno al
vertice degli Stati Uniti ordinerebbe simili reazioni
nemmeno dopo la distruzione di Washington. Se così non
facesse, male farebbe; perché la guerra durerebbe di più e le
nostre perdite sarebbero più alte. Facendo invece come noi
diciamo, le nostre perdite sarebbero trascurabili, forse cinque
milioni, e la guerra finirebbe velocemente, forse prima di
Natale. Gli altri islamici infatti morirebbero presto di fame e
di malattie. Se tre o quattro milioni di loro si salvassero in
qualche anfratto, avremo poi tutto l’agio di scovarli e
chiudere la faccenda.
Né si obietti che un gas mortale come quello descritto non
esiste. Cosa abbiamo pagato a fare i chimici di guerra? Solo
per scoprire un gas come quello adoprato in un teatro di
Mosca che per uccidere venti islamici ha ucciso anche
ottanta russi? No, di sicuro sono già state stoccate quantità
sufficienti di gas mortale di massa che poi non inquini
l’ambiente.
9- L’eliminazione degli islamici residenti nei paesi
occidentali sarà la parte più antipatica del nostro lavoro. E
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comporterà perdite più alte, proporzionalmente, nelle nostre
file.Ma andrà fatta. Ed è proprio qui che bisognerà stare
attenti a non macchiare la nostra civiltà con episodi
spiacevoli.
Dell’eliminazione delle minoranze islamiche in paesi non
occidentali non ci occuperemo. Saranno l’India, la Cina e gli
altri paesi a provvedere; e lo faranno volentieri al seguito
dell’esempio occidentale.
Quanto andremo a dire vale sia nel caso descritto al punto
precedente, sia nello scenario che descriveremo in seguito. E
partirà nel momento in cui tutti i popoli occidentali si
convinceranno di ciò di cui noi classe dirigente siamo già
convinti.
I passi da compiere nei nostri paesi sono i seguenti, in
ordine logico e temporale.
A) La libertà di culto è garantita solo ai cittadini; la
manifestazione pubblica di culti religiosi è proibita ai non
cittadini dei paesi occidentali.
B) Sarà tolta la cittadinanza agli islamici che l’avessero
ottenuta per qualsiasi motivo che non sia la nascita.
C) Tutti gli stranieri islamici dovranno lasciare il territorio
dei paesi occidentali entro un mese, altrimenti saranno
raccolti con la forza in campi di rimpatrio obbligatorio.
D) Da questi campi, secondo le nostre convenienze del
momento, potranno essere portati davvero in paesi islamici,
oppure fatti affogare affondando in alto mare le navi che li
trasportano, oppure sterminandoli direttamente in questi
campi.
E) I cittadini dalla nascita di paesi occidentali, di fede
islamica, saranno rinchiusi in appositi centri di rieducazione
dove resteranno per almeno dieci anni e finché non daranno
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ripetuti e convincenti segni di rinuncia agli influssi culturali
islamici e di accettazione completa dei valori occidentali.
Questo percorso richiederà mesi o anni, ma andrà
compiuto. Certo non sarà indolore per noi, visto il
coinvolgimento territoriale. Molti islamici si ribelleranno e ci
causeranno morti e distruzioni. Molti li dovremo uccidere
per le strade. Solo in alcune città europee dove gli islamici si
siano raccolti in quartieri ormai islamizzati li potremo gasare
in quantità, o avvelenare tramite l’acquedotto. Per il resto,
dovremo cercarli ad uno ad uno. Sarà un lavoro lungo e
faticoso: addestreremo delle squadre appositamente per la
caccia urbana agli islamici, insistendo perché li uccidano
senza stuprarli o farli soffrire, per non macchiare la nostra
civiltà come già detto.
Una nota a parte meritano i neri degli Stati Uniti che si
sono convertiti all’Islam per semplice odio contro i bianchi.
Vista la natura razzista della loro conversione saranno privati
della cittadinanza, anche se nati negli U.S.A., e trattati come
gli altri stranieri islamici.
Le nostre perdite su questo fronte, diciamo così, interno?
Venti islamici per ogni occidentale nei paesi con più alta
immigrazione islamica, cinquanta in quelli con più bassa
immigrazione: questo è l’obiettivo.
Dei problemi economici ci occuperemo alla fine.
10- E veniamo agli argomenti che piacciono tanto agli
strateghi e ai politologi da televisione: i rapporti
internazionali e i conflitti locali.
Cosa succederà se gli islamici non saranno in grado di
superare l’attacco alle Torri Gemelle nella loro guerra contro
di noi? Abbiamo già detto che continueranno i loro attacchi
terroristici a un livello ridotto, praticamente rabberciato e
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cioè ininfluente. Cercheranno di sentirsi attivi per non
perdere la faccia, ma in sostanza rinvieranno la loro
immaginata vittoria almeno di una generazione, affidandosi
alla cosiddetta strategia del ventre: tanti figli, tanta
immigrazione islamica in Occidente, conquista dei paesi
occidentali dall’interno con gli strumenti della democrazia.
Noi lo sappiamo bene e abbiamo una ben più sofisticata
strategia, più rapida della loro, anche se più lunga e
macchinosa di quella diretta descritta sopra al punto 8. Tutto
sommato, in questo caso avremo forse le stesse perdite ma
diluite in quattro o cinque anni.
La nostra strategia è la seguente: faremo in modo che gli
islamici si ammazzino fra di loro e interverremo solo alla
fine, per completare lo sterminio nei loro paesi e iniziare
quello degli immigrati in Occidente.
Si può cominciare dall’Iraq. Qualche anima bella televisiva
che non capisce nulla di politica ha detto che se gli eserciti
occidentali abbandonassero ora l’Iraq, laggiù scoppierebbe la
guerra civile. Ottimo! Che potremmo desiderare di più?
Disgraziatamente non ci si può aspettare che gli iracheni
siano stupidi come alcuni politici occidentali che nel
ventunesimo secolo, con la scusa della democrazia o del
petrolio, si sono imbarcati in una guerra territoriale. La
guerra civile in Iraq dovremo provocarla noi; e farla
diventare poi una guerra generale fra stati islamici.
Innanzi tutto ritireremo i nostri soldati non solo dall’Iraq,
ma da tutti i paesi islamici. Nello stesso tempo dovremo
promettere, in segreto, ai sunniti il nostro appoggio per un
Iraq tornato sotto il loro completo dominio. Agli sciiti
prometteremo un Iraq sciita in forza della loro maggioranza
numerica fra la popolazione, o almeno una separazione del
Sud-Iraq che poi potrebbe riunirsi con l’Iran. Infine
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riconosceremo ai curdi il loro diritto a uno stato
indipendente. A tutti forniremo armi, specialmente armi di
distruzione di massa che non siano però armi atomiche o con
gettata superiore a 300 chilometri.
Tempo poche settimane scoppierebbe una bella guerra che
vedrebbe da una parte i sunniti iracheni, la Sira, la Giordania,
l’Arabia Saudita e tutti i paesi arabi fino al Marocco, e
dall’altra gli sciiti iracheni e l’Iran, ai quali si alleerebbe la
Turchia sia per l’oggettivo interesse comune contro uno stato
indipendente curdo, sia per la pretesa turca contro gli arabi
sui quali rivendicherebbe i diritti dell’impero ottomano.
Noi ci auguriamo che questa guerra duri diversi anni.
Dovremo via via aiutare di più la parte che
momentaneamente stesse soccombendo, per riattizzare i
combattimenti e far aumentare il numero dei morti. Ma
venderemo armi a tutti, contro petrolio e ai prezzi che
fisseremo noi. Sono evidenti i benefici economici per le
nostre società.
Con la Turchia impegnata ad est e a sud, nonché in casa
propria contro i curdi, sarà agevole per la Serbia attaccare ed
estirpare gli islamici dal Kosovo, dalla Bosnia e poi
dall’Albania, dove quelli cercheranno rifugio. Anche i grecociprioti si sbarazzeranno dei turco-ciprioti e renderanno
finalmente a Venere la sua isola.
Non dobbiamo trascurare il fronte nord e quello est. A
nord non serviranno sforzi per risvegliare la secolare rivalità
dei russi contro la Turchia e le popolazioni turcomanne del
Caucaso e dell’Asia centrale. Sarà anche l’occasione per
l’Armenia di vendicarsi del genocidio perpetrato dai turchi
contro il popolo armeno.
Ad est porremo particolare cura affinché il Pakistan non
intervenga nella guerra fra turchi, arabi e sciiti, ma insieme
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all’Afganistan combatta finalmente la sua guerra fino
all’ultima bomba atomica contro l’India. Questo sarà uno
scenario particolarmente divertente per noi occidentali:
l’India distruggerà il Pakistan, l’Afganistan e il Bangla Desh,
nonché i cento o i duecento milioni di suoi cittadini di fede
islamica considerati traditori e, nello stesso tempo,
dimezzerà i suoi cittadini indù che, non essendo occidentali,
non si sa mai.
Rimangono la Malaysia e l’Indonesia. Qui il terreno si fa
particolarmente scivoloso: non dovremo mai permettere che
il gigante cinese, per la sua rivalità con l’India, si allei con
gli islamici. Prometteremo allora alla Cina che la Malaysia e
l’Indonesia diventeranno suoi territori non solo d’influenza
ma di espansione una volta ripuliti dagli islamici. Con la
Malaysia e l’Indonesia d’altronde la Cina ha vecchi rancori
per le stragi fatte dagli islamici di cinesi residenti laggiù.
Allora anche le minoranze islamiche in Cina e in Tailandia
saranno spazzate via. Le Filippine, essendo cristiane e perciò
occidentali, elimineranno la loro minoranza islamica.
Dopo qualche anno di queste guerre a noi occidentali
resterà solo il compito di estirpare i rimasugli islamici con le
armi chimiche, la fame e le malattie.
A proposito di malattie, siamo certi che i nostri biologi e i
nostri medici di guerra siano a buon punto nella coltivazione
di virus e batteri mortali solo per certe mappature di DNA,
mentre per altre, le nostre, si riducano a fastidi sopportabili.
Ci confortano in questa certezza i buoni risultati degli
esperimenti con l’AIDS e la polmonite atipica.
Anche in questo scenario, comunque, ci saranno perdite
nelle nostre file, e non solo quelle previste al paragrafo 9
durante l’eliminazione degli islamici residenti nei nostri
paesi. La Turchia, prima che tutti i suoi abitanti siano
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cancellati, distruggerà sicuramente buona parte della Grecia
e, se ce la farà, della Serbia. I paesi del Nord Africa
attacheranno almeno la Sicilia, l’Italia meridionale e
l’Andalusia. I russi avranno nel loro fronte sud ingenti
perdite, si spera contenute nel rapporto di cento a uno. E così
via. Ma alla fine non esisterà più un islamico sulla faccia
della Terra e i nostri morti saranno inferiori a trenta milioni.
11- Le nostre perdite economiche saranno notevoli, non
tanto per le distruzioni materiali che accompagneranno i
nostri 15 o 30 milioni di morti, quanto per la crisi dei
commerci e quindi della produzione.
L’ideale anche qui sarebbe quello del bottone magico,
cioè l’annullamento di ogni intervallo temporale fra l’inizio e
la fine della nostra guerra. Più le cose andranno in lungo e
più gli sconvolgimenti economici saranno profondi e
richiederanno più tempo per essere sanati. Per questo sarebbe
preferibile lo scenario descritto sopra al punto 8. Diamo
comunque alcune previsioni di massima per prepararci ad
affrontarle.
A) Falliranno, se non possono essere convertite
velocemente in industrie belliche, le compagnie aeree, le
case produttrici di automobili, le compagnie petrolifere con
interessi in paesi islamici, tutta l’industria del turismo e dello
svago, tutto ciò che vive sui commerci coi paesi islamici e
asiatici. E tutto il loro indotto, comprese le banche e le
compagnie di assicurazione.
B) La disoccupazione aumenterà notevolmente, pur ridotta
dal numero dei nostri morti e dei morti islamici residenti da
noi.
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C) Esploderà l’inflazione , perché i nostri stati occidentali
in seguito al venir meno delle entrate fiscali stamperanno
moneta per sostenere le spese correnti. I debiti sovrani e
quelli privati saranno azzerati e i risparmiatori perderanno
ogni loro avere.
Di fronte a questi sconvolgimenti noi daremo la colpa agli
islamici per aizzare ancor più gli animi contro di loro e
affrettare così la nostra vittoria. Gli oppositori irriducibili
che contestassero la nostra politica di sterminio degli
islamici avranno garantita la libertà di parola, com’è costume
delle nostre istituzioni occidentali, purché non ostacolino la
nostra azione. Altrimenti saranno trattati da traditori.
Rinforzeremo adeguatamente le forze di polizia per
prevenire e stroncare rivolte in tal senso. A questo proposito,
non conteggeremo fra le nostre perdite i morti che
potrebbero esserci nella repressione di queste rivolte. Come
non conteggeremo fra le nostre perdite in guerra i morti per
malattie in seguito al collasso dei nostri sistemi sanitari per
mancanza di fondi.
Qui c’è da dire di positivo che collasserebbero anche i
nostri sistemi pensionistici; di positivo in senso demografico,
perché gli anziani, specialmente i grandi vecchi e i non
autosufficienti, sarebbero i primi a morire per mancanza di
soldi e di cure. Si libererebbero così milioni di famiglie dal
peso della loro assistenza; e si riequilibrerebbe in Occidente
la proporzione fra giovani e vecchi, rendendo di nuovo la
nostra società dinamica e rivolta al futuro.
Un altro aspetto positivo sarebbe la fine del meticciato
economico. Economico, non razziale: non siamo razzisti. In
Sud-Africa l’apartheid è fallita perché i bianchi volevano la
separazione sociale e politica dei neri, ma non quella
economica; anzi pretendevano che i neri lavorassero con
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loro, sotto di loro e per loro, e a salari più bassi di quelli dei
bianchi. Qualcosa di simile sta avvenendo fra israeliani e
palestinesi. E’ inutile elevare muri di separazione fisici o
legali, non reggeranno. La separazione fra culture deve
essere totale, quella con gli islamici irreversibile, come
abbiamo già comprovato. Con altre culture che
eventualmente sopravvivranno, l’indiana, la cinese, la
giapponese, ci potranno essere scambi commerciali di cose,
non lavori in comune. Ognuno lavorerà a casa sua, gli
occidentali con gli occidentali, i cinesi coi cinesi, i
giapponesi coi giapponesi, gl’indiani con gl’indiani, gli
islamici coi morti.
Coltiveremo invece gli scambi intellettuali con tutte le
culture che lo desiderino. La nostra civiltà occidentale è
aperta allo spirito e a tutte le sue manifestazioni. E non solo
restaureremo moschee e minareti, ma fonderemo nelle nostre
università cattedre di lingua araba e di altre lingue islamiche
ormai estinte.
Noi, qui alla fine, non negheremo che prima o poi si porrà
il problema della nostra convivenza con le altre culture
sopravvissute allo sterminio degli islamici, specialmente con
quella cinese. Ci sono due pericoli: 1) che la Cina si tenga
fuori dal nostro conflitto con gli islamici, intatta e potente,
pronta a distruggere il vincitore; cioè noi, illudendosi di
trovarci indeboliti e impreparati; 2) che la Terra, anche dopo
la scomparsa di tutti gli islamici ma anche dopo le
distruzioni della guerra, non possa più garantire la vita a tutti
gli uomini sopravvissuti. Allora s’imporrà di dare esecuzione
al “Progetto Sfoltimento Umanità”. E quale modo migliore
che eliminare tutti i non-occidentali? Sono prospettive a più
lungo termine, ma stiamo già studiando i progetti di massima
e i piani dettagliati. Che nessuno si creda di poterci far
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guerra impunemente: se anche dovesse sopravvivere un solo
uomo, questi sarà un occidentale. Intanto sterminiamo gli
islamici.
12- Ed ora parlo io, Riccardo Becheri. Io oso pensare
l’impensabile e scrivere l’inconcepibile. Forse qualcosa del
genere succederà, anzi è probabile. Di sicuro è quanto di
logico accadrà se gli uomini daranno ascolto a chi predica la
violenza fra culture. Ma io, semplicemente, non voglio
partecipare a questa follia.
L’altro giorno, per un malore di mia sorella, sono stato tre
ore nella sala d’attesa del Pronto Soccorso all’ospedale. Era
un continuo arrivare di gente ferita o ammalata. Arrivò anche
una giovane coppia col loro bambino di forse cinque anni.
Erano arabi: lei vestita d’un barracano fino ai piedi col
cappuccio sulle spalle, la testa velata ma col viso scoperto;
lui vestito come tutti noi. Il bambino si era fatto male al
palato giocando in casa con una penna in bocca. I genitori
erano preoccupati; lui si spiegava abbastanza in italiano; lei
teneva il figlio in collo e lo consolava; il bambino piangeva
più per l’agitazione dei genitori che per il dolore.
E io, dentro di me, mi chiedevo: perché io li dovrei
sterminare? O loro me? Perché io dovrei cancellare la loro
cultura, o loro la mia? Forse, qualunque tradizione sia ancora
viva fra cento o mille anni, in una situazione simile i genitori
non saranno agitati come loro? E cercheranno di spiegarsi in
qualunque lingua sia ancora parlata? E il bambino non
piangerà e non si aggrapperà a sua madre, che questa indossi
un barracano o un bikini?
Cosa davvero ci preme tramandare al futuro? Cosa io
voglio trasmettere di me al futuro? Ebbene, io voglio che fra
cento, mille o un milione di anni ci siano sempre giovani
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coppie preoccupate per il bene dei loro figli e che lo possano
perseguire in libertà; e che i figli, diventati adulti, possano
perseguire, ancora in libertà, il loro futuro. Non voglio
trasmettere altro, di me. Perché dovrei costringere il futuro
degli altri nel cerchio delle mie convinzioni?
Ho sei figli e sono nonno di otto nipoti, per ora. Nella
battaglia per trasmettere me stesso al futuro sarei ben
piazzato. Ma che significa? Certamente finché sarò vivo e
presente a me stesso farò quel che posso per il bene dei miei
figli, nipoti e pronipoti; e se saranno attaccati cercherò di
difenderli. Ma so che già alla quinta o settima generazione il
mio patrimonio genetico sarà diluito e disperso in un oceano.
Smettiamola perciò di pensare al futuro con riserve mentali
di tipo biologico, di sangue o di razza: non siamo cavalli da
monta per produrre puledri che corrano. Né siamo macchine
da sopravvivenza di geni egoisti, ammassi di eliche
immortali che si replicano all’infinito.
E non siamo nemmeno macchine di memi (MEME =
elemento di una cultura che può ritenersi trasmesso per
imitazione da un individuo a un altro della stessa
generazione o fra generazioni successive), replicatori egoisti
anche questi che ci sfruttano per la sopravvivenza di pillole
culturali o di complessi di memi. Non è una questione di
teorie vecchie o nuove, non importa che si usino parole
vecchie o nuove. Perché dovrei combattere, uccidere e
morire pro aris et focis?
Ammettiamo che quel padre, così sollecito per suo figlio al
Pronto Soccorso, un bel mattino di luglio faccia esplodere
una bomba atomica a Washington: per cosa lo fa? Anche lui
per la sua religione e le sue tradizioni, comunque lo si dica in
arabo.
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Allora saltiamo alla vera domanda: cosa davvero è
successo nel ventesimo secolo dell’Era Cristiana, e non solo
ai cristiani ma a tutti? Ebbene, è successo: a) che l’umanità è
diventata un tutt’uno di tante razze, nazioni, culture che era;
b) che nessuna componente è stata riconosciuta di per sé
superiore, e perciò eletta e legittimata a dominare le altre; c)
che l’unico parametro di riferimento per la convivenza a
qualunque livello, l’unico metro di paragone fra persone,
culture, valori e poteri, è diventato il possesso di denaro, cioè
la ricchezza comunque ottenuta e a qualsiasi scopo destinata;
d) che i risultati scientifici e tecnologici hanno fatto
aumentare a dismisura il numero degli esseri umani, hanno
consentito di depredare l’ambiente per farne denaro sì che la
natura stessa sta per collassare e hanno messo in mano ad
alcuni potenti gli strumenti per estinguere ogni vita sulla
faccia della Terra e forse persino per frantumare il pianeta.
Di fronte a ciò che è avvenuto e che ci è stato trasmesso
perché ne affrontassimo le sfide, dovrei correre a Vienna per
difenderla dall’assedio dei turchi? O in Sicilia e in Andalusia
per impedirne la riconquista araba? O dovrei approntare
squadre per la cacciata degli islanici immigrati da noi ed
eserciti per lo sterminio degli altri islamici? E se fossi un
islamico, mi arruolerei per la guerra dei ventri? O nelle
squadre di martiri kamikaze? O fonderei un esercito potente
per mettere il mondo intero sotto la spada dell’Islam?
Dio santo e benedetto! Vorrei che esistesse davvero il
bottone magico per sterminare gli stupidi. Di sicuro lo
pigerei, stando ben attento a non farlo quando anch’io mi
sento immensamente stupido.
Combattere di nuovo guerre già combattute e decise è
certamente una costante nella storia umana; e anche questa
volta sarà così, per vedere se a furia di stragi la nostra civiltà,
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non importa quale, riesca finalmente a dimostrarsi superiore.
Molti lo fanno da tempo; molti sono già morti; e moltissimi
si preparano a ricombattere la guerra contro l’Altro a cui non
si riconosce di essere tutt’uno con noi e viene invece
chiamato Satana e se ne persegue l’olocausto apocalittico: la
soluzione finale del problema dell’Altro. Ciò non toglie che
questa guerra sia già stata combattuta e decisa, per sempre e
per tutta l’umanità senza distinzioni di razze, culture e
religioni.
Se ricombattere guerre già fatte tanto per ammazzare
qualcuno è una costante umana, anche la stupidità lo è. E
forse di più. O forse, come sempre, cercando di sfuggire ai
nuovi problemi inconsciamente avvertiti come insolubili, la
gente crede di combattere una vecchia guerra, ma in realtà
sta già attuando il “Progetto Sfoltimento Umanità”.
Oggi stiamo per scomparire, noi e tutti gli esseri viventi,
per colpa di tutti e di nessuno in particolare. Non possiamo
più permetterci di aizzare odi e guerre rispolverando cascami
storici; dobbiamo affrontare l’estrema povertà di troppi, il
sovraffollamento, la mercificazione di tutto, la bomba
atomica, chimica e batteriologica, il degrado della natura e
dei cervelli.
Perciò non voglio fare la guerra agli islamici. E’ stupida,
come l’opposta guerra all’Occidente; avvicina la fine di
tutto. E io non ho nemmeno il tempo per farla. Ho già
abbastanza da fare per coltivare l’intelligenza contro miti
fasulli e l’amore verso la vita in tutte le sue forme.
13-6-2004
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